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PRECISAZIONI GENERALI SULL’ACCENTO GRECO
1. QUANTITÀ DELLE SILLABE
1.1 Ai fini dell’accento le sillabe si definiscono lunghe e brevi sulla base delle vocali costituenti.1
1. 2 Le vocali α, ι, υ possono essere sia lunghe sia brevi (ancipiti)
1. 3 Le vocali ε, ο sono sempre brevi
1. 4 Le vocali η, ω e quasi tutti i dittonghi (ει, οι, ῃ, ῳ, ᾳ, αυ, ευ, ου, ηυ, υι) sono sempre lunghi. I
dittonghi αι e οι sono in genere lunghi, ma diventano brevi se sono terminazioni del nominativo e
vocativo plurale di nomi e aggettivi della I e II declinazione (τράπεζαι, στέϕανοι); αι è anche breve
quando è terminazione di un verbo (λύεσθαι), ad eccezione dell’ottativo aoristo I (λύσαι).
2. TIPI DI ACCENTO
2.1 L’accento acuto, che indica levarsi dell’intonazione di voce, si trova su vocali lunghe e brevi.
Esso può stare:
a) sull’ultima sillaba (parola ossitona);
b) sulla penultima (parossitona);
c) sulla terzultima (proparossitona).
2.2 L’accento circonflesso che indica levarsi e abbassarsi dell’intonazione di voce si trova solo su
vocali lunghe. Esso può stare:
a) sull’ultima sillaba (parola perispomena);
b) sulla penultima (properispomena).
2.3 L’accento grave che indica assenza di elevazione di intonazione in una parola originariamente
ossitona si può considerare una variante grafica dell’accento acuto sull’ultima sillaba, che ricorre
solo se non è seguito da un segno di interpunzione o da un’enclitica
στρατηγός + εἶ = στρατηγὸς εἶ; στρατηγός + εἰμι = στρατηγός εἰμι.
3. LEGGI GENERALI DELL’ACCENTO
3.1 Legge della terzultima: L’accento acuto può stare sulla terzultima sillaba solo se l’ultima sillaba
è breve (ἄδικος).2
3.2 Legge del trocheo finale (σωτῆρα): Se una parola è accentata sulla penultima sillaba3 l’accento
sarà circonflesso se essa termina per trocheo, cioè sillaba lunga + sillaba breve (parola perispomena:
δῶρον), sarà acuto se non c’è il trocheo (parola parossitona: δώρου, λέγω, λέγε).
3.3 Nelle parole contratte l’accento è in genere quello che vi era prima della contrazione, ma se la
prima delle due vocali contratte aveva l’accento acuto, esso diventa circonflesso. 4
τιμαόντων→ τιμώντων
τίμαε→ τίμα
τιμάω→ τιμῶ τιμάονται → τιμῶνται
4. COMPORTAMENTO DELL’ACCENTO NELLE DIVERSE CATEGORIE MORFOLOGICHE
4. 1 Mentre avverbi, preposizioni e congiunzioni presentano un accento fisso, l’accento di verbi,
nomi e aggettivi è legato al variare delle desinenze e quindi al variare della quantità delle due
ultime sillabe.
N. B.. A differenza del latino, in greco per la determinazione dell’accento non conta la distinzione fra sillabe
aperte e chiuse, ma solo la lunghezza della vocale: una sillaba con vocale breve, sia aperta sia chiusa, è sempre
considerata breve ai fini dell’accento.
2 Nei nomi o negli aggettivi proparossitoni al nominativo, se per il mutare di desinenza l’ultima diventa lunga,
l’accento acuto si sposta provvisoriamente sulla penultima (parola parossitona: ἀδίκῳ).
3 Attenzione: Il fatto che ci sia il trocheo finale non implica che una parola debba necessariamente essere
accentata sulla penultima: si può avere anche accento acuto sull’ultima (εἰπέ) o sulla terzultima (ἄνθρωπος)
4 Si ha accento circonflesso quando l’accento è sulla penultima e si verifica il trocheo finale (ἑσταότᾰ → ἑστῶτᾰ).
1
4. 2 I verbi ritraggono in genere l’accento il più possibile nei modi finiti, cioè indicativo,
congiuntivo, ottativo, imperativo: in pratica sulla penultima sillaba se l’ultima è lunga, sulla
terzultima se l’ultima è breve.5
Fa eccezione l’ottativo dei verbi atematici (caratterizzato dalla terminazione –ιην, -ιης, -ιη al
singolare) in cui l’accento resta sempre sul suffisso modale –ι- (ad esempio τιθεῖεν contro il
corrispondente tematico, con accento ritratto, λύοιεν), mentre nei verbi contratti la collocazione
dell’accento corrisponde alla stessa sillaba in cui era prima della contrazione stessa (ϕιλέω → ϕιλῶ)
Nell’infinito l’accento ha una collocazione che differisce fra i distinti tempi e diatesi mentre il
participio si comporta come un aggettivo della II classe.
4. 3. Per i nomi, aggettivi e pronomi l’accento tende a restare sulla vocale in cui si trova al
nominativo singolare (mutando all’occorrenza da acuto a circonflesso e viceversa), fino a quando il
variare della desinenza e quindi della lunghezza della sillaba finale lo consentirà. Esso potrà al
massimo spostarsi dalla terzultima alla penultima sillaba se l’ultima sillaba da breve diventa lunga
(tornando al punto di partenza appena possibile), ma, salvo rarissime eccezioni, non retrocederà mai
sulla sillaba precedente a quella di partenza. 6
Un discorso diverso vale per le parole accentate al nominativo sull’ultima sillaba.
4. 3. 1. Nelle due prime declinazioni vale la regola dei casi retti ossitoni (nominativo, accusativo e
vocativo) e casi obliqui perispomeni (genitivo e dativo).
4. 3. 2. Nella terza declinazione, se il nominativo è monosillabico l’accento nei casi obliqui cadrà
sulla terminazione (circonflesso se la terminazione è lunga, acuto se essa è breve); se il nominativo
non è monosillabico l’accento tenderà a restare sulla vocale di partenza (anche con l’aggiunta delle
desinenze, è più l’ultima sillaba).
4. 4. In pratica per destreggiarsi con l’accento greco nelle declinazioni occorre:
a) individuare il modello di declinazione che segue quel nome, sulla base della forma del
nominativo (e genitivo) e dell’accento segnato sul dizionario;
b) applicare coerentemente le terminazioni proprie di quel modello di declinazione, stando bene
attenti a distinguere fra vocali brevi e lunghe;
c) applicare le leggi dell’accento prendendo come riferimento di base la collocazione dell’accento sul
nominativo singolare e tenendo presente la lunghezza delle vocali delle ultime sillabe.
Proprio la tendenza alla ritrazione dell’accento fa sì che, a parte alcune forme contratte, quasi tutte le forme
verbali siano parossitone o proparossitone (accento acuto sulla penultima o terzultima). Infatti, dal momento che
esse in genere presentano almeno tre sillabe (almeno una del tema più due della terminazione), quando l’ultima
sillaba è lunga l’accento sta sulla penultima, quando l’ultima è breve esso retrocede sulla terzultima.
Un’eccezione è la seconda persona dell’imperativo presente di λύω (sciolgo), che è properispomena (λῦε): infatti
il tema è monosillabico con vocale lunga (λυ-) e la terminazione è di una sola sillaba breve (-ε), realizzando il
trocheo finale). Ma l’imperativo di μανθάνω, in cui il tema è di due sillabe (μανθαν-) è proparossitono
(μάνθανε).
6 A esempio θάλασσα (il mare), accentata al nominativo sulla terzultima sillaba (ha infatti l’ultima α breve),
sposterà l’accento sulla penultima sillaba quando l’ultima sillaba diviene lunga (ad esempio nel genitivo
θαλάσσης). Nell’accusativo, in cui ritorna l’α breve, l’accento si ristabilità sulla terzultima (θάλασσαν).
Invece ἐλαία, che ha l’accento acuto al nominativo sulla penultima sillaba (ha infatti l’ultima α lunga), quando
nel nominativo plurale la desinenza diviene breve, non sposta l’accento sulla sillaba precedente, ma lo muta in
circonflesso, ἐλαῖαι (infatti il dittongo αι del tema è lungo mentre quello della desinenza è breve: abbiamo
quindi il trocheo finale, lunga-breve). Ovviamente nell’accusativo plurale, che ha ancora la terminazione lunga,
l’accento torna acuto (ἐλαίας).
Il passaggio inverso avviene in μοῦσα, che ha l’accento circonflesso al nominativo singolare sulla penultima
sillaba (penultima lunga e ultima è breve= trocheo finale): quando la desinenza diviene lunga, lo muterà
semplicemente in acuto, come nel genitivo singolare μούσης. Ovviamente nell’accusativo singolare, che ha
ancora la terminazione breve, l’accento torna circonflesso per la legge del trocheo finale (μοῦσαν).
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