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Anni Venti e Trenta - Associazione Artisti Bresciani
Anni Venti e Trenta - 1 Gli artisti bresciani nelle collezioni pubbliche cittadine la memoria figurativa edizioni aab Comune di Brescia Civici Musei d’arte e storia Provincia di Brescia Associazione Artisti Bresciani la memoria figurativa - 13 Anni Venti e Trenta - 1 Gli artisti bresciani nelle collezioni pubbliche cittadine mostra a cura di Giovanna Capretti e Carlo Zani galleria aab vicolo delle stelle, 4 - Brescia 21 aprile - 16 maggio 2001 feriali e festivi 15,30 - 19,30 lunedì chiuso edizioni aab La programmazione culturale dell’AAB da anni riserva una particolare attenzione allo studio e alla riproposta di artisti e di fenomeni e avvenimenti legati al mondo dell’arte che hanno caratterizzato la città e la provincia di Brescia nella prima metà del Novecento. Entro questa scelta programmatica si colloca il progetto pluriennale di una iniziale ricognizione dell’ancora inesplorata produzione artistica fra le guerre mondiali. Per la prima edizione della rassegna i curatori, Giovanna Capretti e Carlo Zani, hanno inteso documentare la politica di acquisizione di opere di artisti bresciani svolta da enti locali e istituzioni pubbliche, verificando l’interesse espresso soprattutto dal Comune di Brescia per l’arte contemporanea. In mostra sono esposte opere di proprietà dell’Amministrazione provinciale, del Seminario vescovile diocesano, del Banco di Brescia e, preminentemente, dei Civici Musei d’arte e storia, le cui raccolte sono al riguardo particolarmente ricche. Prosegue in questo modo la proficua collaborazione fra l’AAB e i Civici Musei, che permette alla nostra Associazione di produrre iniziative di prestigio e alla comunità di accostarsi a preziose testimonianze di cui l’attuale sistemazione dei Civici Musei stessi, in mancanza di specifiche strutture dedicate all’arte moderna e contemporanea, non consente di fruire. L’AAB sente il gradito dovere di ringraziare quanti hanno contribuito a rendere possibile la realizzazione dell’iniziativa: i curatori della mostra, la direzione dei Civici Musei d’arte e storia, gli enti prestatori, la Fondazione Banca San Paolo di Brescia. Il presidente dell’AAB Vasco Frati 2 La direttrice dell’AAB Giuseppina Ragusini Anni Venti e Trenta, la tentazione della modernità Giovanna Capretti La difficoltà ad affrontare in maniera organica, sotto il profilo storico-artistico, un periodo denso e complesso come quello vissuto a Brescia tra gli anni Venti e Trenta, può essere testimoniata dal fatto che, a differenza di quanto è accaduto per altri momenti di pari interesse, il terzo e quarto decennio del ’900 non sono stati finora indagati criticamente nella loro globalità. Solo alcuni saggi, inseriti in testi monografici dedicati a singoli autori od esperienze circoscritte, hanno cercato di spaziare, sia pure con l’obiettivo limitato di inquadrare criticamente i soggetti trattati, sul panorama complessivo dell’epoca tra le due guerre1. Tasselli di un mosaico che attende ancora di essere composto nella sua complessità, e di cui questa mostra, mettendo a confronto alcune opere degli artisti che lavorarono in città in quegli anni, vorrebbe essere un primo embrione, sia pure limitato e incompleto. Riteniamo infatti che solamente all’interno di una visione complessiva dell’epoca sia possibile valorizzare e collocare criticamente anche l’opera di quei “minori”, spesso accantonati per le motivazioni più varie (scarsità del catalogo, limitatezza temporale dell’attività artistica...), ai quali sarebbe altrimenti difficile dedicare un’attenzione più mirata. Solo affrontando questo momento nella sua complessità sociale, politica e culturale, inoltre, è possibile dare conto di una realtà bresciana che vive di contraddizioni: tra la marginalità provinciale e la “centralità” determinata da un intervento urbanistico come quello di piazza della Vittoria e dalla presenza in città di personaggi inseriti nel mondo culturale internazionale come Pietro Feroldi e Carlo Belli; tra l’eredità di una fiorente tradizione artistica tardoottocentesca e il timido desiderio di sperimentazione; elementi ai quali si aggiunge la stessa collocazione geografica della città, a metà strada tra la Milano di Novecento e poi di Corrente e la Venezia della Biennale. In questo panorama complesso, gli anni Venti si aprono ancora all’insegna della tradizione tardo-ottocentesca, di quel naturalismo “alla Filippini”, tra paesaggio e ritratto borghese, coltivato in seno all’associazione Arte in Famiglia. Sono infatti le mostre organizzate dall’associazione nel gennaio 1919, con lo scopo di devolvere il ricavato della vendita dei biglietti di ingresso all’Associazione mutilati e invalidi, e nel giugno dello stesso anno per i soci artisti reduci o defunti, a riaprire a Brescia la stagione delle esposizioni dopo la pausa forzata della Grande Guerra. Nel ridotto del Grande si ri3 trovano ad esporre gli anziani componenti del sodalizio - Castelli, Bertolotti, Pasini, Ronchi, Cresseri, Barbieri - accanto ai più giovani Cantoni, Coccoli, Galanti, Mozzoni, Togni. Tutti accomunati dal desiderio di riannodare il filo di quella poetica dell’indagine del vero nella pittura da cavalletto, che l’associazione, fin dalla sua fondazione nel 1876 ad opera di un gruppo di giovani artisti nati attorno alla metà del secolo (tra cui ricordiamo Filippini, Lombardi, lo stesso Bertolotti, Barbieri, Rovetta, Manziana), aveva scelto come vessillo contro l’ormai stantia pittura accademica. Una poetica che l’associazione aveva sviluppato senza particolari scossoni nei decenni successivi, delegando ai grandi cicli decorativi di committenza pubblica e privata lo sviluppo della “pittura di storia” e delle sperimentazioni in chiave eclettica e modernista, e alla Scuola Moretto di arti e mestieri il compito di formare le nuove leve di un’attività professionale spesso ancora intesa come “arte applicata”. Ma le ambizioni domestiche del sodalizio iniziano ad andare strette all’ambiente bresciano. E proprio nel 1920, anno in cui Arte in famiglia sposta la propria sede nel prestigioso palazzo Tosio ed assume la denominazione di “Circolo artistico bresciano Arte in famiglia”, la comparsa sulla scena locale del gruppo degli Amatori d’arte inizia a muovere le acque. Dalle cronache giornalistiche dell’epoca l’impressione che si ricava è che la presunta “rivalità” tra le due associazioni sia soprattutto una questione di gelosie personalistiche 2. I soci dell’Arte in famiglia, compresi i più autorevoli esponenti, non esitano infatti a presentarsi alle esposizioni degli Amatori d’arte, che dal 1923 assumono respiro nazionale. E viceversa, gli Amatori partecipano alle mostre di Arte in famiglia. Il risultato è un intensificarsi delle occasioni espositive, nelle quali tuttavia il linguaggio artistico rimane legato alla tradizione tardo-ottocentesca. Ancora nei primi anni Venti l’attività dei pittori nati negli anni Ottanta dell’800, indiscussi - fino a quel momento - punti di riferimento anche per le giovani generazioni, stempera solo occasionalmente il consolidato naturalismo per accostarsi alle sperimentazioni del simbolismo alla Segantini (Bertolotti), del divisionismo alla Previati (Togni, Soldini) o di un morbido spiritualismo (Ronchi). Delle inquietudini europee, delle sperimentazioni delle avanguardie, se si eccettua una minima parte dell’attività di Romolo Romani, a Brescia sembra non essere giunta nemmeno l’eco. Anche il brio della Parigi primo ’900 di Emilio Rizzi (a Brescia dal 1920 e subito associato ad Arte in famiglia) viene reincanalato nel gusto più borghese del ritratto domestico e della veduta cittadina, mentre le eccentricità fauve riportate dalla Francia da Cesare Monti (ben presto trasferitosi a Milano) si preparano a lasciare il posto alle novità del Novecento italiano. 4 L’avvento del fascismo è destinato a modificare profondamente questa situazione. A livello nazionale, l’organizzazione corporativa e sindacale in cui confluiscono forzatamente le categorie professionali, artisti compresi, significa soprattutto la “normalizzazione” di quei gruppi e quelle associazioni che possono in qualche modo interferire, attraverso opzioni confessionali o ideologiche, nella costruzione di un clima di consenso attorno al regime 3. In una città come Brescia l’istituzione del Sindacato provinciale fascista di Belle Arti (di cui nel ’27 è nominato segretario Virgilio Vecchia, affiancato nel direttorio da Cesare Bertolotti, Gerolamo Calca, Arnaldo Zuccari, Claudio Botta e Piero Galanti: si assiste ad un “travaso” di cariche da Arte in famiglia) si sovrappone alle realtà preesistenti, con le quali continua a collaborare almeno fino al 1928 4, contribuendo programmaticamente ad un rinnovamento del dibattito culturale nella città, e dando agli artisti la possibilità di confrontarsi ampiamente, attraverso le mostre “sindacali” organizzate a livello provinciale, regionale e nazionale, con il panorama italiano. Negli anni del consenso, a parte qualche rara eccezione, come il caso di Verni, repubblicano e antifascista, che non prende la tessera del partito e per questo è tagliato fuori dall’attività espositiva pur continuando a frequentare i colleghi bresciani 5, questa opportunità viene sfruttata praticamente da tutti. Braccio operativo del Sindacato è la Scuola di figura dal vero, fondata nel 1928, che trova la propria sede nell’ex convento di San Barnaba. Sotto la guida di Virgilio Vecchia (affiancato da Angelo Righetti ed Emilio Rizzi) la scuola diventa punto di riferimento per le giovani leve della generazione nata nel primo decennio del secolo. Assieme al ritrovo del Cantinone, l’osteria di Tita Dondelli in via Cavallotti dove un gruppo eterogeneo di artisti e amatori si ritrova, con uno spirito da bohéme di provincia, attorno ad Angelo Canossi, carismatico rappresentante della “brescianità”. Autodidatta, figlio di un negoziante di ferramenta, Vecchia muove i primi passi nel mondo della pittura accanto allo zio Gian Battista Bosio, a Desenzano. Nel 1920 fa parte del direttivo di Arte in famiglia, partecipando nel corso degli anni Venti alle mostre dell’associazione. In una lettera del 2 gennaio 1928 inviata all’ispettore per la Lombardia del “Raduno degli artisti”, è lo stesso Vecchia a delineare il programma operativo del nuovo sindacato: “Il problema più interessante da risolvere sarà quello di valorizzare l’attività dei singoli, a seconda della loro capacità e del loro valore, in campi più vasti che non siano quelli della provincia. Di solito camminano i più audaci e i più meritevoli, e tante sane energie sono destinate a stentare una vita grama fra la persistente incomprensione locale”. “Devo vincere molte diffidenze, di varia natura, - scrive ancora a Carlo Ravasio - per iniziare al concetto sindacale i miei colleghi, 5 chiusi in piccoli cenacoli occupati in sterili discussioni, e per portarli ad una più vasta e dignitosa concezione del proprio mestiere” 6. Un primo risultato sembra essere, nel 1928 (anno in cui lo stesso Vecchia espone alla Biennale di Venezia, assieme a Cesare Monti, Adolfo Mutti e allo scultore Claudio Botta) l’organizzazione in città della prima Triennale d’arte, alla quale aderiscono il Sindacato, l’Ateneo e Arte in famiglia (con i rispettivi premi). La recensione della mostra, firmata da Nino Fortunato Vicari sul “Popolo di Brescia”, e ripresa poi sul mensile “Brescia” 7, è illuminante per comprendere lo spirito con cui si guarda all’iniziativa. Vicari sottolinea che “questa nobile gara certamente è servita a stimolare molte energie sopite o dubbiose, a porre in tutti cioè una certa serietà e nobiltà di lavoro, e, soprattutto, nella revisione dei valori nostrani, a determinare quell’orientamento che così chiaro è apparso nel complesso della mostra e in virtù del quale ogni artista si è chiarito a sè e agli altri.” Il “chiarimento” a cui allude Vicari riguarda in particolare l’esigenza di aprire un dibattito sul rinnovamento dell’arte e sull’aggiornamento al nuovo canone del “ritorno all’ordine”, di cui in quegli anni si fa portatore, a livello nazionale, Novecento 8. Se in Europa e in Italia il problema riguarda un “ripiegamento” rispetto alle avanguardie, nel panorama bresciano si tratta di un rinnovamento radicale rispetto al gusto preesistente. Vicari distingue i “veterani, i quali, fedeli ai loro canoni, si sono mostrati indifferenti a tutte le moderne influenze”, dai “giovani e giovanissimi, già sensibilizzati verso una visione d’arte più confacente alle odierne esigenze estetiche [che] hanno dato prova di una tenace volontà di rinnovamento che va lodata. Di questo gruppo fanno parte i pittori Vecchia, Mutti, Cantoni, Fiessi, Rizzi, Galanti, Lozia, Bosio, DiPrata (sic), Consadori, Bianchetti, Bertoli, e gli scultori Botta, Righetti e Turelli”, ai quali aggiunge poi anche Monti. “Maternità” di Claudio Botta e la “Pietà” di Angelo Righetti sono tra gli esempi di quella che Vicari chiama “la rinascita dell’arte bresciana”, rappresentata inoltre dal “vigore di tocco e rudezza di espressione” di “Aratura” di Cantoni, che si prepara ad “uscire dai limiti angusti dell’impressione”; e da Vecchia, che con “Il grano” si rivela “temperamento scabro, alieno da ogni piacevolezza pittorica, aborre il quadro per il quadro, il colore per il colore, chiedendo al quadro e al colore un contenuto e una emotività tutta intima”. Sul versante opposto si colloca Adolfo Mutti che, “fin troppo pittore [...], non sa castigare la sua foga nella ricerca delle virgolazioni disegnative e calligrafiche [...], si abbandona al macchiare largo, al chiaroscurare netto, sempre ossessionato dalla ricerca di un tono o dalla scoperta di un accordo”, giudizio poi corretto nella seconda recensione alla mostra. 6 Il dibattito alla fine degli anni Venti si articola quindi attorno alla ricerca di un nuovo linguaggio pittorico, che rompa con la tradizione naturalistico-borghese - che tuttavia è ancora fortemente presente nella pittura di paesaggio e nel ritratto, come si legge nelle stesse opere di Cantoni e Galanti -, ma anche con l’eredità dell’impressionismo. Ad un occhio moderno, le vere novità che emergono dall’esposizione sono le sperimentazioni plastiche di Righetti, vicine a certo primitivismo europeo, più del gusto decò di Botta, e il tentativo operato da Vecchia - forzato anche dai temi imposti dal concorso, come quello della “vita rurale” - di inserirsi nella scia delle correnti artistiche nazionali. La sua opera “Il grano”, restando sul filo di un recupero del linguaggio classico e rinascimentale, trattenuto dall’adesione al dato reale, guarda alle soluzioni plastiche di Oppi, Funi e Marussig, “novecentisti” della prima ora, e tra i protagonisti, dopo la Biennale del ’24, della prima mostra di Novecento italiano che nel ’26 a Milano ha portato alla ribalta l’esperienza del gruppo come rappresentativa della nuova arte nazionale. Con il piano urbanistico di Marcello Piacentini, del 1927, è l’intera città ad essere coinvolta nel flusso della modernizzazione. L’intervento più pesante prevede lo sventramento dell’antico e malsano quartiere delle Pescherie e l’edificazione - l’inaugurazione avviene nel ’32 - di piazza della Vittoria. Il nuovo “cuore urbano” viene a sostituirsi, come immagine del nuovo regime, alle piazze storiche: quella civile (piazza della Loggia) e quella religiosa (piazza del Duomo). Allo stesso tempo, si propone come un’antologia della più aggiornata scultura italiana: Romano Romanelli realizza l’altorilievo bronzeo con il “Duce a cavallo”, Antonio Maraini le metope dell’Arengario, Arturo Dazzi la statua dell’“Era fascista” (il popolare “Bigio”), e Arturo Martini il bassorilievo in terracotta dell’“Annunciazione”. I bresciani Vecchia e Righetti - quest’ultimo reduce con Bortolotti e l’ormai milanese Monti dalla prima Quadriennale di Roma del ’31, che aveva visto il trionfo del lombardo Tosi - sono chiamati a partecipare alla decorazione delle sale del Quadriportico, dove nel ’32 lasciano sculture e dipinti sul tema del lavoro e dell’agricoltura. L’aggiornamento riguarda anche la pittura, con una sorta di “corso di recupero” sulle avanguardie europee e sulla Metafisica italiana, attraverso la collezione che dal 1924 Pietro Feroldi sta costruendo in città, anche con la consulenza dell’amico Virgilio Vecchia. Arrivano a Brescia opere di Matisse, Picasso, Utrillo e il clamoroso “Nudo” di Modigliani, i dipinti metafisici di Carrà e De Chirico (“L’amante dell’ingegnere”, “Le muse inquietanti”...), le solide volumetrie di “Novecento” (Funi, Guidi, Marussig, Rosai, Sironi...), le rigorose “Nature morte” di Morandi, le sperimentazioni degli Italiani di Parigi (De Chirico, De Pisis). Ma che il di7 battito in città continui a ruotare attorno alla contrapposizione tra arte “tradizionale” e “moderna”, lo dimostra il fatto che, ancora nel 1932, in occasione della partecipazione di alcuni artisti bresciani alla terza sindacale regionale di Milano, Carlo Belli, dalle colonne di “Brescia”, torni a difendere i “moderni” contro le degenerazioni dell’impressionismo. “La reazione all’impressionismo francese (che tanto dilettantesimo ha favorito), o per meglio dire la pittura uscita dalla splendida esperienza cubista, ha in sé tali virtù da far credere in una prossima altissima affermazione di se stessa... Ma bisogna accorgersi di questo: gli artisti che non sono all’apice di tale moto, quelli che lontani dal centro (e qui par di leggere un rimpianto per la propria condizione di “esiliato in provincia”, ndr) si trovano in condizioni di spirito un po’ disagiate, devono aprire gli occhi, stabilire contatti e mettersi bene in carreggiata per l’orgoglio di partecipare anch’essi, sia pure nella misura delle loro forze, al grandioso movimento di ascesa che è in atto presso tutti i rami dell’arte. Ma ci vuole un intelligente coraggio che escluda rimpianti per le vecchie forme”. E conclude esortando: “quando vedremo gli artisti bresciani accettare i suggerimenti del loro temperamento, anzichè quelli dell’accademia? Sotto: trasformate, riplasmate, ricostruite la materia secondo il vostro impeto” 9. Ancora su “Brescia”, nella recensione alla prima sindacale bresciana, in un articolo non firmato ma che ripropone i toni del precedente: “Per noi che abbiamo il coraggio di confessare una cieca fede nella pittura degli italiani di Parigi, è stato così di vero conforto il naturale riscontro di idealità consimili in alcuni di questi ragazzi bresciani [...]. Siamo lontani ormai dal consueto paesaggio e dalla solita scenetta di genere. Illustrazione ve n’è ben poca né vi sono dimostrazioni di smodato calorismo (sic), ecc. Niente insomma che possa costituire facile attrazione” 10. Le riproduzioni sulla rivista selezionano le opere più rappresentative dei nuovi orientamenti: il naturalismo ideale di Timo Bortolotti (“Testa di signora”) e la stilizzazione grafica di Righetti (“Primitiva”) che si accosta al lirismo di Arturo Martini; l’eco matissiana della “Natura morta” di Giulio Greppi (con il controluce del vaso di pesci davanti alla finestra) e il cubismo naif della “Natura morta” di Coccoli; l’aria tra Strapaese e Carrà della “Chiesetta in Pontogne” di Simoni, e la sospensione intimista dell’“Adolescente” di Oscar Di Prata; l’ingenuità della pennellata alla De Pisis dei “Carcerati” di Canevari, e il taglio anti-pittoresco della veduta di piazza della Loggia nell’“Orologio vecchio” di Martino Dolci. Ancora, la costruzione plastica, tocco su tocco, della “Figura” di Virgilio Vecchia. Tocca a Pietro Feroldi recensire sul “Popolo di Brescia”, e poi ancora su “L’Arengo”, la seconda sindacale bresciana, alla fine 8 del ’34 11. Ed è nuovamente l’occasione per attaccare il gusto borghese, “insensibile ai suggerimenti” ed assuefatto ad un costume consolidato, e riaffermare la validità dell’esperienza di Novecento (che in quegli anni è criticata pesantemente dall’ala oltranzista del regime), giustificandola storicamente: “non le forze tradizionali, ma le forze storiche possono contrastate quelle rivoluzionarie [...]. Tradizione in arte significa traduzione in atto della libera invenzione, dal quattrocento di Giotto e Masaccio al concludersi del settecento in Tiepolo, fino al moderno [...]. Il contrasto sorge quando un ciclo storicamente finito non si decide a lasciare il passo al nuovo”. Feroldi traccia una “poetica” novecentista: “Nessuno vorrà disconoscere che fu merito del novecento l’avere proposto tutti i temi perché, nella loro elaborazione, si potesse raggiungere la meta auspicata: dalla ricerca dei valori plastici al senso spaziale, dalla austerità della composizione alla rappresentazione del dramma umano nella forma poetica o eroica: la fine dell’aneddoto, del superficiale, del convenzionale”. E accosta i nomi di Arturo Tosi, Achille Funi e Mario Sironi a quelli di Picasso, Derain, Matisse, Hofer, Kokoschka, in una sorta di “novecento universale”. Mentre alla galleria Milione di Milano Edoardo Persico propone l’incipiente espressionismo dei Sei di Torino, il ritrovato tonalismo dei Chiaristi e le sperimentazioni dell’Astrattismo (di cui Carlo Belli si farà portavoce pubblicando nel ’35 “Kn”), mentre a Roma si sta preparando la rivoluzione cromatica del Fronte e della Nuova scuola romana, Brescia è ancora intenta a rimeditare la scoperta di Novecento e dei suoi valori, rimasticati e interpretati secondo una opzione intimista e antieroica, alla quale non è estranea la personalità di Vecchia. Tra il Novecento di Sironi e quello di Tosi, insomma, la scelta cade su quest’ultimo, che riesce così a riportare nell’alveo tranquillo di un linguaggio sottilmente lirico e colloquiale, e allo stesso tempo formalmente rigoroso, le diverse anime della pittura bresciana, restituendo dignità alla tradizione del paesaggio naturalistico, e lasciando spazio alle sperimentazioni dei più giovani. Lo stesso Novecento di Vecchia, che pure come altri colleghi in quegli anni mette la propria arte al servizio della retorica di regime (gli affreschi allegorici del lavoro e dell’agricoltura per il Quadriportico, le cinque grandi tele con episodi gloriosi della guerra e della vittoria, esposte a Roma nel ’34 e poi in città alla Casa del Combattente), a partire dagli anni Trenta dissolve la monumentalità sironiana in un tocco sciolto e leggero, che nei ritratti e nei paesaggi lacustri, modellati sull’esempio di Tosi, combina sulla tela la solidità plastica ricavata dalla trama larga delle pennellate, alla vibrazione atmosferica dei toni argentei della tavolozza. È la rivisitazione della “tradizione” (nell’accezione positiva di Feroldi) che in 9 quegli stessi anni, complice l’illuminata iniziativa del podestà Fausto Lechi, studioso e cultore d’arte egli stesso, porta alla realizzazione di importanti mostre: proprio nel ’34, quella della pittura bresciana dell’800, l’anno successivo quella dedicata al Sei e Settecento, nel ’39 la grande mostra sul Rinascimento che Lechi, dopo le dimissioni nel ’37, cura come presidente della Commissione artistica. La sindacale del ’34 mette in evidenza la distanza che si sta creando tra un gruppo di artisti più all’avanguardia (Antonio Di Prata con “In famiglia”, Matteo Pedrali con “Il circo”, Virgilio Vecchia con il “Ritratto del pittore Canevari”, lo scultore Angelo Righetti con “Il Cristo” e “Marta”, acquistata dal Comune di Brescia, e ancora Oscar Di Prata con “Fanciulle al camposanto”, altro acquisto del Comune; poi Pianeti, Ragni, Canevari, Dolci, Pescatori, Cattaneo, Simoni con “Gesù e i ciechi”) e quelli che si affidano ancora, per utilizzare le parole di Feroldi, alle “tendenze intermedie a sfondo naturalistico”: tra loro Greppi, Bertoli, Garosio, Salodini, Galanti, Tita Mozzoni, Togni, Cantoni. Un discorso a parte, secondo Feroldi, merita ancora una volta Adolfo Mutti, che, “attratto dalla fastosità del colore a tutte le acrobazie, crede di poter assumere a esempio la libertà del settecento”, col risultato che “l’opera di Mutti si innesta nel periodo romantico e vi stagna” 12. Due anni dopo, nella terza sindacale bresciana del novembre ’36, le affermazioni dello stesso Feroldi 13 sembrano acquistare il sapore un po’ vuoto della retorica, quando ripete che “la gioventù nostra vive un periodo prodigioso a danno delle classi borghesi che appaiono ferme da cinquant’anni”, quando si compiace che “le giovani reclute abbiano saputo dimenticare il tempo (la seconda metà del secolo scorso ne è oppressa) della tirannia della norma accademica”, e constata che “sepolta o quasi è l’impressione [...] che voleva dire, e significa ancora, poco più di dilettantismo o di empirismo”, anche se “un buon numero delle opere esposte [...] non riesce a superare il limite del vero pittoresco”. Tra i migliori, Feroldi segnala ancora Battista Simoni (“Il cesto del pesce”), Battista Trainini (“Ritratto”, acquistato dal Comune, su cui Feroldi spende elogi, definendolo “sintesi ermetica di un pensiero che ha spaziato meditando le origini, tradotto nella semplicità di un discorso pittorico di intendimento universale”), Alessandro Pianeti (“Ballerina del circo”), Martino Dolci (“Natura morta”), Virgilio Vecchia (“Paesaggio lacustre”, “Ritratto della moglie”, acquistato dal Comune), Matteo Pedrali (“Paese”) e Pierino Preseglio (“Ragazzi indigeni”). Accanto alle opere di genere più tadizionale, compaiono esplicitamente i temi della retorica di regime: Oscar Di Prata si segnala per “Il ritorno del legionario” (dal gusto neoquat10 trocentista) e “La raccolta dell’oro”; Enrico Ragni propone, accanto al “Paese di Franciacorta”, anche “Il legionario”, Achille Canevari si aggiudica il Premio Dante Bravo con la complessa composizione “Fecondità”, “poema drammatico - lo definisce Feroldi espresso nella sorgente luminosa di una italianissima pittura”. Il disagio che lo stesso Feroldi avverte, quando si trova a dover giustificare una “apparenza di toni recisamente espressionistici [...] che riguarda solo la superficie”, mentre “la profondità del contenuto è saldamente e ugualmente difesa da una forma stilistica compiuta”, è il sintomo che la compattezza di linguaggio e di intenti, garantita finora dalla figura carismatica di Vecchia, si sta sfaldando, sotto le spinte di un rinnovamento che incalza da più parti a livello nazionale. E le sindacali bresciane del ’38 e del ’40 rimangono sottotono rispetto alle precedenti, se lo stesso Feroldi, recensendo quella del 1940, è costretto ad ammettere una sorta di fallimento dell’utopia novecentista di un’arte nazionale: “Dopo aver osannato il ritorno dell’umanesimo come alla fonte prettamente italiana dell’arte nostra, nessuno, nemmeno fra i maggiori, ha saputo, alla prova dei fatti, offrire un esempio. La ragione fondamentale di questa incapacità è che del ritorno alle forme “tradizionali” nessuno è convinto” 14. L’eredità nazionalista di Novecento, raccolta dalla Quadriennale romana, sembra non reggere più, se nel 1939, con l’istituzione dei Premi Bergamo e Cremona ad opera rispettivamente di Bottai e Farinacci, si tenta di uscire dalla stagnazione, praticando le vie opposte del recepimento del nuovo linguaggio espressionista, e della istituzionalizzazione dell’arte di regime. La crisi si avverte anche a Brescia, dove i più audaci hanno già fatto scelte ben precise. Il primitivismo di Alessandro Pianeti (“Venditrice di bucaneve”, “Ragazza di Valle Trompia”, “Ballerina”, esposte rispettivamente nel ’34, nel ’36 e nel ’38) guarda agli esempi nobili di Campigli, mentre Matteo Pedrali, dopo il soggiorno romano del ’36 e le frequentazioni veneziane a partire dall’anno successivo, si rivolge all’espressionismo ingenuo di Birolli e Garbari e poi più decisamente alla ricerca cromatica dei chiaristi (“Paesaggio”, acquistato dal Comune nel 1940) e di Corrente: sarà tra i pochi bresciani, assieme a Consadori e Ragni, a partecipare assiduamente al Premio Bergamo. Il “milanese” Monti già dalla metà degli anni Trenta (“Veduta di La Spezia”, del ’33) si affida ad una libertà di segno di marca quasi gestuale, influenzando anche la pittura di paesaggio dell’amico Togni, che sulla tela lavora di graffi e polpastrelli, e forse anche certe abbreviazioni segniche e densità materiche dei “Paesaggi” del primo Ragni. Se Battista Trainini, Antonio Di Prata e Silvio Consadori, nei loro ritratti, restano fedeli nel tempo alla solidità plastica di Novecento, l’astrazione metafisi11 ca di Vittorio Botticini e l’inquietudine ingenua di Oscar Di Prata troveranno solo dopo la guerra un esito compiuto. La compostezza formale della scultura di Bortolotti e Righetti, modellata sugli esempi di Marini e Martini e destinata a fare scuola ai più giovani Lusetti a Moretti, accentuerà col tempo in chiave espressiva la vibrazione luministica della superficie plastica. Le inquietudini espressive degli ultimi anni Trenta trovano impreparati artisti come Garosio, Pescatori, Canevari, Dolci, Cattaneo. I loro paesaggi, più vicini agli incanti di Carrà e Rosai che alle terree periferie industriali di Sironi, non hanno mai rinunciato al gusto naturalistico per il colore e l’atmosfera, per la narrazione in presa diretta. Per loro, l’esito sarà il ripiegamento un po’ nostalgico su un linguaggio vernacolare, lontano dai dibattiti e dalle sperimentazioni del dopoguerra, da cui lo stesso Virgilio Vecchia preferirà mantenersi polemicamente estraneo. 1 La ricostruzione dell’attività di Arte in famiglia negli anni Venti, in Anelli, 1984; l’introduzione di Giannetto Valzelli al catalogo Virgilio Vecchia: pittore, 1989; gli scritti di Mauro Corradini e Fausto Lorenzi nel volume Martino Dolci, 1996; l’approfondimento dello stesso Corradini sul paesaggio negli anni trenta in Matteo Pedrali..., 1996; l’intervento di Roberto Ferrari nel catalogo Giovan Battista Cattaneo, 1998. 2 Cfr. Anelli, 1984, pagg. 117 e segg. 3 Cfr. Vittorio Fagone in Gli anni trenta..., 1982, pag. 43: “un’analisi dell’arte in questo periodo deve tener conto dell’attività svolta dal Sindacato degli artisti, simmetrica alla configurazione dello Stato fascista come organizzatore culturale e grande committente. È a questo livello infatti che l’intervento politico risulta più efficace, anche se, all’apparenza, meno diretto”. 4 Vicari, La prima triennale..., 1928; Anelli, 1984, pag. 119, n. 26. 5 Arturo Verni..., 2000, pag. 37. 6 Cit. da Giannetto Valzelli in Virgilio Vecchia: pittore, 1989, pagg. 10 e 19. 7 Vicari, Le opere premiate..., 1928; Vicari, La prima triennale..., 1928. 8 Cfr. Bossaglia, 1979, pag. 22: “La mostra [di Novecento italiano, ndr] inaugurata il 14 febbraio del 1926, ha una risonanza larghissima. La stampa accetta come scontato il ruolo di orientamento dello stile nazionale che essa si è assunta”. 9 Belli, Chiosa..., 1932. 10 Belli (?), Una mostra..., 1932. 11 Feroldi, 1934; Feroldi, 1935. 12 Feroldi, 1934. 13 Feroldi, Orientamenti..., 1936; Feroldi, Precisazioni..., 1936. 14 Feroldi, 1940. 12 Bibliografia 1928 - Catalogo della I mostra triennale d’arte, Brescia. 1928 - Mostra di opere di artisti bresciani, catalogo della mostra alla Famiglia Bresciana, Milano. 1928 - Vicari, N. F., Le opere premiate alla I Triennale bresciana, in “Il popolo di Brescia”, 27 maggio. 1928 - Vicari, N. F., La prima Triennale bresciana, in “Brescia”, novembre. 1931 - I Quadriennale d’arte nazionale, catalogo della mostra, Roma. 1932 - III Mostra d’arte del Sindacato regionale fascista di belle arti di Lombardia: Biennale di Brera, catalogo della mostra, Milano. 1932 - Belli, Carlo, Chiosa sulla pittura per la partecipazione dei bresciani alla III mostra sindacale di Milano, in “Brescia”, febbraio. 1932 - Belli, Carlo (?), Una mostra di giovani pittori del sindacato bresciano, in “Brescia”, giugno. 1934 - Feroldi, Pietro, Esame di valori alla mostra sindacale d’arte, in “Il popolo di Brescia”, 23 dicembre. 1935 - II Quadriennale d’arte nazionale, catalogo della mostra, Roma-Milano. 1935 - Feroldi, Pietro, La seconda mostra d’arte del sindacato provinciale, in “L’Arengo”, gennaio. 1936 - Feroldi, Pietro, Orientamenti alla sindacale d’arte, in “Il popolo di Brescia”, 26 novembre. 1936 - Feroldi, Pietro, Precisazioni alla sindacale d’arte, in “Il popolo di Brescia”, 2 dicembre. 1936 - Il premio “Dante Bravo” ad Achille Canevari, in “Il popolo di Brescia”, 9 dicembre. 1938 - Feroldi, P., La quarta mostra sindacale d’arte, in “Il popolo di Brescia”, 15 febbraio. 1939 - III Quadriennale d’arte nazionale, catalogo della mostra, Milano-Roma. 1940 - Feroldi, Pietro, Orientamenti e indicazioni della quinta sindacale d’arte, in “Il popolo di Brescia”, 1 maggio. 1942 - Piovene, Guido, La raccolta Feroldi, Milano. 1967 - Mostra commemorativa del pittore Edoardo Togni, catalogo della mostra, Brescia. 1970 - Cesare Monti: prima mostra commemorativa, a cura di Massimo Carrà, Milano. 1973 - Emilio Rizzi (1881-1952): in occasione della mostra celebrativa a Cremona, città natale del pittore, a cura di Miretta Miari Rizzi, Milano. 1976 - Emilio Rizzi, 1881-1952, a cura di Mi- retta Miari Rizzi, catalogo della mostra, Milano. 1977 - Vittorio Botticini: opere dal 1937-1977, a cura di Elda Fezzi, catalogo della mostra, Brescia. 1978 - Una vita per l’arte: omaggio a Oscar Di Prata, a cura di Raffaele De Grada, Concesio. 1979 - Bossaglia, Rossana, Il “Novecento italiano”: storia, documenti, iconografia, Milano. 1979 - Domenico Lusetti: mostra antologica, a cura di Raffaele De Grada, Brescia. 1980 - Lonati, Riccardo, Dizionario dei pittori bresciani, Brescia. 1981 - Emilio Rizzi 1881-1952, a cura di Elvira Cassa Salvi, catalogo della mostra, Brescia. 1982 - Gli anni trenta: arte e cultura in Italia, catalogo della mostra, Milano. 1983 - Enrico Ragni, catalogo della mostra, Brescia. 1983 - Mostra del Novecento italiano: 19231933, catalogo della mostra, Milano. 1984 - Anelli, Luciano, Il paesaggio nella pittura bresciana dell’Ottocento, Brescia. 1984 - Bozzetti, Silvana, Edoardo Togni, 18841962, con saggio critico di Giannetto Valzelli, Brescia. 1984 - Matteo Pedrali, 1913-1980, a cura di Elda Fezzi, catalogo della mostra (Palazzolo sull’Oglio), Milano. 1985 - Anelli, Luciano, Le opere d’arte del Seminario diocesano di Brescia, Brescia. 1985 - Brescia postromantica e liberty 1880-1915, catalogo della mostra, Brescia. 1985 - La vicenda umana e artistica di Domenico Lusetti, a cura di Mauro Corradini, catalogo della mostra, Pontevico. 1986 - Lonati, Riccardo, Dizionario degli scultori bresciani, Brescia. 1987 - Angelo Righetti scultore, a cura di Giannetto Valzelli, catalogo della mostra, Brescia. 1988 - Ottorino Garosio, testi di Luciano Spiazzi, Giorgio Mascherpa, Mauro Panzera, Alfredo Bonomi, Brescia. 1988 - Timo Bortolotti scultore: 15 giugno 1884 15 ottobre 1954, catalogo della mostra, Brescia. 1989 - Dai neoclassici ai futuristi ed oltre. Proposte per una civica galleria d’arte moderna e contemporanea, a cura di Renata Stradiotti, testi di Bruno Passamani, Rossana Bossaglia, Maurizio Mondini, Valerio Terraroli, Renata Stradiotti, Ugo Spini, catalogo della mostra, Brescia. 13 1989 - Virgilio Vecchia: pittore (1891-1968), a cura di Giannetto Valzelli, catalogo della mostra, Brescia. 1990 - Adolfo Mutti, a cura di Attilio Mazza, catalogo della mostra (Brescia-Toscolano), Brescia. 1990 - Valzelli, Giannetto, Cesare Monti, Milano. 1990 - Valzelli, Giannetto, Silvio Consadori, Milano. 1992 - Tita Mozzoni: postuma, catalogo della mostra, Brescia. 1993 - Gli anni del Premio Bergamo: arte in Italia attorno agli anni Trenta, catalogo della mostra (Bergamo), Milano. 1993 - Il Premio Bergamo 1939-1942: documenti, lettere, biografie, a cura di Marco Lorandi, Fernando Rea, Chiara Tellini Perina, Milano. 1994 - Il Garda di Consadori, a cura di Maria Pia Bagnariol, catalogo della mostra, Brescia. 1994 - Virgilio Vecchia, a cura di Fulvia Vecchia e Maria Giovanna Battistini, catalogo della mostra (Desenzano del Garda), Milano. 1996 - La Biennale di Venezia: le esposizioni internazionali d’arte, 1895-1995: artisti, mostre, partecipazioni nazionali, premi, Venezia-Milano. 1996 - Martino Dolci, 1912-1994, testi di Mau- 14 ro Corradini, Fausto Lorenzi, Francesca Sandrini, Brescia. 1996 - Matteo Pedrali: sulle sponde del Sebino, a cura di Mauro Corradini, catalogo della mostra, Iseo. 1997 - Ermete Lancini (1920-1968). Il pittore e la ricerca, a cura di Roberto Ferrari, catalogo della mostra, Brescia. 1998 - Giovan Battista Cattaneo, 1906-1983, a cura di Roberto Ferrari, catalogo della mostra, Brescia 1999 - Attraverso gli anni Trenta: da Novecento a Corrente. 120 opere della Galleria nazionale di arte moderna di Roma, a cura di Vittorio Fagone, catalogo della mostra, Bergamo. 1999 - Eddo Togni. Edoardo Togni: la purezza dell’animo nella magnificenza della natura, scritti di Alfredo Bonomi e Felice Mazzi, catalogo della mostra (Sabbio Chiese), Brescia. 2000 - Arturo Verni e i pittori del Garda, a cura di Roberto Ferrari, catalogo della mostra, Brescia. 2000 - Vittorio Botticini (1909-1978) paladino della modernità, a cura di Roberto Ferrari, catalogo della mostra (Villa Carcina), Brescia. Gli artisti bresciani nelle collezioni pubbliche cittadine Carlo Zani La politica d’incremento delle collezioni pubbliche bresciane, dopo l’inevitabile interruzione dovuta all’entrata in guerra dell’Italia nel 1915, riprese con il tradizionale meccanismo dei premi Brozzoni, istituiti su volontà del nobile bresciano, che, assieme alla donazione del proprio patrimonio alla città di Brescia, aveva istituto nel 1863 un concorso a due livelli per gli artisti attivi nel nostro territorio. Questo concorso prevedeva una pensione triennale, erogata ad artisti esordienti, che consentisse la frequenza presso scuole o accademie d’arte, e una biennale, per professionisti che volessero specializzarsi o condurre studi d’approfondimento in musei, istituzioni artistiche, atelier, biblioteche, città d’arte, a scelta del vincitore. Il regolamento di attuazione del concorso prevedeva che al patrimonio del Comune fosse destinato il bozzetto vincitore e la prova che, annualmente, il vincitore doveva presentare alla commissione giudicatrice per godere del prosieguo dell’erogazione della pensione. Il concorso infine era bandito con cadenza non regolare, poiché dipendente dalla dotazione economica, e soggetto quindi all’andamento economico della rendita. Brescia, città di retrovia del fronte alpino-veneto negli anni della “Grande Guerra”, dovette inoltre attivarsi nella salvaguardia del proprio patrimonio artistico, provvedendo allo sgombero delle principali opere d’arte in depositi sicuri e protetti e nel susseguente ripristino delle collezioni. Solo dal 1920 troviamo di conseguenza riattivato il Concorso Brozzoni, con la riammissione del pittore Giulio Cantoni al godimento della pensione - era stato sospeso perché richiamato alle armi – e il bando di un nuovo concorso. La pensione triennale fu vinta, in quest’occasione, da Vincenzo Guerrini, per la categoria architettura, mentre quella biennale fu assegnata al pittore Edoardo Togni, cui appartiene il Paesaggio (Inv. 814) che qui si presenta. Con la scadenza del pensionato Cantoni, l’anno successivo fu bandito il concorso biennale vinto dal pittore Cesare Monti che, nel biennio, presentò fra gli altri il Ritratto femminile (Inv. 831). Scaduto anche questo pensionato biennale, il seguente toccò, nel 1924, a Adolfo Mutti, artista cui sono assegnabili due nuclei di opere, in quanto già vincitore del concorso triennale nel 1910. La scarsità di documentazione attualmente conosciuta e, in alcuni casi, la dispersione delle opere d’arte ci costringono a suddivisioni condotte esclusivamente su base stilistica, nell’attesa di più confor15 tante documentazione archivistica. Al primo periodo appartiene il Ritratto femminile (Inv. 834), mentre al secondo dovrebbe riferirsi il Ritratto della moglie (Inv. 843). Negli anni successivi furono banditi il concorso triennale nel 1927, vinto da Antonio Di Prata, nel 1930, assegnato a Giuseppe Silvio Consadori, e nel 1934, vinto da Martino Dolci, mentre quello biennale fu assegnato nel 1930 ad Antonio Di Prata, nel 1932 a Giulio Greppi, nel 1934 a Giuseppe Silvio Consadori e nel 1938 a Vittorio Botticini, tutti per la pittura, mentre solo il biennale del 1932 fu assegnato ad uno scultore, Ciffrido – o Giffrido – Mondinelli, di cui non sono state però individuate opere. Anche per questi artisti non è possibile precisare, allo stato attuale delle indagini archivistiche, l’elenco completo delle opere consegnate, con la sola parziale eccezione del premio triennale assegnato a Consadori nel 1930. Di quest’artista si conserva, infatti, l’elenco delle opere ritirate dal Municipio aggiornato al 1932. In questo documento si elencano “il saggio”, una Figura di donna (Inv. 642), una Testa maschile (Inv. 688 o 912), una Testa di fanciulla (non identificato), un’altra Figura di donna (Inv. 858 ?). Al concorso del 1934 dovrebbero invece appartenere il bozzetto e la tela di medesimo soggetto - I costruttori - (rispettivamente Inv. 846 e 911). L’identificazione delle opere degli altri artisti è invece più problematica, anche se verosimilmente sono frutto del concorso Brozzoni le opere Ritratto di giovane (Inv. 690) di Botticini, l’Interno - cortile dell’ex convento di San Barnaba (Inv. 848) di Dolci, lo Studio di torso (Inv. 850) di Greppi. Più sicura è la ricostruzione degli acquisti che il Comune di Brescia conduce negli anni compresi fra le due guerre, poiché puntualmente registrati nelle delibere della Giunta o in quelle del podestà di quegli anni. Tra i primi quadri contemporanei acquistati per le collezioni pubbliche si possono segnalare una Testa di vecchio di Barbieri, esposta alla Mostra dell’Ateneo di Brescia del 1924, pagata 900 lire, e un quadro “premiato in una recente esposizione folkloristica” di Cesare Monti, comprato presso la Bottega d’Arte nel 1927, entrambi non individuati, e la Fanciulla pallida, sempre di Monti, proveniente anch’esso dalla mostra dell’Ateneo del ’24 e stimato 1650 lire (Inv. 564). Le acquisizioni proseguirono in modo sporadico e occasionale anche negli anni seguenti: nel 1928 fu acquistato, alla mostra della “Famiglia bresciana” allestita a Milano, 16 Cesare Monti La fanciulla pallida olio su tela,1924 Civici Musei d’arte e storia, Inv. 564 Mario Bettinelli Il Cortile olio su tela, 1928 Civici Musei d’arte e storia, Inv. 678 Il cortile, opera eseguita nel 1927 dal pittore Mario Bettinelli (Inv. 678); due anni dopo fu commissionato un Busto di Turati allo scultore Claudio Botta, pagato 2.000 lire - probabilmente già rimosso e disperso dopo la defenestrazione del gerarca fascista avvenuta nel 1930 -; nel 1931 fu infine acquistato Balme in Montagna (Inv. 737), olio del pittore Cesare Maggi, presso la Bottega dell’Arte al prezzo di 600 lire. È con gli anni Trenta che la politica di incremento delle raccolte pubbliche subisce un’accelerazione con un programma preciso di acquisti da parte dell’Amministrazione comunale, ma non solo di questa, presso gli artisti locali per il tramite del loro sindacato. Le opere d’arte acquisite non erano tutte destinate alla Pinacoteca, poiché alcune erano espressamente acquistate per ornare gli uffici più rappresentativi. La corporazione degli artisti organizza dal 1932, con cadenza biennale, delle Mostre Sindacali d’Arte, momento di sintesi e confronto fra i risultati della sperimentazione e della ricerca condotte dagli artisti della nostra provincia. La prima di queste mostre degli artisti bresciani si tenne nell’estate di quell’anno, alla vigilia dell’inaugurazione di piazza della Vittoria, nella Crociera di San Luca, che in anni passati aveva ospitato in più occasioni mostre d’arte antica e contemporanea. Delle opere che il Comune acquistò in quell’occasione non resta, con certezza, che il Paese (Inv. 552) di Aldo Coccoli e forse la Strada con una casa a sinistra (Inv. 554) di Achille Canevari, probabilmente da identificarsi con l’opera Ai Campiani (Inv. 697). Sono irrintracciabili, ormai da numerosi anni, il quadro di Enrico Ragni Veduta di Campo Marte con baracconi (Inv. 551) e quello di Mario Pescatori, Case di Sant’Eufemia (Inv. 553). Alla seconda Mostra Sindacale Provinciale dell’inverno 1934 furono tre le opere acquisite: un busto di bronzo di Angelo Righetti, Marta (Inv. 32), pagato 2.500 lire, un Martino Dolci, Il lavatoio dell’Aquila Nera (Inv. 689), pagato 500 lire, e un giovanile Oscar Di Prata, Fanciulle al camposanto (Inv. 836), del valore di 1.000 lire. L’anno successivo fu acquistato, presso la Bottega d’Arte, la Veduta della Spezia (Inv. 626) di Cesare Monti, al prezzo di 1.200 lire. 17 Nella terza Mostra Sindacale Provinciale, svoltasi nel palazzo della Loggia, le opere acquistate furono un Ritratto (Inv. 647) di Virgilio Vecchia, Mia sorella (Inv. 648) di Antonio Di Prata, un Ritratto (Inv. 649) di Battista Trainini, Sera in Val di Fassa (Inv. 650) di Giovan Battista Bosio, un Paese (Inv. 651) di Enrico Ragni, La linea ferroviaria (Inv. 652) di Mario Pescatori e un Cesto di pesci (Inv. 653) di Battista Giuseppe Simoni. Questo “pezzo di solida pittura moderna ” è in particolare “fra le opere più considerevoli della mostra”, come nota il collezionista Ferodi nella recensione sul “Popolo di Brescia”. Una pausa di riflessione accade in occasione della quarta Mostra Sindacale, quella del 1938, quando, pur proseguendo le acquisizioni, il Municipio si limita alla spesa complessiva di 1000 lire per due quadri, Fiori (Inv. 659) di Tita Mozzoni e Ragazza di Val Trompia (Inv. 660) di Alessandro Pianeti. In questa occasione furono però acquistati due disegni di Ottorino Garosio e due studi per La messa al campo di Emilio Rizzi. Quest’ultimi si riferiscono ai due teleri di grandi dimensioni realizzati prima del 1929 per la Casa del Combattente, inaugurata il 28 ottobre di quell’anno. Queste due opere, Due crocerossine (Inv. 1385) e La messa al Campo (Inv. 1386), furono rimosse dall’edificio di Corso Magenta nel secondo dopoguerra e depositate in un magazzino non ancora identificato. La quinta Sindacale d’Arte fu preparata nell’imminenza della nuova guerra, ma l’emergenza conseguente alla dichiarazione di guerra del 10 giugno non impedì di procedere all’acquisizione di altre tre opere di artisti bresciani fra cui il Paese di lago (Sensole, Inv. 666) di Virgilio Vecchia, valutato ben 2.200 lire. Nell’occasione fu formalizzato l’acquisto di un Battista Cattaneo, Strada dei Ronchi (Inv. 667) e di un Autoritratto (Inv. 668) di Martino Dolci, pagati 450 lire l’uno. L’ultima grande campagna d’acquisto di questi anni fu condotta alla sesta e ultima Mostra Sindacale, quella del 1942. Ben sei, quattro tele e due sculture, furono le opere comprate per complessive 5.000 lire: Il Castello (Inv. 712) di Vico Cominelli, una Natura Morta (Inv. 713) di Battista Cattaneo, un Paesaggio (Inv. 714) di Ottorino Garosio, un Paese (Inv. 715) di Fausto Bertoli, La nipotina (Inv. 36) di Domenico Lusetti e Il Legionario Vigliani (Inv. 37) di Ersilio Moretti. Questi acquisti erano stati preceduti da 18 Cesare Maggi Balme in montagna olio su tela, 1931 Civici Musei d’arte e storia, Inv. 737 quello di un Paesaggio (Inv. 710) di Matteo Pedrali, presso la Bottega d’Arte. Per quanto riguarda la committenza pubblica non possiamo però dimenticare che anche altri Enti, come l’Amministrazione provinciale, procedettero ad importanti acquisizioni, oppure furono artefici di commissioni artistiche che per il loro soggetto, solitamente inneggiante al regime, furono distrutte o disperse al termine del conflitto. In mancanza di approfondite documentazioni archivistiche e di dettagliati inventari scientifici, non è al momento possibile completare questa parte della ricerca cui si allude presentando una segnalazione di opere presenti nei patrimoni di alcuni di questi enti, come la Provincia, il Seminario diocesano, il Banco di Brescia. 19 Opere riferibili agli anni Venti e Trenta degli artisti bresciani presenti nelle collezioni dei Civici Musei d’arte e storia Autore Titolo Tecnica/Dimensioni Inv. AFDM Fausto Bertoli 1909 – 1941 Paese olio su cartone, 27 x 36 715 L 295 - 2943 Giovan Battista Bosio 1873 – 1946 Paesaggio in val di Fassa Paesaggio sul lago di Garda olio su cartone, 31 x 34 pastello su carta, 20,4 x 26,6 650 1342 H 205 -2107 H 207 - 2124 Vittorio Botticini 1909 – 1978 Natura morta Ritratto di giovane Studio di torso Casello del serbatoio dell’acqua Operai in officina olio su cartone, 39 x 42,5 olio su tela, 45 x 40 olio su tela, 59 x 52,5 olio su cartone, 34 x 41,5 olio su tela, 40 x 35 598 690 852 950 1075 L 301 - 3008 L 302 - 3015 E 366 - 3843 L 295 - 2945 L 299 - 2985 Achille Canevari 1912 – 1966 Paesaggio Ai Campiani olio su cartone, 40 x 36,5 olio su cartone, 40,5 x 36 554 697 1912 – 1966 L 296 - 2954 Giulio Cantoni 1890 – 1968 Ritratto femminile Ritratto di giovane Ritratto virile Nevicata olio su tela, 50 x 39 olio su tela, 52,4 x 41 olio su tela, 58,5 x 43 olio su tela, 40 x 50 857 983 986 1133 H 209 - 2149 L 294 - 2939 L 296 - 2950 Battista Cattaneo 1906 - 1983 Strada dei Ronchi Natura morta olio su tela, 50 x 61 olio su cartone, 57 x 44 667 713 H 209 - 2147 H 715 - 7213 Aldo Coccoli 1913 – 1958 Paese olio su tela, 49 x 69 552 L 483 - 4829 Vico Cominelli 1902 – 1950 Il castello di Brescia tempera su tela, 64 x 79 712 E 183 - 1794 Silvio Consadori 1909 - 1994 Ritratto di ragazza in rosa Ritratto di giovane I costruttori Testa di vecchia I costruttori Giovane a torso nudo Ritratto virile Ritratto virile olio su tela, 55 x 50 olio su tela, 65 x 44 tempera su carta, 69 x 75,5 olio su tavola, 52 x 37 olio su tela, 60 x 80 olio su tela, 55 x 45 olio su tavola, 56 x 38,5 olio su tela, 60 x 47 642 688 846 858 911 912 984 985 H 209 - 2150 L 303 - 3028 H 235 - 2419 R 7372 Mia sorella Giovane donna con bacile di rame Maternità Ritratto femminile Ritratto di fanciulla I fratelli Ritratto femminile Ritratto femminile olio su tela, 84,5 x 64 olio su tela, 96 x 57 olio su tela, 100 x 80 olio su tela, 75 x 55,5 olio su tela, 64,5 x 50 olio su cartone, 49,5 x 65 olio su tavola, 50 x 35,5 olio su tela, 50 x 40 648 687 842 847 851 854 856 949 E 490 A - 5106 Oscar Di Prata 1910 – vivente Fanciulle al camposanto olio su tela, 180 x 129,5 836 s.n. Martino Dolci 1912 – 1994 Autoritratto Autoritratto a mezzo busto Autoritratto Il lavatoio dell’Aquila Nera Interno cortile ex convento di S. Barnaba Interno ex convento di S. Barnaba Interno del chiostro di S. Barnaba olio su tela, 30 x 28 olio su tela, 39 x 34 olio su tela, 38 x 36 olio su tela, 99 x 67 olio su tela, 76,5 x 63 olio su tela, 77 x 62 olio su tela, 45 x 30 640 641 668 689 848 880 948 H 212 - 2176 H 800 - 8061 L 295 - 2940 E 183 - 1795 H 763 - 7699 H 212 - 2177 Antonio Di Prata 1907 – 1952 L 299 - 2986 L 295 - 2942 L 295 - 2973 L 299 - 2984 s.n. L 484 - 4830 H 716 - 7229 Autore Titolo Tecnica/Dimensioni Inv. AFDM Ottorino Garosio 1904 – 1980 Paesaggio della Val Sabbia olio su cartone, 52 x 59 714 L 291 - 2976 Giulio Greppi 1906 – 1964 Ritratto del pittore Achille Canevari Studio di torso Bambina con pane Gruppo di artisti bresciani olio su tavola, 100 x 67 olio su tavola, 76 x 60,5 olio su compensato, 60 x 59 affresco strappato, 220 x 380 844 850 947 1417 s.n. s.n. E 367 - 3857 Angelo Landi 1879 – 1944 Ritratto di signora Il gioco delle bocce olio su compensato, 52,5 x 44 olio su tela, 48,5 x 68,5 1290 1291 H 706 - 7121 Cesare Monti 1891 – 1959 La fanciulla pallida Veduta della Spezia Oleandri Fanciulla con fiore Ritratto femminile Mattino d’autunno olio su tela, 60 x 50 olio su tela, 70 x 89 olio su tela, 60,5 x 50 olio su tela, 93 x 77,5 olio su tela, 93,5 x 73,5 olio su tela, 88 x 89,5 564 626 655 830 831 839 H 225 - 2307 H 224 -2306 E 54 - 500 H 225 -2309 H 225 - 2308 D 222 - 2710 Tita Mozzoni 1894 – 1986 Fiori Deposizione olio su cartone, 67 x 52 smalto su rame, 26 x 20,3 659 1169 E 490 - 5093 H 714 - 7207 Adolfo Mutti 1893 – 1980 Testa di donna con fondo di arazzo a fiori Ritratto femminile Ritratto femminile Ritratto della moglie Ritratto della moglie Testa femminile olio su tela, 43 x 75,5 olio su tela, 58 x 46 olio su tela, 79 x 63 olio su tela, 84,5 x 64 olio su tela, 93,5 x 72 olio su tela, 40 x 29,3 785 834 840 843 845 969 H 764 - 7700 H 494 - 5005 H 494 - 5006 H 715 - 7211 H 494 - 5007 H 494 - 5004 Matteo Pedrali 1913 – 1980 Paesaggio olio su tavola, 33 x 43 710 H 763 - 7698 Mario Pescatori 1905 – 1996 La linea ferroviaria Case di Sant’Eufemia olio su tela, 66 x 51 olio su tavola, 24,8 x 39 652 696 L 301 - 3001 Alessandro Pianeti 1902 – 1938 Ragazza di Val Trompia olio su tela, 72 x 57 660 Enrico Ragni 1910 – vivente Veduta di Campo Marte con baracconi Paesaggio di Franciacorta olio su tela, 65 x 55,7 651 Emilio Rizzi 1881 – 1952 Due crocerossine La messa al campo olio su tela, 234 x 85 olio su tela, 256 x 657 1385 1386 Carlo Francesco Salodini 1903 – 1950 Testa di bambino olio su tela, 32 x 24,5 607 E 490 - 5092 Battista Giuseppe Simoni Cesto di pesci 1909 – 1983 olio su tela, 60,5 x 69,5 653 H 232 - 2385 Edoardo Togni 1884 – 1962 Bosco Paesaggio Cortile del convento di San Barnaba Paesaggio con piante Paesaggio olio su tela, 88 x 50 olio su tela, 51,5 x 84,5 olio su tela, 127 x 75,5 olio su cartone, 72 x 48 olio su tela, 56 x 45,9 540 814 829 952 970 L 303 - 3020 H 716 - 7226 H 717 - 7238 H 717 - 7236 Battista Trainini 1912 - Ritratto femminile olio su tela, 50 x 40 649 s.n. Virgilio Vecchia 1891 – 1968 Ritratto della moglie Sensole sul lago d’Iseo olio su tela, 98,2 x 70 olio su tela, 58 x 75 647 666 L 483 - 4828 H 680 - 6862 1937 H 716 - 7225 Le opere 6) Adolfo Mutti (1893-1980), Ritratto della moglie olio su tela, cm 84,5x64, 1925 circa Civici Musei d’arte e storia, inv. 843 25 7) Silvio Consadori (1909-1994), Ritratto di ragazza in rosa olio su tela, cm 55x70, 1930 circa Civici Musei d’arte e storia, inv. 642 26 12) Cesare Monti (1891-1959), Veduta della Spezia olio su tela, cm 70x90, 1933 Civici Musei d’arte e storia, inv. 626 27 14) Oscar Di Prata (1910-), Fanciulle al camposanto olio su tela, cm 180x129,5, 1934 Civici Musei d’arte e storia, inv. 836 28 16) Martino Dolci (1912-1994), Venditore di angurie olio su tela, cm 94x75, 1935 Banco di Brescia S.p.a. 29 26) Virgilio Vecchia (1891-1968), Paese di lago (Sensole) olio su tela, cm 58x75, 1937 Civici Musei d’arte e storia, inv. 666 30 30) Vittorio Botticini (1909-1978), Natura morta olio su cartone, cm 36x40,5, 1940 Civici Musei d’arte e storia, inv. 598 31 31) Ottorino Garosio (1904-1980), Paesaggio della Val Sabbia olio su cartone, cm 51x59, 1940 circa Civici Musei d’arte e storia, inv. 714 32 1) Giuseppe Ronchi (1875-1951), Vespro sereno olio su tela, cm 133x102, 1903 Civici Musei d’arte e storia, inv. 544 33 2) Adolfo Mutti (1893-1980), Ritratto femminile olio su tela, cm 58x46, 1914 Civici Musei d’arte e storia, inv. 834 34 3) Arnaldo Soldini (1862-1936), Sole d’inverno olio su tela, cm 67x55, 1916 Civici Musei d’arte e storia, inv. 567 35 4) Edoardo Togni (1884-1962), Paesaggio olio su tela, cm 51,5x84,5, 1920 circa Civici Musei d’arte e storia, inv. 814 36 5) Cesare Monti (1891-1959), Ritratto femminile olio su tela, cm 93,5x73,5, 1921 Civici Musei d’arte e storia, inv. 831 37 8) Cesare Bertolotti (1854-1932), Autunno in montagna olio su tela, cm 64x120, 1930 Provincia di Brescia 38 9) Cesare Bertolotti (1854-1932), Riflessi olio su tela, cm 64x120, 1930 Provincia di Brescia 39 10) Achille Canevari (1912-1966), Ai Campiani olio su cartone, cm 40,5x36, 1932 Civici Musei d’arte e storia, inv. 697 40 11) Giulio Greppi (1906-1964), Studio di torso olio su tavola, cm 76x60, 1932 Civici Musei d’arte e storia, inv. 850 41 13) Martino Dolci (1912-1994), Cortile dell’ex Convento di San Barnaba olio su tela, cm 76,5x63, 1934 Civici Musei d’arte e storia, inv. 848 42 15) Timo Bortolotti (1884-1954), Busto di monsignor Giacinto Tredici bronzo, cm 55x70x35, 1934 Seminario vescovile diocesano 43 17) Alessandro Pianeti (1902-1938), Ragazza di Val Trompia olio su tela, cm 72x57, 1935 Civici Musei d’arte e storia, inv. 660 44 18) Angelo Righetti (1900-1972), Marta (Testa di fanciulla) bronzo, cm 51x50x35, 1935 Civici Musei d’arte e storia, inv. 32 45 19) Virgilio Vecchia (1891-1968), Ritratto della moglie olio su tela, cm 98,2x70, 1936 Civici Musei d’arte e storia, inv. 647 46 20) Antonio Di Prata (1907-1952), Mia sorella olio su tela, cm 84,5x64, 1936 Civici Musei d’arte e storia, inv. 648 47 21) Battista Trainini (1912- ), Ritratto femminile olio su tela, cm 50x40, 1936 Civici Musei d’arte e storia, inv. 649 48 22) Enrico Ragni (1910- ), Paesaggio di Franciacorta olio su tela, cm 65x55,5, 1936 Civici Musei d’arte e storia, inv. 651 49 23) Mario Pescatori (1905-1996), La linea ferroviaria olio su tela, cm 66x51, 1936 Civici Musei d’arte e storia, inv. 652 50 24) Battista Giuseppe Simoni (1909-1983), Cesto di pesci olio su tela, cm 69,5x60,5, 1936 Civici Musei d’arte e storia, inv. 653 51 25) Cesare Monti (1891-1959), Oleandri olio su tela, cm 60,5x50, 1936 circa Civici Musei d’arte e storia, inv. 655 52 27) Vittorio Botticini (1909-1978), Ritratto di giovane olio su tela, cm 45,5x40, 1938 Civici Musei d’arte e storia, inv. 690 53 28) Martino Dolci (1912-1994), Autoritratto olio su tela, cm 38x36, 1938 Civici Musei d’arte e storia, inv. 668 54 29) Battista Cattaneo (1906-1983), Strada dei Ronchi olio su tela, cm 50x60, 1938 Civici Musei d’arte e storia, inv. 667 55 32) Matteo Pedrali (1913-1980), Paesaggio olio su tavola, cm 34x43, 1940 circa Civici Musei d’arte e storia, inv. 710 56 33) Domenico Lusetti (1908-1971), La nipotina terracotta, cm 26x28x18, 1940 circa Civici Musei d’arte e storia, inv. 36 57 34) Fausto Bertoli (1909-1941), Paese olio su cartone, cm 27x36, 1942 Civici Musei d’arte e storia, inv. 715 58 35) Ersilio Moretti (1911- ), Testa del legionario Camillo Vigliani terracotta, cm 42x26x23, 1942 Civici Musei d’arte e storia, inv. 37 59 36) Carlo Francesco Salodini (1903-1950), Testa di bambino olio su tela, cm 32x24,5, 1944 Civici Musei d’arte e storia, inv. 607 60 Sommario pag. 2 Presentazione Vasco Frati e Giuseppina Ragusini pag. 3 Anni Venti e Trenta, la tentazione della modernità Giovanna Capretti pag. 15 Gli artisti bresciani nelle collezioni pubbliche cittadine Carlo Zani pag. 23 Le opere 61 La memoria figurativa-13 Anni Venti e Trenta - 1 Gli artisti bresciani nelle collezioni pubbliche cittadine 21 aprile - 16 maggio 2001 Mostra organizzata dall’AAB e dai Civici Musei d’arte e storia Cura della mostra Giovanna Capretti e Carlo Zani Comitato scientifico Giovanna Capretti, Elena Lucchesi Ragni, Renata Stradiotti, Carlo Zani Comitato organizzatore Vasco Frati, Martino Gerevini, Giuseppina Ragusini, Carlo Zani Collaborazioni museali Luisa Cervati, Piera Tabaglio, Giuliana Ventura Cura del catalogo Vasco Frati e Giuseppina Ragusini Progetto grafico Martino Gerevini Progetto dell’allestimento Carlo Zani Commissione per l’allestimento delle mostre Pierangelo Arbosti, Ermete Botticini, Roberto Formigoni, Giuseppe Gallizioli, Giusi Lazzari, Alessandra Pelizzari, Carlo Zani Referenze fotografiche AFDM - Archivio fotografico della direzione dei Civici Musei; Foto Brogiolo, Brescia; Fotostudio Rapuzzi, Brescia Restauri Romeo Seccamani Assicurazioni RAS. Riunione Adriatica di Sicurtà, Gardone Val Trompia Direzione Giuseppina Ragusini Segreteria Simona Di Cio e Gianluca Gallinari L’Associazione Artisti Bresciani ringrazia per la cortese collaborazione il Comune di Brescia, i Civici Musei d’arte e storia, la Provincia di Brescia, il Banco di Brescia e il Seminario vescovile diocesano. Fotocomposizione e stampa Arti Grafiche Apollonio - Brescia Finito di stampare nel mese di aprile 2001. Di questo catalogo sono state stampate 300 copie. 63