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caduta dell\`impero romano d\`occidente

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caduta dell\`impero romano d\`occidente
L'impero romano tra Costantino e Romolo Augustolo
Dopo la morte di Costantino (337 dC) l'impero romano d'Occidente durò ancora poco più di un secolo.
Tutti i successori di Costantino – tranne Giuliano, detto l'Apostata – favorirono il Cristianesimo, tanto che
nel 380 l'imperatore Teodosio la riconobbe come "religione unica e ufficiale" dell'impero. Dopo questo atto la
Chiesa cristiana si rafforzò ancora di più e, in Occidente in particolare, divenne una istituzione potentissima che
suppliva con le proprie risorse alle mancanze dello stato. Nella crisi e nel crollo del potere politico poi, la Chiesa
occidentale, con il suo capo, il papa, i suoi vescovi, e la presenza capillare sul territorio delle chiese, fu l'unica
istituzione in grado di assicurare l'ordine, l'assistenza ai poveri e, in alcuni casi, anche la difesa miliare delle città.
Fu proprio in questo periodo che alcuni intellettuali elaborarono l'idea della superiorità dell'autorità del
vescovo rispetto a quella dell'imperatore, teoria alla base di una disputa che si protrarrà per tutto il medioevo.
Secondo questa teoria sarebbe stato il potere politico ad essere un' emanazione di quello della Chiesa.
Dopo la morte di Teodosio (395 dC) l'impero fu diviso tra i due figli, la parte orientale era toccata ad
Arcadio, quella occidentale ad Onorio. Questo atto segnò anche ufficialmente la profonda diversità che esisteva
tra le due aree e che sarà motivo della diversa reazione difronte ai movimenti delle popolazioni germaniche.
Nello stesso periodo, infatti, alcune popolazioni germaniche erano entrate in maniera violenta dentro il
limes, il confine romano.
Dapprima queste popolazioni furono accolte dai romani come federate, alleate a particolari condizioni, poi non fu
più possibile controllarne e regolarne l'ingresso ed alcune tribù conquistarono delle province europee ed africane
e vi si stabilizzarono togliendole al controllo del legittimo imperatore.
Un evento cruciale fu la pressione esercitata dagli Unni, popolazione di origine mongola, sui Goti che si
riversarono in massa oltre il Danubio e dilagarono nella parte orientale dell'impero (ricorda 378 battaglia di
Adrianopoli vicino a Costantinopoli durante la quale perse la vita lo stesso imperatore Valente). I Visigoti
entrarono in Italia dal Friuli, nel 401 saccheggiarono Aquileia e nel 410 Roma.
Gli Unni, dopo un breve periodo in cui tornarono verso Oriente, si riunirono intorno ad un capo, Attila, e
tornarono ad attaccare l'impero romano; Costantinopoli e la parte orientale furono risparmiate perché riuscirono a
pagare un tributo in oro favoloso agli Unni, ma l'Occidente non poté fare lo stesso. Fermato da un esercito di
Romani e Visigoti (ricorda 451, battaglia dei Campi Catalaunici, confine tra Francia e Belgio), Attila scese verso
l'Italia, saccheggiò Milano poi si fermò nella Pianura Padana dove l'intera armata si ammalò di dissenteria.
Proprio quando il suo popolo era allo stremo, Attila ricevette la visita di papa Leone I Magno che lo persuase a
risparmiare Roma e a liberare i prigionieri di nobile famiglia in cambio di un consistente riscatto.
Il papa ottenne quello che voleva e questa missione accrebbe enormemente il prestigio della Chiesa ccidentale e
del suo capo.
Dopo questi fatti Attila tornò in Bulgaria e l'anno successivo morì. Gli Unni avevano esaurito la loro spinta
migratoria.
Nel 455 i Vandali saccheggiarono Roma, rimanendo in città alcuni mesi.
Nel 475 un aristocratico romano, Oreste, fece proclamare imperatore il proprio figlio Romolo,
soprannominato, data la giovanissima età, Augustolo. Solo pochi mesi dopo Romolo Augustolo fu deposto dal
generale Odoacre che comandava le truppe germaniche di stanza in Italia. Non era certo un fatto nuovo che un
militare esautorasse l'imperatore, ma Odoacre non ne volle prendere il posto, anzi, inviò le insegne imperiali
all'imperatore d'Oriente Zenone. Con questo atto si sottometteva alla sua autorità, pretendendo per sé solo il titolo
di re che gli dava autorità agli occhi della popolazione non romana.
Il 476 non fu per i contemporanei un anno particolare: l'impero romano esisteva ancora, certamente era
ridimensionato nell'estensione territoriale, ma esisteva una capitale in cui risiedeva un imperatore, in cui si riuniva
il Senato, in cui si erano trasferite le famiglie dell'aristocrazia romana da oltre un secolo. Lì si parlava latino e gli
abitanti consideravano se stessi romani.
Nella deposizione di romolo Augustolo, 1229 anni dopo la fondazione di Roma, invece, gli storici
moderni hanno individuato la fine della storia antica e l'inizio di quella medievale.
La parte orientale dell'impero resisteva perché era più ricca, meglio organizzata, meglio difesa (tributi da
pagare per evitare di essere invasa o un esercito più numeroso e meglio equipaggiato non erano un problema per
le casse dello stato) e perché il legame tra l'imperatore e la Chiesa orientale era inscindibile secondo la tradizione
orientale millenaria, cosa che rendeva il sovrano molto forte e rispettato.
Infatti, mentre cadeva ufficialmente l'impero romano in Occidente, Costantinopoli continuava ad essere la
capitale di un impero forte e ricco che sarebbe sopravvissuto quasi altri mille anni.
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