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a casa tua devo fermarmi
San Michele Arcangelo dei Frati Minori di Puglia e Molise Provincia di Oggi devo fermarmi a casa tua Anno LIX n. 1- Aprile 2011 - C.C.P. 13647714 - Spedizione in Abb. Post. Art. 2 comma 20/C legge 662/96 Filiale di Foggia Provincia di San Michele Arcangelo dei Frati Minori di Puglia e Molise s o m m a r i o 3 Editoriale: Vengo a casa tua di fr. Leonardo Civitavecchia VOCE DEL CUORE 4 Anno LIX n° 1 aprile 2011 C.C.P. 13647714 Spedizione in Abb. Post. Art. 2 comma 20/C legge 662/96 Filiale di Foggia Direttore di redazione: fra Leonardo Civitavecchia [email protected] Dir. Resp.: Apollonio Giammaria Con approvazione dei Superiori dell’Ordine Autorizzazione Tribunale di Foggia n. 55 del 19.06.1953 Direzione e Amministrazione: CURIA PROVINCIALE O.F.M. Convento S. Pasquale 71100 FOGGIA Tel. 0881.615654 Fax 0881.613562 [email protected] www.fratiminoripugliamolise.it Progetto grafico e impaginazione: melapiù s.r.l. piazza Cesare Battisti, 35 - Fg. tel./fax 0881.772664 [email protected] Stampa: Falcone Grafiche 71043 Manfredonia (Fg) Tel. e Fax 0884.541962 e-mail:[email protected] In copertina: CHIESA 5 Risurrezione, il “tutt’uno con Dio” di Francesco Armenti ATTUALITà 8 La Patria e i suoi “Patri” di Ignazio Loconte FRANCESCANESIMO 10 Dal nostro cuore nasce la pace 25° dello Spirito di Assisi 14 Il Bestiario Sanfrancescano: “Amici” e “Nemici” del Santo di fr. Alessandro M. Mastromatteo, ofm 16 ...Scrisse per noi una forma di vita... Le Sorelle Povere, Monastero S. Luigi - Bisceglie 18 Panorama Francescano VITA DI FAMIGLIA 20 La nostra storia: S. Matteo sul Gargano La Chiamata di Zaccheo Concesso gentilmente da Don Francesco Duonnolo, rettore Basilica Benedettina di S. Angelo in Formis, docente di Beni Cluturali Ecclesiastici presso l’ISSRC della Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale Sez. S. Tommaso, collaboratore UNBBCCEE della CEI affresco basilica di S. Angelo in Formis, Capua (CE) Non abbiate paura: Beatificazione di Giovanni Paolo II di fr. Mario Villani 22 Il postulato interprovinciale di fr. Giuseppe Capriati SORELLA INFERMITATE 25 ...E ora vi racconto la mia malattia Dario di Ascoli Satriano PIANETA GIOVANI 27 La XXVI Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid di fr. Andrea Tirelli 28 Giovani e crisi d’identità PRIMO PIANO 30 Anno Fasaniano: 25° della Canonizzazione di San Francesco Antonio Fasani LIBRERIA 31 Miei signori, figli e fratelli La fantasia della carità Fuori i telefonini Editoriale Vengo a casa tua Cari amici lettori, il Cristo Risorto vi dia la sua pace. Azione Francescana torna a voi in questo tempo di Pasqua, tempo favorevole in cui la Risurrezione viene a illuminare tutta la nostra esistenza. Mi piace proporvi l’immagine di Zaccheo, uomo ricco e capo dei pubblicani, voleva vedere a tutti i costi Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Sale su un sicomoro e, sguardo e voce si intrecciano “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. Quando l’uomo si ripiega su se stesso, sulle proprie colpe, senza volgersi a Dio non c’è più speranza; è qui che la Grazia ci viene in aiuto: risalire dai propri errori per elevarsi alle altezze dello Spirito. Solo sperando in Cristo si ottiene la salvezza. nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. È lui la misura del vero umanesimo. Gesù in quel scendi subito ci incoraggia, senza ingannarci mai. Nella prolusione del 27 gennaio scorso il Cardinal Bagnasco di fronte a una rappresentazione fasulla dell’esistenza, volta a perseguire un successo basato sull’artificiosità, la scalata furba, il guadagno facile, l’ostentazione e il mercimonio di sè, ci ha invitati a valori più alti: “Se si ingannano i giovani, se si trasmettono ideali bacati cioè guasti dal di dentro, se li si induce a rincorrere miraggi scintillanti quanto illusori, si finisce per trasmettere un senso distorcente della realtà, si oscura la dignità delle persone, si manipolano le mentalità, si depotenziano le Il rischio della cultura dello scet- energie del rinnovamento generazionale”. ticismo e del relativismo Oggi, più che mai, il rischio è di creare Signore ridonaci il desiderio di una cultura dello scetticismo e del rela- sognare tivismo; negando ogni possibilità di ap- Come già accennato nel precedenprendere la verità e mettendo in dubbio te numero di Azione l’anno 2011 sarà le verità rivelate che sono oggetto della caratterizzato da eventi speciali per la fede cattolica. In un’omelia sul relativi- Chiesa Italiana: la partecipazione alla smo il 17 aprile 2005 l’allora cardinale Giornata Mondiale della Gioventù di Ratzinger affermava: Si va costituendo una Madrid (16-21 agosto 2011) e il Condittatura del relativismo che non riconosce gresso Eucaristico di Ancona (3-11 set- tembre 2011), mentre come Famiglia Francescana - con le sorelle povere di Santa Chiara - saremo coinvolti per la celebrazione dell’ottavo centenario di fondazione dell’ordine delle clarisse, fino alla prossima festa di santa Chiara del 2012, e il 25° dello Spirito di Asissi (27 ottobre 2011). Infine saremo protagonisti, con tutto il popolo molisano, in occasione della festa di san Francesco, nell’ offrire l’olio per la lampada che arde sulla tomba del santo patrono d’Italia. Sarà l’occasione per innalzare al buon Signore una preghiera speciale per la nostra patria che celebra i 150 anni di unità, affinché l’intercessione del santo di Assisi accompagni e protegga sempre la nostra amata Italia. Signore, Dio della vita, rimuovi le pietre dei nostri egoismi, la pietra che soffoca la speranza, la pietra che schiaccia gli entusiasmi, la pietra che chiude il cuore al perdono. Risuscita in noi la gioia la voglia di vivere, il desiderio di sognare. Facci persone di resurrezione che non si lasciano fiaccare dalla morte, ma riservano sempre un germe di vita in cui credere. Buona Pasqua di Risurrezione a tutti fra Leonardo Civitavecchia, ofm 3 la Voce del cuore Non abbiate paura La Beatificazione di Giovanni Paolo II il 1° Maggio: Una festa per tutti Mai più violenza! Mai più guerra! Mai più terrorismo! In nome di Dio ogni religione porti sulla terra Giustizia e Pace, Perdono e Vita, Amore! Sede che decide a insindacabile giudizio. In caso di approvazione, il Papa ordina una cerimonia di beatificazione che proclama ufficialmente lo stato di Beato, il gradino che precede immediatamente quello di Santo. Giovanni Paolo II è una delle figure più importanti e grandiose del novecento. Non fu un Papa semplicemente ammirato e benvoluto, ma letteralmente adorato da milioni di persone e di giovani, che trovarono in lui un punto di riferimento vero per la propria vita. E alla sua morte, avvenuta il 2 aprile del 2005, migliaia di striscioni lo chiesero “Santo Subito”. Da quello stesso giorno partì un lungo cammino per la beatificazione di Papa Wojtyla. La Beatificazione – La beatificazione, il processo con cui un Uomo viene riconosciuto beato dalla Chiesa Cattolica ha delle regole molto precise.Tutto parte da un postulatore, una eminente figura religiosa che analizza la vita di una persona pia e trova non solo una condotta assolutamente eccezionale quanto a fede e carità, ma che individui un preciso miracolo compiuto dal candidato, un avvenimento misterioso di guarigione e di salvezza non spiegabile scientificamente. Il tutto, che deve essere suffragato da una grande quantità di prove e di testimonianze, viene inviato al tribunale competente della Santa 4 Giovanni Paolo II e il suo miracolo - Il postulatore relativo al caso di Papa Wojtyla è Mons. Sławomir Oder, Polacco come il Papa di cui chiede le beatificazione. Oder ha realizzato una grande opera di raccolta di testimonianze, sia circa la vita del Papa che è stata costellata di enormi espressioni di fede, grazia e amore, verso chiunque, in particolare i giovani e i bambini sia riguardo a diversi miracoli da lui compiuti. Quello che è stato considerato il più valido è quello della suora francese Marie Simon Pierre Normand. Alla religiosa era stato diagnosticato nel 2001 il morbo di Parkinson, malattia di cui soffrì lo stesso Papa Giovanni Paolo. Le sue condizioni erano peggiorate talmente che non riusciva quasi più a camminare, nè a muoversi senza gravi dolori. Ad un certo punto le sue consorelle decisero di pregare e chiedere l’intercessione di Giovanni Paolo II. La suora scrisse con difficoltà il nome di Giovanni Paolo su un foglio di carta. La sera, sentì all’improvviso, una voce interiore che gli ordinava di riscrivere il nome del Santo Padre: e stavolta ci riuscì senza alcuna difficoltà. Riuscì a dormire serenamente, e il giorno dopo ogni rigidità e dolore era completamente scomparso, svanito. Il neurologo che l’aveva in cura rimase sbalordito e non fu, nè lui nè altri suoi eminenti colleghi, in grado di spiegare logicamente e scientificamente la guarigione. L’aiuto di Benedetto XVI – Tutta la documentazione è bastata a giustificare la beatificazione. L’unico elemento originale rispetto alla procedura è la velocità: solitamente il processo di beatificazione può iniziare solamente 5 anni dopo la morte della persona, ma Benedetto XVI, per accontentare le richieste di milioni di fedeli, ha velocizzato il processo e il primo maggio del 2011 Papa Giovanni Paolo II è ufficialmente beato. La sua bara viene trasferita dalle Grotte Vaticane alla Basilica di San Pietro, con un lapida incisa dalle parole: “Beatus Ioannes Paulus II”. Chiesa Risurrezione, il “tutt’uno con Dio” di Francesco Armenti L’esperienza di Dio è sempre un avvenimento che coinvolge la vita delle persone in maniera singolare, ciascuno incontra Dio nel suo vissuto quotidiano, nella sua storia, nel suo pensare, nel suo amare, progettare e soffrire. La spiritualità di ogni essere umano può e deve essere la terra dove feconda il seme dell’incontro tra Dio e l’uomo, un uomo storico, concreto, che vive in un determinato ambiente, in una specifica cultura, che abita un particolare tempo. Questo desiderio di Dio di volersi donare all’umanità e della creatura di cercare la verità è la costante dell’avventura terrena dell’uomo. Benedetto XVI ha ribadito nel libro-intervista con il giornalista tedesco, Peter Seewald che «[…] Il messaggio di Cristo e della Chiesa ci avvicina in maniera credibile alla conoscenza di Dio. Dio vuole entrare in questo mondo. […] Egli vuole mostrarsi a noi. […] Egli, attraverso la risurrezione, ha creato una nuova dimensione dell’esistenza…», una “nuova sfera” in cui «l’uomo e il mondo sono tutt’uno con Dio». Quando Dio entra nella vita dell’uomo non lo fa sopra ma dentro il suo mondo e la sua spiritualità: Dio penetra nel mondo del contadino, dell’artigiano, del genitore, del docente, del professionista, del politico, dello scrittore, del giornalista, dell’opinionista, del pittore, del poeta, del disoccupato, del violento, dell’onesto e del delinquente… incarnandosi nell’amore e nella cura della terra, nell’inventiva dell’artigiano, nella ricerca dello scienziato, nell’amore e nella fantasia coniugale, nella passione dell’insegnante, nei colori e nei personaggi di un dipinto, nelle idee dell’uomo pensante, nella verità dei fatti del giornalista, nei versi del poeta, nell’ irrequietudine del disorientato, nei sussulti di coscienza del disonesto... Cristo, “lacrima di Dio” Dio si è incarnato anche nella poesia di Alda Merini (1931-2009), nei suoi versi, nella sua vita non sempre facile, nella sua spasmodica ricerca di Dio e del volto di Dio nel dolore umano. Ripensando a lei, questa verità della continua incarnazione di Dio nella carne dell’uomo, la “bella notizia” della risurrezione come “nuova sfera” in cui l’uomo e Dio sono un tutt’uno, emerge in tutta la sua realtà ed attualità. Entriamo accompagnati idealmente dai suoi ver- 5 Chiesa Gesù di Nazaret Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla resurrezione Il nuovo libro di Benedetto XVI Pubblicato il 10 marzo e tradotto in sette lingue la nuova opera del Papa dedicato alla figura di Cristo e intitolato ‘’Gesu’ di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla resurrezione’’. In particolare vi proponiamo le seguenti sezioni: ‘’Il mistero del traditore’’ (quarto punto del capitolo terzo, dal titolo ‘’La lavanda dei piedi’’); ‘’La data dell’ultima cena’’ (primo punto del capitolo quarto, dal titolo ‘’L’Ultima Cena’’); ‘’Gesu’ davanti a Pilato (terzo punto del capitolo settimo, dal titolo ‘’Il processo a Gesu’ ‘’). Nel libro - che esce quattro anni dopo la prima parte del ‘Gesu’ di Nazaret’, pubblicato nell’aprile 2007 - Ratzinger riflette sugli eventi della Passione, morte e resurrezione di Cristo. Potenti e politica scoprano verità ‘’Ai grandi e ai potenti si faccia incontro il potere della verita’, il diritto comune, il diritto della verita’ ‘’. E’ uno dei passaggi del nuovo libro del Papa. Nel volume, il Papa, ripercorrendo le ultime ore di Gesu’, pone una domanda che ‘’anche la moderna dottrina dello Stato’’ ha davanti a se’: ‘’Puo’ la politica assumere la verita’ come categoria della sua struttura? ‘’. E attraverso una riflessione sul concetto di verita’, Benedetto XVI giunge a dire che ‘’la verita’ e’ il vero re’’ e si augura che non sia ‘’il potere dei forti’’ a diventare ‘’Dio in questo mondo’’. Da potenza militare e violenza nessuna pace ‘’La potenza militare, da sola, non puo’ stabilire nessuna pace. La pace si fonda sulla giustizia’’. ‘’L’umanita’ - sottolinea ancora Benedetto XVI - si trovera’ sempre nuovamente davanti all’alternativa: dire ‘si’ ‘a quel Dio che opera soltanto con il potere della verita’ e dell’amore o contare sul concreto, su cio’ che e’ a portata di mano, sulla violenza’’. Scienza non svela tutta la verità dell’uomo La scienza ha permesso di ‘’leggere nel codice genetico dell’uomo’’, ma non ‘’il linguaggio intero dell’uomo’’, la sua ‘’verità piu’ profonda”. Lo sottolinea il Papa nel libro ‘Gesu’ di Nazaret. La domanda sulla ‘’nostra vera realta’ e cio’ che e’ il nostro vero scopo’’ non ha ancora una risposta. si poetici nella passione e risurrezione del Cristo, scopriamo il suo mondo poetico che canta l’ esperienza di Dio, il dolore e la realtà della Croce, dell’incomprensione, del tradimento umano e la speranza del mattino di Pasqua. Il respiro della poetessa dei Navigli è certamente Cristo, il Cristo della sua vita, quel Cristo cercato negli attimi di una quotidianità complessa, il Cristo delle sue notti solitarie e tristi, il Cristo della sua sofferenza, delle umiliazioni subite, il Cristo dei bagliori di luce che 6 le hanno fatto pregustare il sapore e l’odore della Pasqua eterna. Ed è dalla visuale di Cristo che la Merini canta la sua vita e la sua umanità, la sua fede e la sua speranza, la sua tristezza e la sua gioia. Pasqua è saper vivere il mondo anche con il suo carico di dolore, è saper respirare l’area del Calvario, è saper vivere la Croce, è saper stare in croce con il Crocifisso. La Croce è la riscoperta della Pasqua come amore, è l’amore glorificato, quell’amore capace di farsi debolezza, quell’amore fattosi carne per salvare la carne e lo spirito del’uomo: «Questo gigante di fede che fu Gesù, davanti a quel volgo che cercò di atterrarlo col suo pianto e con le sue lacrime insane, divenne soltanto la lacrima di Dio, la lacrima che coprì nel suo ventre cristallino tutta la carne del Figlio. Pasqua è scorgere sul volto di Cristo la lacrima del Padre che avvolge d’amore e protezione il Figlio, è credere che con quella stessa lacrima il Padre avvolge anche la nostra carne, carne di un Chiesa uomo che pur cercandolo non lo trova perché teme il Golgota, la sofferenza, la morte… Salire il Monte del «teatro magnifico della crocifissione» è necessario per bagnarsi delle lacrime d’amore di Dio, lacrime che il Risorto asciugherà alla Maddalena, lacrime che bagnano come la rugiada del mattino di Pasqua, lacrime che dicono vita, amore e fecondità. Il percorso umano, spirituale e letterario della nostra poetessa è un itinerario pasquale senza scorciatoie ed in cui la passio del Cristo si fonde con la sofferenza dell’uomo, un soffrire non fine a se stesso ma una passione pregna d’amore e di speranza che diventa com-passione. Il Gesù della Merini è il Dio della croce ma anche il Dio, che nel Figlio, ha compassione, vive la passione del e con l’uomo: «Ruota verso di me la tua passione: è la ruota di un carro che mi schiaccia. Ti giuro, Padre, mi fanno meno male i chiodi di quell’enorme fascio di nervi e di muscoli che mi stringe i visceri. La tua passione, Dio, mi sconvolge. Io sto diventando un uomo di pietra. Sarà la prima pietra di quella chiesa dove tu trionferai. Un uomo fatto di sola pietra. Ma mentre le pietre gridano, tuo figlio non urlerà, non piangerà. E come fa, secondo Te, Padre, un uomo così tenero come me, il figlio di Maria, a non farsi udire? Ma io sono nato nel silenzio, sono stato concepito nel silenzio, sono stato il fuggiasco del silenzio. E adesso, se mi inchiodano sopra una croce, non fanno che inchiodare le ali di una farfalla finalmente libera. Posso significare, Signore, questa piccola mia grande scoperta: che la viltà è solo un inganno e la passione è solo un tremore di carne, la passione è solo una rosa che splende al sole». Pasqua è baciare Maria La passione del Figlio porta alla passione della Madre, all’amore di Maria. Se Natale è la celebrazione della ma- ternità di Maria, Pasqua è la celebrazione della maternità della Vergine ed anche della figliolanza di Maria, madre e figlia a Nazaret, madre e figlia al Calvario, madre e figlia al Cenacolo… Ma- ria è la donna che ci aiuta ad accogliere la “diversità” del Figlio, del Dio che fa della vergogna della Croce la divina onnipotenza d’amore e potenza ricreatrice. Per comprendere Gesù, Alda Merini ha necessariamente incontrato, scoperto ed amato Maria, “figlia di Gesù” «La Madre, quella che come me mangiò la terra del manicomio credendola pastura divina, quella che si legò ai piedi del figlio per essere trascinata con lui sulla croce e ne venne sciolta perché continuasse a vivere nel suo dolore. […] Maria non invecchiò mai, rimase col tempo della croce nei suoi lunghi capelli che le coprivano il volto». La risurrezione di Cristo, quindi, è la celebrazione della giovinezza e della bellezza eterne nate dalla Croce, irrigate dalle lacrime dell’uomo, rivestite e protette dalla lacrima di Dio che è Cristo. Risorgere, quindi, vuol dire ringiovanirsi, riprendersi la bellezza della nuova vita inaugurata dal Risorto. Dai vangeli della passione conosciamo i pensieri e le parole che Gesù ha pronunciato sulla Croce, prima di morire. Ma nulla sappiamo dei pensieri e delle parole che Cristo ha detto al Padre uscendo dal sepolcro. Eppure la fede e l’amicizia di Alda con la madre di Gesù hanno messo in bocca al Risorto parole vere pur se non canoniche: «Perché risorgo, Padre? Perché il tuo nome è sta- to il mio pane quotidiano. Ogni giorno Tu mi hai dato da mangiare e da bere come il migliore dei padri. Tu mi hai nutrito del tuo vero nome. Era inutile parlare agli altri del sommo amore per il divino: perciò sono gonfio di parole e di esempi, sono diventato un’offerta, un’offerta viva, viva e morta, Signore, ma non tanto morta da non poter sollevare la pietra del sepolcro, perchè nel tuo nome, Dio, si può tutto, si può nascere e morire, e trionfare nel mondo. Nel tuo nome, Padre, si può finalmente baciare Maria sulle labbra.». _______ BENEDETTO XVI, Lumière du monde. Le pape, l’Eglise e les signes des temps..Un entretien avec Peter Seewald, Bayard, Montrouge 2010, p.220. La ricerca di Cristo della poetessa milanese è leggibile in molte sue raccolte. Qui seguiamo, ALDA MERINI, Poema della Croce, Frassinelli 2010, V edizione. Ibidem, p. 70. Ibidem, p.88. Ibidem, pp. 73-74. Ibidem, pp. 8-9. Ibidem, pp. 105-106. 7 Attualità 150° dell’Unità d’Italia La Patria e i suoi “Patri” di Ignazio Loconte è il diciassette marzo del duemilaeuno, sono le diciassette e venti ed il Presidente della Repubblica ha appena finito di parlare a camere unite alla Nazione, e, senza ovviamente saperlo, ha posto la chiave di lettura di quest’articolo che avete già, a vostro rischio, iniziato a leggere. Ha dato la “chiave” perché aspettavo, nel suo discorso, un accenno al ruolo dei cattolici nella costruzione della Nazione, concepita nei corridoi savoiardi ma certificata anche, se ben ricordate le enfatiche cronache della storiografia laicista, da eventi simbolici quali la breccia di Porta Pia. Lo tsunami della storia, le esigenze economiche del nord, i cambiamenti epocali iniziati con la rivoluzione francese trovavano la valvola di sfogo e il proprio compimento in questo grosso buco fatto nelle mura papaline. Vista la cosa dall’altra parte, le energie represse di un cristianesimo che non era mai stato così secolare e rattrappito come nei secoli umanistici e barocchi si liberavano e dalla stessa breccia si liberava odoroso di primavera il vento del rinnovamento che avrebbe reso il nostro cristianesimo pienamente cattolico. Prova ne è non solo la fioritura di una nuova santità, meno adesa ai clichè devozionistici, ma eziandio l’aumento dei martiri nell’esercizio della missione evangelica della Chiesa, dai numeri che si rifanno oramai alti proprio nell’era moderna. Segno che il Messaggio è nuovamente tornato in conflitto col mondo, e che i cristiani non temono 8 di far la propria parte, non essendoci mura a delimitare la competenza della propria azione. Onore ai bersaglieri, allora, che per primi varcarono la breccia. Del discorso del Presidente, dicevo. Interrotto da una decina di applausi, il più convinto dei quali , come chiunque può constatare sfruttando le potenzialità di youtube, proprio dopo la citazione del contributo dei cattolici alla costruzione dell’identità italiana. Un sospiro di sollievo, allora. Non per il riconoscimento che poteva sembrare doveroso ricambio di cortesia agli auguri fatti dal Papa Benedetto XVI, ma per la funzione liberatoria che l’applauso ha esercitato. E qui insisto nell’invitarvi ad accendere il computer e a rivivere il fatto seguendo il documento. Sarà un’ impressione che ha bisogno di verifica, ma ho colto nell’onda sonora ed emotiva suscitata dal bettere di mani come un sottinteso ma disperato SOS. E come se il Presidente, persona storicamente condizionato dalla propria esperienza politica che sicuramente ne ha fatto uomo di parte, ora però obbligato a vedere le cose da un punto di vista più alto, e per carica e saggezza che vuoi o non vuoi gli anni ti danno, avesse voluto dire tra le righe “Cattolici, dove siete? Ora stiamo celebrando un anniversario, e va bene. Ma quando tutto questo sarà finito, quando avremo rimesso le bandiere nei cassetti e ci scorderemo nuovamente l’inno di Mameli, che accadrà? Saremo divisi in tante macroregioni, ovvero micro interessi uno opposto all’altro? Quali principi insegneremo ai nostri giovani, che già oggi siamo in affanno? Cattolici muovetevi, che siamo in deficit di idee e di anima, e adesso capisco la vostra importanza, ed il vero e profondo destino dell’Italia”. Questa la suggestione personale, che ovviamente può risultare priva di riscontri. Ma l’applauso prolungato (come ammesso dopo dai commentatori) e convinto di tutti i presenti mi spinge ad insistere. Un applauso che sembra certificare “Non sappiamo che pesci prendere: ci vuole un’idea con una sola qualità, che abbia un anima!”. Avendo eccezionalmente più spazio per questo numero, continuo nell’interpretazione immaginifica, che il lettore può liberamente sposare o cestinare, dei pensieri inconsci dei nostri amministratori politici. “Si, si, lo sappiamo: a volte vi abbiamo sfottuto, denigrato, relegato ed emarginato politicamente e culturalmete. Che volete, è la guerra delle idee. Ma adesso siamo in mezzo al guado e non vediamo la riva. Il nucleare un giorno va bene e l’altro no. Del federalismo radicale o dello statalismo ad oltranza opposti senza sintesi non sappiamo che farcene. Il mondo attorno è in subbuglio. I beni culturali che sono la nostra storia cadono a pezzi. E quelli d’Italia tutto sembrano tranne che fratelli, o meglio, tanti personaggi oscuri da grande fratello televisivo. Chi ci ridarà l’anima, la riflessione, il pensiero, i fondamentali, per dirla breve, che i tempi cambiano ed anche la Costituzione, che non è la parola di Dio, non regge più? Chi…?”. Chi? Verrebbe da rispondere con un Attualità attacco di ripicca: Scipione l’Africano. Ecco, andate da Scipio, il cui elmo vi cinge la testa, e vediamo cosa vi dice. Sicuramente vi darà una bell’idea ed ecco che la vittoria, come da esegesi di Benigni, sarà nuovamente schiava di Roma. Scipione, che figura leggendaria: riuscì a sconfiggere Annibale perché anni prima, salvatosi dal macello della battaglia di Canne, ne aveva studiato la tattica, e poi, come lui stesso non smentì mai, avvallando la leggenda metropolitana di essere in contatto con gli dei, che gli parlavano regolarmente assistendolo in tutto. Ecco, chi meglio di tal uomo è degno di chioma? Mi dispiace per Mameli, ed anche per Benigni che ha dato l’avvio alle celebrazioni dal palco del festival apparendo come novello Garibaldi dal promontorio di Sanremo su bianco cavallo di tricolore fornito. Qui la retorica ha toccato il suo apice. E, lo so che Benigni è intoccabile, ma se anche stavolta fate lo sforzo di andare su youtube (e compratevelo sto computer) e con gli occhi chiusi seguite il monologo che tanti entusiasmi ha scatenato, farete difficoltà a capire se a parlare è l’attore di fede repubblicana o il personaggio de “La vita è bella” che nel film ad un certo punto deve fingere di essere un gerarca fascista con tanto di ironico ed esilarante discorso sulle virtù della razza italica, razza nella quale ovviamente non crede, discorso che fa pur di fare colpo sulla donna che ama. A volte la retorica unisce gli opposti: è il rischio di questa ed ogni celebrazione, specialmente quando inizia in un festival della canzone popolare. Se penso a quante volte per enfasi oratoria l’attore ha marcato la parola straniero, che per noi cristiani è una parola antipatica, mi vengono i brividi: neppure Bossi sarebbe arrivato a tanto. Ma anche questo siamo noi italiani, guitti e pulcinella senza idee chiare. Torniamo all’urgente domanda di senso che immaginavo trasudare dalle parole del Presidente: temo che Scipione non abbia risposto; divenuto da africano Scipione l’Asiatico, fu accusato assieme al fratello di corruzione e si ritirò a vita privata, morendo cinquantenne in una villetta campana. Grande stratega dalla personalità eccezionale senza dubbio: ma non sono le mie radici. Caro Mameli, con tutto l’affetto che nutro per il tuo coraggio ed il dispiacere per la tua vita troncata a ventidue anni, le mie radici sono altrove. Siccome sei lassù ti voglio parlare di un tuo coetaneo che secoli prima s’era infervorato per un idea di mondo unito, dalla cristianità stavolta, e voleva partire per le crociate. Doveva arrivare sino in Puglia, passando dalla stessa Canosa in cui Sci- pione studiava le tattiche di Annibale, ma una febbre maligna lo stroncò a viaggio appena intrapreso. Oh, di guerra ne capiva, che qualcuno già lo aveva ferito o ucciso combattendo come te contro i papalini, stavolta quelli di Perugia. E si: va ricordato, il giovane Francesco era dalla parte dell’Imperatore e dei suoi mercanti che stavano ridisegnando una nuova Europa. Insomma, anche lui sognava l’elmo di Scipio, e che dico uno: decine, che le pareti di un castello non bastavano. Ma che ci vuoi fare, ci vuole fortuna, e la malattia lo costringe a tornare. Ora quel bravo giovane era presente anche lui, poco fa, al discorso del Presidente della Repubblica. Piccolo ed invisibile in mezzo a tanto lustro. E ci stava non perché invitato ma per dovere, perché di tutta quell’Italia di cui sa fa un gran parlare è stato promulgato, forse suo malgrado, Patrono. Certo non nominato dal Presidente, grave scortesia, come quella di non invitare al matrimonio chi ne ha testimoniato il battesimo. Ma Francesco non ci fa caso, gli basta fare il suo dovere, anzi meno lo si nota e meglio è. Lo stesso dicasi per quella ragazza di Siena che scriveva lettere al Papa e convincerlo ti tornare a Roma. Or bene, Francesco c’era, e non penso si sia cinto l’elmo di Scipio, visto che ci aveva messo una vita per toglierselo. E c’era anche per diritti d’autore: mentre tutti cantavano di esser pronti alla morte che Italia chiamò (ci credo proprio) sorrideva pensando che anche lui aveva scritto una canzoncina che sta ancora nella hit-parade mondiale, un Cantico, tra l’altro il primo in italiano, che come inno dell’italica gente poteva anche andar bene, se non fosse che propone valori leggermente più universali. è, questo Francesco (anche se nelle processioni gli si mette il tricolore per farselo paesano), un irrimediabile universalista che ben prima di Garibaldi aveva rotto ogni breccia: così refrattario ai confini che se iniziava una lettera lo faceva così “A tutti quelli (elenco)… del mondo intero”. E sì, l’Italia gli sta stretta, ma sono sicuro che la segue con doverosa attenzione, sia perché affidatagli da Pio XII sia perché contiene la sua valle preferita. Ecco, in conclusione, chi andrebbe annoverato tra i patrioti: chi ha fatto dell’Italia un punto di senso del mondo. Come sa quel bersagliere che tra i primi varcò porta Pia: pochi lo sanno, ma l’anno successivo entrò in seminario e si fece prete. Se non la Patria, almeno un italiano s’è destato! Il Logo ufficiale Tre bandiere tricolore che sventolano a rappresentare i tre giubilei del 1911, 1961, 2011, in un collegamento ideale tra le generazioni: è il logo del 150º Anniversario dell’Unità d’Italia che si è celebrato il 17 marzo 2011. Il logo è pensato per essere una immagine-segnale che ricordi il coraggio, il sogno, la gioia profondamente umana che accompagnò i fatti che portarono all’Unità d’Italia: per tirarli fuori dai libri di Storia e trasformarli in emozione ancora attuale. Un logo allegro, positivo, vivo. Scendendo dai motivi ideali più nel dettaglio grafico, “la forma della bandiera è il risultato di uno studio che integra le suggestioni di festa, di vele gonfie e di volo d’uccello. Con la reiterazione della forma, si accentua il senso di coralità”. Quanto al percorso di creazione del logo, “si parte dall’indagine sui simboli sedimentati, primo fra tutti: il tricolore, declinato in una composizione piena di energia, che evoca lo sventolare di bandiere in festa”. Inoltre, “il logo si presta ad essere facilmente adottato all’interno dei tanti progetti che si svolgeranno nel Paese, senza invadere la specificità di ogni manifestazione”. 9 Francescanesimo D al nostro C P uore nasce la ace 1986 - 2011 25° dello Spirito di Assisi “In questo anno 2011 ricorrerà il 25° anniversario della Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace che il Venerabile Giovanni Paolo II convocò ad Assisi nel 1986. Per questo, nel prossimo mese di ottobre, mi recherò pellegrino nella città di san Francesco, invitando ad unirsi a questo cammino i fratelli cristiani delle diverse confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà, allo scopo di fare memoria di quel gesto storico voluto dal mio Predecessore e di rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace. Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace, chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio. Vi invito ad accompagnare sin d’ora con la vostra preghiera questa iniziativa” (Benedetto XVI). Anche noi di Azione Francescana andremo alle, “Radici dello Spirito di Assisi”. In questo numero pubblichiamo un estratto del volume “Giovanni Paolo II e lo Spirito di Assisi. La profezia della pace tra identità e dialogo” (Edizioni Porziuncola, Assisi, pp. 36, euro 5,00) scritto da padre Pietro Messa, Preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani della Pontificia Università Antonianum. Dopo i drammatici fatti dell’11 settembre 2001, si sono aperti nuovi interrogativi nell’opinione pubblica e molti temi sono stati messi in discussione, soprattutto circa l’atteggiamento da assumere davanti al mondo culturale e religioso islamico. Questo ha si- 10 gnificato anche riconsiderare la validità o meno di ciò che viene ormai denominato come lo “spirito di Assisi”, ossia quella proposta di dialogo e cortesia tra le varie religioni iniziata nella cittadina umbra il 27 ottobre 1986, in seguito all’incontro tra Giovanni Paolo ii e gli altri responsabili delle grandi confessioni mondiali1. Di fronte alla recente “strategia del terrore”, messa in atto da gruppi terroristici di matrice islamica, alcuni hanno ritenuto l’intuizione del Santo Padre – se non proprio semplicistica – almeno inadeguata. Altri, nel comune senso di smarrimento, avvertono la nostalgia di un mondo passato e vorrebbero quasi fermare il corso della storia; infine, non sono pochi coloro che si lanciano in giudizi o considerazioni che non tengono conto in alcun modo della complessità del momento. Giovanni Paolo ii ha invece sempre sostenuto di credere nella forza del dialogo e di volersi impegnare in un progetto di comunione. Proprio per riaffermare questa precisa volontà, egli volle convocare nuovamente ad Assisi i capi delle diverse religioni, soprattutto cristiani e musulmani, affinché assieme potessero pronunciarsi a favore della pace e della riconciliazione. Era il 24 gennaio 2002 e l’opinione pubblica mondiale si presentava ancora attoni- Francescanesimo Speciale Spirito di Assisi “Ci impegniamo a educare le persone al rispetto e alla stima reciproci, affinché si possa giungere a una coesistenza pacifica e solidale fra i membri di etnie, di culture e di religioni diverse”. ta e sgomenta per il recente attentato alle Twin Towers di New York. Tale gesto di papa Wojtyla assumeva il significato di un’affermazione categorica: non solo lo “spirito di Assisi” non è superato, ma sempre più esso si pone come una possibilità concreta per risolvere l’attuale situazione di conflitto tra culture e religioni diverse. Il Pontefice confermava così quanto aveva affermato il primo gennaio 2000 varcando la soglia del nuovo secolo, nell’omelia tenuta in occasione della xxxiii Giornata mondiale della pace, ossia che lo “spirito di Assisi” è la via da seguire nel terzo millennio. Assisi, negli ultimi anni, è emersa agli occhi del mondo proprio come una via privilegiata per realizzare la riconciliazione tra tutti i popoli, attraverso percorsi di dialogo che possano contribuire efficacemente ad allontanare la guerra e i conflitti di civiltà. Ma quali sono le radici di questa vocazione alla pace della cittadina umbra? Nelle pagine seguenti proveremo a dare una risposta a questo interrogativo, cercando di andare oltre gli stereotipi e i luoghi comuni, che spesso vengono riassunti in qualche slogan ad effetto. Partiamo da un dato di fatto: per tutti Assisi è sinonimo di pace. La città, anno dopo anno, è divenuta un punto di riferimento importante per molti uomini che sperano e lottano per costruire un mondo migliore. Questa tradizione trova incentivo ai primi del Novecento, quando prende avvio una lettura sociale dell’esperienza francescana. Come ha fatto notare Sandra Migliore in un suo libro riguardante l’immagine di san Francesco elaborata e diffusa tra Otto e Novecento, a partire da questi studi il Santo di Assisi diviene simbolo di pace sociale2. E non è un caso, scrive Migliore, che «nel passaggio tra ‘800 e ‘900 [...] proprio ad Assisi nasce un Comitato internazionale per la pace universale». Un ulteriore emblema di questa vocazione alla pace attribuita alla cittadina umbra, emerge nei giorni dolorosi e violenti della Prima Guerra mondiale, quando Benedetto xv parlava della guerra come di una “inutile strage”:3 proprio in questo periodo viene compilata da un autore anonimo la cosiddetta “Preghiera semplice”, in cui si chiede al Signore di diventare strumenti della sua pace4. Una preghiera che ha trovato, nel corso degli anni, una vastissima diffusione: non solo essa fu attribuita a Francesco d’Assisi, ma venne persino considerata come il nucleo di tutta l’esperienza spirituale del Poverello. È proprio per questa immagine di Francesco “uomo di pace”, che Assisi verrà universalmente riconosciuta come città simbolo della pace. Di fronte ad una tale constatazione è legittimo porsi una domanda, quella che uno degli stessi compagni del Santo gli rivolse: «Perché a te, perché a te tutto il mondo viene dietro?». Nella situazione attuale tale interrogativo può significare non solo il desiderio di scoprire il fascino segreto della vocazione di Francesco, ma anche quali vie intraprendere per costruire un dialogo sempre più efficace con culture, tradizioni e religioni diverse dalle nostre. Ciò che rende Francesco emblema di pace sono soprattutto alcuni episodi della sua vita: la riconciliazione con i briganti di Monte Casale, l’incontro 11 Francescanesimo Il Decalogo di Assisi per la Pace 1. Ci impegniamo a proclamare la nostra ferma convinzione che la violenza e il terrorismo si oppongono al vero spirito religioso e, condannando qualsiasi ricorso alla violenza e alla guerra in nome di Dio o della religione, ci impegniamo a fare tutto il possibile per sradicare le cause del terrorismo. 2. Ci impegniamo a educare le persone al rispetto e alla stima reciproci, affinché si possa giungere a una coesistenza pacifica e solidale fra i membri di etnie, di culture e di religioni diverse. 3. Ci impegniamo a promuovere la cultura del dialogo, affinché si sviluppino la comprensione e la fiducia reciproche fra gli individui e fra i popoli, poiché tali sono le condizioni di una pace autentica. 4. Ci impegniamo a difendere il diritto di ogni persona umana a condurre un’esistenza degna, conforme alla sua identità culturale, e a fondare liberamente una propria famiglia. 5. Ci impegniamo a dialogare con sincerità e pazienza, non considerando ciò che ci separa come un muro insormontabile, ma, al contrario, riconoscendo che il confronto con la diversità degli altri può diventare un’occasione di maggiore comprensione reciproca. 6. Ci impegniamo a perdonarci reciprocamente gli errori e i pregiudizi del passato e del presente, e a sostenerci nello sforzo comune per vincere l’egoismo e l’abuso, l’odio e la violenza, e per imparare dal passato che la pace senza la giustizia non è una pace vera. 7. Ci impegniamo a stare accanto a quanti soffrono per la miseria e l’abbandono, facendoci voce di quanti non hanno voce e operando concretamente per superare simili situazioni, convinti che nessuno possa essere felice da solo. 8. Ci impegniamo a fare nostro il grido di quanti non si rassegnano alla violenza e al male, e desideriamo contribuire con tutte le nostre forze a dare all’umanità del nostro tempo una reale speranza di giustizia e di pace. 9. Ci impegniamo a incoraggiare qualsiasi iniziativa che promuova l’amicizia fra i popoli, convinti che, se manca un’intesa solida fra i popoli, il progresso tecnologico espone il mondo a crescenti rischi di distruzione e di morte. 10.Ci impegniamo a chiedere ai responsabili delle nazioni di compiere tutti gli sforzi possibili affinché, a livello nazionale e a livello internazionale, sia edificato e consolidato un mondo di solidarietà e di pace fondato sulla giustizia 24 gennaio 2002 con il Sultano in un tempo di crociate5, ma anche l’armonia ritrovata con l’intera creazione. Atteggiamenti importanti che Francesco ci lascia in eredità, che devono però essere compresi e interpretati a partire da un approccio critico alle Fonti e ai recenti studi sulla sua esperienza cristiana. Un considerevole elemento di riflessione ci giunge da André Vauchez, che ha offerto un contributo importante alla comprensione di questo tema chiedendosi come fosse possibile in frate Francesco d’Assisi la coesistenza di una adesione letterale al Vangelo con una capacità di rinnovamento spirituale aperto all’altro. Infatti partendo 12 dal fatto che in Francesco l’affermazione della propria identità cristiana e la capacità di dialogo con le altri religioni rappresentate dal sultano non sono in opposizione, Vauchez cercò di comprendere come fosse stato possibile realizzare questa sintesi6. Da un’attenta analisi della vicenda francescana, soprattutto degli scritti del Santo, lo studioso giunse ad una efficace conclusione: per Francesco è sì importante seguire il Vangelo alla lettera, ma non - come comunemente si ritiene - per una scrupolosa osservanza attenta al dettaglio, bensì per vivere lo spirito del testo. Infatti l’osservanza letterale esclude qualsiasi possibilità di interpretazione e genera a sua volta forme integraliste difficilmente contenibili. Francesco preferisce invece aderire allo spirito del Vangelo: comprende che più rimane fermo nella sua identità cristiana, più sarà capace di crescere nel dialogo. Vauchez vede in questo uno degli elementi fondamentali per comprendere l’esito del tutto originale dell’esperienza cristiana di Francesco: una capacità unica di incontrare persone diverse e coinvolgerle in un processo di riconciliazione e ciò partendo da una osservanza “spiritualmente letterale” del Vangelo. Un ulteriore elemento che caratterizza l’esperienza cristiana del santo di Assisi è la sua modalità di vivere il Vangelo. Per Francesco la via intrapresa è quella della penitenza. Non a caso, agli inizi della sua vocazione evangelica, quando i passanti chiedevano a lui o a qualcuno dei suoi compagni chi fossero quegli uomini così originali - come accadde una volta nelle Marche - rispondevano semplicemente di essere dei “penitenti di Assisi”. In questa definizione non riconosciamo nulla di originale: la penitenza era una modalità di vivere il Vangelo assai diffusa nel Medioevo. Ma ciò che diversifica la via di Francesco è che mentre nella spiritualità del tempo “fare penitenza” significava dare al mondo l’atto di ripudio mediante il disprezzo di sé e del secolo, per il Santo “fare penitenza” traduceva essenzialmente il suo desiderio di essere misericordioso. Non è un caso se, nel 1226, poco tempo prima di morire, Francesco d’Assisi desideri ricapitolare la sua vita in uno scritto breve, ma intenso, il “Testamento”, nel quale afferma che il Signore gli concesse d’iniziare a fare penitenza nel momento in cui lo condusse tra coloro che egli aborriva, cioè i lebbrosi, ed usò con essi misericordia7. L’inizio dell’esperienza cristiana di Francesco d’Assisi è dunque il suo dimorare presso i lebbrosi, usare misericordia con essi, cioè vivere in quella misericordia che Dio stesso aveva usato con lui strappandolo dal peccato. Francesco inizia a mettere in pratica la misericordia con i lebbrosi e sceglie di frequentare spesso i lebbrosari e voleva che pure i frati facessero lo stesso per la loro conversione. Tale misericordia, inizialmente vissuta nel contatto con i lebbrosi, gradualmente si estende fino al desiderio di partecipare al dolo- Francescanesimo re di tutti gli uomini e perfino a quello di qualunque altra creatura8. Per Francesco l’evangelizzazione stessa è una modalità di usare misericordia, essendo l’annuncio di Colui che salva l’uomo e lo inserisce in un progetto di amore eterno. Egli era attento a far sì che la sua predicazione avesse sempre come aggancio il contesto culturale dei suoi uditori, come avvenne ad esempio nella predica tenuta ai cavalieri riuniti presso il castello di San Leo di Romagna: Francesco annunciò la Buona Novella del Cristo, prendendo spunto proprio da una loro canzone. Evangelizzazione come approfondimento di quella misericordia ricevuta da Dio; evangelizzazione come attenzione all’uomo, soprattutto il più povero e sofferente; evangelizzazione come desiderio di comunicare agli altri l’incontro salvifico con Gesù Cristo, il Verbo fatto carne, che è stato determinante per la sua vita. Essendo la misericordia al centro di tutto, in Francesco non ci fu contrasto o antitesi tra dialogo ed annuncio. E quindi non meraviglia che in lui si manifestassero anche posizioni risolute (alcuni studiosi di oggi preferiscono parlare di “durezze” 9), come ad esempio il forte richiamo alla cattolicità dei frati. Nell’osservanza spirituale - e non esclusivamente letterale - del Vangelo e nella misericordia trasmessa agli uomini, può essere ravvisato il segreto della vocazione di Francesco ad essere emblema di pace e riconciliazione. Ecco perché non deve meravigliare che ai funerali di Madre Teresa di Calcutta fossero presenti i rappresentanti di tutte le grandi religioni; nemmeno deve sorprendere che l’inviato della diretta televisiva abbia voluto sottolineare il collegamento ideale che emergeva tra lo “Spirito di Assisi” e quella celebrazione. Anche nella vicenda spirituale della piccola suora albanese vestita con il sari, autodefinitasi una “missionaria della carità”, la misericordia è stata l’espressione centrale per esprimere al mondo il nucleo essenziale del Vangelo. La considerazione di tutti questi elementi ci permette di comprendere perché la vicenda cristiana di Francesco d’Assisi sia divenuta nel tempo un riferimento importante per uomini di religioni diverse, impegnati a compiere un cammino di pace e riconciliazione. Allo stesso modo si offre anche a noi la possibilità di passare dalla semplice ammirazione del Santo umbro alla decisione di ripercorrere la sua stessa strada, per diventare come lui operatori di pace. _________________ C. Bonizzi, L’icona di Assisi nel magistero di Giovanni Paolo II, Edizioni Porziuncola, Assisi 2002. S. Migliore, Mistica povertà. Riscritture francescane tra Otto e Novecento (Bibliotheca Seraphico-capuccina, 64), Istituto Storico dei Cappuccini, Roma 2001; R. Michetti, François d’Assise et la paix révelée.Réflexions sur le mithe du pacifisme franciscain et sur la predication de paix de Francois d’Assise dans la societé du XIIIe siècle, in Prêcher la paix et discipliner la société. Italie, France, Angleterre (XIIIe-XVe siècles), Études réunies par R. M. Dessì, Brepols, Turnhout 2005, 279-312. 3 N. Simonetti, Prinicipi di teologia della pace nel magistero di Benedetto XV, Edizioni Porziuncola, Assisi 2005. 4 C. Renoux, La Prière pour la paix attribuée à saint François, une énigme à résoudre (Présence de saint Fraçois, 39), Les éditions franciscaines, Paris 2001; trad. italiana, La preghiera per la pace attribuita a San Francesco. Un enigma da risolvere, Edizioni Messaggero, Padova 2003. 5 A. Ajello, La croce e la spada: i francescani e l’islam nel Duecento (Mediterranea, 1), Istituto per l’Oriente C.A. Nallino, Roma 1991. 6 A. Vauchez, François d’Assise entre littéralisme évangélique et renouveau spirituel, in Frate Francesco d’Assisi. Atti del xxi Convegno internazionale (Assisi, 14-16 ottobre 1993) (Atti dei Convegni della Società internazionale di studi francescani - Centro interuniversitario di studi francescani. Nuova serie diretta da E. Menestò, 4), Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, Spoleto 1994, 183-198. 7 P. Messa, Le fonti patristiche del pensiero di Francesco d’Assisi, prefazione di G. Miccoli, Edizioni Porziuncola, Assisi 1999, 236-264; P. Maranesi, “Facere misericordiam”. La conversione di Francesco secondo il Testamento, in Frate Francesco 69 (2003), 91-125. 8 R. Manselli, San Francesco: dal dolore degli uomini al Cristo crocifisso, in Id., Francesco e i suoi compagni. (Bibliotheca seraphico capuccina, 46), Istituto Storico dei Cappuccini, Roma 1995. 9 G. G. Merlo, Tra eremo e città. Studi su Francesco e sul francescanesimo medioevale (Medioevo francescano. Saggi, 2), Edizioni Porziuncola, Assisi 1991; F. Accrocca, Francesco fratello e maestro (Orientamenti formativi francescani, 3), Edizioni Messaggero, Padova 2002. 1 2 13 Francescanesimo IL BESTIARIO SANFRANCESCANO: “Amici” e “Nemici” del Santo di fr. Alessandro Mastromatteo, ofm Nell’agiografia cristiana medievale, non si riscontra una relazione così intensa quanto quella che provava Francesco d’Assisi con gli animali, anche se alcuni di essi non godevano della sua amicizia e simpatia. Certo, non è così nutrita la schiera degli animali “nemici” del Poverello d’Assisi, e la differenziazione terminologica tra “amici” e “nemici” non risiede tanto in una sorta di dinamica di tipo affettivo e/o emotivo, quanto piuttosto nella sua capacità o meno di coinvolgere e di lasciarsi coinvolgere da essi. In effetti, molto spesso, 14 egli non solo e non tanto comprendeva il loro linguaggio, ma riusciva addirittura a far sì che essi comprendessero il suo. Gli animali, variamente presentati e distribuiti nelle singole fonti, da quelle primitive a quelle tardive, rappresentano un numero degno di considerazione1: l’agnello, l’allodola, l’aquila, l’ape, il fagiano, la gallina, il falco, il gambero, il gatto, il leone, la lepre, la colomba, il cavallo, il maiale, la rondine, la scrofa, il serpente, l’asino, il bruco, il bue, il cammello, il cane, il coniglio, lo squalo, il topo, la tinca, il pollo, un pesce lacustre, il pettirosso, la pecora, la mosca, la mulacchia, la locusta, il lupo, la cornacchia, il corvo, il drago, il toro, la tortora, un uccello acquatico, il verme e la volpe. Ovviamente, si è di fronte a una fauna familiare. Vi sono soltanto due esempi di fauna esotica, ovvero il cammello e il leone, e uno di fauna fantastica: il drago, che ha addentellati con il serpente. Francesco ha con le creature un contatto diretto e immediato senza l’intermediazione della riflessione e della razionalità a differenza di sant’Antonio di Padova. Per il primo, le creature sono realtà concrete, sono fratelli e sorelle; per il secondo, invece, sono allegorie e simboli. Per l’uno sono gli intermediari per la comunicazione diretta e immediata con Dio, per l’altro costituiscono gli elementi necessari alla sua predicazione per le relative implicazioni morali e parenetiche2. Stabilito che il suo rapporto con il mondo animale aveva i connotati del dialogo, dell’attenzione e della dedizione, questo non esclude, tuttavia, come poc’anzi affermato, che egli non nutrisse simpatia verso taluni di essi. In effetti, come avrebbe potuto il Santo dialogare con i topi che, per ben cinquanta giorni lo avevano tormentato a san Damiano di notte e di giorno, disturbando il son- Francescanesimo no e la preghiera? Tanto lui che i suoi compagni pensavano che tale presenza fosse una tentazione del demonio3. Inoltre, Francesco non nutriva simpatia neppure verso certi piccoli parassiti, che si annidavano fra le pieghe e i risvolti del suo saio non sottoposto a lavaggi frequenti ed usato, molto spesso, come coperta da letto. Sarà, infatti, proprio Tommaso da Celano a testimoniare, nel suo Memoriale in desiderio animae (2Cel) che anche poco prima di morire Francesco avesse provato fastidio per la presenza di pidocchi che, annidatisi tra le pieghe dell’abito, gli tormentavano il corpo. Soltanto l’intervento di un frate che ne aveva intuito la molesta presenza, riuscì ad alleviare il suo tormento sbattendo la tonaca4. Quindi, sia i pidocchi che i topi, non rientravano nel catalogo degli animali amici di Francesco, ma non per questo bisogna confondere questi momenti di scontro per catalogare insetti fastidiosi e i topi nelle categorie di animali negativi, altrimenti in essi bisognerebbe includere anche il pettirosso ingordo, la scrofa assassina o il lupo di Gubbio. Certamente, tra gli animali di piccole dimensioni, le api, le formiche e persino i vermi godettero del privilegio di far parte della grande famiglia universale di Francesco. A proposito delle formiche, ci è gradito presentare un episodio, non presente nelle altre fonti, testimoniato dal De Conformitate di Bartolomeo da Pisa, una silloge trecentesca, dallo stile compilativo. Il Pisano, nell’intento di evidenziare gli atteggiamenti concreti dei frati di vivere l’obbedienza in fraternità, riferisce tale episodio avvenuto «in castro Cisternae, dioecesis Castellanae». Il Santo, recatosi in quel posto per predicare ordinò alle sorelle formiche di allontanarsi dall’albero a cui egli si era appoggiato; ovviamente non per sfrattarle, ma per proteggerle e assicurar loro un posto più sicuro. Esse in massa si trasferirono da quell’albero prendendo possesso di una quercia più grande messa a loro disposizione, per sua espressa volontà, dalla gente del posto. Lì, afferma il Moretti, «l’intesa tra Francesco e le formiche acquista una forma di gioco che ha come spettatori il popolo e il Santo stesso divertiti e stupiti dal trasferimento in massa di quell’esercito di insetti da un albero all’altro»5. Non furono, però soltanto le creature del cielo e della terra a essere “amiche” dell’Assisiate. A sperimentare la tenerezza del cuore di Francesco, sono da includere anche i pesci. Non molti sono i riferimenti agli animali d’acqua, ma non per questo meno significativi. Tommaso da Celano, nella sua Vita Beati Francisci (1Cel), racconta, per esempio, che un giorno, trovandosi su una barchetta nel porto del laghetto di Piediluco, un pescatore di Rieti, gli regalò una tinca appena pescata, che Francesco accettò con gioia, facendola poco dopo scivolare nell’acqua laddove giocava giuliva senza allontanarsi dalla barchetta; successivamente ricevette dal Santo la benedizione e la licenza di allontanarsi6. Al termine di questa presentazione, ridotta e sommaria, si giunge a conclusione che non bisogna più credere che il rapporto tra san Francesco e gli animali debba sempre esaurirsi in un topos, ossia in una dinamica standardizzata dettata dalle norme letterarie agiografiche. C’è di più: egli supera i connotati di tali clichè, perché davvero visse un rapporto intimo e speciale con gli animali, e gli stessi rinviano a un tessuto archetipico a livello simbolicoreligioso e a un non meno vasto e profondo tessuso folklorico. Per dirla in una sola espressione: il Santo non è la copia di tutti gli altri santi che, in qualche misura, hanno avuto dei rapporti di simpatia con gli animali. Egli è veramente fratello di tutti, perché li ama, li custodisce, li ritiene figli di Dio. Ecco perché la fraternitas vissuta e trasmessa da Francesco non è solotanto umana ma aperta a tutto il creato. ___________________ Non offriremo al singolo animale il riferimento della fonte al fine di rendere la presentazione più agevole e immediata. Tuttavia, rimandiamo a due articoli, che ben delineano il bestiario sanfrancescano nelle diverse fonti, e l’intima relazione di Francesco con esso. Cfr. F. Cardini, Francesco d’Assisi e gli animali, in Studi Francescani 78 (1981) p. 7-45; F. Moretti, Francesco d’Assisi, un santo che giocava con gli animali, in Il Santo XLVI (2006) p. 103-148. A questi due articoli, è da aggiungere il valido studio di A. Marini, Sorores alaudae, il creato, gli animali, Porziuncola, Assisi, 1989. 2 Sui raffronti tra Francesco e Antonio circa il rapporto con gli animali, si consideri l’intervento di: F. Uribe, È francescana la visione antoniana della natura?, in F. Uribe (a cura), Il “Liber Naturae” nella “Lectio” antoniana. Atti del Congresso internazionale per l’VIII centenario della nascita di sant’Antonio di Padova (1195-1995), Roma, 1996, p. 251-275. 3 Cfr. Compilatio Assisiensis, 83: FF 1596. 4 Cfr. 2Cel, 138: FF 722. 5 F. Moretti, Francesco d’Assisi, un santo che giocava con gli animali, p. 137. 6 Cfr. 1Cel, 61: FF 428; cfr. anche Legenda Maior VIII, 8: FF 1153. 1 15 Francescanesimo ...ora siamo ormai tutti protesi verso il 2012, per rendere grazie al Signore per gli 800 anni della consacrazione di Chiara nella Porziuncola. La ricorrenza non è una commemorazione di un passato glorioso, ma un evento che si fa memoria, al fine di “attingere anche dalla propria storia ulteriore slancio per rinnovare la volontà di servire la chiesa”. i Ministri Generali delle 4 Famiglie Francescane … Scrisse per noi una forma di vita… Sorelle Povere Monastero S. Luigi - Bisceglie Da poco si sono spenti i riflettori sugli 800 anni di fondazione dell’Ordine dei Frati Minori, ed ecco che tocca a noi Sorelle Povere di Santa Chiara. Infatti non molto tempo dopo dalla costituzione di quella prima fraternitas francescana, forte di una semplice quanto paradossale ispirazione evangelica benedetta dal Papa, iniziò anche la nostra storia. Stando alle stesse fonti, un solo e medesimo spirito ha fatto uscire i frati e quelle donne poverelle da questo mondo (2 Cel FF 204). Quando lo stesso Santo che non aveva ancora né frati né compagni, quasi subito dopo la sua conversione, mentre 16 Verso il Centenario della Fondazione dell’Ordine di S. Chiara A.D. 2012 edificava la chiesa di San Damiano… : la memoria dei nostri inizi scaturisce dalle origini della vocazione di Francesco, come Chiara stessa ci racconta. Francesco, ancora inebriato dell’ebbrezza dello Spirito che lo aveva chiamato alla novitas del Vangelo del Padre, della Croce e dei poveri, fu preparato da Dio stesso al dono di Chiara e delle sue sorelle. Quasi come suo aiuto, sua costola, sua reciprocità, sua conseguenza, sua plantucula, sua prima compagnia, dono primo fatto a lui e per lui, risposta di concretezza e veridicità della promessa di fedeltà di Dio nei suoi inizi di ‘riparatore di brecce e di case in rovina’. Il Beato Padre per grazia divina e per illuminazione dello Spirito Santo a nostro riguardo profetò, così come comincia la storia di ogni buon Vangelo portatore di liete notizie rivolte anzitutto a certi poveri che si trovavano lì. E lo fece a voce spiegata e in lingua francese, quasi a darne poesia e musicalità, perché qui tra poco ci saranno delle signore: nella loro esistenza degna di fama e del loro tenore di vita santa sarà glorificato il Padre nostro in tutta la sua Santa Chiesa. Con dovizia di particolari Chiara riporta nel Testamento la profezia del suo piantatore, fondatore e sostegno, quasi a volerne dimostrare e confutare la primogenitura ispirazionale e carismatica. “ Francescanesimo ” o indetto lie francescane, hann nta Chiara. ig m fa 4 lle de i al er I Ministri Gen Povere di Sa ndazione delle Sorelle a delle Palme 2011 fo di io ar en nt ce o enic l’ottav avrà inizio dalla dom casa paterna) L’evento celebrativo lla da di Chiara ga fu 12. lla de ia or em (m ansito l’11 Agosto 20 Tr o nt sa o su l de ità la Solenn na e si concluderà con la famiglia francesca a tt tu , ità rn te fra clarisse. di In spirito ini delle nostre sorelle ig or lle de ia or em m la partecipa con gioia Una fama che ha attraversato, per sola misericordia e grazia di Dio, confini e secoli, così da spargere il suo seme e mettere radici in ogni continente e consentire passaggi di testimone, tali da ritrovarci anche noi oggi a ben raccogliere per meglio continuare. Lungo questa cordata di storia e di tempo si stagliano luminosi e contagiosi quei segni del santo tenore di vita di tante e tante sorelle che ci hanno preceduto e la cui fama dà a noi oggi ragione di presenza e significatività, motivo di gioia e speranza. … e il Santo padre nostro Francesco scrisse per noi una forma di vita che non può essere smentita né svuotata della sua perenne attualità, in quanto ci vede iscritte nella familiarità stessa della Santa Trinità dove la figliolanza all’Altissimo Padre Celeste e la fecondità sponsale dell’opera dello Spirito ci immette sulle vie della perfezione del Santo Vangelo. (cfr. Reg SCh 6 ) Anche noi Sorelle Povere, come i Frati minori, ci siamo già incamminate in un percorso di preparazione all’evento celebrativo attraverso alcune tappe di riflessione e approfondimento degli elementi fondamentali della nostra chiamata (la vita con Dio, l’altissima povertà, la santa unità). Ritornare alle origini, da quelle che lo Spirito ha ispirato nella storia dei nostri Santi fondatori a quelle della vocazione di ciascuna di noi sorelle, dove sempre è custodita la genuinità, l’autenticità, l’energia fontale di ogni storia di Dio. Ritrovare quel punto di partenza che ci fa meglio considerare i risultati raggiunti, per rinnovarci nel proposito di far bene ciò che facciamo e continuare a camminare nell’oggi della storia della Chiesa e della vita degli uomini, con slancio di fiducia ed entusiasmo di speranza, con corsa veloce e passo leggero, sulla via della beatitudine evangelica che andiamo percorrendo. Il segno provocatorio e affascinante che rimandiamo con la nostra dimensione contemplativa in clausura rivela in qualche modo la gioia di appartenere a Dio sopra ogni altra cosa. Verifichiamo continuamente ed abbondantemente quanto la nostra presenza discreta e concreta rimandi al mistero di Dio e all’inquietudine delle buone ricerche di fede e di vita. Siamo stimate e ammirate, quanto fraintese se non vanificate: in tutto questo possiamo avvertire e raccogliere la sensibilità stessa dei cuori umani rispetto alle cose di Dio e a ciò che veramente conta. In fondo anche noi, come tanti uomini e donne di buona volontà, eravamo partite con domande profonde ed importanti, dalle esistenziali a quelle di senso, a quelle che si vorrebbe sempre rivolgere alla storia e agli eventi per comprenderne e parteciparne meglio il corso. Lungo il cammino dei nostri vissuti cresciuti nella terra buona della fede, ci eravamo imbattute in tracce e segni che rimandavano a Chi solo avrebbe potuto risponderci. Affascinate o affamate che fossimo, attrezzate o sguarnite di capacità e possibilità, cercatrici disincantate o entusiaste, il Suo Volto scoperto nei volti della vita e del mondo e la Sua Parola veritiera e luminosa hanno diretto decisamente a Sé i nostri passi. Così eccoci, già da tanto tempo e chissà ancora per quanto, a narrare col nostro semplice esserci, così poco visibile e raggiungibile se non per chi voglia incontrarci, alle soglie di questo bel ‘compleanno’ per continuare ad annunciare quanto, avendoci chiamate il Signore a cose tanto grandi (…) siamo tenute a benedire molto e a lodare Dio e a crescere sempre più nel Suo bene. Le parti in corsivo senza indicazioni sono tratte dal Testamento di Santa Chiara Segno di libertà è il nuovo disco di Suor Chiara Letizia Presutti sorella Clarissa di Mola di Bari, un CD di musica cristiana nato dall’ascolto della Parola di Dio e dell’esperienza di S. Francesco. “Ognuno di noi afferma Suor Letizia - esprime la propria umanità e la propria fede nelle forme che più lo contraddistinguono. La musica, per me, è lo strumento che meglio traduce il percorso quotidiano di ricerca, di incontro e di dono. E’ un abbandonarmi nelle mani di un Dio che guida e ama la storia, la nostra storia. Traspare qui l’esperienza di Francesco di Assisi nella sua unicità, col suo invito sempre moderno ed attuale, che ci esorta a riconsiderare la nostra vita e incoraggia a percorrere il personale cammino di santità per essere segno di libertà.” Richiedilo alle Sorelle Clarisse di Mola di Bari, Monastero S. Chiara. Tel. 080.4741089 - [email protected] 17 panorama Francescanesimo f panorama Basilica di Betlemme: restauro made in Italy. La Chiesa della Natività di Betlemme, risalente al IV° secolo d.C. e luogo simbolo della nascita di Gesù, sarà sottoposta a importanti i n t e rventi di restauro guidati da un team di specialisti che vede in prima fila l’Italia. Inizieranno quindi le analisi, mai compiute fino ad ora, sulla copertura e sulle strutture lignee presenti. Già dai primi sopralluoghi effettuati è emerso che, con molta probabilità, l’aspetto attuale della struttura di copertura differisca e non corrisponda a quello originario. Durante i sondaggi si è rilevato anche lo stato di conservazione delle finestre della navata principale e dei transetti, oltre che delle porte presenti all’interno del tempio, tra le quali ha grande importanza storica quella che immette all’interno dell’edificio dal nartece e le due che consentono l’accesso alla grotta della natività. 18 Un nuovo volume sul Beato Duns Scoto. In stampa un volumetto di Girolamo Pica, Il beato Giovanni Duns Scoto. Dottore dell’Immacolata, (EllediciVelar, Dicembre 2010). Si tratta di una pubblicazione che coniuga il rigore della ricerca alla capacità divulgativa. Se qualcuno vuole compr arne delle copie per diffonderlo - come stanno facendo varie parrocchie e centri si possono richiedere a metà prezzo (ossia il 50 % di euro 3,5) a Oscar Serra: e-mail: [email protected]; cell. 348-5121773. Corso di GPIC 2011 presso l’Antonianum. Il prossimo corso di GPIC Antonianum si terrà dal 3 al 13 maggio 2011. Il mattino di questi giorni sarà riservato ai nostri animatori GPIC; e gli incontri sono progettati per aiutarli a riflettere sugli aspetti pratici del loro lavoro. I pomeriggi saranno dedicati ai fondamenti teorici di GPIC con particolare enfasi sul tema del peccato strutturale. f francescano Francescanesimo a francescano Le sessioni del pomeriggio della seconda settimana affronteranno il tema dell’uso etico delle risorse, che è uno dei mandati del Capitolo 2009. Dato il contenuto, le province possono considerare l’invio di qualcuno dell’economato provinciale a partecipare. Come di consueto, il corso si terrà in tre lingue: italiano, inglese e spagnolo ed è aperto a tutti i fratelli, e tutti i religiosi e laici interessati. Per ulteriori informazioni: [email protected] I Francescani alla GMG 2011 di Madrid La Famiglia Francescana si prepara a questo importante appuntamento con un programma unico che sarà offerto a tutti i partecipanti della GMG. Il programma si svolgerà nel “Villaggio Francescano” nelle ore pomeridiane durante la Giornata Mondiale della Gioventù, precisamente nei giorni 16-19 agosto 2011. Il “Villaggio Francescano” sarà “eretto” attorno alla chiesa di San Francisco el Grande a Madrid e vuol essere uno spazio d’incontro e condivisione, dove i giovani possano incontrarsi, conoscere meglio la Famiglia Francescana e poter condividere le loro esperienze attraverso diverse attività. Inoltre ci sarà una grande celebrazione chiamata “Festival della Gioia”, in cui la Famiglia Francescana si presenterà a tutti i partecipanti alla GMG attraverso i canti, testimonianze ed esecuzioni di vari arti- sti. Questo festival è programmato per la sera del mercoledì 17 agosto 2011. Per qualsiasi domanda o chiarificazione sul programma, ci si può rivolgere al seguente indirizzo e-mail: [email protected]. A Reggio Emilia il 3° Festival Francescano Nei giorni 23-24-25 Settembre 2011, si svolgerà il 3° Festival Francescano, manifestazione di carattere nazionale, capace di raccogliere oltre 25.000 presenze lo scorso anno. La 3° edizione è in piena fase di programmazione. “L’UNITA’ D’ITALIA” sarà il tema del 3° Festival Francescano, essendo il 2011 il 150°anno dell’unità d’Italia ed essendo San Francesco il patrono d’Italia. Per approfondire il discorso, sul sito www.festivalfrancescano.it potete trovare il resoconto dell’edizione 2010, con i video delle conferenze, la rassegna stampa, ecc…Se interessati, vi invitiamo a contattare il referente sponsorizzazioni (Tommaso Stefani) all’indirizzo [email protected] – 3294143623. 19 Vita di famiglia la nostra storia S. Matteo sul Gargano di fr. Mario Villani Il convento di S. Matteo ha un rapporto speciale con il Gargano. Piantato sul declivio del Monte Celano, che chiude ad oriente la Valle dello Starale, è il punto d’incontro dei profili delle montagne che si rincorrono, si accavallano e poi s’intrecciano con profonde valli. Anche per gli uomini è punto d’incontro. Situato al centro di una vasta zona in cui sorgono i maggiori centri di Capitanata, insieme con i Santuari di S. Michele a Monte S. Angelo e a quello di San Pio a San Giovanni Rotondo, rappresenta uno dei punti focali della vita religiosa garganica. La sua posizione geografica nel bel mezzo della zona del Parco Nazionale del Gargano, avvolto da una natura intatta in cui il verde variegato dei boschi s’alterna col rosso sanguigno delle rocce aperte dagli eventi, da molto tempo lo ha fatto diventare meta di naturalisti, laboratorio di studiosi, luogo 20 Vita di famiglia dove si coniuga in modo incomparabile il privilegiato connubio fra spirito e creazione, fra esigenza di vita serena e l’esperienza della bellezza come porta dell’eternità. Qui confluiscono una massa grande di pellegrini legati al pubblicano diventato Apostolo ed Evangelista. In Lui vedono la possibilità di conoscere il Signore anche quando il mondo t’invita al peccato; in Lui vedono l’uomo a cui molto è stato perdonato perché molto ha amato, che nel Signore ha ritrovato la propria dignità e il proprio riscatto; in Lui vedono l’Apostolo che ai fratelli distribuisce il pane della parola e il conforto nella vita. Questi pellegrini vedono in S. Matteo la insostituibile figura del padre e del maestro, figure centrale, da cui emanano le linee portanti del progetto di vita, la correzione, l’incoraggiamento fiducioso, la sicurezza della fede. Ma vi sono altri pellegrini che vedono in S. Matteo il compagno di viaggio, il difensore, l’avvocato presso Dio.Vengono dai luoghi più impensati dell’Italia, dell’Europa, e dei cinque continenti. Uomini e donne variamente colorati, che nella diversità delle lingue esprimono la medesima fede; percorrono la medesima strada, s’incontrano con occhi di pace. Guardano commossi la gloriosa tomba di P. Pio, entrano timorosi nell’antica Grotta dell’Arcangelo. Anche questi pellegrini frequentano il santuario di S. Matteo. Qui avvertono la santità della montagna e dei percorsi devoti che si snodano per gole e dirupi verso l’incontro gioioso col Signore nella beata pace del suo Regno. Molte le comitive a piedi: italiani, tedeschi, francesi, inglesi spagnoli... Alcune compagnie sono dirette in Terra Santa. I Frati continuano la missione dei Benedettini, fondatori del monastero: accolgono i pellegrini, pregano con loro, parlano del pellegrinaggio della vita, della ricerca di Dio. Alle comitive che vanno a piedi viene offerta gratuita ospitalità. La mensa dei Frati è più gioiosa; l’incrociarsi di lingue diverse arricchisce il cuore e la mente; il riposo è pieno di speranza. Il convento di S. Matteo è anche un santuario della cultura. La biblioteca esercita ormai un richiamo irrinunciabile per gli studiosi della Puglia, e di altre regioni. L’intreccio culturale che si è creato fra biblioteca, Gruppo di Studio, Società di Storia Patria, Università e studiosi vari ha originato una rete di rapporti che si estende anche al mondo della scuola e alle varie Associazioni. Le aree museali danno consistenza visiva a una lunga storia di interessi e creatività che ha investito il Gargano e la Daunia dalle profondità del paleolitico superiore a tutto il periodo risorgimentale. Il convento francescano ha dato consistenza a quella particolare caratteristica della spiritualità francescana fondata sul dialogo e il gratuito scambio dei beni. Di qui il connubio, difficile ma esaltante, fra contemplazione di Dio e cultura come momento rivelatore dell’unione indissolubile fra Gesù Figlio di Dio e l’uomo, vissuta nella storia dell’uomo. Il convento di S. Matteo, pur così inserito nel mondo, sembra fuori del mondo. Qui è possibile sia l’immergersi nelle cose di questa terra, sia l’estraniarsi contemplativo favoriti da una solitudine che, pur nel festoso incrociarsi di parole, sembra inespugnabile. Due mondi diversi convivono. D’estate il piazzale è il luogo del traffico, delle parole, grida di bambini; all’interno del convento regna il raccoglimento, la penombra piena di presenze, il silenzio, il canto e la preghiera. Sono le due anime dell’essere francescano. 21 Vita di famiglia il postulato interprovinciale ro fra Francesco da destra: il Maest e il vice di fr. Giuseppe Capriati “…Dopo il fuoco, ci fu il mormorio di un vento leggero… Come l’udì Elia si coprì il volto con il mantello…” (1 Re 19,9). Penso che qui siano racchiusi gli elementi essenziali dell’esperienza vocazionale e di fede vissuta insieme ai fratelli postulanti qui, in questa casa di Castellaneta, dove alla luce della Parola, ci lasciamo interrogare ogni giorno, e vivere in profondità la bellezza delle relazioni… Alla presenza di un Dio che mai sconvolge,ma che rispetta l’uomo, non lo schiaccia, ma si presenta a lui con infinita delicatezza… In questo tempo di grazia e di necessarie “inquietudini”, possiamo dire che insieme ci si allena ad “ascoltare” quel vento leggero da cui ci si sente avvolti, abitati, dentro esperienze quotidiane di condivisione e di preghiera. Questo secondo anno ci vede accompagnare 22 ta ulato di Castellane ppe del post Maestro fra Giuse ben undici giovani postulanti di tutta la Puglia e Molise. Otto per il primo anno ( Aldo da Parabita, Fabio da Manfredonia, Giuseppe da Valenzano, Emanuele da Taranto, Antonio da Gambatesa, Vincenzo da Capurso, Luigi da Foggia e Romolo da Lizzano, che nella prima domenica di avvento sono stati ammessi al tempo di postulato) e tre per il secondo anno, (Cristian da Foggia, Luigi da Soleto e Daniele da Galatina). La cosa che accomuna tutti i fratelli in discernimento è la bellezza di un qualcosa di nuovo che ha sorpreso le loro storie, a volte tortuose, un voler vivere in pienezza, e un voler custodire gelosamente il dono della vita verso un cammino di consacrazione. È un viaggio interprovinciale appena iniziato e che ci sta davvero arricchendo in questa prima tappa di formazione che mette continuamente “in gioco” soprattutto noi frati verso una consapevolezza piena che il cambiamento è vitale alla nostra vocazione di frati minori. Vita di famiglia I ragazzi del postulato I ragazzi del postulato...Cosi ci chiamano giù in paese, e qualche volta è bello sentirselo dire. E’ bello perchè ci si sente appartenenti a qualcosa. Noi ragazzi normali che veniamo da storie a volte ordinarie ed a volte straordinarie. Ma chi siamo veramente? E’ una bella domanda che anche noi ci siamo posti, e quello che e’ stato il nostro viaggio fino ad ora ci ha portato qui a cercare la risposta. La ricerca. Infondo questo ci spinge fratelli...Questo e nient’altro... Undici ragazzi provenienti da tutta la Puglia e dal Molise che dopo una breve esperienza nelle case di accoglienza di Galatina, per i ragazzi della Provincia di Lecce e di Biccari, per i ragazzi della Provincia di Foggia, si accingono a trascorrere due anni con la fraternità dei frati minori del convento di San Francesco di Castellaneta. Due anni di formazione cosidetta umana che non mira a creare dei frati, ma a far si che la nostra naturale vocazione venga fuori e sbocci come un fiore. La nostra vera vocazione alla vita... Noi ragazzi che con occhi feriti dalla vita, curiosi di conoscere la fonte di ogni serenità, volenterosi di lasciarsi avvolgere dalla fiamma di Dio con la certezza che essa non ci consumerà. E’ il miracolo di questo nostro misterioso Dio innamorato dell’essere umano. Undici ragazzi quindi da posti diversi, tra i 19 e i 41 anni, alcuni dei quali hanno girato il mondo, provenienti da esperienze lavorative più impensabili che giornalmente pregano insieme, lavorano insieme, si confrontano su temi del nostro tempo ed iniziano a desiderare di dedicare la propria vita all’edificazione di un mondo già esistente, ma che forse non sa più come fare a ritrovare la serenità. Giornalmente ci approciamo a vari corsi previsti nell’anno formativo tra cui: introduzione alla liturgia, alla sacra scrittura e alla morale, un percorso sui sacramenti, sulla lectio divina, sul francescanesimo, sulla vita consacrata e sulle costituzioni conciliari... ma anche inglese e francese. C’è anche un percorso tutto nuovo sull’ascolto del corpo e sulle emozioni. Inoltre una volta al mese ci incontriamo con una psicoterapeuta, sia in gruppo che singolarmente, ma solo i postulanti del secondo anno. Infatti la formazione si divide in due anni perchè si avvale di un criterio di gradualità che somiglia molto alla cura che una mamma avrebbe con i suoi bambini. L’ordine infatti ci prepara con tempi prestabiliti. Tutti questi corsi elencati naturalmen- te sono corsi che abbracciano un intero anno, ma la nostra formazione è fatta anche del lavoro manuale. Ogni lavoro svolto in convento è parte integrante del programma formativo. Dalla cura dell’orto, alla sistemazione della biblioteca, dalla costruzione del pollaio fino ai lavori artistici che svolgiamo nel nostro laboratorio d’arte. Nel corso dell’anno sono previste anche molte esperienze esterne, anch’esse differenti da anno ad anno. Le esperienze servono a tenere il contatto con la realtà, e magari ripartire proprio da quelle realtà dimenticate o ignorate, come le tossicodipendenze in genere, l’immigrazione, i poveri ed i disagiati di ogni tempo. Condividiamo così l’ingiustizia inflitta agli ultimi, e desiderando giustizia nel frattempo ci dedichiamo a “VEDERE”, ”GIUDICARE” ed “AGIRE”......Nei nostri limiti!!! Tutti in cammino dunque. Ognuno con la strada che lo porterà alla felicità. Alla ricerca del senso profondo del vivere e quindi di Dio! Buon cammino a tutti.... I ragazzi del postulato Vincenzo, Daniele, Fabio, Giuseppe, Antonio, Luigi, Luigi, Romolo, Emanuele, Aldo e Cristian 23 Vita di famiglia Esercizi Spirituali Ecumenici 14 - 19 Febbraio 2011 - Timisoara (Romania) Continuano per i nostri Frati della Provincia gli incontri ecumenici con i Fratelli Ortodossi. In particolare quest’anno hanno avuto per tema alcuni aspetti della vita religiosa e della spiritualità sacerdotale. Gli Esercizi Ecumenici fanno parte di una consolidata tradizione che ha portato i Frati italiani a fraternizzare col clero ortodosso partendo da una conoscenza sempre più profonda e da reciproca stima alimentata da autentica carità. Esperienza spirituale in Grecia e Monte Athos 24 Febbraio - 3 Marzo 2011 “Annuncio e dialogo nell’esperienza paolina” Per secoli questa Grecia cristiana ha sentito sulla cervice il peso del tallone ottomano. Ma ha resistito... Il miracolo dei miracoli, in quest’ambito religioso e culturale, è quella fioritura di monasteri che i greci chiamano Metéore, nome che significa “luoghi sospesi in aria”. Ed è proprio questa l’impressione che quelle costruzioni hanno dato a tutti noi. Laudato sie mi Signore... per Gaetano Forte, “frate laico” Era ancora giovane e vitale Gaetano, quando nel 1978 emigrò a Bari dalla sua amata Salerno, che non avrebbe mai perduto nei suoi pensieri e nei suoi sentimenti. Fu accolto dal Convento di Sant’Antonio, a Bari, grazie a P. Bernardino Cataneo O.F.M., che sarebbe stato poi per Gaetano fratello attento e insostituibile, per 33 anni. A Bari, Gaetano pensava di realizzare l’antico sogno, nato in lui sin dai primi anni di vita; quello di servire in ogni modo la Chiesa, i Suoi precetti, le Sue direttive di bene e di pace. Un ‘gap’ congenito gli tagliò ben presto ogni progetto di evoluzione monastica, sicché fu necessità per i Padri che lo ospitavano dedicarlo a compiti più modesti e meno impegnativi. Compiti che il giovane venuto dalla Campania assolse con spirito di assoluta obbedienza, in umiltà e dedizione. Trasferito da Bari a Foggia verso la metà degli anni ’90 del secolo passato, egli trovò non minore accoglienza presso il Convento di San Pasquale. Qui proseguì la sua umile missione di collaborazione, rendendosi utile ai Sacerdoti pur nell’ambito delle sue limitate capacità. Fu proprio nel nuovo ambiente che egli riuscì a raccogliere unanime benevolenza ma soprattutto massima comprensione per la sua strenua ‘voglia’ di rendersi comunque utile. Queste doti riuscirono a fargli creare intorno a 24 sé un’ unanime atmosfera di fraterno affetto, di amorevole comprensione, di cristiana condivisione. Gli anni, intanto, avanzavano e con essi un logorio lento e inesorabile delle condizioni fisiche che Gaetano sopportò come frutto di una superiore volontà, cui non fu estranea - forse l’inconsapevolezza derivante dalla propria congenita costituzione. All’alba del 12 marzo 2011, Gaetano Forte se ne è andato. E’ partito nel viaggio verso gli Angeli del Cielo, si è affidato all’abbraccio sicuro dei Sacerdoti, dei Vescovi e dei Santi che Lui, in vita, adorò e contemplò giorno dopo giorno, cercando di imitarne le Virtù. Se ne è andato verso il Cielo più puro e più degno della sua modestia e della sua castità, sicuramente convinto che in ogni modo e comunque aveva compiuto la sua vocazione di elargitore di amicizia, di servizio e di fraternità. Il fratello Alfonso, che ha seguito Gaetano con dovuta costanza, con affetto e cura di padre, ha voluto affidare alla splendida “Rivista” della Provincia Francescana la presente breve ‘memoria’, perché la figura e l’esempio di Gaetano rimanessero nel cuore di coloro che lo conobbero e con lui divisero anni ed anni di cristiana convivenza. Per questi motivi, un grazie riverente va a P. Bernardino Cataneo, al Padre Provinciale Pietro Carfagna, a P. Armando Gravina, a P. Urbano Giambitto, a P. Leonardo Civitavecchia che volle a Gaetano un affetto particolarmente intenso e generoso, tanto da attribuirgli - nel commovente congedo funebre - il titolo, certamente meritato, di “frate minore’!. Che l’Anima di mio fratello goda quella pace piena e quella felicità sublime che non riuscì a cogliere appieno in questo mondo! Chi legge questi poveri righi, preghi per Lui ! Alfonso Forte Sorella infermitate ...e ora vi racconto la mia malattia Dario - Ascoli Satriano Svolgo una vita “paradossalmente” pressoché normale. Mangio, mi vesto, leggo, scrivo, ragiono a volte lavoro….e quant’altro. Posso fare tutto ciò che mi è essenziale; nulla di ciò mi è precluso. Mi è precluso però tutto ciò che mi consentirebbe di “vivere” (non so mi spiego) la mia vita…!!!! io oltre al non poter camminare, ho altre limitazioni che fanno da “contorno” come dico sempre e “completano il quadro”: non guido, (sono quasi cieco da un occhio, è pigro e ho un braccio quasi paralizzato è spastico). Ciò non mi consente di viaggiare da solo (la quale cosa mi piacerebbe), né posso praticare sport, tipo: basket in carrozzina, tennis ecc…. Come vedeTe, la mia è una situazione intermedia: “io potrei ma non riesco, vorrei ma non posso”. Sorge ora la domanda: non sarebbe stato possibile “evitare” queste altre cose in più? Se ho un occhio quasi cieco, dovrei poter e dover andare solo dall’oculista, no? va beh…Come vivo questo? Beh è un po’ diverso da quand’ero ragazzotto ad oggi. Adesso ho conseguito una certa maturità e consapevolezza della situazione. Con pazienza, ecco come lo vivo, ma non voglio parlare di rassegnazione. Non crediaTe sia facile. Anche nelle piccole cose nelle quali mi cimento per la prima volta… Nella mia mente dico: “si, ci riesco…” e poi arrivo a tanto cosi e solo a seguito di sforzi ci riesco. Se riesco… (come nelle grandi) arrivare a così tanto da ciò che si vorrebbe (e in fondo, sarebbe POSSIBILE) avere o fare….e dovervi rinunciare!!!! Non è bello che sempre io debba…e pensare che vi sia chi è come me, non aiuta né me nè questi altri….cosa posso fare io fattivamente per loro? A parte pregare (ma qui si entra nel campo della “spiritualità”). Ho sempre pensato che la mia malattia, sia pure meno invasiva, non mi consente di esser DI AIUTO. Ciò mi provoca grande mortificazione… Una domanda attanaglia il mio cuo- re, alla quale non posso rispondere: se fosse stato possibile, avrei dato compimento a queste intenzioni, o sarei stato il “prodotto” di questa società vittima dei suoi modelli? Non si può dire….e non si può dire neppure il contrario. Francamente io, a volte, sono stanco di questa vita che è tutto un enigma. Non ne capisco il senso….non è facile “consegnare” o “affidare” a qualcun altro (sia pure il Cristo Signore), tutto ciò che sarei voluto e potuto essere; non è facile questo non realizzarsi. La spiegazione e la soluzione più facile ma anche la più difficile (giacchè sembra di comodo e infondo non la si vorrebbe) è: “Gesù, sia fatta la tua volontà...”. Non è facile annullarsi e dover rinunciare, sempre; ciò costa fatica….!!!! Sono arrivato ad offrire il mio “non poter fare”. Posso far altro? Cerco sempre di esser se non contento, sereno…ma neppure voglio che mi si stia sempre addosso quando il malessere traspare!!!! Mi piacciono le donne; mi piacciono 25 Sorella infermitate i bambini. Gesù quando ha pensato a me, si è un po’ distratto: ha messo l’intenzione ma non la possibilità di realizzarla (ops..). Qualora fossi riuscito a realizzare un simile desiderio (ne avessi ottenuto la grazia cioè), questo, (per logici motivi palesemente ovvii) mi sarebbe costato ancora sofferenza e frustrazione. Non sarebbe stato facile, essere fidanzato, marito e padre come altri. Pertanto meglio di no…!!! Come per altri desideri. Così come sono, non potrei mai fare una partita di basket in carrozzina; meglio non provarci neanche. Anche a questa conclusione sono arrivato con la ratio. Ma non è un’altra rinuncia. Francamente neppure credo che Iddio abbia per qualsiasi uomo progetti specifici, (parlo a titolo personale) ma son molto razionale. Egli non s’interessa se “tu” sarai: dottore, avvocato, prete o non potrai far nulla come me. Il progetto è uno uguale per tutti: Amare e far conoscere Dio agli altri…come dice S. Agostino: “Ama e fa cio che vuoi…”. Parentesi: caso a parte sono quelle anime “particolari” che si sceglie per “progetti particolari”. Esempio: i Santi. San Paolo “bloccato a Damasco”. San Francesco: “Torna ad Assisi e ti sarà detto ciò che devi fare”. Gesù sceglie chi vuole. Progetto o meno, tuttavia amo quella Persona…sempre mi sostiene e soccorre: Cristo con la sua Grazia. Io non posso dimenticare le volte (almeno 3) quando Cristo è concretamente intervenuto per modificare il corso della mia vita…(ma questo è un discorso lungo). Senza dubbio alcuno Gesù ha “salvato il salvabile non modificando la situazione originale…”. Ponendo rimedio a ciò che si è potuto. Perché Lo ha fatto??? Perché lasciarmi in una situazione “cosi” né peggiore (a scopo espiativo) né migliore (da poter svolgere la “mia” vita, così come pensata e desiderata e immaginata, non so … avrà i suoi motivi. Ma io non vedo lo scopo…!!! Io s’intende…non lo vedo. Prendo tutto come Grazie. Diversamente mi sarei “perso”? Non credo (e nessuno è sicuro di esser gia salvo!!!!). La Fede dipende dall’indole della persona…non dall’esser malati; altrimenti Gesù sarebbe Iddio di coloro i quali non hanno altro a cui attaccarsi Vi lascio con una piccola preghiera da me scritta: Sia Benedetto Gesù, Benedetto il suo santissimo Nome... Benedetta Tutta la Sua Persona che è, S.S.mo e Vero Corpo nell’Eucaristia, Preziosissimo Sangue, Sacratissimo Cuore Benedetto ogni suo comando e Benedetta la Madonna che ha dato al mondo l’Autore della Vita. Amen. Io ti amo, Signore mio Gesù Cristo, con tutta la mia mente, con tutta la mia anima, con tutte le forze, con tutto il mio cuore e ho sempre dinnanzi agli occhi, nello stesso cuore e nella stessa mente, il tuo sacrificio perfetto, supremo e perpetuo.... e sempre più ti amo Signore mio, Signore Iddio. Amen. 26 per riempire i vuoti. Per me non voglio sia cosi...la risposta dunque è semplice: la Croce non è mai superiore alle forze. Nella Sua immensa Saggezza e Sapienza, Gesù sa che avrei sopportato (anche per chi mi è vicino), una situazione, più volte definita “intermedia”. La mia malattia, il mio futuro, la mia vita sono nelle Sue mani. Rimessi più e più volte. Anche questo a pensarci è difficile. Ma questo Amore non è condizionato ai suoi interventi. Gli ho promesso di non mugugnare più per questa vita a metà. Anche anteporre l’amore per Gesù è faticoso; e costa umiliazione. Persone trovano strano che di questi tempi e a questa età (ora sfociamo nella religione e non parlo più della malattia) sia cosi “legato” a Cristo. Passiamo anche noi due i “nostri” momenti difficili. Come tutti anch’io Gli volgo le spalle (per i motivi accennati), ma sempre fa Grazia di “tornare” e mi consente mostrargli che ho comunque fiducia e mostrarmi degno della Sua. Tante volte perdona, tante volte ripara, tante volte pone rimedio… e torniamo ad esser Buoni Amici!!!! Pianeta giovani Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede. (col 2,7) di fr. Andrea Tirelli Ci stiamo avvicinando a grandi passi ad un appuntamento che sicuramente cambierà il modo di essere giovani cristiani nel nostro tempo. Ai trecentomila di Sidney lo stesso Papa Benedetto XVI ha dato appuntamento a Madrid indicando questo come un’occasione nuova di svolta. Nel suo messaggio di presentazione della Giornata Mondiale il Papa ricorda come già nel 1989 questo appuntamento fu celebrato in Spagna, precisamente a Santiago de Compostela, solo qualche mese prima di un altro avvenimento che ha segnato una svolta nella storia dell’Europa: la storica caduta del muro di Berlino. Muro che nella sua caduta ha travolto e portato via con sé confini e cortine presenti in quasi tutto il continente e di cui ancora oggi sentiamo l’effetto dell’onda lunga. Se è vero che l’effetto della caduta è stata la libertà di espressione politica, culturale e religiosa per tanti uomini è vero anche che l’effetto prodotta da una libertà conquistata senza un giusto accompagnamento in tutti i suoi passaggi di rinascita ha provocato e provoca tutt’ora un forte senso di smarrimento in molti. La scelta del tema di questa giornata non è casuale, anzi, le motivazioni della scelta partono dal desiderio di offrire, in Gesù Cristo, un modello di riferimento e di sviluppo alto per ciascun uomo. Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede (col 2,7), più che un titolo ripreso dalla Sacra Scrittura, è un programma di vita per i giovani di tutte le latitudini del Pianeta. Ai giovani provenienti da tutti i continenti il Papa vorrà parlare di come superare questo senso di smarrimento, di vuoto, di incertezza tipico del nostro tempo. A loro e a noi vorrà ancora dire che è legittimo lasciarsi guidare da quell’impulso che spinge ad andare fuori dall’abituale, anzi, che questo è il tratto caratteristico del sentirsi giovani. È assolutamente normale per i giovani sentire il bisogno di fare qualcosa di Grande ma è necessario, più che mai oggi, riconoscere che questo anelito è segno della presenza di qualcosa, meglio, di Qualcuno di grande che orienta i nostri passi. In questa occasione più che in altre si tenterà di tornare a parlare di Dio come di riferimento solido, fonte e sorgente della Vita. Ancora nel suo scritto di presentazione Benedetto XVI dichiara di voler dialogare con la Cultura attuale che in alcune aree del mondo, soprattutto in Occidente, tende ad escludere Dio, o a considerare la fede come un fatto privato, senza alcuna rilevanza nella vita sociale. Destinatari di questo evento non saranno solo i giovani cristiani, i frequen- tatori abituali dei nostri ambienti. Di questa Giornata Mondiale, che avrà come sempre date comuni per tutti e date particolari per gruppi di appartenenza, destinatari saranno soprattutto giovani dubbiosi, in ricerca della fede, giovani desiderosi di risposte autentiche e anche giovani delusi da un mondo che non dona felicità nella misura che promette. L’appuntamento per tutti è dal 16 al 21 agosto a Madrid per vivere l’esperienza dal vivo nel clima della festa, dell’allegria colorata dei giovani dei cinque Continenti, ma vista la diffusione e l’attenzione che sarà data, l’invito è a seguire anche da casa i lavori attraverso tutti i canali messi a disposizione dai nuovi mezzi di comunicazione, da dove, già da adesso, è possibile ricercare e scaricare contributi e strumenti per la preparazione. Noi del CPV di Puglia Molise seguiremo tutti gli eventi e cercheremo per tempo di segnalare quelli più importanti a quanti li ricercassero. Se la prima tappa in Spagna ha consentito l’abbattimento di un muro ci auguriamo che la seconda tappa ci aiuti a costruire ponti. Per info scrivete a: [email protected] 27 Pianeta giovani Giovani e CRISI D’IDENTITA’ Ci piace riportare la lettera di Deborah, 21 anni, in cui ci parla della “nostra società” ma soprattutto di cosa hanno bisogno oggi molti giovani. Sono riflessioni profonde che sottoponiamo a tutti... e imparare ad essere vicini a loro con passione e amore. Purtroppo da un lato e per fortuna dall’altro Dio mi ha fatto riflessiva, quindi inizierò questa sorta di “articolo” proprio con una domanda. Perché lo intitolo “Crisi d’identità”? Ovviamente non mi riferisco a me stessa, o meglio non solo a me stessa, ma bensì 28 ad una categoria. Mi sto riferendo a noi ventenni e dintorni. Oggi non riusciamo più a capire chi siamo: da una parte c’è l’infanzia dall’altra ci sono i “giovani”, ovvero matusa di trent’anni. Ci è stata rubata l’identità. L’occidentalismo prima ha relegato i “giovani” in uno spazio della società indefinibile, facendoci anche credere di essere importanti affibbiandoci il termine studenti, quindi ecco nascere il periodo dell’adolescenza, infatti per chi non lo sappia l’adolescenza è una età culturale, non biologica. Dal momento in cui Pianeta giovani una femmina homo sapiens è in grado di riprodursi è adulta.. del resto siamo pur sempre animali. Dopodiché il mercato cresceva e quindi anche ultraventenni davamo fastidio, del resto l’uomo sarà sempre oligarchico, quindi il potere è dei pochi, gli altri ciccia. Dato che il baricentro del potere non è più nella nobiltà, ma nel mercato allora ha più potere chi è più ricco. Quindi chi una volta era considerato un uomo maturo, sposato e con figli o una donna ma- media), quelli che una volta erano puberi si sentono adolescenti, quelli che una volta erano adolescenti si sentono adulti, quelli che una volta erano adulti ora non sanno più chi sono. L’età degli studi si è allungata, l’età in cui ci si realizza si è spostata, l’età in cui ci si sposa e si mette su famiglia è arrivata al periodo del pensionamento. Il pensionamento non esisterà più. Tutti questi slittamenti che cosa scatenano? Innanzitutto è precoce l’età in cui si pensa a giocare con le micro machines o a tirare quattro calci ad una palla? Vien proprio da dire che si stava meglio quando si stava peggio. Io credo sia un richiamo di aiuto, credo che noi, che siamo davvero giovani, ci stiamo appellando a voi, che siete veramente adulti, per chiedervi di starci vicino di seguirci, di lasciar perdere per un momento soldi e carriera. Credo che i figli stiano chiedendo ai genitori, ma soprattutto alle madri: “AIUTO! STATECI PIU’VICI- tura sposata e con figli, oggi è giovane. “Ma sì tanto tu hai tutta la vita davanti” è la frase che più si sente dire, poi se si va a vedere a chi è riferita l’affermazione troviamo persone tra i trenta e i trentacinque anni. Per favore qualcuno gli spiega che non sono affatto giovani? Arrivando al punto: se loro sono i giovani noi chi siamo? Credo che la società occidentale stia dando vita a una nuova età, per me inutile, nella quale ci si sente peggio che nell’adolescenza. Quelli che una volta erano bambini si sentono già puberi (parliamo di coloro che vanno in quinta elementare/prima scopre il sesso, inteso proprio come perversione. Secondo me le ragazze sono più assoggettate ai ragazzini, la mentalità più diffusa è: più sono esperta e intraprendente più sono popolare, la popolarità però schiavizza. Durante lo sviluppo fisico si scoprono il fumo, la droga e l’alcool, andando così a rallentare e a determinare la fine precoce di un processo biologico. Tutto ciò comporta un aumento della criminalità giovanile, quindi stupri, scippi, linciaggi e quant’altro. Perché un ragazzino di 14/15 anni arriva a stuprare la sua amica di 12/13 anni appena? Perché non NO!”. Allora basta essere materialisti, individualisti ed egoisti, basta voler giocare alla vita eterna, non ci appartiene, non in questo mondo. Noi siamo esattamente come tutte le altre creature: nasciamo, cresciamo, invecchiamo e moriamo. Dio però ci ha fatto due grandissimi doni: la ragione e il libero arbitrio. Scegliamo quindi la retta via, teniamola sempre presente, diamo la giusta importanza a tutto, viviamo di valori e principi e Dio ci benedirà tutti, a modo suo forse, però lo farà. Ha un piano per tutti noi. Le vie del Signore sono infinite! 29 Primo piano ANNO FASANIANO 25° della CANONIZZAZIONE di SAN FRANCESCO ANTONIO FASANI Il 13 aprile 1986 Francesco Antonio Fasani veniva dichiarato Santo da Giovanni Paolo II. Fu una giornata di giubilo per la Chiesa pugliese e in particolare per quella di Lucera, sua città natale dove ha operato per gran parte della sua vita. Conseguito il titolo di ‘maestro in teologia’ nel 1709, i lucerini da sempre lo chiamano ‘il Padre Maestro’. “Ascoltiamo l’insegnamento di San Francesco Antonio Fasani – disse il Santo Padre quel giorno a San Pietro – e lo ascoltino le genti della nobile terra di Puglia che può ben gloriarsi di questo suo figlio, nel quale essa ravvisa le migliori caratteristiche che hanno fatto grande il suo popolo: laborioso e semplice, coraggioso e tenace, popolo saldamente ancorato ai valori del Vangelo”. L’anno 2011, quindi, sarà quello del Giubileo della canonizzazione e per festeggiare questa ricorrenza la comunità dei Frati Minori Conventuali, eredi spirituali della sua opera teologica e di carità, sta mettendo in cantiere una lunga serie di iniziative ed eventi che abbracceranno 12 mesi, prendendo il via proprio dal 29 novembre 2010, data in cui la Chiesa festeggia il santo lucerino. Per allestire nel migliore dei modi l’Anno Fasaniano, e in collaborazione con la 30 diocesi di Lucera-Troia, si è costituito un Comitato Operativo incaricato di programmare e coordinare le attività che includeranno diversi ambiti civili e religiosi in un progetto pastorale e culturale con cui incrementare la conoscenza e il culto del Fasani, anche e soprattutto nelle giovani generazioni. Il Comitato è costituito da nove membri designati dal Santuario, altrettanti in rappresentanza delle singole parrocchie di Lucera, tre sacerdoti, due frati e una suora. A presiedere l’Organismo è padre Giovanni Iasi, rettore del Santuario e guardiano del Convento di Piazza Tribunali. “Con l’Anno Fasaniano dobbiamo riprendere il filo rosso che unisce gli anni e tirarlo – ha spiegato padre Iasi nell’incontro di insediamento del Comitato – in modo da collegare le generazioni che non c’erano 25 anni fa. Questo patrimonio di santità sfugge alla presa della nostra pastorale che si fonda anche sui santi. E noi ne abbiamo uno in casa!” San Francesco Antonio Fasani dal 1951, anno della sua beatificazione, riposa sotto l’altare maggiore del santuario a lui dedicato, anche perché quella stessa chiesa di San Francesco, con l’annesso convento, sono stati proprio i luoghi in cui la sua opera si è manifestata in tutta la grandezza, punto di riferimento morale e materiale per tantissima gente della sua epoca e con l’auspicio che ciò possa continuare a essere anche per le generazioni presenti e future. Libreria Miei signori, figli e fratelli San Francesco d’Assisi e i sacerdoti il nuovo libro di fr. Francesco Neri «San Francesco non era un sacerdote, ma possedeva in pienezza lo spirito sacerdotale, di dire qualcosa di vitale importanza a tutti i sacerdoti della Chiesa di Dio» (dalla Prefazione di mons. Benigno Papa). Il volume si propone di recuperare le linee essenziali dell’autentica spiritualità francescana di cui i sacerdoti del primo ordine sono invitati a nutrire la vita e l’esercizio del ministero. Dopo che, a partire dal concilio Vaticano II, le tre famiglie francescane si sono impegnate a sviluppare la dimensione laicale della loro vocazione, si apre la domanda se si sia fatto abbastanza per illuminare l’altra dimensione, quella sacerdotale. L’autore offre quindi un contributo di riflessione perché i sacerdoti francescani di oggi e quelli di domani vivano ed esercitino il loro ministero presbiterale nutriti da una spiritualità che appartiene alla propria tradizione carismatica. La fantasia della carità Biografia del Servo di Dio Don Pasquale Uva il nuovo libro di Nicola Gori La personalità di Don Pasquale Uva è senza dubbio poliedrica e ricca di sfaccettature. Egli è allo stesso tempo sacerdote, Fondatore, discepolo, missionario, confidente, parroco, servo, uomo di preghiera e di azione, formidabile organizzatore, instancabile apostolo, fine pedagogo, profondo conoscitore dell’umanità e delle sue debolezze. Analizzando ogni singola espressione in cui si manifestò la sua personalità, vediamo che definirlo innamorato di Cristo è ciò che meglio di tutto rivela la sua vera natura. Fin dai primi anni della sua vita venne affascinato dal messaggio del Vangelo e si lasciò afferrare da Gesù. Non possiamo assolutamente comprendere l’attività instancabile e feconda del Servo di Dio senza considerare che tutto ciò fu motivato dall’amore. Non amò semplicemente con le parole, ma con le opere, mostrando con esse la sua fede, secondo le parole dell’apostolo Giacomo: “Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo?”. E san Francesco ordina “Fuori i telefonini!” Un giro del mondo (francescano) in 60 vignette, allegramente indifferenti alla cronologia, una biografia del Poverello per immagini tratteggiata a colori squillanti e ambientata ai tempi di internet e dei talk show; “si può educare sorridendo e facendo sorridere - scrive Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi, presentando l’ultimo libro di don Marcello Cruciani (Vita Francisci, Todi, Tau Editrice, pagine 69, euro 7) - in una sequenza di disegni, colori e humour. Una rilettura attualizzante, uno sguardo al passato a partire dall’oggi, dai nostri problemi e dalle nostre sfide”. Proprio le tante licenze poetiche spaziotemporali sono l’elemento che rende più divertente il libro, creando un piacevole effetto di straniamento narrativo; come negli affreschi medievali, il prima e il dopo sono messi sullo stesso piano, affiancati o addirittura mescolati in una stessa sequenza, visto che il tempo è una dimensione unicamente umana e tutta la storia fa parte dell’”oggi eterno” di Dio (di Silvia Guidi). 31 5x1000 un’operazione semplice ai Francescani di Puglia e Molise per il recupero di giovani tossico e alcoldipendenti per l’accoglienza e l’integrazione degli extra comunitari per una presenza francescana in terra di missione per annunciare Cristo al mondo di oggi per la formazione di giovani alla vita religiosa lla, Una firma che costa nu prezioso! per noi e’ un dono Codice fiscale dei Frati Minori di Puglia e Molise 80002950717 “Il Signore risorto rinnovi in tutti la luce della fede e doni abbondanza di gioia e di pace”. Benedetto XVI Santa Pasqua di Risurrezione In caso di mancato recapito, rispedire al mittente, che si impegna a pagare quanto dovuto per legge. Grazie! Curia Provinciale OFM Convento San Pasquale - 71121 Foggia