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a casa tua devo fermarmi

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a casa tua devo fermarmi
San Michele Arcangelo dei Frati Minori di Puglia e Molise
Provincia di
Oggi
devo fermarmi
a casa tua
Anno LIX n. 1- Aprile 2011 - C.C.P. 13647714 - Spedizione in Abb. Post. Art. 2 comma 20/C legge 662/96 Filiale di Foggia
Provincia
di San Michele
Arcangelo
dei Frati Minori
di Puglia e Molise
s o m m a r i o
3
Editoriale: Vengo a casa tua
di fr. Leonardo Civitavecchia
VOCE DEL CUORE
4
Anno LIX n° 1
aprile 2011
C.C.P. 13647714
Spedizione in Abb. Post.
Art. 2 comma 20/C legge 662/96
Filiale di Foggia
Direttore di redazione:
fra Leonardo Civitavecchia
[email protected]
Dir. Resp.: Apollonio Giammaria
Con approvazione
dei Superiori dell’Ordine
Autorizzazione
Tribunale di Foggia
n. 55 del 19.06.1953
Direzione e Amministrazione:
CURIA PROVINCIALE O.F.M.
Convento S. Pasquale
71100 FOGGIA
Tel. 0881.615654
Fax 0881.613562
[email protected]
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Progetto grafico
e impaginazione: melapiù s.r.l.
piazza Cesare Battisti, 35 - Fg.
tel./fax 0881.772664
[email protected]
Stampa: Falcone Grafiche
71043 Manfredonia (Fg)
Tel. e Fax 0884.541962
e-mail:[email protected]
In copertina:
CHIESA
5
Risurrezione, il “tutt’uno con Dio”
di Francesco Armenti
ATTUALITà
8
La Patria e i suoi “Patri”
di Ignazio Loconte
FRANCESCANESIMO
10 Dal nostro cuore nasce la pace
25° dello Spirito di Assisi
14 Il Bestiario Sanfrancescano: “Amici” e “Nemici” del Santo
di fr. Alessandro M. Mastromatteo, ofm
16 ...Scrisse per noi una forma di vita...
Le Sorelle Povere, Monastero S. Luigi - Bisceglie
18 Panorama Francescano
VITA DI FAMIGLIA
20 La nostra storia: S. Matteo sul Gargano
La Chiamata di Zaccheo
Concesso gentilmente da
Don Francesco Duonnolo,
rettore Basilica Benedettina
di S. Angelo in Formis,
docente di Beni Cluturali
Ecclesiastici presso l’ISSRC
della Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale
Sez. S. Tommaso,
collaboratore UNBBCCEE
della CEI
affresco basilica
di S. Angelo in Formis, Capua (CE)
Non abbiate paura: Beatificazione di Giovanni Paolo II
di fr. Mario Villani
22 Il postulato interprovinciale
di fr. Giuseppe Capriati
SORELLA INFERMITATE
25 ...E ora vi racconto la mia malattia
Dario di Ascoli Satriano
PIANETA GIOVANI
27 La XXVI Giornata Mondiale della Gioventù
a Madrid
di fr. Andrea Tirelli
28 Giovani e crisi d’identità
PRIMO PIANO
30 Anno Fasaniano: 25° della Canonizzazione di San Francesco Antonio Fasani
LIBRERIA
31 Miei signori, figli e fratelli La fantasia della carità Fuori i telefonini
Editoriale
Vengo
a casa tua
Cari amici lettori,
il Cristo Risorto vi dia la sua pace.
Azione Francescana torna a voi in questo tempo di Pasqua, tempo favorevole
in cui la Risurrezione viene a illuminare
tutta la nostra esistenza. Mi piace proporvi l’immagine di Zaccheo, uomo ricco e capo dei pubblicani, voleva vedere
a tutti i costi Gesù, ma non gli riusciva a
causa della folla, poiché era piccolo di
statura. Sale su un sicomoro e, sguardo
e voce si intrecciano “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a
casa tua”. Quando l’uomo si ripiega su
se stesso, sulle proprie colpe, senza volgersi a Dio non c’è più speranza; è qui
che la Grazia ci viene in aiuto: risalire
dai propri errori per elevarsi alle altezze
dello Spirito. Solo sperando in Cristo si
ottiene la salvezza.
nulla come definitivo e che lascia come
ultima misura solo il proprio io e le sue
voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura:
il Figlio di Dio, il vero uomo. È lui la misura
del vero umanesimo.
Gesù in quel scendi subito ci incoraggia,
senza ingannarci mai. Nella prolusione
del 27 gennaio scorso il Cardinal Bagnasco di fronte a una rappresentazione fasulla dell’esistenza, volta a perseguire un
successo basato sull’artificiosità, la scalata
furba, il guadagno facile, l’ostentazione e
il mercimonio di sè, ci ha invitati a valori più alti: “Se si ingannano i giovani, se si
trasmettono ideali bacati cioè guasti dal di
dentro, se li si induce a rincorrere miraggi
scintillanti quanto illusori, si finisce per trasmettere un senso distorcente della realtà,
si oscura la dignità delle persone, si manipolano le mentalità, si depotenziano le
Il rischio della cultura dello scet- energie del rinnovamento generazionale”.
ticismo e del relativismo
Oggi, più che mai, il rischio è di creare Signore ridonaci il desiderio di
una cultura dello scetticismo e del rela- sognare
tivismo; negando ogni possibilità di ap- Come già accennato nel precedenprendere la verità e mettendo in dubbio te numero di Azione l’anno 2011 sarà
le verità rivelate che sono oggetto della caratterizzato da eventi speciali per la
fede cattolica. In un’omelia sul relativi- Chiesa Italiana: la partecipazione alla
smo il 17 aprile 2005 l’allora cardinale Giornata Mondiale della Gioventù di
Ratzinger affermava: Si va costituendo una Madrid (16-21 agosto 2011) e il Condittatura del relativismo che non riconosce gresso Eucaristico di Ancona (3-11 set-
tembre 2011), mentre come Famiglia
Francescana - con le sorelle povere di
Santa Chiara - saremo coinvolti per la
celebrazione dell’ottavo centenario di
fondazione dell’ordine delle clarisse,
fino alla prossima festa di santa Chiara
del 2012, e il 25° dello Spirito di Asissi
(27 ottobre 2011). Infine saremo protagonisti, con tutto il popolo molisano,
in occasione della festa di san Francesco, nell’ offrire l’olio per la lampada
che arde sulla tomba del santo patrono
d’Italia. Sarà l’occasione per innalzare al
buon Signore una preghiera speciale per
la nostra patria che celebra i 150 anni di
unità, affinché l’intercessione del santo di
Assisi accompagni e protegga sempre la
nostra amata Italia.
Signore, Dio della vita, rimuovi le pietre
dei nostri egoismi, la pietra che soffoca la
speranza, la pietra che schiaccia gli entusiasmi, la pietra che chiude il cuore al
perdono.
Risuscita in noi la gioia la voglia di vivere, il desiderio di sognare. Facci persone di
resurrezione che non si lasciano fiaccare
dalla morte, ma riservano sempre un germe di vita in cui credere.
Buona Pasqua di Risurrezione a tutti
fra Leonardo Civitavecchia, ofm
3
la Voce del cuore
Non abbiate
paura
La Beatificazione di Giovanni Paolo II
il 1° Maggio: Una festa per tutti
Mai più violenza!
Mai più guerra!
Mai più terrorismo!
In nome di Dio ogni religione porti sulla terra
Giustizia e Pace,
Perdono e Vita,
Amore!
Sede che decide a insindacabile giudizio. In caso di approvazione, il
Papa ordina una cerimonia di beatificazione che proclama ufficialmente lo stato di Beato, il gradino che precede immediatamente
quello di Santo.
Giovanni Paolo II è una delle figure più importanti
e grandiose del novecento. Non fu un Papa semplicemente ammirato e benvoluto, ma letteralmente
adorato da milioni di persone e di giovani, che trovarono in lui un punto di riferimento vero per la
propria vita. E alla sua morte, avvenuta il 2 aprile del
2005, migliaia di striscioni lo chiesero “Santo Subito”.
Da quello stesso giorno partì un lungo cammino per
la beatificazione di Papa Wojtyla.
La Beatificazione – La beatificazione, il processo con cui un Uomo viene riconosciuto beato dalla
Chiesa Cattolica ha delle regole molto precise.Tutto
parte da un postulatore, una eminente figura religiosa che analizza la vita di una persona pia e trova
non solo una condotta assolutamente eccezionale
quanto a fede e carità, ma che individui un preciso
miracolo compiuto dal candidato, un avvenimento
misterioso di guarigione e di salvezza non spiegabile
scientificamente. Il tutto, che deve essere suffragato
da una grande quantità di prove e di testimonianze, viene inviato al tribunale competente della Santa
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Giovanni Paolo II e il suo miracolo - Il postulatore relativo
al caso di Papa Wojtyla è Mons. Sławomir Oder, Polacco come il
Papa di cui chiede le beatificazione. Oder ha realizzato una grande
opera di raccolta di testimonianze, sia circa la vita del Papa che è
stata costellata di enormi espressioni di fede, grazia e amore, verso
chiunque, in particolare i giovani e i bambini sia riguardo a diversi
miracoli da lui compiuti.
Quello che è stato considerato il più valido è quello della suora francese Marie Simon Pierre Normand. Alla religiosa era stato
diagnosticato nel 2001 il morbo di Parkinson, malattia di cui soffrì
lo stesso Papa Giovanni Paolo. Le sue condizioni erano peggiorate talmente che non riusciva quasi più a camminare, nè a
muoversi senza gravi dolori. Ad un certo punto le sue consorelle
decisero di pregare e chiedere l’intercessione di Giovanni Paolo
II. La suora scrisse con difficoltà il nome di Giovanni Paolo su un
foglio di carta.
La sera, sentì all’improvviso, una voce interiore che gli ordinava di
riscrivere il nome del Santo Padre: e stavolta ci riuscì senza alcuna
difficoltà. Riuscì a dormire serenamente, e il giorno dopo
ogni rigidità e dolore era completamente scomparso, svanito. Il
neurologo che l’aveva in cura rimase sbalordito e non fu, nè lui
nè altri suoi eminenti colleghi, in grado di spiegare logicamente e
scientificamente la guarigione.
L’aiuto di Benedetto XVI – Tutta la documentazione è bastata a giustificare la beatificazione. L’unico elemento originale
rispetto alla procedura è la velocità: solitamente il processo di
beatificazione può iniziare solamente 5 anni dopo la morte della
persona, ma Benedetto XVI, per accontentare le richieste di milioni di fedeli, ha velocizzato il processo e il primo maggio del 2011
Papa Giovanni Paolo II è ufficialmente beato. La sua bara viene
trasferita dalle Grotte Vaticane alla Basilica di San Pietro, con un
lapida incisa dalle parole: “Beatus Ioannes Paulus II”.
Chiesa
Risurrezione, il “tutt’uno con Dio”
di Francesco Armenti
L’esperienza di Dio è sempre un
avvenimento che coinvolge la vita
delle persone in maniera singolare,
ciascuno incontra Dio nel suo vissuto quotidiano, nella sua storia, nel suo
pensare, nel suo amare, progettare e
soffrire. La spiritualità di ogni essere
umano può e deve essere la terra
dove feconda il seme dell’incontro
tra Dio e l’uomo, un uomo storico,
concreto, che vive in un determinato
ambiente, in una specifica cultura, che
abita un particolare tempo. Questo
desiderio di Dio di volersi donare
all’umanità e della creatura di cercare
la verità è la costante dell’avventura
terrena dell’uomo. Benedetto XVI
ha ribadito nel libro-intervista con il
giornalista tedesco, Peter Seewald che
«[…] Il messaggio di Cristo e della
Chiesa ci avvicina in maniera credibile
alla conoscenza di Dio. Dio vuole entrare in questo mondo. […] Egli vuole
mostrarsi a noi. […] Egli, attraverso la
risurrezione, ha creato una nuova dimensione dell’esistenza…», una “nuova sfera” in cui «l’uomo e il mondo
sono tutt’uno con Dio». Quando Dio
entra nella vita dell’uomo non lo fa sopra ma dentro il suo mondo e la sua
spiritualità: Dio penetra nel mondo del
contadino, dell’artigiano, del genitore, del docente, del professionista, del
politico, dello scrittore, del giornalista,
dell’opinionista, del pittore, del poeta,
del disoccupato, del violento, dell’onesto e del delinquente… incarnandosi nell’amore e nella cura della terra,
nell’inventiva dell’artigiano, nella ricerca
dello scienziato, nell’amore e nella fantasia coniugale, nella passione dell’insegnante, nei colori e nei personaggi di un
dipinto, nelle idee dell’uomo pensante,
nella verità dei fatti del giornalista, nei
versi del poeta, nell’ irrequietudine del
disorientato, nei sussulti di coscienza
del disonesto...
Cristo, “lacrima di Dio”
Dio si è incarnato anche nella poesia
di Alda Merini (1931-2009), nei suoi
versi, nella sua vita non sempre facile,
nella sua spasmodica ricerca di Dio e
del volto di Dio nel dolore umano. Ripensando a lei, questa verità della continua incarnazione di Dio nella carne
dell’uomo, la “bella notizia” della risurrezione come “nuova sfera” in cui l’uomo e Dio sono un tutt’uno, emerge in
tutta la sua realtà ed attualità. Entriamo
accompagnati idealmente dai suoi ver-
5
Chiesa
Gesù di Nazaret
Dall’ingresso in Gerusalemme
fino alla resurrezione
Il nuovo libro di Benedetto XVI
Pubblicato il 10 marzo e tradotto in sette lingue la
nuova opera del Papa dedicato alla figura di Cristo
e intitolato ‘’Gesu’ di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla resurrezione’’.
In particolare vi proponiamo le seguenti sezioni:
‘’Il mistero del traditore’’ (quarto punto del capitolo terzo, dal titolo ‘’La lavanda dei piedi’’); ‘’La data
dell’ultima cena’’ (primo punto del capitolo quarto,
dal titolo ‘’L’Ultima Cena’’); ‘’Gesu’ davanti a Pilato
(terzo punto del capitolo settimo, dal titolo ‘’Il processo a Gesu’ ‘’). Nel libro - che esce quattro anni
dopo la prima parte del ‘Gesu’ di Nazaret’, pubblicato nell’aprile 2007 - Ratzinger riflette sugli eventi
della Passione, morte e resurrezione di Cristo.
Potenti e politica scoprano verità
‘’Ai grandi e ai potenti si faccia incontro il potere
della verita’, il diritto comune, il diritto della verita’ ‘’.
E’ uno dei passaggi del nuovo libro del Papa. Nel volume, il Papa, ripercorrendo le ultime ore di Gesu’,
pone una domanda che ‘’anche la moderna dottrina dello Stato’’ ha davanti a se’: ‘’Puo’ la politica
assumere la verita’ come categoria della sua struttura? ‘’. E attraverso una riflessione sul concetto di
verita’, Benedetto XVI giunge a dire che ‘’la verita’
e’ il vero re’’ e si augura che non sia ‘’il potere dei
forti’’ a diventare ‘’Dio in questo mondo’’.
Da potenza militare e violenza nessuna pace
‘’La potenza militare, da sola, non puo’ stabilire nessuna pace. La pace si fonda sulla giustizia’’. ‘’L’umanita’ - sottolinea ancora Benedetto XVI - si trovera’ sempre nuovamente davanti all’alternativa: dire ‘si’ ‘a quel Dio che
opera soltanto con il potere della verita’ e dell’amore o contare sul concreto, su cio’ che e’ a portata di mano, sulla
violenza’’.
Scienza non svela tutta la verità dell’uomo
La scienza ha permesso di ‘’leggere nel codice genetico dell’uomo’’, ma non ‘’il linguaggio intero dell’uomo’’, la sua
‘’verità piu’ profonda”. Lo sottolinea il Papa nel libro ‘Gesu’ di Nazaret. La domanda sulla ‘’nostra vera realta’ e cio’ che
e’ il nostro vero scopo’’ non ha ancora una risposta.
si poetici nella passione e risurrezione
del Cristo, scopriamo il suo mondo
poetico che canta l’ esperienza di Dio,
il dolore e la realtà della Croce, dell’incomprensione, del tradimento umano
e la speranza del mattino di Pasqua.
Il respiro della poetessa dei Navigli è
certamente Cristo, il Cristo della sua
vita, quel Cristo cercato negli attimi di
una quotidianità complessa, il Cristo
delle sue notti solitarie e tristi, il Cristo
della sua sofferenza, delle umiliazioni
subite, il Cristo dei bagliori di luce che
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le hanno fatto pregustare il sapore e
l’odore della Pasqua eterna. Ed è dalla
visuale di Cristo che la Merini canta la
sua vita e la sua umanità, la sua fede
e la sua speranza, la sua tristezza e la
sua gioia. Pasqua è saper vivere il mondo anche con il suo carico di dolore,
è saper respirare l’area del Calvario,
è saper vivere la Croce, è saper stare
in croce con il Crocifisso. La Croce è
la riscoperta della Pasqua come amore, è l’amore glorificato, quell’amore
capace di farsi debolezza, quell’amore
fattosi carne per salvare la carne e lo
spirito del’uomo: «Questo gigante di
fede che fu Gesù, davanti a quel volgo
che cercò di atterrarlo col suo pianto
e con le sue lacrime insane, divenne
soltanto la lacrima di Dio, la lacrima
che coprì nel suo ventre cristallino
tutta la carne del Figlio. Pasqua è
scorgere sul volto di Cristo la lacrima del Padre che avvolge d’amore e
protezione il Figlio, è credere che con
quella stessa lacrima il Padre avvolge
anche la nostra carne, carne di un
Chiesa
uomo che pur cercandolo non lo trova perché teme il Golgota, la sofferenza, la morte… Salire il Monte del
«teatro magnifico della crocifissione»
è necessario per bagnarsi delle lacrime d’amore di Dio, lacrime che il
Risorto asciugherà alla Maddalena, lacrime che bagnano come la rugiada
del mattino di Pasqua, lacrime che
dicono vita, amore e fecondità.
Il percorso umano, spirituale e
letterario della nostra poetessa è un itinerario pasquale
senza scorciatoie ed in
cui la passio del Cristo si
fonde con la sofferenza
dell’uomo, un soffrire non
fine a se stesso ma una
passione pregna d’amore e di speranza che
diventa com-passione.
Il Gesù della Merini è il
Dio della croce ma anche il Dio, che nel Figlio,
ha compassione, vive la
passione del e con l’uomo: «Ruota verso di me la
tua passione: è la ruota di
un carro che mi schiaccia. Ti
giuro, Padre, mi fanno meno
male i chiodi di quell’enorme fascio di nervi e di
muscoli che mi stringe
i visceri. La tua passione, Dio, mi sconvolge.
Io sto diventando un
uomo di pietra. Sarà la
prima pietra di quella
chiesa dove tu trionferai. Un
uomo fatto di sola pietra. Ma mentre
le pietre gridano, tuo figlio non urlerà, non piangerà. E come fa, secondo
Te, Padre, un uomo così tenero come
me, il figlio di Maria, a non farsi udire? Ma io sono nato nel silenzio, sono
stato concepito nel silenzio, sono stato il fuggiasco del silenzio. E adesso, se
mi inchiodano sopra una croce, non
fanno che inchiodare le ali di una farfalla finalmente libera. Posso significare, Signore, questa piccola mia grande
scoperta: che la viltà è solo un inganno e la passione è solo un tremore
di carne, la passione è solo una rosa
che splende al sole».
Pasqua è baciare Maria
La passione del Figlio porta alla passione della Madre, all’amore di Maria.
Se Natale è la celebrazione della ma-
ternità di Maria, Pasqua è la celebrazione della maternità della Vergine ed
anche della figliolanza di Maria, madre
e figlia a Nazaret, madre e figlia al Calvario, madre e figlia al Cenacolo… Ma-
ria è la donna che ci aiuta ad accogliere
la “diversità” del Figlio, del Dio che fa
della vergogna della Croce la divina
onnipotenza d’amore e potenza ricreatrice. Per comprendere Gesù, Alda
Merini ha necessariamente incontrato, scoperto ed amato Maria, “figlia di
Gesù” «La Madre, quella che come me
mangiò la terra del manicomio credendola pastura divina, quella che si legò
ai piedi del figlio per essere trascinata
con lui sulla croce e ne venne sciolta
perché continuasse a vivere nel suo
dolore. […] Maria non invecchiò mai,
rimase col tempo della croce nei suoi
lunghi capelli che le coprivano il volto».
La risurrezione di Cristo, quindi, è la celebrazione della giovinezza e della bellezza eterne nate dalla Croce, irrigate dalle lacrime dell’uomo, rivestite
e protette dalla lacrima di Dio
che è Cristo. Risorgere, quindi,
vuol dire ringiovanirsi, riprendersi la bellezza della nuova
vita inaugurata dal Risorto.
Dai vangeli della passione
conosciamo i pensieri e
le parole che Gesù ha
pronunciato sulla Croce, prima di morire.
Ma nulla sappiamo dei
pensieri e delle parole
che Cristo ha detto al
Padre uscendo dal sepolcro. Eppure la fede
e l’amicizia di Alda con
la madre di Gesù hanno
messo in bocca al Risorto parole vere pur se non
canoniche: «Perché risorgo,
Padre? Perché il tuo nome è
sta- to il mio pane quotidiano.
Ogni giorno Tu mi hai
dato da mangiare e da
bere come il migliore
dei padri. Tu mi hai nutrito del tuo vero nome.
Era inutile parlare agli
altri del sommo amore
per il divino: perciò sono
gonfio di parole e di esempi, sono diventato un’offerta, un’offerta viva, viva
e morta, Signore, ma non tanto morta da non poter sollevare la pietra del
sepolcro, perchè nel tuo nome, Dio, si
può tutto, si può nascere e morire, e
trionfare nel mondo. Nel tuo nome,
Padre, si può finalmente baciare Maria
sulle labbra.».
_______
BENEDETTO XVI, Lumière du monde. Le pape,
l’Eglise e les signes des temps..Un entretien avec
Peter Seewald, Bayard, Montrouge 2010, p.220.
La ricerca di Cristo della poetessa milanese è
leggibile in molte sue raccolte. Qui seguiamo,
ALDA MERINI, Poema della Croce, Frassinelli
2010, V edizione.
Ibidem, p. 70.
Ibidem, p.88.
Ibidem, pp. 73-74.
Ibidem, pp. 8-9.
Ibidem, pp. 105-106.
7
Attualità
150° dell’Unità d’Italia
La Patria e i suoi
“Patri”
di Ignazio Loconte
è il diciassette marzo del duemilaeuno, sono le diciassette e venti ed il
Presidente della Repubblica ha appena
finito di parlare a camere unite alla Nazione, e, senza ovviamente saperlo, ha
posto la chiave di lettura di quest’articolo che avete già, a vostro rischio,
iniziato a leggere. Ha dato la “chiave”
perché aspettavo, nel suo discorso, un
accenno al ruolo dei cattolici nella costruzione della Nazione, concepita nei
corridoi savoiardi ma certificata anche,
se ben ricordate le enfatiche cronache
della storiografia laicista, da eventi simbolici quali la breccia di Porta Pia.
Lo tsunami della storia, le esigenze
economiche del nord, i cambiamenti
epocali iniziati con la rivoluzione francese trovavano la valvola di sfogo e il
proprio compimento in questo grosso
buco fatto nelle mura papaline. Vista la
cosa dall’altra parte, le energie represse di un cristianesimo che non era mai
stato così secolare e rattrappito come
nei secoli umanistici e barocchi si liberavano e dalla stessa breccia si liberava odoroso di primavera il vento del
rinnovamento che avrebbe reso il nostro cristianesimo pienamente cattolico. Prova ne è non solo la fioritura di
una nuova santità, meno adesa ai clichè
devozionistici, ma eziandio l’aumento
dei martiri nell’esercizio della missione
evangelica della Chiesa, dai numeri che
si rifanno oramai alti proprio nell’era
moderna. Segno che il Messaggio è
nuovamente tornato in conflitto col
mondo, e che i cristiani non temono
8
di far la propria parte, non essendoci
mura a delimitare la competenza della propria azione. Onore ai bersaglieri,
allora, che per primi varcarono la breccia.
Del discorso del Presidente, dicevo.
Interrotto da una decina di applausi, il
più convinto dei quali , come chiunque
può constatare sfruttando le potenzialità di youtube, proprio dopo la citazione del contributo dei cattolici alla
costruzione dell’identità italiana. Un sospiro di sollievo, allora. Non per il riconoscimento che poteva sembrare doveroso ricambio di cortesia agli auguri
fatti dal Papa Benedetto XVI, ma per la
funzione liberatoria che l’applauso ha
esercitato. E qui insisto nell’invitarvi ad
accendere il computer e a rivivere il
fatto seguendo il documento. Sarà un’
impressione che ha bisogno di verifica, ma ho colto nell’onda sonora ed
emotiva suscitata dal bettere di mani
come un sottinteso ma disperato SOS.
E come se il Presidente, persona storicamente condizionato dalla propria
esperienza politica che sicuramente ne
ha fatto uomo di parte, ora però obbligato a vedere le cose da un punto di
vista più alto, e per carica e saggezza
che vuoi o non vuoi gli anni ti danno,
avesse voluto dire tra le righe “Cattolici, dove siete? Ora stiamo celebrando
un anniversario, e va bene. Ma quando
tutto questo sarà finito, quando avremo rimesso le bandiere nei cassetti e
ci scorderemo nuovamente l’inno di
Mameli, che accadrà? Saremo divisi
in tante macroregioni, ovvero micro
interessi uno opposto all’altro? Quali
principi insegneremo ai nostri giovani,
che già oggi siamo in affanno? Cattolici
muovetevi, che siamo in deficit di idee
e di anima, e adesso capisco la vostra
importanza, ed il vero e profondo destino dell’Italia”.
Questa la suggestione personale,
che ovviamente può risultare priva
di riscontri. Ma l’applauso prolungato
(come ammesso dopo dai commentatori) e convinto di tutti i presenti mi
spinge ad insistere. Un applauso che
sembra certificare “Non sappiamo che
pesci prendere: ci vuole un’idea con
una sola qualità, che abbia un anima!”.
Avendo eccezionalmente più spazio
per questo numero, continuo nell’interpretazione immaginifica, che il lettore
può liberamente sposare o cestinare,
dei pensieri inconsci dei nostri amministratori politici.
“Si, si, lo sappiamo: a volte vi abbiamo
sfottuto, denigrato, relegato ed emarginato politicamente e culturalmete.
Che volete, è la guerra delle idee. Ma
adesso siamo in mezzo al guado e non
vediamo la riva. Il nucleare un giorno
va bene e l’altro no. Del federalismo
radicale o dello statalismo ad oltranza opposti senza sintesi non sappiamo
che farcene. Il mondo attorno è in
subbuglio. I beni culturali che sono la
nostra storia cadono a pezzi. E quelli
d’Italia tutto sembrano tranne che fratelli, o meglio, tanti personaggi oscuri
da grande fratello televisivo. Chi ci ridarà l’anima, la riflessione, il pensiero,
i fondamentali, per dirla breve, che i
tempi cambiano ed anche la Costituzione, che non è la parola di Dio, non
regge più? Chi…?”.
Chi? Verrebbe da rispondere con un
Attualità
attacco di ripicca: Scipione l’Africano.
Ecco, andate da Scipio, il cui elmo vi cinge
la testa, e vediamo cosa vi dice. Sicuramente vi darà una bell’idea ed ecco che
la vittoria, come da esegesi di Benigni,
sarà nuovamente schiava di Roma.
Scipione, che figura leggendaria: riuscì
a sconfiggere Annibale perché anni prima, salvatosi dal macello della battaglia
di Canne, ne aveva studiato la tattica,
e poi, come lui stesso non smentì mai,
avvallando la leggenda metropolitana di
essere in contatto con gli dei, che gli parlavano regolarmente assistendolo in tutto. Ecco, chi meglio di tal uomo è degno
di chioma?
Mi dispiace per Mameli, ed anche per
Benigni che ha dato l’avvio alle celebrazioni dal palco del festival apparendo
come novello Garibaldi dal promontorio
di Sanremo su bianco cavallo di tricolore
fornito. Qui la retorica ha toccato il suo
apice. E, lo so che Benigni è intoccabile, ma se anche stavolta fate lo sforzo di
andare su youtube (e compratevelo sto
computer) e con gli occhi chiusi seguite il monologo che tanti entusiasmi ha
scatenato, farete difficoltà a capire se a
parlare è l’attore di fede repubblicana o
il personaggio de “La vita è bella” che nel
film ad un certo punto deve fingere di
essere un gerarca fascista con tanto di
ironico ed esilarante discorso sulle virtù
della razza italica, razza nella quale ovviamente non crede, discorso che fa pur di
fare colpo sulla donna che ama. A volte
la retorica unisce gli opposti: è il rischio di
questa ed ogni celebrazione, specialmente quando inizia in un festival della canzone popolare. Se penso a quante volte
per enfasi oratoria l’attore ha marcato
la parola straniero, che per noi cristiani
è una parola antipatica, mi vengono i
brividi: neppure Bossi sarebbe arrivato a
tanto. Ma anche questo siamo noi italiani,
guitti e pulcinella senza idee chiare.
Torniamo all’urgente domanda di senso che immaginavo trasudare dalle parole del Presidente: temo che Scipione
non abbia risposto; divenuto da africano
Scipione l’Asiatico, fu accusato assieme
al fratello di corruzione e si ritirò a vita
privata, morendo cinquantenne in una
villetta campana.
Grande stratega dalla personalità eccezionale senza dubbio: ma non sono le
mie radici. Caro Mameli, con tutto l’affetto che nutro per il tuo coraggio ed il
dispiacere per la tua vita troncata a ventidue anni, le mie radici sono altrove. Siccome sei lassù ti voglio parlare di un tuo
coetaneo che secoli prima s’era infervorato per un idea di mondo unito, dalla
cristianità stavolta, e voleva partire per le
crociate. Doveva arrivare sino in Puglia,
passando dalla stessa Canosa in cui Sci-
pione studiava le tattiche di Annibale, ma
una febbre maligna lo stroncò a viaggio
appena intrapreso. Oh, di guerra ne capiva, che qualcuno già lo aveva ferito o
ucciso combattendo come te contro i
papalini, stavolta quelli di Perugia. E si: va
ricordato, il giovane Francesco era dalla
parte dell’Imperatore e dei suoi mercanti che stavano ridisegnando una nuova
Europa. Insomma, anche lui sognava l’elmo di Scipio, e che dico uno: decine, che
le pareti di un castello non bastavano.
Ma che ci vuoi fare, ci vuole fortuna, e
la malattia lo costringe a tornare. Ora
quel bravo giovane era presente anche
lui, poco fa, al discorso del Presidente
della Repubblica. Piccolo ed invisibile in
mezzo a tanto lustro. E ci stava non perché invitato ma per dovere, perché di
tutta quell’Italia di cui sa fa un gran parlare è stato promulgato, forse suo malgrado, Patrono. Certo non nominato dal
Presidente, grave scortesia, come quella
di non invitare al matrimonio chi ne ha
testimoniato il battesimo. Ma Francesco
non ci fa caso, gli basta fare il suo dovere,
anzi meno lo si nota e meglio è. Lo stesso dicasi per quella ragazza di Siena che
scriveva lettere al Papa e convincerlo ti
tornare a Roma. Or bene, Francesco
c’era, e non penso si sia cinto l’elmo di
Scipio, visto che ci aveva messo una vita
per toglierselo. E c’era anche per diritti
d’autore: mentre tutti cantavano di esser
pronti alla morte che Italia chiamò (ci
credo proprio) sorrideva pensando che
anche lui aveva scritto una canzoncina
che sta ancora nella hit-parade mondiale,
un Cantico, tra l’altro il primo in italiano,
che come inno dell’italica gente poteva
anche andar bene, se non fosse che propone valori leggermente più universali.
è, questo Francesco
(anche se nelle processioni gli si mette il tricolore per farselo paesano),
un irrimediabile universalista che ben prima di Garibaldi aveva rotto ogni
breccia: così refrattario
ai confini che se iniziava una lettera lo
faceva così “A tutti
quelli (elenco)…
del mondo intero”.
E sì, l’Italia gli sta
stretta, ma sono sicuro
che la segue con doverosa attenzione, sia perché
affidatagli da Pio XII sia
perché contiene la sua
valle preferita.
Ecco, in conclusione, chi
andrebbe annoverato
tra i patrioti: chi ha fatto dell’Italia un punto
di senso del mondo.
Come sa quel bersagliere che tra i primi varcò porta Pia:
pochi lo sanno, ma
l’anno
successivo
entrò in seminario
e si fece prete. Se
non la Patria, almeno un italiano s’è
destato!
Il Logo ufficiale
Tre bandiere tricolore che sventolano a rappresentare i tre giubilei
del 1911, 1961, 2011, in un collegamento ideale tra le generazioni: è il
logo del 150º Anniversario dell’Unità d’Italia che si è celebrato il 17
marzo 2011.
Il logo è pensato per essere una
immagine-segnale che ricordi il coraggio, il sogno, la gioia profondamente umana che accompagnò i
fatti che portarono all’Unità d’Italia: per tirarli fuori dai libri di Storia e trasformarli in emozione ancora attuale. Un logo allegro, positivo, vivo.
Scendendo dai motivi ideali più nel dettaglio grafico, “la forma della bandiera è il risultato di uno studio che integra le suggestioni di festa, di vele gonfie
e di volo d’uccello. Con la reiterazione della forma, si accentua il senso di
coralità”.
Quanto al percorso di creazione del logo, “si parte dall’indagine sui simboli
sedimentati, primo fra tutti: il tricolore, declinato in una composizione piena
di energia, che evoca lo sventolare di bandiere in festa”. Inoltre, “il logo si
presta ad essere facilmente adottato all’interno dei tanti progetti che si svolgeranno nel Paese, senza invadere la specificità di ogni manifestazione”.
9
Francescanesimo
D
al nostro
C P
uore
nasce la
ace
1986 - 2011
25° dello Spirito di Assisi
“In questo anno 2011 ricorrerà il 25° anniversario della Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace che il
Venerabile Giovanni Paolo II convocò ad Assisi nel 1986. Per questo, nel prossimo mese di ottobre, mi recherò
pellegrino nella città di san Francesco, invitando ad unirsi a questo cammino i fratelli cristiani delle diverse
confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà,
allo scopo di fare memoria di quel gesto storico voluto dal mio Predecessore e di rinnovare solennemente
l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace.
Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace, chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio.
Vi invito ad accompagnare sin d’ora con la vostra preghiera questa iniziativa” (Benedetto XVI).
Anche noi di Azione Francescana andremo alle, “Radici dello Spirito di Assisi”. In
questo numero pubblichiamo un estratto
del volume “Giovanni Paolo II e lo Spirito di Assisi. La profezia della pace tra
identità e dialogo” (Edizioni Porziuncola,
Assisi, pp. 36, euro 5,00) scritto da padre
Pietro Messa, Preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani
della Pontificia Università Antonianum.
Dopo i drammatici fatti dell’11 settembre 2001, si sono aperti nuovi
interrogativi nell’opinione pubblica e
molti temi sono stati messi in discussione, soprattutto circa l’atteggiamento
da assumere davanti al mondo culturale e religioso islamico. Questo ha si-
10
gnificato anche riconsiderare la validità
o meno di ciò che viene ormai denominato come lo “spirito di Assisi”, ossia
quella proposta di dialogo e cortesia
tra le varie religioni iniziata nella cittadina umbra il 27 ottobre 1986, in seguito
all’incontro tra Giovanni Paolo ii e gli
altri responsabili delle grandi confessioni mondiali1.
Di fronte alla recente “strategia del
terrore”, messa in atto da gruppi terroristici di matrice islamica, alcuni hanno
ritenuto l’intuizione del Santo Padre –
se non proprio semplicistica – almeno
inadeguata. Altri, nel comune senso di
smarrimento, avvertono la nostalgia di
un mondo passato e vorrebbero quasi
fermare il corso della storia; infine, non
sono pochi coloro che si lanciano in
giudizi o considerazioni che non tengono conto in alcun modo della complessità del momento.
Giovanni Paolo ii ha invece sempre
sostenuto di credere nella forza del
dialogo e di volersi impegnare in un
progetto di comunione. Proprio per
riaffermare questa precisa volontà, egli
volle convocare nuovamente ad Assisi
i capi delle diverse religioni, soprattutto
cristiani e musulmani, affinché assieme
potessero pronunciarsi a favore della
pace e della riconciliazione. Era il 24
gennaio 2002 e l’opinione pubblica
mondiale si presentava ancora attoni-
Francescanesimo
Speciale
Spirito di Assisi
“Ci impegniamo a educare le persone
al rispetto e alla stima reciproci,
affinché si possa giungere
a una coesistenza pacifica e solidale
fra i membri di etnie,
di culture e di religioni diverse”.
ta e sgomenta per il recente attentato
alle Twin Towers di New York.
Tale gesto di papa Wojtyla assumeva
il significato di un’affermazione categorica: non solo lo “spirito di Assisi” non è
superato, ma sempre più esso si pone
come una possibilità concreta per risolvere l’attuale situazione di conflitto
tra culture e religioni diverse. Il Pontefice confermava così quanto aveva affermato il primo gennaio 2000 varcando
la soglia del nuovo secolo, nell’omelia
tenuta in occasione della xxxiii Giornata mondiale della pace, ossia che lo
“spirito di Assisi” è la via da seguire nel
terzo millennio.
Assisi, negli ultimi anni, è emersa agli
occhi del mondo proprio come una
via privilegiata per realizzare la riconciliazione tra tutti i popoli, attraverso
percorsi di dialogo che possano contribuire efficacemente ad allontanare
la guerra e i conflitti di civiltà. Ma quali
sono le radici di questa vocazione alla
pace della cittadina umbra? Nelle pagine seguenti proveremo a dare una
risposta a questo interrogativo, cercando di andare oltre gli stereotipi e
i luoghi comuni, che spesso vengono
riassunti in qualche slogan ad effetto.
Partiamo da un dato di fatto: per tutti
Assisi è sinonimo di pace. La città, anno
dopo anno, è divenuta un punto di riferimento importante per molti uomini
che sperano e lottano per costruire
un mondo migliore. Questa tradizione
trova incentivo ai primi del Novecento, quando prende avvio una lettura
sociale dell’esperienza francescana.
Come ha fatto notare Sandra Migliore
in un suo libro riguardante l’immagine
di san Francesco elaborata e diffusa tra
Otto e Novecento, a partire da questi
studi il Santo di Assisi diviene simbolo
di pace sociale2. E non è un caso, scrive Migliore, che «nel passaggio tra ‘800
e ‘900 [...] proprio ad Assisi nasce un
Comitato internazionale per la pace
universale».
Un ulteriore emblema di questa vocazione alla pace attribuita alla cittadina umbra, emerge nei giorni dolorosi
e violenti della Prima Guerra mondiale, quando Benedetto xv parlava
della guerra come di una “inutile strage”:3 proprio in questo periodo viene
compilata da un autore anonimo la
cosiddetta “Preghiera semplice”, in cui
si chiede al Signore di diventare strumenti della sua pace4.
Una preghiera che ha trovato, nel corso degli anni, una vastissima diffusione:
non solo essa fu attribuita a Francesco
d’Assisi, ma venne persino considerata
come il nucleo di tutta l’esperienza spirituale del Poverello.
È proprio per questa immagine di
Francesco “uomo di pace”, che Assisi verrà universalmente riconosciuta
come città simbolo della pace.
Di fronte ad una tale constatazione
è legittimo porsi una domanda, quella
che uno degli stessi compagni del Santo gli rivolse: «Perché a te, perché a te
tutto il mondo viene dietro?».
Nella situazione attuale tale interrogativo può significare non solo il desiderio di scoprire il fascino segreto della
vocazione di Francesco, ma anche quali
vie intraprendere per costruire un dialogo sempre più efficace con culture,
tradizioni e religioni diverse dalle nostre.
Ciò che rende Francesco emblema
di pace sono soprattutto alcuni episodi della sua vita: la riconciliazione con
i briganti di Monte Casale, l’incontro
11
Francescanesimo
Il Decalogo di Assisi per la Pace
1. Ci impegniamo a proclamare la nostra ferma convinzione che la violenza e
il terrorismo si oppongono al vero spirito religioso e, condannando qualsiasi
ricorso alla violenza e alla guerra in nome di Dio o della religione, ci impegniamo a fare tutto il possibile per sradicare le cause del terrorismo.
2. Ci impegniamo a educare le persone al rispetto e alla stima reciproci, affinché si possa giungere a una coesistenza pacifica e solidale fra i membri di
etnie, di culture e di religioni diverse.
3. Ci impegniamo a promuovere la cultura del dialogo, affinché si sviluppino la
comprensione e la fiducia reciproche fra gli individui e fra i popoli, poiché
tali sono le condizioni di una pace autentica.
4. Ci impegniamo a difendere il diritto di ogni persona umana a condurre
un’esistenza degna, conforme alla sua identità culturale, e a fondare liberamente una propria famiglia.
5. Ci impegniamo a dialogare con sincerità e pazienza, non considerando ciò
che ci separa come un muro insormontabile, ma, al contrario, riconoscendo
che il confronto con la diversità degli altri può diventare un’occasione di
maggiore comprensione reciproca.
6. Ci impegniamo a perdonarci reciprocamente gli errori e i pregiudizi del
passato e del presente, e a sostenerci nello sforzo comune per vincere
l’egoismo e l’abuso, l’odio e la violenza, e per imparare dal passato che la
pace senza la giustizia non è una pace vera.
7. Ci impegniamo a stare accanto a quanti soffrono per la miseria e l’abbandono, facendoci voce di quanti non hanno voce e operando concretamente per
superare simili situazioni, convinti che nessuno possa essere felice da solo.
8. Ci impegniamo a fare nostro il grido di quanti non si rassegnano alla violenza
e al male, e desideriamo contribuire con tutte le nostre forze a dare all’umanità del nostro tempo una reale speranza di giustizia e di pace.
9. Ci impegniamo a incoraggiare qualsiasi iniziativa che promuova l’amicizia
fra i popoli, convinti che, se manca un’intesa solida fra i popoli, il progresso
tecnologico espone il mondo a crescenti rischi di distruzione e di morte.
10.Ci impegniamo a chiedere ai responsabili delle nazioni di compiere tutti gli
sforzi possibili affinché, a livello nazionale e a livello internazionale, sia edificato e consolidato un mondo di solidarietà e di pace fondato sulla giustizia
24 gennaio 2002
con il Sultano in un tempo di crociate5,
ma anche l’armonia ritrovata con l’intera creazione. Atteggiamenti importanti che Francesco ci lascia in eredità,
che devono però essere compresi e
interpretati a partire da un approccio
critico alle Fonti e ai recenti studi sulla
sua esperienza cristiana.
Un considerevole elemento di riflessione ci giunge da André Vauchez, che
ha offerto un contributo importante alla comprensione di questo tema
chiedendosi come fosse possibile in
frate Francesco d’Assisi la coesistenza di una adesione letterale al Vangelo
con una capacità di rinnovamento spirituale aperto all’altro. Infatti partendo
12
dal fatto che in Francesco l’affermazione della propria identità cristiana e la
capacità di dialogo con le altri religioni
rappresentate dal sultano non sono in
opposizione, Vauchez cercò di comprendere come fosse stato possibile
realizzare questa sintesi6.
Da un’attenta analisi della vicenda
francescana, soprattutto degli scritti
del Santo, lo studioso giunse ad una
efficace conclusione: per Francesco è
sì importante seguire il Vangelo alla lettera, ma non - come comunemente si
ritiene - per una scrupolosa osservanza attenta al dettaglio, bensì per vivere
lo spirito del testo. Infatti l’osservanza
letterale esclude qualsiasi possibilità di
interpretazione e genera a sua volta
forme integraliste difficilmente contenibili. Francesco preferisce invece aderire allo spirito del Vangelo: comprende
che più rimane fermo nella sua identità
cristiana, più sarà capace di crescere
nel dialogo. Vauchez vede in questo
uno degli elementi fondamentali per
comprendere l’esito del tutto originale
dell’esperienza cristiana di Francesco:
una capacità unica di incontrare persone diverse e coinvolgerle in un processo di riconciliazione e ciò partendo
da una osservanza “spiritualmente letterale” del Vangelo.
Un ulteriore elemento che caratterizza l’esperienza cristiana del santo
di Assisi è la sua modalità di vivere il
Vangelo. Per Francesco la via intrapresa
è quella della penitenza. Non a caso,
agli inizi della sua vocazione evangelica,
quando i passanti chiedevano a lui o a
qualcuno dei suoi compagni chi fossero quegli uomini così originali - come
accadde una volta nelle Marche - rispondevano semplicemente di essere dei “penitenti di Assisi”. In questa
definizione non riconosciamo nulla di
originale: la penitenza era una modalità
di vivere il Vangelo assai diffusa nel Medioevo. Ma ciò che diversifica la via di
Francesco è che mentre nella spiritualità del tempo “fare penitenza” significava dare al mondo l’atto di ripudio mediante il disprezzo di sé e del secolo,
per il Santo “fare penitenza” traduceva
essenzialmente il suo desiderio di essere misericordioso.
Non è un caso se, nel 1226, poco tempo prima di morire, Francesco d’Assisi
desideri ricapitolare la sua vita in uno
scritto breve, ma intenso, il “Testamento”, nel quale afferma che il Signore gli
concesse d’iniziare a fare penitenza nel
momento in cui lo condusse tra coloro
che egli aborriva, cioè i lebbrosi, ed usò
con essi misericordia7. L’inizio dell’esperienza cristiana di Francesco d’Assisi è
dunque il suo dimorare presso i lebbrosi, usare misericordia con essi, cioè
vivere in quella misericordia che Dio
stesso aveva usato con lui strappandolo dal peccato.
Francesco inizia a mettere in pratica
la misericordia con i lebbrosi e sceglie
di frequentare spesso i lebbrosari e voleva che pure i frati facessero lo stesso
per la loro conversione. Tale misericordia, inizialmente vissuta nel contatto
con i lebbrosi, gradualmente si estende
fino al desiderio di partecipare al dolo-
Francescanesimo
re di tutti gli uomini e perfino a quello
di qualunque altra creatura8.
Per Francesco l’evangelizzazione stessa è una modalità di usare misericordia,
essendo l’annuncio di Colui che salva
l’uomo e lo inserisce in un progetto di
amore eterno. Egli era attento a far sì
che la sua predicazione avesse sempre
come aggancio il contesto culturale dei
suoi uditori, come avvenne ad esempio
nella predica tenuta ai cavalieri riuniti presso il castello di San Leo di Romagna: Francesco annunciò la Buona
Novella del Cristo, prendendo spunto
proprio da una loro canzone.
Evangelizzazione come approfondimento di quella misericordia ricevuta
da Dio; evangelizzazione come attenzione all’uomo, soprattutto il più povero e sofferente; evangelizzazione
come desiderio di comunicare agli altri
l’incontro salvifico con Gesù Cristo, il
Verbo fatto carne, che è stato determinante per la sua vita. Essendo la misericordia al centro di tutto, in Francesco
non ci fu contrasto o antitesi tra dialogo ed annuncio.
E quindi non meraviglia che in lui si
manifestassero anche posizioni risolute
(alcuni studiosi di oggi preferiscono parlare di “durezze” 9), come ad esempio il
forte richiamo alla cattolicità dei frati.
Nell’osservanza spirituale - e non
esclusivamente letterale - del Vangelo e nella misericordia trasmessa agli
uomini, può essere ravvisato il segreto
della vocazione di Francesco ad essere
emblema di pace e riconciliazione.
Ecco perché non deve meravigliare
che ai funerali di Madre Teresa di Calcutta fossero presenti i rappresentanti
di tutte le grandi religioni; nemmeno
deve sorprendere che l’inviato della
diretta televisiva abbia voluto sottolineare il collegamento ideale che emergeva tra lo “Spirito di Assisi” e quella
celebrazione. Anche nella vicenda spirituale della piccola suora albanese vestita con il sari, autodefinitasi una “missionaria della carità”, la misericordia è
stata l’espressione centrale per esprimere al mondo il nucleo essenziale del
Vangelo.
La considerazione di tutti questi elementi ci permette di comprendere
perché la vicenda cristiana di Francesco d’Assisi sia divenuta nel tempo un
riferimento importante per uomini di
religioni diverse, impegnati a compiere
un cammino di pace e riconciliazione.
Allo stesso modo si offre anche a noi
la possibilità di passare dalla semplice
ammirazione del Santo umbro alla
decisione di ripercorrere la sua stessa
strada, per diventare come lui operatori di pace. _________________
C. Bonizzi, L’icona di Assisi nel magistero di Giovanni Paolo II, Edizioni Porziuncola, Assisi 2002.
S. Migliore, Mistica povertà. Riscritture francescane
tra Otto e Novecento (Bibliotheca Seraphico-capuccina, 64), Istituto Storico dei Cappuccini, Roma
2001; R. Michetti, François d’Assise et la paix révelée.Réflexions sur le mithe du pacifisme franciscain
et sur la predication de paix de Francois d’Assise
dans la societé du XIIIe siècle, in Prêcher la paix
et discipliner la société. Italie, France, Angleterre
(XIIIe-XVe siècles), Études réunies par R. M. Dessì,
Brepols, Turnhout 2005, 279-312.
3
N. Simonetti, Prinicipi di teologia della pace nel
magistero di Benedetto XV, Edizioni Porziuncola,
Assisi 2005.
4
C. Renoux, La Prière pour la paix attribuée à saint
François, une énigme à résoudre (Présence de
saint Fraçois, 39), Les éditions franciscaines, Paris
2001; trad. italiana, La preghiera per la pace attribuita a San Francesco. Un enigma da risolvere, Edizioni Messaggero, Padova 2003.
5
A. Ajello, La croce e la spada: i francescani e l’islam
nel Duecento (Mediterranea, 1), Istituto per
l’Oriente C.A. Nallino, Roma 1991.
6
A. Vauchez, François d’Assise entre littéralisme évangélique et renouveau spirituel, in Frate
Francesco d’Assisi. Atti del xxi Convegno internazionale (Assisi, 14-16 ottobre 1993) (Atti dei
Convegni della Società internazionale di studi francescani - Centro interuniversitario di studi francescani. Nuova serie diretta da E. Menestò, 4), Centro
Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, Spoleto 1994,
183-198.
7
P. Messa, Le fonti patristiche del pensiero di Francesco d’Assisi, prefazione di G. Miccoli, Edizioni Porziuncola, Assisi 1999, 236-264; P. Maranesi, “Facere misericordiam”. La conversione di Francesco secondo il
Testamento, in Frate Francesco 69 (2003), 91-125.
8
R. Manselli, San Francesco: dal dolore degli uomini
al Cristo crocifisso, in Id., Francesco e i suoi compagni. (Bibliotheca seraphico capuccina, 46), Istituto
Storico dei Cappuccini, Roma 1995.
9
G. G. Merlo, Tra eremo e città. Studi su Francesco e
sul francescanesimo medioevale (Medioevo francescano. Saggi, 2), Edizioni Porziuncola, Assisi 1991;
F. Accrocca, Francesco fratello e maestro (Orientamenti formativi francescani, 3), Edizioni Messaggero, Padova 2002.
1
2
13
Francescanesimo
IL BESTIARIO SANFRANCESCANO:
“Amici” e “Nemici”
del Santo
di fr. Alessandro Mastromatteo, ofm
Nell’agiografia cristiana medievale,
non si riscontra una relazione così intensa quanto quella che provava Francesco d’Assisi con gli animali, anche se
alcuni di essi non godevano della sua
amicizia e simpatia. Certo, non è così
nutrita la schiera degli animali “nemici”
del Poverello d’Assisi, e la differenziazione terminologica tra “amici” e “nemici” non risiede tanto in una sorta di
dinamica di tipo affettivo e/o emotivo,
quanto piuttosto nella sua capacità o
meno di coinvolgere e di lasciarsi coinvolgere da essi. In effetti, molto spesso,
14
egli non solo e non tanto comprendeva il loro linguaggio, ma riusciva addirittura a far sì che essi comprendessero
il suo.
Gli animali, variamente presentati e
distribuiti nelle singole fonti, da quelle
primitive a quelle tardive, rappresentano un numero degno di considerazione1: l’agnello, l’allodola, l’aquila, l’ape,
il fagiano, la gallina, il falco, il gambero,
il gatto, il leone, la lepre, la colomba,
il cavallo, il maiale, la rondine, la scrofa, il serpente, l’asino, il bruco, il bue, il
cammello, il cane, il coniglio, lo squalo, il
topo, la tinca, il pollo, un pesce lacustre,
il pettirosso, la pecora, la mosca, la mulacchia, la locusta, il lupo, la cornacchia,
il corvo, il drago, il toro, la tortora, un
uccello acquatico, il verme e la volpe.
Ovviamente, si è di fronte a una fauna
familiare. Vi sono soltanto due esempi
di fauna esotica, ovvero il cammello e il
leone, e uno di fauna fantastica: il drago,
che ha addentellati con il serpente.
Francesco ha con le creature un contatto diretto e immediato senza l’intermediazione della riflessione e della razionalità a differenza di sant’Antonio di
Padova. Per il primo, le creature sono
realtà concrete, sono fratelli e sorelle;
per il secondo, invece, sono allegorie e
simboli. Per l’uno sono gli intermediari
per la comunicazione diretta e immediata con Dio, per l’altro costituiscono
gli elementi necessari alla sua predicazione per le relative implicazioni morali
e parenetiche2.
Stabilito che il suo rapporto con il
mondo animale aveva i connotati del
dialogo, dell’attenzione e della dedizione, questo non esclude, tuttavia, come
poc’anzi affermato, che egli non nutrisse simpatia verso taluni di essi. In effetti,
come avrebbe potuto il Santo dialogare
con i topi che, per ben cinquanta giorni
lo avevano tormentato a san Damiano
di notte e di giorno, disturbando il son-
Francescanesimo
no e la preghiera? Tanto lui che
i suoi compagni
pensavano che
tale
presenza
fosse una tentazione del demonio3. Inoltre,
Francesco non
nutriva simpatia
neppure verso
certi piccoli parassiti, che si annidavano fra le
pieghe e i risvolti
del suo saio non
sottoposto a lavaggi frequenti
ed usato, molto
spesso,
come
coperta da letto. Sarà, infatti,
proprio Tommaso da Celano
a testimoniare,
nel suo Memoriale in desiderio
animae (2Cel)
che anche poco
prima di morire
Francesco avesse provato fastidio per la presenza di
pidocchi che, annidatisi tra le pieghe
dell’abito, gli tormentavano il corpo.
Soltanto l’intervento di un frate che ne
aveva intuito la molesta presenza, riuscì
ad alleviare il suo tormento sbattendo
la tonaca4. Quindi, sia i pidocchi che i
topi, non rientravano nel catalogo degli animali amici di Francesco, ma non
per questo bisogna confondere questi
momenti di scontro per catalogare insetti fastidiosi e i topi nelle categorie di
animali negativi, altrimenti in essi bisognerebbe includere anche il pettirosso
ingordo, la scrofa assassina o il lupo di
Gubbio. Certamente, tra gli animali di
piccole dimensioni, le api, le formiche
e persino i vermi godettero del privilegio di far parte della grande famiglia
universale di Francesco. A proposito
delle formiche, ci è gradito presentare
un episodio, non presente nelle altre
fonti, testimoniato dal De Conformitate di Bartolomeo da Pisa, una silloge
trecentesca, dallo stile compilativo. Il
Pisano, nell’intento di evidenziare gli atteggiamenti concreti dei frati di vivere
l’obbedienza in fraternità, riferisce tale
episodio avvenuto «in castro Cisternae,
dioecesis Castellanae». Il Santo, recatosi in quel posto per predicare ordinò
alle sorelle formiche di allontanarsi
dall’albero a cui egli si era appoggiato;
ovviamente non per sfrattarle, ma per
proteggerle e assicurar loro un posto
più sicuro. Esse in massa si trasferirono
da quell’albero prendendo possesso di
una quercia più grande messa a loro
disposizione, per sua espressa volontà, dalla gente del posto. Lì, afferma il
Moretti, «l’intesa tra Francesco e le
formiche acquista una forma di gioco
che ha come spettatori il popolo e il
Santo stesso divertiti e stupiti dal trasferimento in massa di quell’esercito di
insetti da un albero all’altro»5.
Non furono, però soltanto le creature del cielo e della terra a essere “amiche” dell’Assisiate. A sperimentare la
tenerezza del cuore di Francesco, sono
da includere anche i pesci. Non molti
sono i riferimenti agli animali d’acqua,
ma non per questo meno significativi. Tommaso da Celano, nella sua Vita
Beati Francisci (1Cel), racconta, per
esempio, che un giorno, trovandosi su
una barchetta nel porto del laghetto
di Piediluco, un pescatore di Rieti, gli
regalò una tinca appena pescata, che
Francesco accettò con gioia, facendola poco dopo scivolare nell’acqua
laddove giocava giuliva senza allontanarsi dalla barchetta; successivamente
ricevette dal Santo la benedizione e la
licenza di allontanarsi6.
Al termine di questa presentazione,
ridotta e sommaria, si giunge
a conclusione
che non bisogna più credere
che il rapporto
tra san Francesco e gli animali
debba sempre
esaurirsi in un
topos, ossia in
una dinamica
standardizzata
dettata
dalle
norme letterarie agiografiche.
C’è di più: egli
supera i connotati di tali clichè,
perché davvero
visse un rapporto intimo
e speciale con
gli animali, e gli
stessi rinviano
a un tessuto
archetipico a livello simbolicoreligioso e a un
non meno vasto e profondo
tessuso folklorico. Per dirla in una sola
espressione: il Santo non è la copia di
tutti gli altri santi che, in qualche misura, hanno avuto dei rapporti di simpatia con gli animali. Egli è veramente
fratello di tutti, perché li ama, li custodisce, li ritiene figli di Dio. Ecco perché la fraternitas vissuta e trasmessa da
Francesco non è solotanto umana ma
aperta a tutto il creato.
___________________
Non offriremo al singolo animale il riferimento della
fonte al fine di rendere la presentazione più agevole e immediata. Tuttavia, rimandiamo a due articoli,
che ben delineano il bestiario sanfrancescano nelle
diverse fonti, e l’intima relazione di Francesco con
esso. Cfr. F. Cardini, Francesco d’Assisi e gli animali, in
Studi Francescani 78 (1981) p. 7-45; F. Moretti, Francesco d’Assisi, un santo che giocava con gli animali, in Il
Santo XLVI (2006) p. 103-148. A questi due articoli,
è da aggiungere il valido studio di A. Marini, Sorores alaudae, il creato, gli animali, Porziuncola, Assisi,
1989.
2
Sui raffronti tra Francesco e Antonio circa il rapporto con gli animali, si consideri l’intervento di: F.
Uribe, È francescana la visione antoniana della natura?,
in F. Uribe (a cura), Il “Liber Naturae” nella “Lectio”
antoniana. Atti del Congresso internazionale per l’VIII
centenario della nascita di sant’Antonio di Padova
(1195-1995), Roma, 1996, p. 251-275.
3
Cfr. Compilatio Assisiensis, 83: FF 1596.
4
Cfr. 2Cel, 138: FF 722.
5
F. Moretti, Francesco d’Assisi, un santo che giocava con
gli animali, p. 137.
6
Cfr. 1Cel, 61: FF 428; cfr. anche Legenda Maior VIII,
8: FF 1153.
1
15
Francescanesimo
...ora siamo ormai tutti protesi
verso il 2012, per rendere grazie
al Signore per gli 800 anni della consacrazione di Chiara nella
Porziuncola. La ricorrenza non
è una commemorazione di un
passato glorioso, ma un evento
che si fa memoria, al fine di “attingere anche dalla propria storia ulteriore slancio per rinnovare
la volontà di servire la chiesa”.
i Ministri Generali
delle 4 Famiglie Francescane
… Scrisse per noi
una forma
di vita…
Sorelle Povere
Monastero S. Luigi - Bisceglie
Da poco si sono spenti i riflettori sugli 800 anni di fondazione dell’Ordine
dei Frati Minori, ed ecco che tocca a
noi Sorelle Povere di Santa Chiara.
Infatti non molto tempo dopo dalla
costituzione di quella prima fraternitas francescana, forte di una semplice
quanto paradossale ispirazione evangelica benedetta dal Papa, iniziò anche
la nostra storia.
Stando alle stesse fonti, un solo e medesimo spirito ha fatto uscire i frati e
quelle donne poverelle da questo mondo
(2 Cel FF 204).
Quando lo stesso Santo che non aveva ancora né frati né compagni, quasi
subito dopo la sua conversione, mentre
16
Verso il Centenario della Fondazione dell’Ordine di S. Chiara A.D. 2012
edificava la chiesa di San Damiano… : la
memoria dei nostri inizi scaturisce dalle origini della vocazione di Francesco,
come Chiara stessa ci racconta. Francesco, ancora inebriato dell’ebbrezza dello Spirito che lo aveva chiamato alla novitas del Vangelo del Padre,
della Croce e dei poveri, fu preparato
da Dio stesso al dono di Chiara e delle sue sorelle. Quasi come suo aiuto,
sua costola, sua reciprocità, sua conseguenza, sua plantucula, sua prima compagnia, dono primo fatto a lui e per lui,
risposta di concretezza e veridicità della promessa di fedeltà di Dio nei suoi
inizi di ‘riparatore di brecce e di case
in rovina’.
Il Beato Padre per grazia divina e per
illuminazione dello Spirito Santo a nostro
riguardo profetò, così come comincia la
storia di ogni buon Vangelo portatore
di liete notizie rivolte anzitutto a certi poveri che si trovavano lì. E lo fece a
voce spiegata e in lingua francese, quasi
a darne poesia e musicalità, perché qui
tra poco ci saranno delle signore: nella
loro esistenza degna di fama e del loro
tenore di vita santa sarà glorificato il Padre nostro in tutta la sua Santa Chiesa.
Con dovizia di particolari Chiara riporta nel Testamento la profezia del suo
piantatore, fondatore e sostegno, quasi a
volerne dimostrare e confutare la primogenitura ispirazionale e carismatica.
“
Francescanesimo
”
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ndazione delle Sorelle a delle Palme 2011
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L’evento celebrativo
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In spirito
ini delle nostre sorelle
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la
partecipa con gioia
Una fama che ha attraversato, per
sola misericordia e grazia di Dio, confini
e secoli, così da spargere il suo seme
e mettere radici in ogni continente e
consentire passaggi di testimone, tali
da ritrovarci anche noi oggi a ben raccogliere per meglio continuare.
Lungo questa cordata di storia e di
tempo si stagliano luminosi e contagiosi quei segni del santo tenore di vita
di tante e tante sorelle che ci hanno
preceduto e la cui fama dà a noi oggi
ragione di presenza e significatività,
motivo di gioia e speranza.
… e il Santo padre nostro Francesco
scrisse per noi una forma di vita che non
può essere smentita né svuotata della
sua perenne attualità, in quanto ci vede
iscritte nella familiarità stessa della Santa Trinità dove la figliolanza all’Altissimo
Padre Celeste e la fecondità sponsale
dell’opera dello Spirito ci immette sulle
vie della perfezione del Santo Vangelo.
(cfr. Reg SCh 6 )
Anche noi Sorelle Povere, come i Frati minori, ci siamo già incamminate in
un percorso di preparazione all’evento celebrativo attraverso alcune tappe
di riflessione e approfondimento degli elementi fondamentali della nostra
chiamata (la vita con Dio, l’altissima
povertà, la santa unità).
Ritornare alle origini, da quelle che lo
Spirito ha ispirato nella storia dei nostri
Santi fondatori a quelle della vocazione
di ciascuna di noi sorelle, dove sempre
è custodita la genuinità, l’autenticità,
l’energia fontale di ogni storia di Dio.
Ritrovare quel punto di partenza che
ci fa meglio considerare i risultati raggiunti, per rinnovarci nel proposito di
far bene ciò che facciamo e continuare
a camminare nell’oggi della storia della Chiesa e della vita degli uomini, con
slancio di fiducia ed entusiasmo di speranza, con corsa veloce e passo leggero,
sulla via della beatitudine evangelica che
andiamo percorrendo.
Il segno provocatorio e affascinante
che rimandiamo con la nostra dimensione contemplativa in clausura rivela in
qualche modo la gioia di appartenere a
Dio sopra ogni altra cosa. Verifichiamo
continuamente ed abbondantemente
quanto la nostra presenza discreta e
concreta rimandi al mistero di Dio e
all’inquietudine delle buone ricerche di
fede e di vita.
Siamo stimate e ammirate, quanto
fraintese se non vanificate: in tutto
questo possiamo avvertire e raccogliere la sensibilità stessa dei cuori umani
rispetto alle cose di Dio e a ciò che
veramente conta.
In fondo anche noi, come tanti uomini e donne di buona volontà, eravamo partite con domande profonde ed
importanti, dalle esistenziali a quelle di
senso, a quelle che si vorrebbe sempre
rivolgere alla storia e agli eventi per
comprenderne e parteciparne meglio
il corso. Lungo il cammino dei nostri
vissuti cresciuti nella terra buona della
fede, ci eravamo imbattute in tracce
e segni che rimandavano a Chi solo
avrebbe potuto risponderci. Affascinate o affamate che fossimo, attrezzate o
sguarnite di capacità e possibilità, cercatrici disincantate o entusiaste, il Suo
Volto scoperto nei volti della vita e del
mondo e la Sua Parola veritiera e luminosa hanno diretto decisamente a Sé
i nostri passi. Così eccoci, già da tanto
tempo e chissà ancora per quanto, a
narrare col nostro semplice esserci,
così poco visibile e raggiungibile se non
per chi voglia incontrarci, alle soglie di
questo bel ‘compleanno’ per continuare ad annunciare quanto, avendoci
chiamate il Signore a cose tanto grandi
(…) siamo tenute a benedire molto e a
lodare Dio e a crescere sempre più nel
Suo bene.
Le parti in corsivo senza indicazioni sono
tratte dal Testamento di Santa Chiara
Segno di libertà è il nuovo disco di Suor Chiara Letizia Presutti sorella Clarissa di Mola di Bari, un CD di musica cristiana nato dall’ascolto della Parola di Dio e dell’esperienza di S. Francesco. “Ognuno di noi afferma Suor Letizia - esprime la propria umanità e la propria fede nelle
forme che più lo contraddistinguono. La musica, per me, è lo strumento
che meglio traduce il percorso quotidiano di ricerca, di incontro e di dono.
E’ un abbandonarmi nelle mani di un Dio che guida e ama la storia, la nostra storia. Traspare qui l’esperienza di Francesco di Assisi nella sua unicità,
col suo invito sempre moderno ed attuale, che ci esorta a riconsiderare la
nostra vita e incoraggia a percorrere il personale cammino di santità per
essere segno di libertà.”
Richiedilo alle Sorelle Clarisse di Mola di Bari, Monastero S. Chiara.
Tel. 080.4741089 - [email protected]
17
panorama
Francescanesimo
f
panorama
Basilica di Betlemme:
restauro
made in Italy.
La Chiesa della Natività di Betlemme, risalente al IV° secolo d.C.
e luogo simbolo della nascita di
Gesù, sarà sottoposta a importanti
i n t e rventi
di restauro
guidati
da un
team
di specialisti che vede in prima fila l’Italia.
Inizieranno quindi le analisi, mai compiute fino ad ora, sulla copertura e
sulle strutture lignee presenti. Già dai
primi sopralluoghi effettuati è emerso che, con molta probabilità, l’aspetto attuale della struttura di copertura
differisca e non corrisponda a quello
originario. Durante i sondaggi si è
rilevato anche lo stato di conservazione delle finestre della navata principale e dei transetti, oltre che delle
porte presenti all’interno del tempio,
tra le quali ha grande importanza
storica quella che immette all’interno
dell’edificio dal nartece e le due che
consentono l’accesso alla grotta della
natività.
18
Un nuovo volume sul Beato
Duns Scoto.
In stampa un volumetto di Girolamo
Pica, Il beato Giovanni Duns Scoto.
Dottore dell’Immacolata, (EllediciVelar, Dicembre
2010). Si tratta di
una pubblicazione
che coniuga il rigore della ricerca alla
capacità divulgativa. Se qualcuno vuole
compr arne delle
copie
per diffonderlo - come
stanno facendo varie
parrocchie e centri si possono richiedere
a metà prezzo (ossia
il 50 % di euro 3,5)
a Oscar Serra: e-mail:
[email protected];
cell.
348-5121773.
Corso di GPIC
2011 presso l’Antonianum.
Il prossimo corso di
GPIC Antonianum si
terrà dal 3 al 13 maggio
2011. Il mattino di questi
giorni sarà riservato ai nostri animatori GPIC; e gli incontri sono progettati per aiutarli a riflettere sugli
aspetti pratici
del loro lavoro. I pomeriggi saranno dedicati
ai fondamenti teorici
di
GPIC con particolare enfasi sul
tema del peccato strutturale.
f
francescano
Francescanesimo
a
francescano
Le sessioni del pomeriggio della seconda settimana affronteranno il tema
dell’uso etico delle risorse, che è uno
dei mandati del Capitolo 2009. Dato il
contenuto, le province possono considerare l’invio di qualcuno dell’economato provinciale a partecipare. Come
di consueto, il corso si terrà in tre lingue: italiano, inglese e spagnolo ed è
aperto a tutti i fratelli, e tutti i religiosi e
laici interessati. Per ulteriori informazioni: [email protected]
I Francescani alla GMG 2011 di
Madrid
La Famiglia Francescana si prepara a
questo importante appuntamento con
un programma unico che sarà offerto a tutti i partecipanti della GMG. Il
programma si svolgerà nel “Villaggio
Francescano” nelle ore pomeridiane
durante la Giornata Mondiale della
Gioventù, precisamente nei
giorni
16-19
agosto 2011. Il
“Villaggio Francescano” sarà
“eretto” attorno alla chiesa di
San Francisco el Grande a Madrid e
vuol essere uno spazio d’incontro e
condivisione, dove i giovani possano
incontrarsi, conoscere meglio la Famiglia Francescana e poter condividere
le loro esperienze attraverso diverse
attività.
Inoltre ci sarà una
grande celebrazione chiamata
“Festival della
Gioia”, in cui
la
Famiglia
Francescana
si presenterà
a tutti i partecipanti alla
GMG attraverso i canti,
testimonianze
ed esecuzioni
di vari arti-
sti. Questo festival è programmato
per la sera del mercoledì 17 agosto
2011. Per qualsiasi domanda o chiarificazione sul programma, ci si può
rivolgere al seguente indirizzo e-mail:
[email protected].
A Reggio Emilia il 3° Festival
Francescano
Nei giorni 23-24-25 Settembre
2011, si svolgerà il 3° Festival Francescano, manifestazione di carattere nazionale, capace di
raccogliere oltre
25.000 presenze
lo scorso anno.
La 3° edizione
è in piena fase di programmazione.
“L’UNITA’ D’ITALIA” sarà il tema
del 3° Festival Francescano, essendo
il 2011 il 150°anno dell’unità d’Italia
ed essendo San Francesco il patrono
d’Italia. Per approfondire il discorso,
sul sito www.festivalfrancescano.it
potete trovare il resoconto dell’edizione 2010, con i video delle conferenze, la rassegna stampa, ecc…Se
interessati, vi invitiamo a contattare il referente sponsorizzazioni
(Tommaso Stefani) all’indirizzo
[email protected] –
3294143623.
19
Vita di famiglia
la nostra storia
S. Matteo
sul Gargano
di fr. Mario Villani
Il convento di S. Matteo ha un rapporto speciale con il Gargano. Piantato sul
declivio del Monte Celano, che chiude
ad oriente la Valle dello Starale, è il punto d’incontro dei profili delle montagne
che si rincorrono, si accavallano e poi
s’intrecciano con profonde valli. Anche
per gli uomini è punto d’incontro. Situato al centro di una vasta zona in cui
sorgono i maggiori centri di Capitanata,
insieme con i Santuari di S. Michele a
Monte S. Angelo e a quello di San Pio
a San Giovanni Rotondo, rappresenta
uno dei punti focali della vita religiosa
garganica. La sua posizione geografica nel bel mezzo della zona del Parco
Nazionale del Gargano, avvolto da una
natura intatta in cui il verde variegato
dei boschi s’alterna col rosso sanguigno
delle rocce aperte dagli eventi, da molto tempo lo ha fatto diventare meta di
naturalisti, laboratorio di studiosi, luogo
20
Vita di famiglia
dove si coniuga in modo incomparabile il privilegiato connubio fra spirito e
creazione, fra esigenza di vita serena e
l’esperienza della bellezza come porta
dell’eternità.
Qui confluiscono una massa grande di
pellegrini legati al pubblicano diventato
Apostolo ed Evangelista. In Lui vedono
la possibilità di conoscere il Signore anche quando il mondo t’invita al peccato; in Lui vedono l’uomo a cui molto è
stato perdonato perché molto ha amato, che nel Signore ha ritrovato la propria dignità e il proprio riscatto; in Lui
vedono l’Apostolo che ai fratelli distribuisce il pane della parola e il conforto
nella vita. Questi pellegrini vedono in S.
Matteo la insostituibile figura del padre
e del maestro, figure centrale, da cui
emanano le linee portanti del progetto
di vita, la correzione, l’incoraggiamento
fiducioso, la sicurezza della fede. Ma vi
sono altri pellegrini che vedono in S.
Matteo il compagno di viaggio, il difensore, l’avvocato presso Dio.Vengono dai
luoghi più impensati dell’Italia, dell’Europa, e dei cinque continenti. Uomini
e donne variamente colorati, che nella
diversità delle lingue esprimono la medesima fede; percorrono la medesima
strada, s’incontrano con occhi di pace.
Guardano commossi la gloriosa tomba di P. Pio, entrano timorosi nell’antica Grotta dell’Arcangelo. Anche questi
pellegrini frequentano il santuario di S.
Matteo. Qui avvertono la santità della
montagna e dei percorsi devoti che si
snodano per gole e dirupi verso l’incontro gioioso col Signore nella beata
pace del suo Regno. Molte le comitive
a piedi: italiani, tedeschi, francesi, inglesi
spagnoli... Alcune compagnie sono dirette in Terra Santa. I Frati continuano
la missione dei Benedettini, fondatori
del monastero: accolgono i pellegrini,
pregano con loro, parlano del pellegrinaggio della vita, della ricerca di Dio.
Alle comitive che vanno a piedi viene
offerta gratuita ospitalità. La mensa dei
Frati è più gioiosa; l’incrociarsi di lingue
diverse arricchisce il cuore e la mente;
il riposo è pieno di speranza. Il convento di S. Matteo è anche un santuario
della cultura. La biblioteca esercita ormai un richiamo irrinunciabile per gli
studiosi della Puglia, e di altre regioni.
L’intreccio culturale che si è creato fra
biblioteca, Gruppo di Studio, Società di
Storia Patria, Università e studiosi vari
ha originato una rete di rapporti che si
estende anche al mondo della scuola e
alle varie Associazioni. Le aree museali danno consistenza visiva a una lunga
storia di interessi e creatività che ha
investito il Gargano e la Daunia dalle
profondità del paleolitico superiore a
tutto il periodo risorgimentale. Il convento francescano ha dato consistenza
a quella particolare caratteristica della
spiritualità francescana fondata sul dialogo e il gratuito scambio dei beni.
Di qui il connubio, difficile ma esaltante, fra contemplazione di Dio e cultura
come momento rivelatore dell’unione
indissolubile fra Gesù Figlio di Dio e
l’uomo, vissuta nella storia dell’uomo. Il
convento di S. Matteo, pur così inserito
nel mondo, sembra fuori del mondo.
Qui è possibile sia l’immergersi nelle cose di questa terra, sia l’estraniarsi
contemplativo favoriti da una solitudine
che, pur nel festoso incrociarsi di parole, sembra inespugnabile. Due mondi
diversi convivono. D’estate il piazzale è
il luogo del traffico, delle parole, grida di
bambini; all’interno del convento regna
il raccoglimento, la penombra piena di
presenze, il silenzio, il canto e la preghiera. Sono le due anime dell’essere
francescano.
21
Vita di famiglia
il postulato interprovinciale
ro fra Francesco
da destra: il Maest
e il vice
di fr. Giuseppe Capriati
“…Dopo il fuoco, ci fu il mormorio
di un vento leggero… Come l’udì Elia
si coprì il volto con il mantello…” (1
Re 19,9).
Penso che qui siano racchiusi gli elementi essenziali dell’esperienza vocazionale e di fede vissuta insieme ai
fratelli postulanti qui, in questa casa di
Castellaneta, dove alla luce della Parola, ci lasciamo interrogare ogni giorno,
e vivere in profondità la bellezza delle
relazioni… Alla presenza di un Dio che
mai sconvolge,ma che rispetta l’uomo,
non lo schiaccia, ma si presenta a lui con
infinita delicatezza…
In questo tempo di grazia e di necessarie “inquietudini”, possiamo dire che
insieme ci si allena ad “ascoltare” quel
vento leggero da cui ci si sente avvolti, abitati, dentro esperienze quotidiane
di condivisione e di preghiera. Questo
secondo anno ci vede accompagnare
22
ta
ulato di Castellane
ppe del post
Maestro fra Giuse
ben undici giovani postulanti di tutta la
Puglia e Molise. Otto per il primo anno
( Aldo da Parabita, Fabio da Manfredonia, Giuseppe da Valenzano, Emanuele da Taranto, Antonio da Gambatesa,
Vincenzo da Capurso, Luigi da Foggia
e Romolo da Lizzano, che nella prima
domenica di avvento sono stati ammessi al tempo di postulato) e tre per il
secondo anno, (Cristian da Foggia, Luigi
da Soleto e Daniele da Galatina).
La cosa che accomuna tutti i fratelli in discernimento è la bellezza di un
qualcosa di nuovo che ha sorpreso le
loro storie, a volte tortuose, un voler
vivere in pienezza, e un voler custodire
gelosamente il dono della vita verso un
cammino di consacrazione.
È un viaggio interprovinciale appena
iniziato e che ci sta davvero arricchendo in questa prima tappa di formazione
che mette continuamente “in gioco” soprattutto noi frati verso una consapevolezza piena che il cambiamento è vitale
alla nostra vocazione di frati minori.
Vita di famiglia
I ragazzi del postulato
I ragazzi del postulato...Cosi ci chiamano giù in paese, e qualche volta è bello sentirselo dire.
E’ bello perchè ci si sente appartenenti
a qualcosa. Noi ragazzi normali che veniamo da storie a volte ordinarie ed a
volte straordinarie.
Ma chi siamo veramente? E’ una
bella domanda che anche noi ci siamo
posti, e quello che e’ stato il nostro viaggio fino ad ora ci ha portato qui a cercare la risposta.
La ricerca. Infondo questo ci spinge
fratelli...Questo e nient’altro...
Undici ragazzi provenienti da tutta la
Puglia e dal Molise che dopo una breve
esperienza nelle case di accoglienza di
Galatina, per i ragazzi della Provincia di
Lecce e di Biccari, per i ragazzi della Provincia di Foggia, si accingono a trascorrere due anni con la fraternità dei frati
minori del convento di San Francesco di
Castellaneta. Due anni di formazione cosidetta umana che non mira a creare dei frati, ma a
far si che la nostra naturale vocazione
venga fuori e sbocci come un fiore.
La nostra vera vocazione alla vita...
Noi ragazzi che con occhi feriti dalla vita,
curiosi di conoscere la fonte di ogni serenità, volenterosi di lasciarsi avvolgere
dalla fiamma di Dio con la certezza che
essa non ci consumerà. E’ il miracolo di
questo nostro misterioso Dio innamorato dell’essere umano. Undici ragazzi quindi da posti diversi,
tra i 19 e i 41 anni, alcuni dei quali hanno
girato il mondo, provenienti da esperienze lavorative più impensabili che giornalmente pregano insieme, lavorano insieme, si confrontano su temi del nostro
tempo ed iniziano a desiderare di dedicare la propria vita all’edificazione di un
mondo già esistente, ma che forse non
sa più come fare a ritrovare la serenità.
Giornalmente ci approciamo a vari corsi previsti nell’anno formativo tra cui: introduzione alla liturgia, alla sacra scrittura
e alla morale, un percorso sui sacramenti, sulla lectio divina, sul francescanesimo,
sulla vita consacrata e sulle costituzioni
conciliari... ma anche inglese e francese.
C’è anche un percorso tutto nuovo
sull’ascolto del corpo e sulle emozioni.
Inoltre una volta al mese ci incontriamo
con una psicoterapeuta, sia in gruppo
che singolarmente, ma solo i postulanti
del secondo anno. Infatti la formazione si
divide in due anni perchè si avvale di un
criterio di gradualità che somiglia molto
alla cura che una mamma avrebbe con
i suoi bambini. L’ordine infatti ci prepara
con tempi prestabiliti.
Tutti questi corsi elencati naturalmen-
te sono corsi che abbracciano un intero
anno, ma la nostra formazione è fatta
anche del lavoro manuale. Ogni lavoro
svolto in convento è parte integrante
del programma formativo. Dalla cura
dell’orto, alla sistemazione della biblioteca, dalla costruzione del pollaio fino ai
lavori artistici che svolgiamo nel nostro
laboratorio d’arte.
Nel corso dell’anno sono previste anche molte esperienze esterne, anch’esse differenti da anno ad anno. Le esperienze servono a tenere il contatto con
la realtà, e magari ripartire proprio da
quelle realtà dimenticate o ignorate,
come le tossicodipendenze in genere,
l’immigrazione, i poveri ed i disagiati di
ogni tempo. Condividiamo così l’ingiustizia inflitta agli ultimi, e desiderando
giustizia nel frattempo ci dedichiamo
a “VEDERE”, ”GIUDICARE” ed “AGIRE”......Nei nostri limiti!!!
Tutti in cammino dunque. Ognuno con
la strada che lo porterà alla felicità. Alla
ricerca del senso profondo del vivere e
quindi di Dio!
Buon cammino a tutti....
I ragazzi del postulato
Vincenzo, Daniele, Fabio, Giuseppe,
Antonio, Luigi, Luigi, Romolo, Emanuele,
Aldo e Cristian
23
Vita di famiglia
Esercizi Spirituali Ecumenici
14 - 19 Febbraio 2011 - Timisoara (Romania)
Continuano per i nostri Frati della Provincia gli
incontri ecumenici con i Fratelli Ortodossi. In
particolare quest’anno hanno avuto per tema alcuni aspetti della vita religiosa e della spiritualità
sacerdotale.
Gli Esercizi Ecumenici fanno parte di una consolidata tradizione che ha portato i Frati italiani
a fraternizzare col clero ortodosso partendo da
una conoscenza sempre più profonda e da reciproca stima alimentata da autentica carità.
Esperienza spirituale
in Grecia e Monte Athos
24 Febbraio - 3 Marzo 2011
“Annuncio e dialogo nell’esperienza paolina”
Per secoli questa Grecia cristiana ha sentito sulla cervice il peso del tallone ottomano.
Ma ha resistito... Il miracolo dei miracoli, in
quest’ambito religioso e culturale, è quella
fioritura di monasteri che i greci chiamano
Metéore, nome che significa “luoghi sospesi
in aria”. Ed è proprio questa l’impressione
che quelle costruzioni hanno dato a tutti noi.
Laudato sie mi Signore... per Gaetano Forte, “frate laico”
Era ancora giovane e vitale Gaetano, quando
nel 1978 emigrò a Bari dalla sua amata Salerno,
che non avrebbe mai perduto nei suoi pensieri
e nei suoi sentimenti. Fu accolto dal Convento
di Sant’Antonio, a Bari, grazie a P. Bernardino
Cataneo O.F.M., che sarebbe stato poi per Gaetano fratello attento e insostituibile, per 33
anni. A Bari, Gaetano pensava di realizzare l’antico sogno, nato in lui sin dai primi anni di vita;
quello di servire in ogni modo la Chiesa, i Suoi
precetti, le Sue direttive di bene e di pace.
Un ‘gap’ congenito gli tagliò ben presto ogni
progetto di evoluzione monastica, sicché fu necessità per i Padri che lo ospitavano dedicarlo a
compiti più modesti e meno impegnativi. Compiti che il giovane venuto dalla Campania assolse con spirito di assoluta obbedienza, in umiltà
e dedizione. Trasferito da Bari a Foggia verso
la metà degli anni ’90 del secolo passato, egli
trovò non minore accoglienza presso il Convento di San Pasquale. Qui proseguì la sua umile missione di collaborazione, rendendosi utile
ai Sacerdoti pur nell’ambito delle sue limitate
capacità. Fu proprio nel nuovo ambiente che
egli riuscì a raccogliere unanime benevolenza
ma soprattutto massima comprensione per la
sua strenua ‘voglia’ di rendersi comunque utile.
Queste doti riuscirono a fargli creare intorno a
24
sé un’ unanime atmosfera di fraterno affetto, di
amorevole comprensione, di cristiana condivisione. Gli anni, intanto, avanzavano e con essi un
logorio lento e inesorabile delle condizioni fisiche che Gaetano sopportò come frutto di una
superiore volontà, cui non fu estranea - forse l’inconsapevolezza derivante dalla propria congenita costituzione. All’alba del 12 marzo 2011,
Gaetano Forte se ne è andato. E’ partito nel
viaggio verso gli Angeli del Cielo, si è affidato
all’abbraccio sicuro dei Sacerdoti, dei Vescovi
e dei Santi che Lui, in vita, adorò e contemplò
giorno dopo giorno, cercando di imitarne le
Virtù. Se ne è andato verso il Cielo più puro
e più degno della sua modestia e della sua castità, sicuramente convinto che in ogni modo e
comunque aveva compiuto la sua vocazione di
elargitore di amicizia, di servizio e di fraternità.
Il fratello Alfonso, che ha seguito Gaetano con
dovuta costanza, con affetto e cura di padre,
ha voluto affidare alla splendida “Rivista” della
Provincia Francescana la presente breve ‘memoria’, perché la figura
e l’esempio di Gaetano rimanessero nel cuore di
coloro che lo
conobbero
e con lui divisero anni ed anni di cristiana convivenza. Per questi motivi, un grazie riverente
va a P. Bernardino Cataneo, al Padre Provinciale
Pietro Carfagna, a P. Armando Gravina, a P. Urbano Giambitto, a P. Leonardo Civitavecchia
che volle a Gaetano un affetto particolarmente
intenso e generoso, tanto da attribuirgli - nel
commovente congedo funebre - il titolo, certamente meritato, di “frate minore’!. Che l’Anima
di mio fratello goda quella pace piena e quella
felicità sublime che non riuscì a
cogliere appieno in questo mondo! Chi legge
questi poveri righi, preghi per Lui !
Alfonso Forte
Sorella infermitate
...e ora vi racconto
la mia malattia
Dario - Ascoli Satriano
Svolgo una vita “paradossalmente”
pressoché normale. Mangio, mi vesto,
leggo, scrivo, ragiono a volte lavoro….e
quant’altro. Posso fare tutto ciò che mi
è essenziale; nulla di ciò mi è precluso.
Mi è precluso però tutto ciò che mi
consentirebbe di “vivere” (non so mi
spiego) la mia vita…!!!! io oltre al non
poter camminare, ho altre limitazioni che fanno da “contorno”
come dico sempre e “completano il
quadro”: non guido, (sono quasi cieco da un occhio, è pigro e ho un
braccio quasi paralizzato è spastico). Ciò non mi consente di viaggiare
da solo (la quale cosa mi piacerebbe),
né posso praticare sport, tipo: basket
in carrozzina, tennis ecc…. Come vedeTe, la mia è una situazione intermedia: “io potrei ma non riesco, vorrei ma
non posso”.
Sorge ora la domanda: non sarebbe
stato possibile “evitare” queste altre
cose in più? Se ho un occhio quasi cieco, dovrei poter e dover andare
solo dall’oculista, no? va beh…Come
vivo questo? Beh è un po’ diverso da
quand’ero ragazzotto ad oggi. Adesso
ho conseguito una certa maturità e consapevolezza della situazione.
Con pazienza, ecco come lo vivo,
ma non voglio parlare di rassegnazione. Non crediaTe sia facile.
Anche nelle piccole cose nelle quali
mi cimento per la prima volta… Nella
mia mente dico: “si, ci riesco…” e poi
arrivo a tanto cosi e solo a seguito di
sforzi ci riesco. Se riesco… (come nelle grandi) arrivare a così tanto da ciò
che si vorrebbe (e in fondo, sarebbe
POSSIBILE) avere o fare….e dovervi
rinunciare!!!!
Non è bello che sempre io debba…e
pensare che vi sia chi è come me, non
aiuta né me nè questi altri….cosa posso fare io fattivamente per loro? A parte pregare (ma qui si entra nel campo
della “spiritualità”).
Ho sempre pensato che la mia malattia, sia pure meno invasiva, non mi
consente di esser DI AIUTO. Ciò mi
provoca grande mortificazione…
Una domanda attanaglia il mio cuo-
re, alla quale non posso rispondere: se
fosse stato possibile, avrei dato compimento a queste intenzioni, o sarei stato
il “prodotto” di questa società vittima
dei suoi modelli? Non si può dire….e
non si può dire neppure il contrario.
Francamente io, a volte, sono stanco
di questa vita che è tutto un enigma.
Non ne capisco il senso….non è facile “consegnare” o “affidare” a qualcun
altro (sia pure il Cristo Signore), tutto
ciò che sarei voluto e potuto essere;
non è facile questo non realizzarsi. La
spiegazione e la soluzione più facile ma
anche la più difficile (giacchè sembra di
comodo e infondo non la si vorrebbe)
è: “Gesù, sia fatta la tua volontà...”. Non
è facile annullarsi e dover rinunciare,
sempre; ciò costa fatica….!!!! Sono arrivato ad offrire il mio “non poter fare”.
Posso far altro? Cerco sempre di esser
se non contento, sereno…ma neppure voglio che mi si stia sempre addosso
quando il malessere traspare!!!!
Mi piacciono le donne; mi piacciono
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Sorella infermitate
i bambini. Gesù quando ha pensato a
me, si è un po’ distratto: ha messo l’intenzione ma non la possibilità di realizzarla (ops..).
Qualora fossi riuscito a realizzare un
simile desiderio (ne avessi ottenuto la
grazia cioè), questo, (per logici motivi
palesemente ovvii) mi sarebbe costato
ancora sofferenza e frustrazione. Non
sarebbe stato facile, essere fidanzato,
marito e padre come altri. Pertanto
meglio di no…!!! Come per altri desideri. Così come sono, non potrei mai
fare una partita di basket in carrozzina;
meglio non provarci neanche. Anche
a questa conclusione sono arrivato
con la ratio. Ma non è un’altra rinuncia.
Francamente neppure credo che Iddio
abbia per qualsiasi uomo progetti specifici, (parlo a titolo personale) ma son
molto razionale. Egli non s’interessa se
“tu” sarai: dottore, avvocato, prete o
non potrai far nulla come me. Il progetto è uno uguale per tutti: Amare
e far conoscere Dio agli altri…come
dice S. Agostino: “Ama e fa cio che
vuoi…”. Parentesi: caso a parte sono
quelle anime “particolari” che si sceglie
per “progetti particolari”. Esempio: i
Santi. San Paolo “bloccato a Damasco”.
San Francesco: “Torna ad Assisi e ti sarà
detto ciò che devi fare”. Gesù sceglie
chi vuole.
Progetto o meno, tuttavia amo quella
Persona…sempre mi sostiene e soccorre: Cristo con la sua Grazia. Io non
posso dimenticare le volte (almeno 3)
quando Cristo è concretamente intervenuto per modificare il corso della
mia vita…(ma questo è un discorso
lungo). Senza dubbio alcuno Gesù ha
“salvato il salvabile non modificando
la situazione originale…”. Ponendo
rimedio a ciò che si è potuto. Perché
Lo ha fatto??? Perché lasciarmi in una
situazione “cosi” né peggiore (a scopo
espiativo) né migliore (da poter svolgere la “mia” vita, così come pensata
e desiderata e immaginata, non so …
avrà i suoi motivi. Ma io non vedo lo
scopo…!!! Io s’intende…non lo vedo.
Prendo tutto come Grazie.
Diversamente mi sarei “perso”? Non
credo (e nessuno è sicuro di esser gia
salvo!!!!). La Fede dipende dall’indole
della persona…non dall’esser malati;
altrimenti Gesù sarebbe Iddio di coloro
i quali non hanno altro a cui attaccarsi
Vi lascio con una piccola preghiera da me scritta:
Sia Benedetto Gesù,
Benedetto il suo santissimo Nome...
Benedetta Tutta la Sua Persona che è,
S.S.mo e Vero Corpo nell’Eucaristia,
Preziosissimo Sangue, Sacratissimo Cuore
Benedetto ogni suo comando
e Benedetta la Madonna che ha dato al mondo
l’Autore della Vita. Amen.
Io ti amo, Signore mio Gesù Cristo,
con tutta la mia mente,
con tutta la mia anima,
con tutte le forze, con tutto il mio cuore
e ho sempre dinnanzi agli occhi,
nello stesso cuore e nella stessa mente,
il tuo sacrificio perfetto,
supremo e perpetuo....
e sempre più ti amo Signore mio,
Signore Iddio. Amen.
26
per riempire i vuoti. Per me non voglio
sia cosi...la risposta dunque è semplice:
la Croce non è mai superiore alle forze. Nella Sua immensa Saggezza e Sapienza, Gesù sa che avrei sopportato
(anche per chi mi è vicino), una situazione, più volte definita “intermedia”.
La mia malattia, il mio futuro, la mia
vita sono nelle Sue mani. Rimessi più
e più volte. Anche questo a pensarci
è difficile. Ma questo Amore non è
condizionato ai suoi interventi. Gli ho
promesso di non mugugnare più per
questa vita a metà. Anche anteporre
l’amore per Gesù è faticoso; e costa
umiliazione.
Persone trovano strano che di questi tempi e a questa età (ora sfociamo
nella religione e non parlo più della malattia) sia cosi “legato” a Cristo.
Passiamo anche noi due i “nostri” momenti difficili. Come tutti anch’io Gli
volgo le spalle (per i motivi accennati),
ma sempre fa Grazia di “tornare” e mi
consente mostrargli che ho comunque
fiducia e mostrarmi degno della Sua.
Tante volte perdona, tante volte ripara,
tante volte pone rimedio… e torniamo ad esser Buoni Amici!!!!
Pianeta giovani
Radicati
e fondati in Cristo,
saldi nella fede.
(col 2,7)
di fr. Andrea Tirelli
Ci stiamo avvicinando a grandi passi
ad un appuntamento che sicuramente cambierà il modo di essere giovani
cristiani nel nostro tempo.
Ai trecentomila di Sidney lo stesso
Papa Benedetto XVI ha dato appuntamento a Madrid indicando questo
come un’occasione nuova di svolta.
Nel suo messaggio di presentazione della Giornata Mondiale il Papa
ricorda come già nel 1989 questo
appuntamento fu celebrato in Spagna,
precisamente a Santiago de Compostela, solo qualche mese prima di un
altro avvenimento che ha segnato una
svolta nella storia dell’Europa: la storica caduta del muro di Berlino.
Muro che nella sua caduta ha travolto e portato via con sé confini e
cortine presenti in quasi tutto il continente e di cui ancora oggi sentiamo
l’effetto dell’onda lunga.
Se è vero che l’effetto della caduta è
stata la libertà di espressione politica,
culturale e religiosa per tanti uomini
è vero anche che l’effetto prodotta
da una libertà conquistata senza un
giusto accompagnamento in tutti i
suoi passaggi di rinascita ha provocato
e provoca tutt’ora un forte senso di
smarrimento in molti.
La scelta del tema di questa giornata non è casuale, anzi, le motivazioni
della scelta partono dal desiderio di
offrire, in Gesù Cristo, un modello di
riferimento e di sviluppo alto per ciascun uomo.
Radicati e fondati in Cristo, saldi nella
fede (col 2,7), più che un titolo ripreso
dalla Sacra Scrittura, è un programma
di vita per i giovani di tutte le latitudini
del Pianeta.
Ai giovani provenienti da tutti i continenti il Papa vorrà parlare di come superare
questo senso di smarrimento, di vuoto, di
incertezza tipico del nostro tempo.
A loro e a noi vorrà ancora dire che
è legittimo lasciarsi guidare da quell’impulso che spinge ad andare fuori dall’abituale, anzi, che questo è il tratto caratteristico del sentirsi giovani.
È assolutamente normale per i giovani sentire il bisogno di fare qualcosa di
Grande ma è necessario, più che mai
oggi, riconoscere che questo anelito è
segno della presenza di qualcosa, meglio, di Qualcuno di grande che orienta i nostri passi.
In questa occasione più che in altre
si tenterà di tornare a parlare di Dio
come di riferimento solido, fonte e
sorgente della Vita.
Ancora nel suo scritto di presentazione Benedetto XVI dichiara di voler
dialogare con la Cultura attuale che in
alcune aree del mondo, soprattutto in
Occidente, tende ad escludere Dio, o a
considerare la fede come un fatto privato, senza alcuna rilevanza nella vita
sociale.
Destinatari di questo evento non saranno solo i giovani cristiani, i frequen-
tatori abituali dei nostri ambienti.
Di questa Giornata Mondiale, che
avrà come sempre date comuni per
tutti e date particolari per gruppi di
appartenenza, destinatari saranno soprattutto giovani dubbiosi, in ricerca
della fede, giovani desiderosi di risposte autentiche e anche giovani delusi
da un mondo che non dona felicità
nella misura che promette.
L’appuntamento per tutti è dal 16 al
21 agosto a Madrid per vivere l’esperienza dal vivo nel clima della festa,
dell’allegria colorata dei giovani dei cinque Continenti, ma vista la diffusione
e l’attenzione che sarà data, l’invito è
a seguire anche da casa i lavori attraverso tutti i canali messi a disposizione
dai nuovi mezzi di comunicazione, da
dove, già da adesso, è possibile ricercare e scaricare contributi e strumenti
per la preparazione.
Noi del CPV di Puglia Molise seguiremo tutti gli eventi e cercheremo per
tempo di segnalare quelli più importanti a quanti li ricercassero.
Se la prima tappa in Spagna ha consentito l’abbattimento di un muro ci
auguriamo che la seconda tappa ci aiuti a costruire ponti.
Per info scrivete a:
[email protected]
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Pianeta giovani
Giovani
e CRISI D’IDENTITA’
Ci piace riportare la lettera di Deborah, 21 anni, in cui ci
parla della “nostra società” ma soprattutto di cosa hanno
bisogno oggi molti giovani. Sono riflessioni profonde che sottoponiamo a tutti... e imparare ad essere vicini a loro con
passione e amore.
Purtroppo da un lato e per fortuna dall’altro Dio mi ha fatto riflessiva,
quindi inizierò questa sorta di “articolo” proprio con una domanda. Perché
lo intitolo “Crisi d’identità”? Ovviamente non mi riferisco a me stessa, o
meglio non solo a me stessa, ma bensì
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ad una categoria. Mi sto riferendo a
noi ventenni e dintorni. Oggi non riusciamo più a capire chi siamo: da una
parte c’è l’infanzia dall’altra ci sono i
“giovani”, ovvero matusa di trent’anni.
Ci è stata rubata l’identità. L’occidentalismo prima ha relegato i “giovani”
in uno spazio della società indefinibile, facendoci anche credere di essere
importanti affibbiandoci il termine studenti, quindi ecco nascere il periodo
dell’adolescenza, infatti per chi non lo
sappia l’adolescenza è una età culturale, non biologica. Dal momento in cui
Pianeta giovani
una femmina homo sapiens è in grado
di riprodursi è adulta.. del resto siamo
pur sempre animali. Dopodiché il mercato cresceva e quindi anche ultraventenni davamo fastidio, del resto l’uomo
sarà sempre oligarchico, quindi il potere è dei pochi, gli altri ciccia. Dato che
il baricentro del potere non è più nella
nobiltà, ma nel mercato allora ha più
potere chi è più ricco. Quindi chi una
volta era considerato un uomo maturo, sposato e con figli o una donna ma-
media), quelli che una volta erano puberi si sentono adolescenti, quelli che
una volta erano adolescenti si sentono adulti, quelli che una volta erano
adulti ora non sanno più chi sono. L’età
degli studi si è allungata, l’età in cui ci
si realizza si è spostata, l’età in cui ci
si sposa e si mette su famiglia è arrivata al periodo del pensionamento. Il
pensionamento non esisterà più. Tutti
questi slittamenti che cosa scatenano?
Innanzitutto è precoce l’età in cui si
pensa a giocare con le micro machines
o a tirare quattro calci ad una palla?
Vien proprio da dire che si stava meglio quando si stava peggio. Io credo sia
un richiamo di aiuto, credo che noi, che
siamo davvero giovani, ci stiamo appellando a voi, che siete veramente adulti,
per chiedervi di starci vicino di seguirci, di lasciar perdere per un momento
soldi e carriera. Credo che i figli stiano
chiedendo ai genitori, ma soprattutto
alle madri: “AIUTO! STATECI PIU’VICI-
tura sposata e con figli, oggi è giovane.
“Ma sì tanto tu hai tutta la vita davanti”
è la frase che più si sente dire, poi se
si va a vedere a chi è riferita l’affermazione troviamo persone tra i trenta e i
trentacinque anni. Per favore qualcuno
gli spiega che non sono affatto giovani? Arrivando al punto: se loro sono i
giovani noi chi siamo? Credo che la società occidentale stia dando vita a una
nuova età, per me inutile, nella quale
ci si sente peggio che nell’adolescenza.
Quelli che una volta erano bambini si
sentono già puberi (parliamo di coloro
che vanno in quinta elementare/prima
scopre il sesso, inteso proprio come
perversione. Secondo me le ragazze
sono più assoggettate ai ragazzini, la
mentalità più diffusa è: più sono esperta e intraprendente più sono popolare,
la popolarità però schiavizza. Durante
lo sviluppo fisico si scoprono il fumo,
la droga e l’alcool, andando così a rallentare e a determinare la fine precoce di un processo biologico. Tutto ciò
comporta un aumento della criminalità
giovanile, quindi stupri, scippi, linciaggi
e quant’altro. Perché un ragazzino di
14/15 anni arriva a stuprare la sua amica di 12/13 anni appena? Perché non
NO!”. Allora basta essere materialisti,
individualisti ed egoisti, basta voler giocare alla vita eterna, non ci appartiene, non in questo mondo. Noi siamo
esattamente come tutte le altre creature: nasciamo, cresciamo, invecchiamo
e moriamo. Dio però ci ha fatto due
grandissimi doni: la ragione e il libero
arbitrio. Scegliamo quindi la retta via,
teniamola sempre presente, diamo la
giusta importanza a tutto, viviamo di
valori e principi e Dio ci benedirà tutti,
a modo suo forse, però lo farà. Ha un
piano per tutti noi. Le vie del Signore
sono infinite!
29
Primo piano
ANNO FASANIANO
25° della CANONIZZAZIONE
di SAN FRANCESCO ANTONIO FASANI
Il 13 aprile 1986 Francesco Antonio Fasani veniva dichiarato Santo da
Giovanni Paolo II. Fu una giornata
di giubilo per la Chiesa pugliese e
in particolare per quella di Lucera,
sua città natale dove ha operato
per gran parte della sua vita. Conseguito il titolo di ‘maestro in teologia’ nel 1709, i lucerini da sempre
lo chiamano ‘il Padre Maestro’.
“Ascoltiamo l’insegnamento di
San Francesco Antonio Fasani –
disse il Santo Padre quel giorno a
San Pietro – e lo ascoltino le genti
della nobile terra di Puglia che può
ben gloriarsi di questo suo figlio,
nel quale essa ravvisa le migliori caratteristiche che hanno fatto
grande il suo popolo: laborioso e
semplice, coraggioso e tenace, popolo saldamente ancorato ai valori
del Vangelo”.
L’anno 2011, quindi, sarà quello
del Giubileo della canonizzazione
e per festeggiare questa ricorrenza
la comunità dei Frati Minori Conventuali, eredi spirituali della sua opera
teologica e di carità, sta mettendo
in cantiere una lunga serie di iniziative ed eventi che abbracceranno 12
mesi, prendendo il via proprio dal 29
novembre 2010, data in cui la Chiesa festeggia il santo lucerino. Per allestire nel migliore dei modi l’Anno
Fasaniano, e in collaborazione con la
30
diocesi di Lucera-Troia, si è costituito
un Comitato Operativo incaricato di
programmare e coordinare le attività
che includeranno diversi ambiti civili
e religiosi in un progetto pastorale e
culturale con cui incrementare la conoscenza e il culto del Fasani, anche e
soprattutto nelle giovani generazioni.
Il Comitato è costituito da nove
membri designati dal Santuario, altrettanti in rappresentanza delle
singole parrocchie di Lucera, tre
sacerdoti, due frati e una suora. A presiedere l’Organismo è
padre Giovanni Iasi, rettore del
Santuario e guardiano del Convento di Piazza Tribunali.
“Con l’Anno Fasaniano dobbiamo riprendere il filo rosso che
unisce gli anni e tirarlo – ha spiegato padre Iasi nell’incontro di
insediamento del Comitato – in
modo da collegare le generazioni
che non c’erano 25 anni fa. Questo patrimonio di santità sfugge
alla presa della nostra pastorale
che si fonda anche sui santi.
E noi ne abbiamo uno in casa!”
San Francesco Antonio Fasani
dal 1951, anno della sua beatificazione, riposa sotto l’altare
maggiore del santuario a lui dedicato, anche perché quella stessa
chiesa di San Francesco, con l’annesso convento, sono stati proprio
i luoghi in cui la sua opera si è manifestata in tutta la grandezza, punto
di riferimento morale e materiale
per tantissima gente della sua epoca
e con l’auspicio che ciò possa continuare a essere anche per le generazioni presenti e future.
Libreria
Miei signori, figli e fratelli
San Francesco d’Assisi e i sacerdoti
il nuovo libro di fr. Francesco Neri
«San Francesco non era un sacerdote, ma possedeva in pienezza lo spirito sacerdotale, di dire qualcosa di vitale importanza a
tutti i sacerdoti della Chiesa di Dio» (dalla Prefazione di mons.
Benigno Papa). Il volume si propone di recuperare le linee essenziali dell’autentica spiritualità francescana di cui i sacerdoti del primo ordine sono invitati a nutrire la vita e l’esercizio del ministero.
Dopo che, a partire dal concilio Vaticano II, le tre famiglie francescane si sono impegnate a sviluppare la dimensione laicale della
loro vocazione, si apre la domanda se si sia fatto abbastanza per
illuminare l’altra dimensione, quella sacerdotale. L’autore offre
quindi un contributo di riflessione perché i sacerdoti francescani
di oggi e quelli di domani vivano ed esercitino il loro ministero
presbiterale nutriti da una spiritualità che appartiene alla propria
tradizione carismatica.
La fantasia della carità
Biografia del Servo di Dio Don Pasquale Uva
il nuovo libro di Nicola Gori
La personalità di Don Pasquale Uva è senza dubbio poliedrica e ricca
di sfaccettature. Egli è allo stesso tempo sacerdote, Fondatore, discepolo,
missionario, confidente, parroco, servo, uomo di preghiera e di azione,
formidabile organizzatore, instancabile apostolo, fine pedagogo, profondo
conoscitore dell’umanità e delle sue debolezze. Analizzando ogni singola
espressione in cui si manifestò la sua personalità, vediamo che definirlo
innamorato di Cristo è ciò che meglio di tutto rivela la sua vera natura.
Fin dai primi anni della sua vita venne affascinato dal messaggio del Vangelo e si lasciò afferrare da Gesù. Non possiamo assolutamente comprendere l’attività instancabile e feconda del Servo di Dio senza considerare
che tutto ciò fu motivato dall’amore. Non amò semplicemente con le
parole, ma con le opere, mostrando con esse la sua fede, secondo le parole dell’apostolo Giacomo: “Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere
la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo?”.
E san Francesco ordina
“Fuori i telefonini!”
Un giro del mondo (francescano) in 60 vignette, allegramente
indifferenti alla cronologia, una biografia del Poverello per immagini tratteggiata a colori squillanti e ambientata ai tempi di internet e dei talk show; “si può educare sorridendo e facendo sorridere
- scrive Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi, presentando l’ultimo
libro di don Marcello Cruciani (Vita Francisci, Todi, Tau Editrice, pagine
69, euro 7) - in una sequenza di disegni, colori e humour. Una rilettura
attualizzante, uno sguardo al passato a partire dall’oggi, dai nostri problemi e dalle nostre sfide”. Proprio le tante licenze poetiche spaziotemporali sono l’elemento che rende più divertente il libro, creando
un piacevole effetto di straniamento narrativo; come negli affreschi
medievali, il prima e il dopo sono messi sullo stesso piano, affiancati
o addirittura mescolati in una stessa sequenza, visto che il tempo è
una dimensione unicamente umana e tutta la storia fa parte dell’”oggi
eterno” di Dio (di Silvia Guidi).
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5x1000
un’operazione
semplice
ai Francescani di Puglia e Molise
per il recupero di giovani tossico e alcoldipendenti
per l’accoglienza e l’integrazione degli extra comunitari
per una presenza francescana in terra di missione
per annunciare Cristo al mondo di oggi
per la formazione di giovani alla vita religiosa
lla,
Una firma che costa nu prezioso!
per noi e’ un dono
Codice fiscale dei Frati Minori di Puglia e Molise
80002950717
“Il Signore risorto
rinnovi in tutti
la luce della fede
e doni abbondanza
di gioia e di pace”.
Benedetto XVI
Santa Pasqua
di Risurrezione
In caso di mancato recapito, rispedire al mittente, che si impegna a pagare quanto dovuto per legge. Grazie!
Curia Provinciale OFM Convento San Pasquale - 71121 Foggia
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