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Da Mosca alla Cina «Mi hanno chiesto di partire e mi sono detta

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Da Mosca alla Cina «Mi hanno chiesto di partire e mi sono detta
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L’ECO DI BERGAMO
DOMENICA 21 FEBBRAIO 2016
Le storie
Bergamo senza confini
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza
confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con Brembo S.p.A. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per sei mesi l’edizione digitale
del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].
L’iniziativa
Da Mosca alla Cina
«Mi hanno chiesto
di partire e mi sono
detta: perché no?»
Alessandra Modica Agnello. A 38 anni nel Far East
per avviare una start up nel settore «food and beverage»
Da San Giovanni Bianco in Russia, ora è volata a Shanghai
VALERIA ROSSI
È lontana dall’Italia e da
Bergamo dal 2008, l’anno della
svolta decisiva. La Smigroup di
San Giovanni Bianco, per la quale
lavorava in quel momento, le pro­
pone di assumere la direzione ge­
nerale della filiale di Mosca per
riorganizzarla, svilupparla e po­
tenziarla. Alessandra, allora tren­
tenne, con in curriculum una lau­
rea in Risorse umane, conseguita
con la lode all’Università Cattolica
di Brescia, e un Executive Mba in
Bocconi (un master altamente
qualificato in Business admini­
stration), senza esitazione, accet­
ta la sfida come un’occasione di
crescita personale e professiona­
le. E da Mosca poi si è spostata
ancora più a Est, nella Repubblica
popolare cinese, per avviare una
start up per Alimac, leader nella
produzione di maniglie adesive
per l’imbottigliamento e il confe­
zionamento.
Ma andiamo con ordine. Ales­
sandra Modica Agnello, oggi
38enne, dopo essersi diplomata al
liceo linguistico, si iscrive all’uni­
versità. È vicina alla laurea quan­
do le viene proposto uno stage del­
la durata di sei mesi (che divente­
ranno 12) nel Gruppo Unilever, la
multinazionale anglo­olandese
che poi diverrà oggetto della sua
tesi. Questa sua iniziale esperien­
za segnerà, di fatto, il primo passo
di un lungo percorso di formazio­
ne e specializzazione nel settore
«food & beverage». Unilever è, in­
fatti, proprietaria di molti tra i
marchi più diffusi e famosi nel
campo dell’alimentazione e di be­
vande.
Viene poi assunta dall’azienda
bergamasca Smigroup, leader a
livello mondiale nella produzione
di macchine d’imballaggio e im­
pianti di imbottigliamento, con la
quale si recherà per brevi trasferte
sia in Russia che in America cen­
trale e meridionale. Trascorrono
così circa quattro anni sino ad ar­
rivare alla proposta che l’azienda
le fa di trasferirsi a Mosca per un
tempo relativamente breve (circa
un anno, un anno e mezzo nei pia­
ni iniziali ma che, in effetti, si pro­
lungano a sei).
«Perché no?» si chiede Ales­
n n I cinesi amano l’Italia:
ammirano la nostra
eleganza, la cultura,
la cucina e la musica»
ALESSANDRA MODICA AGNELLO
DIRETTORE GENERALE SETTORE PACKAGING
sandra che sceglie di volare alla
volta della capitale russa a dispet­
to di chi definisce i giovani italiani
come «sdraiati», (dal libro così in­
titolato del giornalista Michele
Serra ndr), perennemente attac­
cati al divano, poco disposti a stac­
carsi dal proprio rassicurante am­
biente.
«Già durante il mio percorso di
studi avevo accarezzato l’idea di
un lavoro all’estero perché ho
sempre amato viaggiare e “cono­
scere” il mondo per acquisirne
unavisioneglobale,maancheper­
ché sono convinta che il ventaglio
di opportunità e di vantaggi al di
là dell’Europa sia più ampio e di­
versificato» racconta e continua
«avevo 30 anni quando ho deciso
di mettermi in gioco. Sono partita,
da sola, con un po’ di apprensione
ma sicura che il mio bagaglio fosse
sufficientemente carico di espe­
rienze. L’unica remora era la lin­
gua, in compenso parlavo bene
inglese, francese e spagnolo».
«La Russia – prosegue – non è
un Paese facile, come non è facile
essere fermati a un posto di blocco
con i poliziotti che, imbracciando
e puntando i kalashnikov, ti inti­
mano di mostrare i documenti.
Non posso negare che l’inizio è
stato irto di difficoltà: per la lingua,
per il clima, per riuscire a inserir­
mi nel contesto sociale e culturale
della città e, non ultimo, per la lon­
tananza dai miei affetti più cari,
genitori e amici. In compenso il
lavoro mi piaceva e mi gratificava
e,così,conilpassaredeimesi, sono
riuscita a integrarmi in modo del
tutto naturale. Ho studiato il rus­
so, ho intessuto rapporti di amici­
zia che durano tuttora e mi sono
ambientata al freddo intenso e
pungente di quella che è conside­
rata, a ragione, una delle città più
fredde del mondo, dove le tempe­
rature invernali toccano i ­27°. E
quando le strade sono ricoperte di
Bergamo senza confini è un progetto de
lastre di ghiaccio, muoversi diven­
ta davvero complicato. Per fortu­
na, poi, il cammino è stato tutto in
discesa; superato lo scoglio lingui­
stico ho potuto apprezzare ciò che
questa grande metropoli offre: ar­
te, cultura, musei, divertimenti.
Basti pensare che a Mosca ci sono
più di 30 teatri. Lì ho anche potuto
mantenere viva la mia passione
per il pianoforte prendendo lezio­
ni la sera tardi, dopo il mio impe­
gnativo orario di lavoro».
È appena tornata dalla Russia
quando un’azienda di Varese, la
Alimac, leader nella produzione
di maniglie adesive per l’imbotti­
gliamentoeilconfezionamentoin
genere, la contatta. La alletta con
un’importante proposta: creare
una start up produttiva, sempre
nel settore del beverage, nella Re­
pubblica popolare cinese. Sede: la
popolosa e cosmopolita Shanghai,
quella che viene definita la perla
d’Oriente, la capitale economica,
dove molte sono le imprese italia­
ne e straniere che hanno deloca­
lizzato e stabilito lì una forte pre­
senza, espandendo le loro attività
in uno dei mercati più ricettivi e,
soprattutto, ancora in crescita per
la migrazione altamente qualifi­
cata e in cui il nostro Paese è ben
rappresentato.
«Se a Mosca il mio compito era
quello di coordinare e ampliare
un’attività già costituita – conside­
ra – ora si trattava, invece, di parti­
re da zero, avviare l’impresa con
l’incarico di direttore generale,
costituire e organizzare una realtà
produttiva di macchinari destina­
ti al beverage e di maniglie adesive
destinate alla Cina e a tutto il Far
East, ma soprattutto, introdurre
su larga scala un concetto di
packaging completamente nuovo
per il Paese».
Un cambiamento che portava
con sé responsabilità nuove e più
grandi, ma anche un’importante
in collaborazione con
1
2
3
1. Alessandra Modica Agnello, 38 anni, a Shanghai in Cina, con il suo compagno Luca Zani. Alessandra
Modica Agnello, oggi è direttore generale di una start up per l’azienda di Varese Alimac nel settore
«food and beverage»; 2. Con mister Xiao Fei Chen, collaboratore in Cina, general manager della società
Mactec Cina, dedicata a macchinari per applicazione della maniglia adesiva durante una fiera; 3. Con il
colbacco e le amiche a Gorky Park durante l’esperienza in Russia a un evento aziendale
evoluzione nella sua già brillante
carriera. «E così da circa un anno
vivo a Shanghai. Anche in Cina le
difficoltà iniziali sono state note­
voli,misonosubitoresa contoche,
anche se i due Paesi per certi versi
sono simili, ad esempio per quan­
to riguarda la burocrazia, era im­
pensabile poter riprodurre il mo­
dello e l’impostazione adottati a
Mosca.Hodovutoessere flessibile
e adattarmi ai loro modi e ai loro
ritmi. Ho iniziato a studiare il ci­
nese che, come si sa, non è proprio
la lingua più facile del mondo ma
che col tempo è diventata un’altra
mia passione a cui dedico un im­
pegno quotidiano e che ha affian­
cato, ma non sostituito, quella per
il pianoforte. In verità la città mi
ha conquistata subito grazie allo
spettacolo unico del suo skyline al
tramonto e perché, giorno dopo
giorno,siapreanuovescoperte,da
quelle architettoniche a quelle an­
tropologiche. I cinesi adorano
l’Italia e, per la proprietà transiti­
va, vanno molto d’accordo con gli
italiani a cui invidiano l’eleganza,
la cultura, le città d’arte, la musica
e la cucina».
Alessandra è convinta che do­
vrà alternarsi tra l’Italia e Shan­
ghai ancora per un paio d’anni, il
tempo che di solito serve per crea­
re una start up innovativa e conso­
lidata, ma si dice certa che il suo
avvenire non sarà lì, nella città dal­
le mille contraddizioni, in cui tut­
to corre troppo velocemente.
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