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In primo luogo, la persona offesa ha il diritto di essere

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In primo luogo, la persona offesa ha il diritto di essere
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Capitolo Quarto
In primo luogo, la persona offesa ha il diritto di essere informato del
compimento degli atti irripetibili, urgenti e degli atti che determinano il
mutamento delle fasi processuali. Tali informazioni sono peraltro necessarie al fine di consentire la costituzione di parte civile entro i termini
previsti dalla legge.
In ogni caso, la nullità degli atti e delle notifiche rivolte alla persona
offesa hanno valore relativo, salvo quelle che richiedano la sua citazione
a giudizio (artt. 178 e 180 c.p.p.).
In secondo luogo, alla persona offesa sono attribuiti diritti di impulso processuale, prevalentemente rivolti nei confronti del Pubblico Ministero, i quale, tuttavia, non assumono valore vincolante.
Al di là delle norme che attribuiscono alla persona offesa specifiche
facoltà di impulso processuale nei confronti del Pubblico Ministero (o
del Procuratore generale), deve ritenersi che la stessa possieda un potere di impulso generalizzato, in virtù della clausola generale contenuta
nell’art. 90 c.p.p.
Tutte le specifiche facoltà attribuite alla persona offesa concernono
attività precedenti alla fase dibattimentale, ovvero fasi processuali entro
le quali il soggetto può ancora costituirsi parte civile. Solamente le facoltà previste dall’art. 90 c.p.p. sono attribuite alla persona offesa anche
nella fase dibattimentale.
Il diritto di indicare elementi di prova deve ritenersi soggetto ai limiti ordinariamente previsti per le altre parti, in quanto non possono attribuirsi ad un soggetto non costituitosi nel processo, facoltà maggiori
rispetto a quelle che vi fanno parte. La dizione “in ogni fase e grado del
processo”, infatti, deve intendersi riferita esclusivamente alla facoltà di
presentare memorie all’Autorità giudiziaria.
Se la persona offesa è minore od interdetta per infermità di mente
oppure inabilitata, le facoltà ad essa attribuite sono esercitate per mezzo
dei soggetti che ne abbiano la rappresentanza ai sensi degli artt. 120 e
121 c.p. Nei confronti delle persone offese minorenni viene comunque
assicurata una maggiore tutela, perpetrata attraverso forme di assistenza
giuridica e psicologica e di protezione personale (art. 609-decies c.p.;
artt. 398, 498 c.p.p.).
Laddove la persona offesa abbia subito un sequestro od abbia comunque diritto alla restituzione del bene sequestrato, può proporre riesame ai sensi degli artt. 257, 318, 322 e 324 c.p.p., nonché appello, nei
modi ed entro i limiti previsti dagli artt. 322-bis e 325 c.p.p.
La posizione processuale della parte civile e della persona offesa nel processo penale
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2. L’esercizio dei diritti della persona offesa da parte dei suoi prossimi
congiunti
Ai sensi dell’art. 90, comma 3, c.p.p., qualora la persona offesa sia
deceduta in conseguenza del reato, le facoltà ed i diritti attribuiti dalla
legge alla persona offesa possono essere esercitati dai prossimi congiunti. Secondo un’interpretazione a contrario, i congiunti della persona offesa non possono subentrare nella posizione del defunto, qualora quest’ultimo sia deceduto per fatti non conseguenti al reato.
Giurisprudenza
«Qualora, nel corso del procedimento incidentale di archiviazione di cui agli artt. 408 e ss.
c.p.p., si verifichi il decesso della persona offesa, l’erede non può succedere nella posizione sostanziale e processuale del defunto, in quanto la qualità di persona offesa è strettamente personale e correlata al rapporto processuale penale che si instaura con l’indagato e non è trasmissibile iure hereditatis. Né in tale ipotesi è suscettibile di applicazione
analogica il dettato dell’art. 90, comma 3 c.p.p., con cui il legislatore ha esteso le facoltà
ed i diritti della persona offesa ai prossimi congiunti, qualora essa sia deceduta in conseguenza del reato»
Cass. pen., Sez. VI, 23 novembre 2006, n. 38872.
Il nesso causale tra il decesso ed il fatto illecito deve essere rilevato a
priori, secondo una valutazione discrezionale, anche in ragione del capo
di imputazione addebitato all’indagato (art. 586 c.p.). Secondo una diversa impostazione, l’art. 90, comma 3, c.p.p. potrebbe essere interpretato estensivamente, dovendosi applicare, in materia, i principi propri
della responsabilità civile extracontrattuale, i quali consentirebbero l’esercizio dei diritti spettanti al de cuius, da parte dei suoi eredi, indipendentemente dalla causa del decesso. Peraltro, la considerazione della causa
del decesso in rapporto al fatto illecito, al fine dell’attribuibilità o meno
dei diritti spettanti alla persona offesa defunta, in capo ai suoi congiunti, appare essere quantomeno problematica, in considerazione del fatto
che presuppone una valutazione di merito i cui presupposti costituiscono proprio il fine al quale il procedimento penale è diretto. Anche la valutazione di tale aspetto sembra condurre ad un’interpretazione ampia
del disposto normativo.
La nozione di “prossimo congiunto” ai sensi ed agli effetti della legge penale è data dall’art. 307, comma 4, c.p. Sotto questo profilo, occorre distinguere i prossimi congiunti che subentrano al de cuius nella
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Capitolo Quarto
qualità di eredi dagli altri. Ai primi sono attribuibili sia diritti di natura
processuale (ex art. 90, comma 3, c.p.p.) che diritti di natura sostanziale, mentre agli altri, esclusivamente diritti di natura processuale. Più
precisamente, ai prossimi congiunti che non abbiano anche la qualità di
eredi del de cuius viene attribuito esclusivamente un interesse morale a
subentrare nell’esercizio dei poteri processuali attribuiti alla persona offesa (ovvero l’interesse alla perseguibilità ed alla punizione del colpevole) che l’ordinamento è inteso ugualmente a tutelare.
3. La persona offesa in qualità di testimone
Al di là che esercitare le funzioni espressamente a lei attribuite dalla
legge, la persona offesa può trovare ingresso nel processo penale anche
in qualità di testimone.
I due ruoli, che in questo caso vengono a riunirsi in un’unica persona, rimangono tuttavia del tutto indipendenti l’uno dall’altro.
Nel nostro ordinamento non esistono particolari preclusioni alla
prova testimoniale in capo alla persona che riveste anche la qualità di
persona offesa dal reato.
La testimonianza della persona offesa, ove non supportata da altri
elementi probatori seri e concomitanti, può eventualmente incidere sulla valutazione della sua attendibilità da parte del Giudice.
Giurisprudenza
«In tema di reati sessuali, poiché la testimonianza della persona offesa è spesso unica
fonte del convincimento del giudice, è essenziale la valutazione circa l’attendibilità del teste. Tale giudizio, essendo di tipo fattuale, ossia di merito, in quanto attiene il modo di essere della persona escussa, può essere effettuato solo attraverso la dialettica dibattimentale, mentre è precluso in sede di legittimità, specialmente quando il Giudice del merito
abbia fornito una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria»
Cass. pen., Sez. III, 18 dicembre 2006, n. 41282.
«Ai fini della formazione del libero convincimento del Giudice, ben può tenersi conto delle
dichiarazioni della parte offesa, la cui testimonianza, ove ritenuta intrinsecamente attendibile, costituisce una vera e propria fonte di prova, sulla quale può essere, anche esclusivamente, fondata l’affermazione di colpevolezza dell’imputato, purché la relativa valutazione sia adeguatamente motivata. E ciò vale, in particolare, proprio in tema di reati sessuali, l’accertamento dei quali passa, nella maggior parte dei casi, attraverso la necessaria valutazione del contrasto delle opposte versioni di imputato e parte offesa, soli prota-
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gonisti dei fatti, in assenza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti
ad attribuire maggiore credibilità, dall’esterno, all’una o all’altra tesi»
Cass. pen., Sez. IV, 10 agosto 2005, n. 30422.
Ovviamente, il giudizio di attendibilità compiuto dal Giudice non è
limitato ai reati di tipo sessuale, a quelli di natura endofamiliare, ovvero,
più in generale, a tutti quei procedimenti nei quali la testimonianza della persona offesa è spesso l’unico od il prevalente elemento probatorio.
Risulta pertanto evidente che, in questi casi, la valutazione sull’attendibilità del testimone si presti ad essere particolarmente importante agli effetti processuali, anche in virtù della rilevanza degli effetti che ne derivano.
Giurisprudenza
«In tema di valutazione della testimonianza della persona offesa dal reato, le dichiarazioni
della stessa vanno vagliate con opportuna cautela, compiendone un esame penetrante e
rigoroso, atteso che tale testimonianza può essere assunta da sola quale fonte di prova
unicamente se sottoposta ad un riscontro di credibilità oggettiva e soggettiva, senza peraltro che ciò implichi la necessità di riscontri esterni»
Cass. pen., Sez. III, 12 ottobre 2006, n. 34110.
La testimonianza della persona offesa, anche laddove essa si sia costituita parte civile può essere assunta, anche da sola, come prova della responsabilità dell’imputato, senza che sia indispensabile applicare l’art.
3
192 c.p.p., il quale presuppone la sussistenza di riscontri esterni .
La giurisprudenza ha stabilito che, in tema di incompatibilità ad assumere l’ufficio di testimone, non sussiste l’incapacità a deporre di un
soggetto che sia stato prosciolto dall’imputazione relativa ad un reato
connesso con quello per cui si procede, quando il suddetto soggetto sia
anche persona offesa da tale reato. In questi casi, la sua citazione, quale
persona offesa, è imposta dall’art. 429, comma 4, c.p.p., il cui dettato
prevale, in base al principio della ricerca della prova, sulla disposizione
4
in tema di incompatibilità con l’ufficio di testimone .
Ai sensi dell’art. 208 c.p.p., nella fase dibattimentale del procedimento
penale, può essere esaminata, su sua richiesta o su richiesta delle altre parti
processuali, solamente la parte civile che non debba essere sentita come
testimone.
3
Cass. pen., Sez. I, 2 dicembre 2004, n. 46954; Cass. pen., Sez. VI, 2 agosto 2004,
n. 33162.
4
Cass. pen., Sez. VI, 15 marzo 2005, n. 10084.
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Capitolo Quarto
4. Il minore nel processo penale ordinario
Salvo quanto previsto dall’art. 33, D.P.R. n. 448/1988, le norme relative alla testimonianza od all’esame del minorenne sono contenute nel
codice di procedura penale ordinario e trovano applicazione per qualsiasi tipo di procedimento penale, indipendentemente dalla giurisdizione e dalla competenza processuale.
Relativamente alla capacità a testimoniare (art. 196 c.p.p.), occorre
certamente che il minorenne sia capace di discernimento indipendentemente dalla sua età.
Giurisprudenza
«L’idoneità a rendere testimonianza è concetto diverso, e di maggior ampiezza, rispetto a
quello della capacità di intendere e volere, implicando non soltanto la necessità di determinarsi liberamente e coscientemente, ma anche quelle di discernimento critico del contenuto delle domande al fine di adeguarvi coerenti risposte, di capacità di valutazione delle domande di natura suggestiva, di sufficiente capacità mnemonica in ordine ai fatti specifici oggetto della deposizione, di piena coscienza dell’impegno di riferire con verità e
completezza i fatti a sua conoscenza. L’obbligo di accertamento della capacità di intendere e di volere non deriva da qualsivoglia comportamento contraddittorio, inattendibile o
immemore de teste, ma sussiste soltanto in presenza di una situazione di abnorme mancanza nel testimone di ogni elemento sintomatico della sua assunzione di responsabilità
comportamentale in relazione all’ufficio ricoperto»
Cass. pen., Sez. I, 28 marzo 1997, n. 2993.
La recente giurisprudenza ha riconosciuto che la testimonianza del
minorenne, soprattutto laddove verta su eventuali abusi o violenze subite, devono essere valutate con attenzione, in quanto i minori preadole5
scenti possono confondere la realtà con l’immaginazione . Ai fini della
verifica della capacità di testimoniare del minore, l’Autorità giudiziaria
può disporre apposita perizia (art. 196, comma 2, c.p.p.).
Norme particolari, con riferimento all’audizione del minore nei procedimenti penali, sono previste all’art. 398 c.p.p. in tema di incidente
probatorio e dall’art. 498 c.p.p. in tema di esame testimoniale.
Ai sensi dell’art. 498, comma 4, c.p.p., l’esame testimoniale del minorenne è condotto direttamente dal Presidente del collegio giudicante,
ovvero dal Giudice monocratico sulle domande e sulle contestazioni
proposte dalle parti.
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Cass. pen., Sez. III, 17 giugno 2007, n. 21643.
La posizione processuale della parte civile e della persona offesa nel processo penale
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Nell’esame, il Presidente del collegio giudicante od il Giudice monocratico procedente, possono avvalersi dell’ausilio di un familiare del
minore oppure di un esperto di psicologia infantile.
L’ausilio di soggetti terzi è sempre facoltativo da parte del Giudice.
In ogni caso, l’ausilio del familiare deve certamente ritenersi inammissibile quando egli sia direttamente od indirettamente coinvolto nel procedimento penale, anche solamente sotto il profilo potenziale, come ad
esempio nell’ipotesi di illeciti endofamiliari.
Il Giudice, sentite le parti, può disporre con ordinanza che l’esame
testimoniale prosegua nelle forme ordinarie, qualora ritenga che l’esame
diretto del minore non possa nuocere alla sua serenità.
L’ordinanza può essere revocata in qualsiasi momento.
Il riferimento alla “serenità del teste” deve essere inteso alla particolare vulnerabilità del testimone minorenne. La giurisprudenza ha precisato che l’art. 498 c.p.p. trova applicazione esclusivamente nella fase dibattimentale e non in sede di sommarie dichiarazioni rese nel corso del6
le indagini preliminari .
4.1. L’audizione del minore vittima di reato
La legge 3 agosto 1998, n. 269 ha introdotto alcune norme a tutela
dei minorenni, inserite nell’art. 498 c.p.
Relativamente all’audizione del minore nel processo penale ordinario, se una delle parti lo richiede ovvero il Giudice lo ritiene opportuno,
può trovare applicazione il procedimento disciplinato dall’art. 398, comma 5-bis, c.p.p. il quale prevede l’audizione del minore in luogo diverso
dal Tribunale (art. 498, comma 4-bis, c.p.p.).
L’art. 398, comma 5-bis, c.p.p. trova applicazione in sede di incidente probatorio e stabilisce che:
Normativa
«Nel caso di indagini che riguardano ipotesi di reato previste dagli artt. 600-bis, 600-ter,
600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater e 609-octies c.p.p., il Giudice, ove fra le persone interessate all’assunzione della prova vi siano minori di anni sedici, con l’ordinanza
di cui al comma 2, stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui pro-
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Cass. pen., Sez. IV, 13 novembre 2000, n. 11615.
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Capitolo Quarto
cedere all’incidente probatorio, quando le esigenze del minore lo rendono necessario od
opportuno. A tal fine l’udienza può svolgersi anche in luogo diverso dal Tribunale, avvalendosi il Giudice, ove esistano, di strutture specializzate di assistenza o, in mancanza,
presso l’abitazione dello stesso minore. Le dichiarazioni testimoniali debbono essere documentate integralmente con mezzi di riproduzione fonografica e audiovisiva. Quando si
verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si provvede
con le forme della perizia ovvero della consulenza tecnica. Dell’interrogatorio è anche redatto verbale in forma riassuntiva. La trascrizione della riproduzione è disposta solo se
richiesta dalle parti»
art. 398, comma 5-bis, c.p.p., intr. ex art. 14, legge 15 febbraio 1996, n. 66, mod. ex art. 13, legge 3 agosto
1998, n. 269.
Con sentenza 9 luglio 1998, n. 262, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questa norma nella parte in cui
non trova applicazione anche con riferimento al reato di corruzione di
minorenne (art. 609-quinquies c.p.).
La pronuncia additiva della Corte delle leggi appare essere ampliamente criticabile, posto che, nonostante il suo posizionamento nel codice penale, il reato di corruzione di minorenne non offende propriamente la libertà sessuale del minore bensì la sua moralità.
In sede dibattimentale, il disposto dell’art. 398, comma 5-bis, c.p.p.
sembra trovare un’applicazione più ampia rispetto che in sede di incidente probatorio, in quanto, il rinvio a questa norma, da parte dell’art.
498, comma 4-bis, c.p.p., è riferito esclusivamente alle sue modalità di
attuazione e non alle ipotesi oggettive e soggettive alle quali esso si riferisce.
In questo senso, potrebbe ritenersi che l’art. 398, comma 5-bis, c.p.p.
trovi applicazione, in sede dibattimentale, anche nei confronti dei minorenni ultrasedicenni e per qualsiasi tipo di reato.
Secondo un’altra impostazione, invece, i limiti oggettivi e soggettivi
previsti dall’art. 398, comma 5-bis, c.p.p. troverebbero applicazione estensiva anche in sede dibattimentale, in virtù del fatto che il rinvio andrebbe riferito, all’intera norma richiamata nel suo complesso, come confermato dal fatto che le ipotesi delittuose disciplinate dall’art. 398, comma 5-bis, c.p.p. sono uguali a quelle richiamate dall’art. 498, comma 4ter, c.p.p.
Quest’ultima norma stabilisce che, quando si procede per i reati di
prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.), pornografia minorile (art. 600ter c.p.), detenzione di materiale pedopornografico (art. 600-quater c.p.),
iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile
(art. 600-quinquies c.p.), violenza sessuale aggravata (artt. 609-bis e 609-
La posizione processuale della parte civile e della persona offesa nel processo penale
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ter c.p.), atti sessuali con minorenne (art. 609-quater c.p.) e violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies c.p.), l’esame del minore, vittima del reato possa essere effettuato, su sua richiesta o del suo difensore, mediante l’uso di un vetro specchio unitamente ad un impianto citofonico.
Le ipotesi di reato per le quali la norma trova applicazione sono tassative e non suscettibili di estensione analogica.
Ciò nonostante, concordemente alla declaratoria di incostituzionalità
7
avvenuta con riferimento all’art. 398, comma 5-bis, c.p.p. , deve ritenersi che l’art. 498, comma 4-ter, c.p.p. possa trovare applicazione anche
con riferimento al reato di corruzione di minorenne (art. 609-quinquies
c.p.).
Diversamente dalle norme precedenti, questa disposizione trova applicazione esclusivamente nei confronti del minore vittima del reato per
cui si procede e non quando quest’ultimo rivesta la qualità di semplice
testimone.
Deve ritenersi che la richiesta di procedimento, ai sensi dell’art. 498,
comma 4-ter, c.p.p. possa essere formulata anche dalle persone esercenti la podestà genitoriale sul minore.
Il vetro-specchio consiste in un vetro oscurato che permette alle parti di vedere il minore ma non viceversa. Nonostante la tassatività della
norma, deve ritenersi che il procedimento indicato dalla norma possa
essere applicato anche con altri sistemi volti a garantire il contradditorio
delle parti e la protezione del minorenne, soprattutto quando ciò avvenga con il consenso delle parti.
Contrariamente al disposto dell’art. 498, comma 4, c.p.p., quello dei
commi seguenti (art. 498, commi 4-bis e 4-ter, c.p.p.) trova applicazione
sia nel processo penale ordinario che in quello minorile.
5. I poteri e le facoltà degli enti esponenziali nel procedimento penale
Ai sensi dell’art. 91 c.p.p., i diritti e le facoltà attribuite alla persona
offesa nel processo penale possono essere esercitati anche dagli enti esponenziali, ovvero dagli enti e dalle associazioni rappresentative di interessi diffusi, lesi dal reato, laddove vi sia il consenso della persona of7
Cort. cost. 9 luglio 1998, n. 262.
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Capitolo Quarto
fesa (art. 92 c.p.p.) e vi sia stato l’intervento processuale nei modi ed entro i termini stabiliti dalla legge (artt. 93 e 94 c.p.p.).
Gli enti e le associazioni rappresentative di interessi diffusi hanno anche autonome facoltà, rispetto alla persona offesa.
Ai sensi dell’art. 505 c.p.p., le associazioni o gli enti intervenuti nel
processo ex art. 93 c.p.p. possono chiedere al Giudice di rivolgere domande ai testimoni, ai periti ed alle parti private che siano sottoposte ad
esame, nonché l’ammissione di nuovi mezzi di prova utili all’accertamento dei fatti.
Non essendo vere e proprie parti processuali, gli enti esponenziali
non possono pertanto intervenire direttamente nella fase istruttoria del
dibattimento, bensì solamente in via mediata attraverso la sollecitazione
del Giudice.
Allo stesso modo, gli enti esponenziali non possono direttamente proporre opposizione avverso alla sentenza di primo grado, né con riferimento ai capi civili né a quelli penali, ma esclusivamente sollecitare il
Pubblico Ministero, con richiesta scritta e motivata, a proporre impugnazione ad ogni effetto penale, nei modi e nei termini in cui ciò gli sia
consentito dalla legge (art. 572 c.p.p.).
Tale facoltà non è attribuita in udienza, alla persona offesa, la quale ha
diritto esclusivamente a presentare memorie e formulare istanze istruttorie
fuori udienza, prevalentemente nella fase delle indagini preliminari.
Nella fase dibattimentale, gli enti esponenziali hanno altresì facoltà
di chiedere la lettura degli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento
o l’indicazione specifica degli atti utilizzabili ai fini della decisione (art.
511, comma 6, c.p.p.).
6. Le facoltà ed i diritti della parte civile nel corso del processo penale
Con la costituzione di parte civile, la persona offesa diviene a tutti gli
effetti una parte del processo.
In questo senso, acquisisce maggiori diritti e facoltà all’interno del
processo penale rispetto alla persona offesa, prima fra tutte quella di richiedere ed ottenere la restituzione od il risarcimento del danno o di esercitare le altre azioni civili previste dalla legge.
Mentre le limitate facoltà esercitabili nel processo penale dalla persona offesa sono rivolte esclusivamente a perseguire un interesse pret-
La posizione processuale della parte civile e della persona offesa nel processo penale
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tamente morale alla punizione del responsabile di un fatto illecito, la
parte civile regolarmente costituita tende invece a perseguire anche un
interesse materiale, volto ad ottenere la riparazione di un danno.
Alla parte civile sono in primo luogo attribuite le facoltà della persona offesa, le quali vengono particolarmente ampliate, anche con riferimento alle fasi prodromiche al dibattimento.
Oltre ad esse, la parte civile può esercitare tutti quei diritti e quelle
facoltà che le vengono espressamente riconosciute dalla legge, nonché
tutte quelle che vengono genericamente attribuite alle parti processuali.
Ai sensi dell’art. 121 c.p.p., ogni parte processuale, in qualsiasi fase e
grado del processo, può presentare al Giudice memorie o richieste scritte, mediante deposito in cancelleria, sulle quali il Giudice deve ritualmente provvedere.
Giurisprudenza
«Per i privati e i difensori non c’è alternativa alla adozione delle forme espressamente previste dalla normativa processuale, costituita dall’art. 121 c.p.p., che stabilisce che le memorie e le richieste delle parti devono essere presentate al Giudice per iscritto mediante
deposito in cancelleria. L’art. 150 c.p.p., che contempla l’uso di forme particolari, quali il
telefax, indica nei funzionari di cancelleria gli unici soggetti abilitati ad avvalersene, sicché
il mezzo in questione non può essere utilizzato per chiedere il rinvio dell’udienza»
Cass. pen., Sez. V, 22 febbraio 2006, n. 6696; conforme Cass. pen., Sez. II, 12 gennaio 2004, n. 789.
«La segnalazione di un impedimento del difensore di fiducia con contestuale richiesta di rinvio, spedita via fax ai sensi dell’art. 150 c.p.p., pervenuta alla cancelleria prima dell’inizio dell’udienza ma trasmessa al Giudice dopo la celebrazione del dibattimento, non costituisce
motivo di nullità della sentenza in quanto la scelta di un mezzo tecnico non previsto specificatamente dalla legge per il deposito delle istanze, ai sensi dell’art. 121 c.p.p., espone il richiedente al rischio dell’intempestività con cui l’atto può pervenire alla conoscenza del Giudice»
Cass. pen., Sez. V, 19 aprile 2005, n. 14574.
Secondo un diverso orientamento, la richiesta di rinvio dell’udienza
può essere presentata anche a mezzo telefax.
Il rigetto immotivato dell’istanza di acquisizione di una memoria difensiva, presentata ex art. 121 c.p.p., o la sua omessa valutazione determinano una nullità di ordine generale ex art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p.,
in quanto, oltre a costituire violazione delle regole che presiedono alla
motivazione della sentenza, comportano la lesione del diritto di interven8
to o assistenza difensiva .
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Cass. pen., Sez. I, 12 dicembre 2005, n. 45104.
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