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Archiviazione – Parti offese e danni morali
Saggi Archiviazione – Parti offese e danni morali Luigi Favino Avvocato del Foro di Roma 1. Denuncianti e parti offese La difficoltà che a volte si incontra nel distinguere gli interessi della parte offesa, da quelli del denunciante, in un processo per reati contro la pubblica amministrazione, ci ha indotti all’indagine qui di seguito sul bene giuridico offeso che fa parte delle pregiudizialità del procedimento appena iniziato e che talvolta conduce a ritenere la sussistenza di un’altra parte offesa accanto a quella usuale dell’indagato. Il denunciante è portatore di un interesse processuale mediato e riflesso e come tale si distingue dalla rituale parte offesa che rimane pur sempre l’unico titolare del bene giuridico leso dal reato e che per tale sua qualità, può proporre opposizione alla richiesta pre-istruttoria di archiviazione1. Più specificamente, in tema di abuso di ufficio, nel caso in cui il reato si realizzi attraverso il conferimento di un ingiusto vantaggio, il Giudice non è tenuto a disporre l’archiviazione con la fissazione dell’udienza, a seguito dell’opposizione del denunciante, potendo più semplicemente provvedere “de plano”, in quanto in capo al denunciante medesimo difetterebbe il requisito legittimante della qualità di persona offesa, essendo l’interesse tutelato solo quello della p.a. nei tre noti requisiti del “buon andamento”, “imparzialità” e della trasparenza, in quanto posti in pericolo dal comportamento dei pubblici ufficiali2. In sostanza la qualità di parte offesa spetta soltanto alla Pubblica Amministrazione e non anche al privato, ove la condotta dell’indagato di abuso si fosse esplicata con l’attribuzione di un ingiusto vantaggio patrimoniale. Se invece si fosse realizzata con finalità di danno, specie in reati plurioffensivi, anche il privato danneggiato assumerebbe la qualità di parte offesa assieme alla pubblica amministrazione, ed avendo così diritto a ricevere l’avviso per l’eventuale opposizione3, così come anche nell’ipotesi di omissione ex art. 328, I co. c.p., dove può verificarsi il caso di un danneggiato da un comportamento omissivo del pubblico ufficiale e contemporaneamente la violazione del principio ex art. 97 Cost. del già visto “buon andamento della P.A.4”, nella quale coesiste l’interesse alla tutela da ogni reato di evento e di danno5. Più in particolare poi, sussisterebbe un analogo interesse dello Stato alla corretta amministrazione della giustizia, allorchè, ad esempio, per violazione dell’art. 381, I co. c.p.6, un unico avvocato assista parti contrarie in posizioni incompatibili tra loro, laddove è prevalente per prassi un interesse del privato su quello pubblico. Altrettanto può dirsi per il reato di calunnia, laddove i casi di archiviazione sono frequenti per insussistenza dell’elemento soggettivo, rilevabile anche solo nell’ipotesi dell’esatta corrispondenza tra il mancato momento rappresentativo (sicura conoscenza della non colpevolezza dell’imputato) e momento volitivo (intenzionalità dell’incolpazione7). In ognuno di questi casi, tuttavia, il danneggiato denunciante o no che sia, per qualsiasi tipologia di reato potrà sempre costituirsi parte civile, subito dopo la conclusione della fase delle indagini. 2. Appunti sul danno morale e patrimoniale Come è noto, a seguito della nuova formulazione, la fattispecie di cui all’art. 323 c.p.8, può concretizzarsi solo in presenza di violazione di norme o regolamenti, ma anche per violazione del dovere di astensione, nei casi previsti per interessi personali e per altri casi. Di conseguenza ogni condotta del pubblico ufficiale che consista nell’adozione di provvedimenti amministrativi illegittimi od invalidi, soprattutto per eccesso di potere, esula dall’ambito della fattispecie, perché, altrimenti, si verificherebbe una violazione della discrezionalità amministrativa9 che rimane di competenza del T.A.R.. Quale allora la competenza del giudice penale? Solo l’ipotesi residuale del pubblico ufficiale che intenzionalmente procuri un vantaggio patrimoniale a se, od un danno ingiusto ad altri, con violazione di legge o regolamenti, salvo che – come genericamente indicato dalla norma il fatto non costituisca un più grave reato10; dalla corruzione alla calunnia, dall’appropriazione indebita al peculato, tutte fattispecie che se provate per testi, oppure documentalmente, valgono a far superare il discrimine dell’archiviazione all’azione penale intrapresa dal P.M.. In caso contrario l’azione si estinguerebbe con una delle usuali formule: a) per la mancanza di una condizione di procedibilità perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, b) o perché tutti gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio11. Va rilevato che l’intenzionalità del soggetto deve essere orientata alla causazione dell’evento ponendosi in un rapporto di connessione causale con un specifico fatto che può ledere non solo l’interesse pubblico, ma anche quello di un soggetto privato, magari danneggiato dalla predetta condotta del pubblico ufficiale12. Quanto al danno che si riferisce l’art. 323 c.p., esso deve essere ingiusto e di natura non esclusivamente patrimoniale, perché può 16 Temi Romana Saggi comprendere tutti quei casi di aggressione a beni ad altri interessi attinenti alla sfera della persona costituzionalmente protetta (ansia, preoccupazioni, perdita di prestigio e di decoro), in qualche modo connesso con la condotta illecita del pubblico ufficiale13, e che, puntualmente, dovrà essere dimostrato documentalmente, perchè non di rado si appalesa difficile, specie nei processi legati alle c.d. tangentopoli, per la parte offesa che non sia lo Stato, la presenza del danno diretto ed immediato, che senza l’ausilio di difese esperte è ricondotto al massimo ad una fattispecie di interesse legittimo e come tale rifiutato dal giudice ordinario e rispedito al mittente con tanti auguri di ottenere giustizia in sede di T.A.R., ma dopo l’esaurimento del processo penale. In casi come quelli delle illecite assunzioni da parte di enti statali, l’ago della bilancia appare sempre più quello della condotta degli indagati, cui deve essere correlata la situazione di danno discendente per il neo assunto, per il fatto – ad esempio – dell’avviamento della procedura dell’assunzione nominativa a tempo determinato, in violazione dei principi di legalità e di proceduralità dell’attività amministrativa. Tuttavia la preponderanza della concezione statistica anche dall’incorporamento dell’azione del P.M., in quella generale appartenenza di questi all’unica carriera di magistrato, che accentua ancora di più il conflitto di interessi solo apparente, tra il cittadino che vuole esercitare l’azione privata nel processo penale ed il medesimo individuo che è stato danneggiato o è parte offesa, genericamente rappresentato dal P.M. come tale solo per giungere alla punizione del colpevole. Negli Stati Uniti dove statale è spesso contrapposto a federale, esiste una tutela più completa e collegata, per le parti offese con il P.M. tanto per le carriere separate dei magistrati che giudicano, da quelli dell’accusa, quanto per un fatto di equità e di diritto naturale, per la storica fusione dei principi della ”equità” inglese con i testi romani. Addirittura un grande giurista romano, R. Pound, ha ritenuto l’interpretazione del diritto come un opera di ingegneria sociale, idonea non solo a dirimere i conflitti giudiziari, ma anche a prevenirli. In Italia il conflitto è permanente anche se involontario non potendo più la farraginosa macchina statale pretendere di tutelare richieste legittime dei danneggiati, parti offese e parti civili, perché le normative sono spesso in contrasto con l’esercizio delle procedure per ottenere il ristoro dei danni non solo dal punto di vista costituzionale, ma anche da quello del buon senso14. L’esigenza di introdurre un criterio obbiettivo di determinazione del danno non patrimoniale è tra le più vive nella dialettica processuale. Il vecchio sistema risarcitorio del danno alla persona è il correlativo obbiettivo del concetto binario tradizionale; da un lato il danno patrimoniale entro lo schema dei disposti degli artt. 1223 e 2056 c.c., e dunque come danno emergente e come lucro cessante; dall’altro il danno non patrimoniale o morale ma subordi- Temi Romana natamente alla condizione posta dall’art. 2059 c.c., e cioè nei soli casi determinati dalla legge, sostanzialmente identificati nell’esistenza di un reato (art. 185 c.p.); così ritenuti troppo angusti dal De Cupis nella sua opera magistrale15. Si è a lungo dibattuto sui limiti di tale interdipendenza e se il reato dovesse essere conosciuto o conoscibile e se tale delibazione fosse prerogativa del giudice penale, ovvero rientrasse nelle “spettanze” del giudice civile, quando investito di un fatto di sua competenza e per i soli fini risarcitori, da questo emergesse la fattispecie “penale” non perseguibile per qualche dirimente di legge in sede propria (amnistia, non punibilità o non imputabilità del reo, carenze di presupposti processuali ex art. 198). Va anche soggiunto che mentre per il danno emergente e per il danno non patrimoniale risultava attribuito “iure proprio” o “iure ereditario”, il sistema binario ha subito una sorte di rovesciamento a seguito dell’ammissione nell’orbe risarcitorio del danno biologico o alla salute – che solo per completezza di disamina, si ritiene di non tralasciare in questo lavoro – e all’introduzione del concetto di danno-evento a lato di quello del danno-conseguenza, l’uno “ex se” sempre presente e sempre risarcibile; l’altro correlato ai concreti pregiudizi economici o anche afflittivi e risarcibile, quanto al danno patrimoniale, in termini di risultanze probatorie e, quanto al danno non patrimoniale, solo in presenza di un reato16. Il danno biologico che ha assunto con la sentenza costituzionale n. 184/86 un ruolo centrale nel sistema risarcitorio e che ancora oggi subisce incessanti introspezioni giurisprudenziali (sotto nuovi profili circa la deduzione del danno biologico nell’ambito della fattispecie degli artt. 2043 e 2059 c.c.) sta a mezzo tra il danno economico e quello morale. Per il primo aspetto si può ritenere che esso rientri di diritto nello scenario dell’art. 2043, in quanto suscettibile di quotazioni patrimoniali per i riflessi nella vita di relazione e di produzione di reddito, e inoltre corrivo a formare oggetto di trasmissione e, in caso di morte del legittimato, a costituirsi come bene proprio degli eredi. Per il secondo aspetto, danno biologico non patrimoniale esso viene inquadrato nella nozione del danno morale e quindi nella previsione dell’art. 2059 c.c., ma qui, di là dalle strettoie della norma, come effetto della violazione del diritto alla vita, bene per sé stesso ed autonomo, rispetto alle estrinsecazioni e pertanto risarcibile (anche qui si reintroduce la dicotomia tra diritto proprio e diritto ereditario), quale lesione o distruzione del valore-uomo nella configurazione del danno evento. Qualunque siano le evoluzioni della giurisprudenza e ferma rimanendo l’acquisizione dell’azionabilità del danno biologico nell’ambito dell’art. 2043 c.c., si avverte l’esigenza di un segno efficace di adeguamento legislativo, sia per fugare perplessità ed anomalie interpretative sia per conferire certezza giuridica all’istituto della responsabilità per quanto riguarda la sua latitudine e le sue consequenzialità. 17 Saggi _________________ 1 V. ex multis Sez. VI n. 39751 del 21.10.2003, in Riv. Mass. Pen. n. 226936. 2 V. Cass Sez. VI n. 3499 del 25.11.1999, ibidem n. 214919. 3 V. Cass. Sez. VI, 31 marzo 1999 in Ric. Testa n. RV 214749. 4 V. nota 3. 5 V. Cass. Sez. VI, 3 luglio 2003, Costantini in RV n. 226266; Cass. Sez. VI, 5 maggio 2000, PC. De Tottis in RV 211637 ed anche Cass. Sez. VI, n. 10136 del 25 settembre 1998. 6 Il titolo del reato recita: altre infedeltà del patrocinatore e del consulente tecnico. V. per tutte Cass. Sez. VI, n. 17992/2007. 7 Il titolo del reato recita: altre infedeltà del patrocinatore e del consulente tecnico. V. per tutte Cass. Sez. VI, n. 17992/2007. 8 Ad opera della legge 16 luglio 1997 n. 234 – v. Vassalli, I delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, in Ragiusan (Rassegna Giuridica della Sanità n. 18 del 1985, pag. 8) dove puntualmente l’alto giurista osserva a proposito dell’ancora non approvato disegno di legge governativo: … “importante è la proposta di introdurre il requisito dell’illegittimità dell’atto abusivo destinato a porre l’amministrazione al riparo da ingerenze nel merito o sull’opportunità dell’atto compiuto anche se è lecitoprevedere che siffatte ingerenze del magistrato penale potranno ancora verificarsi come censure di legittimità dell’atto per eccesso di potere”. di c.d. “reato causalmente orientato”, in una fattispecie ex art. 323 c.p.; V. pure F. Mantovani, Diritto Penale, p. 226, Cedam 1994, relativamente anche ai reati plurioffensivi. 9 V. Cass. Sez. II, n. 37575/2004. 15 De Cupis, Il valore economico della persona umana, pag. 1262, 1956; v. Favino, Danno patrimoniale, danno morale e danno biologico, in La Tutela del Lavoro, 1995, pag. 97. 10 V. Cass. Sez. V, n. 37575/2004. 11 V. l’art. 125 Disp. Attuazione e v. Cass. Civ. Sez. V, n. 11226/98. 12 V. Cass. Sez. VI, n. 6274/1999 che riguarda un caso ALCUNE SENTENZE RICHIAMATE Cass., Sez. VI pen., 21 ottobre 2003, n. 39751 INDAGINI PRELIMINARI (COD. PROC. PEN. 1988) – CHIUSURA DELLE INDAGINI ARCHIVIAZIONE – RICHIESTA DEL PUBBLICO MINISTERO – NOTIFICA ALLA PERSONA OFFESA – ABUSO D’UFFICIO – INGIUSTO VANTAGGIO PATRIMONIALE – ASSUNZIONE DELLA QUALIFICA DI PERSONA OFFESA DA PARTE DEL PRIVATO – ESCLUSIONE. In tema di abuso d’ufficio, un soggetto privato non assume la qualità di persona offesa dal reato, allorché sia realizzato un ingiusto vantaggio patrimoniale, giacché l’unica parte offesa è la pubblica amministrazione. Ne consegue che, in tal caso, non è ammessa l’opposizione del privato alla richiesta di archiviazione. (Fattispecie relativa al caso in cui i membri di una commissione di esame erano stati denunciati per irregolarità nella valutazione dei titoli concorsuali allo scopo di avvantaggiare un candidato). Cass., Sez. VI pen., 10 maggio 2007, n. 17992 REATI CONTRO L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA – DELITTI CONTRO L’ATTIVITÀ GIUDIZIARIA – CALUNNIA – ELEMENTO SOGGETTIVO (PSICOLOGICO): DOLO – CONDIZIONI PER LA SUSSISTENZA. In tema di calunnia, perché si realizzi il dolo, è necessario che colui che falsamente accusa un’altra persona di un reato abbia la certezza dell’innocenza dell’incolpato, in quanto l’erronea convinzione della colpevolezza della persona accusata esclude l’elemento soggettivo, da ritenere integrato solo nel caso in cui sussista una esatta corrispondenza tra momento rappresentativo (sicura conoscenza della non colpevolezza dell’accusato) e momento volitivo (intenzionalità dell’incolpazione). Il contenuto di non pochi precetti penali è conformato secondo un modello linguistico strutturato in modo tale che l’affermazione di responsabilità è condizionata all’accertamento della piena conoscenza ora di determinati presupposti ora di determinati elementi costitutivi. Ci si trova in 18 13 V. Cass. Sez. VI, n. 11549 del 21 ottobre 1998. 14 Sul risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad un provvedimento di archiviazione ex art. 409 c.p.p., comprendente “danno morale soggettivo, patema d’animo o la sofferenza contingente”; v. per tutti De Angelis, in Processo Civile e Processo Penale, Utet 2009, pag. 171. 16 In senso contrario v. Cass. SS. UU. 6.12.1982 n. 6651, in Mass. Ann. Cass. 1982, pag. 2248. presenza di prescrizioni normative le quali, sul piano strettamente funzionale, richiedono, per la natura del bene giuridico protetto o per le effettive finalità a base della previsione incriminatrice, che il soggetto agisca "scientemente", "sapendo" della sussistenza di un determinato fatto, ovvero, ancora, "intenzionalmente". Tra le prime ipotesi la dottrina annovera i reati di calunnia e di autocalunnia, tra le seconde il reato di ricettazione, al fine di differenziarlo (peraltro, con intuibili perplessità quanto a rigore dogmatico) dalla fattispecie contravvenzionale dell’incauto acquisto; la terza ipotesi è stata solo di recente canonizzata, almeno a livello codicistico (anche se quale risultato di argomentazioni di ordine dogmatico, pure qui, meritevoli di più adeguati approfondimenti, se non altro considerando il modello generale dell’elemento psicologico quale descritto dall’art. 43 c.p., comma 1, prima parte), alla stregua della L. 16/7/1997, n. 254, art. 1 che ha sostituito, nella previsione del delitto di abuso di ufficio, l’art. 323, nel testo risultante in forza della L. 26/4/1990, n. 86 art. 13. Temi Romana