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Atti a finalità mista, indizi di reato e garanzie difensive. Una sintesi

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Atti a finalità mista, indizi di reato e garanzie difensive. Una sintesi
Processo penale e giustizia n. 6 | 2015
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GIUSEPPE BISCARDI
Ricercatore di procedura penale – Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Atti a finalità mista, indizi di reato e garanzie difensive.
Una sintesi difficile
Actions with mixed purposes, crime indicias and defensional
guarantees. A difficult balance
Come noto, l’art. 220 norme coord. c.p.p. stabilisce che, all’atto dell’emersione di indizi di reato, ispezioni e verifiche amministrative debbano essere condotte – per quanto concerne l’indagine su ipotesi criminose – previo allestimento delle forme e garanzie previste dal codice di rito. Il tema centrale è quindi stabilire quando tali indizi debbano considerarsi sussistenti. Specifici aspetti problematici, peraltro, sorgono laddove il procedimento extrapenale
riguardi verifiche fiscali che poi sfociano in delitti tributari connotati da soglie di punibilità.
As we know, art. 220 of the coordinated criminal procedure code establishes that, when there is serious suspicion that an offence has been committed, administrative inspections and enquiries must be conducted –as far as
they concern crimes – with the forms and guarantees provided by the criminal procedure code. The main issue,
therefore, is to establish when those indicias emerge. Specific controversial issues arise when any extra-criminal
proceeding concerns tax investigations revealing tax crimes with a punishment threshold.
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO E FUMUS COMMISSI DELICTI
Dando vita ad un novum 1 apprezzabile almeno nelle intenzioni, il codice di procedura penale vigente ha inteso disciplinare in modo espresso 2 la questione – complessa e non di rado sfuggente –
dell’emersione di indizi di reato nel corso di accertamenti aventi natura extrapenale 3. Se, tuttavia, si
esamina l’elaborazione giurisprudenziale in argomento 4, può dirsi che la previsione normativa in
discorso non brilla per chiarezza ed univocità 5, essendo sorti nella prassi rilevanti profili problematici.
Eppure, all’apparenza, la soluzione legislativa non sembra tortuosa 6. Come noto, l’art. 220 norme
coord. c.p.p. dispone che, se nel corso di attività ispettive o di vigilanza 7 emergono indizi di reato, gli
1
Cfr. R.E. Kostoris, sub art. 220, in E. Amodio-O. Dominioni (diretto da), Commentario del nuovo codice di procedura penale,
Appendice, Milano, 1990, p. 74; G. Fumu, sub art. 220, in M. Chiavario (coordinato da), Commento al nuovo codice di procedura penale – La normativa complementare – II – Norme di coordinamento e transitorie, Torino, 1992, p. 101.
2
Peraltro, la regola dettata dall’art. 220 norme coord. c.p.p., a parere di N. Furin-L. Tedeschi, Garanzie di difesa tra attività
amministrative di vigilanza e attività investigative di polizia giudiziaria in materia di igiene e sicurezza del lavoro, in Cass. pen., 1997, p.
1511, non fa che esplicitare quanto già ricavabile da altre disposizioni del codice (ad es. artt. 63, 331, 335, 347).
3
Tributaria (infra), sanitaria, ambientale, previdenziale, etc.; cfr. G. Fumu, sub art. 220, cit., p. 104, nota 17.
4
Infra.
5
In termini Cass., sez. un., 28 novembre 2001, n. 45477, in Cass. pen., 2002, pp. 1304 ss.
6
In tal senso G. Fumu, sub art. 220, cit., p. 102.
7
«Previste da leggi o decreti»; in proposito R.E. Kostoris, sub art. 220, cit., p. 78, rileva l’omessa inclusione dei regolamenti tra
le fonti citate dall’art. 220 norme coord. c.p.p.
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atti di assicurazione delle fonti di prova 8 devono essere compiuti nel rispetto delle prescrizioni impartite dal codice di procedura penale 9. Si tratta di opzione aderente a numerosi dicta della giurisprudenza
costituzionale 10. La quale, appunto, ha escluso che le garanzie difensive debbano operare prima di tale
emersione 11; a meno che non si tratti di compiere atti fisiologicamente irripetibili, dei quali deve essere
dato previo avviso «all’interessato» 12, posto che gli stessi entrano a far parte del fascicolo per il dibattimento (art. 223, comma 3, norme coord. c.p.p.) 13.
ATTIVITÀ ISPETTIVE E DI VIGILANZA: QUESTIONI RILEVANTI
Un primo tema da esaminare concerne la perimetrazione delle attività nel corso delle quali 14 emergano
indizi di reato. A tal riguardo, la giurisprudenza 15 ha tentato di distinguere tra ispezione e vigilanza,
ritenendo la prima un’esplicazione del rapporto gerarchico tra ispettore ed ispezionato, e la seconda
l’esercizio di poteri pubblici di controllo sul rispetto di obblighi normativi da parte dei soggetti ad essi
tenuti 16. Tuttavia, tale linea di demarcazione non appare sempre netta. Ad esempio, e per quel che qui
più interessa 17, la Guardia di Finanza e gli uffici finanziari ispezionano la contabilità del contribuente,
anche in loco, e lo fanno al fine di controllare il (id est vigilare sul) rispetto degli obblighi imposti dalla
normativa tributaria. Per questa ragione, è necessario che le attività rilevanti ai fini dell’applicazione
dell’art. 220 norme coord. c.p.p. vengano individuate tramite l’accezione più ampia possibile 18.
8
Versandosi in uno stadio preprocessuale, deve ritenersi che il legislatore non si riferisca tout court alle prove, ma ad elementi che
possano assumere tale sembianza se e quando acquisiti in contraddittorio (ad esempio, le sommarie informazioni testimoniali di cui
all’art. 351 c.p.p.). Nondimeno, è impossibile pensare ad un’esclusione, nella fattispecie, degli atti irripetibili (ad esempio, il sequestro di
cose pertinenti al reato, art. 354, comma 2, ultimo periodo, c.p.p.) la cui valenza probatoria è fuori discussione.
9
Artt. 347 ss. c.p.p. In proposito, un utile quanto sintetico catalogo degli atti che possono essere compiuti è fornito dalla Circolare n. 1/2008 della Guardia di Finanza, vol. III, parte VII, in www.fiscoetasse.com, pp. 162 ss; nonché da L. Ambrosi-A. Iorio (a
cura di), Dal legale al domicilio, procedura più rigida, in Sole 24 Ore, 16 febbraio 2015, p. 22. Sebbene si tenda talora a circoscrivere la
portata applicativa dell’art. 220 norme coord. c.p.p. alle attività di iniziativa della polizia giudiziaria – paradigmatica al riguardo
la Circolare n. 1/2008 della Guardia di Finanza, cit., ibidem –, non vi è dubbio che tale disposizione imponga l’immediata operatività di ogni altra norma in ipotesi rilevante, tra cui il divieto di testimonianza sulle dichiarazioni dell’indagato (art. 62, comma
1, c.p.p.), ed il regime delle dichiarazioni auto ed eteroindizianti (art. 63 c.p.p., infra).
10
Sentt. 12 giugno 1996, n. 194; 26 giugno 1990, n. 330; 28 gennaio 1986, n. 15; 28 luglio 1983, n. 248; 8 maggio 1974, n. 122; 18
maggio 1972, n. 95; 2 febbraio 1971, n. 10; 6 luglio 1970, n. 118; 22 gennaio 1970, n. 2; 3 dicembre 1968, n. 149; 7 luglio 1968, n. 86;
17 giugno 1968, n. 69, tutte in www.cortecostituzionale.it.
11
Esprime decisa contrarietà al riguardo N. Furin, Polizia amministrativa e polizia giudiziaria: possono le pretese distinzioni tra
queste funzioni limitare le garanzie difensive nell’ambito dell’attività ispettiva e di vigilanza amministrativa?, in Cass. pen., 1999, pp.
2452-2453.
12
V. art. 223, commi 1 e 2, norme coord. c.p.p.
13
In sostanza, va garantita la difesa di chi potrebbe subire gli effetti dei risultati cui si perviene con l’atto irripetibile. D’altra
parte, in una fase meramente preliminare non è sempre agevole individuare tale soggetto.
14
Deve trattarsi quindi di un procedimento già iniziato e in itinere, il cui esordio, attese le caratteristiche extrapenali che lo
connotano, non implica un previo allestimento di garanzie difensive (supra). È un’impostazione non irragionevole, anche se diversa soluzione è adombrata da R.E. Kostoris, sub art. 220, cit., p. 77. In effetti, gli atti cui fa riferimento l’art. 220 norme coord.
c.p.p. hanno finalità mista (M. Nobili, Atti di polizia amministrativa utilizzabili nel processo penale e diritto di difesa: una pronuncia
marcatamente innovativa, in Foro it., 1984, I, c. 376), non potendosi predeterminare le risultanze cui giungeranno, le quali potranno avere anche rilevanza penale. In proposito, la giurisprudenza (Cass., sez. III, 17 giugno 2014, n. 27682, in www.dejure.giuffre.it)
ha affermato che quando venga effettuato un controllo amministrativo di altrui documentazione che “fotografi” un’ipotesi di
reato – nella fattispecie, omesso versamento delle ritenute previdenziali di cui all’art. 2, comma 1-bis, l. 11 novembre 1983, n. 638
– non può porsi questione di applicabilità dell’art. 220 norme coord. c.p.p. L’assunto non è del tutto erroneo (v. infatti infra); ma
qualche precisazione è obbligata. Anzitutto, si cadrebbe in errore ritenendo che le attività di cui all’art. 220 norme coord. c.p.p.
implichino di necessità l’accesso presso luoghi diversi dalla sede dell’amministrazione accertante (aziende, abitazioni, etc.). Potendo le stesse sostanziarsi anche, ad esempio, in richieste di documenti da inviare o consegnare presso tale sede (cfr. N. Furin,
Polizia amministrativa, cit., p. 2438). Inoltre, se dal controllo cartolare emerge la necessità di assumere informazioni dall’interessato o da terzi, queste ultime, ricorrendone le condizioni, saranno soggette alla disciplina di coordinamento. È chiaro, d’altra
parte, che se ciò non occorre in quanto l’indizio di reato si è già manifestato in forme sufficienti (infra), l’unico possibile seguito
sarà la trasmissione della notizia a norma dell’art. 331 c.p.p. (infra).
15
Cass., sez. un., 28 novembre 2001, n. 45477, cit.
16
Si veda G. Fumu, sub art. 220, cit., p. 104.
17
Infra.
18
In termini Cass., sez. un., 28 novembre 2001, n. 45477, cit.; G. Fumu, sub art. 220, cit., ibidem. Per tale motivo, non è condi-
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Ciò premesso, desta perplessità recente e reiterata giurisprudenza 19 secondo cui l’attività del curatore fallimentare, finalizzata alla presentazione della relazione di cui all’art. 33 r.d. 16 marzo 1942, n. 267,
esula dall’ambito di applicabilità dell’art. 220 norme coord. c.p.p.; e le dichiarazioni rilasciate dal fallito
in tale circostanza non soggiacciono alla disciplina di cui all’art. 63 c.p.p. Quest’ultima affermazione è
esatta, non potendosi qualificare il curatore come soggetto appartenente alla polizia giudiziaria 20. La
prima è da precisare, nei termini che seguono. Il curatore è legittimato ad ispezionare i libri contabili
dell’impresa fallita; così come è autorizzato, rectius obbligato, a verificare l’andamento gestionale dell’impresa nel periodo prefallimentare. Si tratta di un’attività ad esiti non predeterminabili (supra), nel
corso della quale non può escludersi l’insorgenza di indizi di reato. Ed allora, se vuol dirsi che nella fattispecie l’art. 220 norme coord. c.p.p. non si applica in quanto il curatore non appartiene alla polizia
giudiziaria, il rilievo è corretto, poiché a seguito di tale insorgenza non resterà che trasmettere la notizia
di reato a norma dell’art. 331 c.p.p. (infra). Ciò, tuttavia, non potrà impedire l’applicazione dell’art. 62
c.p.p., con conseguente divieto di testimonianza delle dichiarazioni rese dall’indagato 21. In tali casi, infatti, vi è l’obbligo di adottare una nozione di «procedimento» quanto più ampia possibile 22.
In pari, se non maggiore, misura, desta perplessità altra giurisprudenza 23, per la quale l’art. 220
norme coord. c.p.p. non trova spazio applicativo nel caso in cui gli insegnanti di una scuola provvedano a verbalizzare dichiarazioni sottoscritte da studenti, ed acquisibili a norma dell’art. 234 c.p.p., al fine
di individuare i responsabili di atti vandalici commessi all’interno dell’edificio scolastico. Poiché
l’attività ispettiva sarebbe riservata ai funzionari ministeriali ed al dirigente dell’istituto. A parte che la
motivazione non esplicita se si trattasse di dichiarazioni auto od eteroincriminanti, pare evidente la pericolosità di tale impostazione. Sussistendo indizi di reato 24, sarebbe sufficiente incaricare (od autoinvestirsi) di atti ispettivi in assenza dei requisiti soggettivi per compierli 25, per raccogliere elementi utilizzabili nel processo penale. Viceversa, appare applicabile l’art. 62 c.p.p., se gli imputati siano coloro che
rendono dichiarazioni autoincriminanti. Come già in parte precisato, la circostanza che le dichiarazioni
debbano essere rese «nel corso del procedimento» 26, non implica la formale instaurazione di quest’ultimo 27. Sebbene si tenda a ritenere possibile la testimonianza su dichiarazioni rese “al di fuori” del procedimento 28, tali dovranno intendersi solo quelle del tutto avulse da quest’ultimo. Come quando, ad
esempio, siano rese a parenti, affini od amici in contesti extraprocedimentali 29.
APPARTENENZA ALLA POLIZIA GIUDIZIARIA DEI SOGGETTI INCARICATI DELL’ISPEZIONE O DELLA VIGILANZA
Riprendendo un aspetto già accennato, appare indispensabile un chiarimento preliminare. Va distinto il
caso in cui l’accertamento extrapenale sia condotto da soggetti appartenenti alla polizia giudiziaria 30,
da quello in cui tale qualifica manchi. In quest’ultima ipotesi, gli atti previsti nell’art. 220 norme coord.
visibile quanto sostenuto da Cass., sez. IV, 21 dicembre 2011, n. 11197, in www.dejure.giuffre.it, per la quale – sebbene con riferimento all’art. 223 norme coord. c.p.p. – le garanzie approntate dal codice non operano se la vigilanza è richiesta dal privato interessato. Sembra un distinguo non sostenibile: purché il controllo sia previsto in via normativa (supra), l’eventuale emersione di
indizi di reato impone una soluzione uniforme.
19
Cass., sez. V, 20 giugno 2013, n. 35347, in Guida dir., 2013, 40, p. 91; Cass., sez. V, 18 gennaio 2013, n. 13285, in
www.dejure.giuffre.it; conforme Cass., sez. V, 4 ottobre 2004, n. 46795, in Cass. pen., 2006, p. 2224.
20
Art. 57, comma 3, c.p.p., infra. Nello stesso senso C. cost., sent. 27 aprile 1995, n. 136, in www.cortecostituzionale.it.
21
Contra, sebbene in una fattispecie avente ad oggetto il verbale di apposizione sigilli redatto in costanza di fallimento,
Cass., sez. V, 23 settembre 2005, n. 44285, in www.dejure.giuffre.it.
22
C. cost., sent. 28 luglio 1983, n. 248, cit.; Cass., sez. un., 28 novembre 2001, n. 45477, cit. Anche se va riconosciuto che nella
prassi tale regola è spesso disattesa, consentendosi l’acquisizione della relazione del curatore a norma dell’art. 234 c.p.p.
23
Cass., sez. II, 7 dicembre 2012, n. 11888, in www.dejure.giuffre.it.
24
E nel caso era già in corso un’indagine preliminare (sic).
25
E quindi contra legem.
26
Art. 62, comma 1, c.p.p.
27
Cass., sez. un., 28 novembre 2001, n. 45477, cit. Anche se, come visto, nel caso un procedimento era già pendente.
28
Cass., sez. II, 18 febbraio 2000, n. 7255, in Cass. pen., 2001, p. 1847.
29
Nello stesso ordine di idee cfr. Cass., sez. V, 25 giugno 2001, n. 32464, in www.dejure.giuffre.it.
30
Al riguardo un’utile ricognizione è effettuata da R.E. Kostoris, sub art. 220, cit., p. 74, nota 4.
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c.p.p. saranno inibiti, residuando solo l’obbligo di denuncia a norma dell’art. 331 c.p.p. 31. In altri termini, la disposizione di coordinamento in esame non può valere ad attribuire poteri investigativi, nel procedimento penale, a chi non sia autorizzato dalla disciplina generale (artt. 55 ss. c.p.p.) 32.
Vale la pena segnalare, inoltre, che l’emersione di indizi di reato nel corso di accertamenti amministrativi non imporrà, salve contrarie previsioni di diritto positivo, l’interruzione o sospensione degli
stessi, purché circoscritti all’ambito extrapenale 33.
IL DIES A QUO APPLICATIVO DELLE PREVISIONI DI CUI ALL’ART. 220 NORME COORD. C.P.P.
Come può intuirsi, in subiecta materia punto centrale è stabilire quando si verifichi l’emersione di indizi
di reato, che a sua volta impone l’allestimento dell’apparato di garanzie predisposto dall’art. 220 norme
coord. c.p.p. 34. Al riguardo, un dato pare incontestabile, proprio alla luce dell’esame testuale della disposizione. Rileva l’ipotesi di un fatto qualificabile come penalmente illecito, a prescindere da – e quindi anche in assenza di – elementi che possano attribuirlo ad un determinato soggetto 35. In altri termini,
non è di ostacolo all’immediata operatività della previsione la circostanza che non ancora vi sia un soggetto sottoposto ad indagini. Del resto, se ciò fosse, a fortiori si imporrebbe tale immediata operatività.
In ogni caso, si è ritenuto 36 che la valutazione di idoneità degli elementi indizianti a far scattare il meccanismo di cui all’art. 220 norme coord. c.p.p. spetti al giudice di merito.
In argomento, il punctum dolens è senz’altro da individuare nell’ipotesi in cui l’emersione degli indizi
coincida con dichiarazioni autoincriminanti 37. In tal caso 38, sembrerebbe inapplicabile la previsione di
cui all’art. 62 c.p.p., che come visto postula che le dichiarazioni su cui è vietato testimoniare siano rese
nel corso del procedimento (penale, deve intendersi). Quindi non prima che quest’ultimo sia configurabile. Al riguardo, tuttavia, deve segnalarsi che la giurisprudenza 39 sembra ritenere operante il divieto
de quo anche quando il pubblico ufficiale che riceve la dichiarazione trasmetta la denuncia a norma
dell’art. 331 c.p.p. D’altra parte, se il soggetto ricevente appartiene alla polizia giudiziaria, sembra applicabile l’art. 63, comma 1, c.p.p., anche nella parte in cui vieta l’uso contra se della dichiarazione 40.
Sempre in ordine al momento in cui deve ritenersi verificata l’emersione degli indizi di reato, si è affermato che ciò avverrà quando sarà possibile prospettare una «mera possibilità di attribuire ... rilevanza
penale al fatto» 41.
31
R. E. Kostoris, sub art. 220, cit., p. 80.
32
G. Fumu, sub art. 220, cit., p. 105. Conclusione inevitabile, che tuttavia potrebbe condurre alla dispersione delle fonti di
prova che l’art. 220 norme coord. c.p.p. tende a salvaguardare. Per quanto concerne i reati tributari, è noto che l’art. 32, l. 7 gennaio 1929, n. 4, qualifica in modo sussidiario i poteri della polizia giudiziaria «ordinaria», stabilendo che all’atto dell’apprensione
della notizia di reato la stessa debba avvertire «senza indugio» la polizia tributaria (art. 31, l. n. 4 del 1929), provvedendo medio
tempore a che «nulla sia mutato nello stato delle cose».
33
G. Fumu, sub art. 220, cit., ibidem. Per quel che qui più interessa, la regola è esplicitata nell’art. 20 d.lgs. 10 marzo 2000, n.
74, che come noto, pendente il procedimento penale avente ad oggetto «i medesimi fatti» oggetto di procedimento amministrativo, ovvero «fatti dal cui accertamento» dipende la definizione del procedimento amministrativo, vieta la sospensione di quest’ultimo.
34
Non sembrando dubbio che tale previsione abbia il fine principale di evitare “penalizzazioni” nei confronti di chi, eventualmente, dovrà “subire” le risultanze degli accertamenti (R.E. Kostoris, sub art. 220, cit., p. 79). Si veda tuttavia infra.
35
Cfr. Cass., sez. un., 28 novembre 2001, n. 45477, cit. La precisazione appare importante anche nel settore dell’accertamento
tributario, quando effettuato nei confronti di società o comunque di enti “collettivi”. In tal caso, infatti, l’esistenza di previsioni statutarie o di atti contenenti deleghe di funzioni (R.E. Kostoris, sub art. 223, in E. Amodio-O. Dominioni (diretto da), Commentario, cit.,
p. 127) può rendere non agevolmente attribuibile il fatto ad una determinata persona fisica. Peraltro, la prassi non condivisibile
dell’amministrazione finanziaria è orientata nel senso dell’attribuzione della condotta al legale rappresentante dell’ente.
36
Da parte di Cass., sez. III, 19 febbraio 2014, n. 12254, in Guida dir., 2014, 15, p. 102.
37
Supra. Meno dirompente è il caso di dichiarazioni contra alios, che in prosieguo dovranno comunque essere acquisite nelle
forme proprie del procedimento penale (artt. 351 c.p.p. e 220 norme coord. c.p.p.).
38
V. ad es. Cass., sez. V, 23 settembre 2005, n. 44285, cit.
39
Cass., sez. un., 28 novembre 2001, n. 45477, cit.
40
In termini, sebbene incidentalmente, Cass., sez. un., 28 novembre 2001, n. 45477, cit. Nello stesso senso sembrano orientati
Cass., sez. V, 25 giugno 2001, n. 32464, in www.dejure.giuffre.it, e Trib. Piacenza, 16 ottobre 2001, in Riv. pen., 2002, p. 408.
41
Cass., sez. un., 28 novembre 2001, n. 45477, cit. Meno garantista l’impostazione di Cass., sez. III, 18 novembre 2014, n.
4919, in www.dirittoegiustizia.it, secondo cui occorre una «concreta probabilità» di commissione del reato (infra).
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LA NOZIONE DI INDIZIO RILEVANTE IN MATERIA
Appare certo che con l’espressione «indizi» l’art. 220 norme coord. c.p.p. 42 non abbia voluto riferirsi alla
fattispecie di cui all’art. 192, comma 2, c.p.p. 43. Dovendo piuttosto l’interpretazione ancorarsi al riferimento alla «notizia di reato» di cui all’art. 347, comma 1, c.p.p. 44. In altre parole, non occorre una particolare pregnanza ed incisività del quadro indiziario per rendere operativa la disciplina di coordinamento 45.
Tali puntualizzazioni, pur ineccepibili, non paiono tuttavia tranquillizzanti per l’interprete; come
per l’operatore. Questo, anche a non voler dare eccessivo risalto all’antica, e talora riaffiorante 46, distinzione tra indizi e sospetti 47. Il nodo essenziale è che l’art. 220 norme coord. c.p.p. è destinato ad incidere
in ambiti di regola connotati da tecnicismo, complessità e (non di rado) oscurità elevati. E quest’ultima
caratteristica, in particolare, consente a volte che l’ispezione o la vigilanza siano condizionate, quanto
alla loro evoluzione 48, da fattori soggettivi. Così, può accadere che il meccanismo “di garanzia” sia anticipato. E, più spesso, che esso sia pericolosamente 49 ritardato, se non addirittura vanificato 50.
Del resto, che in tale ambito, anche al netto di soggettivismi non del tutto evitabili, ancora si evidenzino e persistano impostazioni contraddittorie, è dimostrato a fortiori da una recentissima pronuncia 51.
Nel caso, la polizia tributaria, nel corso di un’ispezione amministrativa, aveva provveduto a riversare
su supporto informatico il contenuto degli account di posta elettronica riconducibili ad amministratori e
dirigenti di una società. Le mail così rinvenute erano state lette dai verificatori, e solo dopo tale lettura si
era provveduto a trasmettere la notizia di reato al pubblico ministero, il quale aveva disposto il sequestro probatorio della corrispondenza 52. A prescindere dalla decisione dei giudici di legittimità 53, appare
solare la violazione dell’art. 220 norme coord. c.p.p. Atteso che la polizia tributaria, appena ravvisati gli
indizi di reato 54, avrebbe dovuto operare nel rispetto degli artt. 347 ss. c.p.p. 55.
42
Che oltretutto non restringe con aggettivi il campo semantico. Non occorrendo, pertanto, che gli indizi siano dotati di gravità e/o precisione e/o concordanza (R.E. Kostoris, sub art. 220, cit., ibidem).
43
R.E. Kostoris, sub art. 220, cit., ibidem.
44
Nonché art. 331, comma 1, c.p.p.
45
In termini, come già visto, Cass., sez. un., 28 novembre 2001, n. 45477, cit. Secondo la Circolare n. 1/2008 della Guardia di
Finanza, cit., p. 159, gli indizi di cui all’art. 220 norme coord. c.p.p. si collocano in uno stadio temporalmente anteriore alla notizia di reato, rectius all’obbligo di trasmissione di quest’ultima, che sorge a fronte di «una fattispecie criminosa sufficientemente determinata nei suoi principali elementi oggettivi». Con ciò vuole intendersi, forse, che l’art. 220 norme coord. c.p.p. trova applicazione prima che la polizia giudiziaria riferisca al pubblico ministero sulle attività svolte (art. 347, commi 1, 2-bis, e 3, c.p.p.).
In argomento v. anche Cass., sez. III, 18 novembre 2014, n. 4919, cit.; Cass., sez. III, 19 febbraio 2014, n. 12254, cit.; C. Santoriello, Precisazioni della Cassazione in tema di definizione dell’imposta evasa nel processo penale, in Riv. dir. trib., 2011, 11, III, p. 249.
46
V. ad es. Circolare n. 1/2008 della Guardia di Finanza, cit., p. 182, sebbene in un’accezione analoga agli «indizi» di cui
all’art. 220 norme coord. c.p.p.; Cass., sez. III, 10 aprile 1997, n. 4432, in Cass. pen., 1998, p. 651.
47
Conseguenza di tale implausibile discrimine sarebbe che i sospetti, a differenza degli indizi, non impongono l’applicazione dell’art. 220 norme coord. c.p.p. In senso critico, qui condiviso, R.E. Kostoris, sub art. 220, cit., ibidem.
48
Ossia all’individuazione del momento da cui si rende necessaria l’applicazione delle forme del procedimento penale (supra).
49
Mette in guardia da tale inconveniente R. E. Kostoris, sub art. 220, cit., pp. 75-76, il quale rammenta che nel corso dei lavori
preparatori del codice si era proposto di anticipare le garanzie rispetto all’emersione di indizi di reato, ogniqualvolta si versasse
nella fattispecie di atti a finalità mista (p. 77; supra). Nella stessa direzione, come già ricordato, N. Furin, Polizia amministrativa,
cit., pp. 2452-2453.
50
Infra. Si ponga mente al settore qui di maggior interesse: l’accertamento tributario. Con riferimento, ad esempio, al delitto
di cui all’art. 10, d.lgs. n. 74 del 2000 (su cui v. in ultimo Cass., sez. III, 15 ottobre 2014, n. 11248, in www.dejure.giuffre.it; Cass.,
sez. III, 26 giugno 2014, n. 11479, in www.dejure.giuffre.it) il singolo appartenente all’amministrazione finanziaria potrà ritenerne
sussistenti gli indizi a fronte della mancata esibizione dell’attestazione che le scritture contabili sono detenute da terzi. Altro dipendente della stessa amministrazione riterrà invece necessari ulteriori approfondimenti in sede amministrativa, sul presupposto – non proprio errato – che tale omissione rilevi solo in detta sede (art. 52, commi 5 e 10, d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633).
51
Cass., sez. III, ordinanza 25 settembre 2014, n. 29072, in www.dirittoegiustizia.it. Il deposito del provvedimento si è avuto
solo lo scorso 8 luglio.
52
Al fine di dimostrare l’”esterovestizione” della società, e quindi la sottrazione all’obbligo, nel caso penalmente rilevante
(art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000), di presentazione della dichiarazione.
53
Che hanno ritenuto inammissibile il ricorso proposto dagli indagati, in quanto carente di interesse, individuato nell’esigenza di rimediare a menomazioni della propria sfera giuridica, e non in quello di vagliare la legittimità dell’acquisizione delle fonti di prova (contra Cass., sez. VI, 1 luglio 2003, n. 36775, in Cass. pen., 2005, p. 914).
54
Il che, nella fattispecie, sarebbe dovuto avvenire prima dell’apprensione, e ancor più della lettura, della corrispondenza te-
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SANZIONI PROCESSUALI PER IL VULNUS AL MODUS PROCEDENDI
Resta da stabilire cosa accada laddove la prescrizione di cui all’art. 220 norme coord. c.p.p. venga disattesa 56.
La giurisprudenza prevalente 57 ritiene che in tal caso gli atti compiuti post indizi siano inutilizzabili.
Tuttavia, non mancano pronunce 58 che inquadrano la fattispecie nell’ambito della nullità intermedia di
cui all’art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p.
In realtà, la tesi che impone di ravvisare inutilizzabilità non pare contestabile. Al riguardo, l’argomento di contrasto consiste nell’osservare che l’art. 220 norme coord. c.p.p. impone il rispetto di determinate forme procedimentali. Se queste sono carenti, in tutto o in parte, si ha deviazione dal modello
legale di riferimento, che costituisce come noto l’essenza della nullità; e non la violazione di un divieto
probatorio 59. In tal modo, tuttavia, si trascura di considerare che il rispetto delle forme, nella fattispecie,
è prescritto per assicurare le «fonti di prova» (art. 220 norme coord. c.p.p.) 60. Non si vede, quindi, come
possa negarsi che il divieto di assicurare quanto sopra in forme diverse da quelle scolpite nel codice di
rito equivalga ad un divieto probatorio. Ossia: se le forme stabilite non sono osservate, l’atto non potrà
avere valore, diretto od eventuale 61, di prova.
Tuttavia, la tesi della nullità può essere recuperata, sebbene in chiave residuale e con i dovuti adattamenti. Nel testo dell’art. 220 norme coord. c.p.p., il rispetto delle forme del procedimento penale è
stabilito – oltre che per assicurare le fonti di prova– anche per «raccogliere quant’altro possa servire per
l’applicazione della legge penale». Sebbene l’espressione non paia eccelsa sul piano stilistico, da essa 62
emerge con sufficiente chiarezza che le disposizioni del codice di rito vanno osservate anche in relazione ad atti che con le prove, rectius con la salvaguardia delle loro fonti, non hanno a che vedere. In
quest’ultimo caso, ove dovesse riscontrarsi un deficit delle forme prescritte, la sanzione di inutilizzabilità parrebbe extravagante, potendo al più configurarsi una nullità 63.
In ogni caso, l’indirizzo minoritario, che nella violazione del precetto di cui all’art. 220 norme coord.
c.p.p. intravede nullità intermedia a norma dell’art. 178, lett. c), c.p.p., trae da tale premessa conseguenze
lematica. Atteso che la compatibilità tra atti di indagine meramente amministrativa e lesione dell’art. 15 Cost. appare molto più
che problematica. Comunque, anche al verificarsi di quest’ultima evenienza, alla lettura della prima comunicazione “incriminante” la polizia tributaria avrebbe dovuto procedere a norma degli artt. 347 ss. c.p.p.
55
In proposito, la difesa dei ricorrenti ha espressamente richiamato l’art. 353, commi 1 e 2, c.p.p. (cfr. Cass., sez. III, ord. 25
settembre 2014, n. 29072, cit.).
56
Ferme restando le criticità palesate supra, in ordine all’individuazione del momento a partire dal quale debbono operare le
garanzie procedimentali.
57
Cass., sez. III, 18 novembre 2014, n. 4919, cit.; Cass., sez. III, 19 febbraio 2014, n. 12254, cit.; Cass., sez. III, 9 febbraio 2011, n.
28053, in Riv. dir. tributario, 2011, 11, III, p. 244; Cass., sez. III, 10 febbraio 2010, n. 15372, in Cass. pen., 2012, p. 1069; Cass., sez. III,
18 novembre 2008, n. 6881, in www.dejure.giuffre.it; Cass., sez. V, 23 settembre 2004, n. 43542, in Cass. pen., 2006, p. 2542, in relazione all’inutilizzabilità “patologica” nel giudizio abbreviato; Cass., sez. un., 28 novembre 2001, n. 45477, cit.
58
In ultimo Cass., sez. fer., 27 luglio 2010, n. 38393, in Cass. pen., 2012, p. 206.
59
Così Cass., sez. fer., 27 luglio 2010, n. 38393, cit.
60
Nonché le prove tout court, in caso di irripetibilità dell’atto (supra).
61
Si pensi ad esempio alle sommarie informazioni di cui all’art. 351 c.p.p., suscettibili di uso processuale a norma dell’art.
500, comma 1, c.p.p., e persino di valenza probatoria autosufficiente (art. 500, comma 4, c.p.p.).
Nel senso che il mancato rispetto dell’art. 220 norme coord. c.p.p. conduce al reperimento di «prove illegittimamente acquisite
in violazione dei divieti stabiliti dal codice di rito», Cass., sez. III, 10 febbraio 2010, n. 15372, cit.; in termini G. Fumu, sub art. 220, cit.,
pp. 102-103. Nel senso che dall’art. 220 norme coord. c.p.p. «discenda il divieto di raccogliere in sede amministrativa fonti probatorie
riguardanti un illecito penale del quale siano già emersi gli indizi», R.E. Kostoris, sub art. 220, cit., p. 85, che tuttavia lascia aperta la
possibile alternativa della nullità intermedia (ibidem).
È forse opportuno rimarcare che la sanzione di inutilizzabilità colpisce esclusivamente l’impiego degli atti in sede processuale penale, non sussistendo analoga previsione in ambito extrapenale, compreso l’ordinamento tributario. Con la conseguenza che nel relativo procedimento possono trovare ingresso atti inutilizzabili a norma dell’art. 191 c.p.p. (Cass., sez. trib., 12 novembre 2010, n. 22984, in Giust. civ. mass., 2011, p. 1445. Contra, asserendo un’implausibile osmosi tra procedimento penale e
provvedimento amministrativo, Comm. Trib. Prov. Reggio Emilia, sez. V, 21 ottobre 1997, n. 174, in Corriere trib., 1998, p. 447,
che peraltro ravvisa nullità e non inutilizzabilità).
62
Ed in particolare dal riferimento esplicito all’alterità, rispetto agli atti di assicurazione delle fonti probatorie.
63
Si pensi, ad esempio, ai verbali redatti nel corso dell’attività susseguente all’emersione di indizi di reato. La mancata sottoscrizione degli stessi da parte del pubblico ufficiale che li ha formati, ovvero l’incertezza assoluta sulle persone intervenute,
causerebbe nullità relativa a norma dell’art. 142 c.p.p. (cfr. art. 373, comma 2, c.p.p.).
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160
erronee, in punto di regime di rilevabilità del vizio. Se si tratta di nullità intermedia, la disposizione applicabile è quella racchiusa nell’art. 180 c.p.p. E siccome l’asserità nullità si è verificata prima del giudizio, la
stessa sarà rilevabile anche d’ufficio sino a quando non venga deliberata la sentenza di primo grado 64. Non
trovando spazio applicativo l’art. 181 c.p.p., concernente come noto le nullità relative. E non operando, pertanto, lo sbarramento temporale costituito dalla pronuncia conclusiva dell’udienza preliminare ovvero, in
assenza di quest’ultima, dalla proposizione di questioni a norma dell’art. 491, comma 1, c.p.p. 65.
USO DEGLI ATTI COMPIUTI PRIMA DELL’EMERSIONE DI INDIZI
Un consolidato orientamento giurisprudenziale 66 ritiene fruibili nel processo penale, alla stregua di
prova documentale (art. 234 c.p.p.), gli atti compiuti durante le attività ispettive o di vigilanza di cui
all’art. 220 norme coord. c.p.p., e che precedano l’insorgenza di indizi di reato.
Tale impostazione, pur stabile e reiterata di recente, non pare immune da censure. Sotto due profili,
che del resto presentano evidenti connessioni. Anzitutto, volendo aderirsi ad un indirizzo rigoroso, il
“documento” di cui all’art. 234 c.p.p. proverebbe esclusivamente la sua esistenza 67, e non i fatti, e a fortiori le valutazioni, in esso rappresentati ed espresse 68. Inoltre, e forse con maggiore pregnanza sistematica, va osservato che il processo penale vigente è imperniato sulla regola costituzionale del contraddittorio nella formazione della prova (art. 111, comma 4, primo periodo, c.p.p.). Ciò non può autorizzare il
ripudio – irragionevole 69 – delle cosiddette prove precostituite. Ma almeno impone un uso residuale.
Nel senso che le stesse non saranno ammissibili qualora lo stesso risultato conoscitivo possa essere ottenuto mediante l’esame di testi e periti. In sostanza, la regola costituzionale in discorso condurrebbe a
configurare una gerarchia probatoria 70, con il materiale costituendo in posizione dominante, e quello
precostituito in soggezione 71. Ciò, in aderenza ad un’accezione ampia 72 del principio di oralità. Comprensivo non solo del paradigma tradizionale del rapporto diretto tra giudice e fonte probatoria, ma
anche della prevalenza del work in progress – la formazione della prova al cospetto del giudice –, rispetto al materiale scritto e preconfezionato. In quest’ottica, andrà privilegiato l’apporto conoscitivo scaturente dall’esame testimoniale del soggetto che ha effettuato l’attività di ispezione o vigilanza 73. Il quale,
oltretutto, potrà avvalersi di quanto disposto dall’art. 499, comma 5, c.p.p. 74.
Anche al netto della ricordata avversione giurisprudenziale, tralaltro avallata dal giudice delle leggi,
è doveroso segnalare che tale linea interpretativa, pur condivisibile, rischia in determinati ambiti di essere confinata a poco più che petizione di principio. Ciò accade laddove sia necessario «disporre con esattezza di cifre, percentuali, misurazioni» 75. Nel qual caso il rischio è che la ricordata disposizione di cui
all’art. 499, comma 5, c.p.p., lungi dal costituire mero ausilio mnemonico, tramuti l’esame testimoniale
in lettura tout court.
64
Argomentando a contrario dalla previsione appena citata.
65
Cfr. art. 181, comma 2, c.p.p. Proprio a tale sbarramento, invece, si riferisce Cass., sez. fer., 27 luglio 2010, n. 38393, cit.
66
Con riferimento al verbale di constatazione di cui all’art. 24 l. n. 4 del 1929, cfr. Cass., sez. III, 18 novembre 2014, n. 4919,
cit.; Cass., sez. III, 19 febbraio 2014, n. 12254, cit.; Cass., sez. III, 9 febbraio 2011, n. 28053, cit.; Cass., sez. III, 18 novembre 2008, n.
6881, cit.; Cass., sez. III. 7 marzo 2000, n. 5020, in Giur. imposte, 2000, p. 1081. Si tratta, del resto, di impostazione aderente alla
giurisprudenza costituzionale citata supra, nota 10.
67
Data, identità del redattore e sottoscrittore, generalità dei partecipanti.
68
Cass., sez. un., 12 luglio 2005, n. 33748, in Cass. pen., 2005, p. 3732, con riferimento alle sentenze non irrevocabili; Cass., sez.
III, 23 aprile 2008, n. 22265, in www.dejure.giuffre.it, in relazione alla consulenza tecnica d’ufficio espletata nel processo extrapenale (contra, sotto quest’ultimo aspetto, Cass., sez. VI, 12 novembre 2010, n. 43207, in www.dejure.giuffre.it).
69
Specie se si tratti di elemento connotato da esclusività e decisività.
70
In termini, a quanto sembra, Cass., sez. III, 11 giugno 2013, n. 37241, in www.dejure.giuffre.it.
71
Contra, tuttavia, C. cost., sent. 6 febbraio 2009, n. 29, in www.cortecostituzionale.it, sebbene con motivazioni opinabili. Contra
altresì L. Iafisco, Acquisizione della prova-sentenza ex art. 238-bis c.p.p. e contraddittorio nel momento della formazione della prova, in
Giur. cost., 2009, p. 221 ss.
72
R.E. Kostoris, sub art. 220, cit., p. 83.
73
Tranne, beninteso, i casi di irripetibilità sopravvenuta. Anche se in tale ipotesi sarà necessario sostenere l’assimilazione tra
verbale ispettivo e verbale di dichiarazioni (art. 511, comma 2, c.p.p.).
74
Come rammenta in modo opportuno R.E. Kostoris, sub art. 220, cit., p. 84.
75
R.E. Kostoris, sub art. 223, cit., p. 135.
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In conclusione, qualche breve cenno può essere dedicato all’indirizzo giurisprudenziale 76 che include il processo verbale di constatazione di cui all’art. 24, l. n. 4 del 1929 tra gli atti irripetibili, suscettibili
di immissione senza riserve nel fascicolo per il dibattimento (art. 431, lett. b, c.p.p.). Anche tale affermazione non sembra poggiare su solide fondamenta esegetiche e di sistema. Non si vede, infatti, quale
contenuto – descrittivo, ricostruttivo o valutativo che sia – del verbale non possa essere replicabile 77 a
mezzo di esame testimoniale, e se del caso peritale.
ASPETTI PROBLEMATICI NELL’AMBITO DEL PROCEDIMENTO TRIBUTARIO
Al tema in genere, già foriero di approdi interpretativi difformi e sfuggenti, si aggiungono altri problemi quando gli atti ispettivi o di vigilanza di cui all’art. 220 norme coord. c.p.p. siano costituiti da accertamenti di natura tributaria. Come noto, in tale settore, rectius nel sottosettore “trainante” delle imposte
sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, il discrimine tra rilevanza amministrativa o penale del
fatto è dato, di regola, dalle cosiddette “soglie di punibilità” 78, individuate nel quantum di imposta evasa 79, ovvero nel quantum di imponibile sottratto all’imposizione 80.
In astratto, tale atteggiarsi delle norme sostanziali non dovrebbe incidere sulla soluzione da adottare
a norma dell’art. 220 norme coord. c.p.p. Al raggiungimento della soglia, i soggetti accertatori 81 dovrebbero applicare tale ultima disposizione. Al più, incrementi successivi degli importi evasi dovrebbero formare oggetto di ulteriori informative al pubblico ministero 82. Le cose, tuttavia, non sono così
semplici; specie quando la soglia incriminante attenga al quantum di evasione 83. In tal caso i verificatori,
accertato ad esempio un imponibile “sommerso”, dovrebbero applicare a quest’ultimo la relativa aliquota d’imposta, la cui percentuale può variare da caso a caso. Il tutto, previa “depurazione” di costi
deducibili, anche non contabilizzati. Quindi proseguire applicando le detrazioni d’imposta, e solo a
questo punto quantificare il debito, al netto dei versamenti già effettuati 84. È evidente il concreto pericolo che le garanzie di cui all’art. 220 norme coord. c.p.p. vengano posticipate, se non vanificate 85. Tralaltro, è prassi radicata il prosieguo della verifica in forma meramente amministrativa sino a quando non
viene scovato tutto l’imponibile sottratto ad imposizione, e quantificata su di esso l’imposta (ancora) da
versare 86. Tale “stato dell’arte” appare ancora più inquietante, se si considera che recente giurispruden-
76
Si veda ad esempio Cass., sez. III, 10 aprile 1997, n. 4432, cit.
77
Tranne come sempre i casi di irripetibilità sopravvenuta.
78
Che la giurisprudenza colloca nell’alveo degli elementi costitutivi del reato, anziché tra le condizioni obiettive di punibilità.
79
V. ad es. artt. 3, lett. a), 4, lett. a) e 5, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000. La nozione penalistica di imposta evasa è scolpita
nell’art. 1, lett. f), d.lgs. n. 74 cit. È opportuno precisare che la determinazione e quantificazione della stessa spetta al giudice penale, senza che questi possa subire condizionamenti da identiche attività svolte in sede tributaria amministativa o processuale.
Né tra i due rami di giurisdizione pare possibile l’eventuale raccordo di cui all’art. 479 c.p.p. A tacer d’altro, infatti, nel processo
tributario vigono limiti di prova (art. 7, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), che lo inibiscono. Già da questi brevissimi cenni si comprende l’erroneità dell’affermazione, pur ricorrente, secondo cui la struttura delle fattispecie incriminatrici di cui al d.lgs. n. 74
del 2000 avrebbe condotto in sostanza alla reintroduzione della pregiudiziale tributaria (per richiami in tema C. Santoriello, Precisazioni, cit., p. 250). Vero che il giudice penale, nell’operare la ricostruzione di cui sopra, è vincolato al rispetto di regole tecniche proprie dell’ordinamento di settore (Cass., sez. III, 9 febbraio 2011, n. 28053, cit.). Che tuttavia applica, si ripete, in totale autonomia. Ciò non toglie, d’altra parte, che l’accertamento dell’evasione di imposta abbia natura pregiudiziale rispetto all’oggetto
del giudizio penale (id est verifica della colpevolezza). Perlomeno se la pregiudizialità viene intesa, come di regola avviene, nella
presenza di una fattispecie minor che compone una fattispecie complessa, laddove l’accertamento della prima può formare oggetto di controversia autonoma (P. Corvi, Questioni pregiudiziali e processo penale, Padova, 2007, p. 25 ss.).
80
Artt. 3, lett. b), e 4, lett. b), d.lgs. n. 74 del 2000. Ciò non toglie, d’altra parte, che vi siano in subiecta materia fattispecie incriminatrici, anche rilevanti, che prescindono da tali quantificazioni (ad es. art. 2, d.lgs. n. 74 cit.).
81
Infra.
82
Cfr. R.E. Kostoris, sub art. 220, cit., p. 76, nota 6.
83
Ma lo stesso, in sostanza, può dirsi circa l’imponibile sottratto ad imposizione – che peraltro segna la rilevanza penale del
fatto congiuntamente all’evasione: cfr. artt. 3 e 4, d.lgs. n. 74 del 2000 –, alla luce della condotta tipizzata dal legislatore.
84
Art. 1, lett. f), d.lgs. n. 74 del 2000.
85
V. infatti la Circolare n. 1/2008 della Guardia di Finanza, cit., p. 161; nonché la fattispecie analizzata da Cass., sez. III, ordinanza 25 settembre 2014, n. 29072, cit.
86
Cfr. L. Ambrosi-A. Iorio (a cura di), Indizi di reato, verbali a utilizzo ridotto, in Sole 24 Ore, 16 febbraio 2015, p. 22. Contra, in
base al giusto rilievo per cui tale modus procedendi condurrebbe ad una «interpretazione abrogatrice» dell’art. 220 norme coord.
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162
za 87 ha nella sostanza istituzionalizzato il principio del “contraddittorio preventivo endoprocedimentale”; da instaurarsi quindi prima dell’emissione del provvedimento amministrativo. Il che, se da un lato
costituisce meritorio strumento di anticipazione del diritto di difesa, dall’altro aumenta il rischio che il
destinatario della verifica fiscale renda dichiarazioni contra se 88.
Stando così le cose, per tentare di rimuovere le criticità sopra descritte sembra possibile un’unica soluzione. Appena accertata l’esistenza di imponibile sottratto ad imposizione 89, gli accertatori dovranno
procedere ad applicare l’aliquota d’imposta prevista nella fattispecie concreta 90. E quindi a determinare
l’imposta dovuta, sottraendo i versamenti già effettuati 91. Appena ciò condurrà alla quantificazione di
un debito penalmente rilevante, sarà ineludibile l’osservanza delle prescrizioni di cui all’art. 220 norme
coord. c.p.p. Altrimenti, gli atti compiuti in prosieguo saranno inutilizzabili 92.
Sembra, si ripete, una soluzione obbligata; che non vuol dire soddisfacente. A parte la diseconomicità in chiave amministrativa, che comunque non può giustificare il ritardo nell’allestimento delle garanzie, tale modus procedendi potrebbe persino penalizzare l’interessato 93. Che potrebbe ritrovarsi sottoposto ad indagine preliminare pur nella disponibilità di un robusto apparato documentale e/o paratestimoniale in grado di dimostrare l’irrilevanza penale della condotta addebitatagli. Detta soluzione, inoltre, può condurre ad un ingolfamento a volte inutile dei carichi giudiziari. Ma – si ripete – altro non
sembra possibile. Atteso che non pare proprio dirimente osservare 94 che, ai fini dell’operatività di
quanto prescritto dall’art. 220 norme coord. c.p.p., è sufficiente ritenere “concretamente probabile” 95 il
superamento della soglia di punibilità. Senza che possa dubitarsi delle caratteristiche “deboli” degli indizi previsti dall’art. 220 norme coord. c.p.p 96, la traslazione del rilievo in subiecta materia non è agevole,
proprio alla luce delle condotte tipizzate del legislatore. In altri termini: se la rilevanza penale è subordinata al compimento di attività complesse, non è facile individuare il momento a partire dal quale,
mentre tali attività sono in corso, si rende necessario l’allestimento delle forme imposte dalla disciplina
di coordinamento 97.
c.p.p., Cass., sez. III, 18 novembre 2014, n. 4919, cit. D’altra parte, non può negarsi che tale grave inconveniente è causato anche
dalla struttura delle fattispecie incriminatrici, pregne di richiami tecnici di notevole complessità, e quindi di laboriosa riscontrabilità.
A tal proposito, è forse utile rammentare che il verbale di constatazione di cui all’art. 24 l. n. 4 del 1929 non costituisce una
modalità particolare per la denuncia della notizia di reato (art. 221 norme coord. c.p.p.); obbligo che incombe a prescindere dalla
compilazione ed ultimazione del verbale. Tuttavia, alla luce dell’illustrato “trascinamento” della notitia criminis al termine delle
attività di verifica, tale distinguo rischia di essere meno che formale.
87
Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2014, n. 19667, in www.dejure.giuffre.it; Cass. civ., sez. un., 29 luglio 2013, n. 18184, in
www.dirittoegiustizia.it.
88
Supra.
89
La questione si complica ancora qualora tale accertamento avvenga con metodi induttivi, ossia prescindendo dalle risultanze contabili, ovvero in assenza di quest’ultime. Peraltro, proprio di recente la giurisprudenza sembra essersi decisa a negare
la rilevanza penale di simili ricostruzioni (cfr. Cass., sez. III, 4 dicembre 2014, n. 6823, in www.dejure.giuffre.it).
90
Senza tener conto, sembra doversi ritenere, di eventuali riduzioni spettanti al riscontro di determinate circostanze, a meno
che queste ultime non siano già emerse in modo certo nel corso della verifica.
91
A condizione che gli stessi siano immediatamente documentabili. D’altro canto, tale accertamento non presenta soverchie
difficoltà alla luce dei poteri amministrativi vigenti, esercitabili anche per via telematica.
92
Supra.
93
Che a sua volta può, o meno, coincidere con il destinatario della verifica fiscale.
94
Come fa Cass., sez. III, 18 novembre 2014, n. 4919, cit.
95
Peraltro con significativa restrizione dei casi di applicabilità del meccanismo di garanzia, rispetto alla mera possibilità di
commissione di un reato. Ritenuta sufficiente, come visto, da Cass., sez. un., 28 novembre 2001, n. 45477, cit.
96
Supra.
97
Problemi senz’altro minori sorgono invece quando il delitto tributario non preveda, per la sua configurabilità, il raggiungimento di una soglia di evasione (v. ad es. artt. 2 e 8, d.lgs. n. 74 del 2000). Viceversa, appare difficile negare l’impraticabilità
del meccanismo di cui all’art. 220 norme coord. c.p.p. per i delitti tributari «a cognizione istantanea» (Circolare n. 1/2008 della
Guardia di Finanza, cit., p. 160): ad esempio, gli artt. 10-bis e 10-ter, d.lgs. n. 74 del 2000. In tali casi, l’accertamento della violazione avviene su base “cartolare”, disponendo l’amministrazione dei dati da cui trarre gli elementi per riscontrarla. All’esito,
non rimarrà che trasmettere la notizia di reato a norma dell’art. 331 c.p.p. (supra. Cfr. Cass., sez. III, 17 giugno 2014, n. 27682,
cit.). Se invece al riscontro della violazione dovesse seguire ulteriore attività procedimentale – magari su sollecitazione del contribuente, in possesso di atti e documenti idonei ad abbassare la soglia di punibilità al di sotto della rilevanza penale –
quest’ultima non potrà che rivestire le forme di cui all’art. 220 norme coord. c.p.p.
DIBATTITI TRA NORME E PRASSI | ATTI A FINALITÀ MISTA, INDIZI DI REATO E GARANZIE DIFENSIVE
Processo penale e giustizia n. 6 | 2015
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(SEGUE:) LE ATTRIBUZIONI DEI DIPENDENTI “CIVILI” DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA
Si è ricordato in precedenza che è necessario distinguere il caso in cui l’attività ispettiva o di vigilanza è
condotta da soggetti appartenenti alla polizia giudiziaria, da quello nel quale tale appartenenza manchi. In quest’ultima ipotesi, il prosieguo degli accertamenti destinati ad avere rilevanza penale è inibito 98, null’altro potendo farsi se non trasmettere la denuncia di reato a norma dell’art. 331 c.p.p.
Il richiamo è utile per affrontare, in estrema sintesi, una questione antica, e per molti aspetti depotenziata: l’appartenenza o meno alla polizia giudiziaria, rectius tributaria 99, dei dipendenti degli ex uffici IVA e imposte dirette, oggi unificati nell’Agenzia delle Entrate.
Appare ragionevole l’approdo interpretativo cui si è giunti da tempo: non può negarsi l’appartenenza di tali soggetti alla polizia tributaria 100. Gli stessi, infatti, devono ritenersi investiti del potere di
accertare i reati tributari, rientrando pertanto a pieno titolo nelle previsioni di cui all’art. 31, comma 2, l.
n. 4 del 1929, e 57, comma 3, c.p.p. 101. Del resto, a concludere in modo contrario non si spiegherebbero
le previsioni di cui agli artt. 75 d.p.r. n. 633 del 1972 e 70 d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, per i quali, come noto, tranne previsioni in deroga nel corso delle verifiche tributarie si applicano «le norme del codice
di procedura penale». Tuttavia, non può tacersi che ad oggi manca un’attribuzione espressa della qualifica, a differenza di quanto riscontrabile in altri ambiti della disciplina di settore 102. Si tratta di una lacuna che non sembra in grado di mutare le conclusioni qui accolte; ed imposte dall’interpretazione sistematica, oltre che dalle disposizioni generali. Anche se colmarla non costituirebbe esercizio del tutto vano, se non altro contribuendosi ad impedire qualsivoglia oscillazione applicativa in un ambito in cui
non c’è necessità di perpetuare o introdurre altri profili controversi.
98
Al contrario degli accertamenti extrapenali: supra.
99
Supra.
100
Cfr. art. 31, comma 2, l. n. 4 del 1929.
101
Con riferimento a quest’ultima disposizione cfr. R.E. Kostoris, sub art. 220, cit., p. 80, nota 19; G.P. Voena, sub art. 221, in
E. Amodio-O. Dominioni (diretto da), Commentario, cit., p. 90, anche nota 13, per richiami al dibattito dottrinale in argomento.
D’altro canto, sostenere che ai soggetti in esame spetti la qualifica di appartenenza alla polizia giudiziaria, ma non a quella tributaria, non pare accettabile. Anzitutto per la sostanziale equivalenza testuale dell’art. 57, comma 3, c.p.p., e dell’art. 31, comma
2, l. n 4 del 1929. Inoltre, perché tale conclusione condurrebbe alla conseguenza paradossale per cui i dipendenti civili dell’amministrazione, all’atto dell’emersione di indizi di reato tributario, dovrebbero limitarsi a darne notizia agli appartenenti alla polizia tributaria, pur potendo compiere atti di salvaguardia delle fonti probatorie in attesa dell’arrivo di questi ultimi (art. 32,
comma 1, l. n. 4 del 1929, supra).
102
Si veda ad esempio l’art. 324, d.p.r. 23 gennaio 1973, n. 43 (c.d. Testo Unico delle leggi doganali).
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