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invecchiamento della popolazione in basilicata

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invecchiamento della popolazione in basilicata
INVECCHIAMENTO DELLA
POPOLAZIONE IN BASILICATA
ASPETTI DEMOGRAFICI E PROBLEMI ASSISTENZIALI
Q
uando una popolazione è vecchia?
Cosa vuol dire
invecchiamento demografico? In base ad una definizione l’invecchiamento
della popolazione si rileva
quando, all’analisi della
struttura della popolazione per classi d’età, si registra “un incremento della
classe di età di ultrasessantacinquenni e della sua
p ro p o rzione sul totale
della popolazione” (A.
Golini 1993). In realtà la
struttura della popolazione per età, non è altro che
un aspetto demografico
che rispecchia le tendenze
storiche degli indici di
natalità e mortalità. Prima
della metà del diciannovesimo secolo, gli indici annui di mortalità, pur presentando delle fluttuazioni, si mantenevano elevati,
fra 30 e 50 o più per 1000
individui. Causa principale di questi indici elevati,
erano le malattie infettive
e parassitarie, spesso mortali soprattutto per i giovani. Così, poteva avvenire
che circa un ter zo dei
bambini nati in un anno,
morisse prima di compiere
il primo anno di età. La
maternità era inoltre molto rischiosa e la mortalità
era elevata anche tra le
gestanti. In tali condizioni
“solo una piccola frazione
della popolazione vive va
abbastanza a lungo da dover affrontare i problemi
della vecchiaia”. Ma se gli
indici di mortalità si mantenevano elevati, accadeva
anche che il numero delle
nascite compensasse largamente quello delle morti.
Era normale, infatti, che le
donne dessero alla luce
sette o più figli nel corso
della vita. La struttura per
età della popolazione aveva quindi la forma di una
piramide, con una larga
base costituita dal gran
n u m e ro di bambini. Al
ve rtice c’erano le poche
persone che vivevano oltre
l’età ripro d u t t i va. L’ e t à
media della popolazione
era bassa. Da allora le cose
sono molto cambiate. Il
miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie e
i pro g ressi compiuti in
campo medico hanno permesso di eserc i t a re un
c o n t rollo sulla mort a l i t à
dovuta alle malattie infett i ve e parassitarie. In t e rventi medici e misure
pubbliche in campo sanitario hanno inoltre spostato in avanti l’età in cui
malattie degenerative ,
quali l’ictus, il cancro, le
malattie cardiocircolatorie,
tendono ad essere mortali.
Si è così determinato progressivamente un aumento
della durata media della
vita. Contemporaneamente, la fecondità ha subito
una notevole riduzione. Il
passaggio degli indici di
m o rtalità e fertilità da
valori alti a valori bassi
contribuisce in due modi
diversi all’invecchiamento
della popolazione. La riduzione dell a fert i l i t à
c o m p o rta un minor numero di bambini e quindi
un aumento proporzionale
degli anziani sul totale
della popolazione. La
riduzione della mortalità
comporta che un maggior
numero di persone riesce a
sopravvivere fino alle età
“anziane e ve c c h i e”. In
questo modo, la forma
della “p i r a m i d e” cambia
nel tempo e la sua forma
tradizionale (con base
larga e vertice stretto) da
appuntita diventa rettangolare (Fig. 1). Si può dire
che nelle popolazioni occidentali, dove l’invecchiamento demografico si è
già ampiamente manifestato, è soprattutto la riduzione della mort a l i t à
che regola l’invecchiamen to della popolazione. Ma è
i m p o rtante pre n d e re in
considerazione, per lo studio delle popolazioni in
generale, il periodo in cui
in esse si è verificato una
riduzione della natalità,
visto che il tasso di mortalità ha iniziato a ridursi un
— 35 —
di Biagio A. Ierardi
Antonio Bernardino
Gabriella Avilii
Anziana signora dedita al lavoro a maglia. (Foto Ottavio Chiaradia)
— 36 —
po’ ovunque, nei paesi sviluppati, intorno agli anni
cinquanta. Se si suddividono i paesi secondo il
momento di inizio del
calo della natalità si possono individuare tre grandi
categorie:
1) i paesi nella fase preiniziale della transizione,
che ancora non hanno
registrato una riduzione
significativa;
2) i paesi che sono nella
fase finale, che hanno registrato una riduzione moderata solo dopo il 1950;
3) i paesi a transizione
precoce, che hanno registrato un significativo calo
prima del 1950.
In termini geografici,
a p p a rtengono al primo
gruppo le popolazioni dell’Africa, specie quella subsahariana; al secondo quelle dell’America Latina e di
p a rte dell’Asia; al terzo
quelle del Nord America,
dell’Europa, dell’Australia,
dell’ex Unione Sovietica e
di parte dell’Asia.
Popolazione anziana e
vecchia nel contesto internazionale.
L’invecchiamento costituisce, almeno per ora, un
fenomeno dei Paesi a sviluppo avanzato; nonostante abbiano al 1990 solo il
23% della popolazione
mondiale, comprendono il
42% (206,5 su 489,3
milioni) degli ultrasessantacinquenni ed il 59%
degli ultraottantenni (31,3
su 52,9 milioni). Sul totale della popolazione, le
persone con 60 anni e
o l t re rappresentano, al
1990 il 17% nei Paesi a
sviluppo avanzato, contro
il 6,9% dei Paesi in via di
sviluppo. I “grandi vecchi”
(80 anni e più) costituiscono invece il 2,6% nei
Paesi a sviluppo avanzato e
lo 0,5% nei paesi in via di
sviluppo (Fig. 2).
Se nei Paesi in via di sviluppo il fenomeno è attualmente di scarso rilievo,
esso tuttavia tende a cres c e re a velocità eleva t a ,
m a g g i o re di quella dei
paesi a sviluppo avanzato.
Nei primi infatti, gli ultrasessantenni dov re b b e ro ,
fra il 1990 e il 2020, pas-
sare da 283 a 712 milioni,
con un aumento del
151%, nei secondi, invece,
dovrebbero salire da 206,5
a 317 milioni, con un
incremento del 53%.
La Svezia è attualmente
il paese più sviluppato più
“vecchio” del mondo, con
il 22,8% di ultrasessantenni e il 4,2% di ultraottantenni.
Il Giappone è il paese
che “invecchierà” con la
maggiore velocità, la proporzione di ultraottantenni pari al 2,2% nel 1990
dovrebbe arrivare a 6,5%
nel 2020.
Nell’ambito della Comunità Europea l’Italia insieme a Germania e Regno
Unito è uno dei paesi più
vecchi, con valori pari
rispettivamente al 19,8% e
3,6% della popolazione
totale.
Fig. 1: Piramidi delle etˆ ai censimenti 1901, 1931, 1960, 1976. Si pu˜ osservare dalla prima allÕultima rilevazione le profonde modificazioni strutturali con riduzioni delle classi di etˆ pi• giovani e
lÕaumento dei soggetti pi• anziani. Tali modificazioni fanno assumere alla piramide un aspetto a ÒcovoneÓ. Si osserva inoltre il maggiore incremento delle femmine rispetto ai maschi.
— 37 —
In Italia
I valori riportati nella
tabella 1 evidenziano la
dinamica dell’ i n ve c c h i amento della popolazione
italiana, a part i re dagli
anni 50, con pro s p e t t i ve
fino ai primi decenni del
XXI secolo. La grande
svolta, per quanto riguarda
l’ i n vecchiamento, si è
avuta in questo secolo. Il
numero di persone di età
tra 0 - 19 anni, che durante i primi 80 anni si è
mantenuto ad un live l l o
piuttosto costante di 15 17 milioni (Golini e Lori
1990), dovrebbe registrare
nel corso dei prossimi quaranta anni, un forte decremento che lo porterà ad
assestarsi, intorno al 2020,
su circa 9 milioni. Al contrario, gli ultrasessantenni,
che nel 1950 ammontavano a poco meno di 6 milioni (12,2% della popolazione totale), nel periodo
compreso tra il 1950 e il
1990 sono quasi raddoppiati (19,8%).
Secondo le ultime stime
delle Nazioni Unite (U.N.
1993) il loro numero
d ov rebbe aumentare di
Aliano: anziani
(Foto Ottavio Chiaradia)
4,3 milioni di unità e
giungere, nel 2020, a quasi 16 milioni, pari al
29,3% della popolazione
totale. Di particolare interesse è il forte aumento
della popolazione ultraottantenne, che nel corso di
qua ranta anni (1950 1990), si è quasi quadruplicata, passando da
510.000 a 1,7 milioni.
Nei prossimi venti anni le
proiezioni valutano che le
persone con più di 80
anni potrebbero raggiungere i 2,7 milioni.
Di f f e re n ze terri t o ri a l i
sub-regionali
Le forti differenze interregionali e intraregionali,
che si riscontrano all’interno dei vari Paesi, rendono
più complesso il quadro
dell’invecchiamento della
popolazione. È questo il
caso dell’Italia, dove i dati
evidenziano (tab. 2) come
nel 1955 le differenze nel
grado d’ i n ve c c h i a m e n t o
(% di ultrasessantenni)
nelle due grandi ripartizioni geografiche fossero già
non trascurabili, con valo-
Fig. 2
— 38 —
ri nel Nord-Centro e nel
Mezzogiorno pari rispettivamente al 13,6% e al
10,8%.
Negli anni tra il 1955 e
il 1990 il processo di
invecchiamento si è ulteriormente accentuato, ed
ora il divario fra le due
ripartizioni è del 5%: nel
Nord ci sono 22 anziani
ogni 100 abitanti, rispetto
ai 17 del Mez zo g i o r n o.
Di f f e re n ze ancora più
m a rcate si osservano in
ambito regionale: la Campania dove la fecondità si
è mantenuta relativamente
e l e vata fino alla prima
metà degli anni 80, risulta
essere la regione più “giova n e”, con un anziano
ultrasessantenne ogni 6,5
abitanti (I.S.T.A.T. 1990),
mentre la Liguria, dove la
denatalità è stata più precoce ed intensa che in
qualsiasi altra regione italiana, è la più “vecchia”,
con un anziano ogni 3,6
abitanti, e un ultraottantenne ogni 20,4.
In Basilicata
Dati relativi al censimento 1981, rilevano che
la popolazione anziana in
Basilicata costituiva il
16,3% della popolazione
residente (611.186), con
una diversificazione territoriale strettamente legata
alla classe di ampiezza dei
comuni. In un quinquennio (1981 - 1986), gli ultrasessantenni sono passati
al 18,1% della popolazione residente e si prevede
che nel duemila ne costituiranno il 20,3%. È inte-
ressante osserva re che la
tendenza all’ i n ve c c h i amento della popolazione,
pur essendo in Basilicata
inferiore alla media nazionale ed a quella delle
regioni del Nord (Liguria,
Ve n ezia Giulia, Em i l i a
Romagna, Toscana, Marche e Piemonte), è superiore a quella delle regioni
meridionali (tutte al di
sotto della media nazionale tranne il Molise). Se si
considera la distribuzione
della popolazione anziana
nell’intero territorio regionale, secondo i dati dell’ultimo censimento, si può
osservare che negli undici
comuni con classi di amp i ezza inferiore a 1.000
abitanti, la percentuale di
popolazione anziana è pari
al 22,4%, mentre tale percentuale diminuisce gradualmente nei comuni di
maggiore ampiezza. Infatti
la popolazione anziana
residente negli 86 comuni
con numero di abitanti tra
1.000 e 5.000 è pari al
19,2%, nei 23 comuni
con numero di abitanti tra
5.000 - 10.000 è pari al
16,6% e negli undici co-
Tabella 1: POPOLAZIONE ANZIANA E VECCHIA IN ITALIA 1950-2020
Classi di età
1950
1970
1980
1990
2000
2010
2020
valori assoluti (migliaia)
Totale
47.104
53.822
56.434
57.633
57.863
57.516
53.674
0-19
16.397
17.082
17.139
14.481
11.673
10.545
8.783
20-59
24.943
28.060
29.707
31.761
32.951
31.435
29.186
60 e più
5.764
8.680
9.589
11.422
13.240
14.536
15.705
60-79
5.254
7.694
8.350
9.719
11.230
11.803
12.456
80 e più
510
986
1.239
1.703
2.010
2.733
3.249
65 e più
3.890
5.862
7.420
8.136
9.894
11.016
11.982
valori %
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
0-19
34,8
31,7
30,4
25,1
20,2
18,7
16,3
20-59
53,0
52,1
52,6
55,1
56,9
55,6
54,4
60 e più
12,2
16,1
17,0
19,8
22,9
25,7
29,3
60-79
11,2
14,3
14,8
16,9
19,4
20,9
23,2
80 e più
1,1
1,8
2,2
3,0
3,5
4,8
6,1
65 e più
8,3
10,9
13,1
14,1
17,1
19,5
22,3
60 e più
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
60-79
91,2
88,6
87,1
85,1
84,8
81,2
79,3
80 e più
8,8
11,4
12,9
14,9
15,2
18,8
20,7
65 e più
67,5
67,5
77,4
71,2
74,7
75,8
76,3
— 39 —
muni con numero di abitanti superiore a 10.000
(fra cui sono compresi anche i due capoluoghi di
Provincia) è pari al 13,1%
(I.S.T.A.T. 1991 - Potenza, fascicoli prov i n c i a l i ) .
Nelle Tabella 3 e Fig. 4
vengono riportati alcuni
dati demografici, relativi
a l l’ultimo censimento
(1991), con particolare riguardo alla città di Potenza e provincia.
L’ i n vecchiamento della
popolazione è visto solitamente più come un problema che come un positivo effetto dello sviluppo.
“I nuovi stili di vita delle
società industrializzate
fanno attribuire un minor
valore alla generazione che
supera i 60 anni” (Golini Lori 1990). La convinzione che il crescente numero
di anziani rappresenti un
p roblema nasce dall’ i d e a
che essi non sappiano dare
Anziana signora tra le pareti domestiche. (Foto Ottavio Chiaradia)
un contributo sociale ed
economico alla società cui
appartengono. Gli anziani
spesso manifestano una
serie di invalidità e debilitazioni (dovute in notevole misura a fattori intervenuti precedentemente nella loro vita), che condizionano pesantemente la loro
vita sociale. In ve c c h i a i a
diminuiscono, inoltre, la
risposta e l’ a d a t t a m e n t o
agli stimoli ambientali,
rallentano alcune funzioni
fisiologiche ed aumenta la
p redisposizione a molti
p rocessi patologici. Ma
o l t re all’ i n ve c c h i a m e n t o
biologico, bisogna parlare
Tabella 2: DIFFERENZE TERRITORIALI NELLA PERCENTUALE
DI POPOLAZIONE ANZIANA E VECCHIA, 1955-2018
1955
1970
1990
1998
2018
% 60 anni e più
Italia
12,6
15,9
20,2
23,0
28,9
Nord-Centro
13,6
17,0
22,0
25,8
34,0
Mezzogiorno
10,8
13,9
17,0
18,6
22,0
Liguria
16,8
21,5
27,7
31,4
38,0
Campania
10,0
12,4
15,3
17,0
20,4
% 80 anni e più
Italia
1,1
1,8
3,1
4,2
6,8
Nord-Centro
1,2
1,8
3,5
4,9
8,6
Mezzogiorno
1,1
1,6
2,4
3,0
4,3
Liguria
1,6
2,6
4,9
6,8
10,6
Campania
0,9
1,3
2,0
2,6
4,1
— 40 —
di un inve c c h i a m e n t o
sociale. “Le società avanzate, ritardando la vecchiaia
biologica, hanno nel contempo anticipato la ve cchiaia sociale che invade
un arco di vita sempre più
b re ve” (Fioravanti - Moretti - Demografie Comparate 1990). L’anticipazione dell’invecchiamento
sociale è solo l’effetto di
alcune modificazioni strutturali della società.
L’urbanizzazione, l’ i n d ustrializzazione e alcune
conquiste dello stato sociale hanno anticipato
l’uscita delle classi più
anziane dal mercato del
lavoro. Per effetto del prog resso economico, gli
anziani cessano di essere
considerati utili e diventano un peso che grava sulla
famiglia e sullo St a t o.
Senza dubbio, oggi il problema della emarginazione
e della solitudine nell’età
senile è molto più diffuso
di ieri, non solo perché la
società, mutando rapidamente aspetto, lascia
molto indietro chi, come
l’anziano, non è più in
grado di adattarsi ai nuovi
e più veloci ritmi di vita,
ma soprattutto perché il
numero degli anziani è in
continuo aumento e con
loro crescono le difficoltà
di realizzare una adeguata
assistenza. Infatti di fronte
a queste prospettive demografiche, che hanno scarsa
possibilità di essere smentite in termini significativi
se si tiene conto, in parallelo, della progressiva marcata riduzione di natalità
che sta attrave r s a n d o
anche la nostra regione, i
p roblemi connessi con i
fenomeni che caratterizzano l’ i n vecchiamento si
impongono chiaramente
all’attenzione degli operatori sanitari, dei politici,
Fig. 4 - Indice di vecchiaia * per Comune
* LÕindice • calcolato come rapporto fra la popolazione in etˆ da 65anni in poi e quella in etˆ inferiore a 14 anni, moltiplicato per 100.
— 41 —
ecc. come argomento che
quotidianianamente viene
r i p roposto nella pratica
clinica.
L’attenzione dedicata
quindi ai temi della fisiologia e patologia dell’ i nvecchiamento risulta solidamente fondato sulla
base dei descritti dati
demografici ed epidemiologici che hanno addirittura suggerito a qualcuno
di parlare di tale situazione come “epidemia silente
del 2000”. Come operatori di Geriatria e Gerontologia, in particolare ci preme sottolineare la necessità che la società di oggi si
prepari ad accogliere, con
un apparato sanitario convenientemente strutturato,
la nuova sfida che il gene-
rale aumento della vita
media prepara per gli anni
a ve n i re. Il traguardo di
una maggiore longevità
individuale deve infatti
e s s e re guadagnato anche
mettendo le stru t t u re in
condizione di dare risposte
adeguate ad una situazione che va lentamente camb i a n d o. Oc c o r re, disponendo già di un numero
adeguato di specialisti,
provvedere alla formazione di personale paramedico preparandolo per le
specifiche esigenze dell’assistenza agli anziani. Di
tutto ciò ancora non si
vede traccia evidente nei
vari progetti di riforma
elaborati sin qui, se si
eccettui il progetto obbiettivo di Assistenza Domiciliare Integrata (A.D.I.) ed
il Sistema In f o r m a t i vo
A rea Anziani (S.I.A.A.)
iniziati nel 1994 pre s s o
l’ex U.S.L. n. 2 e sinora
accantonati con la separazione tra Azienda U.S.L.
n. 2 e Azienda Os p edaliera “San Carlo” di
Potenza.
Ma forse non è tard i
perché si possa rimediare.
Forti di tale convinzione,
la nostra proposta alle istituzioni è che si facciano
i n t e r p reti delle linee di
evoluzione della società ed
i n t e rvengano per tempo
sulle strutture per renderle
rispondenti alle nuove esigenze, evitando di ripetere
vecchi modelli e di perpet u a re care n ze già individuate.
Tabella 3: POTENZA NEGLI ULTIMI 30 ANNI
ATTRAVERSO I CENSIMENTI
Popolazione residente
AGGREGATI
CENSIMENTI
1961
1971
1981
1991
Popolazione residente
444.166
408.435
406.616
401.543
Popolazione residente fino a 5 anni
56.325
43.991
33.963
28.068
% Popolazione residente fino a 5 anni
16,0
10,8
8,4
7,0
Popolazione residente di 65 anni e più
34.127
43.714
53.384
59.739
% Popolazione residente di 65 anni e più
9,7
10,7
13,1
14,9
% di Donne tra la Popolazione residente
di 65 anni e più
56,4
54,9
54,9
55,8
Popolazione residente di 75 anni e più
12.119
14.357
19.010
25.578
% Popolazione residente di 75 anni e più
3,4
3,5
4,7
6,4
% di Donne tra la Popolazione residente
di 75 anni e più
54,6
58,7
57,7
57,3
INDICE DI VECCHIAIA
26,5
40,8
60,0
85,9
INDICE DI DIPENDENZA
58,2
58,5
53,9
47,5
ANZIANI PER 1 BAMBINO
0,6
1,0
1,6
2,1
— 42 —
Fly UP