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febbre di origine sconosciuta e gammopatia monoclonale di
Sezione ECM
Febbre di origine sconosciuta
e gammopatia monoclonale di incerto significato.
Descrizione di due casi clinici
con differente patologia e diversa evoluzione
Giuseppe Realdi, Fabrizio Fabris*, Sandro Giannini, Maria Luigia Randi*, Giuseppe Donà**, Massimo Rugge***
(Ann Ital Med Int 2004; 19: 214-228)
“Dov’è la saggezza che abbiamo perduto
con la conoscenza?
Dov’è la conoscenza che abbiamo perduto
con l’informazione?”
(T.S. Eliot)
Caso clinico 1
Si tratta di un paziente di 61 anni trasferito in Clinica
Medica il 7 luglio 2003 da altro Ospedale, dove venne ricoverato 1 mese prima (inizi di giugno 2003) per una
febbre perdurante da un paio di mesi, di tipo intermittente-remittente. La febbre era iniziata nel marzo dello stesso anno, dapprima come febbricola serotina, poi > 38°C,
associata a iporessia, astenia intensa e calo ponderale (3
kg in 1 mese). Per tale febbre il medico di famiglia chiese alcuni accertamenti di laboratorio (emocromo, funzione epatica e renale, radiografia del torace) riferiti nella norma; venne prescritta levofloxacina 500 mg, 2 compresse/die per 2 settimane con apparente regressione della
febbre. In aprile comparve eruzione cutanea eritemato-papulosa al tronco, volto e radice degli arti, per cui fu eseguita biopsia cutanea che evidenziò una “vasculite leucocitoclastica”. A fine maggio 2003 per la ricomparsa
della febbricola e il persistere dei disturbi generali (astenia e iporessia) venne ricoverato in Ospedale dove rimase degente per quasi 1 mese e di qui trasferito in Clinica
Medica, ai primi di giugno, con le seguenti diagnosi: febbre di natura non determinata nonostante i numerosi accertamenti diagnostici, aumento dei parametri della flogosi
(velocità di eritrosedimentazione-VES, proteina C reattiva), cirrosi epatica definita criptogenetica per la negatività
dei marcatori virali e assenza di storia di potus (diagnosi
confermata con biopsia epatica), sospetta anemia emolitica per il riscontro di test di Coombs diretto positivo con
aumento di LAD, ferritina elevata, aptoglobina ridotta, diabete mellito scompensato (riscontrato per la prima volta
nel 1995 e trattato con antidiabetici orali) trattato con terapia insulinica, gammopatia monoclonale IgG lambda con
mielocentesi negativa, assenza di Bence Jones urinaria, radiografie dello scheletro negative.
La definizione febbre di origine sconosciuta (fever of
unknown origin-FUO) è riferita a una febbre prolungata
nel tempo (almeno 3 settimane), che supera i 38.3°C in alcune occasioni, in assenza di una causa definita nonostante
un’approfondita valutazione clinica e di laboratorio1.
L’acronimo MGUS (“monoclonal gammopathy of undetermined significance”) è impiegato per definire la presenza di una proteina sierica monoclonale, usualmente a concentrazioni < 3 g/dL se di classe immunoglobulina (Ig) G
o < 2 g/dL se di classe IgA o < 1 g/dL se di classe IgM,
associata a un numero di plasmacellule nel midollo
< 10%, assenza di Bence Jones urinaria, assenza di lisi ossee, di anemia, di ipercalcemia e di insufficienza renale,
stabilità della proteina M nel tempo e assenza di altre patologie della linea B2.
Vengono qui descritti due casi clinici, giunti alla nostra
osservazione, aventi in comune alcune caratteristiche cliniche, nei quali tuttavia l’iter diagnostico ha portato in un
caso alla mancata identificazione di quella che si è rivelata essere all’esame autoptico la diagnosi principale,
nell’altro ad una diagnosi corretta in vitam con successiva guarigione.
Nella presentazione sarà seguito lo schema di approccio diagnostico ipotetico-deduttivo proposto in un nostro
precedente contributo pubblicato su questa rivista3.
Cattedra di Clinica Medica 1 (Direttore: Prof. Giuseppe Realdi), *Cattedra
di Medicina Interna (Direttore: Prof. Fabrizio Fabris), Dipartimento di
Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Padova,
**U.O. di Medicina (Primario: Dr. Giuseppe Donà), Ospedale Civile di
Mirano (VE)
***Cattedra di Anatomia Patologica (Direttore: Prof. Massimo Rugge),
Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi
di Padova
Anamnesi patologica remota
Buona salute fino al 1980 (39 anni) quando ebbe una colica renale, ripetutasi nel 1998 (57 anni). Riscontro di
© 2004 CEPI Srl
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Giuseppe Realdi et al.
diabete mellito nel 1995 e curato con antidiabetici orali.
Nel 2002 riscontro di ipertensione arteriosa trattata con
ACE-inibitori, successivamente sospesi per il normalizzarsi dei valori pressori.
anti-HCV: negativi; anti-HBs, anti-HBc e anti-HBe: positivi. Esame delle urine: PS 1021, pH 5.5; albumina 320
mg/L; glucosio: dosabile; urobilina: tracce; sedimento: rare emazie, 5-10 globuli bianchi per campo, non cellule di
sfaldamento delle vie urinarie. Test della funzione tiroidea (ormone tireostimolante e frazioni libere): nella norma.
Anamnesi fisiologica e familiare
Il paziente è in pensione, in precedenza ha lavorato come elettricista e poi come autotrasportatore; coniugato con
tre figli in buona salute, abitudini alimentari buone con assunzione di 4-5 bicchieri di vino al giorno (circa 30-40 g)
da molti anni; non fumo; alvo e diuresi regolari. Un fratello ha sofferto di pregresso infarto del miocardio; madre e tre fratelli affetti da diabete mellito; la madre è deceduta a seguito di leucemia non meglio precisata. Il paziente non ha effettuato viaggi all’estero o al di fuori della regione veneta.
Terapia in atto al momento del ricovero. Prednisone 25
mg, 1 compressa al mattino a colazione; insulina pronta
5 + 8 + 8 U ai pasti; insulina ritardo 12 U alla 22; vitamina
B1, B6, B12, 3 compresse/die; furosemide 25 mg, 1 compressa al mattino; aldactone 100 mg, 1 compressa al mattino.
Problemi attivi all’ingresso. Febbre di natura non definita; calo ponderale significativo e astenia; cirrosi “criptogenetica” con splenomegalia, ittero, piastrinopenia, leucopenia, ridotta sintesi epatica; componente monoclonale sierica IgG lambda con Bence Jones urinaria negativa;
diabete mellito scompensato; neuropatia all’arto inferiore sinistro; lesioni cutanee eritemato-papulari (vasculite leucocitoclastica); aumento della ferritina sierica; aumento dei
prodotti di degradazione del fibrinogeno (D-dimero); parametri di laboratorio da sospetta emolisi.
Esame obiettivo all’ingresso. Peso 72 kg, altezza 170 cm;
indice di massa corporea 24.5 kg/m2 (calo ponderale di 8
kg in 6 mesi); subittero sclerale, spider nevi alle spalle; eritema maculo-papuloso al tronco e radice arti; non linfonodi; torace negativo; apparato cardiovascolare: soffio
protomesosistolico sul focolaio dell’aorta irradiato alla base del collo intensità 3/6; palpabili i polsi arteriosi nelle
comuni sedi di repere; addome: fegato con diametro longitudinale 12 cm, margine inferiore non palpabile; milza:
polo superiore in VII spazio sull’ascellare media, polo inferiore palpabile debordante 3 cm dall’arcata costale;
margine anteriore debordante 2 cm dall’ascellare anteriore;
edema al dorso del piede e alla caviglia di sinistra, con ridotta forza muscolare nel movimento di dorsiflessione, trofismo muscolare e sensibilità tattile ridotti nella stessa zona.
Approccio clinico diagnostico
Il problema principale di questo paziente, che aveva determinato il trasferimento presso la nostra Clinica da altro Ospedale, era la febbre, che persisteva da almeno un
paio di mesi e che ora era tenuta sotto controllo da terapia steroidea (essendo stata infruttuosa la terapia antibiotica). La terapia steroidea aveva peraltro causato uno
scompenso diabetico e reso necessario il ricorso all’insulina. La febbre era accompagnata da importante sintomatologia sistemica, quale calo ponderale e intensa astenia, tanto che il paziente preferiva rimanere a letto. Era da
spiegare altresì la sintomatologia cutanea e quella neurologica. La diagnosi di cirrosi era stata confermata da un
esame istologico epatico e d’altra parte sia l’ecografia
dell’addome, sia la tomografia computerizzata (TC) torace
e addome effettuate durante la precedente degenza avevano
escluso non solo patologie polmonari in atto, ma anche patologie addominali rilevanti; era emerso solo un fegato disomogeneo, di normali dimensioni, senza lesioni occupanti
spazio; l’alfafetoproteina era negativa. Rimaneva da spiegare la genesi della cirrosi in assenza di marcatori virali
positivi per infezione in atto e di un significativo apporto di alcool. Il profilo elettroforetico aveva evidenziato una
gammopatia monoclonale apparentemente non di tipo
mielomatoso. Gli elevati valori della ferritina richiedevano
l’esclusione di una emocromatosi. Aptoglobina ridotta,
Esami di routine all’ingresso (si riportano i più significativi). Emoglobina (Hb) 13.5 g%; globuli bianchi: 1880
10.9/L (neutrofili 29%, eosinofili 2%, basofili 0.5%, leucociti 42%, mastociti 23%); volume corpuscolare medio
dei globuli rossi (MCV) 97 fL, emoglobina cellulare media 33 pg; piastrine 83 10.9/L; VES prima ora 35 mm;
proteina C reattiva 75.1 mg/L; aspartato aminotransferasi (AST) 145 U/L; alanina aminotransferasi (ALT) 159
U/L; gamma-glutamiltranspeptidasi 107 U/L; bilirubina
totale 82.8 umol/L; bilirubina coniugata 42.0 umol/L;
non coniugata 40.8 umol/L; aptoglobina 0.08 g/L; LAD
772 U/L; proteine totali 64.2 g/L; albumina 26.14 g/L;
gamma-globuline 32.3% (componente monoclonale IgG
lambda); Bence Jones urinaria negativa; ferritina 2103
ug/L; tempo di protrombina 40%; INR 1.53; esame delle urine: glicosuria dosabile, non proteinuria; D-dimero:
693 ug/L; antigene di superficie del virus dell’epatite B e
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LAD aumentato e bilirubina indiretta elevata suggerivano un’anemia emolitica, anche per il precedente test di
Coombs positivo. Alla luce di queste considerazioni sono state formulate in prima istanza alcune ipotesi diagnostiche con il rispettivo piano di programmazione.
- HBV-DNA e HCV-RNA qualitativi: negativi;
- complemento sierico: nella norma;
- immunocomplessi circolanti: negativi;
- crioglobuline: non eseguite.
• Commento: ipotesi non confermata.
Ipotesi diagnostiche e programmazione
Emocromatosi.
• Test diagnostici richiesti:
- ferritina: molto elevata (> 1000 ug/L);
- transferrina satura: 40%;
- genetica C282Y, H63D: negativa;
- revisione di biopsia epatica: vedi sopra;
- esofagogastroduodenoscopia: non varici esofagee; gastrite
diffusa del corpo e fondo gastrico; non ulcere o erosioni;
- biopsia gastrica: gastrite cronica con modesto infiltrato
linfocitario della lamina;
- ecografia epatica: diametro porta 13 mm; splenomegalia; flusso epatopeto.
• Commento: ipotesi non confermata; si conferma la diagnosi di cirrosi da causa non definita.
Malattia linfoproliferativa o neoplasia maligna.
• Test diagnostici richiesti:
- TC total body: negativa per patologia polmonare, linfonodale, lesioni epatiche occupanti spazio, addominale;
- mielocentesi e biopsia ossea: iperplasia della serie eritroblastica, modesta plasmocitosi atipica (plasmacellule con
sporadiche atipie 3.5%; linfociti maturi 5.4%);
- biopsia epatica: non eseguita; revisione di biopsia epatica precedente: cirrosi epatica con fibrosi intra ed extracinare; siderosi parenchimale di grado moderato suggestiva
di emocromatosi;
- test di Coombs: diretto e indiretto negativo;
- biopsia del linfonodo: non eseguita per assenza di linfoadenomegalie;
- sottopopolazioni linfocitarie: lieve riduzione percentuale di linfociti T con lieve aumento del rapporto CD4/
CD8; nella norma la percentuale dei linfociti B. Discreto
aumento percentuale delle cellule NK. Le cellule CD34+
risultano < 1% della cellularità totale;
- radiografia dello scheletro in toto: negativa per aree di
osteolisi.
• Commento: ipotesi non confermata, anche se non del tutto falsificata.
Tubercolosi miliare.
• Test diagnostici richiesti:
- intradermoreazione “purified protein derivate”: negativa;
- ricerca bacillo di Koch (BK) urine (esame colturale e
PCR): negativa;
- ricerca BK escreato: non eseguito per mancanza di
escreato;
- ricerca BK aspirato gastrico (esame colturale e PCR): negativa;
- TC del torace: negativa;
- biopsia epatica: non eseguita (vedi sopra);
- biopsia ossea: negativa.
• Commento: ipotesi non confermata.
Endocardite batterica o altra patologia infettiva sistemica o d’organo.
• Test diagnostici richiesti:
- emoculture (almeno quattro): negative;
- ecocardiogramma: negativo;
- radiografia del torace: enfisema polmonare;
- esame delle urine: rare emazie e lacuni leucociti; glicosuria, lieve proteinuria;
- uroculture: negative;
- coproculture: negative;
- sierodiagnosi: negativa;
- TC total body: negativa per raccolte ascessuali;
- anti-HIV negativo.
• Commento: ipotesi non confermata.
Trombosi venosa profonda
• Test diagnostici richiesti:
- eco Doppler venoso agli arti inferiori: negativo;
- D-dimero: elevato.
• Commento: ipotesi non confermata.
Neuropatia diabetica.
• Test diagnostici richiesti:
- elettromiogramma: mononeuropatia nervo sciatico popliteo esterno sinistro a carattere assonopatico e con denervazione periferica; coesistono segni di polineuropatia
di grado discreto;
- anticorpi antiantigeni neuronali: anti-Hu positivo;
- anticorpi antimielina: negativo.
• Commento: diagnosi possibile, anche se il diabete si è
scompensato solo di recente.
Patologia immunitaria o vasculite sistemica.
• Test diagnostici richiesti:
- autoanticorpi organo e non organo specifici: negativi;
- autoanticorpi anticitoplasma dei neutrofili: negativi;
- fattori reumatoidi: 1:40;
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Giuseppe Realdi et al.
Ulteriore ipotesi. Neuropatia da vasculite sistemica
(poco probabile, per la negatività di qualsiasi marcatore
di immunità); neuropatia da sindrome paraneoplastica: possibile (per la positività di anticorpi anti-Hu, in assenza peraltro di identificazione e localizzazione di qualsiasi processo neoplastico).
venire dopo 22 giorni e risulta negativa); ricerca rRNA
Mycobacterium tuberculosis (test diretto): positiva.
Conclusione diagnostica: infezione tubercolare con possibile compromissione peritoneale o addominale (peritonite tubercolare o addominale).
Decisione terapeutica e successiva evoluzione
Evoluzione clinica
Il 18 luglio si esegue consulenza infettivologica, anche
allo scopo di individuare il farmaco meglio tollerato in rapporto alla presenza di cirrosi. Si inizia terapia con: etambutolo 500 mg 3 volte/die, streptomicina 1 g/die i.m.;
acido clavulanico + amoxicillina: 1 g 3 volte/die.
Al quarto giorno dall’inizio della terapia vi è scomparsa della febbre (Fig. 1) e progressivo miglioramento delle condizioni cliniche del paziente che riprende l’appetito e si alza dal letto.
Il paziente viene dimesso il 1° agosto 2003 con diagnosi
di: probabile peritonite tubercolare; cirrosi epatica criptogenetica con associata gammopatia monoclonale; neuropatia diabetica, e con prescrizione di terapia antitubercolare come da schema seguito durante il ricovero.
A domicilio il paziente ha continuato la terapia prescritta,
le condizioni generali si sono mantenute soddisfacenti e
non ha più avuto febbre. Il 15 agosto viene sospesa la streptomicina e l’acido clavulanico + amoxicillina, continuando con etambutolo 500 mg per 3 volte/die, come da
programma alla dimissione. Quattro giorni dopo, il 19 agosto, ricompare la febbre con progressivo ittero sclerale e
cutaneo ed edemi declivi. Il paziente effettua alcuni ac-
All’ingresso venne ridotta e poi sospesa la terapia steroidea con ricomparsa della febbre ad andamento remittente-intermittente con parziale remissione con paracetamolo (Fig. 1). Vi è stato un graduale incremento della bilirubina totale e diretta, una riduzione delle piastrine e dei
leucociti. Il 16 luglio si programma di ripetere una biopsia
epatica allo scopo di escludere ulteriormente l’ipotesi di
linfoma e di valutare l’eziologia della cirrosi. La biopsia
non viene eseguita per il riscontro all’esame ecografico di
discreta ascite, assente all’ingresso in reparto.
Si prospettano nuove ipotesi diagnostiche: ascite da
ipertensione portale; peritonite batterica spontanea o peritonite tubercolare o peritonite neoplastica.
Test diagnostici:
• paracentesi esplorativa: si prelevano 30 mL di liquido
ascitico con le seguenti caratteristiche: aspetto limpido; colore giallo oro; pH alcalino; coagulazione assente; proteine
totali: 8 g/L; globuli bianchi: 180 uL (prevalentemente mononucleati); citologia: negativa per cellule neoplastiche;
esame colturale: negativo (risposta dopo 72 ore); esame
colturale per ricerca BK: inviato (la risposta è fatta per-
FIGURA 1. Andamento della temperatura corporea nel paziente del caso clinico 1,
dal giorno dell’ingresso al giorno della dimissione. La freccia indica il giorno di
inizio della terapia antitubercolare.
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certamenti di laboratorio, dai quali emerge come dato
preminente un aumento della bilirubina a quota prevalentemente diretta (oltre 10 volte il valore normale), con
transaminasi lievemente alterate (circa 3 volte il valore normale).
Viene richiesto esame autoptico con i seguenti quesiti.
• Valutazione della patologia epatica responsabile dell’insufficienza epatica acuta.
Ipotesi: epatite acuta con evoluzione fulminante da farmaci su fegato cirrotico?
• Valutazione della compromissione d’organo dell’infezione tubercolare.
Ipotesi: peritonite tubercolare con diffusione epatica?
Tubercolosi intestinale? Miliare tubercolare?
• Valutazione di possibile patologia neoplastica o sistemica.
Ipotesi: Linfoma? Epatocarcinoma? Tumore occulto?
Nuovo ricovero
Il paziente viene di nuovo ricoverato il 26 agosto 2004.
Problemi principali all’ingresso: ittero marcato alla cute
e alle sclere; febbre 38.5°C; edemi declivi; versamento
ascitico; oliguria; aumento ponderale; astenia intensa.
Esami di routine dell’ingresso: globuli bianchi: 4.5 10.9/L; Hb 133 g/L; MCV 98 fL; piastrine 145 10.9/L:
urea 6.20 mmol/L; sodio 122 mmol/L; potassio 4.7 mmol/L;
bilirubina totale 401 umol/L; coniugata 271 umol/L; AST
150 U/L; ALT 142 U/L; attività protrombinica 27%; INR
2.53.
Ipotesi diagnostiche all’ingresso:
- ittero colestatico o epatite da farmaci (amoxicillina + acido clavulanico, oppure etambutolo) in cirrosi epatica;
- trombosi portale in cirrotico;
- ripresa della malattia tubercolare;
- scompenso epatico con sindrome epatorenale.
Esame autoptico
Diagnosi anatomo-patologica. Localizzazione epatica
plurifocale (due lesioni nodulari, parzialmente circoscritte
da sclerosi, la maggiore delle quali del diametro di 2 cm)
di linfoma non Hodgkin a piccole cellule, di tipo follicolare, in cirrosi epatica prevalentemente monoacinare, ascitogena itterigena e splenomegalica. Ulcera peptica della
grande curva, associata ad infiltrato linfoplasmacellulare
polimorfo, transparietale. Emorragia massiva intestinale.
• Commenti.
- Nessuno dei campioni di tessuto epatico ha evidenziato
trombosi della vena porta o delle sue diramazioni principali.
- L’esame macroscopico ed istologico di tutti i visceri non
ha evidenziato lesioni macroscopiche/istologiche indicative di patologia neoplastica a localizzazione linfonodale o extralinfonodale.
- In assenza di lesioni nodulari, il campionamento casuale di segmenti di parete gastrointestinale non ha documentato localizzazione sierosa di tubercolosi. La ricerca
di DNA (PCR) del BK, eseguita su DNA estratto dal
campioni di fegato, ha dato esito negativo.
- Le alterazioni autolitiche postmortali non hanno consentito la caratterizzazione immunofenotipica: a) della lesione linfomatosa epatica, b) dell’infiltrato linfoplasmacellulare di tipo diffuso rilevato in associazione all’ulcera gastrica.
- La colorazione di Giemsa (modificata per Helicobacter pylori) su campioni di mucosa gastrica non ha documentato
batteri con morfologia coerente con Helicobacter pylori (i.e.
disepitelizzazione postmortale della mucosa gastrica).
• Conclusioni diagnostiche.
- Linfoma non Hodgkin a piccole cellule a localizzazione prevalentemente epatica in cirrosi epatica.
Programmazione e decisioni terapeutiche
Si sospende l’etambutolo e si riprende terapia con streptomicina 1 g/die alla quale si aggiunge levofloxacina 500
mg/die; prednisone 25 mg/die; albumina e.v.; paracetamolo
al bisogno, furosemide.
Un’ecografia dell’addome superiore evidenzia abbondante ascite, fegato nei limiti della norma con ecostruttura marcatamente disomogenea per la presenza di echi
grossolani e diffusi piccoli noduli solidi, il maggiore di circa 16 mm a destra. Pervia la vena porta con flusso epatopeto. Colecisti non distesa con piccole formazioni iperecogene non seguite da cono d’ombra. Non dilatazione delle vie biliari. Milza ingrandita (asse bipolare 18 cm) senza evidenti lesioni focali.
La sodiuria è 4 mmol/L. Non si effettua paracentesi per
problemi coagulativi.
Al terzo giorno di ricovero il paziente presenta alterazione dello stato di coscienza con sonnolenza, flapping tremor, dolore lombare e contrazione della diuresi. Si continua terapia con soluzioni glucosate, aminoacidi ramificati, lattulosio per os e clisma e paromomicina per os.
Il 31 agosto compare improvvisamente ematemesi, che
si arresta spontaneamente. Trasfusione con due sacche di
sangue e plasma. Ulteriore aggravamento delle condizioni generali con progressivo stato di coma che diviene irreversibile. Il paziente muore il 2 settembre 2003.
Caso clinico 2
Si tratta di una donna di 64 anni, giunta alla nostra osservazione in aprile 2004.
Dal novembre 2003 la paziente lamentava malessere generalizzato, astenia e inappetenza. Successivamente com-
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Giuseppe Realdi et al.
parve febbre intermittente-remittente con cefalea occipitale, epistassi occasionale, faringodinia e rinite, lieve calo ponderale (2 kg nel mese precedente l’osservazione).
Per tale sintomatologia si recò nel gennaio 2004 dal suo
medico di famiglia che non evidenziò nulla di significativo a parte il calo ponderale. Venne prescritto trattamento antibiotico con amoxicillina 2 g/die 7 giorni. Per
il persistere della febbre la paziente tornò dal medico curante che prescrisse alcuni accertamenti di laboratorio. Le
indagini eseguite documentarono lieve anemia normocromica e normocitica (Hb 107 g/L, MCV 89 fL), notevole aumento degli indici di flogosi (VES 102 mm/ora e
proteina C reattiva 108.8 mg/L. Nel profilo elettroforetico presenza di gammopatia monoclonale IgGk di notevole
entità (46 g/L). Il medico di famiglia ritenne opportuno il
ricovero della paziente nel sospetto di un mieloma multiplo (MM).
immediata spiegazione e la presenza di una gammopatia
monoclonale suggestiva di mieloma. Ferme restando le
considerazioni già esposte nel caso 1 per il problema della FUO, l’altro problema suggestivo di una patologia
ematologica sistemica era la gammopatia monoclonale associata ad anemia.
L’aumento delle gamma-globuline può essere policlonale o monoclonale. Tra le cause di aumento policlonale
ricordiamo epatopatie croniche anche virali (HBV e HCV),
infezioni batteriche acute e croniche, parassitosi, collagenopatie e malattie autoimmuni, sarcoidosi, neoplasie, tossicodipendenza, sindrome da immunodeficienza acquisita e, più rare, la sindrome di Down e la berilliosi.
Altrettanto eterogenee le cause di aumento monoclonale
delle gamma-globuline: MGUS, neoplasie del sistema
linfatico (leucemia linfatica cronica e linfomi non Hodgkin), altre neoplasie costituite da cellule producenti immunoglobuline (malattie delle catene pesanti, MM, macroglobulinemia di Waldenstrom, leucemia plasmacellulare ed amiloidosi primitiva), ma anche forme solide come carcinomi del colon, della prostata, dello stomaco e della mammella; ed inoltre malattie autoimmuni tra cui porpora ipergammaglobulinemica, crioglobulinemia mista,
malattia da agglutinine fredde, malattia di Sjögren, lupus
eritematoso sistemico ed altre collagenopatie. Una gammopatia monoclonale si può associare anche a cirrosi
HCV-correlata, infezioni croniche, sindrome da carcinoide, malattie parassitarie, policitemia rubra vera, malattia
di Gaucher, lichen mixedematoso e pioderma gangrenoso.
Alla luce di queste considerazioni venne posta la prima
ipotesi diagnostica.
Anamnesi patologica remota
Appendicectomia a 34 anni; da circa un decennio riscontro di microcisti tiroidee al terzo inferiore del lobo sinistro con funzionalità tiroidea nella norma.
Anamnesi fisiologica e familiare
Familiarità per neoplasie; menopausa fisiologica a 52 anni, in terapia ormonale sostitutiva per osteoporosi. Casalinga, risiede nel Nord-Est, in zona collinare. Modesto tabagismo (8 sigarette/die); non potus; alvo alterno per “colite”. Amante dei viaggi organizzati, si era recata in
Marocco nel 2000, in Egitto nel 2001 ed in Russia nel
2002. Trascorreva abitualmente le ferie estive in Puglia,
ma nel 2003 non aveva viaggiato. Non allergie note; mai
emotrasfusa.
Terapia in atto al momento del ricovero: paracetamolo
500 mg 2 volte/die per os.
Esame obiettivo all’ingresso: facies sofferente, peso 55
kg; indice di massa corporea 22 kg/m2; eupnoica, temperatura corporea 38.3C°; non linfoadenomegalie superficiali.
Rinite crostosa bilaterale, tiroide lievemente ingrandita.
Cicatrice in fossa iliaca destra. Alla palpazione si apprezza corda colica. Milza e fegato palpabili all’inspirio.
Problemi attivi all’ingresso: febbre intermittente; anoressia e calo ponderale; modesta epatosplenomegalia; rinite crostosa ed epistassi; gammopatia monoclonale IgGk;
anemia normocromica.
Ipotesi diagnostiche e programmazione
Mieloma multiplo o malattia linfoproliferativa.
• Test diagnostici richiesti:
esami ematochimici: la ripetizione del profilo elettroforetico confermava l’iperproteinemia (107 g) e l’ipergammaglobulinemia (46.6%) ma non la presenza di componente monoclonale. β2 microglobulina 3955 (g/mL, negativa la ricerca di proteina Bence Jones nelle urine. Si confermava l’anemia normocromica normocitica e l’elevazione della VES. Inoltre lieve piastrinopenia (120 109
plts) e modesto aumento di AST ed ALT (rispettivamente 51 e 41 U/L). Nella norma ionemia e test di funzionalità renale. La sierologia per HBV e HCV e per HIV era
negativa.
Radiografie delle ossa lunghe e delle ossa piatte: negative per lesioni osteolitiche.
TC dell’addome: epatosplenomegalia di media entità ed
assenza di linfoadenomegalie profonde.
Approccio clinico diagnostico
Anche in questa paziente i due problemi più rilevanti che
avevano indotto il medico di base a richiedere il ricovero erano il persistere della febbre che non trovava alcuna
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Ann Ital Med Int Vol 19, N 3 Luglio-Settembre 2004
Mielocentesi: l’apposizione da biopsia ossea (Fig. 2) mostrava cellularità ricca con serie bianca e rossa normorappresentate; serie piastrinico-megacariocitaria normomaturante; plasmacellule pari a 20-25% alcune con anomalie morfologiche (con corpi globulari, con più nuclei,
fiammeggianti); presenza anche di immunoblasti e plasmoblasti e alcuni nuclei nudi; presenti cellule reticolocitarie con numerosi corpi inclusi sospetti per amastigoti di Leishmania.
Biopsia ossea: conferma del quadro midollare.
Conclusioni: ipotesi di mieloma non confermata.
Alla luce del riscontro dei corpi inclusi a livello midollare
la successiva ipotesi diagnostica presa in considerazione
è stata la seguente:
le della sintomatologia che aveva condotto alla nostra
osservazione con rapido recupero del peso.
I dati di laboratorio mostrano la normalizzazione della
funzionalità renale e la diminuzione progressiva della
percentuale di gamma-globuline.
COMMENTO GENERALE AI DUE CASI CLINICI
I due problemi più rilevanti che hanno accomunato
questi 2 pazienti sono stati la FUO e la gammopatia monoclonale.
Febbre di origine sconosciuta
Tre categorie principali di malattie sono chiamate in causa per la maggior parte delle FUO: le infezioni, le neoplasie
e le malattie del collageno comprese le vasculiti. Nell’ambito delle infezioni, gli studi clinici riportano la maggiore prevalenza per la tubercolosi e in misura minore per l’endocardite batterica1. Per la tubercolosi in particolare è
stato recentemente sottolineato il suo progressivo incremento in Italia, sia in popolazioni di anziani, sia in età giovanile4. I tumori più comuni che si presentano con una
FUO sono i linfomi, specialmente non Hodgkin, alcune
leucemie, il carcinoma renale, l’epatocarcinoma e i tumori
metastatici al fegato; anche il mixoma atriale sebbene
poco frequente (e comunque benigno) si presenta con
FUO in circa un terzo dei casi5. Tra le malattie vascolari
del collageno, al primo posto stanno l’artrite reumatoide
giovanile (o malattia di Still), e l’arterite a cellule giganti nei soggetti oltre i 50 anni; altre patologie immunitarie
responsabili della FUO sono la panarterite nodosa, la granulomatosi di Wegener e la crioglobulinemia mista. Un
quarto gruppo di patologie che va sempre preso in considerazione è la reazione da farmaci, per cui una delle prime decisioni cliniche da prendere di fronte ad un paziente con FUO è la sospensione di tutti i farmaci non indispensabili. Non va dimenticato peraltro che una percen-
Leishmaniosi viscerale.
• Test diagnostici richiesti:
- anticorpi anti-Leishmania: positivi, titolo 1:640;
- midollo e biopsia ossea: vedi sopra.
Conclusioni: confermata la diagnosi di leishmaniosi
viscerale.
Localizzazione mucosa di leishmaniosi a livello nasale.
• Test diagnostici richiesti:
- visita otorinoloringoiatrica: rinite crostosa aspecifica;
- biopsia nasale: rinite aspecifica.
Conclusioni: ipotesi non confermata, si conferma diagnosi di rinite aspecifica.
Decisione terapeutica e successiva evoluzione
La paziente è stata trattata in regime di ricovero con ambisome 180 mg e.v dal primo al quinto giorno e poi il quattordicesimo e il ventunesimo giorno. La terapia ha causato
intercorrente transitoria insufficienza renale (urea 13.2
mmol/L e creatinina 220 µmol/L al termine del primo ciclo terapeutico).
Ad 1 mese dall’ultima somministrazione la paziente
riferiva scomparsa della febbre e miglioramento genera-
A
B
C
FIGURA 2. Apposizione di biopsia ossea in microscopia ottica: in A e B sono evidenti cellule reticolari completamente infarcite di parassiti; in C tipica disposizione a rosetta degli amastigoti (Colorazione May Grumwald Giemsa).
220
Giuseppe Realdi et al.
tuali variabile dal 10 al 30% dei pazienti rimane non diagnosticata1.
Per quanto riguarda il problema dell’approccio diagnostico, è stata ripetutamente sottolineata l’importanza
dell’anamnesi e dell’esame obiettivo, che deve essere ripetuto ogni giorno o più volte al giorno. Circa gli esami
di laboratorio, vanno considerati come esami di routine non
solo quelli normalmente effettuati all’ingresso in Ospedale
a tutti i pazienti, ma anche gli esami immunologici, le indagini batteriologiche culturali e sierologiche, la diagnostica per immagini, in particolare l’esame TC total body.
Accanto a questi esami una particolare rilevanza assumono
gli accertamenti istologici, in particolare la biopsia ossea
e quella epatica nella diagnostica della tubercolosi miliare e delle patologie sistemiche o granulomatose, la biopsia
di un linfonodo in presenza di linfoadenomegalia, la biopsia dell’arteria temporale nel sospetto di arterite a cellule
giganti e la biopsia pleurica o pericardica nella valutazione
di tubercolosi extrapolmonare.
Nei nostri 2 pazienti, la biopsia e l’aspirato midollare
hanno consentito di escludere patologia sistemica di natura linfoproliferativa e altresì di acquisire immediatamente la diagnosi di leihsmaniosi nel secondo caso, in virtù
del riscontro di inclusioni intracellulari suggestive di malattia. La biopsia epatica, effettuata precocemente nel primo caso per la presenza di transaminasi alterate, aveva
messo in luce un quadro di cirrosi epatica, definita criptogenetica per la negatività dei marcatori virali e l’assenza di abuso alcolico. Anche la revisione della biopsia, effettuata durante il ricovero in Clinica a causa dell’impossibilità di un nuovo prelievo, aveva confermato la presenza di cirrosi, senza alcun elemento significativo per una
patologia sistemica, diagnosi poi smentita dal riscontro autoptico dal quale emerse invece un quadro conclamato di
linfoma epatico, associato a infiltrazione della parete gastrica. Quindi, in questo caso, la biopsia epatica si è rivelata non solo poco sensibile, ma anche poco specifica.
Il paziente con MGUS è asintomatico e la proteina M
è rivelata con elettroforesi seguita da immunoelettroforesi
o immunofissazione per l’identificazione, la presenza della gammopatia monoclonale va comunque distinta dalla
gammopatia policlonale.
La MGUS si riscontra in circa il 6% degli individui fra
i 62 e i 79 anni di età, nell’11% fra gli 80 e gli 89 anni e
nel 14% > 90 anni.
Il valore medio di proteina M iniziale è < 2 g/dL; catene pesanti IgG sono presenti nel 70%, IgM nel 15%, IgA
nel 12% e biclonali nel 3%; le catene leggere sono di tipo kappa nel 61% dei casi e lambda nel 39%; catene leggere monoclonali urinarie kappa e lambda sono riscontrate
rispettivamente nel 21 e nel 10% dei casi6.
In uno studio il 68% dei pazienti con MGUS era infettato da Helicobacter pylori; nel 28% dei pazienti valutati, l’eradicazione di Helicobacter pylori portava alla scomparsa della proteina monoclonale7.
Può essere difficoltoso distinguere un paziente con
MGUS da uno con MM. La concentrazione della proteina M nel siero, la concentrazione di emoglobina, l’ammontare dell’escrezione di catene leggere, la percentuale di plasmacellule nel midollo e la presenza o assenza di
lesioni osteolitiche, l’ipercalcemia o l’insufficienza renale
possono essere di aiuto ma non sono patognomoniche. La
concentrazione sierica di interleuchina-6 è spesso elevata nel MM ma è normale nella MGUS. In compenso, la
concentrazione sierica di beta-2 microglobulina, il numero di cellule CD4, e la presenza di catene J in plasmacellule maligne non sono di aiuto nella differenziazione8.
Per la diagnosi differenziale sono stati utilizzati anche
i più sofisticati test diagnostici. Per esempio, il “labeling
index” delle plasmacellule che misura la sintesi di DNA,
è spesso utile. Un “labeling index” elevato è fortemente
indicativo di MM attivo, ma un valore normale è presente in oltre un terzo dei pazienti con mieloma9.
Citogeneticamente, la MGUS è caratterizzata da complesse anormalità cromosomiche in quasi tutti i pazienti;
risultati ottenuti con ibridazione in situ fluorescente dimostrano aneuploidia in più del 50% dei pazienti con
MGUS. Comunque anormalità cromosomiche altamente
indicative di progressione da MGUS a MM non sono ancora state individuate10.
Il modo migliore per differenziare le due patologie è la
determinazione sierata delle proteina M nel siero e la periodica rivalutazione dei parametri clinici e di laboratorio
pertinenti.
Il razionale della diagnosi e del follow-up dei pazienti
con MGUS è la possibile progressione neoplastica. I pazienti con MGUS IgG o IgA tendono a progredire in
MM, amiloidosi primaria o in disordini riguardanti le
Gammopatia monoclonale di incerto significato
La MGUS è caratterizzata da2:
• presenza di una proteina sierica monoclonale (proteina M,
o IgG, o IgA, o IgM), usualmente ad una concentrazione
inferiore, rispettivamente, a 3 g/dL, a 2 g/dL e a 1 g/dL;
• un numero di plasmacellule < 10% nel midollo osseo;
• assenza o piccola presenza di proteine M nelle urine (proteinuria di Bence Jones);
• assenza di lesioni ossee litiche, anemia, ipercalcemia ed
insufficienza renale;
• stabilità nel tempo di proteina M e mancanza di altre anomalie durante il follow-up;
• esclusione di disordini proliferativi di beta-cellule.
221
Ann Ital Med Int Vol 19, N 3 Luglio-Settembre 2004
plasmacellule; pazienti con MGUS IgM tendono a progredire in disordini linfoproliferativi (linfoma non Hodgkin,
leucemia linfocitica cronica o macroglubulinemia di
Waldenstrom). La probabilità cumulativa di progressione verso uno di questi disordini a 10, 20 e 25 anni è rispettivamente del 10, 21 e 26% con una progressione di
circa l’1% per anno. Il numero di pazienti evoluto in neoplasia plasmacellulare o altro disordine correlato è 7.3 volte superiore di quanto atteso nella popolazione generale.
Il rischio di sviluppare MM, macroglobulinemia di
Waldenstrom, amiloidosi primaria o linfoma è aumentato rispettivamente di 25, 46, 8.4 e 2.4 volte6.
Non ci sono evidenze che, alla diagnosi di MGUS, permettano realmente di distinguere i pazienti che rimarranno stabili da quelli che progrediranno verso una malattia
maligna che – come precedentemente visto – si verifica
con un indice di circa l’1%/anno. In una serie di oltre 300
pazienti, il rischio relativo di sviluppare MM era: 2.4 per
ogni aumento di 1 g/dL di IgG; 3.5 per la presenza di proteinuria a catene leggere; 6.1 per l’età > 70 anni; 13.1 per
una riduzione di due Ig policlonali11.
La MGUS IgM non è comune e comprende il 15-20%
di tutti i pazienti con MGUS. In uno studio condotto nella Mayo Clinic, dopo un follow-up medio di 6.3 anni, 29
pazienti (14%) hanno sviluppato linfoma non Hodgkin (17
pazienti), macroglobulinemia di Waldenstrom (6 pazienti), leucemia linfocitica cronica (3 pazienti) o amiloidosi
(3 pazienti) con fattori di rischio relativo (confrontati con
il registro IOWA SEER) rispettivamente di 15, 262, 6 e
16 volte6.
Il rischio di progressione neoplastica appare più alto rispetto alle serie di tutti i pazienti con MGUS (1% per anno).
coaspirato, aspirato gastrico, materiale bioptico, campione di urine o di liquido peritoneale, o pleurico, o pericardico, o cerebrospinale) utilizzando soluzioni di coloranti
a base di acido e alcool, in quanto i micobatteri hanno la
caratteristica di essere acido-alcool resistenti e pertanto trattengono il colorante a differenza degli altri microrganismi.
Un risultato negativo tuttavia non esclude la tubercolosi,
anche nei casi di tubercolosi polmonare. Vari fattori influenzano la sensibilità del test, quali la tecnica di colorazione, la velocità alla quale viene centrifugato il liquido,
l’esperienza dell’operatore che legge i preparati, la prevalenza di tubercolosi nella popolazione e ovviamente il numero di bacilli presenti nel campione13. Questi limiti, che
riducono notevolmente la sensibilità del test (fino al 50%),
hanno favorito lo sviluppo e l’impiego di nuovi test diagnostici più rapidi che utilizzano la ricerca degli acidi nucleici del micobatterio della tubercolosi mediante tecnica PCR, che consente un’amplificazione del materiale
genomico. Buoni risultati, con l’applicazione di questa metodica, sono stati ottenuti in campioni biologici provenienti
sia dal tratto respiratorio, sia da sedi extrarespiratorie,
come liquido gastrico, urine, biopsie linfonodali o cutanee14. Uno studio recente ha sottolineato la validità di tale metodo nella ricerca del micobatterio della tubercolosi nel liquido ascitico, soprattutto in pazienti con epatopatia sottostante15. La sensibilità globale è riportata intorno
all’80%, la specificità del 96-99%, il valore predittivo
positivo del 57-85%, il valore predittivo negativo del
99%. Questi valori raggiungono quasi il 100% in campioni
che sono risultati positivi alla colorazione di Ziehl-Neelsen,
mentre si dimezzano nei campioni negativi a tale colorazione, mantenendosi peraltro la specificità del test e il suo
valore predittivo negativo del 96-99%14,16. Le attuali raccomandazioni dell’American Thoracic Society suggeriscono di utilizzare sempre anche la colorazione e l’esame
colturale, ovviamente quando è possibile avere campioni su cui effettuare tale ricerca, e di fare comunque riferimento alla situazione clinica per un’adeguata valutazione del risultato del test rapido con PCR17 (Tab. I). Nel
nostro caso in particolare, in attesa dell’esame colturale e
data l’urgenza di giungere ad una diagnosi eziologica,
abbiamo considerato affidabile il risultato della ricerca del
micobatterio tubercolare con il metodo PCR nel liquido
peritoneale e abbiamo altresì deciso, insieme con i colleghi infettivologi da noi consultati, di iniziare terapia antitubercolare, anche alla luce dell’elevata probabilità pretest di infezione tubercolare, come riportato in precedenza nelle FUO (circa un terzo dei pazienti) e quindi di elevato sospetto clinico di infezione (Tab. I). È da rilevare tuttavia che la conferma della diagnosi di tubercolosi miliare si poteva ottenere con una laparoscopia che, in casi analoghi a quello da noi presentato, è, dopo l’isolamento in
COMMENTO AL CASO CLINICO 1
La diagnosi di tubercolosi e il riscontro autoptico
di linfoma epatico
La gestione clinica del primo paziente ha visto il succedersi di quattro eventi, alcuni peraltro inattesi, che hanno modificato in misura rilevante il decorso della malattia, come pure la diagnosi conclusiva. Essi sono: la positività con metodica della PCR per Mycobacterium tuberculosis, la rapida risposta alla terapia antitubercolare, la
reazione da farmaci con ittero colestatico e il riscontro autoptico di linfoma epatico.
Il gold standard per la diagnosi di tubercolosi è l’isolamento in coltura del micobatterio, ma il microrganismo richiede settimane per crescere4,12. In attesa dello sviluppo culturale, si ricorre correntemente alla ricerca del micobatterio in vari liquidi o tessuti organici (escreato, bron-
222
Giuseppe Realdi et al.
TABELLA I. Possibili decisioni cliniche in attesa dell’esame colturale per ricerca di micobatterio tubercolare.
Possibile decisione Risultato PCR
Alto sospetto clinico di TBC
Colorazione +
Trattare
Isolare
Trattare
Isolare
(+)
(+)
(-)
(-)
Basso sospetto clinico di TBC
Colorazione -
Colorazione +
Colorazione -
Decidere
senza PCR
Decidere
con PCR
Decidere
senza PCR
Decidere
con PCR
Decidere
senza PCR
Decidere
con PCR
Decidere
senza PCR
Decidere
con PCR
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
?
?
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
?
No
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
Sì
No
No
No
No
No
No
?
?
No
No
PCR = reazione polimerasica a catena; TBC = tubercolosi.
Da Catanzaro14, modificata.
coltura del micobatterio tubercolare del liquido ascitico,
il test con più elevato valore predittivo di tubercolosi peritoneale. Questo esame non è stato da noi eseguito sia a
causa delle precarie condizioni cliniche del paziente, sia
per l’impossibilità tecnica di effettuare l’indagine durante il periodo del ricovero.
mulare l’ipotesi di una colestasi da farmaci, in assenza di
ostruzione extraepatica delle vie biliari (non dilatazione
all’ecografia del fegato). I farmaci implicati sono stati
l’etambutolo e l’associazione amoxicillina + acido clavulanico. Mentre è ben nota l’epatotossicità degli antitubercolari isoniazide, rifampicina e pirazinamide, l’etambutolo è raramente implicato in reazioni avverse epatiche
e limitatamente ad un’alterazione della funzionalità epatica, principalmente delle transaminasi. Nel nostro paziente, il farmaco maggiormente implicato rimane invece l’amoxicillina associata all’acido clavulanico, come recentemente riportato anche da altre esperienze19. L’ittero indotto da tale associazione è generalmente di breve durata e si associa ad un modico aumento delle transaminasi nel 23% dei pazienti19. Tuttavia in alcuni casi, soprattutto se già compromessi dalla coesistenza di altre epatopatie, l’ittero può essere grave, prolungato e anche fatale, espressione talvolta di una colangite distruttiva diffusa20. Nel nostro paziente è possibile ipotizzare una reazione
idiosincrasica, anche se tardiva, all’associazione amoxicillina + acido clavulanico, con grave colestasi intraepatica che si è sovrapposta alla cirrosi epatica preesistente
e all’infiltrazione linfomatosa epatica (riscontrata all’esame autoptico), con rapida insorgenza di insufficienza epatica acuta nell’ambito di un’epatopatia cronica cirrogena.
La rapida risposta alla terapia antitubercolare
Anche se non vi sono accurati studi controllati sulla durata della terapia antitubercolare delle forme extrapolmonari, tuttavia l’esperienza clinica suggerisce un ciclo di
terapia non inferiore ai 6-9 mesi, che diventano 12 nelle
forme di miliare tubercolare o di tubercolosi ossea o meningea. La valutazione della risposta alla terapia è tuttavia limitata per la relativa inaccessibilità alle sedi della malattia. Pertanto la risposta al trattamento potrà essere valutata sulla base dell’andamento clinico ed eventualmente di riscontri radiologici o, come nel nostro caso, da rivalutazioni microbiologiche o molecolari dell’eventuale
liquido ascitico ancora prelevabile. Un parametro importante nelle forme di tubercolosi extrapolmonare è l’andamento della febbre, il quale andamento, peraltro, è assai
variabile da un soggetto all’altro, potendo esservi defervescenza entro pochi giorni dall’inizio della terapia, ma
potendo la febbre persistere anche varie settimane18. Nel
nostro paziente abbiamo osservato, con sorpresa a dire il
vero, la regressione della febbre al quarto giorno di terapia (Fig. 1) e la temperatura si è mantenuta nei giorni successivi del ricovero sempre < 37°C, salvo un minimo rialzo termico in settima e ottava giornata dall’inizio della cura. Questo comportamento clinico, associato ad una graduale ripresa delle condizioni generali, quali l’appetito e
il tono generale, avevano almeno in parte contribuito a confermare l’ipotesi diagnostica di tubercolosi extrapolmonare,
e specificamente addominale o peritoneale.
La diagnosi autoptica di linfoma epatico
Una recente rassegna della letteratura ha portato un
contributo significativo su questa rara patologia della
quale sono riportati poco più di 130 casi descritti21. La malattia spesso esordisce con sintomi non specifici, quali malessere o dolore epigastrico o all’ipocondrio destro, febbre, perdita di peso e astenia, e si complica nel prosieguo
della malattia con ittero, disseminazione intravascolare, insufficienza epatica e multiorgano. Il linfoma primitivo del
fegato è definito come un linfoma localizzato e limitato
al fegato, senza evidenze di compromissione extraepatica o con compromissione epatica dominante. La sua ra-
La probabile reazione epatica da farmaci
L’improvviso incremento dell’ittero, dopo una sua iniziale riduzione prima della dimissione, ha indotto a for-
223
Ann Ital Med Int Vol 19, N 3 Luglio-Settembre 2004
rità è bene espressa dalla sua bassa prevalenza come linfoma non Hodgkin extranodale (0.4%) e di tutti i linfomi non
Hodgkin (0.016%)21. Al contrario, la prevalenza della
compromissione epatica nel linfoma non Hodgkin è riportata dell’ordine del 15-27%, che aumenta ad oltre il 50%
negli studi autoptici. Il linfoma epatico può essere associato a varie patologie, quali l’infezione da HIV, l’AIDS,
l’HBV, l’HCV, l’infezione da virus di Epstein-Barr, la cirrosi epatica, la cirrosi biliare primitiva, la terapia immunosoppressiva, le malattie autoimmuni21. Un terzo dei
pazienti si presenta con una lesione solitaria del fegato, un
altro terzo con lesioni multifocali, specialmente nei pazienti
con infezione da HIV o con precedenti epatopatie, come
nel nostro paziente. La diagnostica per immagini frequentemente non è indicativa di patologia e la biopsia epatica non sempre consente di arrivare alla diagnosi e comunque richiede sempre uno studio immunoistochimico,
che può venire suggerito dall’infiltrazione linfocitaria
monomorfa del fegato. Anche nel caso descritto dagli
autori sopra citati la biopsia epatica non diede risultati conclusivi e la biopsia ossea e l’aspirato midollare furono negativi. La terapia di tale affezione è aneddotica e basata
su esperienze di chirurgia, chemioterapia, radioterapia o
terapia combinata, con risultati peraltro discordanti. Nel
nostro paziente la diagnosi autoptica è stata di linfoma epatico con associata infiltrazione linfoplasmacellulare transparietale dello stomaco in corrispondenza dell’ulcera sulla grande curvatura gastrica. Nessun altra localizzazione
di tessuto linfomatoso è stata identificata, né sono state
identificate lesioni tubercolari epatiche, polmonari, linfonodali, peritoneali o di altro organi. Le alterazioni regressive postmortali non hanno permesso una caratterizzazione immunoistochimica dell’infiltrato epatico e gastrico, anche per stabilire se si trattava della stessa patologia. Non è escluso infatti che l’inizio della malattia
possa essere stato proprio lo stomaco (linfoma gastrico)
con successiva diffusione al fegato. Circa l’eziologia della cirrosi, alla luce della coesistenza nel paziente di altre
patologie metaboliche, quali il diabete, l’ipertensione arteriosa e in passato anche sovrappeso corporeo, sembra ragionevole ipotizzare una cirrosi epatica come evoluzione
di una steatoepatite non alcolica.
sa. Il ciclo vitale della Leishmania si svolge attraverso due
aspetti morfologici: la forma amastigote (priva di flagello) e la forma promastigote (munita di flagello). La forma amastigote si osserva nell’ospite vertebrato che funge da serbatoio (uomo, cane, volpe, roditore). La forma
promastigote si osserva sia nel vettore (Phlebotomus nel
Vecchio Mondo, e Lutzomyia nel Nuovo Mondo) che in
coltura.
Epidemiologia
La leishmaniosi è una zoonosi che interessa i roditori ed
i canidi di ogni continente abitato, esclusa l’Australia. In
Italia sono presenti due tipi di leishmaniosi, la forma viscerale e la forma cutanea, provocate dai 200 ceppi viscerotropi ed epidermotropi di Leishmania infantum.
Entrambe le forme sono presenti a focolai discontinui su
tutta la fascia costiera tirrenica, nelle zone rurali o nelle
periferie e nelle aree collinari ad Ovest della dorsale appenninica, fino ad un’altitudine di 500-600 m. È inoltre diffusa nelle regioni costiere e sub-appenniniche dello Ionio
e del basso Adriatico fino al Gargano, ed in tutte le isole. In Abruzzo, in alcune aree calabre e nel Nord della
Sardegna sono invece presenti focolai di sola leishmaniosi
cutanea; focolai sporadici e di lieve entità sono riscontrabili
nel medio ed alto Adriatico e, più in generale, ad Est della dorsale appenninica centro-settentrionale23. Serbatoio
è il cane con una prevalenza della leishmaniosi canina nel
Centro-Sud compresa tra 2 e 56%24.
La popolazione globale a rischio di infezione è di 350
milioni di individui; l’incidenza annuale è di 1.5-2 milioni
di casi, di cui 1-1.5 milioni di casi di leishmaniosi cutanea, e 500 000 casi della forma viscerale. L’incidenza annuale di 30-50 casi in Italia sembra essere largamente
sottostimata.
Nel caso in oggetto, la patologia potrebbe essere stata
contratta durante l’ultimo soggiorno in Puglia, ma poiché
sono descritti alcuni focolai, almeno nel serbatoio animale,
anche nel triveneto non si può escludere che la parassitosi sia stata contratta senza spostarsi dall’area di residenza. Per stabilire ciò non ci aiuta la variabilità del periodo
di incubazione che, per la forma viscerale è compreso tra
le 3 settimane ed i 18 mesi25.
COMMENTO AL CASO CLINICO 2
Patogenesi
La diagnosi e la terapia della leishmaniosi
Lo sviluppo della malattia nel vertebrato dipende da un
insieme di variabili relative alle caratteristiche del parassita ed allo stato immunitario dell’ospite. Oltre alla carica parassitaria, le diversità genetiche del protozoo sono responsabili della notevole variabilità nella capacità di virulenza: variazioni dei lipofosfoglicani di superficie o
Il genere Leishmania comprende diverse specie, alcune delle quali patogene per l’uomo, tra loro indistinguibili in microscopia ottica22. Causano quattro sindromi
cliniche: la viscerale o kala-azar, la cutanea del Vecchio
e del Nuovo Mondo, la mucocutanea e la cutanea diffu-
224
Giuseppe Realdi et al.
della produzione degli enzimi perossidasici possono modificare in modo sostanziale la capacità del parassita di sopravvivere all’interno dei macrofagi e quindi la sua capacità
di provocare la malattia26. Altrettanto importanti i fattori di suscettibilità legati all’ospite, quali fattori genetici,
età, stato nutrizionale, o terapia incompleta al primo episodio; ma fondamentale è la reazione immunitaria
dell’ospite: una reazione immunitaria cellulo-mediata di
tipo Th1 è responsabile della resistenza alla Leishmania,
mentre lo sviluppo di una reazione di tipo Th2 è correlato alla disseminazione della malattia. La risposta Th1 è stimolata in gran parte dall’interleuchina-12; una seconda via
di attivazione della risposta Th1, in grado di controllare
l’infezione è invece l’interferone-gamma dipendente e
mediata da diverse citochine. Le modalità immunologiche
di cronicizzazione della malattia non sono ancora chiare25.
Nel caso in esame non possiamo affermare che vi fossero particolari elementi di suscettibilità dell’ospite, in particolare non erano in atto terapie immunomodulanti. Per
quanto attiene invece il parassita non è possibile stabilire la specie o il ceppo, né tantomeno la sua capacità di virulenza.
Possibili scelte terapeutiche
• Pentamidina isetionato al dosaggio di 4 mg/kg a giorni
alterni per via intramuscolare per almeno 5 settimane. È
stata dimostrata resistenza.
• Antimoniali pentavalenti: stibogluconato di sodio e antimoniato di N-metil glucamina al dosaggio di 20 mg/kg
(fino ad un massimo di 850 mg) per 20-30 giorni per via
intramuscolare; offrono una risposta > 90% ed il costo è
relativamente modesto (150 Euro) ma vi sono importanti effetti collaterali: nausea, mialgie, artralgie, cefalea,
malessere. Questi farmaci restano di prima scelta nei paesi in via di sviluppo28.
• Amfotericina B: la formulazione convenzionale e la
formulazione lipidica vanno somministrate al dosaggio di
1 mg/kg a giorni alterni per via endovenosa per 1 mese;
la formulazione liposomiale al dosaggio di 3 mg/kg va
somministrata per via endovenosa lenta a cicli dal primo
al quinto giorno, il quattordicesimo ed il ventunesimo
giorno. Raggiunge una concentrazione elettiva nei macrofagi; la risposta è > 90%. Possibili effetti collaterali sono febbre, brivido, nausea, vomito, diarrea, dolore addominale, vasodilatazione con rossore, cefalea e convulsioni, rash e reazioni anafilattoidi, piastrinopenia, disionia
(ipoK, ipoNa, ipoMg, ipoCa), iperglicemia, alterazioni della funzionalità renale (aumento di azoto ureico ematico e
creatinina), alterazioni della funzionalità epatica, aumento di bilirubina o fosfatasi alcalina. Le reazioni correlate
all’infusione sono rappresentate da dolore lombare e/o tensione o dolore al petto, dispnea, broncospasmo, rossore,
tachicardia e ipotensione. Il trattamento con amfotericina
B è di scelta nei paesi industrializzati29 nonostante i costi particolarmente elevati specie per la formulazione liposomiale (6000 Euro).
Il rapporto costo-beneficio (in cui per costo intendiamo
la spesa per il farmaco, le spese relative alle complicanze secondarie con conseguente prolungamento del tempo
di degenza, e per beneficio intendiamo la percentuale di
guarigione e la possibile riduzione della degenza con il minor numero possibile di effetti collaterali) ci ha fatto propendere per la scelta della formazione liposomiale
dell’amfotericina B. Tra i tanti segnalati, l’unica reazione osservata è stata la transitoria e peraltro modesta insufficienza renale.
Leishmaniosi viscerale o kala-azar
La presentazione clinica della leishmaniosi viscerale27
è alquanto varia con febbre intermittente (95%), splenomegalia (99%), epatomegalia (85%), linfoadenomegalia
(39%), pallore (77%), anoressia (40%) e perdita del peso (18%), distensione addominale (18%), vomito (15%)
e diarrea (12%) e, dal punto di vista laboratoristico, si associa ad ipergammaglobulinemia (100%), trombocitopenia (80%), anemia (77%) e leucopenia (62%).
La paziente che è giunta alla nostra osservazione per astenia, malessere generalizzato, febbre, calo ponderale ed epatosplenomegalia non presentava una sintomatologia facilmente inquadrabile. La sintomatologia unita al quadro
laboratoristico (anemia, ipergammaglobulinemia e, anche
se in un secondo tempo, modesta piastrinopenia) poteva
far prospettare l’ipotesi diagnostica di leishmaniosi viscerale.
Diagnosi
La diagnosi di leishmaniosi si basa sul riscontro delle
Leishmanie nello striscio o in coltura di agoaspirati o di
prelievi bioptici. L’agoaspirato midollare ha una sensibilità diagnostica del 70% nell’adulto27. La sierologia trova invece applicazione negli studi epidemiologici (il test
di agglutinazione è positivo nel 97% delle forme viscerali)25.
Conclusioni
L’aumento recente della popolazione canina, i cambiamenti socio-culturali con il movimento di popolazioni suscettibili in aree endemiche che favorisce il contatto tra il vettore ed il potenziale ospite, portano all’aumento di incidenza di leishmaniosi24. La forma viscerale
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Ann Ital Med Int Vol 19, N 3 Luglio-Settembre 2004
va quindi sospettata in soggetti che presentano manifestazioni specifiche anche in assenza di anamnesi per viaggi in aree endemiche. La diagnosi va stabilita con dimostrazione di Leishmania in campioni di tessuto. Fondamentale la prevenzione con misure protettive personali e
di lotta al vettore.
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Per corrispondenza:
Prof. Giuseppe Realdi, Cattedra di Clinica Medica 1, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi, Policlinico
Universitario, Via Giustinani 2, 35128 Padova. E-mail: [email protected]
226
Giuseppe Realdi et al.
QUESTIONARIO PRE E POST-LETTURA DEL CASO
1. Quale delle seguenti patologie può accompagnarsi alla presenza di un aumento policlonale delle
immunoglobuline:
a) Insufficienza renale cronica
b) Leucemia linfatica cronica
c) Parassitosi
d) Neoplasia polmonare
2. Quale delle seguenti caratteristiche esclude una diagnosi di MGUS (gammopatia monoclonale di incerto
significato):
a) Proteinuria di Bence Jones 1 g/24 ore
b) Linfocitosi
c) Componente monoclonale IgG 4 g/dL
d) Plasmacellule nel midollo 9%
3. Quanta è l’incidenza annuale di leishmaniosi in Italia?
a) 5-10 casi/anno
b) 20-100 casi/anno
c) 200-500 casi/anno
d) > 1000 casi/anno
4. Quale tra questi sintomi o segni si presenta con maggiore frequenza nella leishmaniosi viscerale o kala-azar?
a) Perdita di peso
b) Epatomegalia
c) Ipergammaglobulinemia
d) Febbre
5. Quale tra questi farmaci è il più usato nel mondo per la terapia della leishmaniosi viscerale o kala-azar?
a) Amfotericina B
b) Epticidina
c) Antimoniali SbV
d) Pentamidina
6. In un paziente con sospetto di endocardite batterica a partenza da una valvola protesica e con elevata
probabilità pre-test di batteriemia, qual è il numero ragionevole di emocolture da effettuare?
a) Almeno due
b) Tre
c) Quattro
d) Da cinque a otto
7. E in caso di sospetta endocardite in paziente già trattato con antibiotici nelle 2 settimane precedenti?
a) Una-due
b) Tre
c) Quattro
d) Da cinque a otto
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Ann Ital Med Int Vol 19, N 3 Luglio-Settembre 2004
SEGUE
QUESTIONARIO PRE E POST-LETTURA DEL CASO
8. Quali dei seguenti accertamenti diagnostici non è da considerare di routine in un paziente con FUO?
a) TC addome
b) Scintigrafia total body
c) Intradermoreazione alla tubercolina
d) Anticorpi non organo specifici
9. Qual è la singola causa più comune di infezione nella febbre di origine sconosciuta?
a) Mycobacterium tuberculosis
b) Endocardite batterica
c) Sifilide
d) HIV
10. Qual è la probabilità di un test cutaneo positivo con PPD in un paziente con infezione tubercolare e FUO?
a) 10-30%
b) 50%
c) 70%
11. Con quale frequenza l’ascite in un paziente cirrotico può avere altre concause, quali peritonite tubercolare
o carcinomatosi peritoneale o scompenso cardiaco o nefropatia diabetica ?
a) 5%
b) 10-25%
c) 40%
d) oltre 50%
12. In un paziente con ascite quando è indicata la paracentesi?
a) Alla prima insorgenza di ascite
b) In presenza di encefalopatia porto-sistemica
c) In caso di aggravamento clinico
d) In presenza di sindrome epatorenale
e) a-c
f) a-b-d
13. Un gradiente di albumina siero/ascite < 1.1 è predittivo di:
a) Tubercolosi peritoneale
b) Cirrosi-epatica
c) Metastasi epatiche diffuse
d) Scompenso cardiaco
14. Qual è la sensibilità delle laparoscopia con coltura con biopsie nella diagnosi di tubercolosi peritoneale?
a) 99%
b) 95%
c) 90%
d) 80%
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