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ADATTAMENTO FACE ADAPTATION EFFECT

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ADATTAMENTO FACE ADAPTATION EFFECT
ADATTAMENTO
FACE ADAPTATION EFFECT
DE LUCA MARIKA
DI GIOIA CONCETTA
PANTALONE PAMELA
A.A. 2015/2016
INDICE
1. Parte prima
1.2 Introduzione
2. Parte seconda
2.2 Adattamento cross-categoriale: l'esposizione alle facce produce
aftereffects legati al genere nella percezione del corpo
2.3 Le espressioni facciali emotive riducono l’adattamento neuronale
all’identità facciale
2.4 La durata dell'adattamento interessa la selettività spaziale degli
aftereffects del volto
Parte prima
1.2 INTRODUZIONE
L’adattamento visivo, conosciuto meglio come “face adaptation effect” riguarda tutti i
processi con cui il sistema visivo altera le sue proprietà di funzionamento in risposta ai
cambiamenti ambientali. Fondamentale, dunque, è l'elaborazione sensoriale ed in
particolare la ''codifica'' in quanto consente di rielaborare le informazioni relative
all'ambiente tramite l'intervento dell'attività neuronale. Un ipotesi afferma che la risposta
neuronale presente nelle aree sensoriali del cervello è abbinata ai segnali a cui esse stesse
sono esposte. L’adattamento, quindi, serve a mantenere questa connessione, nonostante i
cambiamenti, in modo d’avere una comprensione adeguata (Attneave,1954; Barlow,
1961; Chechik et al., 2006; Fairhall,Lewen, Bialek, e de Ruyter Van Steveninck, 2001).
Inoltre, le immagini, come qualsiasi altra informazione catturata dall'ambiente, sono
codificate tramite due condizioni necessarie : spazio e tempo. Infatti, le informazioni di
qualsiasi punto dell’immagine sono contenute sia nel contesto temporale sia nel contesto
spaziale. L’adattamento e la modulazione a livello neuronale sfruttano questi contesti per
ottimizzare la codifica sensoriale (Schwartz, Hsu, eDayan, 2007). Si arriva, quindi, alla
conclusione che, l’analisi statistica delle immagini naturali sia utile per arrivare ai modelli
neuronali che vengono applicati per la codifica dei segnali d' ingresso. I neuroni sensoriali
sono capaci di diverse forme di adattamento (sensoriale, emotivo e visivo) durante
l’elaborazione sensoriale precoce. Inoltre, comportamenti adattivi, nelle prime fasi di
elaborazione, servono a massimizzare l'efficienza di codifica e, in particolare, la quantità
di informazioni degli stimoli trasmessi in tempi adeguati, in modo da raggiungere il picco
delle emozioni (Brenner, Bialek, De Ruyter van Steveninck, 2000; Rieke, Bodner,
Bialek,1995).
La percezione visiva è un processo attraverso il quale il cervello umano riesce a costruire
una rappresentazione vivida del mondo esterno. A volte però, possono verificarsi delle
distorsioni o effetti illusori, i quali, tuttavia, possono rivelarsi utili strumenti per capire
l'architettura neuronale della visione. Ad esempio, se viene vista una cascata, per circa un
minuto, e subito dopo viene spostato lo sguardo su oggetti statici, posizionati ad un lato
della cascata, questi ultimi sembrano muoversi leggermente verso l'alto. Questo è
l'aftereffect del movimento, fenomeno in grado di influenzare fortemente la percezione.
L'effetto implica l'esposizione ad uno stimolo, chiamato ''adattatore'', avente una data
proprietà, seguito dalla presentazione di un altro stimolo. Questo denominato ''stimolo
test'' o ''stimolo di prova'', però, possiede un valore neutro di quella proprietà, e consiste
in un cambiamento nella percezione dell'aspetto dello ''stimolo di prova'' dopo
l'esposizione all' ''adattatore''', rispetto alla comparsa dello stesso stimolo di prova quando
esso viene osservato senza essere preceduto dall'adattatore. Tali effetti si verificano sia
per la percezione del movimento che per altre proprietà degli stimoli, come gli attributi
facciali. Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, è stato dimostrato che la comparsa dei
volti viene fortemente influenzata dalle caratteristiche dei volti visti in precedenza. Nella
maggior parte dei casi di adattamento al volto si verificano aftereffects negativi o
contrastanti. Recenti studi hanno dimostrato che l'adattamento ai corpi umani è in grado
di modulare la percezione facciale, perché questi stimoli condividono proprietà comuni.
Tali risultati suggeriscono che l'aftereffect non è legato alla proprietà fisica dello stimolo,
ma al grande numero di attributi semantici condivisi dallo stimolo test e dall’adattatore.
In seguito verranno trattati : il paradigma cross-categoriale dell’adattamento con visione
di visi sia frontale che di profilo. Quindi sono stati testati gli aftereffects durante la
visualizzazione di un corpo maschile di prova, indicano che in entrambe le occasioni c'è
aftereffect legato al genere. Ancora, è stata verificata l'implicazione della durata
dell'esposizione allo stimolo nell'elaborazione degli effetti postumi ed i correlati ERP
coinvolti. Nello specifico sono stati testati gli effetti di adattamento a breve e lungo
termine. Sulla base dei risultati fMRI è possibile dire che l'adattamento dei processi
neurali, che elaborano le informazioni in stadi precedenti la corteccia visiva, hanno
bisogno di un maggior periodo di adattamento di quella in stadi superiori di elaborazione
visiva, visto che l'adattamento posizione-specifica produce effetti solo a lungo termine,
mentre la componente posizione invariante è presente sia a breve che e a lungo termine.
Infine, è stata analizzata l'elaborazione sostenuta delle espressioni emotive, in particolare
delle espressioni di minaccia, rivelando un adattamento alla identità con espressioni
neutre (senza emozioni), ma soltanto ridotto per le facce con espressioni emotive ed una
diminuzione in modo lineare con valenza negativa per le espressioni di paura.
ADATTAMENTO CROSS-CATEGORIALE: L’ESPOSIZIONE AI
VOLTI PRODUCE AFTREFFECTS LEGATI AL GENERE NELLA
PERCEZIONE DEL CORPO
La sembianza dei volti viene fortemente influenzata dalle caratteristiche delle facce viste
in precedenza e, nella maggior parte dei casi di adattamento al volto, si verificano
aftereffects negativi o contrastanti. Infatti, Webster et al. (2004) hanno dimostrato che un
volto androgino può apparire più femminile dopo l'esposizione a uno stimolo adattatore
maschile e viceversa, determinando, quindi, un cambiamento nella percezione del genere
di un volto. Oltre ai volti, sono stati studiati anche i corpi nell'ottica degli aftereffects.
Palumbo, Laeng e Tommasi (2013), hanno dimostrato che a seguito di un'esposizione
prolungata ad una sagoma umana maschile o femminile, i partecipanti hanno giudicato
una sagoma androgina, rispettivamente, come “più femminile” o “più maschile”,
avvalorando l'ipotesi secondo cui la percezione del corpo può essere manipolata
utilizzando il paradigma dell'adattamento. Una delle spiegazioni più accreditate afferma
che gli aftereffects dipendano dall'attivazione di popolazioni neurali, che rispondono
selettivamente ad una specifica proprietà di uno stimolo (Barlow & Hill, 1963) e che i
suddetti neuroni cambino o riducano la loro attività dopo una prolungata esposizione a
quella determinata proprietà (Thompson & Burr, 2009; Huk, Ress e Heeger, 2001).
Inoltre, è stato ipotizzato che gli aftereffects siano connessi, non alle proprietà fisiche, ma
agli attributi semantici condivisi dall'adattatore e dallo stimolo test, cosicché questi nuovi
aftereffects, chiamati “cross-categoriali”, costituiscano una potente prova a favore
dell'ipotesi secondo cui le popolazioni neurali di alto livello codificano per
rappresentazioni complesse del mondo sensoriale. Tuttavia, esistono anche prove che
sconfessano tali effetti (Schweinberger et al., 2008; Hayn-Leichsenring, Kloth,
Schweinberger e Redies, 2013), rendendo quindi la ricerca sugli effetti di adattamento
cross-categoriali ricca di risultati controversi. Recentemente molti studi hanno cercato di
verificare se specifiche popolazioni neurali codificano il genere, utilizzando, appunto, gli
effetti dell'adattamento cross-categoriale (Javadi e Wee, 2012; Ghuman, McDaniel e
Martin, 2010): in generale, i risultati suggeriscono che il sesso non è legato solamente alle
proprietà fisiche degli stimoli, ma rappresenta un concetto di livello elevato che
comprende diversi aspetti percettivi. Davidenko (2007) ha dimostrato che le sagome dei
profili facciali costituiscono un metodo utile per studiare la percezione del volto, perché
sono in grado di fornire una ricca quantità di informazioni (sesso, età, attrattività). Per
quanto riguarda, invece, l'elaborazione dei dati legati al genere, sembra che questi
sfruttino alcuni meccanismi che sono anche responsabili della visione frontale dei volti.
Infatti, Davidenko, Witthöft e Winawer (2008) hanno dimostrato che gli aftereffects si
verificano anche utilizzando sagome di profili facciali come adattatori e facce viste
frontalmente come stimoli test: sembrerebbe, quindi, sembrerebbero insensibile alle
trasformazioni dell'immagine, supportando l'ipotesi che l'elaborazione del genere e
l'adattamento si verificano a un livello elevato di rappresentazione visiva. In sostanza,
diversi studi hanno dimostrato che l'adattamento al genere delle facce provoca, durante la
visualizzazione di un volto androgino di prova, aftereffects opposti al sesso del volto
dell'adattatore, ma meno è conosciuto sull'adattamento al genere tra diverse categorie di
stimolo. Ghuman et al. (2010) hanno riportato un aftereffect dell'adattamento crosscategoriale, dimostrando che la visione prolungata di un corpo umano senza volto può
modificare la percezione del genere del volto e dell'identità: in un primo esperimento,
hanno mostrato che l'adattamento ad un corpo ha alterato la percezione dell'identità del
volto, anche se lo stimolo adattatore non conteneva una faccia; in un secondo
esperimento, hanno mostrato che l'adattamento ad un corpo senza testa di una femmina o
di un maschio ha alterato la percezione del genere di un volto successivamente
visualizzato; ed infine, in un altro esperimento hanno dimostrato che l'esposizione
prolungata a oggetti specifici di genere (cioè, casco da football, borsa, ecc) non è stata in
grado di produrre un aftereffect al genere della faccia. Gli aftereffects, quindi, sembrano
dipendere dalla relazione biologica intrinseca tra corpi e volti. Tutti questi risultati
rivelano che un alto livello di adattamento percettivo può verificarsi quando le proprietà o
caratteristiche che vengono adattate sono automaticamente inferite, piuttosto che
percepite nello stimolo di adattamento. Questi effetti di “adattamento corpo-a faccia”
dimostrano che i corpi da soli possono alterare le proprietà di regolazione e di attività
sincrona dei neuroni che codificano per il sesso e l'identità dei volti. Considerando questi
risultati, Palumbo, D'Ascenzo e Tommasi hanno utilizzato nel loro studio un paradigma
di adattamento “faccia-a-corpo” in cui gli adattatori erano fotografie di volti visti
frontalmente e profili facciali sagomati, come già utilizzati da Davidenko, cercando di
verificare se la percezione del genere dei corpi umani è suscettibile all'adattamento crosscategoriale e se gli aftereffects di genere si manifestano anche nella direzione opposta,
dalle facce ai corpi. Nell' “Esperimento 1.1” si sono posti l'obiettivo di verificare se
l'esposizione prolungata ad una sagoma di un profilo facciale (maschile o femminile) sia
in grado di produrre aftereffects al momento della presentazione di corpi umani
androgini. Inizialmente ai 24 partecipanti (12 femmine, età media 20.12) è stata
presentata una croce di fissazione per 250 ms, al centro dello schermo, a cui è seguita la
sagoma del profilo facciale dell'adattatore, per circa 10 s; subito dopo, per circa 250 ms è
ricomparsa la croce iniziale, seguita, questa volta, dalla sagoma androgina per 500 ms
(Fig. 1). Il compito dei soggetti è stato quello di giudicare il genere di quest'ultima, per
mezzo di una scala analogica visiva, ossia una linea orizzontale posta al centro dello
schermo, attraverso cui ogni partecipante ha potuto formulare il suo giudizio, spostando il
cursore sul punteggio che riteneva più opportuno. La linea rappresentava un continuum le
cui estremità indicavano, da un lato, il valore massimo della mascolinità (+100) e,
dall'altro, il valore massimo della femminilità (-100), mentre il centro indicava la
neutralità (valore 0). In generale, ogni stimolo adattatore (16 sagome di profili facciali: 8
femmine, 8 maschi) è stato presentato 8 volte in ordine casuale, ogni volta seguito da una
diversa sagoma androgina di prova, per un totale di 128 prove (Fig. 1).
Fig. 1. Rappresentazione degli eventi visivi costituenti la struttura di una singola prova nell’Esperimento 1.1
L'analisi dell'ANOVA ha mostrato un effetto significativo del fattore “Sesso
dell'adattatore”, cioè gli adattatori femminili e maschili sono stati in grado di spostare il
giudizio delle sagome androgine rispettivamente verso la mascolinità e la femminilità e
quindi, a seguito dell'esposizione a un profilo di volto femminile, le sagome androgine
sono state giudicate come più maschili e viceversa; invece, non è stato riscontrato nessun
effetto significativo del fattore “Sesso del partecipante” (ossia, le donne tendono a
giudicare le sagome androgine come più mascoline, mentre gli uomini tendono a
giudicarle più femminili) né nessuna interazione tra questi due fattori. Per evitare che i
partecipanti fossero in grado di dedurre l'ipotesi sperimentale, è stata effettuata una
replica più breve dello stesso esperimento (Esperimento 1.2), con 20 nuovi partecipanti
(11 femmine, età media 20) e con soli 8 stimoli adattatori (8 sagome di profili facciali),
ognuno dei quali è stato presentato 8 volte in ordine casuale, seguito sempre da una
sagoma androgina differente, per un totale di 64 prove. In sostanza, tutti i tipi di stimoli e
la procedura sono stati uguali a quelli usati nell'Esperimento 1.1, con l'unica differenza
che, alla fine dell'esperimento, è stato somministrato a ogni partecipante un questionario
in cui sono state poste delle domande circa lo scopo dell'esperimento stesso. In base alle
risposte date, il campione di partenza è stato suddiviso in due sottogruppi : coloro che non
hanno capito lo scopo dell'esperimento, ossia gli “Ignari” (16 soggetti su 20, di cui 10
femmine) e i “Consapevoli”, ossia i soggetti che sono stati in grado di indovinare l'ipotesi
sperimentale (4 partecipanti). Per quanto riguarda il primo sottogruppo, l'ANOVA ha
rivelato un effetto significativo del fattore “Sesso dell'adattatore” e nessun effetto del
fattore “Sesso del partecipante” né interazione tra i due fattori, mentre, a proposito del
secondo sottogruppo, l'ANOVA non ha mostrato alcun effetto significativo né alcuna
interazione, ma è interessante notare che i partecipanti consapevoli hanno supposto che i
corpi avrebbero dovuto avere un aspetto più femminili dopo una prolungata esposizione a
profili femminili e più maschili dopo un'esposizione duratura a profili maschili
(cosiddetto “effetto dell'assimilazione”) ed hanno anche mostrato un effetto di contrasto
nelle loro risposte (cioè, dopo l'esposizione a un profilo facciale femminile le sagome
androgine sono state giudicate più maschili e viceversa), anche se i loro risultati non
hanno raggiunto la significatività statistica, probabilmente a causa delle dimensioni
ridotte del campione. In generale, per quanto riguarda tutti i partecipanti, l'ANOVA ha
mostrato un effetto significativo del fattore “Sesso dell'adattatore”, nessun effetto del
fattore “Sesso del partecipante” e nessuna interazione tra i due fattori. Questi risultati
confermano l'ipotesi secondo cui l'adattamento al genere delle sagome facciali influenza
la valutazione circa il genere delle sagome del corpo osservate successivamente,
suggerendo che l'adattamento del genere può essere efficace anche quando tra gli stimoli
non c'è una correlazione nella forma (profili del viso e sagome del corpo). Inoltre, la sua
rapida costituzione e l'indipendenza del tempo degli effetti, lo rendono un fenomeno
robusto, che sembra anche essere svincolato dalla consapevolezza soggettiva o da errori
(biases) di aspettativa circa la sua natura e la sua direzione. Per avvalorare ulteriormente
l'ipotesi iniziale, secondo cui gli aftereffects legati al genere non sono vincolati alle
caratteristiche fisiche degli stimoli coinvolti, in un ulteriore esperimento (Esperimento 2),
Palumbo, D'Ascenzo e Tommasi hanno sfruttato lo stesso paradigma di adattamento, ma
ricorrendo ad un'altra “differenza di formato” tra adattatore e stimolo sperimentale,
nonostante il genere sia sempre stato la proprietà in comune. Nello specifico, sono state
utilizzate fotografie di volti femminili e maschili in visione frontale come adattatori e
sagome di corpi androgini come stimoli sperimentali.
La procedura è la stessa usata negli Esperimenti 1.1 e 1.2 (Fig. 2), ma qui, sono state
utilizzate come adattatori, 16 fotografie di volti frontali con espressione neutra (8 maschi
e 8 femmine), selezionati dal “Karolinska Directed Emotional Faces Database”
(Lundqvist, Flykt e Öhman, 1998).
Fig.2. . Rappresentazione degli eventi visivi costituenti la struttura di una singola prova nell’Esperimento 2
L'ANOVA è stata utilizzata anche per verificare se le differenze presenti siano dovute ai
due formati di stimoli e, eventualmente, fare un paragone, ed ha rivelato un effetto
principale del fattore “Sesso dell'adattatore”, nessun effetto significativo del fattore
“Sesso del partecipante” e nessuna interazione tra i due. Questi esperimenti sono chiari
esempi di adattamento al genere tra diverse categorie di stimolo (per questo viene definito
adattamento cross-categoriale). I risultati ottenuti rivelano che può verificarsi un alto
livello di adattamento percettivo quando le proprietà o le caratteristiche che vengono
adattate sono automaticamente inferite, piuttosto che percepite nello stimolo di
adattamento. Questi effetti di adattamento “corpo-a-faccia” dimostrano che i corpi da soli
possono alterare le proprietà di regolazione e di attività sincrona dei neuroni che
codificano per il sesso e l'identità dei volti. Inoltre, è stato riscontrato un aftereffect
all'adattamento cross-categoria, in cui l'esposizione prolungata a sagome di profili facciali
o foto di volti visti frontalmente ha influenzato la percezione del genere dei corpi
androgini in maniera contrastiva. Inoltre, rispetto a ricerche precedenti, in questo studio
non sono presenti differenze sostanziali tra i risultati dei partecipanti femmine e maschi.
Nel loro insieme, i risultati di questi esperimenti indicano chiaramente che l'adattamento
ai volti produce aftereffects cross-categoriali per quanto riguarda il genere, suggerendo
che le facce viste frontalmente e di profilo possono adattare popolazioni di neuroni che
rappresentano caratteristiche visive specifiche per il genere. Inoltre, l'adattamento
“faccia-a-corpo” conferma che gli aftereffects percettivi di alto livello possono verificarsi
tra gli stimoli cross-categoriali che condividono proprietà comuni.
LA DURATA DELL’ADATTAMENTO INTERESSA LA
SELETTIVITA’ SPAZIALE DEGLI AFTEREFFECTS DEL VISO
L'adattamento, affinchè si verifichi, richiede come parametro fondamentale la scala
temporale, cioè il tempo di esposizione al primo stimolo ( Krekelberg et al. , 2006).
Infatti, Leopold, Rodi, Muller, e Jeffrey (2005) attraverso loro studi, hanno dimostrato
che variando la durata della presentazione dello stimolo è possibile influenzare
l'adattamento al volto, e dunque, che la forza dell'aftereffects per i volti aumenta in
funzione del tempo a disposizione. Inoltre, manipolando la durata dell'adattamento, è
possibile adattare diversi processi neurali di codifica specifici per la forma ed indagare la
loro selettività per lo stimolo. òòòòòòòòòòòòòòòòò
Fang , Murray , e Lui (2006 ) utilizzando fMRI, hanno trovato effetti di adattamento
selettivi per i volti con un'esposizione allo stimolo a lungo termine ( 5000 ms), mentre
con un'esposizione a breve termine ( 300 ms) hanno trovato effetti di adattamento
indipendenti dai volti. Infatti , Leopold et al. ( Leopold , O'Toole , Vetter , e Blanz , 2001)
hanno riferito che, con una presentazione breve dello stimolo, non sono riusciti ad
evocare adattamento al viso. Fang ,Murray , Kersten , & He , (2005), riferiscono che, in
particolare nella corteccia visiva primaria, si verifichi adattamento per lo stimolo solo a
seguito di una presentazione a lungo termine. Ancora, Kova'cs, Zimmer, Harza, Antal, e
Vidnya'nszky hanno dimostrato che l'adattamento ai visi a lungo termine ha un forte
effetto sulle risposte ERP e che la componente N170 ne rappresenta il correlato primario.
Inoltre, hanno dimostrato che entrambi gli effetti comportamentali di adattamento ai volti
(a lungo e a breve termine) , così come i loro correlati ERP, sono costituiti da componenti
posizione-specifica e posizione-invariante che rifletto i processi di adattamento delle
popolazioni neurali con sensibilità a posizioni diverse . A conoscenza di questo, Gyula
Kova´cs, Ma´rta Zimmer, Ire ´n Harza, Zolta ´n Vidnya ´nszky hanno collaborato
affinchè fosse possibile indagare, se e come, la durata dell'adattamento modula le
componenti posizione-specifiche e posizione-invariante degli aftereffects ai volti ed i
correlati ERP di adattamento al volto. I ricercatori si sono serviti, come stimoli, di tre
coppie di volti femminili e maschili, trasformate, attraverso la ''Trasformata di Fourier”,
in immagini all'interno di una scala di grigi. L'uso della ''Trasformata di Fourier” ha
portato alla realizzazione di immagini che fossero allo 0% di genere femminile e di
conseguenza al 100% di genere maschile e viceversa (100% femminile e 0% maschile).
Ma, ci sono state trasformazioni che hanno portato alla formazione di immagini con
sembianze per il 12% di genere maschile e per l'88% di genere femminile e viceversa, ed
ancora per 24% / 76%, 36% / 64%, 48% / 52% per entrambi i generi (fig.3)
Fig.3. Procedure e stimoli d’esempio. La timeline raffigura lo stimolo adattatore e uno stimolo
test
d’esempio (lo stesso)
Nella condizione di adattamento a lungo termine (5000 ms) sono stati presentati un volto
al 100% femminile ed un'immagine di Fourier a sinistra e a destra del punto di fissaggio.
Per una volta, il volto e l'immagine sono stati nella stessa posizione (UGUALE),
sovrapponendosi l'un l'altro, mentre in un'altra circostanza sono stati presentati negli
emicampi opposti (DIVERSO). Nella condizione di adattamento a breve termine è stata
manipolata la forma del contenuto informativo di un'immagine, randomizzando la fase
Fourier e le immagini nei seguenti intervalli: 315, 270, 225, 180, 135, 90 e 45 gradi
(Nasanen, 1999). Ciò ha prodotto otto immagini, in cui l'immagine randomizzata a 0° è
l'originale, e le immagini con maggior randomizzazione contengono sempre meno
informazioni della forma originale. Poi, gli adattatori randomizzati della fase di Fourier
sono stati presentati per 4500 ms, dopo di che una delle immagini è stata sostituita
consecutivamente da immagini randomizzate una a 315 , una a 270 , una a 225 , una a
180, una a 135 , una a 90 , una a 45 gradi e, infine, da una immagine del volto la cui fase
non è stata randomizzata ( ogni immagine è apparsa per 100 ms).
La discriminazione di genere è avvenuta alla presentazione dell'immagine randomizzata
a 180 gradi, ovvero dopo circa 500 ms. Nella condizione di controllo sono stati utilizzati
come stimoli due immagini di Fourier presentate bilateralmente. In tutte le condizioni i
soggetti hanno fissato un punto al centro, mentre i loro movimenti oculari sono stati
controllati da un sistema di eye-tracking infrarossi. Sono stati inclusi, in ulteriore analisi,
solo quei processi in cui la fissazione è rimasta all'interno di un secondo raggio del
cerchio dello spot di fissaggio. Il compito dei soggetti, identico in tutte le condizioni, è
stato di eseguire una scelta obbligata tra due alternative in un compito di discriminazione
di genere misurando, come variabile dipendente, il rapporto tra le risposte ''femminile'' e
''maschile''. Quindi è stato verificato se l'adattamento alle facce o alle immagini
randomizzate avessero effetti differenti sulla successiva discriminazione di genere dei
volti. Successivamente, è stato testato l'effetto della durata di adattamento e ne è stata
determinata l'insorgenza.
Infine
sono
stati
correlati
gli
effetti
di
adattamento
comportamentali
elettrofisiologicamente osservati. I risultati ottenuti hanno mostrato che, a seguito di una
lunga esposizione (5s) ad uno volto femminile, le immagini in scala di grigi sono state
percepite più maschili rispetto alla situazione di controllo. Tuttavia, l'entità
dell'adattamento è stata significativamente più grande quando il volto e le immagini sono
stati presentati sullo stesso lato rispetto a quando sono stati presentati negli emicampi
opposti, suggerendo che, dopo lunghi periodi di adattamento, gli effetti postumi sono
costituiti da una componente di posizione specifica e una invariante. Al contrario, in
condizioni di adattamento a breve termine, visto che le dimensioni dell'effetto di
adattamento non sono differite significativamente tra la presentazione nello stesso od in
un diverso campo , gli aftereffects sono stati del tutto posizione-invariante.
Dunque, la durata dell'adattamento ha un effetto significativo sulla forza degli
aftereffects. Per quanto riguarda l'analisi dei correlati ERP , sono stati trovati forti effetti
di adattamento sia per condizioni a breve che a lungo termine. Per la componente N170
l'effetto di adattamento comportamentale osservato è correlato significativamente solo
con la condizione a lungo termine, mentre nel caso di condizioni di adattamento a breve
termine, non vi è stata alcuna differenza tra gli emisferi. Nel caso della presentazione
degli stimoli all'emisfero ipsilaterale, le ampiezze N170 sono state inferiori nelle
condizioni di adattamento rispetto a quella di controllo per entrambi gli emisferi. Inoltre,
nell'adattamento a lungo termine c'è stato un aumento significativo anche dell'ampiezza
della componente P100, mentre in quello a breve termine solo nell'emisfero destro.
In conclusione, risultati di questo studio mostrano che in condizioni di adattamento a
lungo termine vi sono aftereffects costituiti da una componente posizione-invariante e una
componente posizione-specifica, mentre in condizioni di adattamento a breve termine vi
sono aftereffects posizione-invariante e indipendenti dai volto. Infatti, la componente
ERP N170, registrata sull'emisfero controlaterale allo stimolo, ha mostrato una
componente posizione specifica solo nel caso di adattamento a lungo termine.
Ciò dimostra che solo i processi selettivi per la posizione-invariante dei volti ci sono dopo
sia adattamento a breve che a lungo termine, mentre i neuroni responsabili per la codifica
della posizione-specifica del volto richiedono adattamento a lungo termine.
La componente N170 sembrerebbe riflettere la codifica degli stimoli strutturali del volto,
mentre la componente P100, oltre a riflettere le prime analisi visive, si interesserebbe
anche alla selettività neurale. Dunque, i risultati suggeriscono che la durata di
adattamento è un fattore critico da prendere in considerazione durante l'interpretazione
degli effetti comportamentali e neurali di adattamento visivo, e che la manipolazione
della durata dell'adattamento offre l'opportunità di adattare selettivamente processi neurali
in diverse fasi di elaborazione visiva e indagare la loro selettività per lo stimolo.
LE ESPRESSIONI FACCIALI EMOTIVE RIDUCONO
L’ADATTAMENTO NEURONALE ALL’IDENTITA’ FACCIALE
Le espressioni facciali emotive costituiscono una fonte importante di informazioni utili
per le interazioni sociali umane. Esse migliorano l'attenzione spaziale (Phelps et al.,
2006), danno la priorità ai volti neutri quando sono in competizione per la
sensibilizzazione (West et al., 2009) e aumentano la difficoltà di disimpegnare
l'attenzione (Hodsoll et al., 2011). I volti minacciosi, o che possono designare la presenza
di una minaccia, sembrano avere un ruolo particolare. E' ritenuto, infatti, necessario per la
sopravvivenza riconoscere un minaccia, tra gli altri stimoli, al fine di identificarla più
velocemente possibile e successivamente avviare una risposta adeguata (Mogg e Bradley,
1998). Questo ruolo vitale si traduce in un bias di attenzione rivolto comunemente verso
la minaccia (Ohman et al., 2001). La capacità di distinguere una minaccia, da una
stimolazione diversa, è già presente nell'uomo a 7 mesi (Kotsoni et al., 2001) e crescendo
viene migliorata, addirittura rafforzata nei soggetti ansiosi (Georgiou et al., 2005).
Attraverso un certo numero di studi è stato dimostrato che le espressioni di minaccia
portano ad una maggiore attivazione selettiva per le facce nella corteccia fusiforme
(Breiter et al, 1996;. Morris et al, 1998;. Surguladze et al., 2003) ed anche nelle aree
visive primarie della corteccia occipitale (Pessoa et al, 2002;.. Vuilleumier et al, 2004).
In genere, i volti minacciosi aumentano anche l'attivazione dell'amigdala. Inoltre, una
delle possibilità per indagare l'effetto delle espressioni emotive nell'elaborazione dei volti
è quello di misurare l'adattamento neurale. Sapendo che la funzione dell'adattamento
neurale potrebbe essere quella di ridurre i costi metabolici per le informazioni irrilevanti e
già note e di destinare le risorse al trattamento dei dati nuovi o più rilevanti, ed inoltre che
le espressioni emotive di minaccia fanno aumentare l'attività nella corteccia visiva
(Vuilleumier and Driver, 2007), è stato ipotizzato che le espressioni di minaccia possano
condurre ad una riduzione dell'adattamento neurale in confronto ad espressioni neutre.
In questo studio, sono stati testati solo soggetti sani e di genere maschile, a causa delle
differenze di genere nella lateralizzazione dell'elaborazione emotiva dei volti (Rahman e
Anchassi, 2011). Sono stati utilizzati otto stimoli con sembianze di maschio caucasico
con, rispettivamente, espressione neutra, felice, arrabbiata, di paura, di tristezza, di
disgusto, di disprezzo e di sorpresa. I volti elaborati sono stati presentati su uno schermo
con uno sfondo grigio chiaro utilizzando un software di presentazione.
Per evitare adattamento a basso livello, la dimensione degli stimoli è stata variata
casualmente con ogni presentazione tra il 75% e il 100% della dimensione iniziale.
La quantità di adattamento è stata utilizzata come variabile dipendente ed è stata
misurata come la differenza tra l’ampiezza dell’ssVEP evocata da un’identità facciale
sottratta dall’ampiezza evocata da diverse identità. Questa differenza è stata calcolata per
ciascuna espressione, in modo che fossero presentati in totale otto blocchi di stimolazione
visiva. I partecipanti sono stati posti ad una distanza di visione di 100 cm dallo schermo
del computer. Ogni blocco è iniziato con la presentazione di una barra di fissaggio nera
per 2,5 s seguita dalla presentazione degli stimoli a 3 Hz per 90 s. I pixel hanno raggiunto
la piena visibilità dopo 166,5 ms e hanno perso visibilità per i seguenti 166,5 ms fino a
scomparire del tutto. Poi il ciclo ha avuto inizio nuovamente, con una pausa tra le
condizioni, presentate in ordine randomizzato, di 90 s. Anche l'identità del viso e
l'espressione emotiva sono state pseudo-randomizzate tra le condizioni, in modo tale che
una faccia con la stessa identità ed espressione non fosse presentata due volte di seguito.
Inoltre ai partecipanti è stato chiesto di cambiare il colore della barra di fissaggio per
garantire fissazione e attenzione per tutto il periodo di presentazione.
L'EEG è stato registrato e campionato a 1024 Hz utilizzando il sistema Active BioSemi
Due a 64 canali attivi EEG. Sono stati registrati i movimenti oculari orizzontali e verticali
(EOG) con elettrodi di riferimento sotto ed accanto l'orecchio destro. I dati EEG sono
stati filtrati con un filtro passa-alto collegato a 0,5 Hz con metodo dei minimi quadrati
bidirezionali, filtrando la risposta ad impulso finito. E' stata applicata una trasformazione
di Fourier all'epoca del 85° s iniziata 5 s dopo l'inizio della stimolazione. Così, c'è stata
una risoluzione ad alta frequenza con una larghezza di frequenza di 0,012 Hz (1024-1085
000 ¼ 0.012 Hz). Confronti statistici tra identità sono stati eseguiti per ogni singolo
elettrodo per rilevare l'adattamento per ogni identità. Gli elettrodi, che hanno mostrato un
effetto di adattamento nel fronteggiare l'identità nella condizione neutra, sono stati poi
sommati per tutte le condizioni e sono stati calcolati gli effetti di adattamento (identità
diversa -stessa) per le condizioni emotive. I confronti statistici hanno rivelato un
significativo effetto di adattamento dell'ampiezza di 3 Hz in condizione neutra su un
cluster di elettrodi occipitali (Oz, Iz, I1 e I2). Su questi elettrodi l'ampiezza di 3 Hz non è
bastata quando è stata presentata la stessa faccia neutra rispetto a quando sono stati
presentati diversi volti neutri. Con un'ampiezza di 6 Hz non è stata trovata una differenza
significativa tra l'ampiezza evocata da diversi e stessi volti neutri su qualsiasi posizione
degli elettrodi. Per quanto riguarda le espressioni emotive sono stati sottratti 3 Hz di
ampiezza per il gruppo di elettrodi occipitali per la stessa identità dai 3 Hz di ampiezza
media delle identità, rispettivamente per tutte e quattro le condizioni di espressione.
E' stata effettuata l'ANOVA per valutare l'effetto lineare dell'emozione sull'adattamento
all'identità facciale. Da ciò è stato riscontrato che l'adattamento è stato maggiore per le
facce neutre e minore per quelle felici, miste e spaventose. Inoltre con il T test è stato
dimostrato che l'effetto di adattamento è stato significativamente diverso da zero per la
condizione neutra, ma non per quelle felici, miste o di paura.
Dunque, solo l'adattamento alle facce neutre è stato significativamente differente
dall'adattamento ai volti spaventosi. I risultati hanno dimostrato che le espressioni facciali
emotive portano a sostenuta attività nella corteccia visiva e riducono l'adattamento
neurale all'identità facciale. Inoltre, sembra che l'adattamento sia modulato dalla valenza
dell'espressione facciale e diminuisca linearmente da espressioni neutre a felici, miste e
timorose. Espressioni emotive positive hanno ridotto meno l'adattamento all'identità al
contrario delle miste e timorose, in quanto la minaccia, associata a stimoli temibili,
sembra prevenire una riduzione dell'attività neurale nel tempo, anche se l'identità rimane
la stessa. Infine, è stato dimostrato che l'adattamento mostra sensibilità per la valenza
emotiva, che probabilmente la quantità di adattamento alle diverse espressioni emotive è
modulata anche da differenze individuali e che l'adattamento neurale è più basso per gli
stimoli minacciosi.
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