...

la classe “comunità che apprende”.

by user

on
Category: Documents
56

views

Report

Comments

Transcript

la classe “comunità che apprende”.
LA CLASSE “COMUNITÀ CHE APPRENDE”.
Luca Bertazzi
In una comunità di apprendimento, articolata in classe o altro gruppo di riferimento,
insegnanti e allievi/allieve, nella diversità di ruoli, competenze e modalità di partecipazione, collaborano sia alla costruzione della conoscenza sia all’esplicitazione del
senso delle esperienze vissute. In questa interazione l'insegnante ha una funzione
prioritaria di organizzazione di ambienti educativi di apprendimento adeguati ai livelli di scuola e specifici per aree disciplinari, di guida e sostegno continuo alla partecipazione consapevole, e di stimolazione e potenziamento della motivazione ad apprendere” (ITALIA. MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, 2000).
1.
INTRODUZIONE
Lungi dal pretende di essere elevata a categoria filosofica e gnoseologica, l’idea di classe come comunità è una metafora che ha il valore indiscutibile di aiutare a dare ordine a informazioni e a variabili
che sono presenti in un determinato fatto e che in qualche modo lo condizionano. Come ogni metafora,
è quindi semplicemente un efficace strumento comunicativo e una utile tecnica di riflessione e di interpretazione. Il paradigma di lettura della realtà che la metafora della comunità fornisce mostra le ragioni
che stanno spingendo educatori e insegnanti, dirigenti e operatori scolastici a adottare una prospettiva
coerente con l’idea di classe come comunità e di scuola come comunità.
Da dove sorge l’idea di concepire la classe come una comunità che apprende? È una metafora per
esprimere diversamente prassi già conosciute, oppure interpreta realmente qualcosa di radicalmente
nuovo? Se è così quali sono quali sono i problemi che hanno messo in crisi la prassi diffusa del fare
scuola e le istanze sociali che giustificano un cambiamento così sostanziale? In definitiva, perché dovremmo adottare una visione di classe come comunità di persone che apprendono?
2.
I MOTIVI DELLA CLASSE COME COMUNITÀ
I cambiamenti del contesto sociale e i suoi riflessi sulla scuola sono tali e tanti che non si comprende
la svolta concettuale che le classi come comunità implicano senza parlare dei motivi che hanno suscitato i recenti movimenti di rinnovamento educativo orientati a creare comunità nelle scuole.
a. le condizioni socio-educative nelle quali si trovano a vivere i giovani oggi;
b. i nuovi obiettivi di apprendimento richiesti alla scuola dal rapido cambiamento nei contesti di
lavoro e nella società per il XXI secolo;
c. la riflessione critica sul modello di insegnamento tradizionale
d. i nuovi sviluppi nelle teorie e nei modelli dell’apprendimento significativo
Passiamo in rassegna ciascuno di questi motivi.
(a) La società odierna negli ultimi decenni è stata contrassegnata da una progressiva diversificazione sociale, con inevitabile perdita di centralità educativa non solo delle maggiori istituzioni ma soprattutto del tessuto sociale. Ancora nei primi decenni del secolo XX la famiglia e il vicinato fornivano una
comunità che in molti modi si interessava e si preoccupava della crescita, delle giovani generazioni,
permettendo una naturale trasmissione dei valori e delle regole morali.
Nel contesto attuale invece, i ragazzi vivono nell’“a-nomia”, e in un tessuto sociale in cui si è perso
il senso di appartenenza ad una comunità, pur avendone estremo bisogno per la crescita e socializzazione dei suoi membri più giovani. Scrive, Thomas Sergiovanni, (2000, p. 10): “[…] Le famiglie non ce la
fanno per molte ragioni e spesso nonostante gli sforzi eroici dei genitori. Quando le famiglie falliscono
nel loro tentativo, qualche volta i ragazzi si chiudono, ritirandosi nei loro gusci e isolandosi
dall’esterno. Ma la loro risposta tipica è creare una propria “famiglia” dandosi reciprocamente sostegno.
Le bande, ad esempio, forniscono la sicurezza, il calore e il senso di appartenenza perso da altre fonti.
Le norme sono importanti per i ragazzi, particolarmente per gli adolescenti. Nelle scuole, sistemi di
1
norme forti e diffuse sviluppano quella che costituisce una subcultura dello studente. Come ogni altra
cultura, queste norme indicano non solo come gli studenti dovrebbero vestirsi, l’ultimo linguaggio “in”
e altri rituali innocenti della vita di scuola, ma anche come gli studenti dovrebbero pensare, ciò che devono apprezzare e credere, come dovrebbero comportarsi.
Partecipare a una subcultura riconoscibile dello studente è una parte salutare del passaggio
dall’adolescenza alla vita adulta. Ma dal momento che continua a tenersi fuori dalle norme comuni della
scuola e della società, la subcultura dello studente rafforza la sua influenza su quello che gli studenti
pensano, credono e fanno, riguardo non solo ai rituali relativamente innocenti della vita adolescenziale
ma anche ai loro studi, alla banda, al sesso, all’alcol e all’abuso di droga.
Una crescente subcultura dello studente di questo tipo può arrivare a dominare la cultura legittima
della scuola. Quando questo avviene, i genitori, gli insegnanti e il capo d’istituto perdono il controllo.
La perdita di comunità è una cosa da riconoscere”.
(b) Rispetto alle sue tradizionali funzioni, la scuola si trova oggi nei paesi industrializzati di fronte
ad uno scenario in radicale trasformazione.
“Il passaggio alla ‘società della conoscenza’ trasforma il senso e il modo di lavorare, nascono nuove
professioni, vecchi mestieri cambiano ‘pelle’, altri scompaiono definitivamente. I più significativi mutamenti in atto nel mondo delle occupazioni sono i seguenti: nuove e continue competenze richieste
dall’innovazione tecnologica, meno certezze e più sfide professionali, crescente complessità e necessità
di specializzazione tecnica, sviluppo di professioni e di abilità di integrazione, più opportunità per le
persone intraprendenti, diversificazione delle tipologie e delle forme giuridiche di rapporto di lavoro,
maggiore interesse per i lavori creativi, ad alta responsabilità, indipendenti, sviluppo di nuovi linguaggi
tecnici e crescente attenzione alle competenze linguistiche, diffusa intellettualizzazione del lavoro, sviluppo di una cultura della flessibilità e mobilità professionale, organizzativa, geografica, alternanza continua di studio e lavoro, maggiore importanza di una cultura di base polivalente, cultura del “saper essere” e importanza crescente delle abilità comportamentali” (Malizia, 1999, p. 30).
Questi rapidi cambiamenti, già in atto nel contesto sociale e lavorativo, pongono esigenze particolari
ai cittadini: in queste circostanze alcune disposizioni e abilità mentali vengono sollecitate maggiormente rispetto ad altri complessi di abilità. Molti esperti e studiosi fanno quindi notare la necessità di ripensare le finalità educative della scuola in accordo a tali cambiamenti. Se, infatti, la scuola mira anche a
sviluppare e educare disposizioni e abiti mentali, allora deve essere sensibile a questi cambiamenti sociali e preparare gli studenti di oggi perché siano gli adulti di domani, abilitati a vivere pienamente in un
“nuovo” mondo. La rilevanza di questi dati pone in evidenza la diffusione e il rafforzamento di alcuni
nuovi e significativi obiettivi educativi della scuola del XXI secolo:
● Saper imparare per tutta la vita
Vari rapporti sull’educazione – tra i quali Delors (1996) e il libro Bianco (Cresson & Flynn,
1996) – e altri studi – tra i quali, Carnevale, Gainer & Meltzer (1990) e Costa & Liebmann
(1997) – sostengono da diversi punti di vista il concetto di educazione permanente come la
prima e più fondamentale capacità che apre le porte all’acquisizione di tutte le altre abilità,
necessarie al successo professionale e all’assunzioni del proprio ruolo della vita sociale.
Brown, Ellery, e Campione (1998), allo stesso modo, sostengono che c’è stato un cambio nella domanda sulla scuola, verso un obiettivo di formazione di apprendisti esperti o ‘novizi intelligenti’. Questo cambio è stato provocato da: (a) l’aumentare delle conoscenze, tanto che nessuno può assorbire a scuola tutto ciò che sarà necessario conoscere nella vita; (b) il cambiamento delle domande di lavoro – dove la tecnologia può assolvere compiti di basso livello –
che richiedono lavoratori che sappiano pensare astrattamente e imparare nuove abilità (Cfr.
Bielaczyc e Collins, 1999, p. 272).
● Saper comunicare – ascoltare e parlare
Carnevale, Gainer e Meltzer (1990) nel loro lavoro sulle abilità richieste dai datori di lavoro
affermano che la competenza comunicativa, promuovendo abilità di scambio efficaci, concorre
alla soluzione dei conflitti, al miglioramento della qualità del lavoro, alla possibilità di maturare personalmente e professionalmente, al reperimento e al mantenimento dei clienti (poiché
2
sono alla base del rapporto umano con l’utente).
● Saper collaborare – abilità interpersonali, negoziazione, lavoro di squadra
L’esigenza di saper lavorare in gruppo è stata sottolineata da più parti. Molti problemi sono
così complessi da diventare impensabile che una persona da sola possa raggiungere la soluzione. L’efficacia di gruppo, richiedendo lo sviluppo di efficaci abilità interpersonali, di negoziazione e il lavoro di squadra, modifica le relazioni lavorative migliorando la qualità della produzione e del lavoro stesso. Connessa a questa abilità, la capacità di influenza – che richiede lo
sviluppo di competenza organizzativa e di leadership efficaci – permette a tutto il personale di
sostenere il datore di lavoro per il successo dell’impresa. Saper collaborare implica varie abilità tra le quali la ricerca del consenso, la sospensione di un’idea per cercare ancora con altri,
l’empatia, la compassione, la leadership di gruppo, il sostegno degli sforzi di gruppo, e
l’altruismo (Cfr. Costa & Liebmann, 1997, pp. 5-6).
Vi è anche un dato sociale che spinge in questa direzione. Il mondo sta diventando più integrato attraverso l’avvento delle nuove tecnologie di comunicazione, e le società stanno cambiando
in modo crescente a causa del mescolamento di persone provenienti da culture differenti. Questo implica che la gente debba interagire e lavorare con persone provenienti da diversi
background. Per preparare la gente a vivere e lavorare in mezzo ad una tale diversità culturale,
le scuole hanno bisogno di costruire un ambiente di apprendimento che promuova le abilità
dello studente a lavorare ed imparare con altre persone (Cfr, Bielaczyc e Collins, 1999, pp.
272-73).
● Saper riflettere ad un livello più elevato
Con questa espressione “si intende il possesso e il corretto uso di abilità e processi mentali di
ordine superiore che appartengono all’area del pensare critico, del pensare creativo, della soluzione di problemi e della presa di decisioni” (Comoglio, 2001, p. 3). Il pensare di livello più
elevato viene anche indicato come la capacità non solo di applicare meccanicamente modelli,
o ri-produrre conoscenza (pensare di livello più basso), ma di produrne di nuova, interpretando, analizzando o manipolando informazioni acquisite in precedenza e mai collegate prima.
Apprendere a pensare ad un livello più elevato è indispensabile per tutti per poter affrontare i
problemi nuovi, inediti, sfidanti e incerti che la società, il mondo del lavoro e la vita pone continuamente. Nel Libro Bianco di Cresson e Flynn (1996) gli autori affermano che è essenziale
nella società conoscitiva, sviluppare attitudini (comportamentali) quali la capacità di adattarsi
a nuovi contesti sociali e professionali. Il mondo di oggi è segnato dalla velocità del cambiamento, della complessità, dall’aumento vorticoso delle informazioni e dall’emergere di nuovi
problemi e nuovi contesti sociali e professionali. Per preparare le nuove generazioni, ma anche
i lavoratori già impiegati ad affrontare le istanze di questo scenario futuro e già in parte presente, non basta l’acquisizione di contenuti preconfezionati e soluzioni già “pronte all’uso”.
Uno studente che sia educato a pensare in questo modo, “è capace di attivare e utilizzare il
pensiero,[…] assimilare la conoscenza, piuttosto che semplicemente memorizzare informazioni attraverso regole o applicare semplici algoritmi. Lo studente può sfidare l’attendibilità
dell’evidenza, riconoscere un punto di vista o un’opinione al di là delle parole, immagini, o
idee presentate” (Comoglio, 2001, p. 5). Occorre, dunque, un pensare di livello più elevato che
abiliti ad apprendere per tutta la vita, e che abbia ripercussioni positive in tutti gli ambiti
dell’esistenza umana sia personale che sociale e comunitaria. Il pensare di livello più elevato
rende possibile e allo stesso tempo richiede: l’assunzione di responsabilità, l’efficacia di gruppo (abilità interpersonali, di negoziazione e di lavoro di squadra), le competenze comunicative
per la soluzione dei conflitti e la capacità di influenza (competenze organizzative e di
leadership).
(c) Il modello di istruzione che identifichiamo come tradizionale, a partire pressappoco dall’avvento
dell’era industriale, si fonda su elementi strutturali della scolarizzazione e su alcuni assunti riguardanti:
la concezione della conoscenza, il curricolo da apprendere, l’uso delle conoscenze previe, la lezione
frontale, i ruoli dell’insegnante e degli studenti, la valutazione e le possibilità di transfer delle cono3
scenze acquisite. Charles (2002, p. 323) lo definisce “il modello conosciuto dovunque nelle classi, nel
quale l’insegnante seleziona il curricolo, esegue la pianificazione, propone lezioni attraverso la spiegazione, la dimostrazione, le domande e la discussione guidata, l’assegnazione di letture, le schede di lavoro e i compiti per casa, e prepara verifiche per accertare il progresso degli studenti. [...] Gli studenti
ascoltano, leggono i compiti assegnati, rispondono a domande quando sono interrogati e completano le
schede di lavoro”.
Questo modello comunicativo assume che: (1) la conoscenza è un entità mentale che può essere trasferita e posseduta dagli individui e (2) può essere scomposta e suddivisa in sottoinsiemi parziali; (3)
l'apprendimento implica l'accumulo di particolari set di fatti e abilità; (4) l'insegnamento implica la trasmissione di fatti e abilità per mezzo di un esperto (l’insegnante). (Cognition Technology Group at
Vanderbilt, 1996, p. 811).
Già nel 1929 Whitehead affermava che spesso la lezione scolastica ha a che fare con la trasmissione
di ciò che egli chiamava idee inerti, cioè “idee che sono semplicemente immagazzinate nella mente,
senza essere utilizzate, né sottoposte ad esame, né combinate in nuove relazioni con altre idee” (Whitehead, 1929, p. 4).1 Il formato ‘lezione’, dunque, concentra l’attenzione sulla memorizzazione di fatti e
procedure, e promuove lo sviluppo di comprensioni superficiali dei concetti e dei principi. Non si può
dare per scontato che l’acquisizione di una conoscenza porti con sé automaticamente la comprensione,
come l’ultimo vagone di un treno. La ricerca sperimentale continua a mostrare l’erroneità di questo assunto, come documentano ampiamente Perkins e Unger (1999, p. 94): “Una ricca storia di ricerca nei
tre decenni trascorsi ha dimostrato in modo crescente che gli studenti spesso sanno molto più di quello
che comprendono riguardo gli argomenti studiati. La maggior parte degli studenti continua a mantenere
un numero di fraintendimenti di concetti scientifici che persistono di fronte all’istruzione convenzionale
e anche all’istruzione a livello universitario”.
Il controllo sull’apprendimento nelle mani dell’insegnante vende a basso prezzo lo sviluppo nello
studente delle abilità di gestione cognitiva come la definizione degli obiettivi, la progettazione strategica, il monitoraggio, la valutazione, e la revisione – tutte capacità che risultano essere critiche per
l’apprendimento efficace. Gli studenti non sviluppano alcuna confidenza nella propria capacità di apprendere o nella propria abilità di attribuire senso a quanto avviene attorno a sé, e le proprie opportunità
di apprendere dall’esperienza sono quindi altamente limitate.
In questo modello di istruzione, ci si attende che gli studenti di una classe, corrispondente ad un livello di sviluppo prototipico, imparino tutti dal medesimo materiale (una sequenza programmata di lezioni uniformi), lo stesso contenuto di conoscenza, nel medesimo tempo, allo stesso punto dello sviluppo, il quale si presuppone essere corrispondente all’età anagrafica. Questo sforzo di creare uniformità
trascura sistematicamente il dato dell’eterogeneità della classe e ha portato a una struttura rigida alla
quale gli studenti non si adattano in modo naturale. La composizione delle classi della scuola attuale si
presenta alterata rispetto al passato. Gli studenti cominciano la scuola con possibilità e debolezze uniche
e spesso con una grande differenza di background e di esperienze. Hanno differenti ritmi e stili di apprendimento, e sono attratti da esperienze diverse l’uno dall’altro. “Quando i canali ufficiali offrono
solo le possibilità di partecipare a forme istituzionalmente obbligate di attività diversificate, i ragazzi
sviluppano identità in relazione alla loro abilità di impegnarsi in queste attività dirette verso la produzione di voti. Per alcuni studenti, buoni studenti, questa situazione consente la loro inculturazione in
identità di studenti di successo (troppo frequentemente associata con l’essere ‘studiosi’), ma per molti
altri questo contesto incoraggia la “generazione diffusa di identità negative [underachiever, falliti], così
come l’emergere di “comunità di pratica interstiziali istituzionalmente disapprovate [burn-out, creatori
di problemi]” (Lave, 1993, pp. 78-79). Di certo, nonostante l’enfasi della scuola sul curricolo e sulla
disciplina, sono con frequenza le relazioni a queste comunità di pratica non curricolari le più personalmente trasformanti” (Barab e Duffy, 2002, p. 34-35).
Cosa anche più rilevante, questa comunità di studenti tanto diversa per interessi e abilità offre una
1
Whitehead si riferisce all’insegnamento di frammenti di un gran numero di argomenti che fomenta la ricezione passiva di
idee slegate, mentre le idee fondamentali alla base dell’educazione devono essere poche ed importanti, e in costante riferimento alla vita reale dello studente, alla comprensione che va oltre l’analisi logica, all’utilizzo delle idee cioè “al porle in relazione
con il fluire che forma la nostra vita ed è composto di attività mentali che adattano pensiero con pensiero” (Whitehead, 1929,
6).
4
ricca risorsa di apprendimento che potrebbe essere utilizzata per strutturare ambienti di apprendimento
che sarebbero molto più efficaci di qualunque sequenza programmata di lezioni uniformi, che si presentano, cioè, in un “formato” uguale per tutti (Riel & Fulton, 2001, p. 519). Infatti, “a livello culturale è
ormai ampiamente accettata l’idea di promuovere l’inserimento nelle classi regolari di studenti con
qualsiasi tipo di diversità, mentre a livello più strettamente istruzionale/educativo è da tempo acquisita
la convinzione che le differenze siano più fonte di risorse che non ostacolo ai fini di una buona qualità
dei livelli di apprendimento” (Comoglio, 2001, pp. 7-8).
(d) Tra i più significativi cambiamenti verificatisi nella ricerca educativa e nella psicologia
dell’apprendimento, due acquisizioni hanno avuto notevole rilievo alla nascita dell’idea di classe come
comunità:
● gli studi sulla cognizione umana, in particolare sul carattere culturalmente mediato
della cognizione (cognizione situata e/o distribuita) e sulle relative pratiche educative, e l’accresciuta rilevanza che l’approccio del costruttivismo socio-culturale (di
matrice vygotskiana) ha guadagnato, con il conseguente progressivo allontanamento
da una metafora dell’apprendimento come trasmissione o acquisizione individuale
di conoscenza ad una metafora dell’apprendimento come partecipazione a pratiche
sociali situate in contesto autentico (reale o realistico);
● il progressivo conseguente consolidamento dell’idea di “ambienti di apprendimento
centrati-sullo-studente”, che risulta in un maggiore interesse e attenzione per le differenze individuali di cui gli studenti sono portatori (come gli aspetti motivazionali
e affettivi dell’apprendimento, gli stili di apprendimento, il background culturale,
ecc.)
Jonassen e Land (2000) nel tentativo di cogliere gli aspetti convergenti del vasto e variegato panorama teorico emerso negli ultimi anni nell’ambito dell’educazione, riassumono questo cambio evidente
nei fondamenti teorici degli ambienti di apprendimento in tre spostamenti fondamentali di pensiero:
“Primo, l’apprendimento è un processo di costruzione del significato, non di trasmissione della conoscenza. Gli esseri umani interagiscono con gli altri esseri umani e con i manufatti nel mondo e tentano
spontaneamente e continuamente di dare significato a quelle interazioni. L’attribuzione di significato ai
fenomeni e alle esperienze implica dissonanza tra ciò che sappiamo e ciò che vogliamo o abbiamo bisogno di sapere. Questa dissonanza assicura una qualche misura di possesso della conoscenza da parte del
discente. La conoscenza che è costruita personalmente o socialmente è necessariamente posseduta dal e
attribuita al produttore di significato. Così, […] mente e comportamento, percezione e azione sono
completamente integrati. Cioè, non possiamo separare la nostra conoscenza di un dominio dalle nostre
interazioni in quel dominio. Né possiamo considerare la conoscenza che è costruita a partire dall’attività, fuori dal contesto in cui l’abbiamo costruita.
Secondo, la natura del processo di costruzione del significato è sociale. Gli esseri umani sono creature sociali che fanno affidamento sulle reazioni degli altri per determinare la stessa esistenza e veridicità delle proprie personali convinzioni. Il dare significato è un processo di negoziazione sociale tra i partecipanti ad una qualunque attività. L’apprendimento è un processo intrinsecamente sociale-dialogico.
Il terzo fondamentale cambiamento nei presupposti è in relazione al ‘luogo’ della costruzione di significato. Non appena ci si impegna in una comunità di discussione e di pratica, le proprie conoscenze e
convinzioni sul mondo sono influenzate da quella comunità e dai suoi valori e convinzioni […] attraverso la partecipazione periferica legittimata (Lave e Wenger, 1991). Così avviene per la formazione
della propria identità, che è anche uno dei maggiori prodotti dell’apprendimento. Non soltanto la conoscenza esiste nell’individuo e nelle menti che negoziano socialmente, ma esiste anche nelle discussioni
tra individui, nelle relazioni sociali che li uniscono, nei manufatti concreti che essi usano e producono, e
nelle teorie, nei modelli, nei metodi che essi usano per produrli. La conoscenza e l’attività cognitiva è
distribuita tra la cultura e la storia della loro esistenza ed è mediata dagli strumenti che essi usano” (Jonassen e Land, 2000, p. vi, corsivi aggiunti).
Si può parlare, dunque, di natura condivisa e di luogo distribuito del processo di apprendimento, che
risulta autentico nella misura in cui è situato nel suo contesto di significatività, una comunità di pratica
5
(Lave e Wenger, 1991). In altre parole, costruzione, collaborazione e contesto sono gli elementi fondamentali che caratterizzano un ambiente di apprendimento, secondo la prospettiva del costruttivismo socio-culturale e della cognizione situata-distribuita.
3.
I 14 PRINCIPI
CHE SORREGGONO LA CLASSE COMUNITÀ CHE APPRENDE
Raccogliamo di seguito i principi-guida disseminati dai ricercatori nel progetto di ambienti di apprendimento coerenti con un approccio di comunità. Considerando vari esempi di classi come comunità che
apprendono, Katerine Bielaczyc e Allan Collins (1999) hanno tentato di incapsulare quanto imparato dai
modelli di questi gruppi di ricercatori in un set di 14 principi per progettare comunità d’apprendimento
efficaci. Si tratta di caratteristiche che si influenzano reciprocamente piuttosto che essere un set di elementi indipendenti.
(1) Crescita di comunità
L’obiettivo generale della comunità dovrebbe essere espandere le conoscenze e le abilità della comunità. Per massimizzare il suo apprendimento la comunità ha bisogno di trarre vantaggio dalle conoscenze dei suoi membri. Il fine è, per gli individui, guadagnare costantemente nuove conoscenze e
condividerle tra loro stessi. Mettendo, infatti, in comune le conoscenze provenienti da tutti gli individui, la comunità può espandere la sua conoscenza collettiva.
(2) Obiettivi di apprendimento emergenti (in corsa)
Gli obiettivi di apprendimento della comunità dovrebbero essere co-costruiti con gli studenti e provenire dalle attività e dalle domande che emergono nelle ricerche che essi compiono. L’insegnante
dovrebbe essere sensibile alle necessità, agli interessi e alle abilità degli studenti individualmente.
Gli obiettivi perciò, dovrebbero riflettere ciò che gli studenti sanno e aiutarli a costruire sia sui loro
punti forti che su quelli deboli. Gli studenti producono loro stessi obiettivi, di modo che la comunità
evolve, ed essi si appropriano maggiormente del lavoro della comunità. In questo modo gli obiettivi
della comunità emergono in corso di sviluppo.
(3) Articolazione ed esplicitazione degli obiettivi
L’insegnante e gli studenti dovrebbero esprimere gli obiettivi che essi stanno perseguendo e i criteri
secondo i quali giudicheranno il loro successo. Questo permette a tutti i membri della comunità di
avere un’idea chiara degli obiettivi e dei criteri con cui potranno dire se hanno raggiunto i loro scopi.
Tutti gli studenti dovrebbero sviluppare l’abilità di giudicare se gli obiettivi sono stati realizzati.
(4) Metacognizione
Le abilità metacognitive includono (Brown, Bransford, Ferrara & Campione, 1983):
(a) il monitoraggio dei processi di pensiero di una persona
(b) la consapevolezza di ciò che si conosce e di ciò che non si conosce
(c) la riflessione su ciò che si è imparato.
In termini di monitoraggio, la comunità dovrebbe continuamente chiedersi quali sono i suoi obiettivi
e se quello che sta facendo aiuterà a raggiungerli. Inoltre, la comunità dovrebbe anche tentare di identificare a intervalli regolari ciò che sa e ciò che non sa. Da ultimo, la classe può ritornare a osservare, in termini di riflessione, ciò che ha fatto (ad esempio, i suoi prodotti e le sue prestazioni), e
valutare quanto si è appreso e la qualità di ciò che si è appreso.
(5) Spingersi oltre i limiti
La comunità dovrebbe tentare di andare oltre le conoscenze e le abilità che si trovano all’interno
della comunità e anche oltre le risorse facilmente disponibili ai suoi membri. Essi dovrebbero cercare di dare significato alle cose e accogliere nuovi approcci e nuove sfide. Non dovrebbero semplicemente ripetere in modo meccanico ciò che trovano nelle loro ricerche, ma vagliare le idee che sfidano le proprie convinzioni, cogliendo differenti opinioni e visioni su un certo argomento. Non dovrebbero cercare di trovare solo prove a supporto delle convinzioni possedute in quel momento.
Tutto ciò ha a che fare con un apprendimento orientato alla comprensione. In effetti, alcuni studenti
trovano estremamente difficile superare la credenza, fortemente consolidata, che lo scopo dello scrivere sia la valutazione. Lo sforzo continuo di spingersi oltre i limiti è stata sperimentata come
un’ottima strategia per superare questa difficoltà poiché focalizza l’attenzione degli studenti
sull’avanzamento delle conoscenze della classe. Infatti, ponendo il lavoro degli individui nel conte6
sto della più ampia missione di gruppo, l’insegnante sottolinea il fatto che i contributi propri dei
membri della comunità di apprendisti hanno un valore che si estende oltre la valutazione. Inoltre,
provando a trarre vantaggio da ciò che il gruppo collettivamente sa, lo studente deve prima imparare
ciò che il gruppo già sa – e quel processo conduce ad una più profonda comprensione del contenuto
e ad un più profondo apprezzamento dei contributi dei pari.
(6) Rispetto per gli altri
Gli studenti hanno bisogno di apprendere il rispetto per i contributi e le differenze degli altri compagni, così come imparare a sentirsi tranquilli nel parlare ad alta voce e nell’esprimere le proprie idee.
Più ciascuno viene ascoltato con attenzione e maggiori sono le fonti di apprendimento per espandere
le conoscenze della comunità. Quando solo uno o due studenti sono ascoltati, allora l’apprendimento
della comunità è limitato a ciò che quei pochi studenti prendono in considerazione e sviluppano. Le
regole del rispetto dovrebbero essere chiaramente espresse e applicate anzitutto nei modi di fare degli insegnanti.
(7) Insuccesso al sicuro
Spesso impariamo dagli errori. Nella misura in cui si accettano gli insuccessi e non si cerca di colpevolizzare, una comunità dimostra di avere un approccio più sperimentale dal momento che permette che avvengano insuccessi dai quali essa impara. Spesso i fallimenti saranno insuccessi collettivi. Ci deve essere la percezione che il coraggio di assumersi rischi e un approccio sperimentale
conducono a un apprendimento maggiore. La riflessione senza biasimo sui fallimenti può aiutare a
garantire che la comunità impari dai suoi stessi errori.
(8) Interdipendenza positiva strutturale
La comunità dovrebbe essere organizzata in modo tale che gli studenti dipendono in qualche modo
dal contributo degli altri. È importante dare una valida ragione agli studenti perché lavorino insieme
(affinché ne comprendano il significato, come un compito comune che richiede il loro sforzo unito.
Se gli studenti stanno lavorando a un compito e hanno bisogno dell’aiuto di un altro studente, ciò
rende quello studente importante per loro. Questo fatto nutre sia il rispetto per l’altro studente sia
l’autostima che questi ha di sé. Al contrario, la considerazione delle differenze si è persa nella scuola
tradizionale, poiché essa tenta di assicurare che tutti imparino la medesima cosa, nello stesso tempo.
(9) Profondità al di sopra dell’estensione
Gli studenti hanno tempo sufficiente per investigare gli argomenti con sufficiente profondità per
guadagnare reale competenza in quell’argomento. Questo è necessario per far crescere il senso della
propria competenza e per dare modo di sostenere discussioni realmente significative tra gli studenti.
Idealmente la profondità dovrebbe focalizzarsi su idee importanti, generative per la comprensione di
un’ampia serie di argomenti. È importante che gli studenti vadano oltre la memorizzazione delle
conoscenze e delle procedure, allo scopo di fare in modo che si curino di ciò che essi imparano e di
sviluppare l’abilità metacognitiva dell’imparare ad apprendere. Per questo, si incoraggiano e modellano strategie di apprendimento orientate a comprendere in profondità gli argomenti e le stesse attività di classe sono definite dall’avanzamento della comprensione e non dal completamento di un
compito.
(10) Accesso alla competenza variegata e distribuita
Gli studenti sviluppano le aree nelle quali essi sono più interessati e capaci, con la responsabilità di
condividere la loro competenza con gli altri studenti e con l’insegnante. Sviluppando differenti competenze la comunità può trattare problemi e questioni che per un solo individuo sono troppo difficili
da gestire. Una comunità d’apprendimento discute in continuazione le idee e esamina il progresso
nella comprensione. In questo modo, ciò che un individuo impara, non proviene solo dalle attività
che essi stessi portano a termine, ma da tutte le attività nelle quali i vari membri della comunità
d’apprendimento sono impegnati. Questo è fondamentalmente diverso dall’“imparare facendo”, come comunemente si pensa. Per la maggior parte delle persone la frase implica che gli individui imparano da ciò che essi stessi fanno. Quello che avviene nella comunità di apprendimento è “apprendere da ciò che collettivamente si fa”, in questo i partecipanti imparano anche da ciò che fanno gli
altri. Ciò che viene imparato dagli individui è ciò che “entra nell’aria” della comunità.
(11) Modi molteplici e legittimati di partecipare
Allo scopo di far progredire la propria comprensione collettiva, una comunità d’apprendimento attiva una necessaria varietà di strutture di partecipazione. Gli studenti possono essere più o meno interessati ed esperti in attività diverse, per questo motivo nella comunità dovrebbe esserci un’ampia
gamma di attività alle quali i membri partecipano. Le differenti strutture di partecipazione dovrebbe7
ro sostenere i molteplici fini di apprendimento della comunità, come la formulazione di domande,
l’accrescimento di conoscenze, la condivisione di conoscenze dentro la comunità, la presentazione
delle loro acquisizioni al mondo esterno e la riflessione su ciò che essi hanno imparato. Gli studenti
assumeranno differenti ruoli nelle varie attività, come ricercatore, esperto, co-investigatore, osservatore, espositore, moderatore, ecc. La comunità ha bisogno di dare importanza a tutti i ruoli e ai loro
contributi e di non considerare alcuni ruoli come inferiori.
(12) Condivisione
Per questo, occorre che ci sia un meccanismo tramite il quale la conoscenza e le abilità apprese da
differenti individui siano condivise tra tutti i membri della comunità. In questo modo ogni studente è
sia apprendista che fornitore di un contributo alla conoscenza della comunità. Non serve al bene comune se non ciò che entra nella conoscenza collettiva della comunità. Molte comunità sono prive di
modalità per rendere tutti partecipi di conoscenze e competenze, cosicché i membri finiscono spesso
per fare un lavoro scadente o insoddisfacente perché non sapevano che qualche altro aveva una
competenza della quale usufruire. Per questo è importante condividere le conoscenze, non semplicemente perché ciascuno tragga beneficio da ciò che ogni individuo impara, ma anche in modo tale
che gli individui sappiano a chi domandare aiuto quando un problema si presenta.
(13) Negoziazione
Il bisogno di giungere a condividere la comprensione pone una maggiore richiesta agli studenti di
chiarificare le idee, rifinire le teorie, rispondere l’un l’altro alle domande e negoziare il significato
con ciascun altro. Nelle comunità di apprendimento è stato osservato, ad esempio, un modello di apprendimento iterativo in cui gli studenti cominciano con domande generiche e ne fanno di progressivamente dettagliate non appena guadagnano una comprensione collettiva più profonda. Le domande
suscitano nuove spiegazioni, e le spiegazioni, a loro volta, suscitano ulteriori domande. La risultante
cascata di discussioni deve essere visibile agli studenti.
Inoltre, idee, procedure e teorie sono costruite attraverso un processo di costruzione tra i membri
della comunità e i dibattiti che sorgono tra loro sono risolti con la logica e l’evidenza.
L’argomentazione nel processo alle idee è necessaria per trovare soluzioni migliori o comprendere
perché la comunità d’apprendimento ha bisogno di identificare gli errori e le idee inesatte che sorgono inevitabilmente. Ma gli studenti di solito non gradiscono partecipare ai dibattiti poiché criticare
gli altri li fa sentire a disagio. Occorre che vi siano dei modi per formare e allenare i partecipanti a
come criticare le idee degli altri senza farne una questione personale, cercando di separare le idee
dalla persona. C’è una varietà di strategie per de-personalizzare le critiche (ad esempio, focalizzarsi
sui punti forti del lavoro come su quelli deboli; esprimere senza paura commenti su cosa è da cambiare piuttosto che dire ciò che sbagliato, ecc.). E gli studenti hanno bisogno di sviluppare e possedere queste strategie per rendere efficaci le interazioni in una comunità d’apprendimento.
(14) Qualità del prodotto
La qualità del risultato prodotto dalla comunità dovrebbe essere valutato sia dalla comunità stessa che
da persone esterne alla comunità. In particolare gli studenti hanno bisogno di avere un’alta considerazione degli obiettivi che stanno perseguendo, delle conoscenze e dei risultati che stanno producendo.
Ci devono essere degli standard sui quali la comunità è d’accordo come ciò che rende un prodotto di
buona qualità, e questi standard devono essere sottoposti alla verifica del mondo esterno. Un modo
per fare ciò è portare il lavoro a differenti tipi di pubblico perché lo giudichino (ad esempio, genitori,
membri della comunità e altri studenti).
4.
CONCLUSIONE
Un grande pregio ricavabile dallo studio dei modelli di classe come comunità che apprende è globalmente l’aver messo in circolo a favore dell’apprendimento autentico molte risorse latenti nella classe
e lasciate inoperose o quanto meno alla spontaneità – e non di rado pericolosamente incontrollata – dalla prassi diffusa e dalla visione di classe, di insegnamento e di apprendimento e della stessa conoscenza.
Indubbiamente, molti pensatori e pedagogisti del passato sembrano additare qualcosa di simile a ciò
che propone l’approccio di comunità presentato in queste pagine. Ma la ricca e articolata ricomprensione del concetto di conoscenza e di apprendimento, che ha sfidato recentemente la teoria e la prassi diffusa di insegnamento, trova nei modelli di classe come comunità che apprende una riconcettualizzazione degli ambienti di apprendimento tra le più promettenti da un punto di vista educativo. L’approccio di
comunità nutre speranze – e fornisce strumenti adeguati – che si possa realmente promuovere a scuola
8
una cultura comunitaria della cooperazione, un senso di democrazia che, superando l’angusta e individualista dicotomia tra persona e comunità, tra bene individuale e bene comune, sia sempre più semplicemente e autenticamente umana. Se le nostre classi intraprenderanno la sfida che questo cambiamento
di pensiero sottende – faticosa, ma che fa anche ben sperare – allora i giovani saranno probabilmente
più pronti ad affrontare i problemi sempre nuovi ed inediti che la società pone loro, avendo a disposizione potenti strumenti di pensiero e di collaborazione.
Come implementare questa prospettiva nelle nostre classi? Come rendere “tradizionale” questo modello di insegnamento?
Ovunque si sia tentato di realizzare la prospettiva di comunità nelle classi, si è spontaneamente giunti a considerare l’importanza di costruire comunità tra gli insegnanti. Occorre quindi anzitutto che gli
insegnanti stessi sperimentino su di sé e con i colleghi, la potenza del senso di, e del lavoro in comunità:
solo nella misura in cui sperimentano “sulla propria pelle” queste idee, gli insegnanti ne saranno efficaci promotori presso i loro studenti.
5.
BIBLIOGRAFIA
Barab, S.A., & Duffy, T.M. (2000). From Practice Fields to Communities of Practice In D.H., Jonassen,
& S.M., Land, (Eds). Theoretical Foundations of Learning Environments (pp. 25-55). Mahwah, NJ:
Erlbaum.
Bielaczyc, K., & Collins, A. (1999). Learning Communities in Classrooms: A Reconceptualization of
Educational Practice. In Reigeluth, Carles, M. Instructional-design theories and models. A new
paradigma of instructional theories (Vol. II, pp. 269-92). Mahwah, NJ: Erlbaum.
Brown, A. L., Bransford, J. D., Ferrara, R. A., & Campione, J. C. (1983). Learning, remembering, and
understanding. In J. H. Flavell & E. M. Markman(Eds.), Handbook of child psychology, Vol. III
(pp. 77-166). New York: Wiley.
Brown, A.L., Ellery, S., & Campione, J.C. (1998). Creating zones of proximal development electronically. In J. G. Greeno & S. V. Goldman (Eds.), Thinking practices in mathematics and science
learning (pp.341-367). Mahwah, NJ: Lawrence Erlbaum Associates.
Carnevale, A.P., Gainer, L.J., Meltzer, A.S. (1990). Work-place basics. The skills employers want. San
Francisco: Jossey Bass.
Charles, C.M. (2002). Gestire la classe. Teorie della disciplina di classe e applicazioni pratiche. Roma:
LAS.
Cognition and Technology Group at Vanderbilt. (1996). Looking at technology in context: a framework
for understanding technology and education research. In D.C. Berliner, & R.C. Calfee, (Eds.),
Handbook of educational psychology (pp. 807-840), New York: McMillan.
Comoglio, M. (2001). Apprendere attraverso la cooperazione dei compagni. Orientamenti Pedagogici,
48 (1), 28-48.
Costa, A.L., & Liebmann, R.M. (Eds.). (1997). Envisioning process as content. Toward a renaissance
curriculum. Thousand Oaks, CA: Corwin Press.
Cresson, & Flynn, (1996). Insegnare e apprendere. Verso la società conoscitiva. Bruxelles.
Delors, J. (1996). Nell’educazione un tesoro. Rapporto all’UNESCO della Commissione Internazionale
sull’Educazione per il XXI secolo. Roma: Unesco/Armando.
ITALIA. MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE. Commissione di studio per il programma
di riordino dei cicli di istruzione (L. n. 30 del 10/02/2000). Sintesi dei Gruppi di lavoro. Roma. 12
settembre
2000.
Disponibile
online,
URL:
http://www.annalipubblicaistruzione.it/icons/Riviste/Sintesi/Sintesi02.htm [6.settembre.2001].
Jonassen, D.H., & Land, S.M. (Eds). (2000). Theoretical Foundations of Learning Environments.
Mahwah, NJ: Erlbaum.
Lave, J. (1993). Situating learning in communities of practice. In Resnick, L B., Levine, J. M., & Rasley, S. D. (Eds.), Perspectives on Socially Shared Cognition (pp. 17-36). American Psychological
Association, Washington D.C.
Lave, J., & Wenger, E. (1991). Situated learning. Legitimate peripheral participation. Cambridge, England, New York: Cambridge University Press.
9
Malizia, G. (1999). Società cognitive e politiche della formazione nell’Unione Europea. Isre, 1, pp. 2850. Disponibile online, URL: http://www.isre-sisf.org/rivista/
Perkins, D.N., & Unger, C. (1999). Teaching and Learning for Understanding. In C.M., Reigeluth, (Ed),
Instructional-design theories and models. A new paradigm of instructional theory (vol. II, pp. 91114). Mahwah, NJ: Lawrence Erlbaum Associates.
Riel, M. (1998). Learning communities through computer networking. In James G. Greeno, & Shelly V.
Goldman (Eds.), Thinking practices in mathematics and science learning (pp. 369-98). Mahwah,
NJ: Lawrence Erlbaum Associates.
Riel, M., & Fulton, K. (2001). The role of technology in supporting learning communities. Phi Delta
Kappan, 82(7), 518-23.
Sergiovanni, T. J. (2000). Costruire comunità nelle scuole. Roma: LAS.
Whitehead, A.N. (1929), The Aims of Education and Other Essays (trad. it., I fini dell’educazione e altri
saggi, 1959, Firenze: La Nuova Italia).
10
Fly UP