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Leggendo le Sette brevi lezioni di fisica di Carlo

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Leggendo le Sette brevi lezioni di fisica di Carlo
Paolo Giannitrapani1
Leggendo le Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli
Il problema, anticamente, si diceva della “divulgazione scientifica” (c’era quella “buona”), è risolto
qui in partenza: il libro parla di fisica ed è comprensibile. Lo stile è piano, chiaro, direi umano. C’è
un comune sfondo: lo stupore nel vedere le cose, lo stupore che ebbero i greci nel fondare la
razionalità occidentale, non è un caso che il Nostro conosca la storia del pensiero greco e la valenza
della scoperta astronomica di Anassimandro, ad es. Quell’Anassimandro ridotto male al liceo nei
manuali ma presentato come l’autore della prima sensazionale scoperta cosmologica della storia:
secondo cui la terra, questo sasso dalla strana forma, sta sospeso in mezzo allo spazio, intuizione
che modifica la visione millenaria di veder cielo sopra e terra sotto (è relativamente alla terra che si
definiscono alto, basso ma per Anassimandro è relativamente allo spazio). Ma Il problema a monte
non è quello della comprensibilità del materiale divulgativo davvero enorme che esiste su qualsiasi
ramo dello scibile (ora c’è internet e trovi animazioni accattivanti, o puoi rivivere cosa vedeva
Galileo guardando dentro il cannocchiale, cose che mai si sarebbero sognate fino a pochi anni
addietro) ma è quello della propensione o volontà o intenzione a (starei per dire) “studiare”, a voler
colmare le proprie lacune conoscitive, ad avere il coraggio di cambiare se stessi; non possiamo
tirarci indietro, abbiamo materiali che porgono anche a noi ignoranti le possibilità
dell’aggiornamento, di sapere, educarsi, evolversi, e avere uno sguardo profondo, autentico delle
cose come stanno. Il pensiero rigoroso con i suoi avanzamenti offre nuove visioni che vanno sapute
e spiegate agli studenti. Questo vale per certi nostri educatori affetti da strabismo culturale
(l’espressione è di Fabio Minazzi, profondo conoscitore della scuola) per i quali è importante sapere
tutto su Aristotele o Gioberti ma è fuor di discussione affrontare il novecento. Nel percorso
tipicamente storico dei saperi che si affrontano nelle aule liceali andrebbe di pari passo posto come
costante il riferimento al tempo presente. Questo offre il fisico e pensatore Carlo Rovelli (un
giovane di 60 anni, liceo classico, ha studiato a Bologna, Padova, Trento, Yale etc. e ora è
naturalmente all’estero, Marsiglia) il cui libro in questione ho visto vendutissimo (come mai?) in
libreria ed esposto come merce bella da acquisto e presentato in RAI Storia Canale 54 il 16 gennaio
1Laureato in Filosofia e in Lingue Straniere, già docente di filosofia al Liceo Ferraris (2002-2011), ricercatore e
collaboratore del Centro Insubrico Internazionale “Carlo Cattaneo e Giulio Preti”, diretto da Fabio Minazzi, ordinario
di Filosofia della Scienza, presso l'Università degli Studi dell’Insubria di Varese. La lettura del testo di Rovelli è stata
effettuata per RMF (Radio Missione Francescana) nel corso di una serie di trasmissioni diffuse nel mese di marzo 2016
ed efficacemente introdotte dalla prof.ssa Stefania Barile, laureata in Filosofia, docente di filosofia del Liceo Manzoni a
Varese e dottoranda presso l’Università dell’Insubria.
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2016 alla presenza dell’autore nel corso di un’intervista. Rovelli rispondeva in maglietta nera con
maniche corte, come uno studente ingenuo, sembrava timidissimo. Il volumetto in questione che ora
leggeremo, di color celeste madonna scuro dell’Adelphi (stampato a Varese) si vedeva sul tavolo.
Anche: il filosofo mondiale Carlo Sini ad un recente convegno (Università di Milano, 24 febbraio
2016) ha letto, nel corso della sua argomentazione, un passo del volume. Di seguito una sintesi del
volumetto in 7 parti.
Chiaramente si divide ancora in: una prima parte in cui si espongono le maggiori conquiste della
fisica, cioè del pensiero scientifico della prima metà del secolo scorso (relatività e fisica nucleare),
poi nella seconda i maggiori avanzamenti in questi stessi campi ma della seconda metà del
novecento (cosmologia e fisica delle particelle) e una terza in cui protagonista è la quantum gravity
che tenta di unificare cosmologia relativistica e meccanica quantistica.
Infine è l’uomo il protagonista, ma che ci sta a fare l‘uomo? Ma l’uomo fa parte di quella natura
studiata dal fisico. La meraviglia e la bellezza del tutto e dell’uomo che la contempla è fatta salva in
questo mondo apparentemente uniforme e arido di fotoni e particelle. Gli umanisti del ah! non
capisco niente di matematica possono dormire sonni tranquilli. Con un particolare, quello della
prospettata incoscienza planetaria votata al suicidio totale mostrata dall’umanità sui suoi destini di
sopravvivenza che chiaramente esula dalla fisica ma che Rovelli pur tocca in alcune inquietanti
righe, come vedremo.
Lezione prima
Nel primo capitolo si espone la più bella delle teorie, questo il titolo del primo dei sette. Vale a dire
la teoria di Einstein.
«Queste lezioni sono state scritte per chi la scienza moderna non la conosce o la conosce poco.
Insieme, compongono una rapida carrellata su alcuni degli aspetti più rilevanti e affascinanti della
grande rivoluzione che è avvenuta nella fisica del XX secolo, e soprattutto sulle questioni e i misteri
che questa rivoluzione ha aperto»
In pochi tratti è delineato l’universo secondo la concezione di Einstein, qualsiasi persona di buona
razionalità la dovrebbe sapere. Russell nella sua opera La conoscenza umana, ne accoglie
abbondantemente i concetti allorché parla di tempo, di spazio, di eventi, di coordinate a quattro
dimensioni etc.. Rovelli la delinea con pochi tratti da maestro: lo spazio è un campo gravitazionale,
«lo spazio non è più qualcosa di diverso dalla materia: è una delle componenti “materiali” del
mondo». «Siamo immersi un un gigantesco mollusco flessibile». Lo spazio si incurva secondo la
curvatura di Riemann denominata R. R è proporzionale all’energia della materia. Lo spazio si
incurva laddove ci sia materia. Ma non è solo lo spazio è anche il tempo relativo che si incurva. Il
tempo passa più veloce in alto e più lento in basso. Mi vien in mente ancora Russell che nello stesso
volume dice: «ogni pezzo di materia ha il suo tempo». Quando una stella si spegne curva lo spazio
così fortemente da sprofondare dentro un vero e proprio buco, sono i famosi buchi neri. Lo spazio si
dilata e si distende. L’universo è in espansione. Ma questa espansione deve essersi generata da un
big bang iniziale. Anche la radiazione cosmica di fondo era stata prevista dalla sbalorditiva teoria di
Einstein.
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«Insomma, la teoria descrive un mondo colorato e stupefacente, dove esplodono universi, lo spazio
sprofonda in buchi senza uscita, il tempo rallenta abbassandosi su un pianeta e le sconfinate distese
di spazio interstellare s’increspano e ondeggiano come la superficie del mare»
Tutto questo da un’intuizione elementare: lo spazio e il campo gravitazionale sono la stessa cosa.
Cosa abbiamo guadagnato? Il guadagno è che ora, sapendo le cose, abbiamo occhi nuovi per vedere
il mondo, ci si svela una realtà che è più reale dei nostri sogni. Rovelli guarda le cose con stupore
come può fare un fanciullo o gli antichi greci che spinti dalla curiosità di sapere come stanno le cose
dettero origine all’impulso verso la razionalità tipica dell’occidente.
Lezione seconda
Il secondo ci porta negli abissi dell'infinitamente piccolo: s’intitola: I Quanti. A un secolo dalla
nascita la meccanica quantistica resta ancora avvolta in uno strano profumo di incomprensibilità e
di mistero, osserva Rovelli. Sono i due pilastri della fisica: la teoria della relatività e la meccanica
quantistica. Tutto prende avvio dalla scoperta dei pacchetti di energia o quanta di Planck. Planck
vuole
«calcolare il campo elettrico in equilibrio all’interno di una scatola calda. Per farlo usa un trucco:
immagina che l’energia del campo sia distribuita in quanti, cioè in pacchetti, grumi di energia»
Einstein usa questa nozione di quanti applicandola allo studio della luce. Introduce la sua teoria
con: «Mi sembra». Il genio esita. La luce è fatta di fotoni, pacchetti o quanti di energia. Ma
Einstein, che aveva scoperto la natura della luce, di fronte all’avanzamento del sapere sulla realtà
quantistica, si tira indietro: è Niels Bohr a proseguire nella ricerca e a capire che gli elettroni
assumono valori quantizzati e che quando saltano da un’orbita all’altra emettono fotoni. Poi è la
volta di Werner Heisenberg: gli elettroni non esistono sempre ma esistono quando hanno relazione
con qualcos’altro:
«Heisenberg immagina che gli elettroni non esistano sempre. Esistano solo quando qualcuno li
guarda, o meglio, quando interagiscono con qualcos’altro. Si materializzano in un luogo, con una
probabilità calcolabile, quando sbattono con qualcos’altro ... un elettrone è un insieme di salti da
un’interazione all’altra. Quando nessuno lo disturba, non è in alcun luogo preciso. Non è in un
luogo ... Nella meccanica quantistica nessun oggetto ha una posizione definita, se non quando
incoccia qualcos’altro»
La descrizione del mondo atomico implica spazi matematici che non vivono in spazi reali. Ma c’è
di peggio: i salti quantici non avvengono in modo prevedibile ma largamente a caso, secondo
probabilità statistiche. Nel cuore della materia s’insinuano leggi probabilistiche. La realtà delle cose
a livello atomico non compare, non è descrivibile ma lo è solo nel caso dell’interrelazione. Perché?
Si spalanca il mistero.
«Non è possibile prevedere dove un elettrone comparirà di nuovo ma solo calcolare la probabilità che
appaia qui o lì. La probabilità fa capolino nel cuore della fisica, là dove sembrava che tutto fosse
regolato da leggi precise, univoche ed inderogabili»
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«Vi sembra assurdo? Sembrava assurdo anche ad Einstein ... non perdeva occasione per brontolare
che però così non si capiva niente»
Proprio Einstein abbandona la sua teoria quantica, rimane perplesso e inizierà un dialogo tra lui e
Bohr che durerà tutta la vita, Einstein rimarrà sempre convinto che «dietro» ci deve essere una
spiegazione più ragionevole. Dopo un secolo siamo allo steso punto: la teoria dell’infinitamente
piccolo non descrive come è fatto qualcosa ma cosa succede se questo qualcosa interagisce con un
altro qualcosa. Ma allora? Ci manca sempre qualcosa o dobbiamo accettare la realtà che la realtà è
solo interazione?
«Che cos’è la teoria dei quanti a un secolo dalla sua nascita? Uno straordinario tuffo profondo nella
natura della realtà? Un abbaglio, che funziona per caso? O un indizio di qualcosa di profondo che
riguarda la struttura del mondo e che non abbiamo ancora ben digerito?»
Lezione terza
La lezione terza ci parla de L’architettura del cosmo. Vediamo ora cosa è stato costruito nella
seconda metà del secolo scorso, del XX secolo, sulla base costituita dalla teoria della relatività e
della quantistica del prima metà del novecento. Iniziamo dalla cosmologia. Ci racconta le principali
acquisizioni della cosmologia della seconda metà del novecento aperte dalla teoria di Einstein. Ma
il capitolo è fatto di tanti disegni illustrativi: la scienza, avverte Rovelli, è attività innanzitutto
visionaria. Per cui le immagini o disegni si susseguono: sono 8 e rappresentano le visioni
dell’universo offerteci dalla scienza del cosmo, tenendo conto delle antiche visioni poi sostituite da
quelle recenti [i disegni non sono riportati]:
1. per millenni l’uomo ha visto la terra sotto e il cielo sopra di sé,
2. la terra è sospesa nello spazio come un sasso che ha il cielo tutt’intorno, modello di Anassimandro,
3. la terra al centro, modello tolemaico, con i cieli intorno alla terra,
4. modello copernicano, non molto diverso da quello tolemaico,
5. la terra è un granello in una galassia, formata da cento miliardi di stelle,
6. la galassia a sua volta è un granello in una nuvola immensa di galassie, centinaia di miliardi di
galassie; nell’universo esistono migliaia di miliardi di miliardi di pianeti come la terra,
7. ma lo spazio è curvo e la sterminata distesa dell’universo va concepita come mossa da onde simili
alle onde del mare: cosmo elastico, immenso, costellato di galassie,
8. infine la storia complessiva dell’evoluzione dell’universo. Nasce come una piccola palla e poi
esplode fino alle attuali dimensioni. Esistono altri universi simili o diversi? Non lo sappiamo.
L’ultima immagine n. 8 è proprio una piccola macchia nera con a contatto una serie di macchie
sempre più grandi.
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Lezione quarta
Dopo aver dimostrato che l’atomo esiste e aver aperto la strada allo studio delle particelle Einstein
si tira indietro. Saranno altri i protagonisti dello studio delle particelle atomiche della seconda metà
del novecento.
«Dentro l’universo descritto nella lezione precedente, si muovono la luce e le cose»
Si arriva alla formulazione della teoria standard sull’atomo. La luce è fatta di fotoni. L’atomo è
fatto di protoni e neutroni che sono fatti di quarks, poi ci sono gli elettroni. I quarks sono tenuti
insieme dai gluoni. Ci sono poi neutrini e bosoni.
«Anche se osserviamo una regione vuota dello spazio, dove non ci sono atomi, vediamo lo stesso un
pullulare minuto di queste particelle. Non esiste vero vuoto, che sia completamente vuoto»
[Per secoli la filosofia e la fisica ci aveva insegnato che esiste il nulla o il vuoto] Quello subatomico
è un mondo che vibra come il mondo degli anni Sessanta, un mondo di avvenimenti non di cose.
Eventi, relazioni non cose. Negli anni Settanta in fisica è stata messa a punto la teoria standard
dell’atomo (Feynman, per fare un nome). Ma la teoria che – si badi – funziona benissimo, non
soddisfa pienamente il fisico. Ma per adesso è quel che sappiamo della materia.
«Una manciata di tipi di particelle elementari, che vibrano e fluttuano in continuazione fra l’esistere e
il non esistere, pullulano nello spazio anche quando sembra che non ci sia nulla...»
Particelle che si combinano per raccontare la storia delle galassie, della luce del sole, dei boschi, dei
sorrisi dei ragazzi...
Lezione quinta
Relatività e teoria quantistica funzionano bene ma sono tra loro in contraddizione. Qui Rovelli dice
che uno studente in fisica diventerebbe matto o direbbe che i professori sono citrulli se di mattina
all’Università seguisse la fisica relativistica e di pomeriggio la quantistica. Passo letto dal filosofo
Carlo Sini al Convegno del 24 febbraio 2016, Milano, sul problema di quale formazione nell’attuale
mondo di specializzati. Si sta cercando di risolvere la questione di questo paradosso con la quantum
gravity. La gravità quantistica a loop tenta di conciliare le due opposte ipotesi. Ma comporta una
ulteriore modifica della struttura della realtà. Si pongono atomi di spazio. O grani di spazio. Non
esiste più lo spazio. Questi grani non sono nello spazio ma sono lo spazio. Non c’è più lo spazio che
contiene il mondo e non c’è più il tempo lungo il quale avvengono gli eventi. Ulteriore conseguenza
della LQT: questo universo è il rimbalzo del precedente. L’universo precedente si è ridotto ad uno
spazio piccolissimo e poi è rimbalzato per riprendere a espandersi fino all’attuale.
Lezione sesta
Si spalancano nuovi orizzonti di ricerca che arrivano ad investire anche i nostri usuali (e limitati)
modi di pensare. Nuovi orizzonti di ricerca di cui l’autore parla sempre con quel tono semplice e
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suadente aperto alla comprensione di tutti. Ma la semplicità del discorso non implica facilità di
accesso a quelle determinate problematiche, anche se possiamo seguirlo nelle sue linee generali.
Nella lezione sesta non ci aspettiamo che il protagonista del discorso è il calore. Ma esso avrà
conseguenze inaspettate. Nuovi orizzonti di ricerca? Nuovi panorami fisici e filosofici? Il
ragionamento è questo: il calore (di qualcosa) è dovuto innanzitutto agli atomi che si muovono più
veloci. L’aria calda ad es. è perché le molecole si muovono più veloci. Il caldo va dal caldo al
freddo. Il caldo va dalle cose calde alle cose fredde. Ma qui abbiamo introdotto il tempo. Il tempo si
può spiegare dunque associandolo al fatto del passaggio dal caldo al freddo.
«La differenza fra passato e futuro esiste solo quando c’è calore. Il fenomeno fondamentale che
distingue il futuro dal passato è il fatto che il calore va dalle cose più calde alle cose più fredde»
Secondo la termodinamica di Boltzmann questo fenomeno dal caldo al freddo avviene per casualità
statistica: ancora una volta la probabilità nella fisica. Non posso sapere tutto completamente di
qualcosa ma posso sapere qualcosa a livello probabilistico. Interagendo con qualcosa ne capisco
qualcosa ma non tutto. Natura relazionale della conoscenza, conclude il Nostro. Ciò premesso: che
c’entra il calore con lo spaziotempo dell’universo? Cosa succede quando il calore si diffonde nello
spaziotempo o campo gravitazionale? Quando vi si diffonde il calore il problema non è risolto.
«non abbiano le equazioni che descrivono il vibrare termico di uno spaziotempo caldo»
Il tempo che scorre, il presente, il qui, l’adesso sono l’orizzonte manifesto ma l’immanifesto è più
vasto. Lo scorre del tempo dipendono dalla descrizione fisica statistica ma non dall’aspetto
profondo della realtà delle particelle. A livello profondo delle particelle il tempo non esiste.
«Per una ipotetica vista acutissima che vedesse tutto non ci sarebbe tempo ‘che scorre’ e l’universo
sarebbe un blocco di passato presente e futuro. Ma noi esseri coscienti abitiamo il tempo perché vedia
o solo un’immagine sbiadita del mondo»
Le ultime frontiere della scienza: il calore dei buchi neri individuato da Hawking dipende dalla
gravità quantistica.
In chiusura: noi
Sarebbe l’ultima lezione, non s’intitola Settima lezione ma ha questo titolo: In chiusura: Noi. Qui
adesso il lettore, che per avventura sia umanista o filosofo tradizionale non scientifico e che si sia
spinto a legger fin qui, respira a pieni polmoni. Il discorso non appare strettamente fisicoscientifico. Ma sono le riflessioni di uno scienziato che dalla scienza perviene alla filosofia e non il
contrario come succede. Sono le riflessioni di chi ha attraversato la scienza, di chi ha meditato e ora
si pone sulla vetta del monte che ha appena raggiunto e può vedere a perdita d’occhio. Un confronto
con il Russell de Human Knowledge; entrambe gli autori vedono le cose secondo criteri della
ricerca scientifica senza orpelli o connessioni polverose come l’evocazione di spettri come le
categorie sacrali spirito/materia o altro ciarpame teoretico filosofico liquidato dalla ricerca.
Lo spirito fa parte della natura. Compare il nome di Spinoza, è vero, che aveva avuto intuizioni
giudicate notevoli da Rovelli ma Kant è criticato. Russell aveva già parlato di Kant come
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misfortune, una disgrazia, con la stessa critica che gli muove Rovelli: le forme mentali umane con
cui necessariamente guardiamo al mondo non sono fisse ma frutto di evoluzione. Ma vediamo in
sintesi cosa deduce Rovelli come estreme conseguenze dai suoi studi in fisica, diventando filosofo.
Cos’è l’uomo in questo mondo di atomi e particelle? Come si inserisce il nostro mondo di
emozioni, volizioni e lo stesso nostro sapere? Ma allora chi siamo? E il pensiero da dove salta
fuori? Non si sa bene. In questo mondo di particelle noi stessi siamo a noi stessi ciò che si capisce
di meno.
«Nel grande quadro della scienza contemporanea ci sono molte cose che non capiamo e una di quelle
che capiamo meno siamo noi stessi»
Ecco in ordine le conclusioni:
-
noi facciamo parte di quel mondo che abbiamo osservato
-
siamo della stessa pasta, siamo fatti degli stessi atomi e degli stessi segnali di luce che si
scambiano i pini sulle montagne e le stelle nelle galassie
-
se siamo speciali lo siamo nel senso che ognuno è diverso ma non in relazione alla natura o
per la natura
-
tra la realtà esterna e la nostra visione o l’immagine nostra che ci formiamo delle cose ci
sono filtri: la nostra ignoranza ad es., o filtri dovuti alla nostra stessa natura di esseri umani,
ma non in senso kantiano ma derivati dall’evoluzione
-
in noi la disposizione ad osservare prescientifica va distinta dalla disposizione alla fantasia e
al mito; un conto sono le narrazioni mitiche attorno al fuoco che si son fatte per millenni e
un conto l’attitudine a osservare le tracce di antilope per la caccia e per sfamarci
-
nel sapere interagiamo col mondo e ne siamo modificati, il mondo rivela informazione di
altro; siamo immersi in un mondo di cose che è in contatto con altre cose noi nella natura, va
bene, ma la natura è continuo scambio o interazione di informazioni
-
come emerga dalla natura il pensiero e la coscienza non è chiaro ma lo si sta studiando, si
aprono nuove frontiere
-
lo si vede dagli studi della descrizione matematica di stati della soggettività della coscienza
-
domanda cui si cerca di dar risposta: come si forma la coscienza di noi stessi?
-
ma l’uomo è libero? Se seguiamo le regolarità della natura siamo liberi? Rispunta il
problema se siamo liberi o soggetti al determinismo; risposta nuova scientifica al vecchio
problema: in questo mondo di particelle atomiche siamo liberi ma nel contempo non
sfuggiamo alla regolarità della natura
-
allora la libertà di essere = interazione fra miliardi di neuroni
-
l’io = neuroni = complesso di neuroni
-
non siamo coscienti del complesso di neuroni
-
l’imprevedibilità del nostro comportamento è dovuta alla complessità dei neuroni, ne
abbiamo tanti quante sono le stelle in una galassia (100 miliardi)
-
io, come diceva Spinoza, sono il mio corpo
7
-
psicologia = biochimica del cervello
-
il nostro mondo morale, le volizioni, le emozioni, le passioni sono parte della natura
-
umano = natura
-
l’uomo è curioso per natura (e non contro natura), come disse Aristotele
-
ma la specie umana non durerà a lungo, apparteniamo ad un genere di specie a vita breve,
così come siamo consapevoli della nostra morte individuale siamo consapevoli del crollo
della nostra civiltà
-
i cambiamenti climatici e ambientali che abbiamo innescato sono stati brutali e difficilmente
ci risparmieranno
-
«Siamo forse la sola specie sulla terra consapevole dell’inevitabilità della nostra morte
individuale: temo che presto dovremmo diventare anche la specie che vedrà
consapevolmente arrivare la propria fine o quanto meno la fine della propria civiltà»
-
ciò non toglie che la natura è la nostra casa e nella natura siamo a casa
«Per natura amiamo e siamo onesti. E per natura vogliamo sapere di più. E continuiamo a imparare.
La nostra conoscenza del mondo continua a crescere. Ci sono frontiere dove stiamo imparando e
brucia il nostro desiderio di sapere. Sono nelle profondità più minute del tessuto dello spazio, nelle
origini del cosmo, nella natura del tempo, nel fato dei buchi neri e nel funzionamento del nostro stesso
pensiero»
«Qui, sul bordo di quello che sappiamo, a contatto dell’oceano di ciò che non sappiamo, brillano il
mistero del mondo, la bellezza del mondo, e ci lasciano senza fiato.»
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