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Gli strumenti di misura
Gli strumenti di misura Una misura si effettua mediante uno strumento, un dispositivo che fornisce una risposta quantitativa al confronto tra la grandezza in esame e la corrispondente unità di misura. Uno strumento può essere schematizzato da tre parti : Un elemento rivelatore, sensibile alla grandezza da misurare ( per esempio il mercurio contenuto nel bulbo di un termometro) Un trasduttore, che trasforma l’informazione ottenuta dal rivelatore in una grandezza più facilmente utilizzabile dallo sperimentatore ( per esempio il bulbo e il capillare trasformano una variazione di temperatura in una variazione di volume e quindi in una variazione della quota raggiunta dal pelo del mercurio ) Un dispositivo che fornisce visivamente o graficamente il risultato della misura ( per esempio la scala graduata incisa lungo il termometro, la posizione di un indice mobile su una scala graduata, come in una bilancia da salumiere, o un display numerico ) Nel seguito indicheremo con G la grandezza fisica in se stessa, con M(G) il risultato della misura di G, con V(G) il valore effettivo, sconosciuto, che aveva G al momento della misura e con R(G) la risposta dello strumento usato. Non dimentichiamo che la risposta di uno strumento analogico è il numero di divisioni che leggiamo su una scala graduata. Per completare l’operazione di misura occorre conoscere come varia la risposta R(G) al variare di V(G). Occorre effettuare la taratura dello strumento, mediante ad esempio un grafico che faccia corrispondere un valore della risposta al valore della grandezza fisica G, supposta nota per altra via. Bisogna notare che erroneamente spesso gli studenti chiamano taratura di uno strumento quello che è invece un semplice controllo dello zero dello strumento stesso. Un metodo alternativo di taratura è quello di confrontare la risposta dello strumento, di cui ignoriamo la taratura, con la risposta di uno strumento di riferimento. Il relativo grafico dovrebbe essere una retta, bisettrice del primo quadrante e passante per l’origine. Vedremo più in là degli esempi di taratura di strumenti, in particolare quella di un dinamometro e quello di un termometro a liquido. Caratteristiche generali di uno strumento: portata, soglia, sensibilità, precisione e prontezza. La portata e la soglia sono rispettivamente il valore massimo e quello minimo della grandezza da misurare registrati dallo strumento. La sensibilità S è legata alla variazione minima apprezzabile e significativa del valore di G ad un certo istante e, quindi, in uno strumento analogico al minimo spostamento misurabile di un indice su una scala graduata. Essa viene definita come la derivata di R(G) rispetto a V(G), determinata nei vari punti della scala, ossia da Sperimentalmente S viene determinata approssimando la derivata con il rapporto incrementale, con l’avvertenza che il denominatore può tendere a zero fino a quando rimane significativo. Nel grafico di taratura di R(G) in funzione di V(G), S costituisce la pendenza della curva e può essere costante, se la curva è una retta. In un normale metro della vita di ogni giorno, in cui le divisioni sono equispaziate di 1 mm, ci sono 1000 divisioni ( che costituiscono la risposta dello strumento) e quindi S vale 1000 divisioni/m= 1 divisione/mm. Bisogna non confondere il numero delle divisioni con quello delle incisioni ( o tacche ) sulla scala , che sono in questo caso 1001 contando anche la tacca dello zero. In un doppio decimetro, con divisioni spaziate di 1 mm, avremo ancora una sensibilità di 1 divisione/mm. Se la spaziatura fosse di 0,5 mm avremmo una sensibilità di 2 divisioni/mm. Le modalità di lettura sulla scala graduata introducono un’incertezza sul valore : si tratta dell’errore di sensibilità. Quando si legge la posizione di un indice su una scala, si cerca di individuare la divisione più vicina all’indice. Quindi tutte le posizioni di un indice che differiscano tra di loro di più o meno mezza divisione ( quando è possibile apprezzarla… ) daranno origine alla stessa lettura, che avrà a sua volta un’incertezza di più o meno 0,5 divisioni/S. Più in generale se indichiamo con 2ΔR(G)min la minima variazione di risposta misurabile, la corrispettiva incertezza su V(G), 2ΔV(G), sarà data da 2ΔR(G)min /S. Il fattore 2 serve a ricordarci che l’indeterminazione sulla lettura di R(G) comporta che il valore effettivo è compreso fra R(G)-ΔR(G)min e R(G)+ ΔR(G)min e quindi il valore della grandezza misurata cade nell’intervallo compreso fra M(G)-ΔV(G) e M(G)+ ΔV(G) Per convenzione si esprime questa indeterminazione indicando come risultato della misura M(G) ± ΔV(G) La quantità ΔV(G) è detta errore di sensibilità, perché lo strumento non è sensibile in un intervallo pari a 2 ΔV(G) intorno al valore misurato. Quanto detto finora si applica agli strumenti analogici. Per gli strumenti digitali non si può parlare di sensibilità ma solo di errore di sensibilità. A meno di istruzioni particolari date dal costruttore, si può assumere che in uno strumento digitale 2 ΔV(G) sia pari ad un’unità sulla cifra meno significativa. Attenzione : su alcuni libri si confonde la sensibilità S con la risoluzione, che è il più piccolo valore di G che lo strumento può misurare. La precisione è legata al fatto che le misure ripetute della stessa grandezza fisica, in condizioni ambientali costanti, non danno lo stesso risultato, ma mostrano una dispersione, che dipende dalle caratteristiche costruttive dello strumento, che sono a loro volta influenzate da attriti, giochi meccanici, fenomeni di isteresi, fluttuazioni di livelli elettrici. Lo strumento sarà tanto più preciso quanto più stretta è la larghezza di questa dispersione: vedremo successivamente come quantificare il concetto di precisione. La prontezza è legata al tempo necessario affinché lo strumento risponda ad una data variazione della grandezza da misurare. Per esempio un termometro, immerso inizialmente nel ghiaccio fondente e poi immerso nell’acqua bollente, non raggiungerà istantaneamente la temperatura finale ma impiegherà un certo tempo, che dipende da termometro a termometro. Questo tempo a sua volta dipende da un tempo caratteristico τ, che può essere ottenuto sperimentalmente. I vecchi termometri clinici ( quelli alti circa 20 cm ! ) richiedevano quasi 10 minuti di attesa prima di poter sapere se uno aveva la febbre oppure no. Cifre significative Il risultato di una misura è espresso in generale da un numero avente una parte intera e una parte decimale, separate dalla virgola. Nei casi, in cui si hanno numeri molto maggiori o molto minori di 1, si preferisce usare la cosiddetta notazione scientifica, che consiste nello scrivere il dato con una sola cifra prima della virgola moltiplicato per una opportuna potenza di 10. Ad esempio il numero 0,000123 può essere scritto in notazione scientifica come 1,23∙10-4 e il numero 12345,6789 come 1,23456789∙104. Chiameremo cifre significative di un numero tutte le cifre, compreso lo zero, a partire da destra fino all'ultima, diversa da zero, a sinistra. Se usiamo la notazione scientifica, questa definizione si applica solo al termine che precede la potenza di 10. Esempi: 0,000123 = 1,23∙10-4 ha 3 cifre significative. 12345,6789 = 1,23456789∙104 ha 9 cifre significative. 0,0001230 = 1,230∙10-4 ha 4 cifre significative, in quanto lo zero a destra è significativo. Questo è dovuto al fatto che quando scriviamo 1,23∙10-4 vogliamo dire che esso è maggiore di 1,22∙10-4 e minore di 1,24∙ 10-4, mentre, quando scriviamo 1,230∙10-4 vogliamo dire che esso è maggiore di 1,229∙10-4 e minore di 1,231∙10-4. In definitiva l'ultima cifra a destra indica in qualche modo il livello di precisione con cui conosciamo la grandezza in esame. D'altra parte questo livello di precisione non può dipendere dalla scelta delle unità di misura e questo implica che gli zeri a sinistra del risultato non siano significativi. Ad esempio se riteniamo di avere un'incertezza Δl di 1 mm su una lunghezza, misurata con il doppio decimetro, la significatività di questa incertezza non può cambiare se usiamo i multipli o i sottomultipli dell'unità di lunghezza : Δl = 1 mm = 0,1 cm =1∙10-3 m = 1∙10-6 km ha sempre una sola cifra significativa. Da quanto detto prima, non si può scrivere il risultato di una misura con un numero molto grande ( infinito al limite ) di cifre significative, perché questo implicherebbe un'incertezza molto piccola ( nulla al limite ) sulla misura stessa. D'altronde anche la stima dell'incertezza è frutto di una misura e quindi anche l'errore va scritto con un numero limitato di cifre significative. Nei laboratori di ricerca si possono organizzare esperimenti di alta statistica ( in cui si raccoglie un elevato numero di eventi ), tali da giustificare un errore scritto con due cifre significative. Nelle normali prove di laboratorio però l'errore va scritto con una sola cifra significativa, con un'eccezione, rappresentata dai casi in cui la prima cifra significativa dell'errore sia un 1 oppure un 2. Supponiamo che la stima dell'errore dia un numero del tipo 0,1413... : scrivere questo errore con una sola cifra significativa (ossia 0,1) comporterebbe un errore di arrotondamento troppo grande, per cui è meglio scrivere 0,14 con due cifre significative. In ogni caso è opportuno avere almeno una cifra significativa in più nei calcolo intermedi, per evitare spiacevoli arrotondamenti da parte del calcolatore da noi usato, e applicare le regole precedenti solo al momento di scrivere il risultato finale. Avendo scritto l'errore con il corretto numero di cifre significative, a questo punto il risultato della misura va scritto con lo stesso numero di cifre decimali dell'errore : si scriverà ad esempio 99 ± 1 mm e non 99,0 ± 1 mm. Le regole, enunciate precedentemente, valgono anche per le misure indirette, ossia per quelle misure, il cui risultato dipende dai valori di altre grandezze, misurate direttamente. Il volume di un parallelepipedo costituisce un esempio di misura indiretta, una volta che sia stata misurata la lunghezza dei tre spigoli. Restano infine da fissare alcune norme, da seguire nell'eliminare le cifre eccedenti. Se la prima cifra eliminata è <5, basta effettuare un semplice troncamento : ad esempio se il dato è 0,147... e deve essere scritto con una sola cifra significativa, il risultato finale va scritto come 0,1. Se la prima cifra eliminata è > 5 oppure è 5 seguita da almeno un'altra cifra diversa da zero, si aumenta di 1 l'ultima cifra rimasta. Per esempio 0,16 si scrive 0,2 con una sola cifra significativa, mentre 0,551 si scrive 0,56 con due cifre significative e 0,6 con una sola cifra significativa ; 0,99 si scrive 1 con una sola cifra significativa. Rimane il caso ambiguo in cui l'ultima cifra eliminata è solo un 5 oppure è un 5 seguito da zeri : i criteri esposti prima non sono applicabili. Bisogna stabilire un criterio ad hoc : per non rischiare di fare scelte sistematiche , un possibile modo di fare è quello di aumentare di 1 l'ultima cifra, se il numero, che si ottiene dal troncamento, è un numero dispari, e di lasciarla inalterata nel caso contrario. Supponiamo di dover scrivere con tre cifre significative 4,875 e 4,885. Il primo numero, troncato a tre cifre significative, è 4,87 ed è dispari, per cui si scrive correttamente 4,88. Il secondo numero troncato è 4,88, ossia pari, e quindi rimane 4,88. Un’utile avvertenza. Scrivere il valore di una grandezza fisica con un numero decimale consente di valutare il numero di cifre significative. Lo stesso non accade se il numero è intero. Se diciamo che la distanza fra due punti è 1000 m intendiamo che la distanza è compresa fra 999 m e 1001 m oppure che semplicemente è maggiore di 500 m e minore di 1500 m ? In alcuni libri si fa l’ipotesi che i tre zeri presenti in 1000 non siano significativi perché uno potrebbe scrivere che la distanza è di 1 km. Resta tuttavia l’ambiguità.