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Edgar Degas L`assenzio (L`Absinthe), 1876 tela cm. 92 x 68. Parigi

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Edgar Degas L`assenzio (L`Absinthe), 1876 tela cm. 92 x 68. Parigi
Edgar Degas
L'assenzio
(L'Absinthe),
1876 tela cm. 92 x 68.
Parigi, Museo d'Orsay
"L'assenzio (L'Absinthe)"
è un dipinto autografo di
Edgar Degas realizzato con
tecnica ad olio su tela nel
1876, misura 92 x 68 cm. ed
è custodito a Parigi nel
Museo d'Orsay. Gli effigiati
sono la bellissima attrice
Ellen Andrée, che fu
disposta ad accettare la
parte da "svanita",
e
Marcellin Desboutin (18231902), un pittore amico
dell'artista.
Il tema è ambientato in un
locale (la "terrace") annesso
al caffè della "Nouvelle
Athènes", luogo che dal
1876 fu centro nevralgico
per le animate riunioni che
dovevano
concepire
il
rivoluzionario
movimento
impressionista. Fra la serie
delle "tranches de vie"
realizzate dall'artista - per la
maggior
parti
forti
e
penetranti
quella
dell'Absinthe è certamente
una delle più espressive.
A proposito di questo dipinto
Calton
Rich
scriveva:
"l'impianto compositivo è tra
le invenzioni più brillanti di
Degas.
Dalle
stampe
giapponesi aveva preso la
disposizione a zig-zag della linea che muovendo dalla base del quadro, attraverso le superfici nude delle
tavole, conduce rapidamente in profondità" e poi continuava ".... l'impiego sorprendente di prospettive
multiple crea una singolare tensione". Il cromatismo, tutto giocato in particolari effetti di luce ed ombra, di
riflessi multipli e brillanti trasparenze - percepibili in tutta l'opera - è particolarmente evidente nel vetro dei
bicchieri e della bottiglia, ma soprattutto nello specchio. Anche nell'Assenzio, come in tante altre sue opere,
l'artista mette a confronto la psicologia contrastante di personaggi tanto diversi fra loro: fisicamente sono
vicini, ma nessun interesse lega la passiva donna all'indifferente uomo.
Degas non volle assolutamente focalizzare il dramma dei due personaggi, ma soltanto la loro depravazione.
L'opera provocò grande scalpore fra i conservatori che la lessero come una pura rappresentazione
dell'umano degrado. L'opera trova invece riscontro nel linguaggio espressivo dell'artista, e cioè una profonda
esplorazione di un piccolissimo frammento di vita realmente vissuta, colta all'improvviso e di nascosto.Degas
mette in evidenzia l'intorpidimento della coppia, consumata dall'effetto del distillato e ne sottolinea
l'isolamento e l'emarginazione spostando i soggetti quasi in disparte sulla superficie pittorica, che risulta per
metà vuota.
Proprio come in Classe di danza la prospettiva ha ancora un valore predominante, in questo caso
sottolineata dal tavolo e dalla inquadratura tipica dello stile di Degas. Gli abiti dei personaggi ci danno l'idea
del loro ceto sociale: la donna non è certo una borghese, mentre l'uomo è il tipico clochard (uomini che
apparivano come dei barboni ma in realtà erano artisti che non esponevano più i loro quadri, bensì
dipingevano solo spinti da un'urgenza creativa).
Degas assegna al quadro un titolo insolito proprio per mettere in evidenza gli effetti collaterali della bevanda.
Rispetto ai quadri impressionisti, qui permane una certa abbreviazione esecutiva, fatta di campiture piatte di
colore accostate con contrasto tonale. È invece assente qualsiasi indagine sulla luce. Il quadro ha un senso
cupo, differente dalla leggerezza della gran parte dei quadri impressionisti. Il pittore, più che indagare
sull’istante della visione ottica, cerca di cogliere un istante di sensazione psicologica.
Le due persone nel bar sono vicine ma
si
ignorano
completamente.
La
solitudine della donna viene accentuata
proprio dal bicchiere che ha innanzi. La
donna ha lo sguardo perso nel vuoto,
l’uomo è una vicinanza che non le dà
compagnia, beve da sola: è l’immagine
stessa della solitudine.
Ciò che risulta tipico della pittura di
Degas è questo taglio insolito, che
sembra decisamente la inquadratura, a
distanza ravvicinata, di una macchina
fotografica con un grandangolo. Il taglio
compositivo è evidenziato dai piani verdi
dei tavoli. Formano un angolo retto che
porta fino allo spettatore. Un giornale
posto a cavallo di due tavoli dà
l’indicazione della prosecuzione del
piano orizzontale. Sul tavolino in primo
piano c’è un archetto per suonare il
violino. Se ne deduce che nella scena
c’è un terzo personaggio e che ha il
punto di vista del pittore. Un musicista,
probabilmente, che sta guardando la
donna che beve e l’uomo che fuma.
La classe di danza, olio su tela di cm 85
x 75 realizzato tra il 1871 ed il 1874,
Parigi, Museo d'Orsay
Questa ripresa dal vero è un singolare documento di vita. Degas, il più legato tra tutti i pittori impressionisti
alla città di Parigi, scava a fondo nei piaceri e nelle solitudini di una grande città, presentandoci qui il
rovescio della medaglia. Questo quadro è l’esatto opposto del Moulin de la Galette di Renoir. Il bar non è più
un luogo per incontri piacevoli ma per solitudini confortate solo dall’alcol.
Nonostante l'atmosfera estremamente delicata che avvolge la composizione, Degas non tocca i tasti dell'
enfasi, della retorica commiserazione, ma semplicemente introduce lo spettatore con discrezione nella vita
dei personaggi. L'intenzione dell'artista è quella di voler superare la visione realistica con la convergenza
dell' occhio e della mente, con il superamento della ricezione passiva delle immagini attraverso il
coinvolgimento della complessità interiore.
L'Opera. L'opera, firmata in basso a destra e datata sul verso «1876», venne presentata da Degas alla
mostra degli impressionisti di queII' anno. Passata in Gran Bretagna, fu esposta nel 1893 a Londra alle
Grafton Galleries, ma fu talmente criticata da indurre il proprietario a venderla. Ad acquistarla fu il conte
Isaac de Camondo che nel 191 l la lasciò insieme alla sua collezione di pittura impressionista allo Stato
francese. Dopo un passaggio al Louvre (1947) e al Jeu de Paume, dal 1986 il quadro è esposto al Museo
d'Orsay.
Il Café de la Nouvelle Athènes. Oltre che l'identità dei due personaggi è noto anche il luogo dove vennero
ritratti da Degas: il Café de la Nouvelle Athènes a Parigi, in PIace Pigalle non lontano dal Cirque Fernando.
Famoso per aver sul soffitto un di-pinto con un ratto morto, il caffè in un passato recente era stato il luogo
d'incontro degli oppositori di Napoleone III come Duranty, Courbet, Castagnary, Gambetta, Daudet e N adar.
Riscoperto da Marcellin Desboutin, pittore eamico di Degas, a partire dal 1876 il ritrovo, oltre il Café
Guerbois, divenne uno dei luoghi d'incontro più frequentati dagli impressionisti e dagli intellettuali a loro
legati. Tra i frequentatori più assidui erano i giovani artisti ammiratori degli impressionisti, come Forain,
Raffaelli, Zandomeneghi, e poi poeti, scrittori e critici quali Duranty, Armand Silvestre e Burty, Ary Renan,
Jean Richepin, Villiers de I'IsleAdarn e Alexis.
Paul Gauguin
Un artista di indole avventurosa. Paul Gauguin, uno dei pittori più avventurosi e rivoluzionari del XIX
secolo, tanto nell'arte quanto nella vita privata, nacque a Parigi nel 1848. Figlio di un giornalista radicale e di
una peruviana socialista, Flora Tristàn, quando aveva solo un anno fu portato dalla famiglia a Lima, in Perù,
per sfuggire alle repressioni politiche scatenate dall'elezione di Luigi Napoleone alla presidenza della
Repubblica. Nel 1855 Paul tornò a Orléans, ma la sua indole avventurosa lo spinse, a soli diciassette anni, a
imbarcarsi prima su un mercantile, poi su un incrociatore come militare di leva. Dopo cinque anni di mare,
tornato in Francia, trovò un impiego in un'agenzia di cambio, ma, in seguito alla crisi finanziaria che investì la
nazione, perdette il lavoro. Decise allora nel 1883 di dedicarsi completamente alla pittura, ma lo stato di
miseria e l'incomprensione del pubblico nei confronti della sua arte lo costrinsero a guadagnarsi da vivere
anche con lavori molto umili.
Alla ricerca di un mondo incontaminato. «Parigi - scrisse Gauguin - è un deserto per un pover'uomo.
Devo recuperare la mia energia, ho intenzione di partire per Panama e vivere come un primitivo». Il maestro,
infatti, incarnava 1'esito estremo di una visione romantica del rapporto tra arte e società: egli rappresentava
la figura dell' artista desideroso di evadere dalla vita quotidiana, per ritrovare un mondo più puro, vero e
incontaminato. Partì infine nel 1887 , ma poche settimane dopo rinunciò anche a Panama e si avventurò in
Martinica, nelle Indie Occidentali francesi, dove rimase quattro mesi prima di fare ritorno in Bretagna. Iniziò
da quel momento per Gauguin una fase estremamente creativa: fu in contatto con la colonia di artisti a PontAven in Bretagna, attratti dal fascino e dalla arcaicità della cultura di quei luoghi, fu con Van Gogh ad Arles
(1888) nel sud della Francia, conobbe e frequentò altri importanti esponenti del mondo dell' arte, eppure non
perse mai il desiderio e la speranza di tornare ai Tropici.
Sintesi e semplificazione. La pittura di Gauguin
può ben definirsi una sintesi dei principali orientamenti artistici che attraversarono il complesso panorama dell'arte francese di fine Ottocento. Partito
da premesse impressioniste, le superò alla ricerca
di una pittura più intensa sul piano emotivo ed
espressivo; egli, infatti, tentò fin da principio di
evadere dalla realtà per usarne liberamente gli elementi in direzione simbolica ed evocativa. Lo
scopo, in ultima analisi, era la rappresentazione
del mondo non come esso appare, ma come viene
percepito dall' artista.
In «Il Cristo giallo» del 1889 Gauguin applica la
tecnica ripresa dalle vetrate gotiche del cloisonnisme, consistente nel contornare le figure con un
marcato segno nero e nel riempire lo spazio cosÌ
definito con un colore uniforme e saturo. La scena
è ambientata nella campagna bretone e le tre
Marie (la Vergine e le due pie donne) vengono
sostituite da tre contadine nei loro tradizionali costumi, ma non vi è alcuna volontà descrittiva o na~ turalistica: la linea in questo caso è sostitutiva dei
valori spaziali di cui le tele di Gauguin sono quasi
del tutto prive, e il colore è chiaramente antinaturalistico, fortemente suggestivo. Giallo non è solo il
Cristo, ma anche i prati e i monti retrostanti, divisi
in strisce orizzontali e punteggiati dalle macchie
rosse degli alberi.
La pittura, «come la musica - scrisse il maestro - agisce sull'anima attraverso i sensi; i toni pittorici armoniosi
corrispondono alle armonie dei suoni».
A Tahiti: l'esotico e il primitivo. I sogni di evasione di Gauguin si realizzarono finalmente nel 1891, quando
partì per Tahiti, dove rimase per due anni, a contatto con una cultura che esercitò su di lui un profondo
fascino, influenzandone anche la pittura. Si trattò di una vera e propria «immersione», non solo nelle forme,
ma anche nei contenuti del mondo primitivo. Durante questo primo soggiorno dipinse Aha oe feii? «Come!
Sei gelosa?», nel quale compaiono due donne nude - una delle quali sdraiata in ardito scorcio - su una
spiaggia; ancora il colore è impiegato in funzione totalmente evocativa.
Il nudo femminile è sempre stato uno dei soggetti prediletti dai pittori, ma le due donne in posa dipinte da
Gauguin mostrano come la sensibilità e i principi ispiratori cui fare riferimento siano profondamente cambiati
nel tempo, anche rispetto all' arte dell'Impressionismo che inizialmente aveva attratto l'attenzione dell' artista.
Gli impressionisti avevano dipinto figure e natura con immediatezza, liberando in parte l'arte dai vincoli della
tradizione; Gauguin, invece, era affascinato non tanto dall'aspetto esteriore delle cose, quanto piuttosto dall'intensità delle emozioni, dall' essenza, e per esprimere questi aspetti era necessario uno stile e un modo di
rapportarsi al soggetto completamente differenti.
Aha oe feii? 1892, Olio su tela, 66×89 cm, Museo Puškin, Mosca
Gauguin svelò in parte il mistero del curioso titolo dato al quadro in un brano scritto in Noa-Noa, un libro
pubblicato nel 1897 : «Sulla spiaggia giacciono due sorelle, nella posa aggraziata di due animali in riposo;
parlano degli amori di ieri e delle vittorie di domani. il ricordo fa nascere un battibecco: "Sei gelosa?"». La
tela, tuttavia, non ha nulla di aneddonco. L'immagine evoca, con le sue semplici forme e il colore intenso, la
vita tranquilla e piena della culrura esotica di Tahiti, che tanto affascinava Gauguin.
L'influenza dell'arte egizia. Dello stesso anno è il celebre «Ta matete» , che in polinesiano significa «il
mercato». La tela rivela la profonda conoscenza di Gauguin di un' altra cultura arcaica, quella egizia: la
struttura a fasce sovrapposte e il rigido allineamento delle cinque figure richiamano infatti i tipici impianti
compositivi dell' arte egizia. Anche in questo caso l'artista usa colori del tutto innaturali, senza alcuna
preoccupazione mimetica, per suggerire il tono emozionale del dipinto e per conferire allo stesso una chiara
intonazione decorativa.
Alle origini della pittura moderna. La pittura di
Gauguin, basata su una straordinaria ricchezza figurativa e su inedite soluzioni formali - uso di colori
piatti e innaturali, rottura dei piani, disarticolazione delle
immagini, contribuì in maniera sostanziale allo sviluppo
dell' arte moderna. Notevoli suggestioni, in particolare,
furono trasmesse agli espressionisti francesi del gruppo
dei Fauves; Gauguin, soprattutto per l'intensa spiritualità
delle sue immagini, diede inoltre un importante
contributo alla pittura simbolista, che si sviluppò in
Francia, e non solo, in polemica con il Naturalismo
letterario e con il Realismo pittorico di Courbet e degli
impressionisti. Nel 1901 il maestro si trasferì alle Isole
Marchesi, nel villaggio di Autona. Fu la sua ultima meta.
Morì 1'8 maggio del 1903; aveva cinquantacinque anni.
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