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Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?
SCHEDA N. 7 Paul Gauguin, “Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?”, 1897-1898, olio su tela, 139 x 374,5 cm, Boston. Nel 1897 Gauguin, stanco, deluso, avvilito, decise di suicidarsi, ma prima volle dipingere questo quadro, come una sorta di testamento spirituale. Il suicidio non riuscì, forse per una dose sbagliata di veleno, e il pittore scrisse varie lettere parlando della tela che sarebbe stata eseguita in un mese di lavoro: “Prima di morire ho voluto dipingere una grande tela che avevo in mente, e per tutto il mese vi ho lavorato febbrilmente, giorno e notte”. Si tratta di un’opera tra le più significative di Gauguin che meglio fa comprendere come la sua pittura debba essere vista solo per i suoi valori pittorici, indipendentemente dal tema. Si tratta di una vasta composizione che assume, come molte altre di questo tardo periodo, la forma orizzontale del fregio arcaico, quasi a voler conferire loro maggior solennità, con il riferimento ad antiche sculture fortemente stilizzate. Il pittore stesso descrive in una lettera il quadro (i cui angoli superiori sono gialli e contengono l’uno il titolo, l’altro la firma) come “un affresco su una parete d’oro, con gli angoli rovinati”: “A destra, in basso, un bambino addormentato e tre donne sedute. Due figure vestite di porpora si confidano i propri pensieri. Una grande figura accovacciata, che elude volutamente le leggi della prospettiva, leva il braccio e guarda attonita le due donne che osano pensare al loro destino. Al centro una figura coglie frutti. Due gatti accanto a u fanciullo. Una capra bianca. Un idolo, con le braccia alzate misteriosamente e aritmicamente, sembra additare l’aldilà. Una fanciulla seduta pare ascoltare l’idolo. Infine una vecchia, prossima alla morte, placata e presa dai suoi pensieri, completa la storia, mentre uno strano uccello bianco, che tiene una lucertola con gli artigli, rappresenta la vanità delle parole”. Si tratta, dunque, di un poema figurato, da non considerare come una narrazione di fatti, né come un’allegoria vivente.Il legame tra il titolo e l’opera è presente in alcuni riferimenti: il bimbo addormentato (la nascita), la fanciulla che coglie i frutti (la vita), la vecchia (la morte). Alle tre domande che ogni uomo si pone sul mistero del proprio passaggio in terra, sul perché della propria esistenza transitoria, sulla propria origine, sulla propria vita, sulla propria fine, alle tre domande senza risposta, corrisponde la pacata solennità delle figure, disposti secondo calcolati rapporti reciproci, lineari e cromatici, trovando la propria giustificazione non nella logica espositiva di parole o di idee, ma in quella compositiva. Il titolo, pertanto, è soltanto evocativo. Le parole, come afferma lo stesso Gauguin, sono vane, inutili; esse non risolvono i problemi né danno risposte alle angosce della vita.