...

«Armenia, l`orrore nei nostri occhi»

by user

on
Category: Documents
40

views

Report

Comments

Transcript

«Armenia, l`orrore nei nostri occhi»
53
L’ECO DI BERGAMO
VENERDÌ 24 FEBBRAIO 2012
Cultura
A
Milano: il Cenacolo
per due giorni gratis
Aperture straordinarie del Cenacolo, grazie a Eni, oggi e il 30 marzo, dalle 19,30 alle 22,30. L’ingresso è libero (per prenotazioni 02-928.00.360, lun.-sab. 8-18,30).
[email protected]
www.ecodibergamo.it
a
«Armenia, l’orrore nei nostri occhi»
La scrittrice Antonia Arslan: ho sempre davanti a me lo sguardo delle piccole vittime del genocidio
Se ne parlo ai ragazzi di oggi mi ascoltano: hanno un senso di giustizia profondo, vogliono sapere
GRAZIA LISSI
a È il 1915: tre donne, un
bambino e un uomo fuggono dal
loro villaggio, nella Valle di Mush, distrutto dai turchi. In una
notte scompaiono tutti gli abitanti, con la loro storia millenaria. I cinque fuggiaschi portano
con sé un testo sacro che diventerà la loro ragione di vita. L’ultimo romanzo di Antonia Arslan, Il Libro di Mush (Skira, pp.
136, € 15) è il racconto di un’arte
perduta: quella dei codici miniati. Un anziano a cui hanno tagliato la lingua, un bimbo
traumatizzato che
non riesce più a parlare, un Angelo muto
sono i tenaci custodi
del manoscritto. Per
il popolo a cui è stata
tolta la parola la scrittura diventa un atto
d’amore irreversibile.
«I codici miniati erano una
grande arte armena ma, come la
pittura, è stata distrutta, è rimasta solo la scultura e l’architettura. Ci sono raccolte di codici armeni in America, a Gerusalemme, a Yerevan e all’isola di San
Lazzaro a Venezia, ma ciò che è
andato perduto è tantissimo».
Anche in questa storia emerge la figura di un bambino, Hovsep. Perché
ha deciso di raccontare l’orrore attraverso gli occhi dell’infanzia?
«Nel genocidio armeno i bambini hanno subito una
sorte terribile, i loro
sono stati uc«A volte genitori
cisi e le poche madri
sono stanca salvate sono state porvia dai turchi. La
di raccontare tate
storia dei sopravvisquesta suti è scritta da quei
Sono persetragedia» piccoli.
guitata dai loro occhi,
li ho visti guardando
Conosceva il Libro di Mush?
molte fotografie; alcuni sono
«Sapevo dell’esistenza di questo cresciuti da soli, i più fortunati
manoscritto medioevale, alto un in orfanotrofio e poi negli Stati
metro e largo mezzo, salvato da Uniti o in Francia».
due donne che, dopo averlo diviso, l’hanno trasportato per Ha scritto, parlando di sé:
mesi. Oggi è conservato nella «Il narratore è stanco
grande biblioteca di Yerevan, ca- di raccontare quepitale dell’Armenia. Studiando sta infinita traho scoperto che la Valle di Mu- gedia della
sh, culla della civiltà armena, era patria perfertile e circondata da monta- duta…».
gne. In essa c’erano due antichi Perché almonasteri saccheggiati e di- lora contistrutti. Lì è stato scritto il Libro». nua a
dovere. Una mattina però mi sono chiesta: adesso cosa racconto? E mi sono guardata con oggettività».
essere emotivo. Quando vado
nelle scuole i ragazzi mi chiedono notizie sui protagonisti dei
miei libri».
Come riesce a trasmettere la storia
del popolo armeno ai giovani?
Come reagiscono gli studenti agli incontri con lei?
«Attraverso i personaggi. I
lettori hanno un’empatia affettiva che li
porta ad andare a
fondo: il primo impatto
deve
«Sono attenti e silenziosi: gli insegnanti li preparano, ma loro
mostrano un profondo interesse. Hanno un grande senso di
giustizia i ragazzi, sono colpiti
dal silenzio sul genocidio e vogliono sapere sempre di più».
Chi le ha trasmesso l’identità armena?
Cosa le ha lasciato suo
nonno?
La Francia ha da
sempre riconosciuto il genocidio degli
armeni e il
«È un
mio
Lo spiega Alecco Bezikian, presidente dell’Associazione di solidarietà Bergamo – Spitak (fondata dopo il terremoto che devastò l’Armenia nell’88) e rappresentante permanente della Chiesa armena presso il Vaticano,
nonché della Federazione euroarmena. Tra loro ci sono stimati
professionisti, ingegneri, archi-
Come vede l’Armenia
oggi?
«È una piccola nazione, con meno di tre
milioni di abitanti.
Non ha materie prime e ha tutti i problemi dei paesi ex-sovietici, ma sta
scoprendo una vocazione turistica: sempre più persone vanno
a visitarla».
Qual è il suo legame con Bergamo?
«Mia cugina Teresa vive nella
vostra città. Durante il terremoto in Armenia del 1988 l’associazione bergamasca Spitak
si è attivata mandando molti
aiuti. Gli italiani di origine armena, compreso i mezzosangue come me, sono solo duemila, un numero esiguo se si pensa a quanti italiani oggi conoscono la tragedia del nostro popolo». ■
a
«Stavamo per fare una brutta fine
A Bergamo ci avete accolti bene»
Bergamo non è numerosa, ma è molto ben integrata e ha una lunga storia. «Non siamo più di dieci famiglie,
alcune sono qui da più di 50 anni».
Sempad
fu gettata
in grembo a
sua moglie»
«L’immagine di sua
madre,
morta di parto a 19
anni. Una principessina di origine persiana
che aveva sposato un uomo
socialmente inferiore perché
ne era innamorata. E poi la morte di Sempad, la sua testa decapitata gettata nel
grembo della moglie. Non potrò
mai dimenticarlo».
a
a La comunità armena a
«Piccole complicità, meschine
miserie, calcoli di opportunismo
politico accecano. Quando la
Turchia ha chiesto di entrare in
Europa sarebbe bastato che tutti gli Stati dicessero: prima deve
chiedere scusa agli armeni e poi
se ne parla. La Turchia sarebbe
stata costretta ad ammetterlo.
Molti intellettuali e giornalisti
turchi l’hanno fatto. Non credo
che quanto è avvenuto in Francia accadrà
ad altre nazioni».
«Quando avevo 7/8 anni mio
nonno mi confidò alcune cose:
pensavo di averle dimenticate.
Quando ho iniziato a tradurre le
poesie del nostro Daniel
Varjan, all’improvviso è riemersa la
mia parte arme«La testa di
na».
farlo?
È un romanzo sulla scrittura perduta e sulla parola tramandata…
Parlamento francese ha approvato
una legge che punisce i negazionisti. Perché questo non accade in Italia e negli altri paesi europei?
tetti e soprattutto medici: «Mi
sono laureato a Parma e il mio
primo lavoro da medico è stato
nel ’67 nel reparto di chirurgia di
Lovere» racconta Artine Guzalian, cardiologo. «Qui mi sono
sempre trovato benissimo e vorrei ricambiare la gentilezza e la
bontà dei bergamaschi con il mio
lavoro».
La diaspora armena ebbe inizio con il massacro degli armeni
da parte dei turchi ottomani agli
inizi del XX secolo. Ma le migrazioni forzate continuarono an-
che dopo gli anni ’10: «Io sono
nato nel 1933 in territori armeni
occupati dai francesi, nel ’39 i
francesi consegnarono le terre ai
turchi che minacciarono di farci
fare una brutta fine. I francesi ci
assistettero nell’evacuazione, caricandoci su navi bestiame. Sbarcai con la mia famiglia a Tartus,
in Siria, ma nessuno sapeva dove ci trovavamo». La storia del
dottor Guzalian sembra un romanzo. In Armenia non è mai
tornato, per paura di rimanere
deluso da una patria sognata at-
traverso la letteratura e la poesia.
L’Armenia, nell’anno 301, divenne il primo Stato cristiano al
mondo e tuttora la grande maggioranza degli armeni appartiene alla Chiesa apostolica armena. Che in Italia ha sede a Milano e Roma: «Tra noi è forte la sua
influenza spirituale» spiega
Alecco Bezikian. Gli armeni si
battono perché il genocidio del
loro popolo venga riconosciuto».
In Turchia è ancora proibito parlarne: «In realtà tutti gli intellettuali turchi sono d’accordo nell’ammettere lo sterminio, quello
che manca è una figura istituzionale come fu per la Germania
Willy Brandt, che si inginocchiò
davanti al monumento delle vittime ebree di Varsavia» dice il
dottor Guzalian. ■
Domani sarà in città
per due incontri a scuola
a Domani pomeriggio alle
17, presso l’Istituto «Vittorio Emanuele II» (via Lussana, 2, Bergamo)
le associazioni Alle radici della comunità e L’officina delle idee hanno
organizzato l’incontro «Oltre il genocidio: gli armeni in Italia e nel
mondo».
Intervengono Antonia Arslan,
Aldo Ferrari (Ca’ Foscari), Patrizia Graziani, direttore dell’Ufficio scolastico provinciale di Bergamo. Interverrà Carlo Saffioti,
cittadino onorario d’Armenia;
presenta Enzo De Canio.
In mattinata all’Auditorium
dell’Isis «Giulio Natta» (via Europa, 15) si terrà invece il convegno «Armeni: un popolo dimenticato. I giovani danno voce a una
sofferenza muta» (ore 11-13). Introduce il dirigente scolastico
Maria Amodeo, segue lo storico
Marco Cimmino su «Genocidi
del ’900 in Europa»; quindi la Arslan rifletterà sul genocidio, con
lettura di brani tratti dal suo La
Masseria delle allodole e brani di
musica armena. Chiude il console armeno Pietro Kuciukyan. ■
Fly UP