Tennis, hockey e ginnastica hanno già alzato la vigilanza
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Tennis, hockey e ginnastica hanno già alzato la vigilanza
IL CAFFÈ 12 febbraio 2012 3 LITUANIA Nei casi più gravi, e quando scattano delle aggravanti, si può ricorrere persino alla castrazione chimica. ITALIA Un atto sessuale con un minore di 14 anni, anche se consenziente, è punito con una pena che varia dai 6 a 12 anni di carcere, che salgono a 7-14 se il bambino ha meno di 10 anni. RUSSIA Possibile la castrazione chimica per gli autori di violenze sessuali su minori di 14 anni e l’ergastolo per i recidivi. EUROPA VATICANO Il Consiglio d’Europa, che rappresenta i 27 governi della Ue, ha approvato una direttiva: chi costringe un bambino a compiere atti sessuali o a prostituirsi deve essere punito con almeno 10 anni di carcere. Pene anche per il turismo sessuale e la pedopornografia. Contro i preti pedofili è previsto un tribunale ad hoc presieduto dal vescovo della diocesi. La condanna prevede sospensione a divinis e scomunica. Il tribunale tuttavia non ha autorità per chiedere al sacerdote colpevole di costituirsi. Ti-Press In un Paese dove è alta la prostituzione minorile la pena parte dai 3 anni di carcere e arriva a 7 anni. DANIMARCA La prevenzione Nei club sportivi è scattata da tempo la sensibilizzazione su regole mirate Tennis, hockey e ginnastica hanno già alzato la vigilanza Ti-Press I drazzini e Nadia Ghisolfi che ha firmato la seconda proposta, con la possibilità che agenti di polizia di infiltrino sul web, in particolare nelle reti di amicizia e nei social network, per smascherare i pedofili, come è stato fatto a Svitto (modificando una ordi- “Diciamo subito che la politica deve reagire. Ma è la società a tutti i livelli a dover intervenire. La risposta non può che essere molto stratificata”. Cosa intende? “Che la scuola, i genitori, e dentro ci metto pure la Chiesa come istituzione, devono fare la loro parte. Il penalista: “Occorre l’impegno di tutti contro questa piaga terribile, a partire dalle famiglia” Altrimenti non si rompe il muro di silenzio”. Già, come si batte l’omertà? “Parlando. Si sta in silenzio perché si ha paura di sbagliare”. Magari per non rovinare qualcuno? “L’anello debole è sempre il bambino, la vittima. È lui che non dobbiamo rovinare. Dunque bisogna parlare della pedofilia, dei nanza cantonale) e come ha sollecitato anche Swiss Missing con una precisa richiesta inviata al parlamento. Questo, naturalmente, “in particolari situazioni e soprattutto con l’approvazione preventiva del magistrato competente”. rischi, senza impressionare i nostri figli. Serve equilibrio, bisogna usare il giusto linguaggio e pesare le parole”. Per questo, però, bisogna avere gli strumenti giusti. Non crede? “Certo, non per nulla richiamavo l’impegno di scuola, famiglia e Chiesa. Ricordo una mostra per la protezione dell’infanzia portata nelle aule anni fa. È stata una bella iniziativa, con qualche sbavatura perché alcuni bimbi erano rimasti impressionati. Invece non devono aver paura nel percorso casa-scuola o nel ricevere una carezza da un adulto”. Ma il pericolo viene proprio dagli adulti. “Un ruolo primario nell’educazione, ed è un concetto che vale anche nella delinquenza giovanile, lo ha la famiglia. Un ruolo fondamentale. Nei familiari i bambini devono trovare sempre un interlocutore privilegiato”. l segnale forte, deciso, lo aveva dato la Federazione calcio. Un anno fa aveva preparato un decalogo per proteggere i 200 mila bambini che giocano nei 1.400 club nazionali. E ora, dopo quanto accaduto a Bellinzona, anche le federazioni di altri sport stanno cercando di capire se è davvero necessario introdurre un decalogo, magari esteso e unico a livello cantonale. Con raccomandazioni vincolanti, come il divieto per gli adulti di entrare, se non per necessità di sicurezza, negli spogliatoi dei ragazzi, o l’obbligo di segnalare immediatamente comportamenti sospetti. O ancora l’ordine di raccogliere tutte le informazioni del caso prima di procedere alla nomina di un monitore o di un allenatore. Impegni precisi che ogni club, tempo due anni per adeguarsi, deve prendere per iscritto. “Da noi le regole ci sono da sempre. Ovunque si giochi. Ma questo non ci mette al riparo da eventuali rischi, anche se sulle nostre piste, a quanto ne so io, non è mai avvenuto nulla di strano”, spiega Mauro Osenda, presidente della Federazione di hockey: “Anche da responsabile del club Ceresio sono sempre vigile. Sono padre, e so cosa vuol dire vivere certe paure, certe angoscie. Ma dico che quando accadono fatti come quello di Bellinzona o per altri casi accaduti in precedenza, questi avvengono anche perché spesso c’è una cortina di omertà, c’è gente che fa finta di non vedere. E sbaglia. Bisogna avere coraggio, invece”. Il servizio federale di prevenzione contro gli abusi sessuali “Mira” pochi mesi fa aveva calcolato 2.500 aggressioni in un anno nell’ambito sportivo. Un numero impressionante che non può lasciare insensibili, ma che anzi solleva il velo su un fenomeno spaventoso. Avverte Tiziano Bernaschina, presidente Associazione regionale tennis Ticino: “Il nostro è uno sport individuale e questo in parte ci aiuta. Poi alle lezioni i ragazzi vengono spesso accompagnati dai genitori e soltanto durante i momenti aggregativi, come nei campionati a squadre, sale la soglia di rischio. Ma da ‘ Il presidente tempo, e io da undici anni sono presidente, abbiamo sensibilizzato i monitori su questi problemi delicati e ci rifacciamo alle norme di Swiss Olympic. Ora non è detto che per avere ulteriori strumenti di prevenzione, anche noi del tennis non si possa pensare a una sorta di decalogo”. Una idea che non dispiace neppure a Matteo Quadranti, presidente dell’Associazione cantonale di ginnastica: “Noi da tempo facciamo corsi di sensibilizzazione e la ginnastica è già un antidoto pulito alla violenza. Chi lavora con noi crede nello sport, ma certamente dopo fatti come quelli accaduti a Bellinzona non si può restare insensibili. Ed è per questo che noi dirigenti sportivi siamo chiamati a una profonda riflessione e dobbiamo muoverci per adottare nelle nostre attività tutte le regole che possano scongiurare casi spiacevoli”. “Bisogna stare sempre attenti, ma come padre non capisco perchè di fronte a certi fatti non si dica nulla. Bisogna avere invece il coraggio di parlare” Le paure A “Sos infanzia Ticino” arrivano molte telefonate. Tante sono segnalazioni di tentativi di adescamento avvenuti su internet “In 40 all’anno lanciano un allarme” “O ggi riceviamo da 30 a 40 segnalazioni l’anno, quando abbiamo cominciato erano il doppio”. Federico Mari, presidente di Sos infanzia, con tre centri di ascolto 24 ore su 24 (a Chiasso, Lugano e Bellinzona), non crede tuttavia che dietro il calo delle chiamate ci sia una diminuzione del fenomeno: “Affatto. Il problema è che quando abbiamo cominciato, oltre vent’anni fa, c’eravamo soltanto noi, oggi polizia e istituzioni cantonali hanno un servizio di soccorso e allarme simile”. Sos Infanzia e le altre associazioni collegate organizzano anche corsi per operatori. “Si affronta il problema della violenza sui minori. E questo spiega Mari - per offrire strumenti a chi si accosta a questa attività. Bisogna ricordare che il nostro è puro volontariato”. Le persone che rispondono ai telefoni di Sos infanzia non si limitano a raccogliere denunce di violenza, non soltanto fisica ma anche psicologica, ma puntano anche su sensibilizzazione e prevenzione. “Nel caso dei minori, e sono i casi più delicati, quelli che vanno trattati con grande sensibilità e discrezione, ci chiedono consigli, indicazioni. Ci chiedono a chi possono rivolgersi, vogliono rassicurazioni” precisa Mari, secondo cui la pedofilia si batte con un grande impegno di tutti. “È necessario un continuo aggiornamento -dice-, perché oggi i pedofili si annidano su internet, e le telefonate per segnalare siti sospetti e strane manovre sul web si sono moltiplicate, sino a raggiungere le trecento in pochi mesi. Infiltrare agenti come ha chiesto Alex Pedrazzini? Potrebbe essere un’idea vincente, ma con regole precise”.