Nuove patologie Nella relazioNe coN i collaboratori baStaNo Due
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Nuove patologie Nella relazioNe coN i collaboratori baStaNo Due
Nuove patologie nella relazione con i collaboratori I In questo numero I nuovi rischi lavorativi Aspetti medico-legali La recente cronaca giudiziaria ha portato alla ribalta i termini di mobbing e stalking, il primo dallo slang statunitense... La giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro La più recente nozione di molestia sessuale fa riferimento alla sensibilità della persona che subisce la molestia stessa... Mobbing e benessere organizzativo Il lavoro è un diritto; ma è un diritto anche lavorare con dignità. Premesso ciò, è necessario avere un adeguato approccio del problema: occorre distinguere il mobbing da ciò che non... Tutela delle condizioni di lavoro: in particolare il mobbing. Con questa pronuncia, la S.C. chiarisce gli elementi di identificazione del mobbing. Essi possono riassumersi, in primo luogo, nella molteplicità di comportamenti persecutori sistematici e prolungati... • Enrico Cazzulani, Presidente - AIDP Gruppo Regionale Lombardia BASTANO DUE MINACCE PER INTEGRARE IL DELITTO DI STALKING di Luigi Domenico Cerqua* L’ art. 612-bis c. p., in vigore dalla fine di febbraio dello scorso anno, prevede una nuova figura di reato: gli atti persecutori (o stalkig), che consistono nella condotta di chi, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero di ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena comminata, salvo che il fatto costituisca più grave reato, è della reclusione da sei mesi a quattro anni. Sono previste alcune circostanze aggravanti. Trattasi di un reato abituale, nel senso che l’elemento oggettivo deve essere integrato da una pluralità di condotte, inserite in una cornice unitaria e qualificate da modalità di realizzazione tali da provocare nella persona offesa, in via alterativa o cumulativa, le conseguenze previste dalla norma. Il reato appartiene quindi alla categoria dei reati di evento. Secondo una recente sentenza della Corte di cassazione (si tratta della sentenza n. 25527 pronunciata lo scorso mese di luglio) anche due soli episodi di minaccia o di molestia possono integrare il reato in questione, se abbiano indotto un perdurante stato di ansia o di paura nella vittima, che si sia vista costretta a modificare le proprie abitudini di vita. La sentenza merita attenta considerazione. • *Presidente di Sezione della Corte d’Appello di Milano © Endostock N° 07 - Settembre 2010 nomi sembrano un po’ esoterici: mobbing, stalking e l’uso della lingua inglese per definire queste fattispecie sembra allontanarle un po' dalla nostra realtà quotidiana. Viceversa, dietro queste denominazioni sta una realtà difficile e dolorosa che, quando si verifica, impatta in modo significativo sulla vita delle persone. Spesso, come Direttori del Personale, non siamo attrezzati a riconoscere queste fattispecie, a fronteggiarle e, ancora più importante, a prevenirle. La polarità degli atteggiamenti possibili va dalla sottovalutazione del fenomeno all’eccesso opposto. Ben venga quindi una trattazione puntuale e pacata degli aspetti giuridici del problema che, sicuramente, ci aiuteranno a meglio fronteggiarlo. I NUOVI RISCHI LAVORATIVI permanente (da valutarsi almeno dopo due anni dagli eventi previa reazione psicotestistica), è ravvisabile nel “medico competente” (D.L.vo 626/94) la figura in grado di individuare strumenti per la prevenzione dei disagi, con l’ausilio di consulenze psico-diagnostiche. Il limite è rappresentato, sul piano pubblicistico, dall’essere lui stesso contrattualmente legato all’azienda e a fronte di una malattia professionale avrebbe l’obbligo ex lege di informare l’autorità giudiziaria con conseguente apertura di un procedimento penale contro il suo stesso datore di lavoro. Indispensabile la “tempistica”, attribuendo al medico competente l’onere di cogliere i primi segni di incongruenza valoriale ovvero di distacco tra dipendente ed azienda forieri di possibili disagi prima che questi si cristallizzino in una malattia psichica tutelata dall’INAIL. ASPETTI MEDICO-LEGALI di Massimo Terziani* L a recente cronaca giudiziaria ha portato alla ribalta i termini di mobbing e stalking, il primo dallo slang statunitense (aggredire, stare addosso) ed il secondo dalla lingua inglese (dare la caccia ovvero perseguitare). Nel pensiero corrente, con una acritica “blindatura”, mobbing viene ascritto in modo esclusivo all’ambiente lavorativo e stalking alle relazioni di coppia, ignorando che il contesto lavorativo rappresenta l’80% dello scenario del mobbing e il 20% di quello dello stalking e tralasciando varianti fenomeniche non di meno importanti nella conflittualità lavorativa. Queste condotte devianti possono comportare danni tempora* Medico Legale nei ovvero permanenti, con conseguenze patrimoniali Presidente A.M.Pa (Associazione Medico Legale Pavese) (lucro cessante - danno emergente) e/o extra-patriDelegato F.A.M.L.I. (Federazione Associazioni Medico Legali Italiane) moniali (danno biologico). In Italia, grazie allo psicologo H. Ege, alla circolare INAIL n.71/2003 ed alla circolare INPS n.95-bis/2006, si ha ora piena coscienza del problema. In ambito medico-legale il mobbing (v. recente sentenza n.7382/10 Cass. Sez. Lavoro) consiste in “reiterati comportamenti ostili che assumono la forma di discriminazione o di perseCorte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 4063 del 22 febbraio 2010 cuzione psicologica da cui consegue la mortificazione morale e di Giampiero Falasca* l’emarginazione del dipendente nell’ambiente di lavoro con effetti "Nella disciplina del rapporto di lavoro….il danno non patrimoniale è lesivi dell’equilibrio psico-fisico”. configurabile ogni qual volta la condotta illecita del datore di lavoro abbia La costrittività organizzativa, violato, in modo grave, tali diritti: questi, non essendo regolati ex ante da non comportante azioni diretnorme di legge, per essere suscettibili di tutela risarcitoria dovranno essere te contro l’individuo, ma idonee individuati, caso per caso, dal giudice del merito, il quale, senza duplicare a metterne a rischio l’equilibrio il risarcimento ….dovrà discriminare i meri pregiudizi - concretizzatisi in psichico (esclusione da iniziatidisagi o lesioni di interessi privi di qualsiasi consistenza e gravità, come tali ve formative, forme eccessive non risarcibili - dai danni che vanno risarciti." di controllo, cronica assenza di strumenti di lavoro). Lo straining (dall’inglese “mettere in tensiouesta pronuncia scaturisce dalla causa promossa da un ne”) stress forzato sul posto di impiegato dell’Inps che, per un triennio, aveva guidato un ufficio lavoro distinto dalla costrittività ma, successivamente, era stato trasferito ad altra unità, dove organizzativa per l’intenzionalità era stato costretto ad una quasi totale inattività e al disbrigo di e dal mobbing per l’assenza di compiti mortificanti; in conseguenza di queste circostanze, il dipendente era sistematicità delle azioni (carico stato colpito da disturbi di natura psico – somatica, che lo avevano costretto di lavoro eccessivo, demansioal pensionamento. La vicenda è giunta in Corte di Cassazione in quanto namento). Il bossing (dall’inglese il dipendente aveva ottenuto il riconoscimento di una cospicua somma in “capeggiare”) attuato da vertici primo grado, ma questa somma era stata drasticamente ridotta dai giudici aziendali al fine di indurre il sottoposto alle dimissioni a dispetto di appello. La Corte ha accolto il ricorso del dipendente, riconoscendo di norme sindacali. Lo stalking, il diritto a un risarcimento del danno derivante da «mortificazione unica fattispecie inserita nel C.p. professionale», ulteriore rispetto al danno da demansionamento. Tale con il D.L.vo n.11/2009, nella sua diritto, secondo la Corte, scaturisce dalla persistenza del comportamento variante “occupazionale” (molesivo, dalla lunga durata di reiterate situazioni di disagio professionale e lestie, minacce, intrusione nella personale, e dall’inerzia del datore di lavoro, che ha trascurato le richieste vita privata, messaggi indesidedel dipendente di essere assegnato a mansioni adeguate al patrimonio di rati di posta elettronica). esperienza e qualificazione professionale. Prescindendo dal riconosci*Partner, DLA Piper Italy mento e stima medico-legale dell’eventuale danno biologico • Il mobbing incrementa il risarcimento danni per demansionamento Q • © Santje La giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro dell’autore di molestie sessuali Cassazione sezione lavoro 18 settembre 2009 n. 20272 di Sergio Barozzi e Giulietta Bergamaschi* "Le molestie sessuali sul luogo di lavoro, incidendo sulla salute e la serenità (anche professionale) del lavoratore, comportano l’obbligo di tutela a carico del datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c., sicché deve ritenersi legittimo il licenziamento irrogato a dipendente che abbia molestato sessualmente una collega sul luogo di lavoro, a nulla rilevando la mancata previsione della suddetta ipotesi nel codice disciplinare." L a più recente nozione di molestia sessuale fa riferimento alla sensibilità della persona che subisce la molestia stessa, superando la nozione che si riporta alla percezione dell’uomo medio. A questa interpretazione soggettiva della molestia sessuale aderisce anche la sentenza in commento, secondo la quale il datore di lavoro è tenuto a garantire la salute e la serenità (professionale) dei propri dipendenti quando un altro lavoratore si rende autore di una molestia sessuale attuata sul luogo di lavoro. Secondo la Corte sono il contesto ambientale nel quale si è realizzato il fatto e la relazione professionale tra i soggetti coinvolti – l’autore della molestia in posizione gerarchica sovraordinata rispetto alla MOBBING: Elemento soggettivo del datore di lavoro e acquiescenza del lavoratore di Anna Maria Corna* “La condotta di mobbing dell’Amministrazione pubblica datrice di lavoro, consistente in comportamenti materiali o provvedimentali contraddistinti da finalità di persecuzione e di discriminazione, indipendentemente dalla violazione di specifici obblighi contrattuali nei confronti di un suo dipendente, deve da quest’ultimo essere provata e, a tal fine, valenza decisiva è assunta dall’accertamento dell’elemento soggettivo, e cioè dalla prova del disegno persecutorio” (Consiglio Stato sez. IV 7 aprile 2010 n. 1991). L a causa riguardava un Maresciallo in congedo della Guardia di Finanza, risultato affetto da “sindrome ansiosa depressiva reattiva”, che lamentava una non adeguata valutazione degli elementi, da cui, a suo dire, emergeva l’intento persecutorio. Il Consiglio di Stato, dopo aver ribadito i principi di cui alla su indicata massima, ha rilevato che, pur in presenza di più “episodi di conflitto sul luogo di lavoro, ....... la ricorrenza di una condotta mobbizzante va esclusa” ove non sia possibile “individuare ……. il carattere unitariamente persecutorio e discriminante, nei confronti del singolo, del complesso delle condotte poste in essere sul luogo di lavoro”. La sentenza ha, quindi, posto l’accento sulla mancanza di impugnazione, da parte del ricorrente, dei provvedimenti della PA, rilevando che “non può non richiamarsi il principio per cui la domanda di risarcimento dei danni discendenti da illecito demansionamento e mobbing ….. non può essere accolta qualora il lavoratore non abbia tempestivamente impugnato i provvedimenti organizzativi o presupposti, adottati dall’amministrazione nell’ambito della sua attività gestionale, da cui è derivata la asserita modifica in peius del rapporto di lavoro”. Rispetto alla giurisprudenza della Suprema Corte sez. Lavoro (V. Cass. 26 marzo 2010 n. 7382), il Giudice amministrativo ha, quindi, attribuito rilevanza anche al comportamento, di fatto di acquiescenza, del lavoratore ai provvedimenti della PA. • *Partner, Studio Trifirò & Partners segue nella pagina successiva vittima – ad avere giustificato l’intervento disciplinare, ispirato al criterio della proporzionalità, del datore di lavoro anche in assenza di una previsione specifica dell’illecito da parte del contratto collettivo. La mancata reazione da parte del datore di lavoro a fronte di una molestia sessuale sul luogo di lavoro da parte di un dipendente può avere come conseguenza la responsabilità civile risarcitoria del datore di lavoro stesso sia in caso di procedimento penale a carico dall’autore della molestia sessuale sia in sede civile, proprio per la mancata adozione di tutte le misure atte a garantire ex art. 2087 c.c. la protezione del lavoratore sul luogo di lavoro (tra le quali rientra l’esercizio del potere disciplinare nei confronti di chi, attuando comportamenti impropri, abbia leso il complesso di garanzie istituito dal datore di lavoro). • *Eversheds Bianchini Mobbing e benessere organizzativo I l lavoro è un diritto; ma è un diritto anche lavorare con dignità. Premesso ciò, è necessario avere un adeguato approccio del problema: occorre distinguere il mobbing da ciò che non lo è, ma altresì non sottovalutarlo o ironizzare su di esso, né tanto meno confonderlo con la fisiologica e stimolante competizione sul lavoro, quasi fosse uno straordinario strumento di selezione. Il mobbing, infatti, è un fenomeno sociale che trova il suo epicentro nel mondo del lavoro e più specificatamente nell’ambito delle molestie morali e delle persecuzioni psicologiche esercitate nel contesto di attività lavorative. Esso, come è stato posto in luce dal Parlamento dell’Unione Europea nella Risoluzione del Parlamento Europeo A5-0283 del 20 settembre 2001, significativamente titolata “Mobbing sul posto di lavoro”, che si inserisce nel solco tracciato dalle precedenti Risoluzioni 13 aprile 1999 e 24 ottobre 2000 sulla modernizzazione dell’organizzazione del lavoro, coinvolge una moltitudine di soggetti: non solo in primo luogo i lavoratori (nella maggior parte dei casi per gli effetti devastanti sulla loro salute fisica e psichica), ma anche le aziende (sotto il profilo della redditività e dell’efficienza economica delle stesse), nonché le famiglie delle vittime e la società civile nel suo complesso (in primis in termini di costi sociali). In altri termini, questo fenomeno consiste in una degenerazione dei rapporti sui luoghi di lavoro che, direttamente o indirettamente, tocca tutti i consociati, nessuno escluso. Una qualsiasi organizzazione, sia essa privata o pubblica, fornitrice di servizi, tesa a soddisfare i bisogni e le richieste dei cittadini/utenti, deve investire molto sulla sua principale ricchezza, le risorse umane, fornendo loro le competenze necessarie per svolgere adeguatamente i propri compiti, valorizzandone le attitudini e individuando nuo- © Piotr Stryjewski di Stefano Ricci* ve politiche di sviluppo ed intervento volte a promuovere un maggior senso di appartenenza e maggiori motivazioni tra coloro che vi lavorano. A tal proposito, va evidenziato quanto disposto dagli artt. 28 e 29 del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, per effetto dei quali il datore di lavoro deve effettuare la valutazione dei rischi ed elaborare il relativo documento richiamato dall’articolo 17, comma 1, lettera a), del medesimo D.lgs., includendo tra i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori anche quelli inerenti allo stress lavoro-correlato. Nei confronti delle sole amministrazioni pubbliche di cui all’ art. 1, comma 2, del D.lgs. 30 marzo 2001, n.165, al fine di adottare le opportune misure organizzative, il termine di applicazione delle disposizioni citate, in materia di rischio da stress lavoro-correlato, e’ differito al 31 dicembre 2010, giusta quanto previsto dall’articolo 8, comma 12, della legge 30 luglio 2010, n.122 che ha convertito in legge, con modificazioni, il D.L. 31 maggio 2010, n. 78. Il benessere organizzativo è molto importante per il miglioramento della qualità di vita dei lavoratori e delle prestazioni erogate. Infatti: benessere organizzativo equivale a benessere della persona. In questo contesto è importante l’adozione dei codici di condotta, già presenti in diverse organizzazioni, quali strumenti di prevenzione di determinati comportamenti (molestie, discriminazioni, mobbing) che si insinuano nell’ambiente di lavoro e possono compromettere la salute, la fiducia, il morale e le prestazioni sia di coloro che li subiscono, sia di quei lavoratori che sono testimoni del verificarsi di simili comportamenti. La prevenzione è doverosa e conveniente al datore di lavoro e la decisione di dotarsi di uno specifico codice non significa ammettere l’esistenza di conflittualità all’interno della propria Azienda o Amministrazione, ma piuttosto sottolineare che certi comportamenti non verranno tollerati in quanto estranei alla cultura dell’organizzazione. L’approvazione di un codice di condotta e la eventuale successiva nomina di un Consigliere di fiducia è pertanto solo l’inizio di una efficace azione di riorganizzazione finalizzata al benessere lavorativo. • *Membro di parte datoriale del comitato paritetico per il fenomeno del mobbing presso la Direzione Regionale Lombardia dell'Agenzia delle Entrate. Tutela delle condizioni di lavoro in particolare il mobbing Cass. 26 marzo 2010, n. 7382 Informazioni utili Enrico Cazzulani Presidente AIDP Gruppo Regionale Lombardia Domenico Butera Vicepresidente AIDP Gruppo Regionale Lombardia Paolo Iacci Vicepresidente AIDP e Responsabile Editoria di Giorgio Treglia* “Per mobbing, riconducibile alla violazione degli obblighi derivanti al datore di lavoro dall’art. 2087 c.c., deve intendersi una condotta nei confronti del lavoratore tenuta dal datore di lavoro, o dal dirigente, protratta nel tempo e consistente in reiterati comportamenti ostili, che assumono la forma di discriminazione o di persecuzione psicologica da cui consegue la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente nell’ambiente di lavoro, con effetti lesivi dell’equilibrio fisiopsichico e della personalità del medesimo”. C © Diego Vito Cervo on questa pronuncia, la S.C. chiarisce gli elementi di identificazione del mobbing. Essi possono riassumersi, in primo luogo, nella molteplicità di comportamenti persecutori sistematici e prolungati nei confronti del lavoratore, con intento vessatorio. In secondo luogo, nell’accertamento dell’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente, pur essendo necessaria l’evidenziazione del nesso eziologico fra condotta del datore e pregiudizio all’integrità psicofisica del lavoratore. Da ultimo è necessario che vi sia la prova rigorosa dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio. Nella specie era accaduto che un dipendente di una azienda era stato “preso di mira” dal direttore dello stabilimento e fatto oggetto di insulti e rimproveri; pure era stato umiliato, ridicolizzato davanti ai colleghi, adibito a lavori sempre più gravosi e dequalificanti. La Corte Suprema pone pure l’accento sul fatto che il giudice del merito aveva stigmatizzato anche il comportamento gravemente negativo del legale rappresentante della società, il quale aveva tollerato i comportamenti vessatori, senza nulla porre in essere per farli cessare. Sicuramente la tematica del c.d. mobbing è spinosa e di non sempre agevole soluzione; tuttavia un intervento del legislatore sul tema - auspicato da molti - potrebbe risultare un poco superato, attesa la presenza - nel nostro ordinamento - di norme penali volte alla repressione di comportamenti violenti. Né può dimenticarsi tutto il “sistema” del risarcimento del danno, regolato dal codice civile, che muove, nella specie, dall’art. 2087 c.c. Da ricordare, infine, che la valutazione dei fatti emersi nel corso del giudizio, sia esso di primo o di secondo grado, involgono un apprezzamento che non può essere oggetto di accertamento in sede di legittimità. • *Partner, Danovi e Giorgianni Contatti: Via Cornalia, 26 20124 Milano Tel. + 39 02.67178384 Fax. + 39 02.66719181 [email protected] Autori del numero Sergio Barozzi Giulietta Bergamaschi Eversheds Bianchini Luigi Domenico Cerqua Presidente di Sezione della Corte d’Appello di Milano Anna Maria Corna Studio Trifirò & Partners Giampiero Falasca Dla Piper Italy Stefano Ricci Membro di parte datoriale del comitato paritetico per il fenomeno del mobbing presso la Direzione Regionale Lombardia dell'Agenzia delle Entrate Massimo Terziani Medico Legale Presidente A.M.Pa Delegato F.A.M.L.I. Giorgio Treglia Danovi e Giorgianni Newsletter A cura di Paola De Gori Coordinamento redazionale Daniela Tronconi Per iscrizioni [email protected] Grafica e Impaginazione HHD - Kreita.com Foto: Dreamstime