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Franca Berton con Jäger - Associazione Cacciatori Bellunesi

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Franca Berton con Jäger - Associazione Cacciatori Bellunesi
Aut. del Trib di Belluno n. 558/08 n.c.- «POSTE ITALIANE SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1,
CNS BL». CONTIENE I.P. - Direttore Responsabile: Pellegrinon Giuseppe - Tipografia: Dolomiti Stampa s.r.l., Via Campo, 18/F Santa Giustina (BL)
Caccia
2000
ORGANO DI INFORMAZIONE
DELL’ A SSOCIAZIONE
CACCIATORI BELLUNESI
Franca Berton
con Jäger
PAGINA
2
Caccia 2000
Agosto 2009
Lettera
del Presidente
Associazione Cacciatori Bellunesi
Carissimi Soci,
l’attesa come emozione di un evento carico di suggestioni, di ricordi, di nuove emozioni. E poi, la preparazione delle cartucce, il controllo dell’arma e l’agitazione ed insofferenza dei nostri cani, sono tutti segnali
che un’ altra stagione venatoria è ancora una volta alle porte. Per chi ha molti anni di licenza, sarà un’apertura diversa rispetto a quelle del passato: quelle che abbiamo vissuto con i nostri vecchi che erano soliti
raccontare sempre le stesse avventure emozionanti del primo giorno di caccia e che diventavano sempre
più spettacolari ed incredibili di racconto in racconto. Sarà un’apertura diversa a causa essenzialmente
delle normative sempre più restrittive, dall’antropizzazione del territorio ed anche dalla cattiva luce che
ricopre la figura del cacciatore nell’immaginario di una gran parte della popolazione che vive in città. In
ogni caso, godiamoci nel modo che desideriamo, questa nuova attesa per l’apertura del nuovo anno di
caccia. In quest’ ultimo periodo abbiamo avuto delle novità che sicuramente non Vi saranno sfuggite:
nuovo Assessore alla caccia e buona parte delle nostre montagne diventate patrimonio dell’Unesco. Vogliamo, da queste colonne, ringraziare il Presidente Sergio Reolon per quello che ha fatto per la caccia in
questi anni, per la disponibilità e per la collaborazione dimostrata nei confronti dell’ A.C.B.
Al nuovo Assessore Silver De Zolt il nostro benvenuto ed augurio più sincero di buon lavoro. Non sarà
facile. Per quanto ci riguarda diamo, fin d’ora, la nostra disponibilità per collaborare in modo aperto, franco e proficuo. Per quanto riguarda la recente nomina delle Dolomiti a patrimonio dell’Umanità da parte
dell’Unesco Vi rimandiamo all’editoriale dove abbiamo espresso delle osservazioni e dei giudizi schietti.
Francamente, a titolo personale, posso dirVi che non sono entusiasta. Potrei esserlo se questa ennesima
appropriazione del territorio bellunese apportasse benessere alla nostra Provincia e senza stravolgere,
con i vincoli, usi e consuetudini delle popolazioni locali che hanno saputo conservare e proteggere nel
migliore dei modi, in tutti questi anni, il proprio territorio.
Chi vivrà vedrà !!!
Come è oramai consuetudine di questo periodo, formulo a tutti il più sincero “BUONA CACCIA”. Auspico
che i vostri sogni si realizzino e che, sia l’ungulato che state già osservando con il binocolo da qualche
mese, sia la lepre, sia il fagiano si presentino all’appuntamento anche il giorno dell’apertura.
Come sempre Vi faccio una forte RACCOMANDAZIONE: siate prudenti, riflettete un attimo prima di sparare; siate pieni di attenzioni e di rispetto nei confronti delle persone che incontrerete. Correttezza, educazione, sensibilità verso il prossimo e la natura, devono essere elementi che caratterizzano sempre
l’uomo, in particolare il cacciatore.
Un abbraccio
IL PRESIDENTE
Sandro Pelli
SOCIETÀ COOPERATIVA AGRICOLA
Via dei Martiri, 61 - Lentiai (BL) - Tel. 0437 750584 - Fax 0437 750584
APERTA: lunedì, mercoledì, venerdì e sabato 8.30-12.30 e 17.00-19.00, martedì e giovedì 8.30-12.30 - DOMENICA CHIUSA
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PAGINA
Editoriale
quale sarà il prossimo... regalo???
Il primo regalo è datato 20 Aprile 1990 e circa 33.000
mq di territorio sono diventati “PARCO DELLE DOLOMITI BELLUNESI”.
Il secondo regalo è di alcuni anni fa: zone ZPS e SIC progetto NATURA 2000.
La Regione veneto ha pensato bene, nella distribuzione delle zone, di destinare alla nostra Provincia ben l’80% del territorio.
Il terzo regalo è fresco fresco (27.06.2009) ed è la recente nomina di buonaparte delle nostre montagne a
patrimonio dell’Unesco.
Il “PARCO DELLE DOLOMITI BELLUNESI” ha già 20 anni
e chi ci vive ai margini o ha proprietà al suo interno può
dare ed esprimere, con cognizione di causa, le proprie
opinioni.
Vincoli, regolamenti, divieti continui alle normali attività dell’uomo, sono diventati la norma.
Per quanto riguarda le zone ZPS-SIC è la stessa cosa
con l’aggiunta, per chi va a caccia, di periodi specifici e
soprattutto dell’uso, in alcune zone, del pallino in acciaio: un’assurdità sotto ogni punto di vista.
Sarebbe interessante conoscere le motivazioni e gli
obiettivi alla base di tale norma. La maggior parte degli
esperti di balistica ha gridato allo scandalo ed ha contestato, inutilmente, questa legge.
Con questo tipo di pallini l’animale, anche se colpito
bene, non cade subito e va a morire parecchio lontano
da dove è stato sparato. Sono inoltre particolarmente
pericolosi per l’effetto dei possibili rimbalzi.
L’ultimo regalo riguarda le nostre Dolomiti che sono
entrate a far parte del “patrimonio dell’Unesco”.
Quello che in questo primo mese dall’acclamazione ci
ha colpito di più è nel leggere e vedere che la preoccupazione maggiore dei nostri Amministratori, salvo
poche eccezioni, non è quello di preoccuparsi dei possibili effetti negativi quali ad esempio, ulteriori vincoli e
restrizioni a quelli già esistenti ed a come superarli
ma di presentare la propria candidatura quale sede
dell’Ente.
La Provincia di Bolzano ha chiesto la propria città,
nella nostra Provincia ci sono già, fino ad oggi, 5
candidature (Cortina, Pieve di Cadore, Agordo, Livinallongo del Col di Lana, Cencenighe e…).
L’augurio sincero che formuliamo e che fortemente auspichiamo è che questo ultimo regalo, che ha
avuto una notevole risonanza a livello mondiale,
serva a rilanciare il turismo, fonte di reddito, nella
nostra Provincia.
Ma l’augurio e, soprattutto la nostra volontà, è che
il territorio rimanga com’è da millenni e come i Bellunesi l’hanno saputo conservare e rispettare con
l’impegno e l’obbligo morale di consegnarlo alle future generazioni.
NON servono quindi: NUOVE REGOLE – VINCOLI –
DIVIETI – CONFINI, perché ce ne sono già troppi,
ma soltanto EDUCAZIONE, RISPETTOSO SILENZIO
NEL FREQUENTARLO – LASCIARE QUESTE ZONE
PULITE e PORTARE A CASA, ad esempio, I RIFIUTI
CHE SI PRODUCONO.
Centro studi Caccia 2000
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Caccia 2000
Agosto 2009
Gli Auguri
dell’Assessore
Carissime Cacciatrici e Cacciatori,
colgo l’occasione dell’ospitalità che mi concede la rivista “Caccia 2000” per porgere a Voi tutti il mio più cordiale saluto.
Come ho già avuto modo di dire in più occasioni, dopo l’incarico di assessore che ho da poco ricevuto, metto la mia persona a Vostra completa disposizione convinto che tutti insieme
potremo promuovere una nuova cultura venatoria mirata a
salvaguardare gli usi e le consuetudini tipiche delle nostre valli
e delle nostre montagne.
Mi impegnerò a tenere un rapporto stretto con tutte le Associazioni venatorie presenti in Provincia ed i Responsabili dei
distretti per essere sempre informato, in tempo reale, delle
problematiche che dovessero sorgere nell’ambito venatorio.
Tramite “Caccia 2000” colgo l’occasione per inviare a tutti i
Cacciatori bellunesi, nell’imminenza dell’apertura della stagione venatoria 2009/2010, il mio più cordiale in “bocca al lupo”
non senza raccomandarVi tanta, tanta prudenza.
Cari saluti.
L’ Assessore
Silver De Zolt
L’Intervista
ROBERTO TRONCO
Siamo andati a trovare Roberto a casa sua, a Luni, un
paesino nel comune di S.Gregorio nelle Alpi. L’abbiamo
trovato intento ad accudire i nuovi ospiti arrivati di recente a sostituire gli inquilini dell’anno scorso trasferiti, in attesa di essere liberati, nel centro di recupero selvaggina
gestito dalla Provincia. Il più coccolato ed ammirato è
Fiocco, un piccolo di capriolo albino, bianco come la neve
e vispo come tutti i cuccioli della sua età. I contadini l’hanno trovato falciando l’erba e, come spesso accade, senza
rendersene conto per sottrarlo alle lame della falciatrice
lo hanno toccato con le mani provocandone l’abbandono
da parte della madre. È finito così a casa di Roberto Tronco a fare compagnia ad altri 4 cuccioli, sempre di capriolo,
che avevano subìto la stessa sorte. Da quasi 20 anni ormai
Roberto, assieme alla moglie Marilena, si prende cura, in
accordo con la Provincia, dei piccoli di ungulati abbandonati, orfani, o vittime di qualche incidente. Si prende cura
di loro per tutto lo svezzamento, finchè sono in grado di
cavarsela da soli, poi li riconsegna agli Agenti di vigilanza
che provvedono, se possibile, a rimetterli in libertà.
Il primo cucciolo è arrivato qui nel lontano 1990 ci racconta con orgoglio Roberto, sono stato io a trovarlo nel
bosco vicino a casa mia, era quasi morto di fame e di fred-
a cura di Elvio dal Pan
do. Probabilmente la madre era morta o per qualche motivo, l’aveva abbandonato. Da allora, nell’arco di quasi 20
anni, molti altri piccoli si sono succeduti, anche dai comuni
limitrofi, qualcuno anche da fuori Provincia. Molti caprioli,
ma anche cervi, mufloni, volpi, leprotti, persino un piccolo
camoscio. Quasi tutti sono tornati in libertà grazie alle cure
di Roberto che molte volte è costretto ad alzarsi anche la
notte per “allattare” i piccoli più delicati e deboli. Di lui,
la scorsa estate, si è occupato anche STUDIO APERTO, il
noto telegiornale nazionale di ITALIA 1, con un ampio servizio durante il
quale Roberto
si
dichiarava
tra l’altro fiero
e orgoglioso di
essere cacciatore, (e socio ACB
aggiungiamo
noi) e sicuramente più ambientalista di
molti cosiddetti
“verdi”.
fiocco e compagnia
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Caccia 2000
Agosto 2009
Conoscerli Meglio
Il Cane da Traccia
a cura di Franca Berton
Nelle diverse uscite del nostro giornalino abbiamo trattato una sola volta, ed in maniera non approfondita, l’importantissimo argomento “cane da traccia”. Con la collaborazione della giovane cacciatrice e socia A.C.B. Franca Berton iniziamo a parlarne nuovamente
cercando nei prossimi numeri e con la Vostra collaborazione (tutti possono inviarci le loro
impressioni, segnalarci le loro esperienze, i loro recuperi più belli) di sviluppare l’argomento in maniera più specifica e tecnica.
Nella foto:
Franca Berton con Jäger
UN’ IMPORTANTE INFRASTRUTTURA VENATORIA
La prima volta che iniziai ad appassionarmi all’arte del conduttore e del suo indispensabile compagno, avevo soltanto una decina di anni, fu in occasione di un corso tenuto da
Fulvio Ponti: egli mi disse che avevo passione da vendere e che dovevo soltanto conservarla
e coltivarla. Ho seguito i suoi insegnamenti come linee guida.
Il tempo mi ha fatta crescere e con me è cresciuta anche la passione, così da farmi capire
l’importanza che riveste nel mondo venatorio la figura del “recuperatore”. Il recupero non è
un atto di caccia, ma un indispensabile servizio faunistico per la Società.
Nel caso di un ferimento il selvatico risulterebbe perduto sia per il cacciatore che per
la riserva. Non parliamo solo di ferimento avvenuto durante l’attività venatoria, ma anche,
vista la crescita esponenziale di alcune specie, soprattutto cervo, di quelli causati per investimenti stradali.
Sia dal punto di vista etico - sanitario che da quello economico - gestionale, il conduttore
ha l’obbligo di fare tutto il possibile per ritrovare il capo e porre fine alle sue sofferenze.
Rimanendo nel campo esclusivamente venatorio, che è quello a noi più attinente, I CACCIATORI CHE NON DICHIARANO IL FERIMENTO DI UN ANIMALE SONO UNA VERGOGNA PER IL
MONDO VENATORIO.
Questo è ciò che mi è stato insegnato ed è su questi principi che ho iniziato la mia carriera venatoria e di conduttore. Ogni cacciatore, che si definisca tale, deve avere una propria
coscienza nelle sue azioni durante l’atto di caccia, cercando di non procurare una sofferenza
inutile all’animale. È per questo che, nella nostra Provincia, vi è un nucleo RECUPERATORI
abilitati che, attraverso il superamento di una prova sia del conduttore che del proprio ausiliare, vengono iscritti in un apposito albo provinciale e sono a disposizione di tutte le Riserve
Alpine.
Attualmente, l’ENCI individua 3 razze impiegate per il recupero, queste sono: Hannoverischer Sweisshund (HS), il Bayerischer Gebirgsshweisshund (BRS) e l’Alpenlalndisher Dashsbrake (DAK).
La scelta su quale razza scegliere è, ovviamente, individuale: di teorie ne ho sentito tante,
ma tutte fondate su basi soggettive. Io, ad esempio, ho scelto come ausiliario un HS, al
contrario di mio padre che preferisce il BGS. Questa scelta differente di ausiliario, talvolta, è
motivo di diverbi in famiglia perché lo studio per l’ utilizzo di una o dell’altra razza è dovuto
dalla diversa tipologia di fauna e dell’ambiente in cui si opera. Un HS viene considerato più
specialistico nel lavoro su grossa selvaggina, cervo o cinghiale, e su ambienti più idonei alla
sua struttura.
Il BRS, invece, viene considerato più idoneo, vista la sua struttura più piccola, per il lavoro
su fauna che vive in ambienti più impervi come il camoscio.
Questo solo per quanto riguarda lo studio perché, alla fine, si è visto che tutte e due le
razze lavorano bene su entrambe le specie di fauna e su entrambi gli ambienti: tutto dipende
dal suo conduttore.
La mia scelta è stata determinata non solo dal fatto estetico, in quanto l’hannoveriano
per me è “più bello”, ma soprattutto perché presenta un carattere più tranquillo e su traccia
lavora in maniera più metodica; con questo nulla voglio
togliere alle altre razze.
C’è da precisare che il cane da traccia è diverso da qualsiasi
altro tipo di cane, perciò non risultano efficaci i metodi di
addestramento utilizzati per altre specie come quelli usati
per l’attività venatoria, tipo segugi o cani da ferma. Anche
i tempi per il suo addestramento sono completamente diversi: più lunghi e più impegnativi. Un filo invisibile lega
il cane da traccia al proprio conduttore. Per il suo lavoro
viene utilizzato un lungo guinzaglio chiamato “lunga” che
serve solo per avere un contatto diretto con il cane. Fra
i due (conduttore-cane) per poter lavorare bene ci deve
essere “feeling”, deve essere come una simbiosi: sembra
quasi di parlare di anime gemelle legate tra loro da un sentimento molto profondo. Scherzando dico sempre che tra
me e il mio compagno a quattro zampe è stato amore a
prima vista ma, per quanto possa sembrare assurdo, per
me c’è un fondamento di verità...
Quando sono andata ad acquistarlo, osservando la
cucciolata, non ho scelto quello più bello, quello più grosso, il più tranquillo o il dominante.
Ho scelto quello che sentivo mio, quello che tra tutti
sentendo la mia voce si è svegliato, quello che mi è corso
incontro mentre i fratelli stavano giocando, quello che, in
parole povere, ha creato immediatamente con il suo proprietario una complicità atta a creare un buon legame di
reciproca fiducia ed un buon risultato finale sul proprio
operato.
Addestrare un cane da caccia non è solo un lavoro, ma
è trovare un compagno di cui entrambi ci si possa fidare
reciprocamente per una buona riuscita dell’operato richiesto e che durerà per tutta la vita.
Anche il più grande dei cani con un conduttore inesperto non darebbe buoni risultati. La buona riuscita di un
recupero dipende sia dal cane che dal recuperatore.
Lasciando scorrere i sentimenti, anche personali,
questo connubio cane-conduttore che nell’insieme for-
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PAGINA
ma un nucleo operativo di un’entità fondamentale per
l’attività venatoria, preme ricordare che questa importante infrastruttura viene svolta da appassionati (anche
non cacciatori) che dedicano moltissimo tempo per la
buona riuscita del loro lavoro e totalmente a titolo gratuito.
Noi cacciatori dobbiamo cercare di operare nel miglior
modo possibile secondo un’etica venatoria oramai consolidata nel tempo e, nel caso di un tiro con un esito incerto,
dobbiamo attenerci al regolamento Provinciale e sentirci
gratificati nell’essere coadiuvati da persone esperte che
si mettono a nostra disposizione per andare a verificare
l’esito del nostro eventuale errore.
Tutto questo per dire che, qualora non fossimo sicuri
del nostro tiro e del comportamento tenuto dall’animale
a cui abbiamo sparato, tramite la persona del Presidente
di Riserva possiamo metterci in contatto con un conduttore di cane da traccia (c’è un delegato per il territorio in
cui noi cacciamo) e, attraverso la sua esperienza, fare le
dovute verifiche.
Spesso la nostra scarsa esperienza non ci “fa vedere”
i segni del ferimento che tante volte, purtroppo, solo un
buon connubio cane–conduttore riescono a vedere e sentire e darti quindi la certezza che nessun animale possa
vagare per giorni ferito verso una terribile agonia prima
di giungere alla morte ed andare perduto causando dei
danni faunistici, sanitari nonché economici.
Spero che questo mio scritto, riguardante un importante servizio faunistico venatorio, possa avere un seguito per ulteriori approfondimenti in materia nelle prossime
uscite di Caccia 2000 (spiegazioni più approfondite sulle
razze di cani utilizzate per il recupero, metodi base per
il loro addestramento ed eventualmente una piccola nozione sul comportamento degli animali dopo il tiro).
Desideravo tanto spiegare l’importanza del lavoro
svolto dal gruppo RECUPERATORI ed avviare i cacciatori
verso un miglior utilizzo di queste infrastrutture che, attraverso i sacrifici di alcuni addetti, ci vengono offerte per
garantire una migliore gestione della nostra fauna.
Grazie a Caccia 2000 ci sono riuscita.
Ognuno di noi ha un compagno di caccia, ma questo
connubio cane-conduttore lasciatemelo dire è molto importante e molto solidale. In prossimità della prossima
apertura di caccia waidmannsheil.
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Caccia 2000
Agosto 2009
Scuola A.C.B.
abilitazione venatoria
Al primo corso dell’anno 2009, svoltosi presso la nostra scuola di Lentiai, hanno partecipato 22 aspiranti
cacciatori.
Agli esami, che si sono svolti presso la sede della Provincia il 16 Giugno u.s., si sono presentati 18 allievi ed
il risultato finale è stato superiore al 90%.
Infatti dei 18 aspiranti cacciatori che si sono presentati all’esame per l’introduzione nel mondo venatorio 16 sono stati promossi (dispiace moltissimo per i
2 che non ce l’hanno fatta, ce la faranno sicuramente
la prossima volta).
Tutto lo staff dell’A.C.B. si congratula con i neo cacciatori e confida di poterli annoverare nella nostra
Associazione per aiutarli a crescere ulteriormente
insieme a noi.
Il direttore della scuola Sig. Berton Piergiuseppe, nel
rivolgere ai nuovi seguaci di nembrotte le più sincere congratulazioni per l’impegno dimostrato e per la
promozione ottenuta, ricorda che l’inizio del prossimo corso è fissato per il mese di Settembre p.v.
Per ulteriori informazioni inerenti lo svolgimento dei
corsi potete rivolgervi direttamente a lui:
SCUOLA DI CACCIA A.C.B.
c/o Berton Piergiuseppe,
Via V. Veneto,26 – 32020 Lentiai (Bl)
ORARI: Martedì e Venerdì dalle ore 20.30 alle 23.30
tel. 0437/552289 ore ufficio - cell. 329/7037288.
Nuovo Sito
w.w.w. associazionecacciatoribellunesi.it
Con la collaborazione di Morena Bortolas
(bymb.it) il sito della nostra Associazione è
stato completamente rinnovato.
I nuovi sistemi di programmazione ci permetteranno di tenerlo sempre aggiornato e quindi,
chi vorrà potrà visitarlo ed essere informato…
quasi in tempo reale sulle leggi, regolamenti,
calendari e novità a carattere venatorio.
È stata anche inserita la sezione “foto” che
sarà a vostra completa disposizione.
Chi avrà qualche foto vecchia, originale, un abbattimento particolare, può inviarcela corredata da un commento e relativo nominativo.
Sarà cura della redazione provvedere all’inserimento nel sito.
La redazione è anche a disposizione per ricevere i Vostri commenti ed eventuali suggerimenti per migliorare ulteriormente questo nuovo
strumento di comunicazione. Ricordatevi che
l’A.C.B. è la vostra Associazione e, pertanto,
dovreste sentirVi particolarmente impegnati
ed anche orgogliosi di poter collaborare con la
redazione.
Passeggiando
nel bosco: aneto
Anethum graveolens - Ombrellifere
FIGURE 1 e 2
L’aneto
DESCRIZIONE:
Pianta dotata di radice fittonante, ha un fusto cavo di colore verde chiaro, solcato, piuttosto esile. I fiori sono di colore giallo riuniti in ombrelle. La fioritura avviene dalla primavera all’estate. Le foglie sono tri-tetrapennate con segmenti filiformi lineari dotate di guaina.
La pianta in condizioni ottimali può raggiungere anche il metro d’altezza, ma generalmente
non supera i 50 cm. I frutti sono formati da 2 acheni di colore giallo.
HABITAT:
Pianta coltivata fin dai tempi antichi per il suo profumo aromatico che ricorda il finocchio,
allo stato spontaneo si trova nei terreni abbandonati, nei prativi, nei terreni asciutti, dal piano alla collina.
RACCOLTA:
Si utilizzano i frutti detti comunemente semi, ricavati raccogliendo a fine estate le ombrelle e facendole essiccare il luogo ombroso e ventilato.
L’aneto è soprattutto una pianta aromatica e a questo scopo è stata utilizzata fin dai
tempi antichi e tuttora la si coltiva. Il sapore, piacevolmente piccante, la differenzia dal finocchio al quale assomiglia. Contiene un olio essenziale, l’anetolo, impiegato in farmacia come carminativo e vermifugo.
Per combattere l’aerofagia, il meteorismo e facilitare la digestione si possono consumare i semi spargendoli in moderata quantità sopra le pietanze.
Contro i gonfiori di ventre, causati dal ristagno di gas intestinali, si può utilizzare l’infuso
di semi di aneto: 20 g in 1 litro d’acqua per 10 minuti. Si filtra e se ne consuma ½ tazza tiepida presa dopo i pasti principali.
L’aneto possiede la proprietà di aumentare la secrezione lattea nelle donne che devono
allattare. A questo scopo si prepara l’infuso ponendo 20 g. di semi a riposare per 10 minuti in
1 litro d’acqua bollente. Quindi si filtra e se ne consumano 2 tazze al giorno. Infine, in caso di
vomito, si utilizza l’infuso di 20 g. di semi fatti riposare in 1 litro d’acqua bollente per un quarto d’ora. Si filtra e se ne consumano 1 o 2 tazze al giorno a seconda delle necessità.
altri usi:
L’aneto viene utilizzato in liquoristica per preparare liquori e in cucina per aromatizzare
salse e carni alla griglia. Gli stessi semi servono anche ad aromatizzare l’aceto.
L’aneto è una pianta aromatica originaria dell’India. Esso si caratterizza per il profumo
pungente e per le proprietà aromatico-medicinali che sono assai simili a quelle delle cumino, del coriandolo, dell’anice e del finocchio. Sovente il suo aroma viene confuso con queste
piante che, del resto, al pari dell’aneto appartengono alla famiglia delle ombrellifere.
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Caccia 2000
Agosto 2009
A ricordo di Buzzo
Vincenzo, sei stato una persona seria e corretta, sempre pronta a porgerci una mano in caso di bisogno; attento e premuroso marito e padre di famiglia.
Nell’ambito del lavoro con Veneto Strade e negli altri numerosi incarichi al servizio della collettività,
hai sempre donato le tue capacità ed il tuo entusiasmo.
Precursore dell’A.C.B. e poi coordinatore e responsabile dell’area Comelico e Sappada, ti sei dimostrato promotore di innumerevoli iniziative ed hai svolto il tuo lavoro con dedizione, impegno e
successo.
Nella vita quotidiana sei stato un grande amante della natura e dei suoi frutti, di cui eri profondo
conoscitore e raccoglitore; leale e benvoluto cacciatore.
Caro Vincenzo, per tutti noi, sei stato prima di tutto un grande amico, un sicuro ed attendibile punto di riferimento, una persona con il sorriso sempre sulle labbra e le battute pronte, qualche volta
ironiche, che ti contraddistinguevano.
Averti perso all’improvviso, così giovane, ci ha procurato un dolore immenso e ci ha lasciati attoniti
e confusi.
Abbiamo condiviso con te un importante pezzo
di strada della nostra esistenza, sentiamo nel
cuore la fortuna di averti conosciuto.
In questo momento di grande dolore siamo vicini a Tiziana, Debora, Pamela e a tutta la tua grande famiglia.
Ciao Baby
Alberto ed i tuoi amici
Al grave lutto della famiglia si unisce l’A.C.B.
con il Consiglio direttivo e la redazione di “CACCIA 2000” ancora sconvolta per questa tragica
disgrazia che perde con Vincenzo prima di tutto
un carissimo amico oltre ad un valido ed instancabile collaboratore.
Il Cinghiale
un problema o una risorsa?
Ho voluto promuovere, nella mia piccola frazione di Valmorel a Limana, un incontro dal tema “Le problematiche
dell’arrivo del cinghiale sul nostro territorio” coinvolgendo l’Amministrazione Comunale, gli Agricoltori locali
e tutta la Cittadinanza.
Un agente del Corpo di Polizia provinciale ha illustrato
ai presenti le caratteristiche, la consistenza presunta di
questa specie e le direttive della Provincia riguardanti le
attività di controllo da parte dei cacciatori autorizzati.
Sono intervenuti anche degli Agricoltori che da alcuni
anni hanno a che fare con questo ungulato portando una
un cinghiale abbattuto
testimonianza diretta dei gravi danni che ha provocato
nei terreni di loro proprietà.
Il mio obbiettivo è stato quello di sensibilizzare
l’Amministrazione provinciale perché ci dia un sostegno
burocratico al fine di poter ottenere tutte le autorizzazioni necessarie per la costruzione di poste ed altane.
Questo ci permetterebbe di poter effettuare un controllo più efficace ma, soprattutto, ho voluto sottolineare il
fatto che l’arrivo del cinghiale non è un problema da sottovalutare poiché è una specie non autoctona, molto invadente, con capacità di adattamento e di riproduttività
impressionanti in grado di distruggere colture, pascoli
montani e quei pochi prati che ancora vengono falciati.
Durante tutta la serata ho notato un forte interessamento ed una grande disponibilità da parte sia
dell’Amministrazione comunale sia degli Agricoltori che
dei Cittadini nell’accogliere le mie richieste di collaborazione e vigilanza per la tutela del territorio.
Credo di aver dato un’immagine corretta, professionale
ed utile del ruolo del cacciatore, costantemente attento
alla gestione della fauna e dell’ambiente.
Colgo l’occasione per estendere un invito agli altri Presidenti di Riserve alpine di caccia o ad Associazioni affinché organizzino anche loro degli incontri con queste
tematiche che, oltre ad essere informativi ed aggreganti,
danno un’immagine molto positiva del cacciatore perché
dimostra di non occuparsi solo di selvaggina… ma anche
di territorio, dell’ambiente e dei problemi della Società
moderna. Stefano Segat
Presidente della Riserva di caccia di Limana
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Caccia 2000
Agosto 2009
Il Racconto
La leggenda di Isabella
Ad est della Busa del Cimia,
quasi a picco sulla val Falcina, tra
forre e calanchi, seminascosta
da enormi ciuffi di pino mugo,
c’è una grotta. La sua entrata
si spalanca improvvisamente
tra le rocce come un’enorme
bocca pantagruelica pronta ad
inghiottire chiunque osi avvicinarvisi. Guardando ad est verso i
Monti del sole, lo sguardo viene
rapito da un dito di roccia puntato verso il cielo, è la Gusela del
Cimia o Gusela Marini che, come
un’enorme sentinella, sembra
scrutare le rocce sottostanti. Se
c’inoltriamo verso l’interno della
la gusela del cimia
grotta, il budello si restringe e si
è costretti a munirsi di torcia poiché il buio è totale. Alla luce delle pile il percorso diventa irreale,
quasi fiabesco. Piccole stalattiti aggrappate al soffitto lacrimano
in continuazione gocce d’acqua calcarea. Lungo le pareti, lo scorrere secolare di rigagnoli umidi ha scolpito figure strane, alcune
simpatiche, altre inquietanti. Il silenzio è assoluto, nemmeno il
vento sembra voler portare il suo respiro all’interno di quell’antro
misterioso. I fasci di luce delle torce, cercano inutilmente qua e là
tracce di vita. Sembra che la natura, che fuori regna sovrana, abbia voluto dimenticare quello spazio di mondo scavato nel ventre
della montagna. Dopo aver percorso una cinquantina di metri, la
grotta improvvisamente finisce, come bloccata dalla montagna,
stufa di farsi penetrare da quella ferita. Solo un pertugio dove, strisciando, ci si può infilare a malapena un uomo, lascia intravedere
qualche possibilità di poter continuare, ma è solo una speranza,
by Gigio
perché appena ti avvicini a quella piccola fenditura vieni assalito
da un freddo gelido, pungente, glaciale, che ti penetra fino alle
ossa e ti fa rabbrividire mentre dal buio profondo dell’insenatura
giunge un rumore strano, quasi inquietante. Sembra il respiro di
una creatura infernale che soffia, sibila, urla tutta la sua rabbia o,
forse, il suo dolore. E allora senza esitare, il passo torna veloce verso l’uscita a rivedere prima la luce, poi l’azzurro e le rocce con la
Gusela che svetta rassicurante verso il cielo ed infine, finalmente,
le pareti rocciose dell’entrata dove qualcuno ha scritto a caratteri
incerti: GROTTA ISABELLA.
Poche persone conoscono l’ubicazione di quella grotta e pochissimi conoscono la sua leggenda.
A me, l’ha raccontata il vento, sibilando tra i mughi dei Piani
Eterni in una notte di novembre, mentre, al riparo d’un vecchio
“covol” di pastori, raggomitolato dentro un vecchio sacco a pelo,
attendevo l’alba per cacciare le bianche pernici che, alle prime luci,
raggiungevano in volo i ghiaioni sotto la “Bareta del Prete” per
beccare gli ultimi germogli di rododendro risparmiati dal gelo. Fu
così che conobbi la storia di una fanciulla di nome Isabella.
Isabella era bella di nome e di fatto. Una cascata di capelli biondi
facevano da cornice a due splendidi occhi azzurri e a due labbra
del colore delle ciliegie mature. Nessuno sapeva con precisione
chi veramente fosse e da dove arrivasse, forse dalla vallata del
Mis, da uno di quei paesi arrampicati sulle montagne come vecchi
camosci e oggi abbandonati all’erosione del tempo. O forse dalla
Val Canzoi, risalendo i sentieri della Pinea o del Porzil. Nessuno
glielo aveva chiesto e a nessuno interessava, tutti gli volevano
bene e lei era amica di tutti. Così, ogni primavera, quando le ultime
nevi lasciavano il posto alle prime tenere erbe, arrivava puntuale
con le sue capre per lasciarle pascolare lungo i piani Eterni sino
alle pendici del Prabello. Rimaneva lassù tutta l’estate nutrendosi
di more e mirtilli e bevendo il latte delle sue capre. Poi, in autunno,
quando i rari larici cominciavano a ingiallire e il freddo si faceva più
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pungente, ritornava a valle, per ricomparire ancora in primavera,
sempre più bella, sempre più provocante.
Oltre ad un bel aspetto la natura le aveva donato anche una bella
voce, soave e cristallina e così, quando era felice, (e lo era quasi
sempre) Isabella cantava. Cantava piano, solo per lei e per le sue
capre, per non disturbare il silenzio di quei luoghi, ma il vento dispettoso raccoglieva la sua voce e la trasportava per tutta la valle,
lasciandola poi cadere sopra le malghe di Erera, di Brendol e di
Neva, sopra il Colsent, il monte Mondo e il Sass de Mura e quando
la sua voce arrivava trasportata dal vento, i contadini posavano la
falce, i malgari interrompevano il lavoro e si sedevano sulle soglie
delle loro “fabbriche di formaggio e ricotta” per godersi insieme
quelle melodie che li contagiavano sino al punto di fargli dimenticare per qualche minuto le loro fatiche ed i loro tormenti. Anche
gli animali si beavano di quel canto. Il camoscio interrompeva il
suo ruminare tranquillo e rizzava le orecchie appuntite per ascoltare meglio le melodie di Isabella. I fagiani di monte e le coturnici
smettevano il loro lento girovagare alla ricerca di bacche, germogli ed insetti e si nutrivano per qualche minuto di quelle note.
Le bianche pernici, regine delle rocce, dall’alto dei loro domìni
rispondevano a quella voce con il loro canto, incuranti del volo
maestoso dell’aquila sopra di loro. Intanto il vento continuava a
seminare note nella valle, le spargeva qua e là tra i rododendri,
nelle forre e nei calanchi, le spingeva su verso i canaloni, fino alle
cime più alte e poi giù ancora tra i mughi dentro gli anfratti, sino a
penetrare nel labirinto di grotte che, come un’immensa ragnatela
sotterranea, si dirama sotto le rocce dei Piani Eterni.
Fu proprio in una di quelle spelonche sconosciute che un giorno
quelle note giunsero all’orecchio peloso di un vecchio satiro di
nome Torondo. Era questi una creatura malvagia condannato,
a causa del suo pessimo carattere, a vivere nascosto da tutti dal
mago dei folletti, signore indiscusso di tutte le creature fantastiche
che popolano i boschi. Anche lui fu subito rapito da quella voce,
ma invece di limitarsi ad ascoltarla, la volle subito tutta per sè e
così, senza indugio alcuno, dimenticò la sua condanna e si arrampicò su fino a raggiungere la luce, quindi, ignorando la promessa
che vieta a tutte le creature del popolo degli Elfi di mostrarsi alle
persone umane, si diresse a grandi balzi verso l’origine di quella
voce. Molti erano allora i giovanotti innamorati di Isabella. Era
facile, praticamente impossibile non innamorarsi di lei. In lei erano innate tutte le qualità che un uomo potesse desiderare dalla
sua compagna. Alcuni si erano anche dichiarati offrendogli il loro
amore, e chiedendole di sposarli, ma lei con maniere garbate aveva sempre declinato l’invito. Forse voleva l’amore vero, quello che
tutte le ragazze sognano un giorno di veder arrivare, magari a cavallo di un bianco destriero, o forse , più semplicemente stava
bene così , con la sua libertà e le sue capre in giro per i monti a cantare canzoni. Così, quando anche Torondo le dichiarò il suo amore
e le offrì senza tanti preamboli i suoi servigi, molto gentilmente
declinò l’offerta. Aveva respinto tanti bei giovanotti, figuriamoci
se si fosse concessa a quel essere brutto, peloso e con i piedi come
le sue capre e per di più cattivo, burbero ed antipatico.
Torondo però non era un essere normale, il suo egoismo e la sua
cattiveria lo portavano a pretendere qualsiasi cosa ed a non accettare rifiuto alcuno alle sue pretese. Così il vecchio satiro decise,
senza indugio, di rapire la fanciulla per obbligarla con la forza a
sottostare alle sue richieste. Detto fatto l’afferrò per un braccio,
se la caricò senza sforzo sulle spalle e, incurante del suo pianto
e delle sue urla, a grandi balzi, si diresse verso gli orridi della Val
Falcina. Li, in mezzo ai dirupi, a picco sul torrente sottostante
trovò una grotta e dentro ad essa vi depose la povera Isabella in
lacrime, promettendole che l’avrebbe liberata solamente quando
avesse ceduto alle sue proposte. A nulla valsero i pianti e le suppliche della fanciulla, Torondo bloccò con dei grossi massi l’entrata
segnalazioni sulla roccia della grotta
della grotta e se n’andò lasciando Isabella in lacrime in preda al
terrore.
Passarono alcuni giorni ed il canto di Isabella non risuonava più
sopra le mughe dei Piani eterni, il vento cercava invano le sue note
per trasportarle a rallegrare le creature dei boschi, così, queste,
preoccupate per l’improvvisa scomparsa della loro amica, si recarono dalle sue caprette che pascolavano solitarie nei pascoli del
Prabello le quali, ancora spaventate, raccontarono quello che era
accaduto. Gli animali e gli Elfi decisero allora di rivolgersi al loro Re,
Signore indiscusso di tutte le creature che popolano i boschi e le
montagne, per chiedergli di liberare Isabella e di punire Torondo.
Era una strana creatura il Re dei folletti, si narrava che vivesse su
quelle montagne da sempre, costretto da un sortilegio a vivere
in eterno per proteggere e guidare il piccolo popolo degli Elfi. In
cambio di quel fardello aveva ricevuto il potere di trasformarsi in
tutte le creature che popolano la terra, tranne l’uomo. Da tempo
oramai aveva preso le sembianze d’un grosso camoscio dalle
corna nere, uncinate ed appuntite. Si raccontava anche che fosse
stato proprio lui, un giorno lontano, a galoppare fino alla luna per
portargli i colori, perché potesse creare l’ensoradina, il magico
fenomeno che in particolari occasioni, durante il tramonto dipinge
d’oro e d’argento le cime rocciose delle Dolomiti.
In quei giorni il vecchio Re si trovava, per riposarsi, proprio sulla
cima del monte Pizzocco e fu proprio fin lassù che si recarono di
corsa le piccole creature per chiedere giustizia.
-Trovateli!! - Tuonò il Sovrano adirato rizzando la nera criniera sulla
schiena.
-Trovate Isabella e trovate Torondo, e quando l’avrò tra le zampe
si pentirà una volta per tutte di essere nato! In breve folletti e animali si mobilitarono in gruppo. Occhi attenti
scrutavano, orecchie ascoltavano, zampe veloci correvano qua e
la cercando tra i mughi, rovistando sino nel più remoto anfratto in
una frenetica ricerca.
Fu l’aquila, mentre volteggiava solenne sopra i Monti del Sole a
notare Torondo, che ignaro di quello che stava per capitargli, se
ne stava spaparanzato sopra un masso cercando di digerire una scorpacciata di mirtilli e le uova che aveva rubato da un nido di
gallo forcello.
Avvisato dall’aquila il Re si mise subito in caccia e, con lunghi balzi,
in poco tempo raggiunse il satiro che fiutato il pericolo si diede
ad una precipitosa fuga. Sebbene anche lui fosse in possesso di
poteri magici, sapeva di non poter competere con la potenza del
mago sovrano.
Cercò quindi scampo tra le forre e i calanchi quasi impenetrabili
dei Monti del sole, mentre il camoscio lo incalzava sempre più da
vicino. Appena riusciva in qualche modo a nascondersi, il Re si trasformava in falco e volando veloce tra le rocce lo stanava dal suo
nascondiglio per riprendere poi le sembianze del grosso camoscio. L’inseguimento durò per ore. Su e giù per la Val Falcina, nella
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conca del Cimia, proprio sotto la parete a strapiombo del Monte
Pizzocco, poi ancora su a scavalcare le creste, e via lungo i Piani
Eterni e i prati di Erera e Brendol. Era tutto un susseguirsi di salti,
corse, urla ed insulti, fino a che Torondo, stremato, fu costretto a
fermarsi e si preparò a difendersi dalle ire del sovrano.
L’epica lotta ebbe luogo in una conca, proprio sotto il Monte
Mondo, che ancora oggi a ricordo porta il nome del satiro che ne
uscì sconfitto. Torondo mise in atto tutte le magie che conosceva
per difendersi, ma il Re le annullava tutte, trasformandosi di volta
in volta in un animale diverso. Colpiva a seconda delle occasioni,
di zoccoli, di becco, di artigli, o di zanne, finchè il satiro non giacque inerme ai suoi piedi. Tra le urla di gioia del piccolo popolo
che aveva assistito allibito all’impari lotta, lo costrinse a condurlo
alla grotta e a liberare Isabella. Una volta che la fanciulla fu libera,
lo spinse in fondo alla spelonca e lì lo rinchiuse condannandolo a
rimanervi per l’eternità.
Isabella era fuori di sè dalla gioia, baciava tutti, ringraziava tutti,
nulla poteva renderla più felice dell’aver ritrovato la sua libertà
che credeva di aver perduto per sempre. Timidamente si avvicinò
al vecchio camoscio e, dopo averlo ringraziato e giurato eterna
gratitudine, presa dall’entusiasmo gli schioccò un grosso bacio
sulla fronte pelosa, proprio sotto le lunghe corna uncinate.
Preso alla sprovvista il Re indietreggiò sorpreso, quasi incredulo di
quel inaspettato regalo.
- Grazie -, mormorò con la voce rotta dall’emozione. - Tu non puoi
immaginare il regalo che mi hai fatto.- Quale regalo? - chiese Isabella sorpresa. - Si tratta solamente di
un semplice bacio. - No! - continuò il Re, - con questo bacio tu mi hai riconsegnato la
mia vita e la mia morte. Isabella e tutti i presenti erano sempre più sbigottiti. Tra lo stupore
generale il camoscio si accovacciò stanco sopra una sporgenza di
roccia e dopo un lungo respiro riprese a raccontare:
- Da non so più quanti anni oramai vago per queste montagne, vittima d’un sortilegio che mi ha condannato all’immortalità in cambio dei miei poteri magici. Credevo che non aver diritto alla morte
fosse un dono, ma con il passare del tempo ho scoperto invece
che è pura follia, una tragedia infinita. Solo il bacio di una fanciulla
umana poteva rompere l’incantesimo, una cosa quasi impossibile
per un animale quale io sono. Oggi invece quel giorno è arrivato,
ora posso finalmente riposare in pace. Ma prima di addormentarmi per sempre, voglio fare un ultimo regalo a voi tutti e a queste
montagne che mi hanno ospitato per millenni, io sorveglierò per
sempre questa grotta e farò in modo che Torondo non torni mai
più a deturpare con la sua presenza la bellezza di queste valli e a
molestare i suoi abitanti. Se malauguratamente ciò dovesse succedere, io ritornerò e lo ricaccerò nella spelonca dove merita di
stare. - Detto questo si rialzò stancamente e, come se tutti i suoi
anni gli fossero caduti improvvisamente sulle spalle, si avviò caracollando verso una delle vicine creste rocciose. Giunto finalmente
sulla cima, si sdraiò lentamente, gettò un ultimo sguardo stanco
alle sue montagne, chiuse gli occhi e si addormentò serenamente.
Pochi istanti dopo il corpo del vecchio Re era scomparso. Tutte le
creature, che avevano assistito commosse alla scena, videro ergersi al suo posto un grosso monolite di roccia che alto e solenne
si stagliò contro l’orizzonte come una enorme sentinella posta a
difesa della valle sottostante, e lì si trova ancora oggi con il nome di
Gusela del Cimia. Quello fu anche l’ultimo anno che Isabella passò
su quei monti a pascolare le sue capre. La primavera successiva gli
abitanti della valle l’attesero invano. Forse era rimasta sconvolta
dalla sua avventura o forse, durante l’inverno, aveva finalmente
trovato l’amore e con lui se n’era andata per il mondo. Oggi,
chiunque si trovi a frequentare la grotta di Isabella, può ancora
udire in fondo ad essa il respiro freddo di Torondo che smania per
ritornare in libertà. Il vecchio Re, invece, tramutato in roccia è li, di
fronte all’entrata, pronto ad impedirglielo per sempre. Questa è la
storia di Isabella, così come la conosco io. È solo una leggenda e,
si sa, tutte le leggende raccontano un misto di realtà e fantasia. Le
percentuali le decidono chi le ascolta. Io so soltanto che qualche
anno fa, alcuni cacciatori che si erano fermati a pernottare sul “covol di Cimia”, durante una notte di luna piena, sostengono d’aver
udito dei rumori tremendi provenire dalla sottostante Val Falcina,
come se grossi animali dagli enormi zoccoli si rincorressero tra le
rocce fra urla e lamenti. Giurano anche che durante quella notte,
la sagoma della Gusela che di solito si staglia contro la luna fosse
scomparsa, per ricomparire poi improvvisamente alle prime luci
dell’alba, quando il silenzio era tornato padrone della valle. Ma, si
sa, i cacciatori hanno fama di spararle grosse. Noi sappiamo che le
leggende sono solo leggende …FORSE.
la grotta
servizio fotografico by GIGIO
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Fiera di Longarone
I tanti Soci, amici e simpatizzanti che ci sono venuti a trovare a Longarone nelle giornate del 3 - 4 - 5 Maggio in
occasione della Festa del cacciatore hanno potuto ammirare il nuovo stand che l’ A.C.B. ha voluto fare per dare
un tono più decoroso e consono all’importanza della
manifestazione.
Ospiti graditi all’interno dello stand gli amici della Libera
caccia presenti al gran completo con i vertici non solo
locali e regionali ma anche, per la seconda volta, con il
Presidente nazionale Sparvoli.
L’occasione è servita al Sig. Sparvoli di informare il nostro Presidente Pelli sulla situazione a livello nazionale
e sulle modifiche alla legge nazionale 152 ferma in Parlamento per ostruzionismi vari.
SOCCORSO IN
MONTAGNA
CON L’ELICOTTERO
Da diversi anni opera nella nostra Provincia un encomiabile
servizio di soccorso con l’elicottero. Sappiamo che diversi
cacciatori ed anche alcune Riserve hanno valutato attentamente questa ottima opportunità e si sono abbonati a
Dolomiti Emergency . L’ A.C.B., non riesce a gestire direttamente questa operazione, ma invita vivamente i propri
Associati ad abbonarsi. Sicuramente l’augurio è di non
averne bisogno ma la quota annua (veramente irrisoria)
è di € 10.00 e vi dà l’opportunità di essere, in caso di infortunio, soccorsi con l’elicottero e di essere quindi ricoverati
in tempi brevissimi. RIFLETTETE!!!
IL MERCATINO
DELLE OCCASIONI
Per eventuali Vostre inserzioni GRATUITE
scrivere al seguente indirizzo:
Redazione “CACCIA 2000”
c/o Pelli Sandro
Via Trevigiana, 8
32035 Formegan di Santa Giustina (BL)
oppure a mezzo Fax al n. 0437 88546
o per e-mail: [email protected]
Quanto pervenuto verrà inserito nel numero successivo di Caccia 2000.
Vendo Bracco tedesco
(razza Kurzar) di tre anni
Ferma e riporto garantito
Se interessati telefonare al n. 348 7003316
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Caccia 2000
Agosto 2009
Museo Etnografico
di Seravella - II parte
MUSEO
ETNOGRAFICO
SERAVELLA
Via Seravella, 1
32030 - Cesiomaggiore (BL)
Tel. 0439 438355
Fax 0439 439007
e-mail: museoseravella@
provincia.belluno.it
www.provincia.belluno.it
Orari
invernale (1 ott-31 mag)
da martedì a venerdì
9,00-13,00 15,00-17,30
sabato e domenica
10,00-13,00 15,00-17,30
a cura di Daniela Perco
La mobilità della popolazione nelle sue diverse espressioni costituisce un altro dei temi
centrali nelle esposizioni del museo: spostamenti stagionali di uomini e animali per la fienagione, per l’alpeggio e la transumanza; emigrazioni temporanee, esodi transoceanici.
Particolare attenzione è stata riservata alle balie da latte, giovani madri che lasciavano i propri figli di pochi mesi per recarsi nelle principali città italiane ad allattare i figli dell’aristocrazia
e della borghesia, dietro congruo compenso. Con i “figli di latte” si instauravano spesso rapporti affettivi intensi e di lunga durata. Emblematica, in tal senso, è l’esperienza di Maria
Canova, a cui è dedicata una stanza del museo, balia da latte del regista Luchino Visconti di
Modrone, che a lei rimase legato per tutta la vita.
Altri settori espositivi contemplano la rappresentazione e la valorizzazione di beni immateriali, quali i dialetti nelle loro molteplici sfumature, il patrimonio leggendario e quello favolistico, la polifonia e la musica strumentale. Alla scrittura popolare, ai segni e ai marchi di
proprietà è riservato uno specifico percorso. Un piano del museo rappresenta: il patrimonio
di conoscenze e di esperienze riguardanti la conoscenza da parte della popolazione locale
della vegetazione erbacea ed arborea; il rapporto tra uomini e animali domestici, con particolare riferimento ai bovini e agli animali da cortile, compresi i processi di domesticazione
e gli strumenti ad essi legati, le terapie empiriche, l’elaborazione di gerarchie e di classificazioni, le forme di utilizzazione. Uno spazio è riservato alle conoscenze popolari sui selvatici
(i proverbi, i modi di dire, le credenze, le leggende), le tecniche e gli strumenti di difesa e di
cattura (dagli spaventapasseri alle trappole, dai richiami alle gabbie). Questa sezione andrà
completata con alcune registrazioni audio dei richiami ai selvatici utilizzati nelle attività venatorie. È gradita la segnalazione di persone che conoscano i richiami sonori (prodotti con
bocca e mani oppure utilizzando appositi fischietti) e che siano disponibili a farsi registrare.
Il Museo è aperto tutti i giorni, mattina e pomeriggio, salvo il lunedì.
Per ulteriori informazioni si può telefonare al n. 0439 438355 oppure andare al sito della
Provincia di Belluno www.provincia.belluno.it
estivo (1 giu-30 sett)
da martedì a venerdì
9,00-13,00 15,00-18,00
sabato e domenica
10,00-13,00 15,00-18,00
FINE
chiuso: lunedì (ad esclusione
del lunedì di Pasqua)
festività nazionali e religiose
11 novembre (festa del patrono)
Biglietti
Interi Є 3,00
Ridotti: Є 2,00- fino a 18 anni
gruppi di almeno 10 persone
Scolaresche: Є 1,00 (gratuito per gli insegnanti accompagnatori) Є 3,00 con guida
Gratuito: -bambini fino a 6
anni-disabili e un accompagnatore
Guide: Є 40,00 (visita di due
ore per gruppi)
IL museo etnografico DI SERAVELLA
Resoconto II gara A.C.B.
con cane da ferma - campionato provinciale
Una bella giornata di sole ha indubbiamente contribuito al
successo della seconda edizione della gara CANE-CACCIATORE su quaglie con sparo organizzata dall’ A.C.B domenica 3 maggio presso il campo d’addestramento in località
Collesei ad Anzù di Feltre.
Per tutta la giornata, una trentina di concorrenti, si sono
impegnati al massimo per riuscire ad ottenere il miglior risultato giudicati dall’imparzialità ed indubbia capacità del
Giudice di gara Sig. Pontin Orlando.
Alla fine la vittoria è stata appannaggio di Curto Carlo (vincitore del campionato provinciale 2009) con il bracco tedesco Zeno.
Il secondo posto è andato al cacciatore Scariot Giovanni
con il setter Brill e la terza posizione è stata aggiudicata a
Vassere Lionello con il breton Ciro.
A seguire con premiazioni fino all’ottavo concorrente Casaril Oscar, Buffello Stefano, Dal Mas Tiziano, Curto Carlo
(con il setter Lerry) e Casanova Loris.
Sono stati anche premiati il concorrente più anziano e
quello più giovane.
A tutti sono stati assegnati, oltre alle consuete medaglie
d’oro, diversi premi offerti da Ditte del Basso feltrino.
La direzione dell’ A.C.B. vuole ringraziare sentitamente, tramite Caccia 2000, tutte le Ditte che hanno collaborato per la
miglior riuscita
della gara ed in
special modo il
Socio, nonché
componente la
Giunta della nostra Associazione, Curto Carlo
per l’indispensabile sforzo organizzativo.
La riuscita manifestazione si è
conclusa verso
sera presso la
Birreria
Pedavena. (C.C.)
Premiazione
SANTA GIUSTINA (BL) - Via Campo, 18/f - Tel. 0437 859369 - [email protected]
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Caccia 2000
Agosto 2009
Auguri
ai soci
Ricetta
Lepre Alle Prugne
a cura di Vanni Dal Pan
Nei mesi di Maggio, Giugno, Luglio ed Agosto 39 nostri
Soci hanno festeggiato il loro compleanno. I più fervidi
auguri dalla Redazione di Caccia 2000.
86 anni:
Rech Edoardo;
84 anni:
Buttol Sante;
82 anni
Casagrande Gino;
81 anni: De Carli Giovanni, Casanova Emanuele;
80 anni: Micheletto Natalino;
79 anni:
Zanin Gianfranco, Moretta Vittore;
77 anni: De Candido Bruno, Costan Dorigon G.Maria;
75 anni: Filippin Bruno, Del Vecchio Beniamino, Procidano Mario, De Rocco Angelo, Brandalise Tarcisio;
74 anni:
Facchinato Giovanni;
73 anni:
Facchin Giuseppe, Bolzon Alberico, Battistel Angelo,
Serafini Angelo;
72 anni:
Candiani Umberto, Somacal Giuseppe, Offredi Antonio,
Bugana Ruggero, De Candido Luigi fu Fortunato, Merlin
Adriano, De Cia Giacomo, Dalla Corte Paolo; 71 anni:
Saviane Sergio, Dall’Agnol Raimondo, Del Din Silvano,
Tormen Aldo, Brandalise Romano;
70 anni:
Maoret Italo Giovanni, Codemo Vincenzo, Dall’O Luciano, Fauner Romano,De Bortoli Pierino, Sacchet Ivo.
INGREDIENTI per 6 persone:
1 Lepre
220 gr di prugne secche
2oo gr di cipolline
80 gr di pancetta
una tazza di brodo
olio, burro,
sale, pepe
PREPARAZIONE:
Far ammorbidire le prugne in una ciotola di acqua tiepida.
In una casseruola far soffriggere due cipolline affettate e
la pancetta tagliata a dadini con olio e burro.
Unirvi la lepre tagliata a pezzi, farla rosolare, salarla, peparla e cuocerla a fuoco lento per circa 2 ore, aggiungendo, se è necessario, ogni tanto un pò di brodo caldo.
Unire le cipolline e le prugne, mescolarle al fondo di cottura e portarle a cottura.
Se, alla bagna delle 24 ore, si aggiunge una manciata di
sale grosso, alcuni granelli di
pepe in grano con qualche spicchio d’aglio ed una buccia di
limone la carne risulterà molto
più saporita e tenera.
VINO:
Puoi completare l’opera se
accompagnerai il piatto con
dell’ottimo vino rosso corposo.
Tesseramento
2009 - 2010
Quando riceverete questo numero di Caccia 2000 il tesseramento, per la nuova stagione venatoria, sarà in pieno svolgimento. L’invito che rivolgiamo a tutti Voi è quello di impegnarVi a far conoscere l’A.C.B. ai vostri amici cacciatori.
Dovete ricordare e non dimenticare che:
- siamo l’unica Associazione venatoria bellunese,
- che non dobbiamo dare soldi a nessuno e tutto quello
che resta in cassa con il tesseramento, sono soldi vostri,
che servono per: stampare caccia 2000, il calendario annuale, per acquistare il regalo che viene distribuito a tutti
i soci ogni anno. Soldi che vengono ristornati alle riserve
che fanno opere di foraggiamento, ripristino ambientale e
che servono per sostenere le spese per organizzare serate
culturali a tema vario ecc.
- ogni anno avete a disposizione, gratuitamente, una giornata presso il poligono di tiro di Feltre per tarare la vostra
arma a canna rigata;
- è l’unica Associazione che ha la convenzione assicurativa con una primaria compagnia nazionale in Provincia di
Belluno con sede presso l’Agenzia di Feltre. Qui, segnalando l’infortunio o incidente, sarete seguiti attentamente
nell’espletamento della pratica/denuncia ed, in brevissimo
tempo, sarete rimborsati.
- ci battiamo per difendere, nel limite del possibile, tutti i
tipi di caccia fedeli ai principi tramandatici dai nostri vecchi
che tutti dobbiamo rispettarci e tutti dobbiamo cacciare
con i sistemi leciti che ci piacciono.
- difendiamo, aiutiamo e consigliamo i nostri Soci che, per
qualche malaugurato caso, si trovano a dover fare ricorsi
per difendersi da infrazioni varie commessi in buona fede.
RESOCONTO ASSICURATIVO 2008/2009
Riteniamo opportuno informare tutti gli Associati che
al 01.08.2009 sono stati denunciati all’assicurazione n°
14 sinistri: undici sono già stati liquidati, due sono in
sospeso in quanto i Soci infortunati non sono ancora
guariti e l’ultimo, riguarda la morte di un nostro carissimo Socio avvenuta pochi giorni fa. Dobbiamo essere
particolarmente soddisfatti per la celerità delle liquidazioni dei sinistri. La nostra Compagnia assicurativa è
estremamente seria ed avere il liquidatore a Feltre si
è dimostrata un’ulteriore garanzia nell’espletamento
delle pratiche. Questa è la verità e tutte le informazioni negative che vengono divulgate ad arte, in questo
periodo, hanno l’unico obiettivo di distorcere la verità
per cercare di ridurre il numero dei nostri Associati.
Come già pubblicato nel precedente numero di Caccia
2000 ci preme ricordare che, DOMENICA 30 AGOSTO
2009, si svolgerà, per i nostri Soci e gli amici della Libera
Caccia, la tradizionale giornata dedicata al controllo ed
alla taratura delle armi a canna rigata presso il poligono
di tiro di Feltre.
L’orario sarà il seguente: Mattino 8.30 – 12,00. Pomeriggio 14.00 – 17.00.
Anche in ottemperanza alle disposizioni della Provincia
(art. 10 del regolamento), ma soprattutto per l’importanza che riveste tale iniziativa – a caccia si deve andare
con le armi in perfetto ordine – si confida vivamente in
una vostra significativa presenza.
La prova è gratuita. Come consuetudine ci sarà Personale specializzato a Vostra completa disposizione per
consigliarVi ed aiutarVi nelle operazioni di taratura.
Alla fine della prova di tiro ad ogni partecipante verrà
consegnato un attestato che l’arma è stata tarata.
SERATE SUL
FORAGGIAMENTO
cervo nella neve Foto BY michela
Nell’ultimo numero di caccia 2000 avevamo riportato una notizia riguardante la probabile organizzazione di
due serate dal titolo “foraggiamento si – foraggiamento
no” da svolgersi nella parte alta della Provincia dove le abbondanti nevicate avevano creato problemi di sopravvivenza agli animali molto gravi. Pensavamo di poterlo fare
prima dell’estate. L’indisponibilità dei relatori, molto quotati, ed impegnati all’estero per un lungo periodo ha fatto
sì che, salvo ulteriori ed imprevedibili contrattempi, le serate possano essere tenute entro la prima decade del mese di settembre. Suddette iniziative, se si potranno organizzare, saranno doverosamente pubblicizzate.
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TARATURA ARMI
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Caccia 2000
Agosto 2009
L’angolo dell’avvocato
Competenze e poteri degli agenti accertatori
in materia venatoria ed ecologica
a cura dell’avv. Barbara Bastianon
Inizia con questo numero una libera collaborazione (libera nel senso della disponibilità di tempo) con la nostra rivista
dell’avv. Signora Barbara Bastianon con Sede a Santa Giustina – e filiali a Crespano del Grappa (Tv) ed Auronzo di Cadore. All’Avvocato che, ovviamente, si assume la responsabilità dei propri scritti, non abbiamo imposto tematiche specifiche ma Le abbiamo lasciato libertà assoluta nella scelta dell’argomento da trattare purchè abbia attinenza con la caccia.
L’Avv. è anche disponibile a rispondere ai quesiti che perverranno alla redazione di caccia 2000 da parte vostra. I quesiti
devono, ovviamente, trattare argomenti di carattere venatorio e d’interesse generale.
Poteri degli agenti accertatori
I Competenze e poteri degli agenti accertatori in materia venatoria
ed ecologica
Poteri degli agenti accertatori
In via generale occorre tener presenti le seguenti distinzioni:
- Accertatori con funzioni di polizia giudiziaria
- Accertatori senza funzioni di polizia giudiziaria
Gli accertatori con funzioni polizia giudiziaria si distinguono a loro
volta in:
- Accertatori con competenza generale illimitata
- Accertatori con competenza generale, limitata territorialmente
- Accertatori con competenza parziale
Competenza generale significa che l’accertatore può compiere atti
di indagine in relazione a qualsiasi reato; competenza parziale che
egli può compiere atti solo in relazione a specifici reati. Ad esempio
i Vigili del Fuoco di ruolo “svolgono funzioni di polizia giudiziaria
nell’ambito delle attività istituzionali”; Essi sono quindi agenti di PG
se indagano su chi ha appiccato un incendio o lo arrestano sul fatto, ma sono privi di competenze di PG se in una abitazione trovano
un pacco di droga.
Hanno competenza generale illimitata quelli indicati nell’art. 57
CPP, commi 1 e 2, e cioè: Carabinieri, Polizia di Stato e Penitenziaria,
Guardia di Finanza, Guardie Forestali.
Hanno competenza generale limitata territorialmente, le guardie
dei comuni, delle province e delle regioni.
Hanno competenza parziale coloro a cui, una o più leggi speciali,
attribuiscono competenza per determinati reati; ad es. gli ufficiali
sanitari, i vigili del fuoco, gli ispettori del lavoro, ecc.; di solito la
competenza è limitata anche territorialmente.
Infine, mentre Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato si
considerano in servizio permanente, e quindi possono legittimamente compiere atti anche se fuori servizio, gli altri soggetti con
qualifica di agente od uff. di PG, sono tali solamente se in servizio.
Un tempo le distinzioni sopra indicate avevano meno importanza
per il fatto che non esistevano le sanzioni amministrative, ma solo
delitti e contravvenzioni e chi era incaricato di accertare anche
semplici contravvenzioni di fronte ad uno di tali reati rivestiva la
qualifica di agente di polizia giudiziaria. Con la legge sulla depenalizzazione del 24 novembre 1981 n. 689, le violazioni punite con la
sola multa od ammenda sono state trasformate in sanzioni amministrative e perciò chi era incaricato del loro accertamento non
aveva più ragione di rivestire la qualifica di agente di PG.
Gli agenti alle dipendenze di enti locali
Essi sono agenti di PS e agenti di PG con competenza generale
limitata al loro territorio.
Guardie giurate
Per quanto concerne le guardie giurate particolari alle dipendenze di privati (o di enti pubblici con rapporto privatistico) si tenga
presente che essi rimangono dei privati cittadini e che non hanno
alcun potere oltre quello che competerebbe ad ogni cittadino nella
stessa situazione. La guardia giurata particolare non può richiedere le generalità ad una persona (l’ art. 651 CP riserva tale facoltà
solo ai P.U.)
Diversa la posizione delle guardie giurate volontarie, le quali non
sono investite di poteri di polizia giudiziaria, ma solo di un potere
derivante dal fatto di essere persona incaricata di compiti amministrativi di polizia (ma non giudiziari!). Quindi:
- la guardia non può eseguire arresti se l’arresto è solo facoltativo;
- la guardia non può procedere a nessun atto di indagine a norma
degli artt. 347 ss. CPP;
- la guardia può arrestare solo se l’arresto è obbligatorio e, in tal
caso, può trattenere il corpo di reato fino alla consegna alla polizia
giudiziaria;
- la guardia può richiedere le generalità in forza dell’art. 651 c.p.;
- la guardia non può far uso delle armi o della coazione fisica a norma dell’art. 53 c.p., ma può usarle armi o violenza solo per legittima
difesa;
- le guardie redigono verbali che non sono atti pubblici, ma che,
come ben ha sempre detto la legge, dal 1907 ad oggi, fanno fede
fino a prova contraria;
- le guardie, in quante persone incaricate di un pubblico servizio
hanno l’obbligo di fare denunzia delle notizie di reato di cui abbiano avuto notizia nell’esercizio o a causa delle loro funzioni (art. 362
c.p.).
Si pone il problema se le guardie volontarie, nel momento in cui
intervengono per svolgere il loro compito, siano pubblici ufficiali
oppure solamente incaricati di un pubblico servizio.
Essi vengono considerati P.U., ed in tal senso la Cass. con sentenza 9387/1994 ha scritto: Va riconosciuta la qualità di pubblico ufficiale, a norma dell’art. 357 cod. pen., alle guardie ecologiche del
servizio volontario di vigilanza della comunità montana Valtellina.
Esse, infatti, esplicano un servizio disciplinato da norme di diritto
pubblico, nel cui ambito sono conferiti poteri di accertamento delle violazioni di disposizioni in materia ecologica e di redazione dei
relativi verbali, con efficacia di fede privilegiata ai sensi dell’art. 255
del regolamento per l’esecuzione del TULPS. L’art. 255 è quello che
arnesi o selvaggina. Essi non procedono a contestazione di infrazioni, ma solo a redigere verbali di constatazione in cui devono
esporre tutte le circostanze del fatto, ivi comprese le norme che
si ritengono violate, e le eventuali osservazioni della persona ritenuta responsabile della infrazione. Attenzione: in presenza dell’accertamento della flagranza di reati per cui è obbligatorio l’arresto
essi possono, ma non devono, procedere all’arresto a norma art.
383 CPP.
I reati per cui è previsto l’arresto obbligatorio in loro flagranza
sono, per quanto riguarda le situazioni che possono presentarsi:
- porto di armi da guerra
- porto di armi clandestine (cioè armi comuni prodotte dopo il 1920
e prive di matricola, armi comuni prodotte dopo il 1979 e prive di
numero di catalogo, armi autocostruite);
- porto illegale di almeno due armi comuni da sparo (in caso di due
bracconieri che operino congiuntamente vi è concorso nel reato e
quindi ognuno concorre nel porto di due fucili!).
Guardie zoofile
Le associazioni zoofile sono normali associazioni private, prive di
personalità giuridica di diritto pubblico. La più nota è l’ENPA (ente
nazionale protezione animali). L’art. 27 della legge sulla caccia
157/1992 equipara, al fini della vigilanza venatoria, le guardie zoofile
alle guardie ecologiche.
La legge 178/2004 sul maltrattamento degli animali ha infine stabilito (at. 6):
1 . Al fine di prevenire e contrastare i reati previsti dalla presente
legge, con decreto del Ministro dell’interno, sentiti il Ministro delle politiche agricole e forestali e il Ministro della salute, adottato
entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
sono stabilite le modalità di coordinamento dell’attività della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di
finanza, del Corpo forestale dello Stato e dei. Corpi di polizia municipale e provinciale.
2 . La vigilanza sul rispetto della presente legge e delle altre norme
relative alla protezione degli animali è affidata anche, con riguardo
agli animali di affezione, nei limiti dei compiti attribuiti dai rispettivi
decreti prefettizi di nomina, ai sensi degli articoli 55 e 57 del codice
di procedura penale, alle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute.
L’articolo dice quindi chiaramente che l’accertamento dei reati
è riservato alle forze di polizia aventi competenza generale. Alle
guardie ecologiche e zoofile sono attribuiti solo compiti di vigilanza. Il richiamo agli art. 55 e 57 del codice di procedura penale è un
evidente errore del legislatore (il quale spesso inserisce nelle leggi
le cosiddette “clausole di stile” che sono nelle orecchie di tutti, ma
non hanno alcun significato concreto) perché il Prefetto non ha
alcun potere di attribuire qualifiche di polizia giudiziaria e quindi
di indicare nel decreto di nomina di una guardia giurata che essa è
agente di PG. In conclusione le guardie zoofile sono:
normali guardie giurate private senza particolari poteri, con la qualifica di incaricati di pubblico servizio, in relazione ai compiti di protezione animali;
normali guardie giurate private, equiparate alle guardie volontarie
delle associazioni protezionistiche, solamente per quanto concerne la vigilanza venatoria, nei modi previsti dalla legge sulla caccia.
Quanto sopra esposto è stato confermato di recente dalla sent.
298 del 26 gennaio 2007 (emessa il 28-11-2006) del Consiglio di
Stato. La circostanza che in alcuni tesserini sia stato scritto che le
guardie zoofile sono agenti di PG, è un errore ed è priva di rilevanza
giuridica.
Le sentenze 6529/2007 e 6530/2007 del Consiglio di Stato, emesse
in relazione alla legge del 2004, ha escluso che le guardie dell’ENPA
(o di altre associazioni) abbiano diritto ad ottenere licenza di porto
d’armi.
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regola i verbali delle guardie giurate.
Le Guardie volontarie in genere
Ad esse si applica poi, salvo diversa disposizione, l’art. 13 della legge 689/1981 per cui possono: assumere informazioni, procedere
ad ispezioni di cose e luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi
segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica; procedere al sequestro cautelativo delle cose che possono
formare oggetto di confisca amministrativa; procedere alla contestazione dell’infrazione.
Le guardie volontarie venatorie
Quanto appena detto vale anche per le guardie venatorie, per
cui, però, è stata dettata una normativa particolare che, definire
confusionaria, è dir poco. L’art. 57 del Codice di procedura penale
attribuisce la qualifica di agente di PG solo a persone inquadrate
in corpi alle dipendenze di enti pubblici con l’unica eccezione di
coloro «ai quali leggi e regolamenti attribuiscono le funzioni di cui
all’art. 55» e cioè di accertare reati.
Ora la legge 11 febbraio 1992 n. 157 (nuova legge sulla caccia, posteriore al nuovo c.p.p.), all’art. 27, dice che la vigilanza venatoria
è affidata:
a) agli agenti alle dipendenze degli enti locali delegati. «Ad essi è
riconosciuta la qualifica di agenti di polizia giudiziaria e di pubblica
sicurezza ai sensi della legislazione vigente»;
b) alle guardie giurate comunali, forestali e campestri, le quali per
la legge del 1907 sono anche agenti di PS;
c) alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, ecologiche,
zoofile riconosciute da leggi regionali. ecc.
d) alle guardie giurate private; la legge avrebbe fatto meglio a
precisare che esse possono intervenire solo all’interno dei terreni
affidati alla loro sorveglianza e non certo girare per le campagne a
scovar bracconieri!
È quindi la legge stessa sulla caccia la quale esclude che alle guardie
volontarie possa essere riconosciuta la qualifica di agente di polizia
giudiziaria (e tanto meno di agente di PS).
L’art. 28 successivo precisa l’importanza della distinzione stabilendo che solo gli addetti alla vigilanza che siano anche agenti di PG,
possono procedere a sequestro amministrativo o penale. È evidente, quindi, che non ha senso la tesi secondo cui chi è comunque incaricato di vigilare affinché non vengano commessi reati, divenga
automaticamente agente di PG quando interviene: la legge incarica
una serie lunghissima di guardie di ogni genere di svolgere «attività
di vigilanza» affinché non vengano commesse violazioni alle leggi
venatorie, ma poi stabilisce che atti di polizia giudiziaria (cioè atti
di indagine ed intervento con rilevanza processuale penale quali
sequestri, perquisizioni, assunzione di informazioni, ispezioni, ecc.)
possono essere compiuti solo da chi ha specifiche attribuzioni di
polizia giudiziaria. Perciò non si può far derivare la qualifica di PG
dalle attribuzioni perché la norma della legge sulla caccia è norma
speciale che deroga espressamente al CPP! L’unico dubbio che potrebbe sorgere è il seguente: è possibile che una legge regionale
attribuisca la qualifica di agente di PG a soggetti diversi da quelli
indicati nella legge? La risposta deve essere negativa perché la Regione non ha poteri in materia di leggi penali e solo lo Stato può
attribuire la qualifica di agente di PG. Inoltre la legge sulla caccia risulta aver espressamente delimitato l’ambito dell’art. 55 c.p.p. Chi
non è agente di polizia giudiziaria (lettere b, c, d) può controllare
solo persone che siano congiuntamente:
a) in esercizio o atteggiamento di caccia e in possesso di armi o
arnesi atti alla caccia.
A queste persone può essere richiesto di fornire le proprie generalità, di mostrare eventuali armi o arnesi o selvaggina in loro possesso e, in caso le possiedano, di esibire i documenti che giustifichino
il porto di armi e l’esercizio della caccia. Le guardie volontarie non
possono procedere ad alcuna perquisizione né a sequestro di armi,
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Caccia 2000
Agosto 2009
L’ANGOLO DEL VETERINARIO
a cura della Dr. Patrizia Bragagna
Rogna:
una vecchia malattia sempre attuale
La rogna o meglio “Le rogne”
sono malattie parassitarie
sostenute da acari che colpiscono la maggior parte degli
esseri viventi, compresi i rettili e gli uccelli, anche se, per
l’aspetto clinico, di “rogna
vera e propria” si può parlare
Sarcoptes scabiei
solo quando sono coinvolti gli
acari del genere Sarcoptes, che colpiscono essenzialmente i mammiferi, compreso l’uomo.
Questo genere, infatti, visibile solamente al microscopio ottico, a differenza di altri che vivono esclusivamente sulla superficie cutanea dell’ospite nutrendosi di annessi epidermici (penne o pelo) senza
creare evidenti lesioni alla pelle, penetra nello spessore dell’epidermide infilandosi nei canalicoli delle
ghiandole sebacee. Inoltre, le femmine, dopo la fecondazione, scavano gallerie nello strato granuloso
dell’epidermide stessa depositando 2/4 uova al giorno per un totale di 200 uova nella loro vita.
Da queste nascono le larve che evolveranno in ninfe e di seguito in acari adulti. Il ciclo riproduttivo
completo si realizza in 2-3 settimane per poi ricominciare.
Il passaggio degli acari da un animale all’altro della
stessa specie avviene per contatto diretto, che si realizza attraverso le cure parentali, gli accoppiamenti
e le relazioni sociali o più raramente per via indiretta,
attraverso la frequentazione di luoghi comuni contaminati, quali saline e giacigli dove l’acaro può sopravvivere pochi giorni, in funzione delle condizioni
ambientali che trova.
Questa seconda modalità spiega inoltre, la trasmissione tra alcune specie diverse, com’è avvenuto inizialmente per la rogna del camoscio che ha colpito
pesantemente anche lo stambecco e la capra selvatica.
Va comunque precisato che gli acari della rogna sono
essenzialmente specie-specifici, in quanto l’acaro
che colpisce il camoscio, Sarcoptes scabiei var. rupicaprae non può colpire il cinghiale e la volpe, che
vengono parassitati rispettivamente da Sarcoptes
scabiei var. suis e Sarcoptes scabiei var. canis.
Questo dato, supportato da lavori di ricerca scientifica, esclude in maniera pressochè certa, la possibilità
che la volpe possa fungere da serbatoio o trasmettere la malattia agli ungulati.
I sintomi nel camoscio (lo stambecco presenta un
decorso diverso) si manifestano entro poco tempo
dal contagio, da qualche giorno a tre settimane; al
prurito sempre più intenso, gli animali rispondono
con evidente nervosismo e grattamento incoercibile, strofinandosi su qualsiasi superficie ruvida a disposizione.
Successivamente, compaiono l’alopecia (perdita di
peli, non sempre visibile) e lesioni crostose screpolate e maleodoranti (odore di grasso rancido) a partire
dal muso e dal collo in estensione a tutto il corpo.
In questa seconda fase, si manifestano lesioni dermatologiche secondarie a infezioni microbiche,
un calo delle difese immunitarie e
un conseguente
cambio del comportamento, che
porta l’animale
ad isolarsi, ad abbassarsi di quota e a perdere
l’appetito, fino a
giungere a morte
entro 2-4 mesi dal primo contagio.
Non tutti però muoiono, alcuni individui (circa il 10%),
dotati di resistenza genetica all’infezione, riescono a
superare la malattia andando incontro a guarigione
spontanea, anche se la risposta immunitaria, seppur
presente, non genera nell’animale sufficiente protezione.
Nel caso in cui una popolazione vergine e numericamente consistente di camosci venga parassitata da
questo acaro, (decorso acuto) la mortalità potrà
raggiungere valori molto alti (75 – 90%), come avvenne in alcune zone del tarvisiano negli anni ’90,
e si arresterà solamente quando la densità della po-
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polazione si aggirerà intorno a 1,5 capi/100 ha (soglia
dell’estinzione dell’ospite), esaurendosi in genere in
5-7 anni, spontaneamente. La malattia, una volta divenuta endemica, acquisisce carattere ciclico e tende a ripresentarsi ogni 7 -12 anni con virulenza via via
sempre più attenuata e tassi di mortalità sempre più
ridotti, che si attestano intorno al 10 - 15%.
Nel cinghiale la rogna sarcoptica ha un decorso significativamente diverso sia per quanto riguarda
l’aspetto sintomatologico che epidemiologico.
Per il primo punto va evidenziato che l’acaro si localizza in prevalenza all’interno del canale uditivo e
sui padiglioni auricolari originando un processo infiammatorio che si manifesta con eritema, eczema,
forfora e nella fase più acuta croste.
Queste ultime si possono evidenziare inoltre, anche
nella zona del garrese, sui tarsi e sulla coda.
In relazione al secondo punto si è accertato che gli
animali colpiti con maggiore intensità sono i giovani cinghiali, che manifestano un esasperato stress
da prurito con conseguente perdita dell’appetito e
morte per inanizione (carenza continuata di cibo).
Contrariamente all’andamento delle epidemie di rogna che colpiscono i camosci, gli stambecchi e anche le volpi, causando fino al 90% di mortalità nella
popolazione, di norma la parassitosi che colpisce i
cinghiali presenta caratteristiche di scarsa infestività
(mortalità dal 2 all’8%) e non influenza le dinamiche
demografiche della popolazione.
Le varietà di Sarcoptes scabiei che colpiscono gli animali possono colpire anche la cute
dell’uomo, dove
però non sopravvivono più di 5
giorni, causando
papule
(piccoli
rilievi della pelle
dalle dimensioni
di una lenticchia)
ed uno spiacevole prurito che
comunque si ri-
solve spontaneamente nel giro di
una quindicina di
giorni.
Per tale motivo
si consigliano i
cacciatori e gli
escursionisti che
dovessero imbattersi in animali
morti o malati di
non toccarli ma di
segnalare tempestivamente il loro
sospetto agli Organi di vigilanza. Per chi ne venga inavvertitamente in contatto, invece, una volta appurato con certezza che si tratti di
rogna, si consiglia appena giunti a casa di lavare gli
indumenti, visto che un normale bucato è sufficiente
per ucciderli e benché non vi siano evidenze di trasmissione tra persone è bene rivolgersi al proprio
medico.
Patrizia Bragagna
medico veterinario
servizio fotografico di MOMA MARZIO
CONTRIBUTI PER
RIPRISTINO
AMBIENTALE 2009
Si ricorda che il prossimo 31 Agosto scade il termine
per la presentazione della domanda per poter ottenere
un contributo in merito ai lavori di ripristino ambientale
fatti dalle Riserve dove sono presenti ns. Soci.
Alla domanda si dovrà allegare l’elenco delle giornate
lavorative ed una piantina delle località in cui sono stati
fatti i lavori di ripristino e pulizia.
Il contributo erogato sarà proporzionato al numero dei
Soci A.C.B. iscritti alla Riserva.
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Caccia 2000
Agosto 2009
Dalla Provincia:
Situazione della Rogna
L’epidemia di rogna sarcoptica interessa le popolazioni
di camoscio del versante alpino settentrionale (Alpi Bavaresi e Austriache) già dagli inizi del XIX secolo (Boch e
Schneidawind, 1988): dalle descrizioni dell’epoca si ritiene
che il primo focolaio sia comparso in Stiria, mentre è certa la presenza della malattia in Carinzia (Val di Malta) nel
1870 e, successivamente nel Salisburghese nord orientale.
Nel 1917 l’intera regione di Salisburgo è colpita dalla rogna
sarcoptica, secondo un rapporto dell’Imperialregio Ministero dell’Agricoltura. Nella prima metà del XX secolo,
almeno due sono i focolai accertati in Austria: al confine
con la Baviera e nella porzione occidentale delle Alpi dello
Ziller. (Carmignola & a., 2006)
Nel 1949, verosimilmente con una espansione “a macchia
d’olio” iniziata dalla Carinzia, giunge a interessare le popolazioni presenti sul versante carnico della Val Canali (UD).
Nelle Alpi Carniche e nel Tarvisiano la malattia diventa
endemica; da qui, nonché dai focolai dello Zillertal e degli
Alti Tauri, l’espansione “a salti”, attribuibile ai movimenti
migratori di soggetti sia giovani che adulti, ha successivamente innescato due nuovi focolai:
• nel 1976 in val Pusteria, nei gruppi montuosi a nord del
fiume Rienza: il focolaio si mantiene attivo fino al 1996;
• nel 1978 nelle Alpi Giulie settentrionali.
Nel 1995, si sono verificati i primi casi in provincia di Belluno: un focolaio in Val Marzon (Auronzo di Cadore), poco
lontano dal confine con la provincia di Bolzano e, nel 1998,
un altro in Val Visdende (Comelico), lungo il confine con
l’Austria.
Nel 1987, invece, erano esplosi, quasi contemporaneamente, diversi focolai della malattia nella penisola Iberica
(Ruiz Martinez et al., 1996): oltre al camoscio – in questo
caso il Rupicapra pyrenaica parva gravitante sulla Cordigliera Cantabrica – sono state decimate anche le popolazioni andaluse di Capra pyrenaica, nonché un nucleo da poco
introdotto di Ammotragus lervia ( ).
Sono stati interessati anche altri ruminanti selvatici, in
particolare, il cervo.
Nelle Alpi Orientali la malattia, dalla sua comparsa nel 1995
in val Cengia (Auronzo di C.), si è espansa soprattutto “a
macchia d’olio” fino al 1999. Nel 2000 si è verificato un
salto spaziale in direzione Est-Ovest con la comparsa di un
nuovo focolaio lungo il confine fra l’Agordino (Livinallongo) e l’alta Val Badia, mentre nel 2001 si verificano i primi
ritrovamenti in provincia di Trento.
Più lento è stato, invece, l’avanzamento in direzione Sud,
lungo l’asta del fiume Piave.
La mortalità, ascrivibile alla malattia, non è risultata omogenea nelle diverse metapopolazioni, con un range di
valori su scala locale molto ampio (da un minimo del 10%
ca. fino a un massimo del 90% ca. della popolazione iniziale).
Al momento attuale le Valli dell’Inn, dell’Adige e dell’Isarco
rappresentano il limite occidentale dell’espansione della
malattia, che nel suo cammino ha travolto anche lo stambecco.
Sono state interessate sia le popolazioni presenti in Pusteria (nel periodo 1976-1996), sia le tre popolazioni di stambecco gravitanti tra le provincie di Belluno, Trento e Bolzano (con l’attuale epidemia).
Stambecco rognoso - Lastroni delle Marmarole, 2008
Gli effetti più drammatici sono stati registrati nella colonia della Marmolada dove, quasi l’80% della popolazione,
è morto a causa della rogna. Il valore ecologico dello
stambecco, tuttavia, ha indotto considerazioni gestionali
diverse e nei confronti di questa colonia è stato messo in
atto, tra il 2006 e il 2008, un progetto di restocking attraverso il rilascio di alcuni soggetti provenienti dallo Joffuart – Montasio delle Alpi Carniche (UD), la cui popolazione è già stata interessata dalla malattia nel passato.
Per quanto riguarda il muflone, tra il 2006 e il 2007 in provincia di Belluno, sono stati registrati otto casi di capi rognosi (equamente distribuiti fra maschi e femmine), mentre due casi sono stati accertati in provincia di Trento.
Mentre l’epidemia sta raggiungendo, per la prima volta, le
popolazioni più meridionali della nostra provincia a partire
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dall’autunno-inverno 2007/08 è iniziata, in val Marzon
(Auronzo di Cadore) e successivamente nelle Marmarole,
l’attesa (in quanto prevista, non certo desiderata …) seconda ondata di rogna. Dai dati in bibliografia, la mortalità
dovrebbe rimanere limitata a un 10-30% della popolazione:
l’Amministrazione Provinciale di Belluno monitora con cadenza mensile le popolazioni in oggetto.
A partire dal 2000, comunque, in concordanza con
l’aspettativa di espansione della rogna, l’Amministrazione
Provinciale ha spinto verso un sistema di censimenti estivi della specie camoscio – svolti in collaborazione e con
la partecipazione fondamentale dell’ambiente venatorio
- che fosse basato sui massicci montuosi come unità fondamentale delle metapopolazioni: all’interno di ogni massiccio diviene possibile individuare una o più sottopopolazioni, che sono separate da quelle gravitanti su massicci
limitrofi da patches di ambienti non favorevoli.
1
2
Gruppi montuosi censiti per anno
3
Il massiccio come unità di popolazione stabilisce, perciò,
una scala di lavoro tale che dispersione, connettività e
frammentazione risultano processi i cui effetti, dal punto
di vista gestionale, possono essere trascurati nel brevemedio periodo.
Le informazioni periodicamente acquisite sulle metapopolazioni, associate al costante monitoraggio dell’epidemia
– in particolare con il recupero degli animali morti – permette una puntuale gestione venatoria secondo il protocollo studiato con l’Università di Torino e riportato nel seguente diagramma, dove si esplicano gli obiettivi gestionali (riquadro blu) e il relativo intervento (riquadro rosso)
a seconda della situazione dell’epidemia.
Zona
indenne,
confinante
con zone
Fruire
interessate
della risorsa
da casi di
camoscio
malattia o
zona con
primi casi
certi
Casi
ripetuti di
rogna su
Risparmiare
gran parte
soggetti
della zona
resistenti
con calo
demografico
evidente
Casi di
rogna su
gran parte
Raggiungere
della zona
“densità
con calo
ottimali”
demografico
modesto o
nullo
Rinforzo
del prelievo
(fino al 20%
dell’
effettivo)
Abbattimento
dei soli capi
rognosi
Principi di
gestione
generali
PER LA REALIZZAZIONE DI QUESTO
NUMERO HANNO COLLABORATO:
Bellus Luca, Bastianon Barbara, Berton Franca, Berton
Piergiuseppe, Boranga Patrizia, Buffello Luigino, Cadorin
Giovanni, Canal Nicola, Corso Valter, Curto Carlo, Dal Pan
Elvio, Dal Pan Vanni, Di Lavaredo Franco, Moma Marzio,
Pagnussat Gianpaolo, Pante Luciano, Pasa Loris, Pelli Sandro, Perco Daniela, Permunian Roberto, Pioggia Pasquale, Saviane Daniele, Sbardella Enzo, Valgonio Giulio, Zancolò Amilcare.
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Caccia 2000
Agosto 2009
Notizie
dai Circoli
RINNOVO
CARICHE SOCIALI
riserva di LAMON
A seguito delle dimissioni del Presidente della riserva alpina
di caccia, Sig. Grisotto Devis, l’Assemblea ha provveduto
alla nomina del nuovo Presidente e del Consiglio direttivo.
Il Consiglio direttivo nella riunione del 30/04/2009 ha assegnato ai Consiglieri eletti i vari incarichi: CASAGRANDE Omar
- Vicepresidente con delega alle licenze; MALACARNE Omar
& POLETTI Graziano – gestione ungulati e organizzazione
mostre trofei; BOLZON Alberico – gestione lepre, acquisto e
lancio, lotta ai nocivi; RESENTERRA Luigi – gestione fagiani,
acquisto e lancio; TOLLARDO Paolo – programmazione attuazione e controllo sfalci; CASAGRANDE Omar & CONTE
Simone – gestione fagiano di monte; CONTE Simone – manutenzione casera Leib; CASAGRADE Omar, CONTE Simone,
POLETTI Graziano – manutenzione sentieri; MALACARNE
Omar – prenotazione e allestimento locali per assemblee e
riunioni; FAORO MOSÈ - PRESIDENTE; Il comitato direttivo
nomina segretario cassiere il
socio TOLLARDO Andrea.
(P. L.)
riserva di PUOS D’ALPAGO
I cacciatori della Riserva si
sono trovati per procedere al
rinnovo delle cariche sociali.
Questi i risultati delle votazioni. Saviane Daniele: riconfermato Presidente. Consiglieri:
Bortoluzzi Bruno – Dal Farra
Gianluigi – Paladini Luciano –
Zoppè Nello Paolo. (S. D.)
RISERVA DI SEDICO
Nella riunione dei Soci
della Riserva di Sedico del
04.07.2009 con all’O.d.G. le
votazioni per il rinnovo delle
cariche sociali sono risultati
eletti: Presidente riconferi cacciatori di Puos d’alpago
mato: BORTOT Gianpietro;
Vicepresidente: MUSSOI Ezio;
Consiglieri: BUFFELLO Stefano, CARLIN Franco, BORTOT
Dario, ROSSA Mauro, VIADENATI Paolo, DE TOFFOL Orazio,
VEDANA Denis
A tutti giungano le congratulazioni e gli auguri di buon lavoro dalla redazione di Caccia 2000 (B. L.)
DA CESIOMAGGIORE
Vorrei fare un pubblico applauso a quei cacciatori che, da
tanti anni, vanno in montagna con roncole e seghetti per tenere puliti i sentieri che poi vengono percorsi da tutti “cacciatori e non”. La nostra Riserva, nel periodo che va dal 15 al 30
giugno, con l’attrezzatura idonea, (decespugliatori, falciatrici
ecc.) procede anche al taglio dell’erba. È questo il periodo
migliore per fare questa operazione; non concordo, infatti,
pur applaudendo i volontari, sempre pochi che lo fanno, con
le Riserve che organizzano queste operazioni di sfalcio nei
mesi di Luglio ed Agosto. Questi mesi sono quelli più caldi
e quindi i più asciutti. Il prato, con queste condizioni climatiche, cresce molto poco e causa così una scarsità d’erba nel
periodo invernale quando servirebbe di più per alimentare le
bestie che scendono di quota alla ricerca di cibo. Secondo il
mio modesto parere ed osservando che da tanti anni non si
procede più alla concimazione si dovrebbe procedere al taglio in primavera con successiva raccolta dell’erba secca “lespa”. Con questo sistema si avrebbe tutto l’anno un bel prato
d’erba fresca e si eliminerebbero anche i rischi d’incendio. La
lespa brucia, l’erba fresca no. Mi permetto quindi di suggerire ai Responsabili delle Riserve che organizzano queste encomiabili iniziative ed anche ai Dirigenti del Parco delle Dolomiti di programmarle nei suddetti periodi perché rinnovare
le fonti alimentarti significa tutelare la salute dei tanto amati
animali vuoi per una ragione a noi tanta cara, ma anche per
quelli che la vedono e pensano in modo diverso del nostro.
Valter Corso
DA SAN GREGORIO
Una tradizione che si ripete a S. Gregorio
Come da tradizione, quasi decennale, anche quest’anno,
con la collaborazione delle Maestre delle Scuole Elementari
ed i Soci A.C.B. della Riserva di S. Gregorio sono state organizzate le passeggiate a carattere ambientae per le classi 4ª
e 5ª. Il tema fondamentale, per entrambe le classi, è stato
l’approfondimento della conoscenza dei vegetali e delle
loro proprietà: questo non ha impedito di osservare dettagli e situazioni del mondo animale: tracce, nidi, fatte. Sono
stati seguiti itinerari distinti, più semplice ed a quota inferiore
per la 4ª, più impegnativo per la 5ª che è salita fino al Rifugio
Ere. La scampagnata più impegnativa ha dato l’opportunità
agli alunni della 5ª di poter osservare esemplari della fauna
di montagna: alcuni mufloni, tra cui diversi piccoli dell’anno,
camosci, un bel esemplare di corvo imperiale ed un altro di
aquila. I Soci A.C.B. si sono impegnati per non far mancare
i generi di conforto, come la colazione a metà percorso per
entrambe le classi ed il pasto caldo alla Casera Ere per la 5ª.
Puntuali e doverose anche le raccomandazioni finali sui pericoli delle zecche. Le uscite sono state precedute da conferenze in classe, come anticipazione di quello che si sarebbe
osservato sul campo. (n.c.)
i bambini della scuola elementare di s. gregorio
Ha resistito alle eccezionali
nevicate dello scorso inverno il “casonel o tabià di
Val d’Onge” fatto ricostruire dalla sezione caccia di
Auronzo, presieduta da
Lorenzo De Filippo. Punto
di riparo in passato per
i pastori al seguito delle
mandrie di bestiame che
foto: MOMA MARZIO
salivano lungo la vallata
fino ai pascoli di Maraia,
oggi oltre che servire ai cacciatori la nuova costruzione è
disponibile anche per i numerosi turisti ed escursionisti che
percorrono la selvaggia e suggestiva vallata dal Rifugio Città
di Carpi fino alla “Crosera” in Val Marzon. Un modo questo
per valorizzare il territorio con un’iniziativa di recupero dei
segni del passato e allo stesso tempo promozionale che va a
beneficio di tutto il paese. (F. d. L.)
tri dal mio naso mi frullò la regina del bosco. Rimasi fermo
ed immobile come una statua per qualche istante poi curioso
ed affascinato mossi qualche passo e, per un attimo, il mio
cuore si fermò. Il nido semplice e grande , non molto regolare
era là ad un metro da me collocato vicino ad un albero tra
un cespuglio e dell’erba secca. Le uova erano quattro bruno
chiare con macchie cenere e marron. Mi allontanai e, una
volta a casa, chiamai un mio amico attrezzato per riprendere
e fotografare l’evento. Tornammo dopo due giorni con tutti
gli accorgimenti ed i materiali necessari. Il tempo di appostarci e scattare qualche foto e via per non creare problemi.
Soddisfatto ed ancora incredulo dopo queste foto, per non
disturbare, non mi recai più a controllare. Ero riuscito, con
impegno e dedizione, a realizzare il mio sogno.
Valgonio Giulio
A.C.B. Riserva di Mel
DA MEL
LA BECCACCIA - EMOZIONI UNICHE
La mia passione per
la caccia
inizia
da
quando
avevo
8
anni.
A quei temfoto: valgonio
pi uscivo
da scuola e
correvo subito dagli anziani per andare a caccia con loro. I
VECI di allora ci “usavano” per stanare gli uccelli dalle siepi. E,
a fine giornata, si contavano parecchi tordi, merli, fringuelli,
averle ecc. Appena raggiunta l’età consentita superai gli esami di ammissione e diventai anch’io un cacciatore, padrone
anche di un cucciolo razza setter. Quante emozioni ad ogni
sparo, ad ogni frullo e quante discussioni con i più anziani.
Quante “padelle”! Più passava il tempo più sentivo in me
un’attrazione per la beccaccia. Cominciavo a studiarla, ad osservare questo stupendo uccello. Lo seguivo costantemente
per anni ad ogni ripasso primaverile. Cocciutamente mi ero
convinto di poter trovare un nido. Dedicavo tutto il mio tempo libero, guidato dall’istinto, appostato in vari posti lungo il
fiume Piave. Fu una ricerca incessante durata parecchi anni
e corredata da un’infinità di appunti giornalieri riportati su
un libretto che conservavo gelosamente. Nonostante tutto
l’impegno profuso il mio desiderio non si avverava; osservavo beccacce in coppia ma tutto svaniva quando capivo che i
voli erano di normale routine. Ci furono anche degli anni di
pausa dovuti a motivi di lavoro, ma che non mi fecero mai
demordere e, proprio quest’anno, grazie ad una carica maggiore ho ripreso le osservazioni con più esperienza ed anche
con più assiduità e, finalmente, dopo anni di attesa la grande
soddisfazione: osservare una vera e reale parata nuziale
(croule). Sapevo che la beccaccia per la nidificazione necessita di boschi misti con stato erbaceo, ricco di humus, di una
buona protezione dai predatori e di una buona disponibilità
alimentare. Non posso descrivere la mia meraviglia quando,
dopo qualche giorno, inoltrandomi per l’ennesima volta
dove immaginavo di trovare, di vedere una traccia a due me-
foto: valgonio
DA LOZZO DI CADORE
Il giorno 22/04/2009 all’età di anni 74 è venuto a mancare
improvvisamente all’affetto dei suoi cari e della comunità
di Lozzo di Cadore il socio della riserva alpina di caccia Da
Pra Graziello. Cacciatore da molti lustri, da sempre strenuo
difensore del nostro ricco patrimonio faunistico, amava il
suo territorio e la montagna nella sua interezza.
Frutto di esperienza, sapeva affrontare anche delicate
questioni venatorie con
serietà ma sempre in
modo scherzoso e scanzonato. Costantemente
impegnato nelle diverse
attività della riserva,
metteva sempre a disposizione di tutti competenze professionali e
qualità umane. Caro Graziello, ci piace ricordarti
sull’altopiano di “Pian
dei Buoi” in occasione
delle numerose giornate di miglioramento
ambientale e che necessariamente si concludevano in un piacevole
momento conviviale. Ci
manchi e ci mancherai
molto anche in futuro.
Ti sentiremo comunque
vicino e avremo il tuo
nobile esempio da onorare.
(Z. A.)
de prà graziello
27
PAGINA
DA AURONZO
Casonetto di Val d’Onge
PAGINA
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Caccia 2000
Agosto 2009
Poesia
An Amigo
di Erio Bernard
L’amico cacciatore Erio Bernard, al quale auguriamo una veloce guarigione per essere pronto all’imminente apertura della stagione venatoria, ha pubblicato un libro scritto nel nostro dialetto dal titolo “Minestra
e fun”. Da questa pubblicazione, veramente molto piacevole nella lettura e che consigliamo di leggere anche a Voi, abbiamo recuperato, per
gentile concessione dell’Autore, la poesia An amigo. Visto che su questo
numero di caccia 2000 il protagonista è il cane, l’abbiamo scelta perché
parla dello stesso soggetto.
Minestra e fun – editore Kellermann – Per acquisti rivolgersi all’Autore o alla pro-loco di Limana
il Pellet
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