Franca Berton con Jäger - Associazione Cacciatori Bellunesi
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Franca Berton con Jäger - Associazione Cacciatori Bellunesi
Aut. del Trib di Belluno n. 558/08 n.c.- «POSTE ITALIANE SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, CNS BL». CONTIENE I.P. - Direttore Responsabile: Pellegrinon Giuseppe - Tipografia: Dolomiti Stampa s.r.l., Via Campo, 18/F Santa Giustina (BL) Caccia 2000 ORGANO DI INFORMAZIONE DELL’ A SSOCIAZIONE CACCIATORI BELLUNESI Franca Berton con Jäger PAGINA 2 Caccia 2000 Agosto 2009 Lettera del Presidente Associazione Cacciatori Bellunesi Carissimi Soci, l’attesa come emozione di un evento carico di suggestioni, di ricordi, di nuove emozioni. E poi, la preparazione delle cartucce, il controllo dell’arma e l’agitazione ed insofferenza dei nostri cani, sono tutti segnali che un’ altra stagione venatoria è ancora una volta alle porte. Per chi ha molti anni di licenza, sarà un’apertura diversa rispetto a quelle del passato: quelle che abbiamo vissuto con i nostri vecchi che erano soliti raccontare sempre le stesse avventure emozionanti del primo giorno di caccia e che diventavano sempre più spettacolari ed incredibili di racconto in racconto. Sarà un’apertura diversa a causa essenzialmente delle normative sempre più restrittive, dall’antropizzazione del territorio ed anche dalla cattiva luce che ricopre la figura del cacciatore nell’immaginario di una gran parte della popolazione che vive in città. In ogni caso, godiamoci nel modo che desideriamo, questa nuova attesa per l’apertura del nuovo anno di caccia. In quest’ ultimo periodo abbiamo avuto delle novità che sicuramente non Vi saranno sfuggite: nuovo Assessore alla caccia e buona parte delle nostre montagne diventate patrimonio dell’Unesco. Vogliamo, da queste colonne, ringraziare il Presidente Sergio Reolon per quello che ha fatto per la caccia in questi anni, per la disponibilità e per la collaborazione dimostrata nei confronti dell’ A.C.B. Al nuovo Assessore Silver De Zolt il nostro benvenuto ed augurio più sincero di buon lavoro. Non sarà facile. Per quanto ci riguarda diamo, fin d’ora, la nostra disponibilità per collaborare in modo aperto, franco e proficuo. Per quanto riguarda la recente nomina delle Dolomiti a patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco Vi rimandiamo all’editoriale dove abbiamo espresso delle osservazioni e dei giudizi schietti. Francamente, a titolo personale, posso dirVi che non sono entusiasta. Potrei esserlo se questa ennesima appropriazione del territorio bellunese apportasse benessere alla nostra Provincia e senza stravolgere, con i vincoli, usi e consuetudini delle popolazioni locali che hanno saputo conservare e proteggere nel migliore dei modi, in tutti questi anni, il proprio territorio. Chi vivrà vedrà !!! Come è oramai consuetudine di questo periodo, formulo a tutti il più sincero “BUONA CACCIA”. Auspico che i vostri sogni si realizzino e che, sia l’ungulato che state già osservando con il binocolo da qualche mese, sia la lepre, sia il fagiano si presentino all’appuntamento anche il giorno dell’apertura. Come sempre Vi faccio una forte RACCOMANDAZIONE: siate prudenti, riflettete un attimo prima di sparare; siate pieni di attenzioni e di rispetto nei confronti delle persone che incontrerete. Correttezza, educazione, sensibilità verso il prossimo e la natura, devono essere elementi che caratterizzano sempre l’uomo, in particolare il cacciatore. Un abbraccio IL PRESIDENTE Sandro Pelli SOCIETÀ COOPERATIVA AGRICOLA Via dei Martiri, 61 - Lentiai (BL) - Tel. 0437 750584 - Fax 0437 750584 APERTA: lunedì, mercoledì, venerdì e sabato 8.30-12.30 e 17.00-19.00, martedì e giovedì 8.30-12.30 - DOMENICA CHIUSA 3 PAGINA Editoriale quale sarà il prossimo... regalo??? Il primo regalo è datato 20 Aprile 1990 e circa 33.000 mq di territorio sono diventati “PARCO DELLE DOLOMITI BELLUNESI”. Il secondo regalo è di alcuni anni fa: zone ZPS e SIC progetto NATURA 2000. La Regione veneto ha pensato bene, nella distribuzione delle zone, di destinare alla nostra Provincia ben l’80% del territorio. Il terzo regalo è fresco fresco (27.06.2009) ed è la recente nomina di buonaparte delle nostre montagne a patrimonio dell’Unesco. Il “PARCO DELLE DOLOMITI BELLUNESI” ha già 20 anni e chi ci vive ai margini o ha proprietà al suo interno può dare ed esprimere, con cognizione di causa, le proprie opinioni. Vincoli, regolamenti, divieti continui alle normali attività dell’uomo, sono diventati la norma. Per quanto riguarda le zone ZPS-SIC è la stessa cosa con l’aggiunta, per chi va a caccia, di periodi specifici e soprattutto dell’uso, in alcune zone, del pallino in acciaio: un’assurdità sotto ogni punto di vista. Sarebbe interessante conoscere le motivazioni e gli obiettivi alla base di tale norma. La maggior parte degli esperti di balistica ha gridato allo scandalo ed ha contestato, inutilmente, questa legge. Con questo tipo di pallini l’animale, anche se colpito bene, non cade subito e va a morire parecchio lontano da dove è stato sparato. Sono inoltre particolarmente pericolosi per l’effetto dei possibili rimbalzi. L’ultimo regalo riguarda le nostre Dolomiti che sono entrate a far parte del “patrimonio dell’Unesco”. Quello che in questo primo mese dall’acclamazione ci ha colpito di più è nel leggere e vedere che la preoccupazione maggiore dei nostri Amministratori, salvo poche eccezioni, non è quello di preoccuparsi dei possibili effetti negativi quali ad esempio, ulteriori vincoli e restrizioni a quelli già esistenti ed a come superarli ma di presentare la propria candidatura quale sede dell’Ente. La Provincia di Bolzano ha chiesto la propria città, nella nostra Provincia ci sono già, fino ad oggi, 5 candidature (Cortina, Pieve di Cadore, Agordo, Livinallongo del Col di Lana, Cencenighe e…). L’augurio sincero che formuliamo e che fortemente auspichiamo è che questo ultimo regalo, che ha avuto una notevole risonanza a livello mondiale, serva a rilanciare il turismo, fonte di reddito, nella nostra Provincia. Ma l’augurio e, soprattutto la nostra volontà, è che il territorio rimanga com’è da millenni e come i Bellunesi l’hanno saputo conservare e rispettare con l’impegno e l’obbligo morale di consegnarlo alle future generazioni. NON servono quindi: NUOVE REGOLE – VINCOLI – DIVIETI – CONFINI, perché ce ne sono già troppi, ma soltanto EDUCAZIONE, RISPETTOSO SILENZIO NEL FREQUENTARLO – LASCIARE QUESTE ZONE PULITE e PORTARE A CASA, ad esempio, I RIFIUTI CHE SI PRODUCONO. Centro studi Caccia 2000 PAGINA 4 Caccia 2000 Agosto 2009 Gli Auguri dell’Assessore Carissime Cacciatrici e Cacciatori, colgo l’occasione dell’ospitalità che mi concede la rivista “Caccia 2000” per porgere a Voi tutti il mio più cordiale saluto. Come ho già avuto modo di dire in più occasioni, dopo l’incarico di assessore che ho da poco ricevuto, metto la mia persona a Vostra completa disposizione convinto che tutti insieme potremo promuovere una nuova cultura venatoria mirata a salvaguardare gli usi e le consuetudini tipiche delle nostre valli e delle nostre montagne. Mi impegnerò a tenere un rapporto stretto con tutte le Associazioni venatorie presenti in Provincia ed i Responsabili dei distretti per essere sempre informato, in tempo reale, delle problematiche che dovessero sorgere nell’ambito venatorio. Tramite “Caccia 2000” colgo l’occasione per inviare a tutti i Cacciatori bellunesi, nell’imminenza dell’apertura della stagione venatoria 2009/2010, il mio più cordiale in “bocca al lupo” non senza raccomandarVi tanta, tanta prudenza. Cari saluti. L’ Assessore Silver De Zolt L’Intervista ROBERTO TRONCO Siamo andati a trovare Roberto a casa sua, a Luni, un paesino nel comune di S.Gregorio nelle Alpi. L’abbiamo trovato intento ad accudire i nuovi ospiti arrivati di recente a sostituire gli inquilini dell’anno scorso trasferiti, in attesa di essere liberati, nel centro di recupero selvaggina gestito dalla Provincia. Il più coccolato ed ammirato è Fiocco, un piccolo di capriolo albino, bianco come la neve e vispo come tutti i cuccioli della sua età. I contadini l’hanno trovato falciando l’erba e, come spesso accade, senza rendersene conto per sottrarlo alle lame della falciatrice lo hanno toccato con le mani provocandone l’abbandono da parte della madre. È finito così a casa di Roberto Tronco a fare compagnia ad altri 4 cuccioli, sempre di capriolo, che avevano subìto la stessa sorte. Da quasi 20 anni ormai Roberto, assieme alla moglie Marilena, si prende cura, in accordo con la Provincia, dei piccoli di ungulati abbandonati, orfani, o vittime di qualche incidente. Si prende cura di loro per tutto lo svezzamento, finchè sono in grado di cavarsela da soli, poi li riconsegna agli Agenti di vigilanza che provvedono, se possibile, a rimetterli in libertà. Il primo cucciolo è arrivato qui nel lontano 1990 ci racconta con orgoglio Roberto, sono stato io a trovarlo nel bosco vicino a casa mia, era quasi morto di fame e di fred- a cura di Elvio dal Pan do. Probabilmente la madre era morta o per qualche motivo, l’aveva abbandonato. Da allora, nell’arco di quasi 20 anni, molti altri piccoli si sono succeduti, anche dai comuni limitrofi, qualcuno anche da fuori Provincia. Molti caprioli, ma anche cervi, mufloni, volpi, leprotti, persino un piccolo camoscio. Quasi tutti sono tornati in libertà grazie alle cure di Roberto che molte volte è costretto ad alzarsi anche la notte per “allattare” i piccoli più delicati e deboli. Di lui, la scorsa estate, si è occupato anche STUDIO APERTO, il noto telegiornale nazionale di ITALIA 1, con un ampio servizio durante il quale Roberto si dichiarava tra l’altro fiero e orgoglioso di essere cacciatore, (e socio ACB aggiungiamo noi) e sicuramente più ambientalista di molti cosiddetti “verdi”. fiocco e compagnia PAGINA 5 PAGINA 6 Caccia 2000 Agosto 2009 Conoscerli Meglio Il Cane da Traccia a cura di Franca Berton Nelle diverse uscite del nostro giornalino abbiamo trattato una sola volta, ed in maniera non approfondita, l’importantissimo argomento “cane da traccia”. Con la collaborazione della giovane cacciatrice e socia A.C.B. Franca Berton iniziamo a parlarne nuovamente cercando nei prossimi numeri e con la Vostra collaborazione (tutti possono inviarci le loro impressioni, segnalarci le loro esperienze, i loro recuperi più belli) di sviluppare l’argomento in maniera più specifica e tecnica. Nella foto: Franca Berton con Jäger UN’ IMPORTANTE INFRASTRUTTURA VENATORIA La prima volta che iniziai ad appassionarmi all’arte del conduttore e del suo indispensabile compagno, avevo soltanto una decina di anni, fu in occasione di un corso tenuto da Fulvio Ponti: egli mi disse che avevo passione da vendere e che dovevo soltanto conservarla e coltivarla. Ho seguito i suoi insegnamenti come linee guida. Il tempo mi ha fatta crescere e con me è cresciuta anche la passione, così da farmi capire l’importanza che riveste nel mondo venatorio la figura del “recuperatore”. Il recupero non è un atto di caccia, ma un indispensabile servizio faunistico per la Società. Nel caso di un ferimento il selvatico risulterebbe perduto sia per il cacciatore che per la riserva. Non parliamo solo di ferimento avvenuto durante l’attività venatoria, ma anche, vista la crescita esponenziale di alcune specie, soprattutto cervo, di quelli causati per investimenti stradali. Sia dal punto di vista etico - sanitario che da quello economico - gestionale, il conduttore ha l’obbligo di fare tutto il possibile per ritrovare il capo e porre fine alle sue sofferenze. Rimanendo nel campo esclusivamente venatorio, che è quello a noi più attinente, I CACCIATORI CHE NON DICHIARANO IL FERIMENTO DI UN ANIMALE SONO UNA VERGOGNA PER IL MONDO VENATORIO. Questo è ciò che mi è stato insegnato ed è su questi principi che ho iniziato la mia carriera venatoria e di conduttore. Ogni cacciatore, che si definisca tale, deve avere una propria coscienza nelle sue azioni durante l’atto di caccia, cercando di non procurare una sofferenza inutile all’animale. È per questo che, nella nostra Provincia, vi è un nucleo RECUPERATORI abilitati che, attraverso il superamento di una prova sia del conduttore che del proprio ausiliare, vengono iscritti in un apposito albo provinciale e sono a disposizione di tutte le Riserve Alpine. Attualmente, l’ENCI individua 3 razze impiegate per il recupero, queste sono: Hannoverischer Sweisshund (HS), il Bayerischer Gebirgsshweisshund (BRS) e l’Alpenlalndisher Dashsbrake (DAK). La scelta su quale razza scegliere è, ovviamente, individuale: di teorie ne ho sentito tante, ma tutte fondate su basi soggettive. Io, ad esempio, ho scelto come ausiliario un HS, al contrario di mio padre che preferisce il BGS. Questa scelta differente di ausiliario, talvolta, è motivo di diverbi in famiglia perché lo studio per l’ utilizzo di una o dell’altra razza è dovuto dalla diversa tipologia di fauna e dell’ambiente in cui si opera. Un HS viene considerato più specialistico nel lavoro su grossa selvaggina, cervo o cinghiale, e su ambienti più idonei alla sua struttura. Il BRS, invece, viene considerato più idoneo, vista la sua struttura più piccola, per il lavoro su fauna che vive in ambienti più impervi come il camoscio. Questo solo per quanto riguarda lo studio perché, alla fine, si è visto che tutte e due le razze lavorano bene su entrambe le specie di fauna e su entrambi gli ambienti: tutto dipende dal suo conduttore. La mia scelta è stata determinata non solo dal fatto estetico, in quanto l’hannoveriano per me è “più bello”, ma soprattutto perché presenta un carattere più tranquillo e su traccia lavora in maniera più metodica; con questo nulla voglio togliere alle altre razze. C’è da precisare che il cane da traccia è diverso da qualsiasi altro tipo di cane, perciò non risultano efficaci i metodi di addestramento utilizzati per altre specie come quelli usati per l’attività venatoria, tipo segugi o cani da ferma. Anche i tempi per il suo addestramento sono completamente diversi: più lunghi e più impegnativi. Un filo invisibile lega il cane da traccia al proprio conduttore. Per il suo lavoro viene utilizzato un lungo guinzaglio chiamato “lunga” che serve solo per avere un contatto diretto con il cane. Fra i due (conduttore-cane) per poter lavorare bene ci deve essere “feeling”, deve essere come una simbiosi: sembra quasi di parlare di anime gemelle legate tra loro da un sentimento molto profondo. Scherzando dico sempre che tra me e il mio compagno a quattro zampe è stato amore a prima vista ma, per quanto possa sembrare assurdo, per me c’è un fondamento di verità... Quando sono andata ad acquistarlo, osservando la cucciolata, non ho scelto quello più bello, quello più grosso, il più tranquillo o il dominante. Ho scelto quello che sentivo mio, quello che tra tutti sentendo la mia voce si è svegliato, quello che mi è corso incontro mentre i fratelli stavano giocando, quello che, in parole povere, ha creato immediatamente con il suo proprietario una complicità atta a creare un buon legame di reciproca fiducia ed un buon risultato finale sul proprio operato. Addestrare un cane da caccia non è solo un lavoro, ma è trovare un compagno di cui entrambi ci si possa fidare reciprocamente per una buona riuscita dell’operato richiesto e che durerà per tutta la vita. Anche il più grande dei cani con un conduttore inesperto non darebbe buoni risultati. La buona riuscita di un recupero dipende sia dal cane che dal recuperatore. Lasciando scorrere i sentimenti, anche personali, questo connubio cane-conduttore che nell’insieme for- 7 PAGINA ma un nucleo operativo di un’entità fondamentale per l’attività venatoria, preme ricordare che questa importante infrastruttura viene svolta da appassionati (anche non cacciatori) che dedicano moltissimo tempo per la buona riuscita del loro lavoro e totalmente a titolo gratuito. Noi cacciatori dobbiamo cercare di operare nel miglior modo possibile secondo un’etica venatoria oramai consolidata nel tempo e, nel caso di un tiro con un esito incerto, dobbiamo attenerci al regolamento Provinciale e sentirci gratificati nell’essere coadiuvati da persone esperte che si mettono a nostra disposizione per andare a verificare l’esito del nostro eventuale errore. Tutto questo per dire che, qualora non fossimo sicuri del nostro tiro e del comportamento tenuto dall’animale a cui abbiamo sparato, tramite la persona del Presidente di Riserva possiamo metterci in contatto con un conduttore di cane da traccia (c’è un delegato per il territorio in cui noi cacciamo) e, attraverso la sua esperienza, fare le dovute verifiche. Spesso la nostra scarsa esperienza non ci “fa vedere” i segni del ferimento che tante volte, purtroppo, solo un buon connubio cane–conduttore riescono a vedere e sentire e darti quindi la certezza che nessun animale possa vagare per giorni ferito verso una terribile agonia prima di giungere alla morte ed andare perduto causando dei danni faunistici, sanitari nonché economici. Spero che questo mio scritto, riguardante un importante servizio faunistico venatorio, possa avere un seguito per ulteriori approfondimenti in materia nelle prossime uscite di Caccia 2000 (spiegazioni più approfondite sulle razze di cani utilizzate per il recupero, metodi base per il loro addestramento ed eventualmente una piccola nozione sul comportamento degli animali dopo il tiro). Desideravo tanto spiegare l’importanza del lavoro svolto dal gruppo RECUPERATORI ed avviare i cacciatori verso un miglior utilizzo di queste infrastrutture che, attraverso i sacrifici di alcuni addetti, ci vengono offerte per garantire una migliore gestione della nostra fauna. Grazie a Caccia 2000 ci sono riuscita. Ognuno di noi ha un compagno di caccia, ma questo connubio cane-conduttore lasciatemelo dire è molto importante e molto solidale. In prossimità della prossima apertura di caccia waidmannsheil. PAGINA 8 Caccia 2000 Agosto 2009 Scuola A.C.B. abilitazione venatoria Al primo corso dell’anno 2009, svoltosi presso la nostra scuola di Lentiai, hanno partecipato 22 aspiranti cacciatori. Agli esami, che si sono svolti presso la sede della Provincia il 16 Giugno u.s., si sono presentati 18 allievi ed il risultato finale è stato superiore al 90%. Infatti dei 18 aspiranti cacciatori che si sono presentati all’esame per l’introduzione nel mondo venatorio 16 sono stati promossi (dispiace moltissimo per i 2 che non ce l’hanno fatta, ce la faranno sicuramente la prossima volta). Tutto lo staff dell’A.C.B. si congratula con i neo cacciatori e confida di poterli annoverare nella nostra Associazione per aiutarli a crescere ulteriormente insieme a noi. Il direttore della scuola Sig. Berton Piergiuseppe, nel rivolgere ai nuovi seguaci di nembrotte le più sincere congratulazioni per l’impegno dimostrato e per la promozione ottenuta, ricorda che l’inizio del prossimo corso è fissato per il mese di Settembre p.v. Per ulteriori informazioni inerenti lo svolgimento dei corsi potete rivolgervi direttamente a lui: SCUOLA DI CACCIA A.C.B. c/o Berton Piergiuseppe, Via V. Veneto,26 – 32020 Lentiai (Bl) ORARI: Martedì e Venerdì dalle ore 20.30 alle 23.30 tel. 0437/552289 ore ufficio - cell. 329/7037288. Nuovo Sito w.w.w. associazionecacciatoribellunesi.it Con la collaborazione di Morena Bortolas (bymb.it) il sito della nostra Associazione è stato completamente rinnovato. I nuovi sistemi di programmazione ci permetteranno di tenerlo sempre aggiornato e quindi, chi vorrà potrà visitarlo ed essere informato… quasi in tempo reale sulle leggi, regolamenti, calendari e novità a carattere venatorio. È stata anche inserita la sezione “foto” che sarà a vostra completa disposizione. Chi avrà qualche foto vecchia, originale, un abbattimento particolare, può inviarcela corredata da un commento e relativo nominativo. Sarà cura della redazione provvedere all’inserimento nel sito. La redazione è anche a disposizione per ricevere i Vostri commenti ed eventuali suggerimenti per migliorare ulteriormente questo nuovo strumento di comunicazione. Ricordatevi che l’A.C.B. è la vostra Associazione e, pertanto, dovreste sentirVi particolarmente impegnati ed anche orgogliosi di poter collaborare con la redazione. Passeggiando nel bosco: aneto Anethum graveolens - Ombrellifere FIGURE 1 e 2 L’aneto DESCRIZIONE: Pianta dotata di radice fittonante, ha un fusto cavo di colore verde chiaro, solcato, piuttosto esile. I fiori sono di colore giallo riuniti in ombrelle. La fioritura avviene dalla primavera all’estate. Le foglie sono tri-tetrapennate con segmenti filiformi lineari dotate di guaina. La pianta in condizioni ottimali può raggiungere anche il metro d’altezza, ma generalmente non supera i 50 cm. I frutti sono formati da 2 acheni di colore giallo. HABITAT: Pianta coltivata fin dai tempi antichi per il suo profumo aromatico che ricorda il finocchio, allo stato spontaneo si trova nei terreni abbandonati, nei prativi, nei terreni asciutti, dal piano alla collina. RACCOLTA: Si utilizzano i frutti detti comunemente semi, ricavati raccogliendo a fine estate le ombrelle e facendole essiccare il luogo ombroso e ventilato. L’aneto è soprattutto una pianta aromatica e a questo scopo è stata utilizzata fin dai tempi antichi e tuttora la si coltiva. Il sapore, piacevolmente piccante, la differenzia dal finocchio al quale assomiglia. Contiene un olio essenziale, l’anetolo, impiegato in farmacia come carminativo e vermifugo. Per combattere l’aerofagia, il meteorismo e facilitare la digestione si possono consumare i semi spargendoli in moderata quantità sopra le pietanze. Contro i gonfiori di ventre, causati dal ristagno di gas intestinali, si può utilizzare l’infuso di semi di aneto: 20 g in 1 litro d’acqua per 10 minuti. Si filtra e se ne consuma ½ tazza tiepida presa dopo i pasti principali. L’aneto possiede la proprietà di aumentare la secrezione lattea nelle donne che devono allattare. A questo scopo si prepara l’infuso ponendo 20 g. di semi a riposare per 10 minuti in 1 litro d’acqua bollente. Quindi si filtra e se ne consumano 2 tazze al giorno. Infine, in caso di vomito, si utilizza l’infuso di 20 g. di semi fatti riposare in 1 litro d’acqua bollente per un quarto d’ora. Si filtra e se ne consumano 1 o 2 tazze al giorno a seconda delle necessità. altri usi: L’aneto viene utilizzato in liquoristica per preparare liquori e in cucina per aromatizzare salse e carni alla griglia. Gli stessi semi servono anche ad aromatizzare l’aceto. L’aneto è una pianta aromatica originaria dell’India. Esso si caratterizza per il profumo pungente e per le proprietà aromatico-medicinali che sono assai simili a quelle delle cumino, del coriandolo, dell’anice e del finocchio. Sovente il suo aroma viene confuso con queste piante che, del resto, al pari dell’aneto appartengono alla famiglia delle ombrellifere. PAGINA 9 PAGINA 10 Caccia 2000 Agosto 2009 A ricordo di Buzzo Vincenzo, sei stato una persona seria e corretta, sempre pronta a porgerci una mano in caso di bisogno; attento e premuroso marito e padre di famiglia. Nell’ambito del lavoro con Veneto Strade e negli altri numerosi incarichi al servizio della collettività, hai sempre donato le tue capacità ed il tuo entusiasmo. Precursore dell’A.C.B. e poi coordinatore e responsabile dell’area Comelico e Sappada, ti sei dimostrato promotore di innumerevoli iniziative ed hai svolto il tuo lavoro con dedizione, impegno e successo. Nella vita quotidiana sei stato un grande amante della natura e dei suoi frutti, di cui eri profondo conoscitore e raccoglitore; leale e benvoluto cacciatore. Caro Vincenzo, per tutti noi, sei stato prima di tutto un grande amico, un sicuro ed attendibile punto di riferimento, una persona con il sorriso sempre sulle labbra e le battute pronte, qualche volta ironiche, che ti contraddistinguevano. Averti perso all’improvviso, così giovane, ci ha procurato un dolore immenso e ci ha lasciati attoniti e confusi. Abbiamo condiviso con te un importante pezzo di strada della nostra esistenza, sentiamo nel cuore la fortuna di averti conosciuto. In questo momento di grande dolore siamo vicini a Tiziana, Debora, Pamela e a tutta la tua grande famiglia. Ciao Baby Alberto ed i tuoi amici Al grave lutto della famiglia si unisce l’A.C.B. con il Consiglio direttivo e la redazione di “CACCIA 2000” ancora sconvolta per questa tragica disgrazia che perde con Vincenzo prima di tutto un carissimo amico oltre ad un valido ed instancabile collaboratore. Il Cinghiale un problema o una risorsa? Ho voluto promuovere, nella mia piccola frazione di Valmorel a Limana, un incontro dal tema “Le problematiche dell’arrivo del cinghiale sul nostro territorio” coinvolgendo l’Amministrazione Comunale, gli Agricoltori locali e tutta la Cittadinanza. Un agente del Corpo di Polizia provinciale ha illustrato ai presenti le caratteristiche, la consistenza presunta di questa specie e le direttive della Provincia riguardanti le attività di controllo da parte dei cacciatori autorizzati. Sono intervenuti anche degli Agricoltori che da alcuni anni hanno a che fare con questo ungulato portando una un cinghiale abbattuto testimonianza diretta dei gravi danni che ha provocato nei terreni di loro proprietà. Il mio obbiettivo è stato quello di sensibilizzare l’Amministrazione provinciale perché ci dia un sostegno burocratico al fine di poter ottenere tutte le autorizzazioni necessarie per la costruzione di poste ed altane. Questo ci permetterebbe di poter effettuare un controllo più efficace ma, soprattutto, ho voluto sottolineare il fatto che l’arrivo del cinghiale non è un problema da sottovalutare poiché è una specie non autoctona, molto invadente, con capacità di adattamento e di riproduttività impressionanti in grado di distruggere colture, pascoli montani e quei pochi prati che ancora vengono falciati. Durante tutta la serata ho notato un forte interessamento ed una grande disponibilità da parte sia dell’Amministrazione comunale sia degli Agricoltori che dei Cittadini nell’accogliere le mie richieste di collaborazione e vigilanza per la tutela del territorio. Credo di aver dato un’immagine corretta, professionale ed utile del ruolo del cacciatore, costantemente attento alla gestione della fauna e dell’ambiente. Colgo l’occasione per estendere un invito agli altri Presidenti di Riserve alpine di caccia o ad Associazioni affinché organizzino anche loro degli incontri con queste tematiche che, oltre ad essere informativi ed aggreganti, danno un’immagine molto positiva del cacciatore perché dimostra di non occuparsi solo di selvaggina… ma anche di territorio, dell’ambiente e dei problemi della Società moderna. Stefano Segat Presidente della Riserva di caccia di Limana PAGINA 11 PAGINA 12 Caccia 2000 Agosto 2009 Il Racconto La leggenda di Isabella Ad est della Busa del Cimia, quasi a picco sulla val Falcina, tra forre e calanchi, seminascosta da enormi ciuffi di pino mugo, c’è una grotta. La sua entrata si spalanca improvvisamente tra le rocce come un’enorme bocca pantagruelica pronta ad inghiottire chiunque osi avvicinarvisi. Guardando ad est verso i Monti del sole, lo sguardo viene rapito da un dito di roccia puntato verso il cielo, è la Gusela del Cimia o Gusela Marini che, come un’enorme sentinella, sembra scrutare le rocce sottostanti. Se c’inoltriamo verso l’interno della la gusela del cimia grotta, il budello si restringe e si è costretti a munirsi di torcia poiché il buio è totale. Alla luce delle pile il percorso diventa irreale, quasi fiabesco. Piccole stalattiti aggrappate al soffitto lacrimano in continuazione gocce d’acqua calcarea. Lungo le pareti, lo scorrere secolare di rigagnoli umidi ha scolpito figure strane, alcune simpatiche, altre inquietanti. Il silenzio è assoluto, nemmeno il vento sembra voler portare il suo respiro all’interno di quell’antro misterioso. I fasci di luce delle torce, cercano inutilmente qua e là tracce di vita. Sembra che la natura, che fuori regna sovrana, abbia voluto dimenticare quello spazio di mondo scavato nel ventre della montagna. Dopo aver percorso una cinquantina di metri, la grotta improvvisamente finisce, come bloccata dalla montagna, stufa di farsi penetrare da quella ferita. Solo un pertugio dove, strisciando, ci si può infilare a malapena un uomo, lascia intravedere qualche possibilità di poter continuare, ma è solo una speranza, by Gigio perché appena ti avvicini a quella piccola fenditura vieni assalito da un freddo gelido, pungente, glaciale, che ti penetra fino alle ossa e ti fa rabbrividire mentre dal buio profondo dell’insenatura giunge un rumore strano, quasi inquietante. Sembra il respiro di una creatura infernale che soffia, sibila, urla tutta la sua rabbia o, forse, il suo dolore. E allora senza esitare, il passo torna veloce verso l’uscita a rivedere prima la luce, poi l’azzurro e le rocce con la Gusela che svetta rassicurante verso il cielo ed infine, finalmente, le pareti rocciose dell’entrata dove qualcuno ha scritto a caratteri incerti: GROTTA ISABELLA. Poche persone conoscono l’ubicazione di quella grotta e pochissimi conoscono la sua leggenda. A me, l’ha raccontata il vento, sibilando tra i mughi dei Piani Eterni in una notte di novembre, mentre, al riparo d’un vecchio “covol” di pastori, raggomitolato dentro un vecchio sacco a pelo, attendevo l’alba per cacciare le bianche pernici che, alle prime luci, raggiungevano in volo i ghiaioni sotto la “Bareta del Prete” per beccare gli ultimi germogli di rododendro risparmiati dal gelo. Fu così che conobbi la storia di una fanciulla di nome Isabella. Isabella era bella di nome e di fatto. Una cascata di capelli biondi facevano da cornice a due splendidi occhi azzurri e a due labbra del colore delle ciliegie mature. Nessuno sapeva con precisione chi veramente fosse e da dove arrivasse, forse dalla vallata del Mis, da uno di quei paesi arrampicati sulle montagne come vecchi camosci e oggi abbandonati all’erosione del tempo. O forse dalla Val Canzoi, risalendo i sentieri della Pinea o del Porzil. Nessuno glielo aveva chiesto e a nessuno interessava, tutti gli volevano bene e lei era amica di tutti. Così, ogni primavera, quando le ultime nevi lasciavano il posto alle prime tenere erbe, arrivava puntuale con le sue capre per lasciarle pascolare lungo i piani Eterni sino alle pendici del Prabello. Rimaneva lassù tutta l’estate nutrendosi di more e mirtilli e bevendo il latte delle sue capre. Poi, in autunno, quando i rari larici cominciavano a ingiallire e il freddo si faceva più 13 PAGINA pungente, ritornava a valle, per ricomparire ancora in primavera, sempre più bella, sempre più provocante. Oltre ad un bel aspetto la natura le aveva donato anche una bella voce, soave e cristallina e così, quando era felice, (e lo era quasi sempre) Isabella cantava. Cantava piano, solo per lei e per le sue capre, per non disturbare il silenzio di quei luoghi, ma il vento dispettoso raccoglieva la sua voce e la trasportava per tutta la valle, lasciandola poi cadere sopra le malghe di Erera, di Brendol e di Neva, sopra il Colsent, il monte Mondo e il Sass de Mura e quando la sua voce arrivava trasportata dal vento, i contadini posavano la falce, i malgari interrompevano il lavoro e si sedevano sulle soglie delle loro “fabbriche di formaggio e ricotta” per godersi insieme quelle melodie che li contagiavano sino al punto di fargli dimenticare per qualche minuto le loro fatiche ed i loro tormenti. Anche gli animali si beavano di quel canto. Il camoscio interrompeva il suo ruminare tranquillo e rizzava le orecchie appuntite per ascoltare meglio le melodie di Isabella. I fagiani di monte e le coturnici smettevano il loro lento girovagare alla ricerca di bacche, germogli ed insetti e si nutrivano per qualche minuto di quelle note. Le bianche pernici, regine delle rocce, dall’alto dei loro domìni rispondevano a quella voce con il loro canto, incuranti del volo maestoso dell’aquila sopra di loro. Intanto il vento continuava a seminare note nella valle, le spargeva qua e là tra i rododendri, nelle forre e nei calanchi, le spingeva su verso i canaloni, fino alle cime più alte e poi giù ancora tra i mughi dentro gli anfratti, sino a penetrare nel labirinto di grotte che, come un’immensa ragnatela sotterranea, si dirama sotto le rocce dei Piani Eterni. Fu proprio in una di quelle spelonche sconosciute che un giorno quelle note giunsero all’orecchio peloso di un vecchio satiro di nome Torondo. Era questi una creatura malvagia condannato, a causa del suo pessimo carattere, a vivere nascosto da tutti dal mago dei folletti, signore indiscusso di tutte le creature fantastiche che popolano i boschi. Anche lui fu subito rapito da quella voce, ma invece di limitarsi ad ascoltarla, la volle subito tutta per sè e così, senza indugio alcuno, dimenticò la sua condanna e si arrampicò su fino a raggiungere la luce, quindi, ignorando la promessa che vieta a tutte le creature del popolo degli Elfi di mostrarsi alle persone umane, si diresse a grandi balzi verso l’origine di quella voce. Molti erano allora i giovanotti innamorati di Isabella. Era facile, praticamente impossibile non innamorarsi di lei. In lei erano innate tutte le qualità che un uomo potesse desiderare dalla sua compagna. Alcuni si erano anche dichiarati offrendogli il loro amore, e chiedendole di sposarli, ma lei con maniere garbate aveva sempre declinato l’invito. Forse voleva l’amore vero, quello che tutte le ragazze sognano un giorno di veder arrivare, magari a cavallo di un bianco destriero, o forse , più semplicemente stava bene così , con la sua libertà e le sue capre in giro per i monti a cantare canzoni. Così, quando anche Torondo le dichiarò il suo amore e le offrì senza tanti preamboli i suoi servigi, molto gentilmente declinò l’offerta. Aveva respinto tanti bei giovanotti, figuriamoci se si fosse concessa a quel essere brutto, peloso e con i piedi come le sue capre e per di più cattivo, burbero ed antipatico. Torondo però non era un essere normale, il suo egoismo e la sua cattiveria lo portavano a pretendere qualsiasi cosa ed a non accettare rifiuto alcuno alle sue pretese. Così il vecchio satiro decise, senza indugio, di rapire la fanciulla per obbligarla con la forza a sottostare alle sue richieste. Detto fatto l’afferrò per un braccio, se la caricò senza sforzo sulle spalle e, incurante del suo pianto e delle sue urla, a grandi balzi, si diresse verso gli orridi della Val Falcina. Li, in mezzo ai dirupi, a picco sul torrente sottostante trovò una grotta e dentro ad essa vi depose la povera Isabella in lacrime, promettendole che l’avrebbe liberata solamente quando avesse ceduto alle sue proposte. A nulla valsero i pianti e le suppliche della fanciulla, Torondo bloccò con dei grossi massi l’entrata segnalazioni sulla roccia della grotta della grotta e se n’andò lasciando Isabella in lacrime in preda al terrore. Passarono alcuni giorni ed il canto di Isabella non risuonava più sopra le mughe dei Piani eterni, il vento cercava invano le sue note per trasportarle a rallegrare le creature dei boschi, così, queste, preoccupate per l’improvvisa scomparsa della loro amica, si recarono dalle sue caprette che pascolavano solitarie nei pascoli del Prabello le quali, ancora spaventate, raccontarono quello che era accaduto. Gli animali e gli Elfi decisero allora di rivolgersi al loro Re, Signore indiscusso di tutte le creature che popolano i boschi e le montagne, per chiedergli di liberare Isabella e di punire Torondo. Era una strana creatura il Re dei folletti, si narrava che vivesse su quelle montagne da sempre, costretto da un sortilegio a vivere in eterno per proteggere e guidare il piccolo popolo degli Elfi. In cambio di quel fardello aveva ricevuto il potere di trasformarsi in tutte le creature che popolano la terra, tranne l’uomo. Da tempo oramai aveva preso le sembianze d’un grosso camoscio dalle corna nere, uncinate ed appuntite. Si raccontava anche che fosse stato proprio lui, un giorno lontano, a galoppare fino alla luna per portargli i colori, perché potesse creare l’ensoradina, il magico fenomeno che in particolari occasioni, durante il tramonto dipinge d’oro e d’argento le cime rocciose delle Dolomiti. In quei giorni il vecchio Re si trovava, per riposarsi, proprio sulla cima del monte Pizzocco e fu proprio fin lassù che si recarono di corsa le piccole creature per chiedere giustizia. -Trovateli!! - Tuonò il Sovrano adirato rizzando la nera criniera sulla schiena. -Trovate Isabella e trovate Torondo, e quando l’avrò tra le zampe si pentirà una volta per tutte di essere nato! In breve folletti e animali si mobilitarono in gruppo. Occhi attenti scrutavano, orecchie ascoltavano, zampe veloci correvano qua e la cercando tra i mughi, rovistando sino nel più remoto anfratto in una frenetica ricerca. Fu l’aquila, mentre volteggiava solenne sopra i Monti del Sole a notare Torondo, che ignaro di quello che stava per capitargli, se ne stava spaparanzato sopra un masso cercando di digerire una scorpacciata di mirtilli e le uova che aveva rubato da un nido di gallo forcello. Avvisato dall’aquila il Re si mise subito in caccia e, con lunghi balzi, in poco tempo raggiunse il satiro che fiutato il pericolo si diede ad una precipitosa fuga. Sebbene anche lui fosse in possesso di poteri magici, sapeva di non poter competere con la potenza del mago sovrano. Cercò quindi scampo tra le forre e i calanchi quasi impenetrabili dei Monti del sole, mentre il camoscio lo incalzava sempre più da vicino. Appena riusciva in qualche modo a nascondersi, il Re si trasformava in falco e volando veloce tra le rocce lo stanava dal suo nascondiglio per riprendere poi le sembianze del grosso camoscio. L’inseguimento durò per ore. Su e giù per la Val Falcina, nella Agosto 2009 PAGINA 14 conca del Cimia, proprio sotto la parete a strapiombo del Monte Pizzocco, poi ancora su a scavalcare le creste, e via lungo i Piani Eterni e i prati di Erera e Brendol. Era tutto un susseguirsi di salti, corse, urla ed insulti, fino a che Torondo, stremato, fu costretto a fermarsi e si preparò a difendersi dalle ire del sovrano. L’epica lotta ebbe luogo in una conca, proprio sotto il Monte Mondo, che ancora oggi a ricordo porta il nome del satiro che ne uscì sconfitto. Torondo mise in atto tutte le magie che conosceva per difendersi, ma il Re le annullava tutte, trasformandosi di volta in volta in un animale diverso. Colpiva a seconda delle occasioni, di zoccoli, di becco, di artigli, o di zanne, finchè il satiro non giacque inerme ai suoi piedi. Tra le urla di gioia del piccolo popolo che aveva assistito allibito all’impari lotta, lo costrinse a condurlo alla grotta e a liberare Isabella. Una volta che la fanciulla fu libera, lo spinse in fondo alla spelonca e lì lo rinchiuse condannandolo a rimanervi per l’eternità. Isabella era fuori di sè dalla gioia, baciava tutti, ringraziava tutti, nulla poteva renderla più felice dell’aver ritrovato la sua libertà che credeva di aver perduto per sempre. Timidamente si avvicinò al vecchio camoscio e, dopo averlo ringraziato e giurato eterna gratitudine, presa dall’entusiasmo gli schioccò un grosso bacio sulla fronte pelosa, proprio sotto le lunghe corna uncinate. Preso alla sprovvista il Re indietreggiò sorpreso, quasi incredulo di quel inaspettato regalo. - Grazie -, mormorò con la voce rotta dall’emozione. - Tu non puoi immaginare il regalo che mi hai fatto.- Quale regalo? - chiese Isabella sorpresa. - Si tratta solamente di un semplice bacio. - No! - continuò il Re, - con questo bacio tu mi hai riconsegnato la mia vita e la mia morte. Isabella e tutti i presenti erano sempre più sbigottiti. Tra lo stupore generale il camoscio si accovacciò stanco sopra una sporgenza di roccia e dopo un lungo respiro riprese a raccontare: - Da non so più quanti anni oramai vago per queste montagne, vittima d’un sortilegio che mi ha condannato all’immortalità in cambio dei miei poteri magici. Credevo che non aver diritto alla morte fosse un dono, ma con il passare del tempo ho scoperto invece che è pura follia, una tragedia infinita. Solo il bacio di una fanciulla umana poteva rompere l’incantesimo, una cosa quasi impossibile per un animale quale io sono. Oggi invece quel giorno è arrivato, ora posso finalmente riposare in pace. Ma prima di addormentarmi per sempre, voglio fare un ultimo regalo a voi tutti e a queste montagne che mi hanno ospitato per millenni, io sorveglierò per sempre questa grotta e farò in modo che Torondo non torni mai più a deturpare con la sua presenza la bellezza di queste valli e a molestare i suoi abitanti. Se malauguratamente ciò dovesse succedere, io ritornerò e lo ricaccerò nella spelonca dove merita di stare. - Detto questo si rialzò stancamente e, come se tutti i suoi anni gli fossero caduti improvvisamente sulle spalle, si avviò caracollando verso una delle vicine creste rocciose. Giunto finalmente sulla cima, si sdraiò lentamente, gettò un ultimo sguardo stanco alle sue montagne, chiuse gli occhi e si addormentò serenamente. Pochi istanti dopo il corpo del vecchio Re era scomparso. Tutte le creature, che avevano assistito commosse alla scena, videro ergersi al suo posto un grosso monolite di roccia che alto e solenne si stagliò contro l’orizzonte come una enorme sentinella posta a difesa della valle sottostante, e lì si trova ancora oggi con il nome di Gusela del Cimia. Quello fu anche l’ultimo anno che Isabella passò su quei monti a pascolare le sue capre. La primavera successiva gli abitanti della valle l’attesero invano. Forse era rimasta sconvolta dalla sua avventura o forse, durante l’inverno, aveva finalmente trovato l’amore e con lui se n’era andata per il mondo. Oggi, chiunque si trovi a frequentare la grotta di Isabella, può ancora udire in fondo ad essa il respiro freddo di Torondo che smania per ritornare in libertà. Il vecchio Re, invece, tramutato in roccia è li, di fronte all’entrata, pronto ad impedirglielo per sempre. Questa è la storia di Isabella, così come la conosco io. È solo una leggenda e, si sa, tutte le leggende raccontano un misto di realtà e fantasia. Le percentuali le decidono chi le ascolta. Io so soltanto che qualche anno fa, alcuni cacciatori che si erano fermati a pernottare sul “covol di Cimia”, durante una notte di luna piena, sostengono d’aver udito dei rumori tremendi provenire dalla sottostante Val Falcina, come se grossi animali dagli enormi zoccoli si rincorressero tra le rocce fra urla e lamenti. Giurano anche che durante quella notte, la sagoma della Gusela che di solito si staglia contro la luna fosse scomparsa, per ricomparire poi improvvisamente alle prime luci dell’alba, quando il silenzio era tornato padrone della valle. Ma, si sa, i cacciatori hanno fama di spararle grosse. Noi sappiamo che le leggende sono solo leggende …FORSE. la grotta servizio fotografico by GIGIO Kachelofen - Stufe in pietra ollare Caminetti - Stufe Stufe originali scandinave Stufe & Arredo Sas di Gallo e C. Viale Cadore, 44/b - Ponte nelle Alpi - tel. e fax 0437 981535 www.stufe-arredo.it e-mail: [email protected] Fiera di Longarone I tanti Soci, amici e simpatizzanti che ci sono venuti a trovare a Longarone nelle giornate del 3 - 4 - 5 Maggio in occasione della Festa del cacciatore hanno potuto ammirare il nuovo stand che l’ A.C.B. ha voluto fare per dare un tono più decoroso e consono all’importanza della manifestazione. Ospiti graditi all’interno dello stand gli amici della Libera caccia presenti al gran completo con i vertici non solo locali e regionali ma anche, per la seconda volta, con il Presidente nazionale Sparvoli. L’occasione è servita al Sig. Sparvoli di informare il nostro Presidente Pelli sulla situazione a livello nazionale e sulle modifiche alla legge nazionale 152 ferma in Parlamento per ostruzionismi vari. SOCCORSO IN MONTAGNA CON L’ELICOTTERO Da diversi anni opera nella nostra Provincia un encomiabile servizio di soccorso con l’elicottero. Sappiamo che diversi cacciatori ed anche alcune Riserve hanno valutato attentamente questa ottima opportunità e si sono abbonati a Dolomiti Emergency . L’ A.C.B., non riesce a gestire direttamente questa operazione, ma invita vivamente i propri Associati ad abbonarsi. Sicuramente l’augurio è di non averne bisogno ma la quota annua (veramente irrisoria) è di € 10.00 e vi dà l’opportunità di essere, in caso di infortunio, soccorsi con l’elicottero e di essere quindi ricoverati in tempi brevissimi. RIFLETTETE!!! IL MERCATINO DELLE OCCASIONI Per eventuali Vostre inserzioni GRATUITE scrivere al seguente indirizzo: Redazione “CACCIA 2000” c/o Pelli Sandro Via Trevigiana, 8 32035 Formegan di Santa Giustina (BL) oppure a mezzo Fax al n. 0437 88546 o per e-mail: [email protected] Quanto pervenuto verrà inserito nel numero successivo di Caccia 2000. Vendo Bracco tedesco (razza Kurzar) di tre anni Ferma e riporto garantito Se interessati telefonare al n. 348 7003316 PAGINA 15 PAGINA 16 Caccia 2000 Agosto 2009 Museo Etnografico di Seravella - II parte MUSEO ETNOGRAFICO SERAVELLA Via Seravella, 1 32030 - Cesiomaggiore (BL) Tel. 0439 438355 Fax 0439 439007 e-mail: museoseravella@ provincia.belluno.it www.provincia.belluno.it Orari invernale (1 ott-31 mag) da martedì a venerdì 9,00-13,00 15,00-17,30 sabato e domenica 10,00-13,00 15,00-17,30 a cura di Daniela Perco La mobilità della popolazione nelle sue diverse espressioni costituisce un altro dei temi centrali nelle esposizioni del museo: spostamenti stagionali di uomini e animali per la fienagione, per l’alpeggio e la transumanza; emigrazioni temporanee, esodi transoceanici. Particolare attenzione è stata riservata alle balie da latte, giovani madri che lasciavano i propri figli di pochi mesi per recarsi nelle principali città italiane ad allattare i figli dell’aristocrazia e della borghesia, dietro congruo compenso. Con i “figli di latte” si instauravano spesso rapporti affettivi intensi e di lunga durata. Emblematica, in tal senso, è l’esperienza di Maria Canova, a cui è dedicata una stanza del museo, balia da latte del regista Luchino Visconti di Modrone, che a lei rimase legato per tutta la vita. Altri settori espositivi contemplano la rappresentazione e la valorizzazione di beni immateriali, quali i dialetti nelle loro molteplici sfumature, il patrimonio leggendario e quello favolistico, la polifonia e la musica strumentale. Alla scrittura popolare, ai segni e ai marchi di proprietà è riservato uno specifico percorso. Un piano del museo rappresenta: il patrimonio di conoscenze e di esperienze riguardanti la conoscenza da parte della popolazione locale della vegetazione erbacea ed arborea; il rapporto tra uomini e animali domestici, con particolare riferimento ai bovini e agli animali da cortile, compresi i processi di domesticazione e gli strumenti ad essi legati, le terapie empiriche, l’elaborazione di gerarchie e di classificazioni, le forme di utilizzazione. Uno spazio è riservato alle conoscenze popolari sui selvatici (i proverbi, i modi di dire, le credenze, le leggende), le tecniche e gli strumenti di difesa e di cattura (dagli spaventapasseri alle trappole, dai richiami alle gabbie). Questa sezione andrà completata con alcune registrazioni audio dei richiami ai selvatici utilizzati nelle attività venatorie. È gradita la segnalazione di persone che conoscano i richiami sonori (prodotti con bocca e mani oppure utilizzando appositi fischietti) e che siano disponibili a farsi registrare. Il Museo è aperto tutti i giorni, mattina e pomeriggio, salvo il lunedì. Per ulteriori informazioni si può telefonare al n. 0439 438355 oppure andare al sito della Provincia di Belluno www.provincia.belluno.it estivo (1 giu-30 sett) da martedì a venerdì 9,00-13,00 15,00-18,00 sabato e domenica 10,00-13,00 15,00-18,00 FINE chiuso: lunedì (ad esclusione del lunedì di Pasqua) festività nazionali e religiose 11 novembre (festa del patrono) Biglietti Interi Є 3,00 Ridotti: Є 2,00- fino a 18 anni gruppi di almeno 10 persone Scolaresche: Є 1,00 (gratuito per gli insegnanti accompagnatori) Є 3,00 con guida Gratuito: -bambini fino a 6 anni-disabili e un accompagnatore Guide: Є 40,00 (visita di due ore per gruppi) IL museo etnografico DI SERAVELLA Resoconto II gara A.C.B. con cane da ferma - campionato provinciale Una bella giornata di sole ha indubbiamente contribuito al successo della seconda edizione della gara CANE-CACCIATORE su quaglie con sparo organizzata dall’ A.C.B domenica 3 maggio presso il campo d’addestramento in località Collesei ad Anzù di Feltre. Per tutta la giornata, una trentina di concorrenti, si sono impegnati al massimo per riuscire ad ottenere il miglior risultato giudicati dall’imparzialità ed indubbia capacità del Giudice di gara Sig. Pontin Orlando. Alla fine la vittoria è stata appannaggio di Curto Carlo (vincitore del campionato provinciale 2009) con il bracco tedesco Zeno. Il secondo posto è andato al cacciatore Scariot Giovanni con il setter Brill e la terza posizione è stata aggiudicata a Vassere Lionello con il breton Ciro. A seguire con premiazioni fino all’ottavo concorrente Casaril Oscar, Buffello Stefano, Dal Mas Tiziano, Curto Carlo (con il setter Lerry) e Casanova Loris. Sono stati anche premiati il concorrente più anziano e quello più giovane. A tutti sono stati assegnati, oltre alle consuete medaglie d’oro, diversi premi offerti da Ditte del Basso feltrino. La direzione dell’ A.C.B. vuole ringraziare sentitamente, tramite Caccia 2000, tutte le Ditte che hanno collaborato per la miglior riuscita della gara ed in special modo il Socio, nonché componente la Giunta della nostra Associazione, Curto Carlo per l’indispensabile sforzo organizzativo. La riuscita manifestazione si è conclusa verso sera presso la Birreria Pedavena. (C.C.) Premiazione SANTA GIUSTINA (BL) - Via Campo, 18/f - Tel. 0437 859369 - [email protected] PAGINA 17 PAGINA 18 Caccia 2000 Agosto 2009 Auguri ai soci Ricetta Lepre Alle Prugne a cura di Vanni Dal Pan Nei mesi di Maggio, Giugno, Luglio ed Agosto 39 nostri Soci hanno festeggiato il loro compleanno. I più fervidi auguri dalla Redazione di Caccia 2000. 86 anni: Rech Edoardo; 84 anni: Buttol Sante; 82 anni Casagrande Gino; 81 anni: De Carli Giovanni, Casanova Emanuele; 80 anni: Micheletto Natalino; 79 anni: Zanin Gianfranco, Moretta Vittore; 77 anni: De Candido Bruno, Costan Dorigon G.Maria; 75 anni: Filippin Bruno, Del Vecchio Beniamino, Procidano Mario, De Rocco Angelo, Brandalise Tarcisio; 74 anni: Facchinato Giovanni; 73 anni: Facchin Giuseppe, Bolzon Alberico, Battistel Angelo, Serafini Angelo; 72 anni: Candiani Umberto, Somacal Giuseppe, Offredi Antonio, Bugana Ruggero, De Candido Luigi fu Fortunato, Merlin Adriano, De Cia Giacomo, Dalla Corte Paolo; 71 anni: Saviane Sergio, Dall’Agnol Raimondo, Del Din Silvano, Tormen Aldo, Brandalise Romano; 70 anni: Maoret Italo Giovanni, Codemo Vincenzo, Dall’O Luciano, Fauner Romano,De Bortoli Pierino, Sacchet Ivo. INGREDIENTI per 6 persone: 1 Lepre 220 gr di prugne secche 2oo gr di cipolline 80 gr di pancetta una tazza di brodo olio, burro, sale, pepe PREPARAZIONE: Far ammorbidire le prugne in una ciotola di acqua tiepida. In una casseruola far soffriggere due cipolline affettate e la pancetta tagliata a dadini con olio e burro. Unirvi la lepre tagliata a pezzi, farla rosolare, salarla, peparla e cuocerla a fuoco lento per circa 2 ore, aggiungendo, se è necessario, ogni tanto un pò di brodo caldo. Unire le cipolline e le prugne, mescolarle al fondo di cottura e portarle a cottura. Se, alla bagna delle 24 ore, si aggiunge una manciata di sale grosso, alcuni granelli di pepe in grano con qualche spicchio d’aglio ed una buccia di limone la carne risulterà molto più saporita e tenera. VINO: Puoi completare l’opera se accompagnerai il piatto con dell’ottimo vino rosso corposo. Tesseramento 2009 - 2010 Quando riceverete questo numero di Caccia 2000 il tesseramento, per la nuova stagione venatoria, sarà in pieno svolgimento. L’invito che rivolgiamo a tutti Voi è quello di impegnarVi a far conoscere l’A.C.B. ai vostri amici cacciatori. Dovete ricordare e non dimenticare che: - siamo l’unica Associazione venatoria bellunese, - che non dobbiamo dare soldi a nessuno e tutto quello che resta in cassa con il tesseramento, sono soldi vostri, che servono per: stampare caccia 2000, il calendario annuale, per acquistare il regalo che viene distribuito a tutti i soci ogni anno. Soldi che vengono ristornati alle riserve che fanno opere di foraggiamento, ripristino ambientale e che servono per sostenere le spese per organizzare serate culturali a tema vario ecc. - ogni anno avete a disposizione, gratuitamente, una giornata presso il poligono di tiro di Feltre per tarare la vostra arma a canna rigata; - è l’unica Associazione che ha la convenzione assicurativa con una primaria compagnia nazionale in Provincia di Belluno con sede presso l’Agenzia di Feltre. Qui, segnalando l’infortunio o incidente, sarete seguiti attentamente nell’espletamento della pratica/denuncia ed, in brevissimo tempo, sarete rimborsati. - ci battiamo per difendere, nel limite del possibile, tutti i tipi di caccia fedeli ai principi tramandatici dai nostri vecchi che tutti dobbiamo rispettarci e tutti dobbiamo cacciare con i sistemi leciti che ci piacciono. - difendiamo, aiutiamo e consigliamo i nostri Soci che, per qualche malaugurato caso, si trovano a dover fare ricorsi per difendersi da infrazioni varie commessi in buona fede. RESOCONTO ASSICURATIVO 2008/2009 Riteniamo opportuno informare tutti gli Associati che al 01.08.2009 sono stati denunciati all’assicurazione n° 14 sinistri: undici sono già stati liquidati, due sono in sospeso in quanto i Soci infortunati non sono ancora guariti e l’ultimo, riguarda la morte di un nostro carissimo Socio avvenuta pochi giorni fa. Dobbiamo essere particolarmente soddisfatti per la celerità delle liquidazioni dei sinistri. La nostra Compagnia assicurativa è estremamente seria ed avere il liquidatore a Feltre si è dimostrata un’ulteriore garanzia nell’espletamento delle pratiche. Questa è la verità e tutte le informazioni negative che vengono divulgate ad arte, in questo periodo, hanno l’unico obiettivo di distorcere la verità per cercare di ridurre il numero dei nostri Associati. Come già pubblicato nel precedente numero di Caccia 2000 ci preme ricordare che, DOMENICA 30 AGOSTO 2009, si svolgerà, per i nostri Soci e gli amici della Libera Caccia, la tradizionale giornata dedicata al controllo ed alla taratura delle armi a canna rigata presso il poligono di tiro di Feltre. L’orario sarà il seguente: Mattino 8.30 – 12,00. Pomeriggio 14.00 – 17.00. Anche in ottemperanza alle disposizioni della Provincia (art. 10 del regolamento), ma soprattutto per l’importanza che riveste tale iniziativa – a caccia si deve andare con le armi in perfetto ordine – si confida vivamente in una vostra significativa presenza. La prova è gratuita. Come consuetudine ci sarà Personale specializzato a Vostra completa disposizione per consigliarVi ed aiutarVi nelle operazioni di taratura. Alla fine della prova di tiro ad ogni partecipante verrà consegnato un attestato che l’arma è stata tarata. SERATE SUL FORAGGIAMENTO cervo nella neve Foto BY michela Nell’ultimo numero di caccia 2000 avevamo riportato una notizia riguardante la probabile organizzazione di due serate dal titolo “foraggiamento si – foraggiamento no” da svolgersi nella parte alta della Provincia dove le abbondanti nevicate avevano creato problemi di sopravvivenza agli animali molto gravi. Pensavamo di poterlo fare prima dell’estate. L’indisponibilità dei relatori, molto quotati, ed impegnati all’estero per un lungo periodo ha fatto sì che, salvo ulteriori ed imprevedibili contrattempi, le serate possano essere tenute entro la prima decade del mese di settembre. Suddette iniziative, se si potranno organizzare, saranno doverosamente pubblicizzate. 19 PAGINA TARATURA ARMI PAGINA 20 Caccia 2000 Agosto 2009 L’angolo dell’avvocato Competenze e poteri degli agenti accertatori in materia venatoria ed ecologica a cura dell’avv. Barbara Bastianon Inizia con questo numero una libera collaborazione (libera nel senso della disponibilità di tempo) con la nostra rivista dell’avv. Signora Barbara Bastianon con Sede a Santa Giustina – e filiali a Crespano del Grappa (Tv) ed Auronzo di Cadore. All’Avvocato che, ovviamente, si assume la responsabilità dei propri scritti, non abbiamo imposto tematiche specifiche ma Le abbiamo lasciato libertà assoluta nella scelta dell’argomento da trattare purchè abbia attinenza con la caccia. L’Avv. è anche disponibile a rispondere ai quesiti che perverranno alla redazione di caccia 2000 da parte vostra. I quesiti devono, ovviamente, trattare argomenti di carattere venatorio e d’interesse generale. Poteri degli agenti accertatori I Competenze e poteri degli agenti accertatori in materia venatoria ed ecologica Poteri degli agenti accertatori In via generale occorre tener presenti le seguenti distinzioni: - Accertatori con funzioni di polizia giudiziaria - Accertatori senza funzioni di polizia giudiziaria Gli accertatori con funzioni polizia giudiziaria si distinguono a loro volta in: - Accertatori con competenza generale illimitata - Accertatori con competenza generale, limitata territorialmente - Accertatori con competenza parziale Competenza generale significa che l’accertatore può compiere atti di indagine in relazione a qualsiasi reato; competenza parziale che egli può compiere atti solo in relazione a specifici reati. Ad esempio i Vigili del Fuoco di ruolo “svolgono funzioni di polizia giudiziaria nell’ambito delle attività istituzionali”; Essi sono quindi agenti di PG se indagano su chi ha appiccato un incendio o lo arrestano sul fatto, ma sono privi di competenze di PG se in una abitazione trovano un pacco di droga. Hanno competenza generale illimitata quelli indicati nell’art. 57 CPP, commi 1 e 2, e cioè: Carabinieri, Polizia di Stato e Penitenziaria, Guardia di Finanza, Guardie Forestali. Hanno competenza generale limitata territorialmente, le guardie dei comuni, delle province e delle regioni. Hanno competenza parziale coloro a cui, una o più leggi speciali, attribuiscono competenza per determinati reati; ad es. gli ufficiali sanitari, i vigili del fuoco, gli ispettori del lavoro, ecc.; di solito la competenza è limitata anche territorialmente. Infine, mentre Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato si considerano in servizio permanente, e quindi possono legittimamente compiere atti anche se fuori servizio, gli altri soggetti con qualifica di agente od uff. di PG, sono tali solamente se in servizio. Un tempo le distinzioni sopra indicate avevano meno importanza per il fatto che non esistevano le sanzioni amministrative, ma solo delitti e contravvenzioni e chi era incaricato di accertare anche semplici contravvenzioni di fronte ad uno di tali reati rivestiva la qualifica di agente di polizia giudiziaria. Con la legge sulla depenalizzazione del 24 novembre 1981 n. 689, le violazioni punite con la sola multa od ammenda sono state trasformate in sanzioni amministrative e perciò chi era incaricato del loro accertamento non aveva più ragione di rivestire la qualifica di agente di PG. Gli agenti alle dipendenze di enti locali Essi sono agenti di PS e agenti di PG con competenza generale limitata al loro territorio. Guardie giurate Per quanto concerne le guardie giurate particolari alle dipendenze di privati (o di enti pubblici con rapporto privatistico) si tenga presente che essi rimangono dei privati cittadini e che non hanno alcun potere oltre quello che competerebbe ad ogni cittadino nella stessa situazione. La guardia giurata particolare non può richiedere le generalità ad una persona (l’ art. 651 CP riserva tale facoltà solo ai P.U.) Diversa la posizione delle guardie giurate volontarie, le quali non sono investite di poteri di polizia giudiziaria, ma solo di un potere derivante dal fatto di essere persona incaricata di compiti amministrativi di polizia (ma non giudiziari!). Quindi: - la guardia non può eseguire arresti se l’arresto è solo facoltativo; - la guardia non può procedere a nessun atto di indagine a norma degli artt. 347 ss. CPP; - la guardia può arrestare solo se l’arresto è obbligatorio e, in tal caso, può trattenere il corpo di reato fino alla consegna alla polizia giudiziaria; - la guardia può richiedere le generalità in forza dell’art. 651 c.p.; - la guardia non può far uso delle armi o della coazione fisica a norma dell’art. 53 c.p., ma può usarle armi o violenza solo per legittima difesa; - le guardie redigono verbali che non sono atti pubblici, ma che, come ben ha sempre detto la legge, dal 1907 ad oggi, fanno fede fino a prova contraria; - le guardie, in quante persone incaricate di un pubblico servizio hanno l’obbligo di fare denunzia delle notizie di reato di cui abbiano avuto notizia nell’esercizio o a causa delle loro funzioni (art. 362 c.p.). Si pone il problema se le guardie volontarie, nel momento in cui intervengono per svolgere il loro compito, siano pubblici ufficiali oppure solamente incaricati di un pubblico servizio. Essi vengono considerati P.U., ed in tal senso la Cass. con sentenza 9387/1994 ha scritto: Va riconosciuta la qualità di pubblico ufficiale, a norma dell’art. 357 cod. pen., alle guardie ecologiche del servizio volontario di vigilanza della comunità montana Valtellina. Esse, infatti, esplicano un servizio disciplinato da norme di diritto pubblico, nel cui ambito sono conferiti poteri di accertamento delle violazioni di disposizioni in materia ecologica e di redazione dei relativi verbali, con efficacia di fede privilegiata ai sensi dell’art. 255 del regolamento per l’esecuzione del TULPS. L’art. 255 è quello che arnesi o selvaggina. Essi non procedono a contestazione di infrazioni, ma solo a redigere verbali di constatazione in cui devono esporre tutte le circostanze del fatto, ivi comprese le norme che si ritengono violate, e le eventuali osservazioni della persona ritenuta responsabile della infrazione. Attenzione: in presenza dell’accertamento della flagranza di reati per cui è obbligatorio l’arresto essi possono, ma non devono, procedere all’arresto a norma art. 383 CPP. I reati per cui è previsto l’arresto obbligatorio in loro flagranza sono, per quanto riguarda le situazioni che possono presentarsi: - porto di armi da guerra - porto di armi clandestine (cioè armi comuni prodotte dopo il 1920 e prive di matricola, armi comuni prodotte dopo il 1979 e prive di numero di catalogo, armi autocostruite); - porto illegale di almeno due armi comuni da sparo (in caso di due bracconieri che operino congiuntamente vi è concorso nel reato e quindi ognuno concorre nel porto di due fucili!). Guardie zoofile Le associazioni zoofile sono normali associazioni private, prive di personalità giuridica di diritto pubblico. La più nota è l’ENPA (ente nazionale protezione animali). L’art. 27 della legge sulla caccia 157/1992 equipara, al fini della vigilanza venatoria, le guardie zoofile alle guardie ecologiche. La legge 178/2004 sul maltrattamento degli animali ha infine stabilito (at. 6): 1 . Al fine di prevenire e contrastare i reati previsti dalla presente legge, con decreto del Ministro dell’interno, sentiti il Ministro delle politiche agricole e forestali e il Ministro della salute, adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di coordinamento dell’attività della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo forestale dello Stato e dei. Corpi di polizia municipale e provinciale. 2 . La vigilanza sul rispetto della presente legge e delle altre norme relative alla protezione degli animali è affidata anche, con riguardo agli animali di affezione, nei limiti dei compiti attribuiti dai rispettivi decreti prefettizi di nomina, ai sensi degli articoli 55 e 57 del codice di procedura penale, alle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute. L’articolo dice quindi chiaramente che l’accertamento dei reati è riservato alle forze di polizia aventi competenza generale. Alle guardie ecologiche e zoofile sono attribuiti solo compiti di vigilanza. Il richiamo agli art. 55 e 57 del codice di procedura penale è un evidente errore del legislatore (il quale spesso inserisce nelle leggi le cosiddette “clausole di stile” che sono nelle orecchie di tutti, ma non hanno alcun significato concreto) perché il Prefetto non ha alcun potere di attribuire qualifiche di polizia giudiziaria e quindi di indicare nel decreto di nomina di una guardia giurata che essa è agente di PG. In conclusione le guardie zoofile sono: normali guardie giurate private senza particolari poteri, con la qualifica di incaricati di pubblico servizio, in relazione ai compiti di protezione animali; normali guardie giurate private, equiparate alle guardie volontarie delle associazioni protezionistiche, solamente per quanto concerne la vigilanza venatoria, nei modi previsti dalla legge sulla caccia. Quanto sopra esposto è stato confermato di recente dalla sent. 298 del 26 gennaio 2007 (emessa il 28-11-2006) del Consiglio di Stato. La circostanza che in alcuni tesserini sia stato scritto che le guardie zoofile sono agenti di PG, è un errore ed è priva di rilevanza giuridica. Le sentenze 6529/2007 e 6530/2007 del Consiglio di Stato, emesse in relazione alla legge del 2004, ha escluso che le guardie dell’ENPA (o di altre associazioni) abbiano diritto ad ottenere licenza di porto d’armi. 21 PAGINA regola i verbali delle guardie giurate. Le Guardie volontarie in genere Ad esse si applica poi, salvo diversa disposizione, l’art. 13 della legge 689/1981 per cui possono: assumere informazioni, procedere ad ispezioni di cose e luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica; procedere al sequestro cautelativo delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa; procedere alla contestazione dell’infrazione. Le guardie volontarie venatorie Quanto appena detto vale anche per le guardie venatorie, per cui, però, è stata dettata una normativa particolare che, definire confusionaria, è dir poco. L’art. 57 del Codice di procedura penale attribuisce la qualifica di agente di PG solo a persone inquadrate in corpi alle dipendenze di enti pubblici con l’unica eccezione di coloro «ai quali leggi e regolamenti attribuiscono le funzioni di cui all’art. 55» e cioè di accertare reati. Ora la legge 11 febbraio 1992 n. 157 (nuova legge sulla caccia, posteriore al nuovo c.p.p.), all’art. 27, dice che la vigilanza venatoria è affidata: a) agli agenti alle dipendenze degli enti locali delegati. «Ad essi è riconosciuta la qualifica di agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza ai sensi della legislazione vigente»; b) alle guardie giurate comunali, forestali e campestri, le quali per la legge del 1907 sono anche agenti di PS; c) alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, ecologiche, zoofile riconosciute da leggi regionali. ecc. d) alle guardie giurate private; la legge avrebbe fatto meglio a precisare che esse possono intervenire solo all’interno dei terreni affidati alla loro sorveglianza e non certo girare per le campagne a scovar bracconieri! È quindi la legge stessa sulla caccia la quale esclude che alle guardie volontarie possa essere riconosciuta la qualifica di agente di polizia giudiziaria (e tanto meno di agente di PS). L’art. 28 successivo precisa l’importanza della distinzione stabilendo che solo gli addetti alla vigilanza che siano anche agenti di PG, possono procedere a sequestro amministrativo o penale. È evidente, quindi, che non ha senso la tesi secondo cui chi è comunque incaricato di vigilare affinché non vengano commessi reati, divenga automaticamente agente di PG quando interviene: la legge incarica una serie lunghissima di guardie di ogni genere di svolgere «attività di vigilanza» affinché non vengano commesse violazioni alle leggi venatorie, ma poi stabilisce che atti di polizia giudiziaria (cioè atti di indagine ed intervento con rilevanza processuale penale quali sequestri, perquisizioni, assunzione di informazioni, ispezioni, ecc.) possono essere compiuti solo da chi ha specifiche attribuzioni di polizia giudiziaria. Perciò non si può far derivare la qualifica di PG dalle attribuzioni perché la norma della legge sulla caccia è norma speciale che deroga espressamente al CPP! L’unico dubbio che potrebbe sorgere è il seguente: è possibile che una legge regionale attribuisca la qualifica di agente di PG a soggetti diversi da quelli indicati nella legge? La risposta deve essere negativa perché la Regione non ha poteri in materia di leggi penali e solo lo Stato può attribuire la qualifica di agente di PG. Inoltre la legge sulla caccia risulta aver espressamente delimitato l’ambito dell’art. 55 c.p.p. Chi non è agente di polizia giudiziaria (lettere b, c, d) può controllare solo persone che siano congiuntamente: a) in esercizio o atteggiamento di caccia e in possesso di armi o arnesi atti alla caccia. A queste persone può essere richiesto di fornire le proprie generalità, di mostrare eventuali armi o arnesi o selvaggina in loro possesso e, in caso le possiedano, di esibire i documenti che giustifichino il porto di armi e l’esercizio della caccia. Le guardie volontarie non possono procedere ad alcuna perquisizione né a sequestro di armi, PAGINA 22 Caccia 2000 Agosto 2009 L’ANGOLO DEL VETERINARIO a cura della Dr. Patrizia Bragagna Rogna: una vecchia malattia sempre attuale La rogna o meglio “Le rogne” sono malattie parassitarie sostenute da acari che colpiscono la maggior parte degli esseri viventi, compresi i rettili e gli uccelli, anche se, per l’aspetto clinico, di “rogna vera e propria” si può parlare Sarcoptes scabiei solo quando sono coinvolti gli acari del genere Sarcoptes, che colpiscono essenzialmente i mammiferi, compreso l’uomo. Questo genere, infatti, visibile solamente al microscopio ottico, a differenza di altri che vivono esclusivamente sulla superficie cutanea dell’ospite nutrendosi di annessi epidermici (penne o pelo) senza creare evidenti lesioni alla pelle, penetra nello spessore dell’epidermide infilandosi nei canalicoli delle ghiandole sebacee. Inoltre, le femmine, dopo la fecondazione, scavano gallerie nello strato granuloso dell’epidermide stessa depositando 2/4 uova al giorno per un totale di 200 uova nella loro vita. Da queste nascono le larve che evolveranno in ninfe e di seguito in acari adulti. Il ciclo riproduttivo completo si realizza in 2-3 settimane per poi ricominciare. Il passaggio degli acari da un animale all’altro della stessa specie avviene per contatto diretto, che si realizza attraverso le cure parentali, gli accoppiamenti e le relazioni sociali o più raramente per via indiretta, attraverso la frequentazione di luoghi comuni contaminati, quali saline e giacigli dove l’acaro può sopravvivere pochi giorni, in funzione delle condizioni ambientali che trova. Questa seconda modalità spiega inoltre, la trasmissione tra alcune specie diverse, com’è avvenuto inizialmente per la rogna del camoscio che ha colpito pesantemente anche lo stambecco e la capra selvatica. Va comunque precisato che gli acari della rogna sono essenzialmente specie-specifici, in quanto l’acaro che colpisce il camoscio, Sarcoptes scabiei var. rupicaprae non può colpire il cinghiale e la volpe, che vengono parassitati rispettivamente da Sarcoptes scabiei var. suis e Sarcoptes scabiei var. canis. Questo dato, supportato da lavori di ricerca scientifica, esclude in maniera pressochè certa, la possibilità che la volpe possa fungere da serbatoio o trasmettere la malattia agli ungulati. I sintomi nel camoscio (lo stambecco presenta un decorso diverso) si manifestano entro poco tempo dal contagio, da qualche giorno a tre settimane; al prurito sempre più intenso, gli animali rispondono con evidente nervosismo e grattamento incoercibile, strofinandosi su qualsiasi superficie ruvida a disposizione. Successivamente, compaiono l’alopecia (perdita di peli, non sempre visibile) e lesioni crostose screpolate e maleodoranti (odore di grasso rancido) a partire dal muso e dal collo in estensione a tutto il corpo. In questa seconda fase, si manifestano lesioni dermatologiche secondarie a infezioni microbiche, un calo delle difese immunitarie e un conseguente cambio del comportamento, che porta l’animale ad isolarsi, ad abbassarsi di quota e a perdere l’appetito, fino a giungere a morte entro 2-4 mesi dal primo contagio. Non tutti però muoiono, alcuni individui (circa il 10%), dotati di resistenza genetica all’infezione, riescono a superare la malattia andando incontro a guarigione spontanea, anche se la risposta immunitaria, seppur presente, non genera nell’animale sufficiente protezione. Nel caso in cui una popolazione vergine e numericamente consistente di camosci venga parassitata da questo acaro, (decorso acuto) la mortalità potrà raggiungere valori molto alti (75 – 90%), come avvenne in alcune zone del tarvisiano negli anni ’90, e si arresterà solamente quando la densità della po- PAGINA 23 polazione si aggirerà intorno a 1,5 capi/100 ha (soglia dell’estinzione dell’ospite), esaurendosi in genere in 5-7 anni, spontaneamente. La malattia, una volta divenuta endemica, acquisisce carattere ciclico e tende a ripresentarsi ogni 7 -12 anni con virulenza via via sempre più attenuata e tassi di mortalità sempre più ridotti, che si attestano intorno al 10 - 15%. Nel cinghiale la rogna sarcoptica ha un decorso significativamente diverso sia per quanto riguarda l’aspetto sintomatologico che epidemiologico. Per il primo punto va evidenziato che l’acaro si localizza in prevalenza all’interno del canale uditivo e sui padiglioni auricolari originando un processo infiammatorio che si manifesta con eritema, eczema, forfora e nella fase più acuta croste. Queste ultime si possono evidenziare inoltre, anche nella zona del garrese, sui tarsi e sulla coda. In relazione al secondo punto si è accertato che gli animali colpiti con maggiore intensità sono i giovani cinghiali, che manifestano un esasperato stress da prurito con conseguente perdita dell’appetito e morte per inanizione (carenza continuata di cibo). Contrariamente all’andamento delle epidemie di rogna che colpiscono i camosci, gli stambecchi e anche le volpi, causando fino al 90% di mortalità nella popolazione, di norma la parassitosi che colpisce i cinghiali presenta caratteristiche di scarsa infestività (mortalità dal 2 all’8%) e non influenza le dinamiche demografiche della popolazione. Le varietà di Sarcoptes scabiei che colpiscono gli animali possono colpire anche la cute dell’uomo, dove però non sopravvivono più di 5 giorni, causando papule (piccoli rilievi della pelle dalle dimensioni di una lenticchia) ed uno spiacevole prurito che comunque si ri- solve spontaneamente nel giro di una quindicina di giorni. Per tale motivo si consigliano i cacciatori e gli escursionisti che dovessero imbattersi in animali morti o malati di non toccarli ma di segnalare tempestivamente il loro sospetto agli Organi di vigilanza. Per chi ne venga inavvertitamente in contatto, invece, una volta appurato con certezza che si tratti di rogna, si consiglia appena giunti a casa di lavare gli indumenti, visto che un normale bucato è sufficiente per ucciderli e benché non vi siano evidenze di trasmissione tra persone è bene rivolgersi al proprio medico. Patrizia Bragagna medico veterinario servizio fotografico di MOMA MARZIO CONTRIBUTI PER RIPRISTINO AMBIENTALE 2009 Si ricorda che il prossimo 31 Agosto scade il termine per la presentazione della domanda per poter ottenere un contributo in merito ai lavori di ripristino ambientale fatti dalle Riserve dove sono presenti ns. Soci. Alla domanda si dovrà allegare l’elenco delle giornate lavorative ed una piantina delle località in cui sono stati fatti i lavori di ripristino e pulizia. Il contributo erogato sarà proporzionato al numero dei Soci A.C.B. iscritti alla Riserva. PAGINA 24 Caccia 2000 Agosto 2009 Dalla Provincia: Situazione della Rogna L’epidemia di rogna sarcoptica interessa le popolazioni di camoscio del versante alpino settentrionale (Alpi Bavaresi e Austriache) già dagli inizi del XIX secolo (Boch e Schneidawind, 1988): dalle descrizioni dell’epoca si ritiene che il primo focolaio sia comparso in Stiria, mentre è certa la presenza della malattia in Carinzia (Val di Malta) nel 1870 e, successivamente nel Salisburghese nord orientale. Nel 1917 l’intera regione di Salisburgo è colpita dalla rogna sarcoptica, secondo un rapporto dell’Imperialregio Ministero dell’Agricoltura. Nella prima metà del XX secolo, almeno due sono i focolai accertati in Austria: al confine con la Baviera e nella porzione occidentale delle Alpi dello Ziller. (Carmignola & a., 2006) Nel 1949, verosimilmente con una espansione “a macchia d’olio” iniziata dalla Carinzia, giunge a interessare le popolazioni presenti sul versante carnico della Val Canali (UD). Nelle Alpi Carniche e nel Tarvisiano la malattia diventa endemica; da qui, nonché dai focolai dello Zillertal e degli Alti Tauri, l’espansione “a salti”, attribuibile ai movimenti migratori di soggetti sia giovani che adulti, ha successivamente innescato due nuovi focolai: • nel 1976 in val Pusteria, nei gruppi montuosi a nord del fiume Rienza: il focolaio si mantiene attivo fino al 1996; • nel 1978 nelle Alpi Giulie settentrionali. Nel 1995, si sono verificati i primi casi in provincia di Belluno: un focolaio in Val Marzon (Auronzo di Cadore), poco lontano dal confine con la provincia di Bolzano e, nel 1998, un altro in Val Visdende (Comelico), lungo il confine con l’Austria. Nel 1987, invece, erano esplosi, quasi contemporaneamente, diversi focolai della malattia nella penisola Iberica (Ruiz Martinez et al., 1996): oltre al camoscio – in questo caso il Rupicapra pyrenaica parva gravitante sulla Cordigliera Cantabrica – sono state decimate anche le popolazioni andaluse di Capra pyrenaica, nonché un nucleo da poco introdotto di Ammotragus lervia ( ). Sono stati interessati anche altri ruminanti selvatici, in particolare, il cervo. Nelle Alpi Orientali la malattia, dalla sua comparsa nel 1995 in val Cengia (Auronzo di C.), si è espansa soprattutto “a macchia d’olio” fino al 1999. Nel 2000 si è verificato un salto spaziale in direzione Est-Ovest con la comparsa di un nuovo focolaio lungo il confine fra l’Agordino (Livinallongo) e l’alta Val Badia, mentre nel 2001 si verificano i primi ritrovamenti in provincia di Trento. Più lento è stato, invece, l’avanzamento in direzione Sud, lungo l’asta del fiume Piave. La mortalità, ascrivibile alla malattia, non è risultata omogenea nelle diverse metapopolazioni, con un range di valori su scala locale molto ampio (da un minimo del 10% ca. fino a un massimo del 90% ca. della popolazione iniziale). Al momento attuale le Valli dell’Inn, dell’Adige e dell’Isarco rappresentano il limite occidentale dell’espansione della malattia, che nel suo cammino ha travolto anche lo stambecco. Sono state interessate sia le popolazioni presenti in Pusteria (nel periodo 1976-1996), sia le tre popolazioni di stambecco gravitanti tra le provincie di Belluno, Trento e Bolzano (con l’attuale epidemia). Stambecco rognoso - Lastroni delle Marmarole, 2008 Gli effetti più drammatici sono stati registrati nella colonia della Marmolada dove, quasi l’80% della popolazione, è morto a causa della rogna. Il valore ecologico dello stambecco, tuttavia, ha indotto considerazioni gestionali diverse e nei confronti di questa colonia è stato messo in atto, tra il 2006 e il 2008, un progetto di restocking attraverso il rilascio di alcuni soggetti provenienti dallo Joffuart – Montasio delle Alpi Carniche (UD), la cui popolazione è già stata interessata dalla malattia nel passato. Per quanto riguarda il muflone, tra il 2006 e il 2007 in provincia di Belluno, sono stati registrati otto casi di capi rognosi (equamente distribuiti fra maschi e femmine), mentre due casi sono stati accertati in provincia di Trento. Mentre l’epidemia sta raggiungendo, per la prima volta, le popolazioni più meridionali della nostra provincia a partire PAGINA 25 dall’autunno-inverno 2007/08 è iniziata, in val Marzon (Auronzo di Cadore) e successivamente nelle Marmarole, l’attesa (in quanto prevista, non certo desiderata …) seconda ondata di rogna. Dai dati in bibliografia, la mortalità dovrebbe rimanere limitata a un 10-30% della popolazione: l’Amministrazione Provinciale di Belluno monitora con cadenza mensile le popolazioni in oggetto. A partire dal 2000, comunque, in concordanza con l’aspettativa di espansione della rogna, l’Amministrazione Provinciale ha spinto verso un sistema di censimenti estivi della specie camoscio – svolti in collaborazione e con la partecipazione fondamentale dell’ambiente venatorio - che fosse basato sui massicci montuosi come unità fondamentale delle metapopolazioni: all’interno di ogni massiccio diviene possibile individuare una o più sottopopolazioni, che sono separate da quelle gravitanti su massicci limitrofi da patches di ambienti non favorevoli. 1 2 Gruppi montuosi censiti per anno 3 Il massiccio come unità di popolazione stabilisce, perciò, una scala di lavoro tale che dispersione, connettività e frammentazione risultano processi i cui effetti, dal punto di vista gestionale, possono essere trascurati nel brevemedio periodo. Le informazioni periodicamente acquisite sulle metapopolazioni, associate al costante monitoraggio dell’epidemia – in particolare con il recupero degli animali morti – permette una puntuale gestione venatoria secondo il protocollo studiato con l’Università di Torino e riportato nel seguente diagramma, dove si esplicano gli obiettivi gestionali (riquadro blu) e il relativo intervento (riquadro rosso) a seconda della situazione dell’epidemia. Zona indenne, confinante con zone Fruire interessate della risorsa da casi di camoscio malattia o zona con primi casi certi Casi ripetuti di rogna su Risparmiare gran parte soggetti della zona resistenti con calo demografico evidente Casi di rogna su gran parte Raggiungere della zona “densità con calo ottimali” demografico modesto o nullo Rinforzo del prelievo (fino al 20% dell’ effettivo) Abbattimento dei soli capi rognosi Principi di gestione generali PER LA REALIZZAZIONE DI QUESTO NUMERO HANNO COLLABORATO: Bellus Luca, Bastianon Barbara, Berton Franca, Berton Piergiuseppe, Boranga Patrizia, Buffello Luigino, Cadorin Giovanni, Canal Nicola, Corso Valter, Curto Carlo, Dal Pan Elvio, Dal Pan Vanni, Di Lavaredo Franco, Moma Marzio, Pagnussat Gianpaolo, Pante Luciano, Pasa Loris, Pelli Sandro, Perco Daniela, Permunian Roberto, Pioggia Pasquale, Saviane Daniele, Sbardella Enzo, Valgonio Giulio, Zancolò Amilcare. PAGINA 26 Caccia 2000 Agosto 2009 Notizie dai Circoli RINNOVO CARICHE SOCIALI riserva di LAMON A seguito delle dimissioni del Presidente della riserva alpina di caccia, Sig. Grisotto Devis, l’Assemblea ha provveduto alla nomina del nuovo Presidente e del Consiglio direttivo. Il Consiglio direttivo nella riunione del 30/04/2009 ha assegnato ai Consiglieri eletti i vari incarichi: CASAGRANDE Omar - Vicepresidente con delega alle licenze; MALACARNE Omar & POLETTI Graziano – gestione ungulati e organizzazione mostre trofei; BOLZON Alberico – gestione lepre, acquisto e lancio, lotta ai nocivi; RESENTERRA Luigi – gestione fagiani, acquisto e lancio; TOLLARDO Paolo – programmazione attuazione e controllo sfalci; CASAGRANDE Omar & CONTE Simone – gestione fagiano di monte; CONTE Simone – manutenzione casera Leib; CASAGRADE Omar, CONTE Simone, POLETTI Graziano – manutenzione sentieri; MALACARNE Omar – prenotazione e allestimento locali per assemblee e riunioni; FAORO MOSÈ - PRESIDENTE; Il comitato direttivo nomina segretario cassiere il socio TOLLARDO Andrea. (P. L.) riserva di PUOS D’ALPAGO I cacciatori della Riserva si sono trovati per procedere al rinnovo delle cariche sociali. Questi i risultati delle votazioni. Saviane Daniele: riconfermato Presidente. Consiglieri: Bortoluzzi Bruno – Dal Farra Gianluigi – Paladini Luciano – Zoppè Nello Paolo. (S. D.) RISERVA DI SEDICO Nella riunione dei Soci della Riserva di Sedico del 04.07.2009 con all’O.d.G. le votazioni per il rinnovo delle cariche sociali sono risultati eletti: Presidente riconferi cacciatori di Puos d’alpago mato: BORTOT Gianpietro; Vicepresidente: MUSSOI Ezio; Consiglieri: BUFFELLO Stefano, CARLIN Franco, BORTOT Dario, ROSSA Mauro, VIADENATI Paolo, DE TOFFOL Orazio, VEDANA Denis A tutti giungano le congratulazioni e gli auguri di buon lavoro dalla redazione di Caccia 2000 (B. L.) DA CESIOMAGGIORE Vorrei fare un pubblico applauso a quei cacciatori che, da tanti anni, vanno in montagna con roncole e seghetti per tenere puliti i sentieri che poi vengono percorsi da tutti “cacciatori e non”. La nostra Riserva, nel periodo che va dal 15 al 30 giugno, con l’attrezzatura idonea, (decespugliatori, falciatrici ecc.) procede anche al taglio dell’erba. È questo il periodo migliore per fare questa operazione; non concordo, infatti, pur applaudendo i volontari, sempre pochi che lo fanno, con le Riserve che organizzano queste operazioni di sfalcio nei mesi di Luglio ed Agosto. Questi mesi sono quelli più caldi e quindi i più asciutti. Il prato, con queste condizioni climatiche, cresce molto poco e causa così una scarsità d’erba nel periodo invernale quando servirebbe di più per alimentare le bestie che scendono di quota alla ricerca di cibo. Secondo il mio modesto parere ed osservando che da tanti anni non si procede più alla concimazione si dovrebbe procedere al taglio in primavera con successiva raccolta dell’erba secca “lespa”. Con questo sistema si avrebbe tutto l’anno un bel prato d’erba fresca e si eliminerebbero anche i rischi d’incendio. La lespa brucia, l’erba fresca no. Mi permetto quindi di suggerire ai Responsabili delle Riserve che organizzano queste encomiabili iniziative ed anche ai Dirigenti del Parco delle Dolomiti di programmarle nei suddetti periodi perché rinnovare le fonti alimentarti significa tutelare la salute dei tanto amati animali vuoi per una ragione a noi tanta cara, ma anche per quelli che la vedono e pensano in modo diverso del nostro. Valter Corso DA SAN GREGORIO Una tradizione che si ripete a S. Gregorio Come da tradizione, quasi decennale, anche quest’anno, con la collaborazione delle Maestre delle Scuole Elementari ed i Soci A.C.B. della Riserva di S. Gregorio sono state organizzate le passeggiate a carattere ambientae per le classi 4ª e 5ª. Il tema fondamentale, per entrambe le classi, è stato l’approfondimento della conoscenza dei vegetali e delle loro proprietà: questo non ha impedito di osservare dettagli e situazioni del mondo animale: tracce, nidi, fatte. Sono stati seguiti itinerari distinti, più semplice ed a quota inferiore per la 4ª, più impegnativo per la 5ª che è salita fino al Rifugio Ere. La scampagnata più impegnativa ha dato l’opportunità agli alunni della 5ª di poter osservare esemplari della fauna di montagna: alcuni mufloni, tra cui diversi piccoli dell’anno, camosci, un bel esemplare di corvo imperiale ed un altro di aquila. I Soci A.C.B. si sono impegnati per non far mancare i generi di conforto, come la colazione a metà percorso per entrambe le classi ed il pasto caldo alla Casera Ere per la 5ª. Puntuali e doverose anche le raccomandazioni finali sui pericoli delle zecche. Le uscite sono state precedute da conferenze in classe, come anticipazione di quello che si sarebbe osservato sul campo. (n.c.) i bambini della scuola elementare di s. gregorio Ha resistito alle eccezionali nevicate dello scorso inverno il “casonel o tabià di Val d’Onge” fatto ricostruire dalla sezione caccia di Auronzo, presieduta da Lorenzo De Filippo. Punto di riparo in passato per i pastori al seguito delle mandrie di bestiame che foto: MOMA MARZIO salivano lungo la vallata fino ai pascoli di Maraia, oggi oltre che servire ai cacciatori la nuova costruzione è disponibile anche per i numerosi turisti ed escursionisti che percorrono la selvaggia e suggestiva vallata dal Rifugio Città di Carpi fino alla “Crosera” in Val Marzon. Un modo questo per valorizzare il territorio con un’iniziativa di recupero dei segni del passato e allo stesso tempo promozionale che va a beneficio di tutto il paese. (F. d. L.) tri dal mio naso mi frullò la regina del bosco. Rimasi fermo ed immobile come una statua per qualche istante poi curioso ed affascinato mossi qualche passo e, per un attimo, il mio cuore si fermò. Il nido semplice e grande , non molto regolare era là ad un metro da me collocato vicino ad un albero tra un cespuglio e dell’erba secca. Le uova erano quattro bruno chiare con macchie cenere e marron. Mi allontanai e, una volta a casa, chiamai un mio amico attrezzato per riprendere e fotografare l’evento. Tornammo dopo due giorni con tutti gli accorgimenti ed i materiali necessari. Il tempo di appostarci e scattare qualche foto e via per non creare problemi. Soddisfatto ed ancora incredulo dopo queste foto, per non disturbare, non mi recai più a controllare. Ero riuscito, con impegno e dedizione, a realizzare il mio sogno. Valgonio Giulio A.C.B. Riserva di Mel DA MEL LA BECCACCIA - EMOZIONI UNICHE La mia passione per la caccia inizia da quando avevo 8 anni. A quei temfoto: valgonio pi uscivo da scuola e correvo subito dagli anziani per andare a caccia con loro. I VECI di allora ci “usavano” per stanare gli uccelli dalle siepi. E, a fine giornata, si contavano parecchi tordi, merli, fringuelli, averle ecc. Appena raggiunta l’età consentita superai gli esami di ammissione e diventai anch’io un cacciatore, padrone anche di un cucciolo razza setter. Quante emozioni ad ogni sparo, ad ogni frullo e quante discussioni con i più anziani. Quante “padelle”! Più passava il tempo più sentivo in me un’attrazione per la beccaccia. Cominciavo a studiarla, ad osservare questo stupendo uccello. Lo seguivo costantemente per anni ad ogni ripasso primaverile. Cocciutamente mi ero convinto di poter trovare un nido. Dedicavo tutto il mio tempo libero, guidato dall’istinto, appostato in vari posti lungo il fiume Piave. Fu una ricerca incessante durata parecchi anni e corredata da un’infinità di appunti giornalieri riportati su un libretto che conservavo gelosamente. Nonostante tutto l’impegno profuso il mio desiderio non si avverava; osservavo beccacce in coppia ma tutto svaniva quando capivo che i voli erano di normale routine. Ci furono anche degli anni di pausa dovuti a motivi di lavoro, ma che non mi fecero mai demordere e, proprio quest’anno, grazie ad una carica maggiore ho ripreso le osservazioni con più esperienza ed anche con più assiduità e, finalmente, dopo anni di attesa la grande soddisfazione: osservare una vera e reale parata nuziale (croule). Sapevo che la beccaccia per la nidificazione necessita di boschi misti con stato erbaceo, ricco di humus, di una buona protezione dai predatori e di una buona disponibilità alimentare. Non posso descrivere la mia meraviglia quando, dopo qualche giorno, inoltrandomi per l’ennesima volta dove immaginavo di trovare, di vedere una traccia a due me- foto: valgonio DA LOZZO DI CADORE Il giorno 22/04/2009 all’età di anni 74 è venuto a mancare improvvisamente all’affetto dei suoi cari e della comunità di Lozzo di Cadore il socio della riserva alpina di caccia Da Pra Graziello. Cacciatore da molti lustri, da sempre strenuo difensore del nostro ricco patrimonio faunistico, amava il suo territorio e la montagna nella sua interezza. Frutto di esperienza, sapeva affrontare anche delicate questioni venatorie con serietà ma sempre in modo scherzoso e scanzonato. Costantemente impegnato nelle diverse attività della riserva, metteva sempre a disposizione di tutti competenze professionali e qualità umane. Caro Graziello, ci piace ricordarti sull’altopiano di “Pian dei Buoi” in occasione delle numerose giornate di miglioramento ambientale e che necessariamente si concludevano in un piacevole momento conviviale. Ci manchi e ci mancherai molto anche in futuro. Ti sentiremo comunque vicino e avremo il tuo nobile esempio da onorare. (Z. A.) de prà graziello 27 PAGINA DA AURONZO Casonetto di Val d’Onge PAGINA 28 Caccia 2000 Agosto 2009 Poesia An Amigo di Erio Bernard L’amico cacciatore Erio Bernard, al quale auguriamo una veloce guarigione per essere pronto all’imminente apertura della stagione venatoria, ha pubblicato un libro scritto nel nostro dialetto dal titolo “Minestra e fun”. Da questa pubblicazione, veramente molto piacevole nella lettura e che consigliamo di leggere anche a Voi, abbiamo recuperato, per gentile concessione dell’Autore, la poesia An amigo. Visto che su questo numero di caccia 2000 il protagonista è il cane, l’abbiamo scelta perché parla dello stesso soggetto. Minestra e fun – editore Kellermann – Per acquisti rivolgersi all’Autore o alla pro-loco di Limana il Pellet