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Imprenditorialità e aziende dell`Italian style
Imprenditorialità e aziende dell’Italian style GUIDO CORBETTA∗ Abstract Le aziende dell’Italian style operano nei settori del Made in Italy con strategie competitive fondate su un processo progettuale e produttivo orientato al “bello e ben fatto”, su una distribuzione selettiva e su una comunicazione veicolante messaggi ad elevato contenuto simbolico facente leva sui caratteri evocativi della italianità. L’interesse per questa classe di aziende nasce dall’evidenza che esse presentano maggiori possibilità di competere con successo nei mercati internazionali e, quindi, di sostenere la competitività del sistema economico italiano. Sotto un profilo teorico, la scelta di approfondire l’imprenditorialità in una specifica classe di aziende costituisce un’utile premessa per costruire più solide teorie in tema di imprenditorialità. In questo articolo, utilizzando anche il campione delle circa sessanta imprese associate ad Altagamma, si indagano le specificità che assume l’imprenditorialità nelle aziende dell’Italian style. L’analisi è svolta dapprima individuando i tratti distintivi sia delle formule imprenditoriali di queste imprese sia dei loro imprenditori e poi approfondendo le condizioni che possono favorire una loro maggior penetrazione nei paesi ad alto tasso di crescita. L’articolo si conclude con alcune riflessioni su tre elementi che dovrebbero caratterizzare la trasmissione della vis imprenditiva alle giovani generazioni imprenditoriali di queste aziende: la maturazione culturale, l’apertura internazionale e l’ispessimento della cultura manageriale. Parole chiave: imprenditorialità, opportunità imprenditoriali, Italian style e Made in Italy, BRICs Italian style firms operate in the Made in Italy industries adopting competitive strategies built on desing and production processes oriented to "beautiful and very well crafted", on selective distribution and on communication systems which spread messages having highly symbolic content, leveraging on all those characters evoking the Italian style. The interest for this kind of firms derives form the evidence that they have the greater possibilities to compete successfully in the international environment and, therefore, to support the competitiveness of the Italian economic system. From a theoretical point of view, the choice to focus on a specific class of firms helps in building more solid theories on entrepreneurship. The objective of the present article, using also the sample of approximately sixty firms, members of Altagamma, is a better understanding of entrepreneurship in Italian style firms. In order to do that, the first part is devoted to define idiosyncrasies both of the entrepreneurial formulas of these firms and of their entrepreneurs. Secondly the analysis goes thoroughly into the conditions which may help these firms in entering countries having high ∗ Ordinario di Strategia e politica aziendale - ISEA Università Bocconi, Milano e-mail: [email protected] sinergie n. 71/06 IMPRENDITORIALITÀ E AZIENDE DELL’ITALIAN STYLE 54 growth rates. Finally, the article proposes some conclusions on three elements which should characterize the transmission of the “entrepreneurial vis” to the young entrepreneurial generations: cultural ripening, international opening and managerial culture strengthening. Key words: entrepreneurship, entrepreneurial opportunities, Italian style and Made in Italy, BRICs Premesse I settori del Made in Italy, secondo una recente ricerca (Fortis, 2005), includono le aziende operanti nelle produzioni di beni per la persona (tessile e abbigliamento, pelletteria e calzature, gioielli, occhiali), di beni per la casa (mobili, lampade, piastrelle, pietre ornamentali), di prodotti tipici dell’alimentazione italiana, di vari tipi di apparecchi e macchine - in gran parte connesse alle specializzazioni precedenti - e di mezzi di trasporto. La definizione ora citata presenta tratti di originalità rispetto ad altre, in quanto considera come variabile discriminante l’eccellenza del sistema produttivo e non la localizzazione produttiva scelta dall’azienda. Tale aggregato, alla data dell’ultimo censimento (2001), comprendeva circa 410.000 imprese che occupavano complessivamente 3 milioni e 167 mila addetti, pari quasi al 65% dell’occupazione manifatturiera nazionale. Considerando solo le 4000 imprese di medie dimensioni censite da Mediobanca-Unioncamere1, quelle operanti nei settori del Made in Italy rappresentano circa i tre quinti del valore aggiunto totale prodotto. Il fatturato netto di queste imprese è cresciuto da circa 60 miliardi di Euro del 1996 a circa 80 miliardi di Euro del 2002, con un fatturato all’esportazione che si è mantenuto stabile intorno al 36%. Nello stesso periodo le medie imprese non appartenenti ai settori del Made in Italy sono passate da 34 miliardi di Euro di fatturato a 52 miliardi di Euro con una incidenza media del fatturato all’estero inferiore al 30%. Oltre alle queste quattro “A” manifatturiere (abbigliamento, arredo, alimentare e automazione), nel Made in Italy si possono comprendere altresì le aziende del sistema turistico. Sotto questo profilo le risorse del nostro Paese appaiono straordinarie: un territorio capace di coniugare mare, montagna, campagne e colline di bellezza incomparabile; una cultura e una storia che si esprimono nelle città d’arte, nei monumenti e nei siti archeologici, nella straordinaria varietà degli eventi artistici e culturali, nella celebrazione delle tradizioni; la carta vincente dell’enogastronomia. Tutto ciò contribuisce a fare dell’Italia un polo mondiale di attrazione turistica (Fortis, 2005). Gli anni Novanta del secolo scorso sono stati il periodo della piena affermazione mondiale delle specializzazioni del Made in Italy e della definitiva percezione del loro successo nell’opinione pubblica italiana e 1 Utilizzando la classificazione Mediobanca-Unioncamere, per imprese di medie dimensioni si intendono quelle aventi forma giuridica di società di capitali, con un fatturato compreso tra 13 e 260 milioni di Euro, un numero di dipendenti compreso tra 50 e 499 addetti e non controllate da società di grandi dimensioni. GUIDO CORBETTA 55 internazionale. Il Made in Italy è divenuto pertanto un fenomeno economico degno di sempre maggiore attenzione. Nei settori del Made in Italy così intesi, manifatturieri o di servizi che siano, operano imprese con formule imprenditoriali alquanto diverse tra loro. Alcune di esse (qui denominate dell’Italian style) hanno messo a punto strategie di differenziazione tese a costruire e sostenere un vantaggio competitivo fondato su un processo progettuale e produttivo orientato al “bello e ben fatto”, su una distribuzione selettiva e su una comunicazione veicolante messaggi ad elevato contenuto simbolico. In altre parole, queste imprese sono impegnate a offrire beni o servizi di elevata qualità progettuale e realizzativa e a comunicarli facendo leva sui caratteri evocativi della italianità. Tali caratteri, secondo una recente ricerca condotta intervistando centinaia di studenti stranieri residenti in Italia, sono i seguenti: artigianalità, design , bellezza, eleganza, grazia, equilibrio, funzionalità e usabilità. In sintesi, le aziende dell’Italian style integrano la “dimensione estetica nel quotidiano” (Saviolo e Corbellini, 2004). Secondo le definizioni qui adottate, quindi, in un settore del Made in Italy, come ad esempio quello delle calzature, operano le aziende dell’Italian style e le aziende che perseguono altre fonti di vantaggio competitivo. Ferragamo, Prada e Tod’s rappresentano esempi di aziende che hanno costruito il loro successo sugli elementi tipici dell’Italian style, mentre nello stesso settore una azienda come Geox, pure di successo, ha puntato su altri elementi di differenziazione. Antinori, Ferrari F.lli Lunelli o Frescobaldi sono esempi di aziende dell’Italian style nel settore vinicolo nel quale peraltro operano molte altre aziende con strategie affatto diverse (Figura 1). … Settore chimico Settori del Made in Italy Settore assicurativo Aziende dell’Italian style … Fig. 1: La collocazione delle aziende dell’Italian style Fonte: Elaborazione dell’Autore In questo articolo ci si propone di indagare quali siano le specificità che assume l’imprenditorialità nelle aziende dell’Italian style2. L’analisi è svolta dapprima 2 Molte delle riflessioni seguenti sono fondate sulla osservazione ormai pluriennale di decine di aziende associate ad Altagamma. Altagamma raggruppa circa 60 imprese 56 IMPRENDITORIALITÀ E AZIENDE DELL’ITALIAN STYLE indagando le specificità delle formule imprenditoriali di queste imprese e dei loro imprenditori e, successivamente, riflettendo sulla opportunità imprenditoriale più significativa rappresentata dalla penetrazione nei paesi ad alto tasso di crescita economica. Da ultimo, si propone qualche riflessione sul tema alquanto critico della trasmissione della vis imprenditiva alle nuove generazioni. La focalizzazione sulle aziende dell’Italian style nasce dall’evidenza pratica che tali aziende sono quelle che hanno le maggiori possibilità di competere con successo nei mercati internazionali e, quindi, di sostenere la competitività del sistema paese. Queste imprese possono diventare dei “campioni” che trainano altre aziende, spesso di dimensioni minori, consentendo anche a queste ultime di perseguire processi di sviluppo e di crescita. Dal punto di vista teorico le considerazioni di seguito proposte assumono come riferimento il lavoro di Shane e Venkataraman (2000) secondo i quali l’imprenditorialità implica lo studio delle fonti di opportunità imprenditoriali; dei processi di scoperta, valutazione e sfruttamento delle stesse; dell’atteggiamento degli individui che gestiscono tali processi. L’imprenditorialità può essere quindi sia una caratteristica delle organizzazioni che un aspetto del comportamento delle persone. Come conclude Lynkskey (2002), le due dimensioni non si escludono l’un l’altra, ma, al contrario, devono essere considerate come reciprocamente legate. La scelta di analizzare l’imprenditorialità in una determinata classe di aziende risponde alla necessità, richiamata da vari Autori, di giungere ad una teoria sull’imprenditorialità analizzando specifiche forme organizzative (Gartner, 2001). Tale invito è stato raccolto, ad esempio, da quegli Autori che si sono concentrati sui settori technology-based; l’analisi qui svolta sulle aziende dell’Italian style rappresenta un contributo innovativo anche perché dedicata a una classe di aziende sinora poco indagata negli studi sulla imprenditorialità. 1. I tratti distintivi delle aziende dell’Italian style Di norma, le aziende dell’Italian style, possono essere aggregate attorno a due poli dimensionali. Da un lato si trovano le aziende di medie dimensioni, come quelle associate ad Altagamma, che impiegano qualche centinaio di dipendenti e raggiungono soglie di fatturato annuo anche ben superiori ai 100 milioni di euro. Dall’altro si trovano le aziende di dimensioni assai ridotte, quasi artigiane, che contano poche unità o decine di dipendenti. italiane di reputazione internazionale, che operano nella fascia alta del mercato, che esprimono la cultura e lo stile italiano nella gestione d'impresa e nel prodotto e che si distinguono per innovazione, qualità, servizio, design e prestigio. Tali aziende, operanti in vari settori del Made in Italy, sono caratterizzate da strategie orientate alla differenziazione fondata sull’Italian style. Tra esse, si possono citare Bulgari, Etro, Ferragamo, Tod’s, Versace, Zegna nei settori fashion based; Alessi, Artemide, Flou, Fontana Arte nei settori design based; Ferrari F.lli Lunelli, Caffarel e Illy nei settori alimentari; Ferrari Auto, Villa d’Este Hotel, Riva in altri settori. GUIDO CORBETTA 57 Pur nella loro varietà, tutte le aziende dell’Italian style, piccole o medie che siano, sono accomunate da una gestione attenta della propria dinamica dimensionale. Tali aziende, infatti, sono impegnate nella progettazione e realizzazione di prodotti e servizi di elevata qualità e ciò richiede la messa a punto di sistemi produttivi e di gestione in grado di minimizzare la non rispondenza agli standard previsti. Di conseguenza, queste aziende preferiscono evitare “balzi” dimensionali per il timore che essi rendano più difficile il processo di adeguamento tempestivo delle risorse e delle competenze in essere. Una crescita accelerata potrebbe spingere a selezionare collaboratori dai profili poco adatti alla formula imprenditoriale tipica delle aziende dell’Italian style; potrebbe accelerare la carriera di persone non adeguatamente testate all’interno dell’azienda; potrebbe indurre a soddisfare i fabbisogni produttivi con materie prime e altri componenti di qualità inferiore a quella richiesta, per carenza di disponibilità; potrebbe comportare una minore qualità a seguito della tendenza a diminuire i controlli al fine di far fronte alle esigenze di maggiori volumi produttivi; potrebbe indurre a intensificare il ritmo di sviluppo di nuovi prodotti privi della necessaria originalità pur di soddisfare le richieste provenienti dai canali distributivi; potrebbe spingere a estendere la rete distributiva - di proprietà, in franchising, o indipendente - coinvolgendo partner commerciali non adatti, e così via. I processi di crescita di successo in queste aziende si presentano quindi calibrati e progressivi, prevalentemente organici, guidati dalla preoccupazione che la crescita non contraddica i principi ispiratori dell’Italian style. Un secondo elemento, di natura sempre strutturale, tipico di queste aziende riguarda il controllo familiare. Molte di queste aziende sono a totale controllo familiare; alcune invece, pur se aperte al contributo di soci non familiari, sono comunque controllate da una o poche famiglie proprietarie. Il contributo della famiglia proprietaria nelle aziende dell’Italian style non sembra limitarsi alla proprietà del capitale (Vallini, 1990). Talvolta, il nome della famiglia si identifica con il brand dell’azienda che gode di una reputazione radicata nella storia della famiglia stessa; spesso, uno o più familiari sono responsabili di attività critiche per il successo dell’azienda; sovente uno o più membri della famiglia rappresentano pubblicamente l’azienda e ne sostengono l’immagine anche grazie ad un sistema di relazioni personali. Di norma, si tratta di famiglie nelle quali uno o più membri padroneggiano i modelli culturali necessari per comprendere i caratteri tipici dell’italianità e per trasmetterli ai propri collaboratori in modo che essi vengano tradotti nei prodotti e nei servizi offerti dall’azienda. Considerando le attività della catena della catena del valore (Porter, 1987), le aziende dell’Italian style dedicano molte risorse alle attività di sviluppo della tecnologia e di marketing e vendite. L’investimento in queste attività, terzo elemento tipico di tali aziende, si sostanzia nell’allocazione di risorse finanziarie, nell’impiego di collaboratori e partner dai profili qualitativi adatti e nell’accumulo di conoscenze distintive rispetto ai competitori. Lo sviluppo della tecnologia è un’attività essenziale per svolgere secondo elevati standard di qualità le attività operative e le altre attività primarie e si concretizza 58 IMPRENDITORIALITÀ E AZIENDE DELL’ITALIAN STYLE nella messa a punto di originali processi e strumenti di sviluppo e ingegnerizzazione di nuovi prodotti. Un caso di grande interesse riguarda l’Alessi, una azienda operante nel settore dei casalinghi che ha messo a punto un processo di ideazione e di selezione dei progetti che le consente di “rafforzare il ruolo di mediatore tra l’immensità del possibile creativo e i clienti finali” (Alessi, 1998). A tal fine, Alessi ha creato il Centro Studio Alessi, dedicato al coordinamento del lavoro di giovani designer e alla “ricerca trasversale” che prevede il coinvolgimento di consulenti provenienti da diversi ambiti culturali e professionali (Lojacono, 2006). Per quanto riguarda le attività di marketing, gli sforzi maggiori sono finalizzati, in primo luogo, a comprendere a fondo i bisogni dei clienti italiani che manifestano interesse per i prodotti dell’azienda. La conquista di tale clientela “abituata al bello” (Saviolo e Corbellini, 2004), infatti, è una condizione necessaria sia per orientare l’attività successiva di sviluppo della tecnologia che per creare una reputazione da spendere poi con i clienti internazionali (Ciappei, Chiari, 1996)3. In secondo luogo, le attività di marketing sono finalizzate a dare valore al prodotto o al servizio venduto enfatizzando i legami con i caratteri tipici dell’italianità, pur attualizzati e ibridati per renderli comprensibili ad altre culture e a creare un marchio sempre più forte, chiaramente riconosciuto e possibilmente preferito rispetto a quello dei concorrenti. Per quanto riguarda le attività di vendita, anch’esse sono critiche per il successo della formula imprenditoriale delle aziende dell’Italian style. Tali aziende, infatti, hanno bisogno di alcune “vetrine” dedicate per poter mostrare a clienti finali e partner commerciali il proprio sistema di offerta. Tali “vetrine” possono essere rappresentate, per le aziende manifatturiere, da punti vendita monobrand (di proprietà o in franchising) e da spazi dedicati in punti vendita wholesale, o da altre situazioni per le aziende di servizi. La costruzione di reti di vendita dedicate - ed eventualmente di catene di distribuzione retail - richiede la selezione di partner commerciali in grado di comprendere e condividere i tratti culturali dell’azienda. Le aziende dell’Italian style sostengono elevati costi fissi nella progettazione dei prodotti e nella messa a punto dei processi produttivi e distributivi. Di conseguenza, e veniamo così alla quarta dimensione rilevante, è naturale per tali aziende ricercare sbocchi commerciali in ambiti geografici sempre più ampi per distribuire i costi fissi su un numero maggiore di prodotti venduti. Posto che molte di queste aziende non possono permettersi di diluire il valore del proprio brand con politiche distributive non selettive in Italia, esse sono naturalmente sospinte a ricercare spazi commerciali all’estero. La presenza a livello internazionale, inoltre, favorisce la crescita dell’interesse da parte dei turisti internazionali che, per molte aziende dell’Italian style, rappresentano una quota rilevante del fatturato. Un consumatore internazionale, infatti, è tanto più propenso ad acquistare i prodotti di una determinata azienda dell’Italian style quanto più ritrova i prodotti di tale azienda nei diversi paesi che visita. 3 Come noto, secondo Porter, le condizioni della domanda locale costituiscono uno dei fattori che consente la costruzione di un vantaggio competitivo delle aziende operanti in un determinato paese (Porter, 1991). GUIDO CORBETTA 59 Sempre con riferimento alla propensione internazionale, la necessità di costruire aree dedicate ad aziende dell’Italian style nei paesi esteri al fine di attrarre il maggior numero di consumatori spinge tali aziende a ricercare forme di collaborazione o con altre aziende dei medesimi settori o con aziende di altri settori. Da ultimo, la questione internazionale è importante anche con riferimento ai luoghi di produzione. Già oggi un buon numero di aziende dell’Italian style non produce solo in Italia o comunque non acquista materie prime o componenti esclusivamente in Italia. Posto che le aziende dell’Italian style operano in settori molto diversi è difficile individuare tratti comuni su tale tema; sembra tuttavia ragionevole affermare che, pur procedendo con la cautela necessaria, tutte le aziende dell’Italian style debbano almeno studiare i trade-off che esistono tra produrre in Italia o produrre in paesi esteri. 2. I tratti distintivi degli imprenditori dell’Italian style Utilizzando un contributo recente che identifica le qualità comuni agli imprenditori di aziende operanti nei più diversi settori e comparti (Corbetta, 2005b), è possibile verificare se e come tali tratti assumono caratteristiche specifiche nel caso degli imprenditori di aziende dell’Italian style. Il primo elemento comune riguarda la motivazione dell’imprenditore4 e può essere definito come l’ambizione a vedersi riconosciuto come una persona che ha raggiunto un qualche successo, che ha dato un contributo determinante alla storia (o almeno alla cronaca) della propria famiglia, di un certo territorio o di un determinato settore. Questa necessità è stata riconosciuta oltre quarant’anni orsono in uno dei primi studi sugli imprenditori (McClelland, 1961). E, come sottolinea Schumpeter, in questa ambizione si uniscono due elementi: da un lato, il desiderio di raggiungere una posizione sociale di potere e, dall’altro, la gioia di una funzione creatrice (Schumpeter, 1977)5. Negli imprenditori dell’Italian style questa qualità è ben presente perché la loro identificazione con l’azienda e con i prodotti o i servizi offerti li porta a cercare la propria soddisfazione nella capacità di questi prodotti o servizi di imporsi 4 5 La motivazione è “una preoccupazione ricorrente per uno stato desiderato che spinge, orienta e seleziona il comportamento” (McClelland, 1985, p. 183). Il primo motivo è quello che McClelland denomina power motive mentre il secondo è definito achievement motive. McClelland individua poi un terzo fattore, il desiderio di affiliazione (affiliation motive) inteso come la preoccupazione ricorrente per stare con gli altri che non è riscontrabile negli imprenditori. Infatti, “la presenza di livelli comparativamente più bassi di affiliative motive negli imprenditori è da ricondursi al fatto che un eccesso di tale motivazione spinge la persona a ricercare sempre e comunque il consenso evitando i conflitti e le decisioni difficili. Il ruolo imprenditoriale e più in generale tutti i ruoli di comando implicano invece anche momenti di isolamento e solitudine, come peraltro sottolineato dalla letteratura classica sulla leadership” (Brunetti e Camuffo, 2000, p. 267). 60 IMPRENDITORIALITÀ E AZIENDE DELL’ITALIAN STYLE all’attenzione dei consumatori o dei clienti intermedi. Inoltre, spesso i prodotti e i servizi delle aziende dell’Italian style sono il risultato di un processo creativo continuo che dà agli imprenditori la gioia di sentirsi protagonisti di una storia oltremodo sfidante. La diffusa presenza internazionale di queste aziende alimenta ulteriormente l’achievement motive che caratterizza gli imprenditori. Una seconda qualità comune agli imprenditori è la combinazione di un buon grado di curiosità con una buona dose di creatività che consenta di “vedere” e realizzare una opportunità di innovazione imprenditoriale. Per convincersi della necessità di un approccio curioso nei confronti della realtà tutta, basti citare uno dei massimi studiosi degli imprenditori: “Poiché l’innovazione è frutto sia di fenomeni concettuali che percettivi, i potenziali innovatori devono anche immergersi nel mondo circostante, osservare, fare domande, ascoltare. Gli imprenditori di successo (…) osservano i dati. Osservano le persone” (Drucker, 1998, p. 156)6. Le opportunità imprenditoriali, per così dire, sono intorno a noi e gli imprenditori sono quelle persone che instancabilmente, “con vigilanza e prontezza” (Kirzner, 1973), “con proattività” (Miller, 1983), si dedicano alla ricerca delle stesse. E’ proprio questo fattore che determina “differenze nelle vedute” (Zappa, 1957) degli imprenditori. La curiosità è necessaria ma non è di per sé sufficiente: occorre anche applicare a quanto scoperto una buona dose di creatività (Bertini, 1988), ossia la capacità di ricombinare fra loro in modi nuovi i dati e le informazioni ritrovate e le conoscenze pregresse (Ciappei, Bianchini, 1999; Normann, 1979; Novak, 2000; Schumpeter, 1977). La creatività è necessaria per effettuare diagnosi originali dei problemi di ogni genere e per immaginare soluzioni prima non conosciute o comunque non applicate7. Per gli imprenditori dell’Italian style tali caratteristiche assumono alcuni tratti peculiari. In primo luogo, la loro curiosità sembra rivolgersi soprattutto verso la dimensione “culturale”, nell’accezione più ampiamente intesa. In secondo luogo, questi imprenditori indirizzano gli sforzi conoscitivi verso il territorio in cui hanno sviluppato l’attività e verso la storia della propria famiglia imprenditoriale, con particolare attenzione alle tradizioni via via consolidatesi. Per quanto riguarda invece la dimensione della creatività basti sottolineare che essa costituisce il cuore delle formule imprenditoriali delle aziende dell’Italian style e quindi gli imprenditori di tali aziende non ne possono in alcun modo prescindere. La creatività, per questi imprenditori, si traduce nella capacità tutta particolare di combinare, con immaginazione (Ciappei, 2003), gli elementi tipici dell’Italian style proponendo soluzioni in grado di garantire una usabilità del prodotto senza rinunciare 6 7 Lo stesso concetto è espresso con parole diverse da un imprenditore come Leonardo Del Vecchio: “bisogna osservare tutto ciò che ci circonda, uscire dal proprio guscio, vedere oltre i propri orizzonti e tenere sempre in considerazione la concorrenza internazionale ….” (Brunetti e Camuffo, 2000, p. 8). Secondo un filone di studi recente, l’orientamento imprenditoriale è il combinato disposto di tre propensioni: all’innovazione (qui chiamata creatività), alla proattività (qui chiamata curiosità) e all’assunzione di rischi (qui indicata come la propensione a decidere in un contesto di incertezza). In tema si veda Wiklund, 1999. GUIDO CORBETTA 61 all’eleganza e alla cura dei dettagli. In terzo luogo, l’imprenditore è colui o colei che è capace di inserire l’invenzione in un “disegno imprenditoriale, in cui entrano in gioco i vari elementi di cui consta una formula imprenditoriale” (Coda, 1988, p. 93)8. E, per fare ciò, occorrono “sufficienti conoscenze dei fenomeni di azienda e di mercato” (Zappa, 1957, Tomo I, p. 100). L’imprenditore deve possedere la capacità di elaborare una visione integrata dell’azienda e di interloquire con tutti i portatori di conoscenze funzionali delle quali ha bisogno per realizzare la formula imprenditoriale innovativa (Buttignon, 1996). Questa qualità, al contrario delle due precedenti, non sembra molto diffusa tra gli imprenditori delle aziende dell’Italian style. Molti di loro, infatti, si dedicano a sviluppare alcune dimensioni della formula imprenditoriale - come lo sviluppo del prodotto o il marketing - e quindi faticano a dotarsi di una visione complessiva della realtà aziendale, sia perché non ne sono interessati, sia perché mancano degli strumenti necessari. Non a caso, in un buon numero di queste aziende si ritrovano a lavorare fianco a fianco team di imprenditori composti da un “custode” della attività creativa e da un responsabile delle altre attività. Una volta elaborata l’ipotesi di nuova formula imprenditoriale che valorizzi l’opportunità imprenditoriale scoperta, l’imprenditore si comporta da “promoter”, ovvero come un soggetto che si sente sicuro di poter cogliere le opportunità che via via si presentano e non da “trustee” che, al contrario, è un soggetto che si sente minacciato dal cambiamento ed è incline a mantenere lo “status quo” (Stevenson e Gumpert, 1985). In sostanza, l’imprenditore decide di effettuare l’investimento necessario per avviare la formula imprenditoriale. Qui emerge un’altra qualità degli imprenditori: saper decidere in un contesto di incertezza9. La “rendita imprenditoriale” esiste proprio perché esiste l’incertezza (Rumelt, 1987). Molti imprenditori dell’Italian style hanno sviluppato questa qualità quasi per necessità. Si tratta, infatti, di persone abituate a competere in contesti molto competitivi e alcuni fenomeni recenti - come l’introduzione dell’Euro e la crescente globalizzazione - stanno aumentando vieppiù l’incertezza propria dei contesti nei quali possono esistere le rendite imprenditoriali. Ogni processo di realizzazione di una nuova formula imprenditoriale, ad eccezione forse di quelle di tipo artigianale, passa attraverso il coinvolgimento di poche o tante persone, con varie competenze e di diverso livello. Per questo, un’altra qualità necessaria per gli imprenditori è quella di saper creare una comunità di persone, interne o esterne all’azienda, motivate a partecipare al sogno dell’imprenditore e a realizzarlo dando il proprio contributo10. 8 9 10 In tema si veda altresì Vallini, 1990. Secondo una definizione classica, l’incertezza non è misurabile ed è caratterizzata dall’impossibilità di prefigurare scenari alternativi e di stimarne le conseguenze economiche (Knight, 1921). Il coinvolgimento del personale tutto nei processi di innovazione imprenditoriale può rappresentare una efficace modalità con cui dar corpo a quella visione dell’impresa come “comunità di interessi molteplici” (Onida, 1971) che oggi viene giustamente richiamata anche in letteratura come l’unica in grado di consentire alle aziende di uscire dalla fase 62 IMPRENDITORIALITÀ E AZIENDE DELL’ITALIAN STYLE L’esercizio di tale qualità sembra richiedere alcune abilità, quali le seguenti: - - - - la capacità di riassumere il cuore del disegno della formula imprenditoriale con poche e semplici parole, la cui forza esplicativa sia comprensibile e ragionevole per chiunque, evitando del tutto di cadere nel narcisistico innamoramento delle proprie idee; la capacità di trasmettere in modo convincente la propria fiducia nel disegno messo a punto, focalizzando gli elementi positivi della proposta ed evitando di enfatizzare quelli negativi, pur segnalandoli (Vallini, 1990); la capacità di esercitare il proprio potere in modo responsabile e controllato dimostrando autentico interesse al bene dell’organizzazione piuttosto che al prestigio personale e accrescendo così il rispetto e l’ammirazione dei collaboratori; la capacità di trasmettere un senso, un significato alla fatica connessa ad ogni processo di crescita e di cambiamento che sia condivisibile da chiunque11; la capacità di proporsi ai collaboratori tutti e agli interlocutori esterni con umiltà in modo da evitare la ricerca di ogni comportamento adulatorio che sempre denota, in definitiva, debolezza di leadership (Collins, 2005). Per quanto riguarda questa qualità, le evidenze riferite alla grande maggioranza degli imprenditori delle aziende dell’Italian style sono contrastanti. Da un lato, molti di essi sono sicuramente leader carismatici capaci di coinvolgere altri nei loro sogni imprenditoriali, elemento essenziale per costruire comunità di persone. Dall’altro, però, molti di essi sono fortemente orientati al soddisfacimento del proprio ego e mancano delle capacità per articolare e comunicare con efficacia il proprio disegno imprenditoriale. Ciò rende difficile il coinvolgimento di lungo periodo di altre persone: dopo un primo periodo durante il quale i collaboratori subiscono il grande fascino di questi imprenditori, in non pochi casi subentra poi una sorta di rigetto verso di essi. Sembra evidente un’altra qualità per diventare imprenditori capaci di guidare un processo di sviluppo della propria impresa nel tempo. Ogni storia di successo si trova a fronteggiare, prima o poi, qualche insuccesso. In questi casi, l’imprenditore deve dimostrare di possedere la capacità di perseverare e lo spirito di sacrificio che sono oltremodo necessari nei momenti difficili, ma non solo12. Nelle parole di un giovane che ha già avuto modo di dimostrare le proprie capacità imprenditoriali: “Nella mia pur breve storia imprenditoriale ho imparato che gli elementi necessari per il successo di lungo periodo nelle aziende, come nella vita, sono tre: leadership, esperienza e cattive esperienze. Le cattive esperienze, 11 12 iniziale, oltre che di legittimarsi come un soggetto capace di partecipare alla costruzione di un bene comune (Masini, 1978). Si veda anche Vitale nella prefazione alla versione italiana di Finkelstein (2004) e Lansberg (1999). “Il test di una vocazione è l’amore per la grande fatica che essa implica” (Novak, 2000, p. 56). GUIDO CORBETTA 63 infatti, sono un elemento ineliminabile in una storia di successo e, peraltro, se ben utilizzate, diventano la fonte per nuovi successi. Certo, occorre avere la forza morale, l’energia, la tenacia di raccogliere i cocci e di ripartire”. Occorre ben distinguere la dote della perseveranza dal difetto dell’intestardimento. In sostanza, di fronte ai problemi, non è bene proseguire a tutti i costi nella direzione intrapresa per dimostrare la propria determinazione imprenditoriale. Occorre, invece, cercare in fretta la causa dei problemi (ad esempio, un errore compiuto o un cambiamento ambientale non previsto), cercare una soluzione e, se non la si trova, procedere il più rapidamente possibile ad accettare la perdita maturata cambiando direzione (Lipparini e Grant, 2000). Un buon numero di imprenditori dell’Italian style non sembrano particolarmente abili a riconoscere in fretta i propri errori e manifestano al contrario un certo intestardimento sulle proprie convinzioni. Ciò è probabilmente causato dalla forte autostima che rende oltremodo difficile accettare una sconfitta. E’ pur vero, tuttavia, che molti di questi imprenditori stanno dimostrando grandi capacità nel limitare il numero dei loro errori. Molti imprenditori non hanno la necessità di lavorare insieme ad altri imprenditori. Alcuni, invece, si trovano a sviluppare il proprio progetto imprenditoriale insieme a un fratello, una sorella, un cugino o una cugina, un amico o un’amica. In questi casi, evidentemente, gli imprenditori devono maturare un’ulteriore qualità, che è quella di saper lavorare in un team di pari. Tale qualità richiede: - cultura personale orientata alla cooperazione che spesso è il frutto di un mirato processo educativo seguito in famiglia; stima reciproca fondata sulla capacità riconosciuta di portare contributi al team; attitudine all’ascolto e alla costruzione di soluzioni condivise anche attraverso la mediazione; impegno a mantenere aperti i canali di comunicazione a due vie pur in presenza di opinioni divergenti e di difficoltà di comprensione reciproca; unità di fronte ai collaboratori per evitare che si possano costituire “cordate” legate all’uno o all’altro membro del team; adeguata progettazione di meccanismi di ripartizione delle responsabilità e di eventuale risoluzione dei conflitti. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, basti sottolineare che l’analisi di un buon numero di aziende dell’Italian style rileva l’esistenza dei cosiddetti team at the top costituiti proprio da due imprenditori che, con competenze spesso complementari, guidano insieme i percorsi di crescita dell’azienda. Per citare, solo a titolo di esempio, alcuni casi ben noti, si pensi a Gildo e Paolo Zegna, a Domenico Dolce e Stefano Gabbana, a Alberto e Michele Alessi. In tutte queste aziende i membri coinvolti hanno maturato le competenze sopra descritte per rendere efficace il lavoro del team. 64 IMPRENDITORIALITÀ E AZIENDE DELL’ITALIAN STYLE In conclusione, gli imprenditori delle aziende dell’Italian style, secondo le considerazioni qui svolte, sono particolarmente forti su alcune qualità proprie degli imprenditori - quali l’ambizione a “lasciare il segno”, la curiosità e la creatività, la capacità di decidere in un contesto incerto - mentre abbisognano di un miglioramento più o meno ampio su altre qualità - quali la capacità di sviluppare una visione integrata delle attività aziendali, la capacità di costruire una comunità di persone, la perseveranza. 3. Le condizioni per aumentare la penetrazione nei paesi ad alto tasso di crescita L’Italia delle imprese (non solo dell’Italian style) si trova oggi investita da cambiamenti che presentano una forte discontinuità rispetto agli ultimi cinquanta anni. Le fonti maggiori di tali cambiamenti sono due: da un lato, l’apertura dei paesi asiatici e, in particolare, della Cina e dell’India e, dall’altro, la nascita dell’Euro. Nei paesi asiatici si stanno sviluppando capacità imprenditoriali proprio nei settori nei quali l’Italia ha avuto per decenni posizioni di leadership internazionale: il tessile-abbigliamento, le calzature, vari comparti della meccanica. Nelle fasce basse e medie di questi settori è destino che nei prossimi anni i produttori asiatici o dell’Est Europa (o ivi localizzati) si sostituiscano ai produttori localizzati in Italia come fornitori dei grandi assemblatori o delle grandi catene di distribuzione. Nel contempo, molte imprese italiane faticano a cogliere le opportunità legate alla apertura di questi mercati che sono destinati ad assorbire quantità enormi di prodotti adatti a un modello di vita più moderno. Le ridotte dimensioni medie, unite ad una certa qual minore vis imprenditiva delle nuove generazioni di imprenditori, stanno rendendo oltremodo lento il processo di ingresso e di penetrazione delle aziende italiane nei paesi ad alto tasso di crescita economica. La nuova moneta unica europea, d’altro lato, ha reso impossibili i processi di svalutazione monetaria della lira che in passato hanno favorito la competitività (peraltro apparente e di breve periodo) delle nostre imprese rispetto ai competitori degli altri paesi europei o nord-americani. Le imprese italiane non possono più disporre di un’arma che le ha aiutate a recuperare periodicamente i divari di produttività o di qualità. A meno di improbabili (e non desiderabili) cambiamenti, tale arma non sarà più disponibile in futuro. Di fronte a questi cambiamenti che si possono ben definire “epocali”, l’Italia ha due alternative: la prima è quella di accettare un più o meno veloce declino del proprio sistema economico godendosi le ricchezze sin qui accumulate e la seconda è quella di cercare di contrastare tale declino, favorendo la crescita di persone in grado di creare innovazioni nei settori tradizionali (come le calzature), in nuovi settori industriali (come le biotecnologie) e anche in settori non manifatturieri (come il turismo). Sembra ovvia la miopia della prima alternativa che, nel lungo termine, è destinata ad esaurire le risorse disponibili, lasciando ben poco alle generazioni successive. Non dovrebbero esserci dubbi: si deve almeno tentare di percorrere la GUIDO CORBETTA 65 seconda alternativa rifugiandosi nella prima solo dopo aver esperito invano ogni altro tentativo. Secondo le previsioni formulate dall’ufficio studi di un’importante banca internazionale, il GDP dei paesi BRICs (Brasile, Russia, India, Cina) supererà il GDP di quasi tutti i paesi europei entro i prossimi 20 anni. Entro il 2040 l’economia della Cina sarà più grande di quella degli stessi Stati Uniti13. Ma già oggi in Cina, in India o in Russia esistono milioni di consumatori pronti ad acquistare i prodotti delle aziende dell’Italian style. La penetrazione in queste aree del mondo si presenta proprio come una opportunità imprenditoriale nel senso che trattasi di una situazione nella quale “nuovi beni o servizi, nuove materie prime, nuovi processi produttivi o organizzativi possono essere introdotti e i loro frutti ceduti a un prezzo superiore al loro costo di produzione” (Salvato, 2003, p. 55)14. Provando ora a riflettere sulle condizioni che possono consentire alle aziende dell’Italian style di aumentare il grado di penetrazione dei loro prodotti e servizi nei paesi a più elevato sviluppo futuro sembra di poter suggerire le seguenti15: - il rafforzamento in Italia e in Europa. Come si è già scritto, un consumatore esigente di un paese come la Cina o il Brasile sarà attratto da un brand italiano se tale brand è forte nel suo paese di origine. Diversamente, tale consumatore si chiederà perché debba pagare un differenziale di prezzo anche significativo per un prodotto che non è apprezzato neppure nella sua area di origine. E’ ben vero che in alcuni di questi paesi si sono affermati alcuni brand italiani che in Italia sono meno noti di altri (si pensi, a titolo di esempio, al caso dei salumi Senfter), ma ciò è avvenuto grazie a strategie lungimiranti che hanno affermato questi prodotti come tipici dell’Italian style prima che altri potessero fare altrettanto. Per il futuro, si può affermare che tali strategie saranno oltremodo difficili perché ormai i consumatori di quei paesi hanno maturato una buona conoscenza della forza dei vari brand internazionali e perché le aziende dotate di brand forti in Italia o in Europa stanno realizzando strategie di forte visibilità nei nuovi contesti geografici. Il rafforzamento in Italia e in Europa diventa quindi una condizione indispensabile per aumentare la propria notorietà anche nei nuovi paesi. E potrebbe non bastare: ad esempio, non tutti i cinesi che viaggiano riescono ad arrivare sino in Europa. La marcia di avvicinamento delle aziende 13 Si veda la ricerca condotta da Goldman Sachs e pubblicata come Global Economics Paper, n. 99, 2003 Sul concetto di opportunità imprenditoriale si veda diffusamente l’intero libro di Salvato e, molti anni prima, Ferrero, 1987. Tra gli Autori stranieri si veda in particolare il contributo seminale di Shane e Venkataraman, 2000. In questo articolo l’attenzione si posa solo sulle condizioni interne alle aziende. Ovviamente, la capacità del “sistema Italia” di tutelare, in forma dinamica e non meramente difensiva, i propri interessi economici in Europa e nelle sedi internazionali, sostenendo le aziende dell’Italian style dalle forme più aggressive di concorrenza asimmetrica e sleale, è di almeno eguale importanza per il futuro di tali aziende. 14 15 66 - - - - 16 17 IMPRENDITORIALITÀ E AZIENDE DELL’ITALIAN STYLE dell’Italian style ai paesi in rapido sviluppo dovrebbe prevedere “tappe intermedie” negli Stati Uniti e in altri paesi asiatici. Ancora, il rafforzamento in Italia e in Europa dovrebbe essere funzionale anche alla produzione di almeno una parte delle risorse finanziarie necessarie per sostenere gli investimenti nelle nuove aree; l’adattamento “mirato” della propria offerta. Si è fatto cenno all’importanza di sviluppare prodotti, servizi e immagine che possano essere anzitutto apprezzati dal consumatore italiano, particolarmente sofisticato nei gusti. Quando si decide di penetrare nei nuovi mercati geografici occorre ben ponderare quali elementi del proprio sistema di offerta modificare per tener conto delle caratteristiche dei consumatori e dei contesti locali. Occorre infatti coniugare l’ovvia esigenza di adattamento (ad esempio, di lingue, di misure, di colori) con la necessità di valorizzare gli elementi caratterizzanti l’italianità che costituiscono in buona misura il quid ricercato dai consumatori locali. Non a caso, di recente Armani ha dovuto rivedere l’immagine del proprio flagship di Pechino perché l’utilizzo eccessivo del colore rosso laccato in stile cinese era stato mal percepito dai consumatori cinesi che nei loro viaggi in giro per il mondo avevano imparato ad apprezzare un’immagine diversa di Armani16; la selezione delle aree di investimento. L’impegno in queste aree del mondo, di vaste dimensioni e disomogenee al loro interno, può comportare investimenti significativi (finanziari e non finanziari) anche per le aziende più grandi dell’Italian style. Una strategia di penetrazione in tali aree deve allora procedere per gradi, calibrando la dimensione e il ritmo degli investimenti in base alle risorse disponibili e avendo cura di addensare gli investimenti in un’area geografica ben delimitata prima di procedere allo sviluppo in una nuova area. Uno sviluppo “disperso”, infatti, non favorirebbe l’affermazione del marchio nelle singole aree, condizione indispensabile per sostenere il “valore” della propria offerta; la ricerca di partnership per condividere gli investimenti e anche per superare le barriere culturali (Lipparini e Grant, 2000). La collaborazione con altre aziende italiane si rende utile per creare dei “luoghi” o degli “eventi” che comunichino con forza l’Italian style e diventino poli di attrazione dei consumatori di una determinata area geografica17. La collaborazione con aziende locali si rende utile per comprendere a fondo la cultura, le consuetudini e le relazioni specifiche e per superare con maggior agilità tutte le difficoltà proprie dei processi di penetrazione in paesi molto diversi da quelli nei quali si è abituati ad operare; il rafforzamento della cultura finanziaria. Una recente ricerca svolta sui processi di crescita di medie aziende italiane ha consentito di evidenziare due percorsi strutturalmente differenti di sostegno finanziario della crescita, distinti in funzione dell’apporto quantitativo di risorse da parte degli intermediari finanziari Per una ricerca sul mercato cinese che utilizza fonti primarie si veda il lavoro svolto da Saviolo (2006). Il progetto Altagamma di sviluppo di uno shopping mall a New Delhi si configura come un esperimento interessante delle auspicabili collaborazioni tra aziende italiane. GUIDO CORBETTA - 67 e del livello di coinvolgimento degli stessi nella funzione finanziaria dell’impresa (Caselli, 2005). Il primo percorso, denominato finance-based, si avvale di rilevanti risorse apportate - come capitale di debito o di rischio - dal sistema finanziario e dagli intermediari finanziari e si caratterizza per un elevato coinvolgimento di questi ultimi come partner finanziari. Il secondo percorso, denominato firm-based, si caratterizza per l’elevato autofinanziamento della crescita e per un rapporto meramente contrattuale con gli intermediari finanziari. Le aziende di successo sono quelle che, nei punti di snodo del proprio percorso evolutivo, sono capaci di esercitare l’opzione corretta nei confronti del sistema finanziario, selezionando le controparti e gli strumenti idonei a proseguire nel processo di sviluppo massimizzando il proprio vantaggio sulla base dei vincoli presenti. Indubbiamente la crescita nei paesi ad alto tasso di sviluppo rappresenta uno di quei punti di snodo: si rende quindi necessario da parte delle aziende dell’Italian style lo sviluppo di una solida cultura finanziaria che le metta in grado di selezionare la soluzione migliore. Tra queste soluzioni può, a certe condizioni, rientrare la quotazione del titolo presso una o più borse valori che, oltre a rendere disponibili capitali per la crescita dell’azienda, può favorire la maggiore visibilità dell’azienda, lo sviluppo di sistemi di governance moderni e l’attrazione di manager non familiari di valore; il rafforzamento organizzativo. Un processo di sviluppo internazionale non può essere condotto con successo senza il coinvolgimento di manager italiani e non italiani dotati delle necessarie competenze e senza un progressivo adeguamento delle strutture organizzative e dei sistemi operativi. Il processo di inserimento di manager esterni impone all’imprenditore di dedicare molto tempo a scegliere le persone giuste e, poi, a inserirle nel team che, per naturale inerzia, tenderà sempre a porre qualche ostacolo (Corbetta, 2005a). Collegata a questo cambiamento è anche la costituzione dei comitati di direzione, che rappresentano un salto culturale perché modificano la logica organizzativa legittimando relazioni orizzontali che vanno ad affiancarsi a quelle verticali, proprie di una gestione tutta centrata sull’imprenditore. Un cenno merita, infine, lo sviluppo di alcuni strumenti manageriali, quali: un piano strategico (di norma triennale) nel quale vengono definite soprattutto le grandi scelte e le compatibilità economiche e organizzative; meccanismi di controllo economico anche per business o per area geografica, al fine di capire la loro diversa redditività e quindi la necessità del loro sostentamento; meccanismi di controllo finanziario con particolare attenzione al rapporto tra crescita del fatturato e crescita del capitale investito (lavorando anche su articolazioni della formula imprenditoriale che minimizzino tale rapporto), al rapporto tra fidi utilizzati e fidi disponibili, al rapporto di indebitamento. Da ultimo, come sostiene un buon conoscitore dei processi di crescita delle imprese, il processo di rafforzamento organizzativo dovrebbe sempre rispettare tre principi: dare ai nuovi manager responsabilità e autorità; evitare di costruire sistemi burocratici; rispettare la tradizione culturale dell’azienda (Mitchell, 2003). 68 IMPRENDITORIALITÀ E AZIENDE DELL’ITALIAN STYLE Provando a proporre una breve sintesi del lavoro sin qui svolto, gli imprenditori delle aziende dell’Italian style hanno di fronte a sé una opportunità che possiamo ben definire epocale di posizionarsi con successo in nuovi mercati ad elevata crescita a condizione che investano con energia per superare una visione locale, frammentaria e poco lungimirante del futuro delle proprie aziende; per costruire comunità di persone all’interno e all’esterno dell’azienda motivate e in grado di dare un valido contributo allo sviluppo dell’azienda; per imparare a valutare con obiettività i propri errori e, se necessario, a modificare tempestivamente la strategia intrapresa. 4. La trasmissione della vis imprenditiva alle nuove generazioni Molte tra le aziende dell’Italian style sono controllate da famiglie imprenditoriali che non hanno ancora lasciato spazio di comando a giovani membri. Ciò può essere semplicemente la conseguenza di un fatto anagrafico che rende prematuro il passaggio di responsabilità da imprenditori ancora giovani ai loro figli e figlie. Ma potrebbe anche essere il segnale di una difficoltà a trasmettere la vis imprenditiva alle giovani generazioni e a spingerli ad assumersi responsabilità18. Trattasi di un tema di importanza capitale non solo per le aziende dell’Italian style, ma in generale per tutte le aziende italiane. Il tema è ampio ed è stato trattato diffusamente in altra sede (Corbetta, 2005b). Qui ci si limita a individuare gli elementi tipici che riguardano le giovani generazioni imprenditoriali operanti nelle aziende dell’Italian style: la maturazione culturale (Ciappei e Poggi, 1997), l’apertura internazionale, l’ispessimento delle conoscenze manageriali. Le aziende dell’Italian style sono costruite intorno a progetti dotati di valenze culturali non banali. Per offrire un sistema di prodotto o di servizio che valorizzi i caratteri tipici dell’italianità occorre conoscere bene le origini storiche e culturali di tali caratteri e occorre dotarsi degli strumenti necessari per contestualizzarli nei mercati di oggi e di domani. Ciò richiede una maturazione culturale che non è necessaria per i giovani imprenditori di altri settori o impegnati in aziende che non si propongono di perseguire strategie simili. La maturazione culturale è un processo lungo che si alimenta di varie possibili fonti di apprendimento e di una “chiave di lettura” sintetica. La vita in famiglia, l’esperienza scolastica, il lavoro in altre aziende, la collaborazione con operatori culturali di vario genere possono essere tutte occasioni di apprendimento. Il/la giovane però va guidato/a attraverso queste esperienze e per questo è vitale il rapporto con il genitore impegnato in azienda che solo può essere in grado di offrire quelle chiavi di lettura che consentono di trattenere ciò che è utile da ognuna di tali esperienze. Lo scopo di tale processo educativo non è quello di formare un/una giovane a immagine e somiglianza del 18 Secondo una recente ricerca della Banca d’Italia, i dati riferiti alle imprese di medie dimensioni del nostro paese confermano l’esigenza di accelerare i processi di avvicendamento generazionale (Giacomelli e Trento, 2005). GUIDO CORBETTA 69 padre (o della madre) ma è quello di metterlo/a in grado di interagire con quegli interlocutori il cui contributo sarà indispensabile per il futuro successo dell’azienda. Si tratta quindi di acquisire il linguaggio, la profondità di pensiero, lo stile di comportamento necessari ad operare in ambiti culturali di valore. Senza queste capacità il/la giovane non può diventare l’imprenditore di successo di una azienda dell’Italian style. Le sfide imprenditoriali per le aziende dell’Italian style, come si è visto, sono sfide anche, e forse soprattutto, internazionali. E’ impensabile che oggi un/una giovane desideroso/a di impegnarsi in una attività imprenditoriale (specie se non artigiana o di micro dimensioni) pensi di poter limitare il proprio raggio d’azione al livello nazionale. E per stare in un contesto internazionale si impone l’apprendimento almeno dell’inglese, la lingua dell’economia e del management, e l’abitudine a vivere senza grandi difficoltà in un contesto estero, anche per periodi non brevi. Ove non sia stato possibile svolgere queste esperienze durante il periodo scolastico, si impone che esse siano svolte durante i primi anni di lavoro nell’azienda di famiglia o in un’altra. I giovani imprenditori delle aziende dell’Italian style devono poi impegnarsi a consolidare le proprie conoscenze manageriali. Nei tempi passati era tale la numerosità delle opportunità imprenditoriali, almeno in un paese come l’Italia, da rendere possibile il fiorire di imprenditori dotati di una cultura aziendalistica elementare, comunque sufficiente per cogliere opportunità semplici di fare profitti almeno per un determinato periodo (Coda, 1988). Oggi così non è più, per due ragioni. In primo luogo, perché le opportunità elementari si sono esaurite, o per lo meno sono molto meno diffuse, ed è quindi richiesta una competenza aziendalistica ben più approfondita, frutto di processi di formazione ben strutturati. In secondo luogo, perché le aziende hanno bisogno dell’impegno di manager più preparati che devono essere guidati con mano ferma da imprenditori capaci di indirizzare la loro azione, di supportarli nei momenti di scelta e di controllare adeguatamente i loro risultati. Tutto ciò richiede un ispessimento delle capacità manageriali delle giovani generazioni imprenditoriali che può essere raggiunto anche grazie ad una buona formazione universitaria e post graduate (Lipparini e Grant, 2000). Volendo qui sottolineare il contributo dei corsi post-laurea, essi possono svolgere una duplice funzione. Da un lato possono soddisfare l’esigenza di un ulteriore approfondimento delle discipline studiate durante il periodo universitario, dall’altro rappresentano un’importante opportunità per affrontare materie ben diverse da quelle approfondite negli anni precedenti, completando così la propria educazione. Si tratta di scegliere se iscriversi a tali corsi subito dopo il conseguimento della laurea o dopo alcuni anni di esperienza in azienda, non necessariamente quella di famiglia. Solitamente la seconda soluzione è preferibile. Essa infatti presenta due vantaggi: rende possibile la riflessione sistematica sulle esperienze svolte avendo già maturato una qualche familiarità con i temi trattati ed espone alla frequentazione con giovani portatori di altre esperienze (meglio se internazionali) e conoscenze che possono rivelarsi di grande aiuto per la formazione di comportamenti imprenditoriali. In quest’ambito, la famiglia può avere un’influenza determinante nell’aiutare il giovane a riconoscere IMPRENDITORIALITÀ E AZIENDE DELL’ITALIAN STYLE 70 l’importanza di certe esperienze formative e a valutare i punti di forza e di debolezza delle diverse alternative presenti sul mercato internazionale della formazione. Per concludere, un’ultima riflessione sui rischi che corrono le aziende dell’Italian style nelle quali si fatica a dare spazio tempestivamente ai “giovani” imprenditori. Il progresso della ricerca farmaceutica e il generale miglioramento delle condizioni di vita consentono a persone di età avanzata di sentirsi giovani e di permanere quindi più a lungo nell’esercizio del proprio ruolo imprenditoriale: ciò produce come conseguenza il progressivo slittamento dell’età nella quale un giovane imprenditore ha lo spazio necessario per proporre innovazioni imprenditoriali. Così facendo, si rallenta il processo di crescita dei giovani che perdono occasioni utili per misurarsi con le proprie capacità. Ovviamente, un giovane erede di una famiglia imprenditoriale dotato di vis imprenditiva può sempre cercare occasioni di esercizio di tale capacità al di fuori dell’azienda di famiglia. In tal modo, tuttavia, si generano due conseguenze negative: in primo luogo, si interrompe il processo di sviluppo imprenditoriale nell’azienda originaria con conseguenze che potrebbero essere esiziali per l’impresa; in secondo luogo, si dà spesso vita a nuove aziende che in realtà si trovano a ricominciare dall’inizio un processo di sviluppo, favorendo così quel fenomeno del nanismo d’impresa che tanto danno sta portando al sistema economico del nostro Paese19. Bibliografia ALESSI A., La fabbrica dei sogni: Alessi dal 1921, Electa, Milano, 1998. BAUMOL W.J., “Contestable Markets: An Uprising in the Theory of Industry Structure”, American Economic Review, American Economic Association, 1982, 72(1), 1-15. BERTINI U., “Creatività e gestione strategica dell’azienda”, in AA.VV., Scritti in onore di Luigi Guatri, Bocconi Comunicazione, Milano, 1988. BIRCH D.L., Job Creation in America: How our Smallest Companies Put the Most People to Work, Free Press, New York, 1987. 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