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ERMIONE: Dal momento che quel che ho da

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ERMIONE: Dal momento che quel che ho da
 IL RACCONTO D’INVERNO – (Shakespeare, 1611)
ERMIONE:
Dal momento che quel che ho da
ribattere
Dal momento che quel che ho da ribattere
a quest’accusa è sol negarla vera,
e non ho altri testi che me stessa
a suffragarlo, mi varrà ben poco
ch’io mi dichiari adesso “non colpevole”;
la mia integrità
essendo ritenuta falsità,
come tale sarà da voi accolta.
E tuttavia se è vero
che i poteri divini ognor rivolti
hanno gli sguardi alle azioni degli uomini,
non esito a pensar che l’innocenza
possa far arrossire la calunnia,
e la pazienza tremar la tirannide.
Voi per primo sapete, mio signore,
se pur sembriate l’ultimo a saperlo,
se tutta la mia vita fino ad oggi,
sia stata sempre casta e intemerata
per quanto ora è infelice; e l’è a tal punto
da sorpassare qualunque tragedia
che sia stata pensata e recitata
per commuovere il pubblico. Signori,
voi qui vedete in me
la compagna di letto d’un sovrano,
partecipe della metà del trono,
figlia d’un grande re,
madre d’un principe di grandi attese,
qui tratta a cicalare ed a parlare
per la vita e l’onore, avanti a tutti
che vogliano venire ad ascoltarla.
Quanto alla vita, io la tengo al prezzo
in cui tengo il dolore
(di cui farei volentieri risparmio);
ma l’onore è tal bene
che da me passa per retaggio ai miei:
e questo solo son qui a difendere.
Sire, m’appello alla vostra coscienza
per dir com’ero nelle vostre grazie
(e con qual merito da parte mia)
prima che a corte arrivasse Polissene.
E dopo ch’è arrivato, in che ecceduto
ho io dai limiti del mio contegno
verso di lui, per vedermi costretta
a comparir così?... Se nei miei atti,
o solamente nelle mie intenzioni
io mi sia inclinata d’un inezia
al di là dei confini dell’onore,
si faccia pietra il cuore
di tutti questi che ora m’ascoltano,
e venga il mio più prossimo parente
a gridarmi “vergogna!” sulla tomba.
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