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vedeva nella cultura e nel progresso so

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vedeva nella cultura e nel progresso so
Atti Parlamentari
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SEDUTA DEL
vedeva nella cultura e nel progresso sociale il segno tangibile di una politica di
cambiamento.
Vorrei soffermarmi a questo proposito,
su un punto oggetto di dibattito serrato in
Assemblea. Il Ministro Fioroni ha affermato di volere rafforzare la preparazione
dei nostri studenti con particolare riguardo alla matematica, le cosiddette tabelline, e alla lingua italiana. Mi è sembrata un’affermazione estremamente importante perché, onorevoli colleghi, le difficoltà incontrate da sempre dagli studenti
in queste due materie sono note e non
riguardano solo gli studenti stranieri.
A chi fa mera demagogia è opportuno
ricordare che siamo, è vero, il Paese di
Dante e di Enrico Fermi, ma siamo lo
stesso Paese che, appena cinquant’anni fa,
aveva bisogno del maestro Manzi e delle
sue lezioni in televisione proprio per superare una condizione di analfabetismo
generalizzato che, all’epoca, frenava visibilmente lo sviluppo italiano e che oggi,
per fortuna, non appartiene più al nostro
presente.
Tuttavia, ancor di più oggi, la padronanza della lingua italiana, la capacità di
sapersi esprimere, di articolare correttamente un concetto, di catturare l’attenzione di uno o di molti con una lettera,
con una relazione o con un post su un
blog, come le capacità logiche potenziate
da un corretto studio della matematica
non possono e non devono per un Paese
democratico rimanere un privilegio riservato a pochi, che hanno magari la possibilità di integrare le probabili lacune del
sistema scolastico pubblico attraverso
quello privato.
Davanti alle grandi sfide che la società
impone ai nostri studenti uno dei più
grandi errori che potremmo fare nei loro
confronti sarebbe quello di negare loro la
possibilità di formare il più idoneo bagaglio culturale che consenta di sviluppare al
massimo il proprio talento, affrontando
nel migliore dei modi il futuro.
Sono consapevole anch’io che le difficoltà che affliggono la scuola italiana, in
particolare la carenza strumentale di fondi
che mi auguro possa trovare una parziale
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soluzione già con la prossima legge finanziaria, e che impegnano in maniera cosı̀
consistente il domani dei nostri studenti,
non possano trovare in questo unico provvedimento piena soluzione. Ma siamo sicuramente sulla buona strada.
Pienamente consapevole dell’imprescindibile valore della cultura come pilastro
della democrazia e della scuola, intesa
come sistema e metodo con cui potenziare
le eccellenze dei nostri ragazzi, a nome del
gruppo
parlamentare
Popolari-Udeur
preannuncio il nostro voto favorevole al
provvedimento (Applausi dei deputati del
gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare
per dichiarazione di voto il deputato Del
Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente,
sollecitato dall’implicita richiesta dei deputati presenti, sarò breve, limitandomi a
richiamare le due ragioni che mi impediscono di accordare un voto favorevole alla
conversione in legge di questo decreto,
presentato dal Ministro della pubblica
istruzione.
La prima ragione è di carattere metodologico. Si insiste ad affrontare la questione della politica scolastica con interventi parziali, settoriali, frammentari. Si è
iniziato con il decreto sugli esami di Stato,
per introdurre ancora una volta i commissari esterni nelle commissioni di
esame. Si è continuato con interventi parziali all’interno di decreti, quali il Bersanibis e il Bersani-ter. Si prosegue in questi
giorni con due decreti omnibus, uno dei
quali è all’approvazione dell’Assemblea.
Credo sarebbe giusto, invece, che il
Parlamento potesse esaminare, con un
dibattito di carattere generale, una proposta di riforma della scuola all’interno della
quale il Ministro ci sottoponesse le sue
idee di politica scolastica, che potrebbero
anche essere opposte o radicalmente diverse da quelle del precedente Ministro
Moratti ma che potrebbero consentirci di
intervenire sulle linee generali di orientamento della proposta ministeriale. Cosı̀,
invece, siamo costretti a inseguire i singoli
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argomenti oppure una somma di questioni
contenute in un singolo decreto-legge.
Dal momento che molto spesso apprendiamo la politica ministeriale dai giornali,
sarebbe interessante conoscere, ad esempio, se vale ancora quella « trilogia » che in
qualche misura è stata sottoposta all’attenzione di noi tutti e che animava il
dibattito sulla pubblica istruzione fino a
qualche anno fa – vale a dire: inglese,
Internet e italiano –, o se invece non si
abbia (e a me pare che sia cosı̀) l’intenzione di far regredire l’istituzione scolastica ad una sorta di passato stile anni
Cinquanta.
Si parla, infatti, di reintrodurre gli
esami di riparazione; si è prevista la
presenza dei commissari esterni agli esami
di Stato; si polemizza implicitamente con
le nuove tecnologie e si sottolinea il valore
delle tabelline. Vorrei, dunque, sapere se
esiste una politica di riforma della scuola
che ci porta verso il futuro o se, invece,
esiste una proposta di riforma dell’istituzione scolastica che ci riporta al passato.
Sono convinto del fatto che nella scuola
sono importanti lo studio della lingua
straniera e il dominio delle nuove tecnologie, in particolare, del computer e di
Internet e che i ragazzi non possono
imparare l’uso di tali strumenti, spesso
micidiali, da soli, senza qualcuno che li
guidi, perché anche le nuove tecnologie
possono rappresentare un rischio e una
deformazione.
Ritengo, inoltre, che sia importante
insistere soprattutto sulla diffusione della
conoscenza italiana; basta con i quiz all’interno delle scuole ! È necessario che i
ragazzi imparino a scrivere i temi, a
parlare in italiano, a scrivere le lettere
senza farsi suggestionare dalla nuova terminologia degli SMS o delle e-mail. In
questo senso dobbiamo poter conciliare
l’uso della lingua italiana con il dominio
delle nuove tecnologie.
Signor Viceministro, per risolvere tali
problemi bisognerebbe affrontare un discorso di carattere generale sul modo con
il quale il Ministero intende riformare la
scuola italiana, sui principi generali e sugli
orientamenti di fondo attorno ai quali
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vuole inserire un percorso di riforma.
Purtroppo non ci è consentito, e questa è
la prima ragione della mia obiezione a una
politica fatta per decreti-legge, per interventi omnibus e a comparti separati.
Vi è anche una seconda ragione, di
merito, che mi induce a guardare con una
certa diffidenza al decreto-legge in esame.
Viceministro Bastico, ho apprezzato la sua
presenza continua in aula e la delicatezza
delle sue proposte, però, non posso non
ribadire la mia personale perplessità rispetto alle norme che riguardano i provvedimenti disciplinari. Il mio voto a favore
di una delle proposte emendative presentate dal collega Schietroma sta a testimoniare come la sensibilità verso la libertà
dell’insegnamento possa non essere tutelata da norme che, generiche come sono,
possono determinare un arbitrio per
quanto riguarda la libertà d’insegnamento
dei docenti, nonché da provvedimenti disciplinari che vengono adottati solo da una
persona (il dirigente scolastico provinciale), e che possono essere revocati soltanto
da un’altra persona (il dirigente scolastico
regionale).
In questo senso mi pare che il provvedimento contenga un vulnus che, a mio
giudizio, andava – come è stato – individuato e che, ribadisco, insieme ad una
valutazione di carattere generale sulla metodologia d’impatto parlamentare del
nuovo Ministero, mi impedisce di esprimere un voto favorevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare
per dichiarazione di voto il deputato
Schietroma. Ne ha facoltà.
GIAN FRANCO SCHIETROMA. Signor
Presidente, signor Viceministro, colleghi,
come è noto la nostra parte politica ritiene
la scuola pubblica una priorità assoluta.
Auspichiamo, quindi, che già con la prossima legge finanziaria sia possibile riservare più risorse alla scuola pubblica per
migliorarne il livello qualitativo e per
fornire cosı̀ anche agli studenti provenienti
dalle famiglie con minori disponibilità economiche la possibilità di acquisire un
grado di conoscenza adeguato ai rapidi
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processi di modernizzazione della nostra
società. I giovani debbono avere la consapevolezza che la cosa più importante nella
vita è ciò che ciascuno sa: la conoscenza
e il sapere costituiscono la migliore garanzia di indipendenza e per acquisire
maggiori certezze per l’avvenire.
Quindi, è necessario che il Governo
decida di stanziare più risorse per la
scuola pubblica, per la ricerca e per l’università, con l’obiettivo di strutture scolastiche davvero di qualità ed al passo con
i tempi.
Altrettanto rilevante è la questione annosa delle retribuzioni dei lavoratori della
scuola, certamente inadeguate sia per ciò
che concerne gli insegnanti, sia per il
personale ATA. Anche in questo caso il
Governo dovrebbe intervenire tenendo
presente che la professione più importante
in assoluto è quella degli insegnanti: al
riguardo, basti pensare a quante generazioni di giovani sono educate nel corso
della vita di un solo insegnante.
Quindi, in via generale, per la nostra
parte politica è essenziale che il Governo
si impegni per la predisposizione di un
piano pluriennale di investimenti per la
scuola pubblica e per la ricerca che recuperi il differenziale che vi è in Italia
rispetto alla media dei Paesi dell’OCSE
quanto ad investimenti rispetto al prodotto
interno lordo e all’insieme della spesa
pubblica.
Per ciò che concerne il presente provvedimento, manifestiamo viva preoccupazione innanzitutto per il metodo, in
quanto sarebbe stato opportuno limitare
il testo del decreto-legge alle questioni
veramente urgenti. Tuttavia, anche il merito costituisce un motivo di perplessità
ed è per questo che il nostro capogruppo,
l’onorevole Villetti, molto opportunamente aveva presentato in Commissione
alcuni emendamenti soppressivi con l’intento costruttivo di migliorare il testo.
Tali emendamenti, riproposti in Assemblea, sono stati respinti e ciò rappresenta,
a nostro avviso, un elemento di notevole
preoccupazione per le conseguenze che
ne derivano.
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In particolare, riteniamo molto pericolosa la nuova norma relativa al trasferimento degli insegnanti per incompatibilità
ambientale, anche perché, tra l’altro, può
portare ad abusi e a processi di discriminazione veramente inaccettabili, come
hanno sottolineato in aula anche gli onorevoli Franco Grillini e Mauro Del Bue.
Un collega dell’opposizione, commentando in modo sprezzante il nostro emendamento soppressivo e il mio intervento in
aula, tra l’altro, si è chiesto in che mondo
io viva. Sorvolo sull’ineleganza dell’espressione e rispondo volentieri: caro collega,
vivo in un capoluogo di provincia nel quale
la lista dello SDI, Socialisti Democratici
Italiani e Unità socialista, ha ottenuto il 15
per cento dei voti e, quindi, vivo con molta
soddisfazione.
Al di là delle battute, debbo ammettere,
in via più generale, che vivo in un mondo
che mi piace sempre meno. Lo affermo
con grande rispetto per coloro che la
pensano diversamente da noi, però il fatto
che soltanto 27 deputati si siano opposti
ieri in Assemblea all’approvazione di una
norma che lede gravemente i diritti degli
insegnanti è per me e per noi motivo di
profondo sconcerto e di notevole preoccupazione. Gli insegnanti rappresentano
una professione fondamentale, che deve
essere tutelata e, soprattutto, deve essere
difesa la libertà di insegnamento, cosı̀
come prescrive la nostra Costituzione.
Con l’approvazione della nuova norma,
invece, relativa al trasferimento per incompatibilità ambientale, e con un voto
impressionante per compattezza, da destra
e sinistra, avete sottoposto gli insegnanti
alla gogna del giudizio dei familiari degli
alunni in base a criteri di estrema genericità che, in quanto tali, possono essere
l’anticamera dell’arbitrio, dell’abuso e
della discriminazione.
Peraltro, non essendo stata accettata da
questa maggioranza alcuna delle nostre
proposte emendative, di conseguenza, dovremmo votare contro il provvedimento in
esame, tanto più che è stato accettato
l’ordine del giorno Volpini n. 9/3025/1, sul
quale non siamo assolutamente d’accordo.
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Tuttavia, poiché il nostro gruppo parlamentare appartiene alla maggioranza di
Governo, i deputati socialisti e i deputati
radicali si asterranno, nel rispetto di uno
spirito di coalizione al quale, com’è ben
noto, teniamo fortemente (Applausi dei
deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare
per dichiarazione di voto il deputato Porfidia. Ne ha facoltà.
AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, il provvedimento
all’esame della Camera dei deputati interviene in un ambito nevralgico del sistema
del nostro Paese, quello, importantissimo,
della scuola.
La maggior parte delle norme inserite
nel provvedimento in esame ha già costituito oggetto di una lunga discussione
nella VII Commissione (Cultura), perché
contenuta nel disegno di legge atto Camera
2272-ter-A (che è in discussione in questo
ramo del Parlamento e rappresenta il
prossimo punto all’ordine del giorno), recante « Disposizioni urgenti in materia di
pubblica istruzione »: il protrarsi dell’iter
parlamentare, però, ha reso necessaria
l’adozione del presente testo (recante,
come dicevo, norme di necessità e di
urgenza), affinché si desse inizio all’anno
scolastico nel modo migliore.
Devo ammettere che tutta la Commissione ha cercato di condividere e trattare
le ripetute modifiche del testo: era anche
giusto che ciò avvenisse per un argomento
cosı̀ importante come la scuola, tenendo
presenti i principi dell’autonomia delle
istituzioni scolastiche e della libertà di
insegnamento sanciti dalla Costituzione.
A mio parere, il testo non vuole essere
una vera e propria riforma della scuola,
ma è intervenuto su alcuni punti fondamentali, cercando di renderli più fruibili,
più chiari e soprattutto più spediti. In
sostanza, si è cercato di armonizzare il
sistema scuola per adattarlo ad un contesto che – dobbiamo prenderne atto – è
profondamente cambiato.
Già dalla prima lettura il testo in esame
presenta lati positivi e, soprattutto, punti
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concreti. Devo prendere atto, infatti, che è
stato introdotto un elemento fondamentale, ossia le classi funzionanti a tempo
pieno, che rappresentano un punto di
riferimento in ordine alla richiesta di
moltissime famiglie e che, soprattutto,
consentono un’organizzazione della scuola
in rapporto agli alunni nettamente migliore: il tempo pieno, infatti, fornisce
risposte mirate ai bisogni formativi degli
alunni, trovando in ogni bambino un canale privilegiato per comunicare ed esprimersi, fermo restando il principio, ormai
riconosciuto e fondamentale, della pluralità delle intelligenze.
È stato inoltre previsto, perché fortemente voluto dalla Commissione, un piano
triennale di intervento del Ministro della
pubblica istruzione, di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze,
affinché il tempo pieno sia migliorato nel
corso degli anni a venire.
Un’importante novità è costituita dalla
modifica di alcuni elementi fondamentali,
quale l’ammissione di candidati esterni
agli esami di Stato. Secondo tale norma, la
richiesta di ammissione viene presentata
agli uffici regionali che, questa volta, sia in
base alla richiesta, sia, soprattutto, alla
residenza del candidato, individuano l’istituto in cui dovrà essere svolto l’esame di
Stato. Ciò è importante, perché fa venire
meno alcuni inconvenienti e, in certi casi,
alcuni abusi che sono stati perpetrati nel
passato.
Sempre nell’ottica di un maggiore rigore, va sottolineato il comma 4 dell’articolo 1, che detta nuove norme per l’esame
della scuola secondaria di primo grado: da
quest’anno si può accedere all’esame soltanto a seguito di una valutazione positiva
del consiglio di classe e non vi si accede
solo in caso di giudizio negativo. È prevista, inoltre, una prova scritta. Ciò non
significa che si tratti di un’azione punitiva:
si è voluto dare una maggiore serietà e una
maggiore credibilità ad un percorso di
studi che non deve essere assolutamente
considerato scontato.
La valutazione dello stato dell’efficienza del sistema formativo del Paese è
stato uno dei punti fondamentali studiati
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da questo provvedimento. Il comma 5,
infatti, dispone che, già a partire dall’anno
scolastico 2007-2008, il Ministro della pubblica istruzione fissa, con direttiva annuale, gli obiettivi della valutazione
esterna sul sistema scolastico e il livello di
apprendimento degli studenti, che vengono
affidati al comitato di indirizzo, che è
composto da un presidente e da due
membri, e non più da otto membri come
previsto in precedenza. Anche questo è un
aspetto fondamentale. È importante anche
che un membro del comitato provenga dal
mondo della scuola. Si ribadisce, quindi, la
necessità di un sistema formativo efficiente e competitivo.
Desidero soffermarmi anche su un altro punto fondamentale, quello dell’introduzione delle sezioni primavera per i bambini dai due ai tre anni in servizio educativo sperimentale integrativo dell’offerta
dell’asilo nido e della scuola dell’infanzia,
che è stato accolto con grande benevolenza, non solo dalle famiglie, ma anche
dalle scuole. Sono pervenuti, infatti, ben
2.800 progetti, anche se ne sono stati
approvati, perché degni in base ai requisiti, 2.024.
Il comma 8, dispone che il diploma
magistrale degli insegnanti delle scuole
materne attualmente in servizio venga riconosciuto come titolo abilitante all’insegnamento anche se conseguito dopo l’assunzione e dopo l’entrata in vigore della
legge n. 62 del 2000.
Un punto importante, su cui si è molto
dibattuto in sede di Commissioni riunite,
ma che credo sia fondamentale, è quello
relativo all’aspetto sanzionatorio nei confronti del personale scolastico. Si è tenuto
conto dell’urgenza dei casi, ma soprattutto
dei casi di grave e « comprovato » – è una
parola importante, che è stata aggiunta in
un secondo momento – turbamento dell’ambiente scolastico e di pregiudizio del
rapporto fiduciario tra l’istituzione scolastica le famiglie degli alunni. Era un
elemento necessario, perché in alcuni casi
occorrevano alcuni provvedimenti tempestivi da parte dei dirigenti.
Desidero, quindi, sottolineare che molte
delle disposizioni contenute nel testo sono
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qualificanti e sono previste anche nel
DPEF: qualità della scuola, sistema nazionale di valutazione, programmazione a
medio e lungo termine dei periodi di
fabbisogno di insegnamento e, di conseguenza, una maggiore efficacia ed efficienza
nell’allocazione
delle
risorse,
nonché maggiore certezza soprattutto per
gli insegnanti, funzionale quest’ultima allo
sviluppo dell’autonomia scolastica e alla
continuità dell’educazione.
Ritengo, quindi, che sia indispensabile
– e con questo provvedimento credo che
abbiamo posto dei paletti fondamentali –
dare maggiore certezza e motivazione a
chi insegna e a chi studia.
L’impegno, secondo me e il gruppo che
rappresento, deve essere rivolto a far tornare la scuola il centro di una promozione
culturale, relazionale e di cittadinanza
attiva nella società civile in cui si opera. Il
provvedimento, dunque, alla nostra attenzione rappresenta un passo significativo da
questo punto di vista.
Alla luce di tutte queste considerazioni,
ritengo che il provvedimento vada approvato al più presto e, pertanto, annuncio il
voto favorevole da parte del mio gruppo
(Applausi dei deputati del gruppo Italia dei
Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare
per dichiarazione di voto la deputata Frassinetti. Ne ha facoltà.
PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di iniziare
il mio intervento vorrei rivolgere un ringraziamento alle Commissioni, al Comitato
dei diciotto e a chi, in questi giorni, ci ha
aiutato a trovare il bandolo della matassa
in questo iter complicato e un po’ schizofrenico al quale ci obbliga il Ministro
Fioroni.
È proprio facendo un appunto e una
riflessione sul metodo, con il rischio di
essere anche ripetitiva, che voglio iniziare
questo mio intervento. È un metodo che ci
costringe ad analizzare provvedimenti presentati in modo frammentario. Basti pensare che, dopo la conclusione dell’esame di
questo provvedimento, è previsto il seguito
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della discussione di un disegno di legge dal
quale il Governo ha dovuto anticipatamente – ve lo dichiaro – espungere alcuni
articoli e commi che erano già contenuti
ed erano discussi nell’ambito di questo
provvedimento.
Inoltre, mentre noi stamattina – ringrazio il viceministro Bastico per la sua
presenza assidua – eravamo qui in aula a
discutere il provvedimento, il Ministro Fioroni si prodigava in conferenze stampa
annunciando la reintroduzione degli esami
a settembre.
Mi pare che il quadro sia quanto meno
confuso e caotico e registriamo una grave
lesione del dibattito parlamentare, che è
ciò che più ci preme, anche perché per
anni e anni, nella scorsa legislatura, abbiamo ascoltato levarsi proprio dai banchi
dell’opposizione di allora le proteste relative all’operato del Ministro Moratti.
Mi chiedo come si debba giudicare ora
questa situazione nella quale la decretazione d’urgenza diventa ordinarietà, dove
il decreto-legge in esame contiene materie
talemente disomogenee tra loro (è un
cosiddetto decreto omnibus) che è stato
addirittura difficile trovare e seguire gli
emendamenti, perché si è passati dall’analisi della questione del tempo pieno al caso
dell’agenzia degli Invalsi, fino al problema
dei ricercatori universitari, passando attraverso i temi dell’esame di terza media
e delle sanzioni disciplinari per i docenti.
Ciò è sufficiente a tratteggiare il quadro
di una situazione che, sicuramente, non ha
facilitato il lavoro della Camera in questi
giorni.
Quindi, ancor prima di entrare nel
merito del provvedimento, sottolineo che
queste contestazioni, oltre che di forma,
sono di sostanza e determineranno, già da
sole, il voto contrario del gruppo di Alleanza Nazionale.
Si tratta di un provvedimento che, a
nostro avviso, presenta l’aspetto più abnorme proprio nella reintroduzione del
tempo pieno, prevista dal comma 1 dell’articolo 1. Non torno sull’argomento, sul
quale ci siamo già dilungati sia in sede di
discussione sulle linee generali, sia nell’esame degli emendamenti presentati. Mi
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limito a ricordare che il ripristino del
tempo pieno sicuramente ci riporta a un
vecchio metodo, superato, con il quale si
viola l’autonomia organizzativa delle
scuole e non viene permesso alle famiglie
di effettuare un’opzione libera per quanto
riguarda il tempo che i loro figli devono
trascorrere nelle sedi scolastiche.
Non mi soffermo sui problemi che,
indubbiamente, comporterà il doppio organico (anche relativamente alle risorse),
ma sottolineo nuovamente il comma 1
dell’articolo 1 (al quale il gruppo di Alleanza Nazionale aveva presentato un
emendamento), nel quale riscontriamo il
punto più critico di tutto il provvedimento.
Sicuramente, nel provvedimento in
esame vi sono anche aspetti positivi, partendo dalla parte finale. Mi riferisco all’articolo 3, relativo agli incentivi ai ricercatori universitari e all’assunzione dei ricercatori.
Però, tornando all’articolo 2, che sicuramente costituiva un passaggio che
avrebbe potuto essere condiviso da tutti, la
maggioranza è riuscita a complicarsi la
vita introducendo delle precisazioni – a
mio parere, non richieste e superflue –
che, oltre ad avere evidenziato le lacerazioni interne alla maggioranza (nel caso
specifico, si trattava di un emendamento
presentato dai colleghi della Rosa nel
Pugno), hanno dato l’opportunità di trattare argomenti relativi all’eventuale discriminazione di alcuni docenti che sarebbero
stati sottoposti alle sanzioni, a nostro
avviso, del tutto inutili.
Per colpa del succitato emendamento
– che non riteneva sufficiente la garanzia
dell’aderenza ai principi costituzionali –
il gruppo di Alleanza Nazionale e anche
gli altri partiti della Casa delle libertà
sono stati costretti ad astenersi sul punto.
Lo sottolineo perché, invece, ritengo importante lo sforzo attuato per ripristinare
le sanzioni disciplinari in un tale momento di emergenza in cui, durante tutto
l’anno, abbiamo sentito parlare di episodi
di bullismo.
Auspico che, oltre alla previsione di sanzioni disciplinari per gli insegnanti, vi sia
anche una previsione di riordino delle loro
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competenze, soprattutto per quanto riguarda l’introduzione dello stato giuridico.
Infatti, il docente in questo momento,
senza dubbio, ha bisogno di un nuovo
stato giuridico. È necessario offrire ai
professori nuove prospettive, attualmente
inesistenti, con la consapevolezza fondamentale che lo studente percepisce il
modo in cui un professore è stato formato
e se esista una riqualificazione. Bisogna
evitare che si ripetano ancora episodi
come quello della lettera degli studenti di
Catania agli insegnanti, dove di fronte a
problemi legati a un vuoto esistenziale, a
un accorato appello e ad una richiesta di
aiuto, i professori hanno risposto che non
era loro compito né loro competenza dare
risposte al riguardo.
Noi non vogliamo che nella scuola
italiana si ripetano episodi del genere e,
quindi, quando abbiamo a che fare con
provvedimenti sugli insegnanti dobbiamo
inquadrarli in un contesto più completo.
Concludendo, con rammarico preannuncio il voto contrario del mio gruppo, e
non può essere altrimenti. Infatti, Alleanza
Nazionale ha presentato pochi emendamenti, e non a scopo ostruzionistico: tutti
avevano un grande significato e l’accoglimento degli stessi avrebbe portato all’effettivo miglioramento del testo.
Ritenendo dirimente il rigetto di questi
emendamenti a nostro avviso migliorativi
del testo, siamo obbligati, purtroppo –
anche se l’intento su un tema come la
scuola è sempre quello di unire e non di
dividere – a esprimere un voto contrario
sul provvedimento in esame (Applausi dei
deputati dei gruppi Alleanza Nazionale,
Forza Italia, Lega Nord Padania e UDC
(Unione dei Democratici Cristiani e dei
Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare
per dichiarazione di voto il deputato Trepiccione. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE TREPICCIONE. Signor Presidente, il decreto-legge che ci apprestiamo
a convertire in legge è sicuramente condivisibile perché si pone l’obiettivo primario di consentire alle istituzioni scolastiche
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di meglio programmare le attività e lo
svolgimento dell’anno scolastico appena
iniziato.
Diverse sono le norme in esso contenute, molte delle quali ci vedono convintamente favorevoli. Per altre – vogliamo
dirlo – abbiamo avuto qualche perplessità.
Certamente positivo è il ripristino dell’organizzazione delle classi a tempo
pieno nella scuola primaria, ritornando
cosı̀ alle quaranta ore, secondo una logica di ampliamento del diritto allo studio e di una maggiore attenzione alle
necessità e alle esigenze di integrazione
di molti giovani e dei minori immigrati.
Una norma che ci permette finalmente di
superare positivamente le disposizioni introdotte dal Ministro Moratti con il decreto legislativo n. 59 del 2004. È una
richiesta attesa: tempo pieno significa
diritto allo studio, all’educazione e alla
crescita dei ragazzi, nonché un aiuto
concreto e reale per molte famiglie.
Questa attesa norma, per essere effettivamente applicata su tutto il territorio
nazionale, richiede nuove e più consistenti
risorse che dovranno essere reperite. Ci
auguriamo che la prossima legge finanziaria fornisca un’adeguata risposta a tale
esigenza.
Ma non vi è solo il ritorno al tempo
pieno: è previsto un aumento di fondi per
oltre 40 milioni di euro per i compensi ai
commissari degli esami di Stato, anche se
avremmo preferito che queste risorse fossero nuove e non reperite nell’ambito degli
stanziamenti complessivi per la scuola.
Viene previsto lo sblocco di quasi 10
milioni di euro messi a disposizione dal
Ministero della solidarietà sociale per le
classi primavera, rivolte ai bambini dai
due ai tre anni di età.
Allo stesso modo, un importante contributo per un migliore funzionamento
della scuola viene dalle norme relative al
pagamento da parte delle direzioni provinciali del Ministero dell’economia e delle
finanze delle retribuzioni per le supplenti
in sostituzione di insegnanti in astensione
per maternità. In pratica, il pagamento
delle supplenze in sostituzione di insegnanti in astensione per maternità non
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graverà più sulle scuole ma passerà direttamente al Ministero della pubblica istruzione e, quindi, a quello dell’economia e
delle finanze. Finora, infatti, lo stipendio
dei docenti veniva pagato direttamente
dallo Stato, mentre le supplenti in sostituzione di insegnanti in maternità erano
pagate direttamente dalla scuola. Ciò sicuramente era ingiusto e rappresentava,
altresı̀, un onere pesante sul bilancio della
scuola stessa.
Sono, inoltre, previste disposizioni per
l’assunzione di ricercatori e, in particolare,
la possibilità di utilizzare le somme previste a tal fine dalla scorsa legge finanziaria, che rischiavano di non poter essere
più utilizzate.
La parte del decreto-legge più delicata
è certamente quella contenuta nell’articolo
2 relativa al personale scolastico e, in
particolare, ai procedimenti disciplinari a
carico del personale docente. Vengono
previste sanzioni più rapide e certe per i
professori inadempienti o che sono coinvolti in indagini per reati gravi.
Intanto, va chiarito che si tratta di
disposizioni disciplinari già esistenti e questo decreto-legge non fa altro che introdurre procedure che semplificano e rendono più rapida l’applicazione di tali disposizioni. Certamente, è giusta la necessità che i tempi dei procedimenti siano
quanto più possibile abbreviati e rapidi,
ma è indispensabile che vengano comunque sempre assicurate le massime garanzie di difesa e di tutela della persona
previste dalla nostra Costituzione.
Dobbiamo evitare di introdurre norme
di tipo « giustizialista » che non portano
alcun beneficio alla scuola nel suo complesso né alla società. Per questo motivo,
è necessario ridurre il più possibile interventi e soluzioni che rischiano di lasciare
ampio spazio alla discrezionalità. Riteniamo, infatti, che 90 giorni siano pochi
per completare tutta l’istruttoria e, nel
caso di uffici lenti, il dipendente ne può
essere penalizzato.
Sempre in questa direzione, abbiamo
proposto, nell’ambito della possibile sospensione cautelare disposta nei confronti
del personale docente, di sentire obbliga-
Camera dei Deputati
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toriamente il collegio dei docenti. In questo modo, non si esautora completamente
il collegio e, considerati i pochi giorni in
cui si può convocare il medesimo, non
viene neppure compromessa la tempestività del procedimento.
Si tratta, pertanto, nel suo complesso,
di un provvedimento positivo per il quale
preannuncio il voto favorevole dei deputati
Verdi (Applausi dei deputati del gruppo
Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare
per dichiarazione di voto la deputata Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor
Presidente, intervengo per dichiarare che
il gruppo dell’UDC esprimerà un voto
contrario sul disegno di legge in esame. La
ragione di tale voto – come ebbi già a dire
in precedenza e me ne rammarico certamente – risiede sia nel metodo adottato
sia nel contenuto di questo decreto-legge.
Per quanto riguarda il metodo – è già
stato detto, ma vale la pena ribadirlo – ci
sembra ingiustificato aver presentato un
provvedimento con carattere di urgenza,
in quanto ci saremmo aspettati dal Governo una trattazione del problema della
scuola più degna del ruolo decisivo che la
scuola stessa riveste nella società.
In particolare, il carattere di urgenza –
è stato già rilevato da molti – pur giustificabile in alcuni passaggi del decretolegge, è indiscriminatamente e strumentalmente transitato su altri fondamentali
aspetti organizzativi e progettuali che, invece, avrebbero richiesto il coinvolgimento
ragionato e dibattuto da parte di tutti i
soggetti della scuola, tra cui le istituzioni
scolastiche stesse, le famiglie, i rappresentanti dei vari comparti del mondo del
lavoro, sindacati e organi di stampa.
La scuola passa sempre sotto silenzio,
mentre meriterebbe un’attenzione certamente maggiore di quanto pare abbia
voluto riservarle questo Governo.
Inoltre, la strada che il Governo si
appresta a intraprendere con questo decreto-legge stile omnibus sembra volerne
sancire il declassamento ad un ruolo marginale che non possiamo accettare.
Atti Parlamentari
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SEDUTA DEL
Vorrei ricordare – è già stato detto e
proseguirò, quindi, velocemente – la genesi di questi provvedimenti che ora la
maggioranza si appresta ad approvare: è
vero che, prima dell’estate, non era stato
possibile approvare alcun provvedimento
in materia, ma molte cose già si sapevano.
Improvvisamente, il 7 settembre, il Ministro si è accorto di avere il dovere di
assicurare l’ordinato avvio dell’anno scolastico e ha varato questo decreto-legge. A
meno di tre settimane il Parlamento è
stato chiamato ad esprimersi al riguardo e
non si può dire – onestamente nessuno lo
può affermare – che lo stesso abbia avuto
a disposizione il tempo giusto, doveroso e
sufficiente per discutere di questi argomenti sia nelle Commissioni che in Assemblea.
È vero che alcune questioni rivestivano
carattere di urgenza (come le risorse dell’Unione europea da erogare agli enti di
ricerca e ai ricercatori), su questo non ci
sono dubbi; ma le altre questioni emerse
durante l’anno si conoscevano e, probabilmente, non c’era bisogno di costringere
il Parlamento a trattare argomenti cosı̀
diversi, cosı̀ vasti e cosı̀ importanti in due
settimane.
Do atto alle Commissioni competenti in
materia di aver lavorato con impegno e di
aver cercato di rispondere a questa esigenza tardiva del Ministro. Tuttavia mi
domando: siamo sicuri, colleghi, che questo basti per garantire un ordinato avvio
dell’anno scolastico in corso ? Come si può
pensare che basti questo frettoloso decreto-legge per dare alla scuola serenità,
stabilità, impegno e risultati ? Sulla scuola
sono state compiute scorribande che ritengo ingiustificate ed improvvisate, per le
quali – a mio avviso – la famiglia e la
scuola hanno pagato un caro prezzo.
Mi riferisco non solamente a questo
decreto-legge, ma anche alla legge finanziaria, al decreto-legge Bersani e a tutto
quanto è stato fatto, che riguardava altre
materie e in cui si infilava, in maniera
surrettizia, il problema della scuola.
In realtà, stiamo assistendo ormai, dall’inizio della legislatura, ad una sistematica
controriforma che questo decreto-legge
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conferma, con l’inserimento dei provvedimenti più svariati e che riguardano moltissimi aspetti della vita della scuola.
Quanto poi ai contenuti, l’approvazione
da parte nostra dell’articolo 3, in riferimento alle norme sul personale scolastico
e sull’assunzione dei ricercatori, mostra
esclusivamente il senso di responsabilità
del nostro gruppo di fronte ad un’esigenza
reale, ma il complesso del decreto-legge
non ci consente di esprimere il nostro voto
favorevole.
In particolare, ribadiamo le nostre riserve sull’articolo 1, per quello che riguarda il tempo pieno, l’Invalsi e le classi
primavera, come è emerso dagli ordini del
giorno che abbiamo presentato. Si tratta
di un articolo 1 inutile, probabilmente con
pericoli insiti nella sua formulazione e che
ha mostrato tutti i suoi limiti, non solo nei
confronti dei temi più diversi, ma occupandosi più di ingegneria politica che di
formazione e di educazione.
Per quanto se ne dica, il tempo pieno
non è la risposta all’esigenza delle famiglie, tanto è vero che – come ho ricordato
– viene richiesto da meno del 50 per cento
di esse. E il tempo pieno – so che al
Governo non piace questa formulazione –
rischia di essere un tempo vuoto, che non
si sostanzia in un piano dell’offerta formativa articolato ed esaustivo.
Ho ricordato e ricordo ancora, in sede
di dichiarazione di voto, il convegno dell’OCSE in cui è emerso inequivocabilmente
che, in tutti i Paesi europei, si sta cercando
di diminuire le ore che gli studenti passano a scuola. I risultati positivi, infatti,
non si ottengono dalla quantità delle ore,
ma dalla loro qualità. Né vale l’obiezione
che le famiglie non saprebbero dove mettere questi ragazzi, perché la scuola non è
un parcheggio e, dunque, occorre provvedere con alternative serie rispetto alla
riduzione dell’orario scolastico.
Qualcuno ha correttamente sottolineato
che i ragazzi passano più tempo a scuola
di quanto ne trascorrano i loro genitori
negli uffici, nelle aziende e nelle fabbriche.
Il tempo pieno, dunque, non è un’emergenza nazionale, non fa che avallare l’idea
che le famiglie vengano a volte espropriate
Atti Parlamentari
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del loro ruolo educativo e che la scuola si
sostituisca impropriamente al primario
compito educativo dei genitori.
Vorrei, inoltre, ricordare che la scuola
non è un fine, ma è un mezzo; e il fine
è la formazione integrale degli studenti in
costante collaborazione con la famiglia.
Ci siamo già espressi per quanto riguarda
le classi primavera; ribadiamo tutte le
nostre perplessità e riteniamo che non
porteranno ad un miglioramento qualitativo del livello di accoglienza e di
formazione, tanto più che si sottraggono
risorse al sociale instaurando una prassi
molto seria e grave e, soprattutto, facendo una guerra tra poveri. Sappiamo
quanto il sociale abbia bisogno di risorse
e non si capisce perché il Ministero vada
a prendere risorse e fonti per finanziare
queste sperimentazioni proprio nel comparto del sociale.
Infine, per quanto riguarda l’Invalsi –
ne abbiamo già parlato – anche in questo
caso, l’ente dovrebbe avere certezza di alti
compiti, una valutazione scientifica, oggettiva e in ultima analisi terza rispetto
all’operato della scuola come istituzione
fondamentale della nostra società. Ebbene,
il suo organico ridotto da otto a tre
componenti, cosı̀ come il ruolo del Ministero che deve dare indicazioni, con direttive annuali, degli obiettivi della valutazione esterna condotta dal servizio nazionale di valutazione, ci sembrano, oggettivamente, una regressione.
Vi sarebbero molte cose da dire parlando di scuola – Viceministro Bastico e
colleghi – considerazioni che sono state
anche richiamate in questi giorni di dibattito pur essendo « fuori tema ».
Si dovrebbe discutere dei disabili, dei
docenti di sostegno, degli immigrati e
della loro integrazione, nonché del livello
raggiunto dalla scuola italiana nei paesi
OCSE, dei crediti formativi, della mancanza di regole e di discipline in molte
scuole. Si dovrebbe discutere, poi, della
droga, delle aspettative delle famiglie,
delle scuole di eccellenza, che pure esistono nel nostro Paese, della libertà di
scelta educativa delle famiglie, che in
Italia è un tabù.
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIORGIA MELONI (ore 18,40)
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Non
c’è il tempo per farlo, e probabilmente
questa non è neanche la sede appropriata,
ma sappiamo bene che questi sono tutti
elementi che qualificano l’offerta formativa; e non basta un provvedimento come
questo per garantirla.
Abbiamo bisogno di una scuola seria,
non solo al passo con i tempi, ma che non
si ripieghi su se stessa, che si apra ad un
progetto educativo con una forte valenza
di rigore, di regole, di preparazione e di
studio. Una scuola che non sia un parcheggio per gli studenti e una semplice
occupazione per i docenti, ma si metta al
passo con quei Paesi che hanno fatto della
formazione il punto centrale della loro
politica.
L’educazione non è e non può essere
neutra, come non può essere immaginata
la neutralità dello Stato davanti alle scelte
di fondo che vengono fatte nelle scuole.
PRESIDENTE. Onorevole
Santolini, concluda.
Capitanio
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Concludo, Presidente. Allora occorre assumersi il rischio educativo da parte di chi
fa le leggi, cosı̀ come da parte di chi le
deve applicare, cosı̀ come da parte delle
componenti della scuola, dal punto di vista
dei valori e della formazione.
La scuola non è solo fatta di regole, di
organici, di circolari e di meccanismi burocratici; la scuola ha un compito altissimo: consegnare al futuro del nostro
Paese cittadini all’altezza delle sfide che
abbiamo davanti.
In questa legislatura, durante i dibattiti
in aula ed altrove, non mi pare di avere
ascoltato argomentazioni in questo senso.
L’auspicio è che, sulla scuola, si apra
un dibattito serio che coinvolga il Paese,
che i media non ignorino il mondo della
scuola e le famiglie divengano coprotagoniste nel rispetto dei ruoli della formazione dei loro figli.
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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare
per dichiarazione di voto l’onorevole Goisis. Ne ha facoltà.
PAOLA GOISIS. Signor Presidente,
pensavo di dover intervenire per ultima e,
invece, è già il mio turno.
Il provvedimento che stiamo esaminando denota come questa maggioranza di
Governo consideri l’istruzione un metodo
per erogare il sapere piuttosto che un
sistema che richiede partecipazione anche
per acquisire e produrre il sapere.
In Paesi dove la scuola conta molto la
scelta è stata quella di interfacciare le
istituzioni scolastiche con il potere locale,
con il trasferimento forte di poteri; da noi
è ormai tempo che ciò avvenga in maniera
risoluta.
È, quindi, necessario che il progetto
educativo si trasformi nel progetto di una
comunità educante in cui, poi, possa risiedere la sostanza dell’autonomia.
In Europa esistono diverse tendenze
verso l’autonomia e il cambiamento nel
governo delle scuole ha assunto molte
forme; ma una tendenza costante in tutti
i Paesi europei è quella di una maggiore
autonomia e responsabilità per enti locali
e dirigenti scolastici, oltre che una maggiore libertà di trattare i contenuti educativi e di variare i curricula scolastici.
Inoltre, è stata attribuita alle scuole la
responsabilità locale di gestire sia le risorse umane che finanziarie.
Oltre a ciò, si nota una sempre maggiore accentuazione degli standard dell’istruzione e della valutazione esterna
condotta da agenzie centrali e indipendenti per garantire che il processo venga
svolto in modo efficace, nella sua interezza
e per il vantaggio dei soggetti interessati.
Si è anche assistito all’aumento dei
finanziamenti. In molti casi, come ad
esempio in Finlandia, in Svezia ed in
Inghilterra, gran parte delle decisioni sono
assunte al livello delle municipalità in
collaborazione con le scuole.
In Inghilterra, nei Paesi Bassi e in
Svezia anche le decisioni sul personale e
sulle risorse umane sono prese a livello di
scuole e queste ultime hanno la possibilità
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di licenziare ed assumere personale. In
Italia ciò avviene solo nell’8 per cento dei
casi. Solo l’8 per cento delle scuole è
coinvolto nella scelta degli insegnanti, in
rapporto alla media OCSE che è, invece,
del 64 per cento.
Per quanto riguarda i livelli retributivi
degli insegnanti in tutta Europa, gli stipendi degli insegnanti sono negoziati a
livello centrale: viene stabilito un minimo
stipendiale, ma poi è all’interno delle
scuole che i dirigenti scolastici decidono i
diversi livelli retributivi.
In Svezia, ad esempio, il mercato degli
insegnanti è molto vasto: gli insegnanti più
richiesti possono chiedere retribuzioni
molto elevate rispetto agli altri. Ciò è
consentito per garantire retribuzioni adeguate ed i migliori professionisti. In questi
Paesi le scuole hanno anche l’autorità di
sviluppare le carriere dei docenti e di
decidere sulla loro formazione all’interno
e all’esterno degli istituti.
In Italia solo il due per cento delle
scuole è coinvolto nella determinazione
degli aumenti di stipendi. Se consideriamo,
poi, come sono distribuite le risorse finanziarie e umane, c’è un grande margine di
manovra. Le scuole in Europa possono
prendere decisioni autonome, hanno
un’indipendenza notevole a livello di organizzazione finanziaria e una quasi totale
responsabilità nello stanziamento e nella
gestione delle risorse.
In questi Paesi spesso sono i comuni a
rivestire un ruolo importante, laddove si
determina una combinazione tra comuni e
scuole. Vale la pena di segnalare due casi
emblematici.
In Svezia i comuni hanno assunto la
responsabilità per quanto riguarda la
scuola, esercitando non solo il compito di
disporre delle risorse a livello scolastico,
ma anche la flessibilità necessaria per
adattare i corsi educativi che possono
offrire. Ad esempio, possono accettare lo
studio di certe discipline rispetto ad altre
ed escluderne altre ancora.
In Svezia alcuni degli aspetti relativi
alla valutazione delle scuole e del sistema
dell’istruzione sono delegati alle scuole
stesse e ai comuni, i quali sono poi ob-
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bligati a riferire annualmente al Governo
centrale sul successo o insuccesso in questo ambito.
Comunque, nei Paesi europei dove l’attribuzione dell’autonomia alle scuole ha lo
scopo di migliorare la qualità dell’istruzione questo obiettivo è stato colto. Molte
ricerche, in particolare l’indagine Pisa dell’OCSE, indicano che il miglioramento
della qualità della scuola è strettamente
collegato all’autonomia, ma tale autonomia comporta anche la realizzazione di un
sistema fidato di valutazione dei risultati
delle scuole e degli studenti per garantire
il raggiungimento degli obiettivi educativi
fissati e il rispetto dei curricula nazionali.
Per concludere, l’autonomia in questi
Paesi è una questione di leadership: le
scuole e i sistemi scolastici che tendono a
produrre le migliori performance sono
quelli in cui la leadership è legittimata, in
cui vi sono capi di istituto o consigli di
amministrazione pronti ad assumere queste leadership.
La scuola italiana, invece, è diversa
dagli altri contesti europei ed è una diretta
emanazione della concezione ereditata
dallo Stato liberale, secondo cui l’istruzione rientra nella piena attribuzione non
delegata della sovranità statale.
Questo spiega anche la bassissima incidenza nel nostro Paese di istituzioni
educative non statali e non è un caso che
molte di esse abbiano avuto un’origine
alternativa allo Stato liberale, come ad
esempio le istituzioni educative promosse
da enti locali o le istituzioni educative
cattoliche.
Ciò ha determinato una diffidenza
dello Stato nei confronti dell’istruzione
non statale, che è continuata anche nel
secondo dopoguerra fino agli anni Ottanta,
quando hanno cominciato a prodursi le
prime fratture profonde in questa concezione statocentrica, derivate in larga misura da un nuovo protagonismo degli enti
locali, dai processi di partecipazione sociale e dalla crescita di soggettività delle
stesse istituzioni scolastiche.
Il processo ormai è evoluto in termini
costituzionali, legislativi ed amministrativi,
in maniera ormai irreversibile, nonostante
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non sia chiaramente compiuto e si assista
periodicamente a sussulti e ripensamenti.
I possibili sviluppi per la scuola si
possono delineare in direzione della parità delle istituzioni, in relazione all’assorbimento di pubbliche funzioni per
l’autonomia degli stessi, in seguito all’accentuazione della loro responsabilità,
mentre per le regioni e gli enti locali si
deve prefigurare rispettivamente un progressivo aumento delle funzioni legislative
e gestionali.
In questo mondo in cui i cambiamenti
crescono rapidamente, ci troviamo a confrontarci con la sfida delle specificità,
della diversità culturale e della identità
della periferia come valore umano. L’apprendimento e la conoscenza stanno guidando questo vento di cambiamento. Il
ruolo dell’educazione nel trasformare la
società è evidente: la trasmissione di conoscenza e di valori, l’educazione è diventato lo strumento per raggiungere cambiamenti e trasformazioni; è il mezzo per
potenziare gli individui e la loro collettività; è un necessario principio di guida e
di organizzazione per le riforme educative.
La globalizzazione ha reso importante
l’apprendimento di nuove abilità e competenze. La capacità di vivere insieme, il
pensiero critico, la comunicazione e la
creatività, l’abilità nel dirigere e nell’anticipare i cambiamenti sono solo alcune
delle abilità e delle competenze richieste.
Questo fenomeno condiziona i costumi, le
abitudini, l’ambiente di vita e i rapporti
umani. Ciò nonostante, crediamo che sarebbe un errore ritenere che la cultura
globalizzata debba portare alla rimozione
delle singole identità. L’educazione deve
cercare di rendere gli individui coscienti
delle proprie radici e di fornire specifici
punti di riferimento che consentano loro
di definire la loro collocazione nel mondo.
In quest’aula si è dibattuto molto sull’importanza di insegnare la tradizione
culturale cristiana ai minori immigrati
inseriti nelle scuole di ogni ordine e grado.
Gli interventi educativi devono essere modelli di integrazione, ma nel campo dell’insegnamento non si può subire la pressione dei movimenti immigratori nel mo-
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mento in cui si intende passare dalle
identità separate alla comunità plurale.
Quindi, sul versante didattico, è necessario
attivare tutte le esperienze di educazione
linguistica, scambi, pedagogia comparata,
formazione degli insegnanti, ma è altrettanto importante – per creare un processo
osmotico con i bambini italiani e trasmettere un messaggio importante a chi, provenendo da altre civiltà, si sente schiacciato dall’Occidente – che costoro sappiano che l’Occidente ha il cristianesimo
tra le proprie principali matrici storiche e
culturali.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
PAOLA GOISIS. Devo dire però che il
provvedimento in esame purtroppo è viziato dalla cultura di sinistra che sottende
a tutto ciò che è stato deliberato. In modo
particolare voglio riportare un esempio, in
particolare uno studio realizzato qualche
tempo fa sulla base di un’esperienza con
insegnanti e mediatori culturali, nel tentativo di individuare i criteri per determinare cosa fosse il meglio e il peggio nelle
culture fisicamente contigue nel nostro
territorio: si è tentato di individuare a
livello scolastico alcune tematiche giuridiche, per trovare esperienze culturali ed
esistenziali comuni. Il gruppo di lavoro ha
individuato poi alcuni aspetti, non solo
giuridicamente rinunciabili: la separazione
tra religione e Stato, tra religione e diritto,
tra ciò che si comprende e ciò in cui si
crede; l’habeas corpus, i diritti costituzionali italiani, il diritto di cittadinanza ed i
doveri ad esso correlati.
PRESIDENTE. Dovrebbe
onorevole, cortesemente.
concludere,
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dello Stato, l’habeas corpus, tutti i principi
che abbiamo ricordato sono davvero valori
conosciuti dagli indigeni della bassa padana ? O i nativi di nazionalità italica conoscono il significato di questi nobili diritti ?
Volevo arrivare a questo punto: purtroppo
questo provvedimento è il frutto di questa
mentalità, una mentalità di sinistra che,
purtroppo, ci ha dato come risultato un
decreto prima di tutto in cui...
PRESIDENTE. Onorevole Goisis !
PAOLA GOISIS. ...una volta di più il
nord viene trattato da colonia. E lo vediamo subito: tempo pieno; ci si è dimenticati...
PRESIDENTE.
Onorevole
Goisis,
stiamo cercando di venirle incontro, ma
dovrebbe concludere l’intervento, per cortesia !
PAOLA GOISIS. Concludo immediatamente: questo decreto-legge, purtroppo,
finge di venire incontro ai nostri bambini
e alle nostre famiglie, ma in realtà va
contro le nostre famiglie, poiché il tempo
pieno non è garanzia di conoscenza.
PRESIDENTE. Onorevole, mi costringe
a toglierle la parola. Vorrei evitarlo.
PAOLA GOISIS. Un solo momento ancora. Con questo decreto-legge, infatti, i
portatori di handicap sono stati penalizzati, sacrificati, purtroppo, agli immigrati.
Per queste ragioni, preannunzio il nostro
voto contrario sul provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare
per dichiarazione di voto l’onorevole De
Simone. Ne ha facoltà.
PAOLA GOISIS. Ancora due minuti.
PRESIDENTE. No, due minuti non è
possibile, mi consenta, onorevole.
PAOLA GOISIS. Ma è questa la cosa
grave: purtroppo in questi studi si parla
della gente del nord nei termini seguenti.
Lo studio infatti dice: i concetti di laicità
TITTI DE SIMONE. Signor Presidente,
svolgo tre considerazioni finali che si aggiungono a quelle già espresse nel corso
della discussione sulle linee generali ed in
generale nel dibattito. Questo decretolegge presenta un elemento senz’altro
molto positivo contenuto nell’articolo 1,
con il ripristino del tempo pieno abrogato
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dalla riforma Moratti. Il tempo pieno è
infatti una straordinaria esperienza pedagogica ed educativa e non un parcheggio
per i bambini, come si è erroneamente
affermato: esso rappresenta un pezzo della
storia italiana, della scuola pubblica e del
movimento democratico che l’ha costruita,
e costituisce dunque un patrimonio importante.
Fra l’altro, nella scorsa legislatura,
l’abrogazione del tempo pieno e lo spezzettamento compiuto dalla riforma Moratti erano stati contrastati da un movimento importantissimo di genitori ed insegnanti che mirava al ripristino del
tempo pieno. Dovrebbero ricordarsene coloro che demagogicamente, alla destra di
quest’aula, spesso si appellano alla difesa
della famiglia: i genitori sono stati protagonisti di una battaglia importantissima
per il ripristino del tempo pieno. Tempo
pieno che – lo voglio ripetere – costituisce
un’esperienza pedagogica ed educativa che
coinvolge l’intero mondo della scuola e del
territorio, e che anzi andrebbe esteso oltre
le regioni in cui esiste, anche in quelle che
purtroppo ancora non lo prevedono nel
loro sistema della scuola: questa è una
prospettiva verso cui bisogna naturalmente
lavorare.
Devo ricordare peraltro che il ripristino
del tempo pieno era oggetto di un emendamento presentato dal gruppo di Rifondazione Comunista al disegno di legge il
cui esame ha preceduto in Commissione
quello del presente decreto-legge successivamente, però, il Governo assorbı̀ il contenuto di quell’emendamento trasferendolo nel decreto-legge. Siamo dunque soddisfatti di una simile norma, che peraltro
possedeva carattere d’urgenza poiché era
importante che l’avvio dell’anno scolastico
tenesse conto anche del ripristino del
tempo pieno.
Certo, avremmo preferito che questo
decreto-legge disponesse anche le risorse
per il tempo pieno, poiché sappiamo che
quello delle risorse è un tema importante.
Tale tema dovrà essere affrontato in sede
di esame del disegno di legge finanziaria,
certamente con riferimento al tempo
pieno, ma in generale a tutto il sistema
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scolastico, alla sua qualità, agli organici,
nonché alla questione degli insegnanti di
sostegno. Tale questione è stata ricordata
in quest’aula e dovrà essere affrontata in
modo congruo nell’ambito dell’esame della
manovra finanziaria, prevedendo risorse
che mettano a disposizione delle scuole gli
organici necessari al loro fabbisogno reale.
Quest’ultima questione, peraltro, è stata
affrontata da un ordine del giorno che
abbiamo presentato e che è stato accolto
dal Governo: tale ordine del giorno – che,
nelle nostre intenzioni, deve essere un’indicazione anche per il lavoro da svolgere
con la legge finanziaria – tende sostanzialmente ad affermare che è necessario
riavvicinarsi all’organico funzionale; è necessario riequilibrare l’organico di diritto e
l’organico di fatto. Occorre quindi che il
contingentamento degli organici si basi
non – come accade oggi – su previsioni
che poi di anno in anno vanno riaggiustate
in base alle esigenze: la ridefinizione dell’organico funzionale si deve, infatti, basare su una previsione delle reali esigenze
delle scuole.
Dunque, le esigenze di risparmio non
sono politicamente accettabili quando si
affronta la questione strategica della
scuola e della formazione. La precedente
legge finanziaria – lo dobbiamo ricordare
– ha purtroppo introiettato il principio del
risparmio, incrementando il rapporto tra
alunni e classi. Noi riteniamo che tale
elemento vada, comunque, riesaminato,
poiché un conto è eliminare gli sprechi o
la sottoutilizzazione delle risorse – su cui
siamo, naturalmente, tutti assolutamente
d’accordo –, un altro è colpire negativamente l’intero sistema in funzione di una
logica del risparmio che non è assolutamente condivisibile.
Pertanto, tali aspetti dovranno essere
affrontati con la lente d’ingrandimento, sia
nelle Commissioni competenti sia in Assemblea in sede di discussione del disegno
di legge finanziaria.
Il secondo aspetto che vorrei sottolineare riguarda le questioni disciplinari
(lo faccio per una ragione di mero chiarimento).
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Su tale questione sono state espresse,
infatti, affermazioni erronee e sbagliate. Il
decreto-legge che ci apprestiamo a convertire in legge non ha introdotto nuove
sanzioni disciplinari: il Governo in particolare, che ha proposto il relativo articolo,
si è prefissato di introdurre, a proposito
delle sanzioni disciplinari già esistenti,
alcuni elementi di semplificazione delle
procedure per questioni di grave e comprovata turbativa della regolare attività
didattica.
Devo aggiungere – estendendo il mio
ringraziamento anche alle relatrici ed alle
Commissioni – che la norma in parola è
stata migliorata molto nel corso della
discussione prima nelle Commissioni e
poi in Assemblea, e ciò è un fatto estremamente positivo, perché il testo è stato
radicalmente migliorato rispetto alla formulazione originaria, riequilibrandolo
nettamente in direzione delle necessarie
condizioni garantiste ed introducendo anche elementi a mio avviso molto significativi, come quello del richiamo alle
norme ed ai principi di parità di trattamento contenuti nella direttiva europea
78/2000/CE recepita dal Parlamento nella
scorsa legislatura.
Questo riferimento introduce una tutela in più per i docenti – che potrebbero
essere soggetti ad eventuali discriminazioni per l’orientamento sessuale o per
questioni attinenti alla religione, l’età o
all’handicap – ma anche per gli studenti.
Quindi, si è prevista una tutela in più, non
in meno. Ciò costituisce un risultato, e
dispiace che qualcuno, anche nella maggioranza, non abbia compreso, percepito e
colto tale elemento, come dispiace che il
centrodestra non abbia condiviso tale riferimento. Noi pensiamo, invece, che si
tratti di un risultato importante.
La terza ed ultima questione che desidero sottolineare si riferisce al mio ordine
del giorno n. 9/3025/5, accettato dal Governo, che riguarda il contrasto all’omofobia (anche questo è un risultato molto
positivo). Nelle premesse del citato ordine
del giorno abbiamo voluto ricordare che
nel nostro Paese, soprattutto in quest’ultimo anno, sono emersi gravissimi fatti di
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omofobia nelle scuole, che hanno coinvolto
gli studenti (adolescenti, ragazze e ragazzi
omosessuali).
Pensiamo che sia necessario introdurre
nelle scuole e nella formazione dei docenti
programmi e progetti che vadano nella
direzione di inserire nel corpo della scuola
e del sistema scolastico quegli strumenti
culturali che servano a neutralizzare gli
elementi dell’omofobia o del razzismo in
generale.
Quindi l’ordine del giorno impegna il
Governo a stabilire un protocollo con le
associazioni che si occupano specificamente del contrasto all’omofobia (come la
Gedo, l’associazione dei genitori di persone omosessuali, le associazioni omosessuali e altre associazioni che hanno esperienze comprovate) e che vogliono spendersi in un progetto che riteniamo possa
fare della scuola, anche in questo caso,
un’importante avamposto di una cittadinanza migliore di cui abbiamo bisogno
(Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L’Ulivo
e Sinistra Democratica. Per il Socialismo
europeo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare
per dichiarazione di voto l’onorevole Pettinari. Ne ha facoltà.
LUCIANO PETTINARI. Signor Presidente, il gruppo della Sinistra Democratica
per il Socialismo europeo voterà a favore
del disegno di legge in esame perché si
tratta di un provvedimento d’urgenza dettato dall’esigenza di dare risposte immediate e consentire alle scuole di programmare efficacemente la propria attività nel
momento delicato e complesso dell’avvio
dell’anno scolastico.
Per esempio, viene modificata la normativa in materia di ammissione dei candidati esterni agli esami di Stato, viene
incrementata la spesa destinata agli oneri
per lo svolgimento degli stessi esami, viene
ripristinato l’esame di terza media, viene
modificata la composizione degli organi di
gestione dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione e formazione, viene sbloccato parte del finan-
Atti Parlamentari
XV LEGISLATURA
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DISCUSSIONI
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SEDUTA DEL
ziamento destinato all’attivazione delle cosiddette « sezioni primavera ».
In particolare, tra le norme più importanti, vi è quella del ripristino del tempo
pieno, una necessità urgente di fronte alla
sempre crescente domanda da parte delle
famiglie, secondo il modello pedagogico
delle 40 ore inteso come progetto unitario
e non come mera sommatoria aritmetica
di ore.
C’è da augurarsi che nella prossima
legge finanziaria vi siano maggiori risorse
anche per il tempo pieno che – lo ricordiamo – costituisce una spesa qualificante
per la scuola, per la sua qualità e per il
diritto allo studio. Nel provvedimento, poi,
sono inserite norme disciplinari che hanno
avuto un grande risalto mediatico, oltre
che nel nostro dibattito in Assemblea. Va
precisato, tuttavia, che si tratta di disposizioni già esistenti. Il decreto-legge che
voteremo tra poco semplicemente introduce procedure che snelliscono e velocizzano tali norme.
Vorrei esprimere l’auspicio che il necessario rigore e la necessaria serietà con
cui affrontare tali questioni nell’interesse
primario di chi ha diritto ad una scuola
seria e di qualità, cioè delle studentesse e
degli studenti, non diventino, ancora una
volta, l’occasione per gettare fango sulla
scuola pubblica e sui docenti perché sicuramente, in questo momento, ciò non
serve al Paese.
Vengono infine sbloccati i finanziamenti per i concorsi per ricercatori, per le
università e per gli enti di ricerca. Nel
complesso sono state approvate una serie
di disposizioni assai urgenti per la scuola,
ma su molte altre – vogliamo dirlo con
forza – bisognerà al più presto intervenire, come sottolinea anche il recente libro
bianco sull’istruzione.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIULIO TREMONTI (ore 19,05)
LUCIANO PETTINARI. La scuola italiana ha certamente bisogno urgente di
semplificazione legislativa, di norme snelle
e comprensibili per poter migliorare la sua
Camera dei Deputati
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3
OTTOBRE
2007 —
N.
216
efficienza, la sua efficacia e il suo buon
funzionamento, ma essa ha bisogno anche
di politiche di lungo respiro che garantiscano nel tempo efficacia e qualità e che
siano frutto di attenzione e di impegno da
parte della società e della politica.
Il disegno di legge in esame è un primo
passo in questa direzione. Per tali motivi
ribadisco che il gruppo della Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo voterà
a favore del provvedimento (Applausi dei
deputati del gruppo Sinistra Democratica.
Per il Socialismo europeo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare
per dichiarazione di voto l’onorevole Benzoni. Ne ha facoltà.
ROSALBA BENZONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la scuola ci
chiede, in primo luogo, di discutere dei
suoi problemi (che non sono pochi) e di
assumere decisioni (che sono urgenti) mettendo da parte pregiudiziali ideologiche e
argomenti strumentali, riconoscendone la
centralità per lo sviluppo del Paese, la
coesione sociale, la capacità di competere
e l’equità, guardando ai suoi bisogni di
buona quotidianità, di buone prassi, di
serenità e di autonomia.
Con questo spirito ritengo sia opportuno affrontare anche il tema del tempo
pieno, modello organizzativo a cui il decreto-legge restituisce, dopo anni di incertezza, piena cittadinanza tra le forme in
cui si costruisce e si eroga l’offerta formativa della scuola primaria.
Durante il dibattito molti interventi
dell’opposizione lo hanno rappresentato
come un modello vecchio e superato, il
simbolo dell’appiattimento e dello statalismo rigido di una scuola del secolo scorso,
di cui non trovo traccia se ripenso a
questa grande esperienza. Se cosı̀ fosse,
sarebbero peraltro incomprensibili le iniziative messe in campo, non solo dagli
operatori della scuola, ma anche dalle
famiglie e dagli amministratori locali che
costantemente lo hanno difeso come risorsa ed esperienza preziosa da salvaguardare. Non si capirebbe perché, in molte
realtà, scuole ed enti locali si siano attivati
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