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hanno fatto maturare la scelta, ragione- vole e
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hanno fatto maturare la scelta, ragionevole e consapevole, di rimandare questo
ed altri delicati temi ad un esame più
complessivo di tutta la normativa.
Si pensi, infine, alla dibattuta questione della possibilità o meno per il
minore di accedere alle informazioni relative ai genitori naturali. Condivido totalmente quanto già espresso dalla relatrice e dagli altri colleghi intervenuti e
ricordo che solo dopo un serrato dibattito
le Commissioni affari esteri e giustizia
hanno ritenuto di accogliere un emendamento che consente, nel caso dell’adozione internazionale, tale possibilità, con
le dovute cautele e previa autorizzazione
del tribunale per i minorenni.
L’esigenza di ratificare al più presto la
convenzione ha suggerito di non affrontare in questa fase il problema, pure per
il futuro ineludibile, di una complessiva
rivisitazione della disciplina in materia di
adozioni. Forte però è l’impegno, già
manifestato ripetutamente in Commissione e in quest’aula, oltre che l’esigenza
di affrontare in modo più organico un
tema cosı̀ delicato nell’interesse di quei
minori, poveri e abbandonati, che altro
non chiedono, spesso non con le parole
ma con lo sguardo, in cui si riconosce
angoscia, disperazione ma anche attesa e
speranza di poter avere anche loro dei
genitori.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti
a parlare e pertanto dichiaro chiusa la
discussione sulle linee generali.
(Repliche dei relatori
e del Governo – A.C. 4626)
PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori per la II e per la III Commissione
rinunziano alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
GIOVANNI MARIA FLICK, Ministro di
grazia e giustizia. Onorevoli deputati, è per
il Governo motivo di profonda soddisfazione e di profonda gratitudine, per i
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lavori che si sono svolti al Senato e alla
Camera e per i contributi estremamente
validi che sono stati portati, arrivare alla
ratifica di questa Convenzione.
La ratifica della convenzione de L’Aja
è un punto essenziale per riqualificare il
sistema. Avevamo tre vie: quella di limitarci ad una ratifica tout court; quella di
affrontare globalmente tutto il sistema
dell’adozione (sappiamo perfettamente di
avere ancora molti problemi da risolvere);
quella di entrare immediatamente, data
l’urgenza del tema, nell’ipotesi della ratifica e della modifica del sistema dell’adozione internazionale, come primo punto di
riferimento per un discorso che certamente dovrà proseguire.
Condivido tutto quello che è stato detto
nel dibattito di oggi e sono vivi gli echi dei
fatti di cronaca che hanno evidenziato, fin
troppo, come anche nel settore delle
adozioni occorresse stabilire delle regole e
delle procedure chiare, funzionali, rispettose di ciò che rappresenta l’adozione a
livello internazionale: non il giocattolo, ma
una forma di rispetto del minore e di
solidarietà regolamentata, procedimentata,
in modo da garantire a tutti, e non
soltanto ad una élite particolarmente facoltosa, la possibilità di soddisfare una
determinata esigenza. D’altra parte, questa è una forma estrema di intervento per
quelle situazioni in cui i bambini non
possano essere altrimenti aiutati se non
avviandoli nella famiglia residente in un
altro paese.
Con la scelta di lavorare sui meccanismi di funzionamento dell’adozione internazionale (scelta, ripeto, parzialmente limitata rispetto alle problematiche che il
tema pone, ma a nostro avviso particolarmente urgente), abbiamo volutamente
rinunciato ad una prospettiva che riducesse il tema delle adozioni ad un dibattito su questioni di principio, con tutti i
problemi che esso poteva porre. Abbiamo
voluto cominciare ad affrontare alcune
delle questioni irrisolte nel sistema disciplinato dalla legge n. 184, soprattutto
quelle legate alla non sempre chiara
individuazione dei soggetti responsabili,
dei tempi, dei servizi necessari alla rea-
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lizzazione dell’adozione. Quelli procedurali ed organizzativi sono aspetti determinanti, che rendono efficace o inefficace il
funzionamento di qualunque sistema,
quali che siano i principi cui esso si
ispira. Ed il sistema italiano, come noto,
allo stato presenta una serie di incongruenze che rendono certamente poco
trasparente e disagevole il percorso di
quanti vogliano adottare un bambino straniero, oltre a mantenerlo in termini di
elitarietà e di dispendio che consentono –
e l’abbiamo visto – anche fenomeni di
sfruttamento.
La convenzione de L’Aja, che era urgente ratificare, intervenendo globalmente
almeno su questo aspetto del problema,
consente alle adozioni di realizzarsi in un
contesto di relazioni tra Stati regolate da
principi e da strumenti condivisi. Tutti
sappiamo, d’altronde, che i bambini stranieri in adozione provengono quasi sempre da paesi che hanno enormi difficoltà
sul piano economico e sociale e che al di
fuori di qualsiasi retorica devono essere
aiutati dalla comunità internazionale ad
affrontare in modo organico il problema
della sopravvivenza e dello sviluppo.
Come sapete e come è stato ricordato,
il testo rappresenta il frutto del lavoro di
un gruppo composto da più amministrazioni, da più esperti, che ha elaborato il
testo dopo molte consultazioni e dopo
molte valutazioni. Ci siamo orientati verso
la ratifica di una convenzione cosı̀ complessa ed articolata non in modo superficiale ed approssimativo, ma cercando di
fare in modo che con la ratifica il nuovo
sistema possa funzionare correttamente.
Sono già stati ricordati i punti fondamentali e qualificanti che, come dicevo all’inizio, consentono di ritenere che lo strumento, con le modifiche che sono state
proposte dalle Commissioni II e III, sia
funzionale allo scopo. A me sembra importante ricordare, anche se è già stato
evidenziato, che l’adozione internazionale
a questo punto viene chiaramente collocata tra gli strumenti di solidarietà internazionale, accanto al sostegno a distanza
ed alle iniziative di cooperazione per i
bambini nei loro paesi d’origine. Mi pare
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importante questo discorso, che si ricollega a quanto previsto dalla convenzione e dalla legge di attuazione per la
tutela del minore e per l’interesse del
minore, che è il vero soggetto protagonista
– ancor più perché soggetto debole – di
questo istituto.
Il percorso verso l’adozione degli aspiranti viene razionalizzato e qualificato in
tutte le sue parti, riducendo anche i tempi
necessari allo svolgimento della procedura
per ottenere l’idoneità. Conoscete certamente la deducibilità delle spese introdotta a favore degli adottanti, nonché
l’ampliamento del regime dei congedi
straordinari per favorire il discorso della
permanenza all’estero, non per l’abbinamento (orrendo termine), per la conoscenza e per l’assimilazione tra le due
posizioni. Mi sembra molto interessante e
molto positivo il modo con cui emerge il
ruolo delle organizzazioni non lucrative,
disciplinato all’interno di una cornice moderna e rigorosa, perché possano essere
svolte al meglio per i cittadini quelle
funzioni essenziali di conoscenza, di inserimento e di integrazione in Italia dei
bambini con i genitori adottivi. Richiamo
per me alla memoria il potenziamento –
qui, sı̀, giusto – delle sanzioni penali per
coloro i quali pongano in essere fenomeni
di sfruttamento o di speculazione vergognosa su queste tematiche.
Mi sembra molto importante e qualificante l’istituzione della commissione
centrale per l’adozione internazionale, con
compiti di coordinamento, rappresentanza
e monitoraggio di tutto il sistema nazionale delle adozioni di bambini stranieri e
vedo, sotto questo profilo, un buon collegamento tra il momento giurisdizionale,
nell’accertamento dell’idoneità dei richiedenti, e l’intervento della commissione e
del tribunale dei minorenni nel momento
terminale. Mi sembra, cioè, che si sia
raggiunta una felice sintesi tra i vari
momenti della vicenda dell’adozione, l’ultimo dei quali ed il più significativo è
rappresentato dall’innovazione nel modo
di affrontare il tema dell’identità etnica e
culturale, attraverso l’affermazione del diritto del minore di conoscere – quando
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possibile e nelle forme dovute – la sua
condizione di adottato ed il paese di
provenienza, nonché la disciplina, in casi
eccezionali, dell’accesso dell’adottato alle
notizie sulla famiglia di origine.
Mi sembra – e concludo – che con
questa legge di ratifica l’Italia si inserisca
con trasparenza nel sistema internazionale. Essa non risolve tutti i problemi, ma
imbocca la strada per risolverne alcuni
fondamentali, superando alcune rigidità
normative, adottando misure a favore
delle persone interessate alle adozioni e
migliorando l’assetto dei servizi nella prospettiva di favorire adozioni corrette e
consapevoli. Nel migliorare la disciplina
delle adozioni, il disegno di legge postula,
per la sua applicazione, che confido possa
avvenire il più rapidamente possibile, un
rilancio della formazione di tutto il sistema preposto a questa materia: le leggi,
per quanto corrette ed avanzate, hanno
bisogno, soprattutto in questo settore, di
operatori giuridici e sociopsicologici qualificati ed aggiornati, in grado di assumere
iniziative e di compiere scelte in un
contesto organizzativo efficiente e capace
di corrispondere al meglio ai bisogni delle
famiglie e dei bambini.
La specificità dell’adozione internazionale italiana è tutta nei suoi numeri, nei
circa 2 mila provvedimenti di adozione
pronunziati ogni anno, che testimoniano
un interesse grande e meritevole della
migliore attenzione possibile ed a me
sembra che la strada imboccata sia quella
giusta.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è
rinviato ad altra seduta.
Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 15
maggio 1998, n. 151, recante disposizioni urgenti riguardanti agevolazioni
tariffarie e postali per le consultazioni
elettorali relative agli anni 1997 e 1998
(4890) (ore 16,33).
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca
la discussione del disegno di legge: Con-
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versione in legge del decreto-legge 15
maggio 1998, n. 151, recante disposizioni
urgenti riguardanti agevolazioni tariffarie
e postali per le consultazioni elettorali
relative agli anni 1997 e 1998.
(Discussione sulle linee generali
– A.C. 4890)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo
parlamentare di alleanza nazionale ne ha
chiesto l’ampliamento, senza limitazione
nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell’articolo 83, comma 2, del regolamento.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Bielli.
VALTER BIELLI, Relatore. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il provvedimento
in esame è finalizzato a consentire l’applicabilità delle agevolazioni tariffarie postali, previste dagli articoli 17 e 20 della
legge n. 515 del 1993 per i candidati nelle
elezioni europee, politiche ed amministrative, anche in occasione delle consultazioni elettorali per il 1998, provvedendo a
reperire la relativa copertura finanziaria.
Il provvedimento consta di un unico
articolo e contiene: una disposizione che
stabilisce l’applicabilità alle consultazioni
elettorali del 1998 delle predette agevolazioni tariffarie; l’autorizzazione al rimborso alle Poste italiane Spa delle somme
corrispondenti agli oneri derivanti da tale
agevolazione non solo con riferimento alle
consultazioni elettorali del 1998, ma anche in relazione a quelle del 1997; la
norma di copertura finanziaria, che prevede a tal fine il ricorso all’accantonamento di un fondo speciale relativo al
Ministero della difesa.
Il decreto-legge è primariamente finalizzato a dare soluzione al problema della
compensazione
finanziaria
spettante
prima all’Ente poste italiane e oggi, a
seguito della trasformazione dell’ente, alle
Poste italiane Spa per le agevolazioni
postali delle campagne elettorali.
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A tal proposito l’articolo 6, comma 3,
del contratto di programma 1994-1996
con l’Ente poste italiane prevede che lo
Stato assicuri la copertura delle spese e
dei mancati ricavi conseguenti all’imposizione di oneri impropri o di tariffe
agevolate.
La disposizione dell’articolo 1, comma
1, del decreto-legge, data la sua formulazione, appare come norma transitoria.
Faccio osservare che le agevolazioni previste dalla legge n. 515 del 1993 sono state
applicate anche in occasione delle elezioni
del 1997 e il provvedimento in esame dà
copertura al relativo onere. Le spese
rimborsate per il 1997 risultano consistere
in 5 miliardi di lire; le somme elettorali
per il 1998 in 8,4 miliardi di lire. Tale
stima è basata sul numero degli elettori
interessati alla consultazione.
Nel dibattito in Commissione è stato
posto il problema del rimborso delle spese
postali per tutte le consultazioni elettorali.
Nel parere del Comitato per la legislazione tale problema è specificamente evidenziato nell’unica condizione in esso
inserita. Un primo problema risiede nel
fatto che ci si trova di fronte alla privatizzazione dell’originario Ente poste e
della liberalizzazione del settore, con conseguente abbandono delle posizioni di
monopolio. Ciò significa che la richiesta di
trasformare il decreto-legge in esame in
un provvedimento recante una disciplina
« a regime » dei rimborsi delle spese elettorali sostenute dai candidati deve essere
vista in un’altra ottica. Il decreto-legge in
esame deve, cioè, necessariamente avere
una portata normativa limitata, con un
ambito di applicazione temporale limitato,
che imporrà al Governo di intervenire
nuovamente negli anni successivi.
Quanto alla osservazione contenuta nel
parere del Comitato per la legislazione e
riguardante la necessità di evitare per il
futuro l’insorgenza di situazioni di monopolio, la Commissione ha ritenuto che la
formulazione del decreto-legge risponda
già a tale fine, essendo essa riferita ai soli
anni 1997-1998.
Il Governo in Commissione e in Comitato per la legislazione ha assicurato che
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il decreto-legge va inteso come copertura
finanziaria per il 1997 (un atto dovuto) e
per coprire il periodo 1998, ritenendo in
tal modo che non ci possa essere altra
soluzione se non quella prospettata. Contestualmente, il Governo si è impegnato ad
intervenire con apposito provvedimento
per gli anni successivi, tenendo conto
dell’esigenza di salvaguardare il principio
delle agevolazioni postali in occasione
delle consultazioni elettorali, ma anche di
tener conto della privatizzazione dell’Ente
poste e della liberalizzazione del mercato,
evitando per il futuro che si determini
una situazione di monopolio.
Il parere della Commissione bilancio
contiene una osservazione nella quale si
sottolinea l’opportunità di modificare la
norma di copertura, in quanto essa prevede l’utilizzo in difformità di un accantonamento di un fondo speciale per la
copertura di un decreto-legge al di fuori
delle ipotesi consentite. In proposito, non
è parso necessario recepire il parere della
Commissione bilancio, in quanto l’articolo
1, comma 3, del decreto-legge in esame
prevede una forma di copertura finanziaria già utilizzata in precedenti occasioni.
Nel parere favorevole espresso dalla
Commissione trasporti sul provvedimento
in esame è poi contenuta, in premessa,
una valutazione secondo cui sarebbe opportuno rimandare ad un riesame di tutta
la materia l’approvazione di una normativa di riferimento che tenga conto della
trasformazione dell’Ente poste in spa, con
ciò volendosi intendere che il provvedimento in esame deve avere un’efficacia
limitata nel tempo, restando intesa la
necessità di un futuro intervento del
legislatore.
Ritengo, in conclusione, che si possa
senza difficoltà procedere all’esame del
provvedimento e alla sua conversione in
legge, che chiude un problema aperto –
spese relative al 1997 – e risponde positivamente ai problemi che le consultazioni
amministrative del 1998 porranno.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il
rappresentante del Governo.
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VINCENZO MARIA VITA, Sottosegretario di Stato per le comunicazioni. Signor
Presidente, vorrei innanzitutto ringraziare
il relatore per la puntuale definizione del
problema sotteso al provvedimento che il
Governo ha dovuto prendere, onorevoli
colleghi, a causa di una difficoltà che
altrimenti avrebbe avuto effetti gravosi
non solo sui candidati nel recente turno
elettorale, ma anche sulla stessa applicazione fedele dell’articolo 17 della legge 10
dicembre 1993, n. 515.
Tale articolo, come ricorderanno i colleghi, prevede che: « ciascun candidato in
un collegio uninominale e ciascuna lista di
candidati in una circoscrizione per le
elezioni per il rinnovo della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica
hanno diritto ad usufruire di una tariffa
postale agevolata di lire 70 per plico di
peso non superiore a 70 grammi, per
l’invio di materiale elettorale per un numero massimo di copie pari al totale degli
elettori iscritti nel collegio ». Voglio anche
ricordare che l’articolo 20 della stessa
legge n. 515 del 1993 estendeva tale regime agevolativo anche alle elezioni europee, regionali, provinciali e comunali.
In base a tale disposto, l’Ente poste –
che ora, vorrei ricordare, è società per
azioni – ha sinora richiesto compensazioni relative alla differenza di prezzo tra
tariffa piena e tariffa effettivamente praticata ai candidati alle elezioni. La differenza tariffaria è a carico dell’erario, che,
dal 1994, ha via via corrisposto, secondo
quanto sostiene la stessa società Poste
italiane, una parte almeno dei corrispettivi
dovuti.
L’entrata in vigore – ecco il punto –
della legge n. 662 del 1996, che all’articolo
2 prevedeva la soppressione di ogni forma
di obbligo tariffario sociale a carico delle
poste italiane per i servizi non in regime
di monopolio legale, se a noi non sembra
poter modificare il regime delineato dalla
legge n. 515 del 1993 (per parte nostra, vi
è questa interpretazione), rendeva comunque indispensabile sopperire con un apposito provvedimento, quello di cui stiamo
discutendo i termini, alla mancata previsione di intervento finanziario. Dunque,
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abbiamo voluto adottare questo provvedimento per evitare che si creasse un
piccolo ma significativo vulnus nel tessuto
della democrazia elettorale, che è un
momento fondamentale della democrazia
tutta. Come ha giustamente sottolineato
l’onorevole relatore, questo intervento naturalmente non completa il quadro normativo: si renderà indispensabile un ulteriore provvedimento, che riteniamo
debba essere inserito presto all’ordine del
giorno.
Vorrei riferirmi anche ad alcune obiezioni già sollevate in sede di Commissione
da parte di colleghi delle opposizioni che,
con toni assai pacati e costruttivi, hanno
indicato in questo un problema effettivo,
e lo è. Però, abbiamo dovuto lavorare in
tempi cosı̀ ristretti e con qualche difficoltà
interpretativa da rendere difficile una più
compiuta definizione di un tema che, in
vista delle prossime cadenze elettorali
amministrative, ci prendiamo carico di
definire una volta per tutte.
PRESIDENTE. Il primo iscritto a parlare è l’onorevole Migliori. Ne ha facoltà.
RICCARDO MIGLIORI. Signor Presidente, colleghi, come adesso sosteneva
opportunamente il sottosegretario Vita, il
gruppo di alleanza nazionale in sede di
Commissione affari costituzionali ha manifestato alcune riserve, non tanto sulle
finalità e sul dispositivo di questo provvedimento, quanto per le vere e proprie
lacune normative che esso non tende a
colmare, creando quindi di fatto, per i
futuri appuntamenti elettorali, una situazione di non certezza e di non chiarezza
su un punto significativo inerente lo svolgimento della campagna elettorale.
Oggi ribadiamo qui in aula, nell’ambito
del dibattito di carattere generale, queste
preoccupazioni, che originano innanzitutto dalla vera e propria sequela di
critiche e contestazioni che da tutte le
parti politiche si è levata nei confronti del
Parlamento e del Governo nell’ambito
della campagna elettorale per le elezioni
amministrative, conclusesi proprio ieri
con i ballottaggi, nella quale si è assistito
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ancora una volta ad una situazione di
incertezza su un punto chiave, inerente la
possibilità per i singoli candidati di dotarsi, nel corso della campagna elettorale,
di una strumentazione idonea ad un
colloquio con l’elettorato, ai fini anche
della riconoscibilità di programmi e di
posizioni.
Tutto questo, a maggior ragione, dopo
le decisioni che, attenuando fortemente la
possibilità di disporre di altri strumenti di
comunicazione, hanno fatto sı̀ che per
tutti i candidati l’utilizzo di materiale
inviato per via postale fosse mezzo essenziale della campagna elettorale.
Sollecitato anche da interrogazioni del
nostro gruppo parlamentare, il Governo si
è deciso ad adottare il decreto-legge recante disposizioni urgenti riguardanti agevolazioni tariffarie e postali per le consultazioni elettorali relative agli anni 1997
e 1998. Ricordo, in proposito, che si
trattava anche di « sanare » una parte di
pregresso. Il Governo, però, ha lasciato
aperta tutta una serie di potenziali equivoci, che potranno creare problemi sia
nelle prossime elezioni amministrative
dell’autunno sia nella successiva tornata
elettorale amministrativa generale dell’anno prossimo, in cui saranno chiamati
alle urne i cittadini di oltre 5 mila
comuni: stante il testo del decreto n. 151
del 1998, infatti, una serie di problemi
potranno in qualche modo di ripetersi e
comunque resta una serie di preoccupazioni.
La vicenda deriva dall’applicazione letterale, da parte delle poste, di una disciplina dettata dalla legge finanziaria per il
1997, con cui veniva abrogata ogni forma
di agevolazione postale. Tutti siamo convinti – credo – che la normativa sulla
campagna elettorale non possa essere delegata all’Ente poste: si tratta di temi
estremamente delicati, assistiti anche da
una serie di garanzie costituzionali; quindi
è necessaria certezza di espletazione e di
regolamentazione.
Il decreto-legge n. 151 di cui ci stiamo
occupando finisce per finanziare l’Ente
poste per mancati introiti, ma di fatto
lascia un punto interrogativo sulla validità
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e sull’efficacia degli articoli 17 e 20 della
legge n. 515 del 1993, la quale prevedeva
per i candidati alle elezioni europee,
politiche ed amministrative la possibilità
di utilizzare agevolazioni tariffarie. Il problema è quindi preoccupante.
La questione che noi poniamo – opportunamente richiamata dal collega Bielli
– è plasticamente e mirabilmente riportata nel parere del Comitato per la legislazione. Non mi riferisco alla seconda
parte del parere, circa il rischio dell’introduzione di un regime di monopolio, ma
alla condizione posta nella prima parte
(che ci spinge a ribadire le nostre preoccupazioni in sede di discussione sulle linee
generali): « La Commissione di merito
provveda a riformulare l’articolo 1 del
decreto-legge in modo da chiarire se il
provvedimento determina – come sembrerebbe doversi dedurre alla luce della
relazione illustrativa – la mera copertura
finanziaria di oneri derivanti da disposizioni di legge tuttora in vigore, che recano
agevolazioni in materia tariffaria e postale; ovvero se esso – pur considerando
abrogate le suddette disposizioni – intenda nondimeno prevedere la loro applicabilità per un periodo transitorio ». Si
tratta di un problema di fondo: un elemento di certezza del diritto in un campo
specialissimo come la materia elettorale.
In realtà la Commissione non ha proceduto nel senso prospettato dal Comitato
per la legislazione: prova ne sia che il
testo al nostro esame è identico a quello
adottato dal Governo; si prevede quindi la
classica conversione del decreto-legge
senza alcun tipo di modifica.
Resta quindi la perplessità di fondo:
fino ad ora il Parlamento ha dimostrato la
propria incapacità di mettere a regime –
istituzionalizzandola – una disciplina che
secondo noi dovrebbe vedere chiaramente
riconfermata la validità delle norme contenute nella legge n. 515 del 1993.
Al riguardo abbiamo presentato emendamenti atipici – devono considerarsi tali
quelli che non tengono conto delle esigenze di bilancio – finalizzati a dare
certezza al fatto che la legge n. 515 è in
vigore e che quindi il Governo deve
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provvedere attraverso un intervento di
bilancio con la legge finanziario per assicurare a tutti i cittadini, elettori e
candidati, la certezza del diritto e delle
norme in materia elettorale.
Queste sono parte delle nostre perplessità – le altre le solleverà il collega
Armaroli, che parlerà dopo di me –
tramite le quali il gruppo di alleanza
nazionale fornisce il proprio contributo in
questa discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare
l’onorevole Armaroli. Ne ha facoltà.
PAOLO ARMAROLI. Signor Presidente,
è proprio il caso di dire che tutto è a
posto ma nulla è in ordine. D’altra parte,
nella sua relazione l’onorevole Bielli ha –
per cosı̀ dire – coperto il Governo ed il
sottosegretario Vita ha coperto, a sua
volta, il relatore Bielli: il cerchio si chiude,
ma la coperta è piuttosto stretta ! Mi fa
piacere, oltre che per l’antica amicizia
anche perché sarà chiamato in causa da
qui a poco, che sia presente il ministro
Maccanico. Come dicevo, la coperta è
stretta e, allora, o si copre la testa o si
coprono i piedi !
Quello al nostro esame è un disegno di
legge di conversione di un decreto-legge
che ha tutta l’apparenza della ragionevolezza e sotto vari profili. Il fine è nobile;
la motivazione della necessità e dell’urgenza, una volta tanto, è sacrosanta (anzi,
onorevole Vita: della straordinaria necessità ed urgenza); e – mi voglio rovinare !
– è rispettata a puntino la legge sull’ordinamento della Presidenza del Consiglio
dei ministri, n. 400 del 1988, perché non
v’ha dubbio che un decreto-legge che si
compone, sostanzialmente, d’un solo articolo ha tutti i caratteri della specificità e
della omogeneità delle disposizioni.
Il problema è, allora, quello che ha
prima di me assai bene sottolineato il
collega Migliori: siamo di fronte ad uno
dei tanti casi in cui il Governo, nella
figura spesso di autorevoli suoi rappresentanti, contraddice se stesso.
Signor ministro Maccanico, ella qualche tempo fa, rispondendo ad una inter-
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rogazione sulla questione che ci occupa,
presentata da un nostro collega di alleanza nazionale, l’onorevole Martinat,
che aveva chiesto al Presidente del Consiglio dei ministri e al ministro delle
comunicazioni lumi in questione, forniva
questa puntuale risposta: « Al riguardo,
nel premettere che si risponde per incarico della Presidenza del Consiglio dei
ministri, si fa presente che, al fine di
garantire un interesse pubblico di rilevanza costituzionale, qual è quello che le
elezioni si svolgano con la maggiore informazione possibile degli elettori, la legge
10 dicembre 1993, n. 515, agli articoli 17
e 20, prevede che ciascun candidato in un
collegio uninominale e ciascuna lista di
candidati usufruiscano nei trenta giorni
precedenti la data di svolgimento delle
elezioni di una tariffa postale agevolata di
lire 70 per plico di peso non superiore a
grammi 70 per un numero massimo di
copie pari al totale degli elettori iscritti
nel collegio per i singoli candidati e pari
al totale degli elettori iscritti nella circoscrizione per le liste di candidati ».
Ella, signor ministro Maccanico, aggiungeva: « Le disposizioni dettate dal
comma 19 dell’articolo 2 della legge
n. 662 del 1996, che prevedono la cessazione di ogni forma di agevolazione tariffaria, si propongono semplicemente di
evitare che siano posti a carico dell’Ente
poste italiane oneri conseguenti a riduzioni tariffarie disposte da norme particolari per servizi resi in regime di libera
concorrenza ». Aggiungeva ancora: « Data
la diversa finalità delle due disposizioni e
considerata la specialità della normativa
dettata dalla legge n. 515 del 1993, secondo i principi interpretativi correnti
non si ritiene che la legge successiva abbia
voluto implicitamente abrogare la norma
speciale anteriore. Pertanto, l’affrancatura
degli invii elettorali rimane quella prevista
dagli articoli 17 e 20 della legge n. 515. Si
ricorda in proposito che l’Ente poste
italiane in un primo momento aveva
inteso abrogata la disposizione dettata
dalla legge sulle campagne elettorali. Tuttavia, su invito del Governo » – sottolineo
su invito del Governo: ella rispondeva cosı̀
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all’interrogazione del collega Martinat –
« ha riconsiderato la propria posizione e
per le trascorse elezioni amministrative ha
proceduto ad accettare il materiale di
propaganda elettorale secondo le modalità
vigenti prima dell’entrata in vigore della
legge collegata alla finanziaria per l’anno
1997. Si assicura infine che il problema di
contemperare le esigenze di bilancio dell’Ente poste italiane e quelle di un democratico svolgimento delle elezioni è tenuto
ben presente dal Governo, che conta
quanto prima di fare assoluta chiarezza
sulla materia di cui trattasi ».
Ella, signor ministro Maccanico, è un
superesperto di questioni costituzionali e
legislative, conosce Montecitorio come le
sue tasche perché è qui, mi pare, dal
1946...
ANTONIO MACCANICO, Ministro delle
comunicazioni. Dal 1947.
PAOLO ARMAROLI. È dal 1947,
quindi dall’epoca in cui c’era ancora
l’Assemblea costituente, che vive in queste
stanze. Mi dichiaro perfettamente d’accordo con il « Maccanico 1 ». Poi, c’è un
« Maccanico 2 », sia pure pro quota,
perché evidentemente ella, signor ministro, o non era presente alla riunione del
Consiglio dei ministri che ha sfornato
questo decreto-legge o, se c’era, mi consenta di dirlo con tutto il rispetto, dormiva !
ANTONIO MACCANICO, Ministro delle
comunicazioni. Nel frattempo è intervenuta una novità. Quando rispondevo a
questa interrogazione c’era l’Ente poste,
mentre adesso c’è una società per azioni.
PAOLO ARMAROLI. Questo è vero. Su
questo, signor ministro, lei sfonda una
porta aperta e ci trova perfettamente
d’accordo. Il mio rilievo riguardava il
comma 1 dell’articolo 1. Delle due l’una:
o, come ella ritiene e come io stesso
consento con lei, la disposizione successiva, quella del 1996, non abrogava la
disposizione precedente in quanto norma
speciale ... Io consento perfettamente con
Camera dei Deputati
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N.
367
lei, signor ministro ma, se è cosı̀, non vi
era alcun bisogno di un decreto-legge, per
quanto riguarda il contenuto del comma
1; altrimenti, si creano i presupposti per
la fabbrica dei decreti-legge !
Primo punto. Il Consiglio dei ministri
con questo decreto-legge ha affermato il
contrario di quello che lei, signor ministro, sosteneva allora, cioè, sia pure implicitamente, afferma che era fondato il
sospetto che la legge successiva avesse
abrogato quella precedente. Questo mi
sembra evidente, perché altrimenti non si
sarebbe avvertito, per questo aspetto (sull’altro sono perfettamente d’accordo con
lei), il bisogno di un decreto-legge.
Secondo punto. Il fatto che vi sia la
copertura per il 1997 e per il 1998 mi
porta a dover concludere che si tratta di
una disposizione transitoria, che vale per
quel periodo. Per il futuro, si dovrà aprire
la stura (evidentemente, ma non tanto
logicamente) a decreti-legge che di anno
in anno consentano una deroga ad una
norma come quella del 1996. Qui siamo
veramente a Luigi Pirandello !
Però, non tutti i mali vengono per
nuocere – sempre in teoria ! – perché il
Comitato per la legislazione, signor ministro, alla luce dell’esperienza di questi
mesi (mi spiace rilevarlo) e nonostante un
lavoro estremamente impegnativo sotto la
presidenza dell’onorevole La Malfa, rischia di diventare un ente del tutto
inutile, un organismo inutile. Lei, signor
ministro, avrà visto le più recenti statistiche in tema di recepimento da parte delle
Commissioni parlamentari competenti dei
pareri, delle osservazioni e delle condizioni, e avrà potuto toccare con mano che
soltanto nel 25 per cento dei casi (la
percentuale, peraltro risibile, varia a seconda che si tratti di decreti-legge o di
proposte di legge) vi è il recepimento e
l’accoglimento da parte delle Commissioni.
Aggiungo che, molto spesso, si tratta di
pareri adottati all’unanimità (in altri termini tutti gli otto commissari sono d’accordo nell’esprimere il parere oppure lo
sono a larghissima maggioranza). Il che
significa che, su aspetti squisitamente tecnici, maggioranza ed opposizione conven-
Atti Parlamentari
XIII LEGISLATURA
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DISCUSSIONI
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Camera dei Deputati
—
SEDUTA DELL’8 GIUGNO
gono sull’esprimere parere favorevole ma
con tutta una serie di condizioni e di
osservazioni.
Ebbene, anche questa volta il Comitato
per la legislazione ha svolto delle considerazioni che si possono del tutto sottoscrivere. Risulta infatti che il parere del
Comitato per la legislazione « è favorevole
a condizione che la Commissione di merito provveda a riformulare l’articolo 1 del
decreto-legge in modo da chiarire se il
provvedimento determina, come sembrerebbe doversi dedurre alla luce della
relazione illustrativa, la mera copertura
finanziaria di oneri derivanti da disposizioni di legge tuttora in vigore, che recano
agevolazioni in materia tariffaria e postale, ovvero se esso, pur considerando
abrogate le suddette disposizioni, intenda
non di meno prevedere la loro applicabilità per un periodo transitorio ».
Ebbene, a questa condizione, anzi direi
a questo fondato dubbio e interrogativo, a
differenza della monaca di Monza, la
« sventurata » Commissione affari costituzionali, alla quale mi onoro di appartenere, non rispose.
Ne consegue che il testo che è arrivato
in aula è lo stesso di quello « sfornato »
dal Governo, dal Consiglio dei ministri e
– dettaglio non trascurabile – emanato
dal Capo dello Stato. In Inghilterra si dice
che la corona sia un leone dormiente.
Forse anche in Italia, dove ancora abbiamo un regime parlamentare possiamo
dire che il Quirinale è un leone dormiente ! Se tirasse qualche « zampata » in più
rispetto a provvedimenti che forse non
sono del tutto conformi o alla Costituzione o alla logica, tutto sommato sarebbe
un bene.
Ebbene, ci troviamo in aula con un
provvedimento che, se per quanto riguarda le sue finalità nessuna persona
ragionevole potrebbe contrastare, pur tuttavia, signor ministro – mi rivolgo ad una
persona colta – da un punto di vista
giuridico lascia delle perplessità.
Mi auguro che nel corso dell’esame
degli articoli e degli emendamenti, una
volta conclusa la discussione sulle linee
generali, il Governo possa ascoltare con il
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rispetto che meritano le considerazioni
tecnicamente e non politicamente critiche
provenienti dai banchi dell’opposizione e
farne tesoro, perché altrimenti il nostro
sarebbe un dialogo tra sordi.
PRESIDENTE. Constato l’assenza dell’onorevole Luciano Dussin, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
Non vi sono altri iscritti a parlare e
pertanto dichiaro chiusa la discussione
sulle linee generali.
(Repliche del relatore
e del Governo – A.C. 4890)
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Bielli, rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
ANTONIO MACCANICO, Ministro delle
comunicazioni. Signor Presidente, ho
ascoltato l’intervento dell’amico Armaroli,
che come al solito è molto sottile. Non c’è
dubbio che la conversione in legge di
questo decreto-legge è una sorta di atto
costituzionalmente dovuto, perché mi pare
che la tesi che ho avuto modo di sostenere
in risposta ad una interrogazione, secondo
la quale gli articoli 17 e 20 della legge
n. 515 sarebbero pienamente in vigore,
trovi piena conferma con questo provvedimento. Non posso negare però che nel
frattempo è insorto un dubbio interpretativo presso il Ministero del tesoro.
La soluzione dunque è la seguente: con
questo decreto-legge assicuriamo una copertura alle elezioni che hanno già avuto
luogo, però al contempo il Governo assume l’impegno, dichiarandosi disposto ad
accettare un ordine del giorno al riguardo,
di rivedere questa legislazione in modo
coerente. Ammetto, infatti, l’esistenza di
una differenza interpretativa che è emersa
soprattutto nel momento in cui l’Ente
poste è stato trasformato in società per
azioni, fatto che ha comportato un cambiamento dello stato di cose.
Atti Parlamentari
XIII LEGISLATURA
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DISCUSSIONI
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SEDUTA DELL’8 GIUGNO
In conclusione, il Governo è pronto ad
assumere l’impegno a rivedere la legislazione in modo coerente al fine di fare
piazza pulita di tutti i dubbi che sono
stati sollevati. Per il momento, il Governo
auspica una rapida conversione in legge
del decreto-legge in esame, perché questa
pare l’unica via pratica che si può seguire
in questo momento.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è
rinviato ad altra seduta.
Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Dameri ed altri; Tremaglia ed altri: Nuove norme sui Consigli degli italiani all’estero (2997-3227)
(ore 17,12).
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca
la discussione del testo unificato delle
proposte di legge di iniziativa dei deputati
Dameri ed altri; Tremaglia ed altri: Nuove
norme sui Consigli degli italiani all’estero.
(Contingentamento tempi discussione
generale – A.C. 2997)
PRESIDENTE. Avverto che, a seguito
della riunione del 29 maggio 1998 della
Conferenza dei presidenti di gruppo, si è
provveduto, ai sensi dell’articolo 24,
comma 3, del regolamento, all’organizzazione dei tempi per la discussione generale del testo unificato delle proposte di
legge, che risultano cosı̀ ripartiti:
tempo per il relatore: 20 minuti;
tempo per il Governo: 20 minuti;
nuti;
Camera dei Deputati
—
tempo per il gruppo misto: 35 mi-
tempo per i richiami al regolamento:
10 minuti;
tempo per interventi a titolo personale: 1 ora;
tempo per i gruppi: 4 ore (30 minuti
per gruppo).
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Il tempo a disposizione del gruppo
misto è cosı̀ ripartito tra le componenti
politiche costituite al suo interno:
verdi: 12 minuti; socialisti democratici italiani: 7 minuti; CCD: 7 minuti;
minoranze linguistiche: 4 minuti; per
l’UDR-patto Segni/liberali: 3 minuti; la
rete: 3 minuti.
(Discussione sulle linee generali
– A.C. 2997)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Dameri.
SILVANA DAMERI, Relatore. Signor
Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame, approvato a larghissima
maggioranza dalla III Commissione affari
esteri e comunitari, unifica le due proposte di legge « Nuove norme concernenti i
Consigli degli Italiani all’Estero » e « Modifica della legge 8 maggio 1985, n. 205,
recante istituzione dei Comitati dell’Emigrazione Italiana ».
L’unificazione in un medesimo testo di
tali proposte è stata agevolata dal fatto
che entrambe hanno preso le mosse ed
utilizzato il lavoro di ricerca e di proposta
attivato dall’assemblea del consiglio generale degli italiani all’estero (CGIE) sul
funzionamento e sull’esperienza dei Comites, che hanno costituito l’articolazione
di base indispensabile della rappresentanza degli italiani nel mondo, in quanto
eletti a livello delle circoscrizioni consolari
ed operanti in riferimento alle rispettive
autorità consolari e diplomatiche, secondo
quanto attualmente disposto dalla legge 8
maggio 1985, n. 205.
Ad oltre dieci anni dalla loro istituzione, il CGIE ha ritenuto necessario
evidenziare, a partire dall’indagine svolta
dal Consiglio nazionale dell’economia e
del lavoro, l’esigenza di modifiche che
rendessero più incisivo l’apporto che i
Comites, organismi democratici di base,
possono fornire per migliorare le oppor-
Atti Parlamentari
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SEDUTA DELL’8 GIUGNO
tunità dei nostri connazionali residenti
all’estero in campo culturale, economico e
sociale per una piena integrazione nei
paesi di accoglienza.
L’indagine conoscitiva del CNEL sul
ruolo e sul funzionamento di questi organismi, che ha coinvolto oltre 900 membri dei Comites, 300 rappresentanti di
organismi vari (associazioni, patronati e
sindacati, missioni cattoliche, istituti di
cultura, camere di commercio, eccetera),
più della metà dei membri del CGIE ed
autorità consolari.
Il bilancio che si ricava da questo
lavoro va letto con equilibrio e spinge ad
alcune considerazioni preliminari all’attuale teso di legge di riforma.
Disciplinare dal punto di vista normativo il tema della rappresentanza democratica degli italiani all’estero presenta per
il legislatore una peculiarissima difficoltà.
Non c’è solo l’inevitabile rodaggio cui si
devono sottoporre nuovi organismi, ma vi
è anche l’obiettiva considerazione della
grande complessità e difformità delle
esperienze e del funzionamento dei Comites in ragione – gli italiani nel mondo
sono davvero in tutto il mondo – dei
contesti assolutamente diversi dei paesi di
residenza (comunitari od extracomunitari,
di antica o di recente democrazia, di
limitata o di vasta presenza di migrantes),
nonché della maggiore o minore disponibilità delle autorità consolari italiane in
loco al dialogo ed alla collaborazione.
Nonostante questa nota complessità, il
legislatore non può condividere i giudizi
liquidatori che pure si sono levati verso
l’esperienza maturata da questi organismi.
Le molte aspettative che c’erano nelle
comunità italiane all’estero al momento
dell’istituzione dei Comites nel lontano
1985 non hanno trovato forse piena risposta: tuttavia si tratta di indagarne le
ragioni e rimuoverne le cause piuttosto
che rinunciare a rivitalizzare un organismo che è l’unica (finora: dirò qualcosa in
seguito) istituzione democratica italiana
direttamente eletta dagli italiani residenti
all’estero in qualunque parte del mondo si
trovino. Sarebbe d’altronde velleitario attribuire ai Comites la facoltà di soddisfare
Camera dei Deputati
1998 —
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tutte le esigenze di partecipazione e democratiche che animano le nostre realtà
all’estero: attribuendo loro aspettative eccessive si rischia di concludere con un
giudizio di irrisolvibile inadeguatezza e
perciò di inutilità. È da un processo più
ampio e più complesso di integrazione nei
paesi di accoglienza, in un giusto equilibrio e scambio tra integrazione sociale e
politica e valorizzazione dell’identità storica e culturale, propria degli italiani
all’estero, che si potrà definire il profilo di
una nuova idea di cittadinanza oltre
antiche frontiere.
È dalla qualità della vita democratica
nei singoli paesi, dall’affermarsi di istituzioni europee ed internazionali in piena
sintonia con i bisogni e le aspettative dei
popoli, fortemente legittimate a svolgere
azione di governo democratica dei complessi problemi del mondo moderno, è da
una più lucida e consapevole visione della
qualità nuova, rispetto al passato, della
realtà migratoria anche italiana che verranno risposte alle esigenti, e giustamente
esigenti, domande dei nostri connazionali
che vivono all’estero.
Non dobbiamo dimenticare l’iter che è
proficuamente cominciato sia alla Camera
sia al Senato per il riconoscimento e
l’effettiva praticabilità del diritto di voto
degli italiani all’estero: questo per quanto
riguarda le istituzioni nazionali italiane.
Si tratta quindi di ridefinire, ristrutturare,
riorganizzare e quindi dare maggiore
forza all’intiera impalcatura istituzionale
su cui gli italiani all’estero possono intervenire.
Si tratta ora quindi di ricondurre i
Comites alla funzione reale che possono
svolgere in quanto organismi elettivi istituiti dallo Stato italiano in rappresentanza
dei cittadini residenti all’estero, in primo
luogo come interfaccia nei rapporti con il
consolato e le rappresentanze diplomatiche e quindi agendo per il superamento
del punto più dolente dell’esperienza precedente, vale a dire la promozione di
quella collaborazione e scambio positivo
con le autorità consolari e l’apparato
Atti Parlamentari
XIII LEGISLATURA
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SEDUTA DELL’8 GIUGNO
amministrativo, la cui assenza, dove si è
verificata ha svuotato di funzione e senso
i Comites.
In più, ed inoltre, si tratta di promuovere verso le istituzioni dei paesi di
residenza, nell’ambito di quanto consentito dalle locali normative e condizioni, la
visibilità, il riconoscimento e la valorizzazione dei Comites come tassello utile a
favorire un reale processo di integrazione
politico-istituzionale degli italiani residenti
all’estero.
Il testo non si propone come modifica
ed integrazione rispetto alla legge 8 maggio 1985, n. 205, ma come nuovo testo
sostitutivo che prevede quindi l’abrogazione della stessa. Non modifichiamo
quindi la legge precedente, ma la sostituiamo con un nuovo testo.
Per altro le innovazioni introdotte sono
prevalentemente nella definizione dei
compiti e delle funzioni degli organismi
definiti « consigli degli italiani all’estero »,
per renderne più certo e cogente l’apporto, mentre sostanzialmente invariati
restano gli articoli che recano le disposizioni di carattere elettorale ed organizzativo.
La I Commissione affari costituzionali
in sede di parere osservava l’opportunità
di affidare questa seconda parte ad un
regolamento di attuazione. Tuttavia la
grande difformità delle situazioni su cui la
legge risulta intervenire, come prima ricordato, consiglia il mantenimento di questa parte nel testo legislativo per evitare
discrasie, anche considerando che gli eletti
dei Comites rappresentano a loro volta
la base elettorale del consiglio generale
degli italiani all’estero, richiedono un dispositivo forte ed uniforme per la loro
elezione, essendo quelli che eleggono i
rappresentanti del consiglio generale
stesso.
Le direttrici che ispirano il testo sono
le seguenti: rafforzare i consigli degli
italiani all’estero come organo di base
della rappresentanza democratica dei connazionali, sottolineando anche con la loro
nuova denominazione il collegamento con
il CGIE e il loro essere elemento di base
della piramide democratica; in questa
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veste precisare le loro funzioni in rapporto sia con il consolato di riferimento
sia con le autorità ed istituzioni pubbliche
e private locali, fatte salve tutte le questioni che attengano ai rapporti tra Stato
e Stato; definire il consiglio come fulcro
attorno al quale convergono le attività
delle associazioni, munito della capacità
di monitoraggio delle esigenze della comunità italiana e quindi capace di svolgere un’azione di programmazione delle
iniziative, cooperando con le autorità consolari italiane nella fase di definizione,
finanziamento e attivazione dei progetti,
nonché nella fase successiva relativa alla
verifica e al controllo dell’efficacia e dei
risultati conseguiti dai progetti stessi.
Voglio ricordare che recentemente la
Commissione affari esteri e comunitari ha
approvato in sede legislativa la riforma
del consiglio generale degli italiani all’estero. Conseguentemente il progetto di
legge in esame dovrà essere riesaminato
(lo verificheremo nella riunione del Comitato ristretto previsto per domani) sotto
il profilo della copertura finanziaria poiché, come i colleghi ricorderanno, è stato
licenziato dalla Commissione nel luglio
dello scorso anno.
Chiedo una solerte discussione ed approvazione del testo giacché le scadenze
future, che riguardano sia la piena praticabilità del diritto di voto degli italiani
all’estero sia l’attuazione del CGIE, richiedono l’approvazione di questo provvedimento.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il
rappresentante del Governo.
LUCIO TESTA, Sottosegretario di Stato
per l’interno. Il Governo si riserva di
intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Il primo iscritto a parlare è l’onorevole Olivo. Ne ha facoltà.
ROSARIO OLIVO. Ogni giorno prendiamo atto e diveniamo maggiormente
consapevoli dei profondi cambiamenti in
corso nel vasto e variegato campo dell’emigrazione. Anche nell’esame di questo
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XIII LEGISLATURA
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DISCUSSIONI
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SEDUTA DELL’8 GIUGNO
provvedimento, illustrato dalla collega Dameri, traiamo spunto dalla nuova situazione per portare elementi innovativi negli
organi di rappresentanza che hanno già
fatto una prima esperienza, sia pure con
luci ed ombre, che va richiamata nella
discussione che porterà ad una riforma
molto attesa dalle nostre comunità all’estero.
Abbandonate la vecchia ed abusata
retorica sentimentale e una facile genericità che spesso ha prevalso nel passato,
guardiamo a questa immensa risorsa degli
italiani nel mondo per una nuova politica
strategica dell’emigrazione. In quest’ottica
si colloca e vanno esaminate le proposte
di legge Dameri ed altri e Tremaglia ed
altri concernenti nuove norme sui consigli
degli italiani all’estero.
Già essere giunti all’odierna discussione sulle linee generali in Assemblea di
un testo unificato è un buon segnale che
il Parlamento ha inteso dare, insieme ad
una rilevante attenzione, come diceva
poc’anzi la collega Dameri, sulla riforma
del consiglio generale degli italiani all’estero, ad una nuova normativa per la
cittadinanza ed all’effettivo esercizio del
diritto di voto da parte degli italiani
all’estero. Questo percorso, che è iniziato
e che sta andando avanti, ci deve consigliare di tenere sempre presente, dunque,
il contesto generale.
Prima di affrontare brevemente il merito delle proposte di legge che abbiamo
all’ordine del giorno consentitemi, non per
fuorviare, per fare opera di autolesionismo o cadere in un facile pessimismo, di
ricordare a me stesso ed a quanti hanno
seguito e letto notizie e commenti sull’elezione dei consigli degli italiani all’estero,
svoltesi il 22 giugno dello scorso anno, che
ci sono segnali preoccupanti – che non
intendo certo strumentalizzare – che possono servire per rafforzare l’impegno innovativo che abbiamo già avviato e che la
proposta di legge Dameri recepisce razionalmente, per cui è importante accelerarne l’approvazione.
Vorrei solo accennare, senza farmi
prendere la mano ed insistere molto, alla
scarsa partecipazione degli elettori emi-
Camera dei Deputati
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grati al voto per eleggere i consigli degli
italiani all’estero. È un dato che allarma
e sollecita ancora di più l’attenzione per
capire questa forma di disinteresse verso
organi di rappresentanza come i Comites.
Le ragioni non sono difficile da scoprire e vanno tenute presenti. Non c’è
dubbio che le prime esperienze dei Comites – e non poteva essere diversamente
– hanno in parte demotivato ed allontanato molti italiani che sono iscritti all’AIRE. Non faccio un elenco dei possibili
motivi che secondo me hanno determinato
questa scarsa affluenza al voto, tra i quali
mi preme però richiamarne uno che è
fondamentale.
Gli italiani all’estero hanno constatato
che, alla fine, organi consultivi come i
Comites non hanno i poteri veri di rappresentanza che debbono avere organi di
base in una democrazia diretta. La presenza dei consolati e delle ambasciate e,
in generale, del Ministero degli esteri, cosı̀
come concepita nell’attuale normativa,
non dà spazio ad altri organismi democratici. In fondo, la rappresentanza effettiva viene esercitata dal Ministero degli
esteri tramite i suoi apparati, che il più
delle volte si ritengono autosufficienti. Chi
conta e chi decide è il console ed il
rapporto con i consigli degli italiani all’estero, quando c’è, è solo consultivo e
dunque quasi nullo. Mi guardo bene
dall’inserire un elemento di polemica e di
contrapposizione tra Ministero degli esteri
e Comites; lontano da me, nel modo più
totale, un tale convincimento. Si tratta
però, senza nulla togliere alla funzione di
un Ministero come quello degli esteri, di
cercare di dare un maggiore spazio operativo e decisionale ai Comites, i consigli
degli italiani all’estero, potenziandone –
come ha riconosciuto il sottosegretario
Fassino – il ruolo e le prerogative, incentivando il salto di qualità di tali organismi, che devono rivolgere sempre più lo
sguardo all’integrazione ed alla tutela dei
diritti dei connazionali nei nuovi paesi di
accoglienza.
Quando nella relazione della collega
Dameri si dice che i nuovi consigli degli
italiani all’estero non dovranno esercitare
Atti Parlamentari
XIII LEGISLATURA
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DISCUSSIONI
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SEDUTA DELL’8 GIUGNO
funzione di gestione, ma solo di programmazione e di controllo delle iniziative
consolari ci si deve però chiedere come
possano avere una funzione di controllo
sui consolati degli organi consultivi come
i comitati degli italiani all’estero. Bisognerebbe allora riflettere se assegnare ai
Comites più poteri vincolanti su alcune
materie e con quali poteri di controllo,
come giustamente sostiene la collega Dameri, con tutte le conseguenze che possono derivare.
Se l’articolo 2 stabilisce i compiti e
prescrive che l’autorità consolare « indı̀ce » ed il Consiglio « coopera »; oppure
sulle richieste di contributi il Ministero
« decide », mi preme richiamare la vostra
attenzione sugli aspetti concreti delle attività e della rappresentanza dei consigli
degli italiani all’estero. In definitiva, si
tratta di vedere se possiamo arricchire la
funzione dei consigli e dar loro pochi
poteri, ma decisionali.
Mi accingo ora a fare un’altra riflessione.
Siamo veramente convinti che senza
una possibile ed urgente riforma del
Ministero degli esteri possiamo riuscire a
dare funzionalità autonoma ed effettiva
agli organi di rappresentanza come il
consiglio degli emigrati e lo stesso consiglio generale ?
Siamo inoltre convinti che senza una
previsione ed un aggiornamento della rete
consolare i consigli possano adeguatamente avere un ruolo ?
Capisco che non si può fare tutto
contestualmente, ma almeno prendiamo
coscienza, per evitare di andare incontro
a future delusioni, che è necessario riformare organicamente e complessivamente
tutta la struttura che ha rapporto con i
nostri connazionali all’estero. Già – e
questo soddisfa ed incoraggia – si sono
fatti notevoli passi in avanti in senso
positivo: cerchiamo, sia pure in tempi
diversi, di affrontare anche gli altri problemi ed in primo luogo quello della
riforma o meglio dell’aggiornamento del
Ministero degli esteri ai nuovi scenari ed
alle nuove esigenze che sono maturate,
per recuperare il rapporto con questa
Camera dei Deputati
1998 —
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altra Italia – come si usa dire – che deve
diventare sempre più una reale risorsa
negli interscambi culturali, economici e
sociali e per consolidare e far crescere i
rapporti tra le due Italie, passando nel
campo della emigrazione italiana da una
politica esclusivamente di protezione ad
una politica anche e soprattutto di promozione.
L’approvazione del testo oggi in discussione sarà un altro segnale della consapevolezza del Parlamento che il grandioso
patrimonio dell’emigrazione italiana all’estero non va più trascurato e sottovalutato, come spesso è accaduto nel passato, ma va invece pienamente recuperato
e valorizzato perché costituisce una preziosa risorsa per tutto il paese, per la sua
economia, per la indispensabile opera di
ricostruzione della sua identità storica,
civile e culturale.
Gli italiani sparsi per il mondo, che
sono decine di milioni, rappresentano una
straordinaria risorsa sia per il nostro
paese sia per le nazioni di accoglienza,
soprattutto nell’era della mondializzazione
e della globalizzazione. Essi riescono infatti a trasformarsi il più delle volte in
ambasciatori dell’immagine migliore del
nostro paese, della sua cultura, delle sue
tradizioni, della sua economia e della sua
operosità e sanno poi concorrere attivamente alla costruzione nei nuovi paesi di
accoglimento di comunità positivamente
integrate, aperte e multiculturali. Per questo è necessario da parte del Governo e
del Parlamento proseguire lungo la strada
maestra di nuove strategie e di iniziative
e di una nuova politica per gli italiani
all’estero, per sviluppare a pieno tutte le
potenzialità che ancora è capace di esprimere la risorsa emigrazione. Tutto ciò si
realizzerà dando risposte esaustive ai tanti
problemi ancora aperti: mi riferisco a
quelli collegati alla dimensione culturale,
da cui derivano nuovi impegni per la
promozione della lingua e della cultura
italiana nel mondo, e perciò ad interventi
specifici sugli aspetti scolastici ed educativi; alla formazione professionale; alla
politica culturale con particolare riferimento al potenziamento degli istituti di
Atti Parlamentari
XIII LEGISLATURA
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DISCUSSIONI
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SEDUTA DELL’8 GIUGNO
cultura; all’informazione da e verso l’Italia, migliorando i servizi oggi inadeguati
offerti da RAI-International; alle problematiche collegate alla dimensione previdenziale e sociale, cioè alla tutela, all’assistenza ed alle pensioni; ad un quadro
sociale, cioè, basato su di un welfare
rinnovato ed inclusivo per le nuove generazioni; al monitoraggio della nuova emigrazione; alla messa a punto di misure
adeguate ai nuovi fenomeni; alla dimensione civico-istituzionale, definendo in
questa legislatura – e siamo già sulla
buona strada – l’annosa questione dell’esercizio del diritto di voto per i cittadini
italiani residenti all’estero, portando a
compimento, come stiamo facendo oggi, i
processi di riforma degli organi di rappresentanza sul versante della partecipazione alla vita pubblica italiana con l’esercizio del diritto di voto e dell’integrazione
con le società e con le istituzioni dei paesi
di residenza riformando e adeguando le
strutture consolari, la rete amministrativa,
il Ministero degli esteri nel suo complesso,
dedicando grande attenzione ed impegno
alle fondamentali questioni connesse ai
diritti civili e politici nei paesi di emigrazione. In definitiva, operando con intensità di impegno per rilanciare una grande
politica nei confronti dell’altra Italia, per
una sua più forte integrazione democratica nelle società di immigrazione e per un
saldo e rinnovato legame di tutte le nostre
comunità all’estero con la patria d’origine,
legando cosı̀ strettamente la piena integrazione nei paesi di accoglimento con
una più viva partecipazione alla vita
italiana nelle sue più diverse e significative
espressioni e manifestazioni.
Per mettere a punto nuove strategie ed
interventi non più procrastinabili occorre
la convocazione della terza Conferenza
nazionale sull’immigrazione, ovvero della
prima Conferenza per gli italiani nel
mondo, che saranno occasioni utili di
approfondimento e di confronto, oltre che
di ripresa di un rapporto diretto tra le
espressioni politiche ed istituzionali del
paese e le rappresentanze delle nostre
comunità all’estero. E il campo della
ricerca e del confronto di queste Confe-
Camera dei Deputati
1998 —
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renze, di cui speriamo sia prossima la
calendarizzazione, si identifica, oltre che
sui temi prima accennati, di cui ha
parlato diffusamente la collega Dameri
poc’anzi, soprattutto sui punti essenziali
costituiti dalla cittadinanza, nella sua triplice dimensione sociale, civile e politica,
dalla rappresentanza, dal lavoro e dalla
tutela sociale.
In conclusione, come democratici di
sinistra ci sentiamo sempre più fortemente impegnati alla piena valorizzazione
della risorsa emigrazione e per ciò a porre
in essere ogni idoneo strumento di riforma come quello oggi in discussione,
che speriamo possa rapidamente essere
approvato.
Mi associo alla sollecitazione della collega relatrice Dameri, cioè che i tempi
siano i più ravvicinati possibile e che si
possa cogliere, in tutte le sue potenzialità
positive ed innovative, la grande opportunità che gli italiani nel mondo rappresentano per il nostro paese.
PRESIDENTE. Constato l’assenza degli
onorevoli Tassone e Amoruso iscritti a
parlare: si intende che vi abbiano rinunziato.
È iscritto a parlare l’onorevole Cavaliere. Ne ha facoltà.
ENRICO CAVALIERE. Colleghi deputati, quando si parla di attività legate
all’esercizio delle strutture della diplomazia italiana all’estero, bisogna sempre
muoversi con molta circospezione, perché
i cittadini italiani sono stati anche recentemente colpiti dalle notizie che riguardavano, appunto, questa diffusa immagine
di « Ambasciatopoli », ovvero di tutto
quello che succede, più o meno alla luce
del sole, in tutte le nostre rappresentanze
diplomatiche internazionali.
Questo provvedimento, a mio avviso,
assume una rilevanza politica molto importante, anche in previsione di quanto si
sta prefigurando, ovvero del voto degli
italiani all’estero, in quanto si inizia a
vedere la possibilità di organizzare politicamente gli italiani all’estero. Anche
su questo termine bisogna soffermarsi,
Atti Parlamentari
XIII LEGISLATURA
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DISCUSSIONI
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32
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SEDUTA DELL’8 GIUGNO
perché quando si parla di italiani all’estero si dovrebbe parlare, a mio avviso,
di cittadini italiani all’estero, dal momento
che se facciamo rientrare in questa categoria anche gli oriundi, ovvero gli ex
cittadini italiani o comunque i figli di
cittadini italiani che attualmente non
hanno la cittadinanza italiana, parliamo
di persone che non hanno alcun titolo per
essere rappresentate o per rappresentare i
cittadini italiani all’interno di istituzioni
organizzate anche attraverso i nostri Ministeri. Quindi, se dovessimo affrontare
questo argomento partendo con il piede
giusto, dovremmo sottolineare che questo
provvedimento deve essere rivolto esclusivamente ai cittadini italiani all’estero, a
coloro i quali hanno il titolo di cittadinanza italiana.
Per quanto riguarda la funzione che va
a prefigurare questo provvedimento, credo
si tratti quasi della creazione di nuove
istituzioni, di nuovi organismi che hanno,
evidentemente, anche dei costi, che prevedono un sistema organizzativo e che
quindi, come peraltro stabilisce questa
legge, il Ministero dovrebbe finanziare.
Ciò che appare alquanto strano è che,
prevedendo questo provvedimento un sistema elettorale, elettoralistico, quindi anche una conseguente campagna elettorale
e costi che i candidati, le liste dovranno
sopportare e supportare, evidentemente
tutto questo implica un interesse da parte
di alcuni settori, di alcune categorie, di
alcune aree politiche a portare in questa
direzione i risultati che scaturiranno dal
provvedimento. Se esiste questo interesse,
se esiste questa disponibilità a sostenere
dei costi per un’iniziativa che è politica e
non è altro che politica, non si comprende
per quale ragione i costi del funzionamento delle strutture che si vanno a
creare debbano essere supportati dal contribuente italiano, e a maggior ragione,
quindi, dal contribuente padano, quando
poi espressamente vi è quasi una barriera,
un ostacolo a che nuove associazioni che
dovessero nascere o nasceranno nell’arco
di questo periodo più recente possano
partecipare all’agone politico, quindi alle
future, imminenti elezioni dei consigli.
Camera dei Deputati
1998 —
N.
367
Vi è poi una questione legata al controllo dei costi di queste strutture. Il
provvedimento non prevede, per esempio,
l’esclusione dei finanziamenti per i casi di
rimborso spese. Non vorremmo che, alla
fine, questi organismi insediati venissero a
costare, per la loro gestione e per il loro
mantenimento, più di quanto in realtà
non possano disporre in termini di risorse
per iniziative strettamente legate alla loro
esistenza e al loro mandato. Non vorremmo pertanto che si pagassero più
stipendi o gettoni di quante non siano in
realtà le risorse destinate ad iniziative
culturali e quant’altro.
Oltretutto, non esiste (o per lo meno
non è previsto nel testo del provvedimento) un meccanismo di verifica di
bilancio; non si specifica da nessuna parte
come possano essere verificati i bilanci
consuntivi, chi li debba verificare e su
quale base debbano poi essere o non
essere approvati i bilanci preventivi per la
gestione successiva.
Un altro aspetto che manca (e ciò è
un’ovvia conseguenza della considerazione
che ho appena espresso) è quello relativo
alla pubblicità dei bilanci: non è infatti
previsto che i bilanci dei consigli debbano
essere pubblici. Credo che sia una questione molto importante. Soprattutto dovrebbe essere assolutamente previsto che
il Ministero non possa concedere finanziamenti per sanare disavanzi di bilancio.
A mio avviso, tutta la parte riguardante i
finanziamenti è assolutamente carente.
Altro aspetto molto importante non
contemplato dal provvedimento (il quale
va anzi nella direzione opposta) è la
considerazione del fatto che all’interno
delle comunità dei cittadini italiani all’estero sono presenti differenti formazioni, composizioni, per differenti aree di
origine, per differenti condizioni etnicostoriche. È opportuno ricordare, per
esempio, la presenza massiccia di discendenti di popolazioni venete all’interno
dell’area del Rio Grande do Sul, come di
altre etnie storiche attualmente presenti
nel territorio italiano quali i campani, i
siciliani, i piemontesi, che sono equamente
distribuiti in tutti gli Stati esteri ma che
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