Comments
Transcript
hanno fatto maturare la scelta, ragione- vole e
Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 17 — SEDUTA DELL’8 GIUGNO hanno fatto maturare la scelta, ragionevole e consapevole, di rimandare questo ed altri delicati temi ad un esame più complessivo di tutta la normativa. Si pensi, infine, alla dibattuta questione della possibilità o meno per il minore di accedere alle informazioni relative ai genitori naturali. Condivido totalmente quanto già espresso dalla relatrice e dagli altri colleghi intervenuti e ricordo che solo dopo un serrato dibattito le Commissioni affari esteri e giustizia hanno ritenuto di accogliere un emendamento che consente, nel caso dell’adozione internazionale, tale possibilità, con le dovute cautele e previa autorizzazione del tribunale per i minorenni. L’esigenza di ratificare al più presto la convenzione ha suggerito di non affrontare in questa fase il problema, pure per il futuro ineludibile, di una complessiva rivisitazione della disciplina in materia di adozioni. Forte però è l’impegno, già manifestato ripetutamente in Commissione e in quest’aula, oltre che l’esigenza di affrontare in modo più organico un tema cosı̀ delicato nell’interesse di quei minori, poveri e abbandonati, che altro non chiedono, spesso non con le parole ma con lo sguardo, in cui si riconosce angoscia, disperazione ma anche attesa e speranza di poter avere anche loro dei genitori. PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. (Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 4626) PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori per la II e per la III Commissione rinunziano alla replica. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo. GIOVANNI MARIA FLICK, Ministro di grazia e giustizia. Onorevoli deputati, è per il Governo motivo di profonda soddisfazione e di profonda gratitudine, per i Camera dei Deputati 1998 — N. 367 lavori che si sono svolti al Senato e alla Camera e per i contributi estremamente validi che sono stati portati, arrivare alla ratifica di questa Convenzione. La ratifica della convenzione de L’Aja è un punto essenziale per riqualificare il sistema. Avevamo tre vie: quella di limitarci ad una ratifica tout court; quella di affrontare globalmente tutto il sistema dell’adozione (sappiamo perfettamente di avere ancora molti problemi da risolvere); quella di entrare immediatamente, data l’urgenza del tema, nell’ipotesi della ratifica e della modifica del sistema dell’adozione internazionale, come primo punto di riferimento per un discorso che certamente dovrà proseguire. Condivido tutto quello che è stato detto nel dibattito di oggi e sono vivi gli echi dei fatti di cronaca che hanno evidenziato, fin troppo, come anche nel settore delle adozioni occorresse stabilire delle regole e delle procedure chiare, funzionali, rispettose di ciò che rappresenta l’adozione a livello internazionale: non il giocattolo, ma una forma di rispetto del minore e di solidarietà regolamentata, procedimentata, in modo da garantire a tutti, e non soltanto ad una élite particolarmente facoltosa, la possibilità di soddisfare una determinata esigenza. D’altra parte, questa è una forma estrema di intervento per quelle situazioni in cui i bambini non possano essere altrimenti aiutati se non avviandoli nella famiglia residente in un altro paese. Con la scelta di lavorare sui meccanismi di funzionamento dell’adozione internazionale (scelta, ripeto, parzialmente limitata rispetto alle problematiche che il tema pone, ma a nostro avviso particolarmente urgente), abbiamo volutamente rinunciato ad una prospettiva che riducesse il tema delle adozioni ad un dibattito su questioni di principio, con tutti i problemi che esso poteva porre. Abbiamo voluto cominciare ad affrontare alcune delle questioni irrisolte nel sistema disciplinato dalla legge n. 184, soprattutto quelle legate alla non sempre chiara individuazione dei soggetti responsabili, dei tempi, dei servizi necessari alla rea- Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 18 — SEDUTA DELL’8 GIUGNO lizzazione dell’adozione. Quelli procedurali ed organizzativi sono aspetti determinanti, che rendono efficace o inefficace il funzionamento di qualunque sistema, quali che siano i principi cui esso si ispira. Ed il sistema italiano, come noto, allo stato presenta una serie di incongruenze che rendono certamente poco trasparente e disagevole il percorso di quanti vogliano adottare un bambino straniero, oltre a mantenerlo in termini di elitarietà e di dispendio che consentono – e l’abbiamo visto – anche fenomeni di sfruttamento. La convenzione de L’Aja, che era urgente ratificare, intervenendo globalmente almeno su questo aspetto del problema, consente alle adozioni di realizzarsi in un contesto di relazioni tra Stati regolate da principi e da strumenti condivisi. Tutti sappiamo, d’altronde, che i bambini stranieri in adozione provengono quasi sempre da paesi che hanno enormi difficoltà sul piano economico e sociale e che al di fuori di qualsiasi retorica devono essere aiutati dalla comunità internazionale ad affrontare in modo organico il problema della sopravvivenza e dello sviluppo. Come sapete e come è stato ricordato, il testo rappresenta il frutto del lavoro di un gruppo composto da più amministrazioni, da più esperti, che ha elaborato il testo dopo molte consultazioni e dopo molte valutazioni. Ci siamo orientati verso la ratifica di una convenzione cosı̀ complessa ed articolata non in modo superficiale ed approssimativo, ma cercando di fare in modo che con la ratifica il nuovo sistema possa funzionare correttamente. Sono già stati ricordati i punti fondamentali e qualificanti che, come dicevo all’inizio, consentono di ritenere che lo strumento, con le modifiche che sono state proposte dalle Commissioni II e III, sia funzionale allo scopo. A me sembra importante ricordare, anche se è già stato evidenziato, che l’adozione internazionale a questo punto viene chiaramente collocata tra gli strumenti di solidarietà internazionale, accanto al sostegno a distanza ed alle iniziative di cooperazione per i bambini nei loro paesi d’origine. Mi pare Camera dei Deputati 1998 — N. 367 importante questo discorso, che si ricollega a quanto previsto dalla convenzione e dalla legge di attuazione per la tutela del minore e per l’interesse del minore, che è il vero soggetto protagonista – ancor più perché soggetto debole – di questo istituto. Il percorso verso l’adozione degli aspiranti viene razionalizzato e qualificato in tutte le sue parti, riducendo anche i tempi necessari allo svolgimento della procedura per ottenere l’idoneità. Conoscete certamente la deducibilità delle spese introdotta a favore degli adottanti, nonché l’ampliamento del regime dei congedi straordinari per favorire il discorso della permanenza all’estero, non per l’abbinamento (orrendo termine), per la conoscenza e per l’assimilazione tra le due posizioni. Mi sembra molto interessante e molto positivo il modo con cui emerge il ruolo delle organizzazioni non lucrative, disciplinato all’interno di una cornice moderna e rigorosa, perché possano essere svolte al meglio per i cittadini quelle funzioni essenziali di conoscenza, di inserimento e di integrazione in Italia dei bambini con i genitori adottivi. Richiamo per me alla memoria il potenziamento – qui, sı̀, giusto – delle sanzioni penali per coloro i quali pongano in essere fenomeni di sfruttamento o di speculazione vergognosa su queste tematiche. Mi sembra molto importante e qualificante l’istituzione della commissione centrale per l’adozione internazionale, con compiti di coordinamento, rappresentanza e monitoraggio di tutto il sistema nazionale delle adozioni di bambini stranieri e vedo, sotto questo profilo, un buon collegamento tra il momento giurisdizionale, nell’accertamento dell’idoneità dei richiedenti, e l’intervento della commissione e del tribunale dei minorenni nel momento terminale. Mi sembra, cioè, che si sia raggiunta una felice sintesi tra i vari momenti della vicenda dell’adozione, l’ultimo dei quali ed il più significativo è rappresentato dall’innovazione nel modo di affrontare il tema dell’identità etnica e culturale, attraverso l’affermazione del diritto del minore di conoscere – quando Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 19 Camera dei Deputati — SEDUTA DELL’8 GIUGNO possibile e nelle forme dovute – la sua condizione di adottato ed il paese di provenienza, nonché la disciplina, in casi eccezionali, dell’accesso dell’adottato alle notizie sulla famiglia di origine. Mi sembra – e concludo – che con questa legge di ratifica l’Italia si inserisca con trasparenza nel sistema internazionale. Essa non risolve tutti i problemi, ma imbocca la strada per risolverne alcuni fondamentali, superando alcune rigidità normative, adottando misure a favore delle persone interessate alle adozioni e migliorando l’assetto dei servizi nella prospettiva di favorire adozioni corrette e consapevoli. Nel migliorare la disciplina delle adozioni, il disegno di legge postula, per la sua applicazione, che confido possa avvenire il più rapidamente possibile, un rilancio della formazione di tutto il sistema preposto a questa materia: le leggi, per quanto corrette ed avanzate, hanno bisogno, soprattutto in questo settore, di operatori giuridici e sociopsicologici qualificati ed aggiornati, in grado di assumere iniziative e di compiere scelte in un contesto organizzativo efficiente e capace di corrispondere al meglio ai bisogni delle famiglie e dei bambini. La specificità dell’adozione internazionale italiana è tutta nei suoi numeri, nei circa 2 mila provvedimenti di adozione pronunziati ogni anno, che testimoniano un interesse grande e meritevole della migliore attenzione possibile ed a me sembra che la strada imboccata sia quella giusta. PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta. Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 15 maggio 1998, n. 151, recante disposizioni urgenti riguardanti agevolazioni tariffarie e postali per le consultazioni elettorali relative agli anni 1997 e 1998 (4890) (ore 16,33). PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Con- 1998 — N. 367 versione in legge del decreto-legge 15 maggio 1998, n. 151, recante disposizioni urgenti riguardanti agevolazioni tariffarie e postali per le consultazioni elettorali relative agli anni 1997 e 1998. (Discussione sulle linee generali – A.C. 4890) PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di alleanza nazionale ne ha chiesto l’ampliamento, senza limitazione nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell’articolo 83, comma 2, del regolamento. Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Bielli. VALTER BIELLI, Relatore. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame è finalizzato a consentire l’applicabilità delle agevolazioni tariffarie postali, previste dagli articoli 17 e 20 della legge n. 515 del 1993 per i candidati nelle elezioni europee, politiche ed amministrative, anche in occasione delle consultazioni elettorali per il 1998, provvedendo a reperire la relativa copertura finanziaria. Il provvedimento consta di un unico articolo e contiene: una disposizione che stabilisce l’applicabilità alle consultazioni elettorali del 1998 delle predette agevolazioni tariffarie; l’autorizzazione al rimborso alle Poste italiane Spa delle somme corrispondenti agli oneri derivanti da tale agevolazione non solo con riferimento alle consultazioni elettorali del 1998, ma anche in relazione a quelle del 1997; la norma di copertura finanziaria, che prevede a tal fine il ricorso all’accantonamento di un fondo speciale relativo al Ministero della difesa. Il decreto-legge è primariamente finalizzato a dare soluzione al problema della compensazione finanziaria spettante prima all’Ente poste italiane e oggi, a seguito della trasformazione dell’ente, alle Poste italiane Spa per le agevolazioni postali delle campagne elettorali. Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 20 — SEDUTA DELL’8 GIUGNO A tal proposito l’articolo 6, comma 3, del contratto di programma 1994-1996 con l’Ente poste italiane prevede che lo Stato assicuri la copertura delle spese e dei mancati ricavi conseguenti all’imposizione di oneri impropri o di tariffe agevolate. La disposizione dell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge, data la sua formulazione, appare come norma transitoria. Faccio osservare che le agevolazioni previste dalla legge n. 515 del 1993 sono state applicate anche in occasione delle elezioni del 1997 e il provvedimento in esame dà copertura al relativo onere. Le spese rimborsate per il 1997 risultano consistere in 5 miliardi di lire; le somme elettorali per il 1998 in 8,4 miliardi di lire. Tale stima è basata sul numero degli elettori interessati alla consultazione. Nel dibattito in Commissione è stato posto il problema del rimborso delle spese postali per tutte le consultazioni elettorali. Nel parere del Comitato per la legislazione tale problema è specificamente evidenziato nell’unica condizione in esso inserita. Un primo problema risiede nel fatto che ci si trova di fronte alla privatizzazione dell’originario Ente poste e della liberalizzazione del settore, con conseguente abbandono delle posizioni di monopolio. Ciò significa che la richiesta di trasformare il decreto-legge in esame in un provvedimento recante una disciplina « a regime » dei rimborsi delle spese elettorali sostenute dai candidati deve essere vista in un’altra ottica. Il decreto-legge in esame deve, cioè, necessariamente avere una portata normativa limitata, con un ambito di applicazione temporale limitato, che imporrà al Governo di intervenire nuovamente negli anni successivi. Quanto alla osservazione contenuta nel parere del Comitato per la legislazione e riguardante la necessità di evitare per il futuro l’insorgenza di situazioni di monopolio, la Commissione ha ritenuto che la formulazione del decreto-legge risponda già a tale fine, essendo essa riferita ai soli anni 1997-1998. Il Governo in Commissione e in Comitato per la legislazione ha assicurato che Camera dei Deputati 1998 — N. 367 il decreto-legge va inteso come copertura finanziaria per il 1997 (un atto dovuto) e per coprire il periodo 1998, ritenendo in tal modo che non ci possa essere altra soluzione se non quella prospettata. Contestualmente, il Governo si è impegnato ad intervenire con apposito provvedimento per gli anni successivi, tenendo conto dell’esigenza di salvaguardare il principio delle agevolazioni postali in occasione delle consultazioni elettorali, ma anche di tener conto della privatizzazione dell’Ente poste e della liberalizzazione del mercato, evitando per il futuro che si determini una situazione di monopolio. Il parere della Commissione bilancio contiene una osservazione nella quale si sottolinea l’opportunità di modificare la norma di copertura, in quanto essa prevede l’utilizzo in difformità di un accantonamento di un fondo speciale per la copertura di un decreto-legge al di fuori delle ipotesi consentite. In proposito, non è parso necessario recepire il parere della Commissione bilancio, in quanto l’articolo 1, comma 3, del decreto-legge in esame prevede una forma di copertura finanziaria già utilizzata in precedenti occasioni. Nel parere favorevole espresso dalla Commissione trasporti sul provvedimento in esame è poi contenuta, in premessa, una valutazione secondo cui sarebbe opportuno rimandare ad un riesame di tutta la materia l’approvazione di una normativa di riferimento che tenga conto della trasformazione dell’Ente poste in spa, con ciò volendosi intendere che il provvedimento in esame deve avere un’efficacia limitata nel tempo, restando intesa la necessità di un futuro intervento del legislatore. Ritengo, in conclusione, che si possa senza difficoltà procedere all’esame del provvedimento e alla sua conversione in legge, che chiude un problema aperto – spese relative al 1997 – e risponde positivamente ai problemi che le consultazioni amministrative del 1998 porranno. PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo. Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 21 — SEDUTA DELL’8 GIUGNO VINCENZO MARIA VITA, Sottosegretario di Stato per le comunicazioni. Signor Presidente, vorrei innanzitutto ringraziare il relatore per la puntuale definizione del problema sotteso al provvedimento che il Governo ha dovuto prendere, onorevoli colleghi, a causa di una difficoltà che altrimenti avrebbe avuto effetti gravosi non solo sui candidati nel recente turno elettorale, ma anche sulla stessa applicazione fedele dell’articolo 17 della legge 10 dicembre 1993, n. 515. Tale articolo, come ricorderanno i colleghi, prevede che: « ciascun candidato in un collegio uninominale e ciascuna lista di candidati in una circoscrizione per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica hanno diritto ad usufruire di una tariffa postale agevolata di lire 70 per plico di peso non superiore a 70 grammi, per l’invio di materiale elettorale per un numero massimo di copie pari al totale degli elettori iscritti nel collegio ». Voglio anche ricordare che l’articolo 20 della stessa legge n. 515 del 1993 estendeva tale regime agevolativo anche alle elezioni europee, regionali, provinciali e comunali. In base a tale disposto, l’Ente poste – che ora, vorrei ricordare, è società per azioni – ha sinora richiesto compensazioni relative alla differenza di prezzo tra tariffa piena e tariffa effettivamente praticata ai candidati alle elezioni. La differenza tariffaria è a carico dell’erario, che, dal 1994, ha via via corrisposto, secondo quanto sostiene la stessa società Poste italiane, una parte almeno dei corrispettivi dovuti. L’entrata in vigore – ecco il punto – della legge n. 662 del 1996, che all’articolo 2 prevedeva la soppressione di ogni forma di obbligo tariffario sociale a carico delle poste italiane per i servizi non in regime di monopolio legale, se a noi non sembra poter modificare il regime delineato dalla legge n. 515 del 1993 (per parte nostra, vi è questa interpretazione), rendeva comunque indispensabile sopperire con un apposito provvedimento, quello di cui stiamo discutendo i termini, alla mancata previsione di intervento finanziario. Dunque, Camera dei Deputati 1998 — N. 367 abbiamo voluto adottare questo provvedimento per evitare che si creasse un piccolo ma significativo vulnus nel tessuto della democrazia elettorale, che è un momento fondamentale della democrazia tutta. Come ha giustamente sottolineato l’onorevole relatore, questo intervento naturalmente non completa il quadro normativo: si renderà indispensabile un ulteriore provvedimento, che riteniamo debba essere inserito presto all’ordine del giorno. Vorrei riferirmi anche ad alcune obiezioni già sollevate in sede di Commissione da parte di colleghi delle opposizioni che, con toni assai pacati e costruttivi, hanno indicato in questo un problema effettivo, e lo è. Però, abbiamo dovuto lavorare in tempi cosı̀ ristretti e con qualche difficoltà interpretativa da rendere difficile una più compiuta definizione di un tema che, in vista delle prossime cadenze elettorali amministrative, ci prendiamo carico di definire una volta per tutte. PRESIDENTE. Il primo iscritto a parlare è l’onorevole Migliori. Ne ha facoltà. RICCARDO MIGLIORI. Signor Presidente, colleghi, come adesso sosteneva opportunamente il sottosegretario Vita, il gruppo di alleanza nazionale in sede di Commissione affari costituzionali ha manifestato alcune riserve, non tanto sulle finalità e sul dispositivo di questo provvedimento, quanto per le vere e proprie lacune normative che esso non tende a colmare, creando quindi di fatto, per i futuri appuntamenti elettorali, una situazione di non certezza e di non chiarezza su un punto significativo inerente lo svolgimento della campagna elettorale. Oggi ribadiamo qui in aula, nell’ambito del dibattito di carattere generale, queste preoccupazioni, che originano innanzitutto dalla vera e propria sequela di critiche e contestazioni che da tutte le parti politiche si è levata nei confronti del Parlamento e del Governo nell’ambito della campagna elettorale per le elezioni amministrative, conclusesi proprio ieri con i ballottaggi, nella quale si è assistito Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 22 — SEDUTA DELL’8 GIUGNO ancora una volta ad una situazione di incertezza su un punto chiave, inerente la possibilità per i singoli candidati di dotarsi, nel corso della campagna elettorale, di una strumentazione idonea ad un colloquio con l’elettorato, ai fini anche della riconoscibilità di programmi e di posizioni. Tutto questo, a maggior ragione, dopo le decisioni che, attenuando fortemente la possibilità di disporre di altri strumenti di comunicazione, hanno fatto sı̀ che per tutti i candidati l’utilizzo di materiale inviato per via postale fosse mezzo essenziale della campagna elettorale. Sollecitato anche da interrogazioni del nostro gruppo parlamentare, il Governo si è deciso ad adottare il decreto-legge recante disposizioni urgenti riguardanti agevolazioni tariffarie e postali per le consultazioni elettorali relative agli anni 1997 e 1998. Ricordo, in proposito, che si trattava anche di « sanare » una parte di pregresso. Il Governo, però, ha lasciato aperta tutta una serie di potenziali equivoci, che potranno creare problemi sia nelle prossime elezioni amministrative dell’autunno sia nella successiva tornata elettorale amministrativa generale dell’anno prossimo, in cui saranno chiamati alle urne i cittadini di oltre 5 mila comuni: stante il testo del decreto n. 151 del 1998, infatti, una serie di problemi potranno in qualche modo di ripetersi e comunque resta una serie di preoccupazioni. La vicenda deriva dall’applicazione letterale, da parte delle poste, di una disciplina dettata dalla legge finanziaria per il 1997, con cui veniva abrogata ogni forma di agevolazione postale. Tutti siamo convinti – credo – che la normativa sulla campagna elettorale non possa essere delegata all’Ente poste: si tratta di temi estremamente delicati, assistiti anche da una serie di garanzie costituzionali; quindi è necessaria certezza di espletazione e di regolamentazione. Il decreto-legge n. 151 di cui ci stiamo occupando finisce per finanziare l’Ente poste per mancati introiti, ma di fatto lascia un punto interrogativo sulla validità Camera dei Deputati 1998 — N. 367 e sull’efficacia degli articoli 17 e 20 della legge n. 515 del 1993, la quale prevedeva per i candidati alle elezioni europee, politiche ed amministrative la possibilità di utilizzare agevolazioni tariffarie. Il problema è quindi preoccupante. La questione che noi poniamo – opportunamente richiamata dal collega Bielli – è plasticamente e mirabilmente riportata nel parere del Comitato per la legislazione. Non mi riferisco alla seconda parte del parere, circa il rischio dell’introduzione di un regime di monopolio, ma alla condizione posta nella prima parte (che ci spinge a ribadire le nostre preoccupazioni in sede di discussione sulle linee generali): « La Commissione di merito provveda a riformulare l’articolo 1 del decreto-legge in modo da chiarire se il provvedimento determina – come sembrerebbe doversi dedurre alla luce della relazione illustrativa – la mera copertura finanziaria di oneri derivanti da disposizioni di legge tuttora in vigore, che recano agevolazioni in materia tariffaria e postale; ovvero se esso – pur considerando abrogate le suddette disposizioni – intenda nondimeno prevedere la loro applicabilità per un periodo transitorio ». Si tratta di un problema di fondo: un elemento di certezza del diritto in un campo specialissimo come la materia elettorale. In realtà la Commissione non ha proceduto nel senso prospettato dal Comitato per la legislazione: prova ne sia che il testo al nostro esame è identico a quello adottato dal Governo; si prevede quindi la classica conversione del decreto-legge senza alcun tipo di modifica. Resta quindi la perplessità di fondo: fino ad ora il Parlamento ha dimostrato la propria incapacità di mettere a regime – istituzionalizzandola – una disciplina che secondo noi dovrebbe vedere chiaramente riconfermata la validità delle norme contenute nella legge n. 515 del 1993. Al riguardo abbiamo presentato emendamenti atipici – devono considerarsi tali quelli che non tengono conto delle esigenze di bilancio – finalizzati a dare certezza al fatto che la legge n. 515 è in vigore e che quindi il Governo deve Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 23 — SEDUTA DELL’8 GIUGNO provvedere attraverso un intervento di bilancio con la legge finanziario per assicurare a tutti i cittadini, elettori e candidati, la certezza del diritto e delle norme in materia elettorale. Queste sono parte delle nostre perplessità – le altre le solleverà il collega Armaroli, che parlerà dopo di me – tramite le quali il gruppo di alleanza nazionale fornisce il proprio contributo in questa discussione sulle linee generali. PRESIDENTE. È iscritto a parlare l’onorevole Armaroli. Ne ha facoltà. PAOLO ARMAROLI. Signor Presidente, è proprio il caso di dire che tutto è a posto ma nulla è in ordine. D’altra parte, nella sua relazione l’onorevole Bielli ha – per cosı̀ dire – coperto il Governo ed il sottosegretario Vita ha coperto, a sua volta, il relatore Bielli: il cerchio si chiude, ma la coperta è piuttosto stretta ! Mi fa piacere, oltre che per l’antica amicizia anche perché sarà chiamato in causa da qui a poco, che sia presente il ministro Maccanico. Come dicevo, la coperta è stretta e, allora, o si copre la testa o si coprono i piedi ! Quello al nostro esame è un disegno di legge di conversione di un decreto-legge che ha tutta l’apparenza della ragionevolezza e sotto vari profili. Il fine è nobile; la motivazione della necessità e dell’urgenza, una volta tanto, è sacrosanta (anzi, onorevole Vita: della straordinaria necessità ed urgenza); e – mi voglio rovinare ! – è rispettata a puntino la legge sull’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, n. 400 del 1988, perché non v’ha dubbio che un decreto-legge che si compone, sostanzialmente, d’un solo articolo ha tutti i caratteri della specificità e della omogeneità delle disposizioni. Il problema è, allora, quello che ha prima di me assai bene sottolineato il collega Migliori: siamo di fronte ad uno dei tanti casi in cui il Governo, nella figura spesso di autorevoli suoi rappresentanti, contraddice se stesso. Signor ministro Maccanico, ella qualche tempo fa, rispondendo ad una inter- Camera dei Deputati 1998 — N. 367 rogazione sulla questione che ci occupa, presentata da un nostro collega di alleanza nazionale, l’onorevole Martinat, che aveva chiesto al Presidente del Consiglio dei ministri e al ministro delle comunicazioni lumi in questione, forniva questa puntuale risposta: « Al riguardo, nel premettere che si risponde per incarico della Presidenza del Consiglio dei ministri, si fa presente che, al fine di garantire un interesse pubblico di rilevanza costituzionale, qual è quello che le elezioni si svolgano con la maggiore informazione possibile degli elettori, la legge 10 dicembre 1993, n. 515, agli articoli 17 e 20, prevede che ciascun candidato in un collegio uninominale e ciascuna lista di candidati usufruiscano nei trenta giorni precedenti la data di svolgimento delle elezioni di una tariffa postale agevolata di lire 70 per plico di peso non superiore a grammi 70 per un numero massimo di copie pari al totale degli elettori iscritti nel collegio per i singoli candidati e pari al totale degli elettori iscritti nella circoscrizione per le liste di candidati ». Ella, signor ministro Maccanico, aggiungeva: « Le disposizioni dettate dal comma 19 dell’articolo 2 della legge n. 662 del 1996, che prevedono la cessazione di ogni forma di agevolazione tariffaria, si propongono semplicemente di evitare che siano posti a carico dell’Ente poste italiane oneri conseguenti a riduzioni tariffarie disposte da norme particolari per servizi resi in regime di libera concorrenza ». Aggiungeva ancora: « Data la diversa finalità delle due disposizioni e considerata la specialità della normativa dettata dalla legge n. 515 del 1993, secondo i principi interpretativi correnti non si ritiene che la legge successiva abbia voluto implicitamente abrogare la norma speciale anteriore. Pertanto, l’affrancatura degli invii elettorali rimane quella prevista dagli articoli 17 e 20 della legge n. 515. Si ricorda in proposito che l’Ente poste italiane in un primo momento aveva inteso abrogata la disposizione dettata dalla legge sulle campagne elettorali. Tuttavia, su invito del Governo » – sottolineo su invito del Governo: ella rispondeva cosı̀ Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 24 — SEDUTA DELL’8 GIUGNO all’interrogazione del collega Martinat – « ha riconsiderato la propria posizione e per le trascorse elezioni amministrative ha proceduto ad accettare il materiale di propaganda elettorale secondo le modalità vigenti prima dell’entrata in vigore della legge collegata alla finanziaria per l’anno 1997. Si assicura infine che il problema di contemperare le esigenze di bilancio dell’Ente poste italiane e quelle di un democratico svolgimento delle elezioni è tenuto ben presente dal Governo, che conta quanto prima di fare assoluta chiarezza sulla materia di cui trattasi ». Ella, signor ministro Maccanico, è un superesperto di questioni costituzionali e legislative, conosce Montecitorio come le sue tasche perché è qui, mi pare, dal 1946... ANTONIO MACCANICO, Ministro delle comunicazioni. Dal 1947. PAOLO ARMAROLI. È dal 1947, quindi dall’epoca in cui c’era ancora l’Assemblea costituente, che vive in queste stanze. Mi dichiaro perfettamente d’accordo con il « Maccanico 1 ». Poi, c’è un « Maccanico 2 », sia pure pro quota, perché evidentemente ella, signor ministro, o non era presente alla riunione del Consiglio dei ministri che ha sfornato questo decreto-legge o, se c’era, mi consenta di dirlo con tutto il rispetto, dormiva ! ANTONIO MACCANICO, Ministro delle comunicazioni. Nel frattempo è intervenuta una novità. Quando rispondevo a questa interrogazione c’era l’Ente poste, mentre adesso c’è una società per azioni. PAOLO ARMAROLI. Questo è vero. Su questo, signor ministro, lei sfonda una porta aperta e ci trova perfettamente d’accordo. Il mio rilievo riguardava il comma 1 dell’articolo 1. Delle due l’una: o, come ella ritiene e come io stesso consento con lei, la disposizione successiva, quella del 1996, non abrogava la disposizione precedente in quanto norma speciale ... Io consento perfettamente con Camera dei Deputati 1998 — N. 367 lei, signor ministro ma, se è cosı̀, non vi era alcun bisogno di un decreto-legge, per quanto riguarda il contenuto del comma 1; altrimenti, si creano i presupposti per la fabbrica dei decreti-legge ! Primo punto. Il Consiglio dei ministri con questo decreto-legge ha affermato il contrario di quello che lei, signor ministro, sosteneva allora, cioè, sia pure implicitamente, afferma che era fondato il sospetto che la legge successiva avesse abrogato quella precedente. Questo mi sembra evidente, perché altrimenti non si sarebbe avvertito, per questo aspetto (sull’altro sono perfettamente d’accordo con lei), il bisogno di un decreto-legge. Secondo punto. Il fatto che vi sia la copertura per il 1997 e per il 1998 mi porta a dover concludere che si tratta di una disposizione transitoria, che vale per quel periodo. Per il futuro, si dovrà aprire la stura (evidentemente, ma non tanto logicamente) a decreti-legge che di anno in anno consentano una deroga ad una norma come quella del 1996. Qui siamo veramente a Luigi Pirandello ! Però, non tutti i mali vengono per nuocere – sempre in teoria ! – perché il Comitato per la legislazione, signor ministro, alla luce dell’esperienza di questi mesi (mi spiace rilevarlo) e nonostante un lavoro estremamente impegnativo sotto la presidenza dell’onorevole La Malfa, rischia di diventare un ente del tutto inutile, un organismo inutile. Lei, signor ministro, avrà visto le più recenti statistiche in tema di recepimento da parte delle Commissioni parlamentari competenti dei pareri, delle osservazioni e delle condizioni, e avrà potuto toccare con mano che soltanto nel 25 per cento dei casi (la percentuale, peraltro risibile, varia a seconda che si tratti di decreti-legge o di proposte di legge) vi è il recepimento e l’accoglimento da parte delle Commissioni. Aggiungo che, molto spesso, si tratta di pareri adottati all’unanimità (in altri termini tutti gli otto commissari sono d’accordo nell’esprimere il parere oppure lo sono a larghissima maggioranza). Il che significa che, su aspetti squisitamente tecnici, maggioranza ed opposizione conven- Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 25 Camera dei Deputati — SEDUTA DELL’8 GIUGNO gono sull’esprimere parere favorevole ma con tutta una serie di condizioni e di osservazioni. Ebbene, anche questa volta il Comitato per la legislazione ha svolto delle considerazioni che si possono del tutto sottoscrivere. Risulta infatti che il parere del Comitato per la legislazione « è favorevole a condizione che la Commissione di merito provveda a riformulare l’articolo 1 del decreto-legge in modo da chiarire se il provvedimento determina, come sembrerebbe doversi dedurre alla luce della relazione illustrativa, la mera copertura finanziaria di oneri derivanti da disposizioni di legge tuttora in vigore, che recano agevolazioni in materia tariffaria e postale, ovvero se esso, pur considerando abrogate le suddette disposizioni, intenda non di meno prevedere la loro applicabilità per un periodo transitorio ». Ebbene, a questa condizione, anzi direi a questo fondato dubbio e interrogativo, a differenza della monaca di Monza, la « sventurata » Commissione affari costituzionali, alla quale mi onoro di appartenere, non rispose. Ne consegue che il testo che è arrivato in aula è lo stesso di quello « sfornato » dal Governo, dal Consiglio dei ministri e – dettaglio non trascurabile – emanato dal Capo dello Stato. In Inghilterra si dice che la corona sia un leone dormiente. Forse anche in Italia, dove ancora abbiamo un regime parlamentare possiamo dire che il Quirinale è un leone dormiente ! Se tirasse qualche « zampata » in più rispetto a provvedimenti che forse non sono del tutto conformi o alla Costituzione o alla logica, tutto sommato sarebbe un bene. Ebbene, ci troviamo in aula con un provvedimento che, se per quanto riguarda le sue finalità nessuna persona ragionevole potrebbe contrastare, pur tuttavia, signor ministro – mi rivolgo ad una persona colta – da un punto di vista giuridico lascia delle perplessità. Mi auguro che nel corso dell’esame degli articoli e degli emendamenti, una volta conclusa la discussione sulle linee generali, il Governo possa ascoltare con il 1998 — N. 367 rispetto che meritano le considerazioni tecnicamente e non politicamente critiche provenienti dai banchi dell’opposizione e farne tesoro, perché altrimenti il nostro sarebbe un dialogo tra sordi. PRESIDENTE. Constato l’assenza dell’onorevole Luciano Dussin, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. (Repliche del relatore e del Governo – A.C. 4890) PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore, onorevole Bielli, rinunzia alla replica. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo. ANTONIO MACCANICO, Ministro delle comunicazioni. Signor Presidente, ho ascoltato l’intervento dell’amico Armaroli, che come al solito è molto sottile. Non c’è dubbio che la conversione in legge di questo decreto-legge è una sorta di atto costituzionalmente dovuto, perché mi pare che la tesi che ho avuto modo di sostenere in risposta ad una interrogazione, secondo la quale gli articoli 17 e 20 della legge n. 515 sarebbero pienamente in vigore, trovi piena conferma con questo provvedimento. Non posso negare però che nel frattempo è insorto un dubbio interpretativo presso il Ministero del tesoro. La soluzione dunque è la seguente: con questo decreto-legge assicuriamo una copertura alle elezioni che hanno già avuto luogo, però al contempo il Governo assume l’impegno, dichiarandosi disposto ad accettare un ordine del giorno al riguardo, di rivedere questa legislazione in modo coerente. Ammetto, infatti, l’esistenza di una differenza interpretativa che è emersa soprattutto nel momento in cui l’Ente poste è stato trasformato in società per azioni, fatto che ha comportato un cambiamento dello stato di cose. Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 26 SEDUTA DELL’8 GIUGNO In conclusione, il Governo è pronto ad assumere l’impegno a rivedere la legislazione in modo coerente al fine di fare piazza pulita di tutti i dubbi che sono stati sollevati. Per il momento, il Governo auspica una rapida conversione in legge del decreto-legge in esame, perché questa pare l’unica via pratica che si può seguire in questo momento. PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta. Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Dameri ed altri; Tremaglia ed altri: Nuove norme sui Consigli degli italiani all’estero (2997-3227) (ore 17,12). PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Dameri ed altri; Tremaglia ed altri: Nuove norme sui Consigli degli italiani all’estero. (Contingentamento tempi discussione generale – A.C. 2997) PRESIDENTE. Avverto che, a seguito della riunione del 29 maggio 1998 della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è provveduto, ai sensi dell’articolo 24, comma 3, del regolamento, all’organizzazione dei tempi per la discussione generale del testo unificato delle proposte di legge, che risultano cosı̀ ripartiti: tempo per il relatore: 20 minuti; tempo per il Governo: 20 minuti; nuti; Camera dei Deputati — tempo per il gruppo misto: 35 mi- tempo per i richiami al regolamento: 10 minuti; tempo per interventi a titolo personale: 1 ora; tempo per i gruppi: 4 ore (30 minuti per gruppo). 1998 — N. 367 Il tempo a disposizione del gruppo misto è cosı̀ ripartito tra le componenti politiche costituite al suo interno: verdi: 12 minuti; socialisti democratici italiani: 7 minuti; CCD: 7 minuti; minoranze linguistiche: 4 minuti; per l’UDR-patto Segni/liberali: 3 minuti; la rete: 3 minuti. (Discussione sulle linee generali – A.C. 2997) PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali. Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Dameri. SILVANA DAMERI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame, approvato a larghissima maggioranza dalla III Commissione affari esteri e comunitari, unifica le due proposte di legge « Nuove norme concernenti i Consigli degli Italiani all’Estero » e « Modifica della legge 8 maggio 1985, n. 205, recante istituzione dei Comitati dell’Emigrazione Italiana ». L’unificazione in un medesimo testo di tali proposte è stata agevolata dal fatto che entrambe hanno preso le mosse ed utilizzato il lavoro di ricerca e di proposta attivato dall’assemblea del consiglio generale degli italiani all’estero (CGIE) sul funzionamento e sull’esperienza dei Comites, che hanno costituito l’articolazione di base indispensabile della rappresentanza degli italiani nel mondo, in quanto eletti a livello delle circoscrizioni consolari ed operanti in riferimento alle rispettive autorità consolari e diplomatiche, secondo quanto attualmente disposto dalla legge 8 maggio 1985, n. 205. Ad oltre dieci anni dalla loro istituzione, il CGIE ha ritenuto necessario evidenziare, a partire dall’indagine svolta dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, l’esigenza di modifiche che rendessero più incisivo l’apporto che i Comites, organismi democratici di base, possono fornire per migliorare le oppor- Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 27 — SEDUTA DELL’8 GIUGNO tunità dei nostri connazionali residenti all’estero in campo culturale, economico e sociale per una piena integrazione nei paesi di accoglienza. L’indagine conoscitiva del CNEL sul ruolo e sul funzionamento di questi organismi, che ha coinvolto oltre 900 membri dei Comites, 300 rappresentanti di organismi vari (associazioni, patronati e sindacati, missioni cattoliche, istituti di cultura, camere di commercio, eccetera), più della metà dei membri del CGIE ed autorità consolari. Il bilancio che si ricava da questo lavoro va letto con equilibrio e spinge ad alcune considerazioni preliminari all’attuale teso di legge di riforma. Disciplinare dal punto di vista normativo il tema della rappresentanza democratica degli italiani all’estero presenta per il legislatore una peculiarissima difficoltà. Non c’è solo l’inevitabile rodaggio cui si devono sottoporre nuovi organismi, ma vi è anche l’obiettiva considerazione della grande complessità e difformità delle esperienze e del funzionamento dei Comites in ragione – gli italiani nel mondo sono davvero in tutto il mondo – dei contesti assolutamente diversi dei paesi di residenza (comunitari od extracomunitari, di antica o di recente democrazia, di limitata o di vasta presenza di migrantes), nonché della maggiore o minore disponibilità delle autorità consolari italiane in loco al dialogo ed alla collaborazione. Nonostante questa nota complessità, il legislatore non può condividere i giudizi liquidatori che pure si sono levati verso l’esperienza maturata da questi organismi. Le molte aspettative che c’erano nelle comunità italiane all’estero al momento dell’istituzione dei Comites nel lontano 1985 non hanno trovato forse piena risposta: tuttavia si tratta di indagarne le ragioni e rimuoverne le cause piuttosto che rinunciare a rivitalizzare un organismo che è l’unica (finora: dirò qualcosa in seguito) istituzione democratica italiana direttamente eletta dagli italiani residenti all’estero in qualunque parte del mondo si trovino. Sarebbe d’altronde velleitario attribuire ai Comites la facoltà di soddisfare Camera dei Deputati 1998 — N. 367 tutte le esigenze di partecipazione e democratiche che animano le nostre realtà all’estero: attribuendo loro aspettative eccessive si rischia di concludere con un giudizio di irrisolvibile inadeguatezza e perciò di inutilità. È da un processo più ampio e più complesso di integrazione nei paesi di accoglienza, in un giusto equilibrio e scambio tra integrazione sociale e politica e valorizzazione dell’identità storica e culturale, propria degli italiani all’estero, che si potrà definire il profilo di una nuova idea di cittadinanza oltre antiche frontiere. È dalla qualità della vita democratica nei singoli paesi, dall’affermarsi di istituzioni europee ed internazionali in piena sintonia con i bisogni e le aspettative dei popoli, fortemente legittimate a svolgere azione di governo democratica dei complessi problemi del mondo moderno, è da una più lucida e consapevole visione della qualità nuova, rispetto al passato, della realtà migratoria anche italiana che verranno risposte alle esigenti, e giustamente esigenti, domande dei nostri connazionali che vivono all’estero. Non dobbiamo dimenticare l’iter che è proficuamente cominciato sia alla Camera sia al Senato per il riconoscimento e l’effettiva praticabilità del diritto di voto degli italiani all’estero: questo per quanto riguarda le istituzioni nazionali italiane. Si tratta quindi di ridefinire, ristrutturare, riorganizzare e quindi dare maggiore forza all’intiera impalcatura istituzionale su cui gli italiani all’estero possono intervenire. Si tratta ora quindi di ricondurre i Comites alla funzione reale che possono svolgere in quanto organismi elettivi istituiti dallo Stato italiano in rappresentanza dei cittadini residenti all’estero, in primo luogo come interfaccia nei rapporti con il consolato e le rappresentanze diplomatiche e quindi agendo per il superamento del punto più dolente dell’esperienza precedente, vale a dire la promozione di quella collaborazione e scambio positivo con le autorità consolari e l’apparato Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 28 — SEDUTA DELL’8 GIUGNO amministrativo, la cui assenza, dove si è verificata ha svuotato di funzione e senso i Comites. In più, ed inoltre, si tratta di promuovere verso le istituzioni dei paesi di residenza, nell’ambito di quanto consentito dalle locali normative e condizioni, la visibilità, il riconoscimento e la valorizzazione dei Comites come tassello utile a favorire un reale processo di integrazione politico-istituzionale degli italiani residenti all’estero. Il testo non si propone come modifica ed integrazione rispetto alla legge 8 maggio 1985, n. 205, ma come nuovo testo sostitutivo che prevede quindi l’abrogazione della stessa. Non modifichiamo quindi la legge precedente, ma la sostituiamo con un nuovo testo. Per altro le innovazioni introdotte sono prevalentemente nella definizione dei compiti e delle funzioni degli organismi definiti « consigli degli italiani all’estero », per renderne più certo e cogente l’apporto, mentre sostanzialmente invariati restano gli articoli che recano le disposizioni di carattere elettorale ed organizzativo. La I Commissione affari costituzionali in sede di parere osservava l’opportunità di affidare questa seconda parte ad un regolamento di attuazione. Tuttavia la grande difformità delle situazioni su cui la legge risulta intervenire, come prima ricordato, consiglia il mantenimento di questa parte nel testo legislativo per evitare discrasie, anche considerando che gli eletti dei Comites rappresentano a loro volta la base elettorale del consiglio generale degli italiani all’estero, richiedono un dispositivo forte ed uniforme per la loro elezione, essendo quelli che eleggono i rappresentanti del consiglio generale stesso. Le direttrici che ispirano il testo sono le seguenti: rafforzare i consigli degli italiani all’estero come organo di base della rappresentanza democratica dei connazionali, sottolineando anche con la loro nuova denominazione il collegamento con il CGIE e il loro essere elemento di base della piramide democratica; in questa Camera dei Deputati 1998 — N. 367 veste precisare le loro funzioni in rapporto sia con il consolato di riferimento sia con le autorità ed istituzioni pubbliche e private locali, fatte salve tutte le questioni che attengano ai rapporti tra Stato e Stato; definire il consiglio come fulcro attorno al quale convergono le attività delle associazioni, munito della capacità di monitoraggio delle esigenze della comunità italiana e quindi capace di svolgere un’azione di programmazione delle iniziative, cooperando con le autorità consolari italiane nella fase di definizione, finanziamento e attivazione dei progetti, nonché nella fase successiva relativa alla verifica e al controllo dell’efficacia e dei risultati conseguiti dai progetti stessi. Voglio ricordare che recentemente la Commissione affari esteri e comunitari ha approvato in sede legislativa la riforma del consiglio generale degli italiani all’estero. Conseguentemente il progetto di legge in esame dovrà essere riesaminato (lo verificheremo nella riunione del Comitato ristretto previsto per domani) sotto il profilo della copertura finanziaria poiché, come i colleghi ricorderanno, è stato licenziato dalla Commissione nel luglio dello scorso anno. Chiedo una solerte discussione ed approvazione del testo giacché le scadenze future, che riguardano sia la piena praticabilità del diritto di voto degli italiani all’estero sia l’attuazione del CGIE, richiedono l’approvazione di questo provvedimento. PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo. LUCIO TESTA, Sottosegretario di Stato per l’interno. Il Governo si riserva di intervenire in sede di replica. PRESIDENTE. Il primo iscritto a parlare è l’onorevole Olivo. Ne ha facoltà. ROSARIO OLIVO. Ogni giorno prendiamo atto e diveniamo maggiormente consapevoli dei profondi cambiamenti in corso nel vasto e variegato campo dell’emigrazione. Anche nell’esame di questo Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 29 — SEDUTA DELL’8 GIUGNO provvedimento, illustrato dalla collega Dameri, traiamo spunto dalla nuova situazione per portare elementi innovativi negli organi di rappresentanza che hanno già fatto una prima esperienza, sia pure con luci ed ombre, che va richiamata nella discussione che porterà ad una riforma molto attesa dalle nostre comunità all’estero. Abbandonate la vecchia ed abusata retorica sentimentale e una facile genericità che spesso ha prevalso nel passato, guardiamo a questa immensa risorsa degli italiani nel mondo per una nuova politica strategica dell’emigrazione. In quest’ottica si colloca e vanno esaminate le proposte di legge Dameri ed altri e Tremaglia ed altri concernenti nuove norme sui consigli degli italiani all’estero. Già essere giunti all’odierna discussione sulle linee generali in Assemblea di un testo unificato è un buon segnale che il Parlamento ha inteso dare, insieme ad una rilevante attenzione, come diceva poc’anzi la collega Dameri, sulla riforma del consiglio generale degli italiani all’estero, ad una nuova normativa per la cittadinanza ed all’effettivo esercizio del diritto di voto da parte degli italiani all’estero. Questo percorso, che è iniziato e che sta andando avanti, ci deve consigliare di tenere sempre presente, dunque, il contesto generale. Prima di affrontare brevemente il merito delle proposte di legge che abbiamo all’ordine del giorno consentitemi, non per fuorviare, per fare opera di autolesionismo o cadere in un facile pessimismo, di ricordare a me stesso ed a quanti hanno seguito e letto notizie e commenti sull’elezione dei consigli degli italiani all’estero, svoltesi il 22 giugno dello scorso anno, che ci sono segnali preoccupanti – che non intendo certo strumentalizzare – che possono servire per rafforzare l’impegno innovativo che abbiamo già avviato e che la proposta di legge Dameri recepisce razionalmente, per cui è importante accelerarne l’approvazione. Vorrei solo accennare, senza farmi prendere la mano ed insistere molto, alla scarsa partecipazione degli elettori emi- Camera dei Deputati 1998 — N. 367 grati al voto per eleggere i consigli degli italiani all’estero. È un dato che allarma e sollecita ancora di più l’attenzione per capire questa forma di disinteresse verso organi di rappresentanza come i Comites. Le ragioni non sono difficile da scoprire e vanno tenute presenti. Non c’è dubbio che le prime esperienze dei Comites – e non poteva essere diversamente – hanno in parte demotivato ed allontanato molti italiani che sono iscritti all’AIRE. Non faccio un elenco dei possibili motivi che secondo me hanno determinato questa scarsa affluenza al voto, tra i quali mi preme però richiamarne uno che è fondamentale. Gli italiani all’estero hanno constatato che, alla fine, organi consultivi come i Comites non hanno i poteri veri di rappresentanza che debbono avere organi di base in una democrazia diretta. La presenza dei consolati e delle ambasciate e, in generale, del Ministero degli esteri, cosı̀ come concepita nell’attuale normativa, non dà spazio ad altri organismi democratici. In fondo, la rappresentanza effettiva viene esercitata dal Ministero degli esteri tramite i suoi apparati, che il più delle volte si ritengono autosufficienti. Chi conta e chi decide è il console ed il rapporto con i consigli degli italiani all’estero, quando c’è, è solo consultivo e dunque quasi nullo. Mi guardo bene dall’inserire un elemento di polemica e di contrapposizione tra Ministero degli esteri e Comites; lontano da me, nel modo più totale, un tale convincimento. Si tratta però, senza nulla togliere alla funzione di un Ministero come quello degli esteri, di cercare di dare un maggiore spazio operativo e decisionale ai Comites, i consigli degli italiani all’estero, potenziandone – come ha riconosciuto il sottosegretario Fassino – il ruolo e le prerogative, incentivando il salto di qualità di tali organismi, che devono rivolgere sempre più lo sguardo all’integrazione ed alla tutela dei diritti dei connazionali nei nuovi paesi di accoglienza. Quando nella relazione della collega Dameri si dice che i nuovi consigli degli italiani all’estero non dovranno esercitare Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 30 — SEDUTA DELL’8 GIUGNO funzione di gestione, ma solo di programmazione e di controllo delle iniziative consolari ci si deve però chiedere come possano avere una funzione di controllo sui consolati degli organi consultivi come i comitati degli italiani all’estero. Bisognerebbe allora riflettere se assegnare ai Comites più poteri vincolanti su alcune materie e con quali poteri di controllo, come giustamente sostiene la collega Dameri, con tutte le conseguenze che possono derivare. Se l’articolo 2 stabilisce i compiti e prescrive che l’autorità consolare « indı̀ce » ed il Consiglio « coopera »; oppure sulle richieste di contributi il Ministero « decide », mi preme richiamare la vostra attenzione sugli aspetti concreti delle attività e della rappresentanza dei consigli degli italiani all’estero. In definitiva, si tratta di vedere se possiamo arricchire la funzione dei consigli e dar loro pochi poteri, ma decisionali. Mi accingo ora a fare un’altra riflessione. Siamo veramente convinti che senza una possibile ed urgente riforma del Ministero degli esteri possiamo riuscire a dare funzionalità autonoma ed effettiva agli organi di rappresentanza come il consiglio degli emigrati e lo stesso consiglio generale ? Siamo inoltre convinti che senza una previsione ed un aggiornamento della rete consolare i consigli possano adeguatamente avere un ruolo ? Capisco che non si può fare tutto contestualmente, ma almeno prendiamo coscienza, per evitare di andare incontro a future delusioni, che è necessario riformare organicamente e complessivamente tutta la struttura che ha rapporto con i nostri connazionali all’estero. Già – e questo soddisfa ed incoraggia – si sono fatti notevoli passi in avanti in senso positivo: cerchiamo, sia pure in tempi diversi, di affrontare anche gli altri problemi ed in primo luogo quello della riforma o meglio dell’aggiornamento del Ministero degli esteri ai nuovi scenari ed alle nuove esigenze che sono maturate, per recuperare il rapporto con questa Camera dei Deputati 1998 — N. 367 altra Italia – come si usa dire – che deve diventare sempre più una reale risorsa negli interscambi culturali, economici e sociali e per consolidare e far crescere i rapporti tra le due Italie, passando nel campo della emigrazione italiana da una politica esclusivamente di protezione ad una politica anche e soprattutto di promozione. L’approvazione del testo oggi in discussione sarà un altro segnale della consapevolezza del Parlamento che il grandioso patrimonio dell’emigrazione italiana all’estero non va più trascurato e sottovalutato, come spesso è accaduto nel passato, ma va invece pienamente recuperato e valorizzato perché costituisce una preziosa risorsa per tutto il paese, per la sua economia, per la indispensabile opera di ricostruzione della sua identità storica, civile e culturale. Gli italiani sparsi per il mondo, che sono decine di milioni, rappresentano una straordinaria risorsa sia per il nostro paese sia per le nazioni di accoglienza, soprattutto nell’era della mondializzazione e della globalizzazione. Essi riescono infatti a trasformarsi il più delle volte in ambasciatori dell’immagine migliore del nostro paese, della sua cultura, delle sue tradizioni, della sua economia e della sua operosità e sanno poi concorrere attivamente alla costruzione nei nuovi paesi di accoglimento di comunità positivamente integrate, aperte e multiculturali. Per questo è necessario da parte del Governo e del Parlamento proseguire lungo la strada maestra di nuove strategie e di iniziative e di una nuova politica per gli italiani all’estero, per sviluppare a pieno tutte le potenzialità che ancora è capace di esprimere la risorsa emigrazione. Tutto ciò si realizzerà dando risposte esaustive ai tanti problemi ancora aperti: mi riferisco a quelli collegati alla dimensione culturale, da cui derivano nuovi impegni per la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, e perciò ad interventi specifici sugli aspetti scolastici ed educativi; alla formazione professionale; alla politica culturale con particolare riferimento al potenziamento degli istituti di Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 31 — SEDUTA DELL’8 GIUGNO cultura; all’informazione da e verso l’Italia, migliorando i servizi oggi inadeguati offerti da RAI-International; alle problematiche collegate alla dimensione previdenziale e sociale, cioè alla tutela, all’assistenza ed alle pensioni; ad un quadro sociale, cioè, basato su di un welfare rinnovato ed inclusivo per le nuove generazioni; al monitoraggio della nuova emigrazione; alla messa a punto di misure adeguate ai nuovi fenomeni; alla dimensione civico-istituzionale, definendo in questa legislatura – e siamo già sulla buona strada – l’annosa questione dell’esercizio del diritto di voto per i cittadini italiani residenti all’estero, portando a compimento, come stiamo facendo oggi, i processi di riforma degli organi di rappresentanza sul versante della partecipazione alla vita pubblica italiana con l’esercizio del diritto di voto e dell’integrazione con le società e con le istituzioni dei paesi di residenza riformando e adeguando le strutture consolari, la rete amministrativa, il Ministero degli esteri nel suo complesso, dedicando grande attenzione ed impegno alle fondamentali questioni connesse ai diritti civili e politici nei paesi di emigrazione. In definitiva, operando con intensità di impegno per rilanciare una grande politica nei confronti dell’altra Italia, per una sua più forte integrazione democratica nelle società di immigrazione e per un saldo e rinnovato legame di tutte le nostre comunità all’estero con la patria d’origine, legando cosı̀ strettamente la piena integrazione nei paesi di accoglimento con una più viva partecipazione alla vita italiana nelle sue più diverse e significative espressioni e manifestazioni. Per mettere a punto nuove strategie ed interventi non più procrastinabili occorre la convocazione della terza Conferenza nazionale sull’immigrazione, ovvero della prima Conferenza per gli italiani nel mondo, che saranno occasioni utili di approfondimento e di confronto, oltre che di ripresa di un rapporto diretto tra le espressioni politiche ed istituzionali del paese e le rappresentanze delle nostre comunità all’estero. E il campo della ricerca e del confronto di queste Confe- Camera dei Deputati 1998 — N. 367 renze, di cui speriamo sia prossima la calendarizzazione, si identifica, oltre che sui temi prima accennati, di cui ha parlato diffusamente la collega Dameri poc’anzi, soprattutto sui punti essenziali costituiti dalla cittadinanza, nella sua triplice dimensione sociale, civile e politica, dalla rappresentanza, dal lavoro e dalla tutela sociale. In conclusione, come democratici di sinistra ci sentiamo sempre più fortemente impegnati alla piena valorizzazione della risorsa emigrazione e per ciò a porre in essere ogni idoneo strumento di riforma come quello oggi in discussione, che speriamo possa rapidamente essere approvato. Mi associo alla sollecitazione della collega relatrice Dameri, cioè che i tempi siano i più ravvicinati possibile e che si possa cogliere, in tutte le sue potenzialità positive ed innovative, la grande opportunità che gli italiani nel mondo rappresentano per il nostro paese. PRESIDENTE. Constato l’assenza degli onorevoli Tassone e Amoruso iscritti a parlare: si intende che vi abbiano rinunziato. È iscritto a parlare l’onorevole Cavaliere. Ne ha facoltà. ENRICO CAVALIERE. Colleghi deputati, quando si parla di attività legate all’esercizio delle strutture della diplomazia italiana all’estero, bisogna sempre muoversi con molta circospezione, perché i cittadini italiani sono stati anche recentemente colpiti dalle notizie che riguardavano, appunto, questa diffusa immagine di « Ambasciatopoli », ovvero di tutto quello che succede, più o meno alla luce del sole, in tutte le nostre rappresentanze diplomatiche internazionali. Questo provvedimento, a mio avviso, assume una rilevanza politica molto importante, anche in previsione di quanto si sta prefigurando, ovvero del voto degli italiani all’estero, in quanto si inizia a vedere la possibilità di organizzare politicamente gli italiani all’estero. Anche su questo termine bisogna soffermarsi, Atti Parlamentari XIII LEGISLATURA — — DISCUSSIONI — 32 — SEDUTA DELL’8 GIUGNO perché quando si parla di italiani all’estero si dovrebbe parlare, a mio avviso, di cittadini italiani all’estero, dal momento che se facciamo rientrare in questa categoria anche gli oriundi, ovvero gli ex cittadini italiani o comunque i figli di cittadini italiani che attualmente non hanno la cittadinanza italiana, parliamo di persone che non hanno alcun titolo per essere rappresentate o per rappresentare i cittadini italiani all’interno di istituzioni organizzate anche attraverso i nostri Ministeri. Quindi, se dovessimo affrontare questo argomento partendo con il piede giusto, dovremmo sottolineare che questo provvedimento deve essere rivolto esclusivamente ai cittadini italiani all’estero, a coloro i quali hanno il titolo di cittadinanza italiana. Per quanto riguarda la funzione che va a prefigurare questo provvedimento, credo si tratti quasi della creazione di nuove istituzioni, di nuovi organismi che hanno, evidentemente, anche dei costi, che prevedono un sistema organizzativo e che quindi, come peraltro stabilisce questa legge, il Ministero dovrebbe finanziare. Ciò che appare alquanto strano è che, prevedendo questo provvedimento un sistema elettorale, elettoralistico, quindi anche una conseguente campagna elettorale e costi che i candidati, le liste dovranno sopportare e supportare, evidentemente tutto questo implica un interesse da parte di alcuni settori, di alcune categorie, di alcune aree politiche a portare in questa direzione i risultati che scaturiranno dal provvedimento. Se esiste questo interesse, se esiste questa disponibilità a sostenere dei costi per un’iniziativa che è politica e non è altro che politica, non si comprende per quale ragione i costi del funzionamento delle strutture che si vanno a creare debbano essere supportati dal contribuente italiano, e a maggior ragione, quindi, dal contribuente padano, quando poi espressamente vi è quasi una barriera, un ostacolo a che nuove associazioni che dovessero nascere o nasceranno nell’arco di questo periodo più recente possano partecipare all’agone politico, quindi alle future, imminenti elezioni dei consigli. Camera dei Deputati 1998 — N. 367 Vi è poi una questione legata al controllo dei costi di queste strutture. Il provvedimento non prevede, per esempio, l’esclusione dei finanziamenti per i casi di rimborso spese. Non vorremmo che, alla fine, questi organismi insediati venissero a costare, per la loro gestione e per il loro mantenimento, più di quanto in realtà non possano disporre in termini di risorse per iniziative strettamente legate alla loro esistenza e al loro mandato. Non vorremmo pertanto che si pagassero più stipendi o gettoni di quante non siano in realtà le risorse destinate ad iniziative culturali e quant’altro. Oltretutto, non esiste (o per lo meno non è previsto nel testo del provvedimento) un meccanismo di verifica di bilancio; non si specifica da nessuna parte come possano essere verificati i bilanci consuntivi, chi li debba verificare e su quale base debbano poi essere o non essere approvati i bilanci preventivi per la gestione successiva. Un altro aspetto che manca (e ciò è un’ovvia conseguenza della considerazione che ho appena espresso) è quello relativo alla pubblicità dei bilanci: non è infatti previsto che i bilanci dei consigli debbano essere pubblici. Credo che sia una questione molto importante. Soprattutto dovrebbe essere assolutamente previsto che il Ministero non possa concedere finanziamenti per sanare disavanzi di bilancio. A mio avviso, tutta la parte riguardante i finanziamenti è assolutamente carente. Altro aspetto molto importante non contemplato dal provvedimento (il quale va anzi nella direzione opposta) è la considerazione del fatto che all’interno delle comunità dei cittadini italiani all’estero sono presenti differenti formazioni, composizioni, per differenti aree di origine, per differenti condizioni etnicostoriche. È opportuno ricordare, per esempio, la presenza massiccia di discendenti di popolazioni venete all’interno dell’area del Rio Grande do Sul, come di altre etnie storiche attualmente presenti nel territorio italiano quali i campani, i siciliani, i piemontesi, che sono equamente distribuiti in tutti gli Stati esteri ma che