TRIB. LA SPEZIA, decr. 2.10.2010 Amministrazione di sostegno
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TRIB. LA SPEZIA, decr. 2.10.2010 Amministrazione di sostegno
Trib. La Spezia, decr. 2.10.2010 c TRIB. LA SPEZIA, decr. 2.10.2010 Amministrazione di sostegno - Capacità del soggetto beneficiario - Capacità di donare - Sussistenza - Conseguenze (cod. civ., artt. 404, 405, 409, 411, 774) Il beneficiario di amministrazione di sostegno, il quale, se pure può venir limitato nella sua autonomia negoziale, mai diviene formalmente incapace, può liberamente fare donazione. Ciò vale sia nel caso di amministrazione di affiancamento, salvo che il giudice ritenga di dover inserire nel decreto la limitazione a tale facoltà, ex art. 411, ult. comma, cod. civ., sia nel caso di amministrazione sostitutiva, previa autorizzazione del giudice tutelare, qualora sia accertato con sicurezza l’intento liberale del beneficiario e non si ravvisi alcun pregiudizio per la tutela degli interessi personali e patrimoniali dello stesso. dal testo: Il fatto. I motivi. Nel fascicolo relativo all’amministrazione di sostegno di M.N. (beneficiaria); vista l’istanza del figlio amministratore M.G., di nominare un co-amministratore (rectius, proamministratore) per valutare la possibilità di effettuare la donazione della quota-parte del diritto di proprietà della beneficiaria su di un immobile sito in (Omissis) alla propria nipote in linea retta G., essendo egli in evidente conflitto di interessi (in quanto padre della donataria); vista la nomina del co-amministratore nella persona dell’avv. S.T. del locale Foro; vista la relazione del co-amministratore, ove si segnala: – che l’immobile in questione è sito in (Omissis) ed è in regime di piena proprietà in capo alla beneficiaria (e non per soli 3⁄4 come erroneamente scritto nel provv.to cron. n. 3279 dep. il 9 set. 2010), – che la beneficiaria ha un solo figlio (il citato M.) ed una sola nipote in linea retta, figlia del figlio (la citata G.), NGCC 2011 - Parte prima Amministrazione di sostegno – che il rapporto tra nonna e nipote è sempre stato strettissimo e molto profondo, tanto che, durante gli anni universitari della seconda, la prima rimase a (Omissis) abitando con lei, facendole compagnia e provvedendo alle sue esigenze quotidiane e domestiche (mentre il marito, in oggi deceduto, viveva (Omissis) presso il figlio M., in appartamento di proprietà sito nello stesso stabile in (Omissis) ed ove attualmente risiede la beneficiaria), – che la beneficiaria più volte, quando le condizioni di salute erano molto migliori e sicura la sua capacità di intendere e di volere, ha manifestato nella cerchia parentale e degli amici la volontà, mai ritrattata, di donare il detto immobile alla nipote, – che l’immobile di (Omissis) non è oggi di utilità alcuna per la beneficiaria, che abita stabilmente (Omissis) vicino al figlio (il quale le presta continua assistenza, essendo affetta da morbo di Alzheimer), ove risiede anche anagraficamente, – che l’appartamento ove oggi risiede la beneficiaria è di sua proprietà per la quota di 3⁄4 e, nel resto, di proprietà, per successione, del figlio M., – che non vi è quindi pericolo che la beneficiaria venga a perdere la propria abitazione, ovvero subisca, in senso ampio, un nocumento dalla donazione; ritenuto che non vi è ragione di dubitare di quanto emerso dalle indagini del co-amministratore; considerato che la donazione si rappresenta sicuramente come conforme alla volontà della beneficiaria; osservato, ritenuto e considerato, quanto alla problematica se il beneficiario di amministrazione di sostegno possa effettuare donazioni, che: – l’art. 774, 1o comma, c.c., richiede, per donare, la «piena capacità», col che si esclude che possano procedervi l’interdetto, l’inabilitato ed il minore emancipato (salvo quanto dispone il 2o comma), – il beneficiario di amministrazione di sostegno, se pure può venir limitato nella sua autonomia negoziale, non di meno non diviene mai formalmente incapace (non si pronunzia sentenza costitutiva di limitazione totale o parziale della capacità; v. art. 1, L. n. 6 del 2004, art. 77 Trib. La Spezia, decr. 2.10.2010 409, c.c.; a contrario, per interdizione ed inabilitazione, gli artt. 421 e 423, c.c.), – l’amministrazione di sostegno è volta a consentire al beneficiario di superare le limitazioni che egli incontra, a causa di menomazioni psico-fisiche, per soddisfare appieno le sue esigenze ed aspirazioni e per tutelare i suoi interessi (in senso non soltanto patrimoniale), – l’ottica interpretativa in cui ci si deve porre è quella che l’amministrazione di sostegno intende garantire e quindi realizzare l’autonomia, anche negoziale, del beneficiario, con l’assistenza dell’amministratore o con la sostituzione a lui di quest’ultimo [art. 405, 5o comma, nn. 4) e 3), c.c.]; in tale ottica, vanno privilegiate soluzioni ermeneutiche che conservano facoltà e poteri in capo al beneficiario, laddove non vi siano limitazioni e divieti di legge e ex decreto del giudice, – pare dunque confliggere con lo spirito e l’impostazione della L. n. 6 del 2004 valorizzare l’espressione letterale di cui all’art. 409, 1o comma, c.c. («... <il> beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza o l’assistenza necessaria dell’amministratore...»), per concludere che il beneficiario non può mai donare, poiché diviene, ancorché senza emissione di sentenza, non pienamente capace; in caso contrario, dovrebbe trarsene la conclusione, non conforme al complessivo impianto normativo, che anche il beneficiario di amministrazione di affiancamento è un incapace, – invece, devesi ritenere che sicuramente nell’amministrazione di affiancamento il beneficiario possa liberamente fare donazione, salvo che il giudice ritenga di dover inserire nel decreto la limitazione a tale facoltà, ex art. 411, 4o comma, c.c., – ma pure nell’amministrazione sostitutiva (come è in questo caso: v. il decreto di nomina cron. n. 2060 dep. il 24 mag. 2010), qualora sia accertato con sicurezza l’intento liberale del beneficiario e non si ravveda nocumento alla sua posizione (a parte il depauperamento patrimoniale in sé conseguente all’atto di liberalità), non vi sono ostacoli alla donazione, previa specifica autorizzazione del giudice; invero, devesi preferibilmente ritenere, per indefettibili esigenze di tutela, che quest’ultima, quando si impone specifica autorizzazione per il com78 Amministrazione di sostegno pimento degli atti di cui agli artt. 374-375, c.c. (come è questo il caso), sia necessaria anche per la donazione, quantunque nulla dica sul punto il decreto, – sotto altro profilo, in linea generale, vi è il divieto di ricevere per donazione per il già tutore ed il già protutore prima dell’approvazione del conto (ovvero prima dell’estinzione della relativa azione): art. 779, 1o comma, c.c.; tale divieto è esteso anche all’amministratore di sostegno (art. 411, 2o comma, c.c.): non si tratta di un impedimento, per il protetto, a donare, che, in ipotesi, sarebbe rimuovibile dal giudice, ma di una incapacità a ricevere del destinatario, che discende dalla legge e che il giudice non può superare; inoltre, applicandosi alla donazione l’art. 599, c.c. (ex art. 779, 2o comma), sono considerate persone interposte, colpite dalla medesima incapacità, tra gli altri, «i discendenti», – sempre in generale, tale divieto varrebbe, a maggior ragione, quando la procedura è ancora in corso, sebbene il problema, nel sistema originario del codice, non si ponga, poiché, come visto, l’interdetto e l’inabilitato non possono fare donazione (e, fino al 2004, non esisteva l’amministrazione di sostegno), – l’art. 411, 3o comma, specifico per l’amministrazione, ammette invece «le convenzioni» tra il beneficiario e l’amministratore, quando costui ne sia coniuge o parente entro il quarto grado; essendo ammissibili, in questi termini, le convenzioni, non sussiste l’incapacità neppure per le persone considerate interposte dall’art. 599, – nel concetto di «convenzioni» può farsi rientrare anche la donazione, che è un contratto (art. 769, c.c.): anche questa considerazione rafforza la conclusione che il beneficiario può fare donazione (e, come visto, può farla anche all’amministratore od a un parente di costui solo se il primo rientra nelle categorie di cui all’art. 411, 3o comma), – non pare decisivo obiettare che la donazione è atto personalissimo, che non ammette sostituzione, posto che viene ammessa amministrazione sostitutiva per certi atti personalissimi (p. es., rilasciare il consenso informato: ex multis, Trib. Modena, decr. 20 mar. 2008, Trib. Siena, decr. 18 giu. 2007, Trib. Milano, decr. 5 apr. 2007, tutti in P. Cendon ed A. Rossi, NGCC 2011 - Parte prima Trib. La Spezia, decr. 2.10.2010 - Commento Amministrazione di sostegno, Milano 2009, 691 ss.) e che l’intervento dell’amministratore serve, piuttosto, a dare attuazione ad un’aspirazione ed ad una volontà personale del beneficiario, che, altrimenti, rimarrebbe frustrata, – nel caso di specie, l’amministratore è figlio della beneficiaria e padre della donataria, quindi sarebbe possibile tra essi e la beneficiaria una convenzione, – sempre nel caso di specie, la beneficiaria necessita dell’autorizzazione a mezzo del co-amministratore, è sicura la sua volontà, non vi sono pregiudizi per la tutela dei suoi interessi personali e patrimoniali, – la donazione può quindi essere autorizzata; visti gli atti del fascicolo; visti gli artt. 404 ss., c.c.; visto l’art. 774, c.c.; vista la L. n. 6 del 2004, autorizza la beneficiaria M.N. e, per essa, il co-amministratore avv. S.T., a procedere, in nome e per conto della beneficiaria, alla donazione ed a donare la piena proprietà dell’immobile della beneficiaria sito in (Omissis), a favore di G., nata a (Omissis), prestando e ricevendo il consenso e facendo quant’altro necessario allo scopo, con oneri a carico della donataria, salvo quanto eventualmente per legge a carico del donante; dispone che il co-amministratore depositi copia della documentazione attestante l’esecuzione del suo incarico entro il successivo termine di giorni trenta. (Omissis) [Panico G. Tut.] Nota di commento: «La capacità di donare del beneficiario di amministrazione di sostegno» [,] I. Il caso Il giudice tutelare di La Spezia viene chiamato a decidere sulla possibilità, per il beneficiario di [,] Contributo pubblicato in base a referee. NGCC 2011 - Parte prima Amministrazione di sostegno amministrazione di sostegno, di stipulare un valido contratto di donazione, per mezzo del proprio amministratore. Più precisamente, si trattava, nel caso di specie, di un pro-amministratore, stante i vincoli di parentela tra i soggetti coinvolti nella vicenda, tali da imporre le cautele volte a scongiurare l’ipotesi del conflitto di interessi: l’amministratore è figlio della donante e padre della donataria. Esaminata la ricostruzione in fatto offerta dalla relazione del pro-amministratore, ove viene posto in luce come la donazione sia in linea con la volontà della beneficiaria di amministrazione di sostegno e non determini, per la stessa, alcun nocumento, il giudice tutelare, all’esito di una puntuale riflessione sui criteri ispiratori dell’intera disciplina dell’amministrazione di sostegno, autorizza la conclusione del contratto. Viene ammessa, in tal modo, da una parte, la capacità di disporre per donazione del soggetto debole, beneficiario della misura di tutela, seppur corroborata dal necessario intervento giudiziale e dall’esame delle circostanze del caso; da un’altra parte, viene ribadita la capacità dell’amministratore, che sia parente entro il quarto grado del beneficiario, di ricevere da costui un’attribuzione connotata da spirito di liberalità. II. Le questioni 1. La deminutio minima della capacità del soggetto beneficiario di amministrazione di sostegno. Essenziale è una preliminare analisi delle coordinate entro le quali si inscrive la decisione circa la capacità del soggetto beneficiario di amministrazione di sostegno di stipulare un valido contratto di donazione. La questione centrale concerne l’applicabilità o meno, alla figura del beneficiario, della norma di cui all’art. 774 cod. civ., la quale richiede, per la conclusione di contratti di donazione, la «piena capacità di disporre dei propri beni», il che impone una riflessione, cristallina nel provvedimento in commento, sullo status del soggetto protetto dalla misura. Bisogna infatti determinare quale sia la sfera di capacità del beneficiario, alla luce dei dati normativi e dei principi ispiratori della disciplina. Conseguentemente, potrà indagarsi il peculiare profilo dell’ammissibilità di rapporti donativi tra amministratore e beneficiario. Orbene, è noto come l’art. 1 della l. 9.1.2004, n. 6 (Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizione e di inabilitazione, nonché re79 Trib. La Spezia, decr. 2.10.2010 - Commento lative norme di attuazione, di coordinamento e finali), atto di nascita dell’istituto, prescriva la «minore limitazione possibile della capacità di agire» dei soggetti privi in tutto o in parte di autonomia, alla cui tutela è finalizzata l’applicazione della misura (sul punto, Paladini, 585; Patti, L’amministrazione, 221, entrambi infra, sez. IV). Analogamente, il principio di non aggressione della capacità di agire del beneficiario è espresso dalla norma di cui all’art. 409 cod. civ., secondo la quale costui «conserva la capacità d’agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno» e, «in ogni caso», per il compimento di quegli atti che sono «necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana». Ancora, è lo stesso decreto di nomina dell’amministratore di sostegno, emesso dal giudice tutelare, a dover contenere l’indicazione «dell’oggetto dell’incarico e degli atti che l’amministratore può compiere da solo, in nome e per conto del beneficiario» (art. 405, comma 5o, n. 3, cod. civ.), nonché l’indicazione «degli atti che il beneficiario può compiere da solo con l’assistenza del dell’amministratore». La capacità di agire del soggetto debole, vale a dire, deve essere specificatamente intaccata dal provvedimento del giudice, e nei limiti strettamente necessari alla tutela del beneficiario (Corte cost., 9.12.2005, n. 440, infra, sez. III; Patti, La nuova misura di protezione, 112, infra, sez. IV). È chiaro, peraltro, come non si debba accedere (Bonilini, 33; Morello, 227, entrambi infra, sez. IV), date le esigenze di protezione che ispirano la disciplina, ad un’interpretazione eccessivamente formalistica del dato normativo, la quale consideri il beneficiario di amministrazione di sostegno «ancora, in linea generale, capace», salvi i limiti espressamente derivanti dal decreto. Piuttosto, nell’affermare il principio secondo cui la nomina dell’amministratore di sostegno deve limitare, nella minore misura possibile, la capacità di agire del beneficiario, la normativa pare introdurre la regola generale della «incapacità parziale» (Morello, 225; Venchiarutti, 165, infra, sez. IV), nel cui ambito ricadono sia quegli atti espressamente menzionati dal decreto di nomina, e che il beneficiario non può compiere liberamente, sia quegli atti «compatibili con lo stato di incapacità che può desumersi dal decreto» (Morello, 227; Tescaro, 12, infra, sez. IV). Ad analoghe conclusioni, ben espresse dal provvedimento in esame – ove si afferma chiaramente la necessità di «privilegiare soluzioni ermeneutiche che conservano facoltà e poteri in capo al beneficiario, laddove non vi siano limitazioni e divieti di legge e ex decreto del giudice» – si giunge non solo attraverso l’analisi del dato codicistico, ma pure mediante una 80 Amministrazione di sostegno lettura della normativa, e una conseguente attenzione al singolo thema decidendum, ispirate ai principi informatori della riforma del 2004, nonché alle ragioni che hanno condotto all’introduzione della disciplina. 2. Segue: il criterio-guida della dignità del soggetto debole e la valorizzazione dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario quale interesse legittimo di diritto privato. Proprio l’obiettivo della deminutio minima, strettamente necessaria alla tutela del soggetto debole, ha rappresentato l’elemento propulsivo della novella del 2004, perfezionata all’esito di un lungo dibattito, iniziato negli anni ’70 (sul quale si veda Cendon, Un altro diritto per i soggetti deboli, 21 ss., infra, sez. IV) e caratterizzato da una diffusa critica dei tradizionali istituti di interdizione e inabilitazione, comportanti un effetto incapacitante talmente grave da poter risultare, in taluni casi, lesivo della dignità della persona dell’interessato (Bianca, La protezione, 36, infra, sez. IV). Il soggetto debole veniva a trovarsi, in certe situazioni, più che beneficiato della misura di protezione, mortificato dalla stessa, fortemente connotata da una funzione patrimonialistica e negativa, volta cioè alla protezione del patrimonio, più che della persona, nonché ad una radicale ablazione dell’autonomia negoziale dell’individuo, spesso prevaricante lo scopo della protezione (cfr. Trib. Modena, 3.2.2005, infra, sez. III). Su un simile quadro l’amministrazione di sostegno ha inteso incidere, facendo dei principi di massima conservazione della capacità di agire, di flessibilità e di valorizzazione dell’individuo-beneficiario il proprio vessillo, sulla scorta di una sempre più matura riflessione personalistica, come dell’evoluzione avvenuta in seno alle vicine esperienze giuridiche europee. L’individuo, alla luce dell’ermeneutica personalistica di matrice costituzionale, è ben lontano dallo schema della persona-fattispecie – su cui la longa manus del legislatore si staglia – dei codici liberali (il riferimento esplicito è, qui, al BGB tedesco): la compressione della sua capacità d’agire può essere allora giustificata soltanto dall’esigenza di garantire allo stesso adeguata protezione, e deve essere contenuta nei limiti di quanto strettamente necessario a tale scopo. Interdizione e inabilitazione diventano, allora, istituti residuali, la cui attivazione rappresenta solamente un’extrema ratio (Cass., 12.6.2006, n. 13584; Trib. Trieste, 5.10.2006; Trib. Catanzaro, 9.4.2009, tutte infra, sez. III); viceversa, è la normativa di nuovo conio, disciplinante l’amministrazione di sostegno, ad avere applicazione generale, a fronte di istanze di salvaguardia di categorie di soggetti affetti da «infermità» ovvero «menomazione fiNGCC 2011 - Parte prima Trib. La Spezia, decr. 2.10.2010 - Commento sica o psichica», i quali si trovino nella «impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi» (tali i presupposti applicativi della misura, di cui all’art. 404 cod. civ.). L’intervento eteronomo sul soggetto non si risolve in uno standardizzato spossessamento delle sue facoltà, ma consiste in un delicato e personalizzato disegno di tutela, dalle modalità flessibili (si utilizza, a questo proposito, l’espressione tailored measures, e cioè «misure sartoriali»). Forte è l’eco, nella disciplina in esame come nel provvedimento in commento, che essa fedelmente applica, di quel «superprincipio» (Busnelli, La danza dei principi, 238, infra, sez. IV) della dignità della persona, al vertice della scala assiologica europea, in base al quale le limitazioni dell’autonomia del singolo possono essere giustificate in quanto espressione di prevalenti istanze di protezione e solidarietà, da realizzarsi in maniera eteronoma. È lo stesso principio ad informare non solo la disciplina autoctona dell’amministrazione di sostegno, ma pure gli analoghi istituti vigenti in Europa: il riferimento è alla Betreuung, contenuta nei §§ 1896 ss. BGB, introdotta da una novella del 1990 e ispirata al criterio della stretta necessità della limitazione della capacità; alla Sachwalterschaft austriaca, di cui ai §§ 273 ss. ABGB; alla sauveguarde de justice, regolata agli articoli 488 ss. del Code civil francese; al composito sistema delle misure di protezione dei soggetti incapaci congegnato nel Codigo civil spagnolo, ove si è previsto, al termine di un ventennio di interventi di riforma (1983-2003) che la sentenza di incapacitaciòn di cui all’art. 200 Codigo Civil determini «analiticamente l’estensione degli atti sottoposti al regime di inacapacità, allo scopo di proporzionare il provvedimento alla reale attitudine a provvedere a se stessi» (Simeoli, 3, infra, sez. IV; in generale, sul quadro europeo, si vedano Cian, passim; Lenti, 61 ss.; Autorino Stanzione, 81 ss., tutti infra, sez. IV). Del «superprincipio» della dignità è segnale, nella disciplina dell’amministrazione di sostegno, oltre che il monito della minima incidenza possibile sulla capacità d’agire, di cui si è dato conto dianzi, il criterio della valorizzazione della persona del beneficiario, istanza di fondo che emerge in alcuni dati normativi: si pensi alla previsione di cui all’art. 408, comma 1o, cod. civ., secondo cui la scelta dell’amministratore di sostegno deve avvenire «con esclusivo riguardo alla cura degli interessi e della persona del beneficiario», nonché alla disposizione di cui all’art. 405, comma 4o, cod. civ., a rigore della quale, nelle more del procedimento per la nomina dell’amministratore, lo stesso giudice tutelare può, anche d’ufficio, prendere i provvedimenti urgenti necessari alla cura della persona – e non solo del patrimonio – del beneficiario. Inoltre, è in virtù della prevalente NGCC 2011 - Parte prima Amministrazione di sostegno istanza di tutela della persona che possono disattendersi, in taluni casi, pure le manifestazioni di volontà dell’interessato, in una dialettica tra autodeterminazione (nell’accezione anglosassone di autonomy o privacy, su cui Busnelli, La danza dei principi, 238) ed eteronomia, ove quest’ultima è funzionale alla realizzazione del principio della dignità umana: è il caso dei «gravi motivi» di cui all’art. 408 cod. civ., in presenza dei quali al giudice tutelare è consentito di designare un amministratore diverso dal soggetto indicato dal beneficiario stesso, ovvero del bilanciamento che a detto giudice compete, ex art. 407 cod. civ., tra i «bisogni e le richieste» della persona e «gli interessi e le esigenze di protezione» della stessa. Si ponga mente, infine, alla formulazione dell’art. 410, comma 1o, cod. civ., che esprime la necessità che nell’operato dell’amministratore di sostegno sia tenuto conto «dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario». Tale previsione, che sembra riferirsi precipuamente alla cura della persona – piuttosto che del patrimonio – del soggetto debole (Tescaro, 14; Delle Monache, 47, infra, sez. IV), pare costruita sul calco di disposizioni come l’art. 147 cod. civ. sull’educazione della prole, secondo i crismi dell’interesse legittimo di diritto privato (su cui si veda Bigliazzi Geri, voce «Interessi legittimi (diritto privato)», passim, infra, sez. IV), e sembra così attribuire così al soggetto debole una situazione di vantaggio inattiva specialmente tutelata dall’ordinamento. È a tale situazione che assai correttamente viene dato risalto nel provvedimento in commento, ove si sottolinea che «l’amministrazione di sostegno è volta a consentire al beneficiario di superare le limitazioni che egli incontra, a causa di menomazioni psico-fisiche, per soddisfare appieno le sue esigenze ed aspirazioni e per tutelare i suoi interessi (in senso non soltanto patrimoniale)» (Trib. La Spezia, 2.10.2010). Il ruolo dell’amministratore, vale a dire, non è sostitutivo o ablativo della capacità del soggetto: esso, è, piuttosto, come la stessa formulazione normativa indica in maniera limpida, «di sostegno». L’amministratore di sostegno, pertanto, «non deciderà per il soggetto non autosufficiente, bensì con il soggetto non autosufficiente» (Bonilini, 35): tale conclusione, cui si giunge attraverso la disamina delle disposizioni e dei principi della disciplina, è il punto di partenza dal quale deve muovere l’indagine sulla possibilità, per il beneficiario, di stipulare un valido contratto di donazione. 3. La capacità di donare del beneficiario di amministrazione di sostegno e la capacità di ricevere dell’amministratore. La disciplina del 2004 nulla prevede circa la capacità di donare del soggetto beneficiario di amministrazione di sostegno. Il silenzio normativo, da alcuni assai criticato 81 Trib. La Spezia, decr. 2.10.2010 - Commento (Calice, infra, sez. IV), apre un serrato dibattito sulla possibilità dell’estensione al soggetto protetto dalla misura in esame della disposizione di cui all’art. 774 cod. civ., in virtù della quale non possono fare donazione «coloro che non hanno la piena capacità di disporre dei propri beni». Il dubbio su siffatta estensione nasce per via della presenza di due fattori: in primo luogo, la norma appena citata non richiama direttamente alcuna figura di incapace, non facendo riferimento all’interdetto, né all’inabilitato, né al minore, e mostrandosi in tal modo malleabile e adatta a ricoprire pure quella situazione di «incapacità parziale» tipica dell’amministrazione di sostegno; in secondo luogo, qualora si volesse invece confinare ai soggetti summenzionati (minore, interdetto, inabilitato) la disposizione de qua, la libertà di applicazione della stessa pure all’ipotesi di amministrazione di sostegno sorgerebbe dalla previsione di cui all’art. 411, ult. comma, cod. civ., secondo cui il giudice tutelare può, nel decreto di nomina dell’amministratore, inserire alcune limitazioni caratteristiche della disciplina dell’interdizione e dell’inabilitazione. E se è chiaro che, a fronte di espressa indicazione del giudice tutelare, peraltro mancante nel caso di specie, la norma di cui all’art. 774 cod. civ. risulta applicabile pure al beneficiario di amministrazione di sostegno, meno chiaro è quale debba essere l’ambito applicativo di tale norma silente lege et silente iudice. Secondo alcuni non v’è dubbio alcuno circa l’applicabilità della disposizione in esame al parzialmente incapace beneficiario di amministrazione di sostegno (si veda Calò, 129, infra, sez. IV, per il quale la formulazione «è talmente icastica da non dar luogo a diverse letture»). Il soggetto debole alla cui tutela è preposta l’amministrazione di sostegno è un soggetto che, a prescindere dall’entità della deminutio contemplata dal decreto, non ha la «piena capacità di disporre dei propri beni» necessaria per la stipula di un valido contratto di donazione. La particolare cautela, peraltro, non sarebbe, secondo tale impostazione, tesa ad imbrigliare le facoltà del beneficiario, quanto dettata da una essenziale esigenza di tutela del soggetto rispetto ad un atto, quale la donazione, che comporta, a differenza di altri (primo tra tutti la disposizione testamentaria), un immediato depauperamento del suo patrimonio (Torrente, 306, infra, sez. IV). Una simile lettura, tuttavia, parte dal presupposto che la «piena capacità» di cui all’art. 774 cod. civ. consista in un quid pluris rispetto alla generica capacità di agire del soggetto maggiorenne. Seppure, cioè, non si giunge ad affermare l’incapacità tout court del beneficiario di amministrazione, in linea con l’opinione prevalente in dottrina e in giurispru82 Amministrazione di sostegno denza, si nega la sussistenza, in capo a costui, di quel grado elevato di capacità previsto per la donazione. È il quid pluris di capacità, rispetto alla normale capacità di agire, tuttavia a non convincere (Marcoz, Rapporti contrattuali, 1497, infra, sez. IV), nel momento in cui isola la donazione dal sistema dei contratti, contrastando altresì con lo spirito di alcune previsioni, sparse nell’articolato codicistico, in cui pure è utilizzata l’espressione «piena capacità», senza che vi sia, peraltro, la previsione di alcuna soglia speciale (si vedano gli artt. 230 bis cod. civ., in tema di impresa familiare, e 701 cod. civ., relativo all’esecutore testamentario; sul punto, Marcoz, Rapporti contrattuali, 1498). Contro la tesi restrittiva, che nega in toto la capacità di donare del beneficiario di amministrazione di sostegno, si staglia un’opinione, condivisa dal provvedimento in esame, secondo la quale è essenziale valutare, ai fini della decisione, i profili del caso concreto, onde di volta in volta consentire, o non consentire, il compimento della liberalità (Delle Monache, 55, infra, sez. IV). Guida di siffatta valutazione devono essere proprio quei bisogni e quelle aspirazioni del beneficiario di cui all’art. 410, comma 1o, cod. civ., dei quali l’amministratore di sostegno deve tener conto nella sua attività, pena la lesione dell’interesse, configurabile – come si è affermato innanzi – quale «interesse legittimo di diritto privato», del soggetto debole destinatario della misura. Nel caso di specie, è in virtù dell’attenzione a tali bisogni e aspirazioni che la stipulazione della donazione viene autorizzata, sul presupposto che essa, oltre che essere conforme all’intento del beneficiario dell’amministrazione (nella fattispecie, una nonna che aveva più molte manifestato, prima della malattia invalidante, la propria volontà di donare un appartamento di sua proprietà alla nipote prediletta, figlia dell’unico figlio), non comporti, per lo stesso (la nonna, che ormai non risiede più in quell’appartamento) pregiudizio alcuno. L’esaltazione dell’intento del beneficiario dell’amministrazione, al cui sostegno e alla cui realizzazione, subentrata la malattia invalidante, è preposto l’ufficio, consente addirittura il superamento del requisito della personalità della donazione, che viene qui stipulata per mezzo dell’amministratore (sulla possibilità del compimento di atti personalissimi da parte dell’amministratore di sostegno, si vedano Trib. Modena, 20.3.2008; Trib. Siena, 18.6.2007; Trib. Milano, 5.4.2007, richiamati dallo stesso decreto in commento). L’animus donandi, elemento soggettivo imprescindibile del negozio, viene ricostruito attraverso una procedura articolata, che vede coinvolti un soggetto terzo, estraneo rispetto agli interessati all’atto (il pro-amministratore chiamato a NGCC 2011 - Parte prima Trib. La Spezia, decr. 2.10.2010 - Commento fare le veci dell’amministratore, figlio della donante e padre della donataria) ed il giudice tutelare, cui è affidato il vaglio sulla situazione di fatto, e che trae la soluzione della questione risalendo alle corde dell’intera normativa. Lo spirito di liberalità, consistente nella «coscienza di conferire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi costretti» (Palazzo, 139, infra, sez. IV), viene dunque accertato ab externo, grazie all’indagine dell’amministratore (rectius, del pro-amministratore, su cui Bulgarelli, 68, infra, sez. IV) e all’analisi del giudice, pure in capo ad un soggetto che completamente cosciente più non è, stante l’infermità psicofisica dalla quale è affetto. Ciò avviene proprio in ragione di quella valorizzazione massima della persona del beneficiario cui la novella del 2004 si ispira, e che funge da parametro ineludibile dell’interprete. Risolta, in senso positivo, la questione dell’ammissibilità della donazione in cui donante sia il soggetto beneficiario di amministrazione di sostegno, bisogna dedicare qualche cenno allo speculare tema dei soggetti che possono ricevere, da costui, per donazione. Il problema – la cui soluzione si rinviene, invero, già nel dato normativo – che si pone pure nel caso di specie – ove donataria è figlia dell’amministratore, e quindi considerabile quale persona a costui interposta – è generato dalla previsione di cui all’art. 411, comma 1o, cod. civ., in forza della quale si applica all’amministrazione di sostegno la disposizione di cui all’art. 779 cod. civ. Detta norma inibisce, a pena di nullità, la donazione fatta dall’interdetto al tutore prima dell’approvazione del conto. Il divieto, giustificato da evidenti ragioni di politica del diritto (ovvero dalla necessità di evitare l’indebita influenza del rappresentante legale sul soggetto rappresentato), troverebbe piena applicazione pure nei rapporti tra amministratore e beneficiario, qualora non fosse prevista quell’eccezione – di portata pratica talmente vasta da risultare la regola – secondo cui «sono in ogni caso valide (...) le convenzioni in favore dell’amministratore che sia parente entro il quarto grado del beneficiario, ovvero che sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto con lui stabilmente convivente» (art. 411, comma 3o, cod. civ., da leggersi in correlazione con l’art. 408, comma 3o, cod. civ.). E proprio nell’ambito dell’eccezione richiamata ricade la fattispecie in esame, ed è quindi ammissibile tra amministratore e donataria, da una parte, e beneficiaria, dall’altra, una convenzione, posto che nel concetto di convenzione di cui all’art. 411, comma 3o, cod. civ. rientrano precipuamente le donazioni e gli altri negozi a titolo gratuito (così Bonilini, 411, ove un accenno al comodato e al mutuo gratuito; Malavasi, 326, infra, sez. IV). NGCC 2011 - Parte prima Amministrazione di sostegno III. I precedenti 1. La deminutio minima della capacità del soggetto beneficiario di amministrazione di sostegno. Sul principio di conservazione della capacità di agire si veda, in primis, Corte cost., 9.12.2005, n. 440, in Fam., pers. e succ., 2006, 136 ss., con nota di Patti. Nella giurisprudenza di legittimità, si segnalano, da ultimo, Cass., 1o.3.2010, n. 4866, in Ced Cassazione, 2010; Cass., 24.7.2009, n. 17421, in Fam. e dir., 2009, 12, con nota di Russo; Cass., 22.4.2009, n. 9628, in Giur. it., 2010, 316, con nota di Rispoli; Cass., 12.6.2006, n. 13584, in questa Rivista, 2007, I, 275 ss., con nota di Roma. Copiosa è la trattazione del tema nella giurisprudenza di merito: si vedano, tra le più recenti, App. Napoli, 18.12.2009, in Repertorio Giur. Leggi d’Italia, 2010, voce «Infermità di mente, interdizione, inabilitazione»; Trib. Trento, 28.1.2010, ibidem; Trib. Cassino, 6.5.2010, ibidem; Trib. Piacenza, 16.9.2009, in Rep. Foro it., Merito extra, 2009, voce «Interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno», n. 174; Trib. Modena, 16.10.2006, in Giur. merito, 2006, 44, con nota di Nardelli. 2. Segue: il criterio-guida della dignità del soggetto debole e la valorizzazione dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario quale interesse legittimo di diritto privato. Oltre ai precedenti richiamati al paragrafo n. 1 di questa sezione, tra cui, in particolare, Cass., 24.7.2009, n. 17421 – ove un esplicito collegamento tra dignità della persona e applicazione della misura in questione – si vedano Trib. Catanzaro, 9.4.2009, in Fam. e min., 2009, n. 6, 64, con nota di Rossi, che richiama «la convenzione sui diritti delle persone con disabilità stipulata a New York il 13 dicembre 2006 e ratificata in Italia per effetto degli art. 1 e 3 l. 3 marzo 2009 n. 18 (...) in base alla quale le misure che limitano la capacità di agire – come l’amministrazione di sostegno – devono essere proporzionate e adatte alle condizioni della persona». Si segnalano, inoltre, Trib. Mantova, 15.4.2010, in Fam. e dir., 2010, 910, con nota di Tommaseo; App. Firenze, 3.7.2009, in questa Rivista, 2010, I, 429, con nota di Farolfi-Masoni; Trib. Bologna, 1.5.2009, in Notariato, 2009, 6, 631, con nota di Baldassarre; App. Bari, 2.12.2008, in Corr. merito, 2009, 137; Trib. Trieste, 5.10.2006, in Giur. it., 2007, 84; Trib. Modena, 3.2.2005, in www.diritto.it, ove è messo in luce come il nuovo istituto dell’amministrazione di sostegno abbia «posto come pietra miliare uno status di generale capacità di agire della persona, esclusivamente limitabile dall’attento intervento del giudice tutelare per determinati atti, o categorie di atti». 83 Trib. La Spezia, decr. 2.10.2010 - Commento 3. La capacità di donare del beneficiario di amministrazione di sostegno e la capacità di ricevere dell’amministratore. Sul conflitto di interessi e la nomina del pro amministratore, si veda Trib. Modena, 24.3.2005, in Giur. merito, 2006, 67; sul compimento, da parte dell’amministratore, di atti personalissimi si vedano – oltre a Trib. Modena, 20.3.2008, Trib. Siena, 18.3.2007, Trib. Milano, 5.4.2007, citati nel decreto in commento – Trib. Modena, 14.5.2009, in Repertorio Giur. Leggi d’Italia, 2010, voce «Tutela e curatela»; Trib. Modena, 15.9.2004, in www.altalex.com; Trib. Cosenza, 24.10.2004, ibidem; per un caso di estensione delle norme su interdizione e inabilitazione, ex art. 411, ult. comma, cod. civ., si veda, infine, Trib. Mantova, 7.5.2009, in Notariato, 2010, 9. IV. La dottrina 1. La deminutio minima della capacità del soggetto beneficiario di amministrazione di sostegno. Di una letteratura di proporzioni «pressoché alluvionali» sull’argomento si legge in Tescaro, voce «Amministrazione di sostegno», nel Digesto IV ed., Disc. priv., sez. civ., Agg., I, Utet, 2007, 9 ss. In questa sede, si riportano solo alcune delle trattazioni in materia, tra cui Baccarani, L’amministratore di sostegno, Giuffrè, 2006; BoniliniChizzini, L’amministrazione di sostegno, Cedam, 2004; Bortoluzzi, L’amministrazione di sostegno, Utet, 2005; Bugetti, Amministrazione di sostegno e interdizione tra tutela della persona e interessi patrimoniali, in Corr. giur., 2006, 1533 ss.; Cendon, Infermi di mente e altri «disabili» in una proposta di riforma del codice civile, in Giur. it., 1988, IV, 117 ss.; Id., Un altro diritto per i soggetti deboli. L’amministrazione di sostegno e la vita di tutti i giorni, in L’amministrazione di sostegno, a cura di Ferrando, Giuffrè, 2005, 21 ss.; Delle Monache, Prime note sulla figura dell’amministrazione di sostegno: profili di diritto sostanziale, in questa Rivista, 2004, II, 29 ss.; Id., nel Commentario Cian-Trabucchi, Cedam, 2007, sub artt. 404 ss.; L’amministrazione di sostegno. Una nuova forma di protezione dei soggetti deboli, a cura di Ferrando, Giuffrè, 2005; Soggetti deboli e misure di protezione. Amministrazione di sostegno e interdizione, a cura di Ferrando-Lenti, Giappichelli, 2006; Paladini, Amministrazione di sostegno e interdizione giudiziale: profili sistematici e funzionalità della protezione alle caratteristiche relazionali tra il soggetto debole e il mondo esterno, in Riv. dir. civ., 2005, II, 585 ss.; La riforma dell’interdizione e dell’inabilitazione, a cura di Patti, Giuffrè, 2002; L’amministrazione di sostegno, a cura di Patti, Giuffrè, 2005; Patti, Amministrazione di 84 Amministrazione di sostegno sostegno: una corretta applicazione della nuova disciplina, in Fam., pers. e succ., 2005, 132 ss. 2. Segue: il criterio-guida della dignità del soggetto debole e la valorizzazione dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario quale interesse legittimo di diritto privato. Sulla necessità di valorizzazione della persona del soggetto debole si vedano, oltre agli autori richiamati supra, Bianca, La protezione giuridica del sofferente psichico, in Riv. dir. civ., 1985, I, 25 ss.; Perlingieri, Gli istituti di protezione e di promozione dell’«infermo di mente». A proposito dell’handicappato psichico permanente, in Rass. dir. civ., 1985, 46 ss.; Pescara, Tecniche privatistiche e istituti di salvaguardia dei disabili psichici, nel Trattato Rescigno, 4, 2a ed., Utet, 1997, 755 ss.; Venchiarutti, Gli atti del beneficiario dell’amministrazione di sostegno. Questioni di validità , in L’amministrazione di sostegno, a cura di Ferrando, 159 ss.; Vocaturo, L’amministratore di sostegno: la dignità dell’uomo al di là dell’handicap, in Riv. notar., 2004, III, 241 ss. In generale, su principio personalista e dignità umana, si vedano Busnelli, La «danza dei principi». Diritto naturale, diritto positivo, bioetica, in Il diritto privato nella Società Moderna. Seminario in onore di S. Rodotà, a cura di Alpa e Roppo, Jovene, 2005, 225 ss.; Id., La faticosa evoluzione dei principi europei tra scienza e giurisprudenza nell’incessante dialogo con i diritti nazionali, in Riv. dir. civ., 2009, I, 287 ss.; Perlingieri, La personalità umana nell’ordinamento giuridico, Esi, 1972; Navarretta, Diritti inviolabili e risarcimento del danno, Giappichelli, 1996. Per una disamina dell’istituto dell’amministrazione di sostegno in prospettiva comparatistica, si rinvia a Cian, L’amministrazione di sostegno nel quadro delle esperienze giuridiche europee, in Riv. dir. civ., 2004, I, 481 ss.; Autorino Stanzione, Le amministrazioni di sostegno nelle esperienze europee, in L’amministrazione di sostegno, a cura di Patti, 81 ss.; Simeoli, voce «Amministrazione di sostegno», in Enc. giur. Treccani, II, Ed. Enc. it., 2007; Lenti, Amministrazione di sostegno e misure di protezione dei soggetti deboli: modelli a confronto, in Soggetti deboli e misure di protezione. Amministrazione di sostegno e interdizione, a cura di Ferrando e Lenti, Giappichelli, 2006, 68 ss. Sulla figura dell’interesse legittimo di diritto privato si veda, per tutti, Bigliazzi Geri, Contributo ad una teoria dell’interesse legittimo nel diritto privato, Giuffrè, 1967; Id., voce «Interessi legittimi (diritto privato)», nel Digesto IV ed., Disc. priv., sez. civ., IX, Utet, 1993, 527 ss. NGCC 2011 - Parte prima Cass., sez. un., 9.8.2010, n. 18477 3. La capacità di donare del beneficiario di amministrazione di sostegno e la capacità di ricevere dell’amministratore. Sulla questione della capacità a donare si rinvia a Calice, Commento agli artt. 404 ss. cod. civ., sub art. 405, in Cod. civ. ipertest., a cura di Bonilini-Confortini-Granelli, Utet, 2a ed., 2005, 616 ss.; Calò, Amministrazione di sostegno. Legge 9-1-2004, n. 6, Giuffrè, 2004; Marcoz, Rapporti contrattuali e successori tra amministratore di sostegno e beneficiario, in Riv. notar., 2006, 1485 ss.; Id., La nuova disciplina in tema di amministrazione di sostegno, ivi, 2005, 523 ss.; Mascolo-Marcoz, L’amministrazione di sostegno e l’impianto complessivo del codice civile, ibidem, 1327 ss.; Malavasi, L’amministrazione di sostegno: le linee di fondo, in Notariato, 2004, 319 ss. Per quanto concerne la peculiare ipotesi dell’intervento del proamministratore, si veda Bulgarelli, Il pro-amministratore di sostegno, nota a Trib. Modena, c CASS. CIV., sez. un., 9.8.2010, n. 18477 Cassa App. Roma, 13.10.2004 Comunione e condominio - Tabelle millesimali - Delibera di approvazione o di revisione - Natura negoziale Esclusione - Quorum necessario per l’approvazione - Maggioranza qualificata ex art. 1136, comma 2o, cod. civ. - Sufficienza (cod. civ., artt. 1136, 1138; disp. att. cod. civ., artt. 68 e 69) In tema di condominio, l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale; ne consegue che il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, comma 2o, cod. civ. dal testo: Il fatto. Con atto di citazione notificato il 2 novembre 1994 I. E. conveniva il condominio NGCC 2011 - Parte prima Comunione e condominio 24.10.2005, in Giur. merito, 2006, 68 ss.; Id., Amministrazione e conflitto di interessi. La nuova normativa stimola una giurisprudenza creativa, in Dir. e giust., 2005, n. 46, 58 ss. In generale, sulla donazione e sull’animus donandi, cfr. Torrente, La donazione, nel Trattato Cicu-Messineo, Giuffrè, 1956; Palazzo, voce «Donazione», nel Digesto IV ed., Disc. priv., sez. civ., VII, Utet, 1991, 137 ss. Sul problema del compimento degli atti personalissimi da parte del beneficiario di amministrazione di sostegno, si vedano, infine, Balestra, Gli atti personalissimi del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, in Familia, 2005, 659 ss. e Nardelli, Il giudice e gli atti personalissimi dei soggetti deboli, tra riforme incomplete e decisioni necessarie, in Giur. merito, 2009, 2013 ss. Giulia Donadio di (Omissis), di cui faceva parte, davanti al Tribunale di Roma, chiedendo che venisse dichiarata la nullità o annullata la delibera dell’assemblea condominiale in data 30 settembre 1994, con la quale era stata approvata a maggioranza, e non all’unanimità, la nuova tabella per le spese di riscaldamento. Il condominio si costituiva, resistendo alla domanda. Con sentenza n. 21737/2000 il Tribunale di Roma dichiarava la nullità della delibera in questione. Contro tale decisione proponeva appello l’altra condomina M. A. M.; la Corte di appello di Roma, con sentenza in data 13 ottobre 2004, confermava la decisione di primo grado, in base alla seguente motivazione: Deve, preliminarmente, esaminarsi l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla I. Tale eccezione è priva di pregio. Ed invero, la dichiarazione di nullità della deliberazione in questione incide non solo sulla gestione delle cose comuni, ma anche sul diritto soggettivo dell’appellante all’attribuzione di una quota millesimale corrispondente all’effettiva consistenza della sua proprietà esclusiva usufruente del servizio di riscaldamento. Nel merito, l’appello non appare fondato e 85