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TRIB. LA SPEZIA, decr. 2.10.2010 Amministrazione di sostegno

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TRIB. LA SPEZIA, decr. 2.10.2010 Amministrazione di sostegno
Trib. La Spezia, decr. 2.10.2010
c TRIB. LA SPEZIA, decr. 2.10.2010
Amministrazione di sostegno - Capacità del soggetto beneficiario - Capacità di donare - Sussistenza - Conseguenze (cod. civ., artt. 404, 405, 409, 411, 774)
Il beneficiario di amministrazione di sostegno, il quale, se pure può venir limitato nella sua autonomia negoziale, mai diviene formalmente incapace, può liberamente fare donazione. Ciò vale sia nel caso di amministrazione di affiancamento,
salvo che il giudice ritenga di dover inserire nel decreto la limitazione a tale facoltà, ex art. 411, ult. comma, cod. civ., sia
nel caso di amministrazione sostitutiva,
previa autorizzazione del giudice tutelare,
qualora sia accertato con sicurezza l’intento liberale del beneficiario e non si
ravvisi alcun pregiudizio per la tutela degli interessi personali e patrimoniali dello
stesso.
dal testo:
Il fatto. I motivi. Nel fascicolo relativo all’amministrazione di sostegno di M.N. (beneficiaria);
vista l’istanza del figlio amministratore M.G.,
di nominare un co-amministratore (rectius, proamministratore) per valutare la possibilità di effettuare la donazione della quota-parte del diritto di proprietà della beneficiaria su di un immobile sito in (Omissis) alla propria nipote in linea
retta G., essendo egli in evidente conflitto di interessi (in quanto padre della donataria);
vista la nomina del co-amministratore nella
persona dell’avv. S.T. del locale Foro;
vista la relazione del co-amministratore, ove
si segnala:
– che l’immobile in questione è sito in (Omissis) ed è in regime di piena proprietà in capo
alla beneficiaria (e non per soli 3⁄4 come erroneamente scritto nel provv.to cron. n. 3279
dep. il 9 set. 2010),
– che la beneficiaria ha un solo figlio (il citato
M.) ed una sola nipote in linea retta, figlia del
figlio (la citata G.),
NGCC 2011 - Parte prima
Amministrazione di sostegno
– che il rapporto tra nonna e nipote è sempre
stato strettissimo e molto profondo, tanto che,
durante gli anni universitari della seconda, la
prima rimase a (Omissis) abitando con lei, facendole compagnia e provvedendo alle sue esigenze quotidiane e domestiche (mentre il marito, in oggi deceduto, viveva (Omissis) presso il
figlio M., in appartamento di proprietà sito
nello stesso stabile in (Omissis) ed ove attualmente risiede la beneficiaria),
– che la beneficiaria più volte, quando le condizioni di salute erano molto migliori e sicura
la sua capacità di intendere e di volere, ha manifestato nella cerchia parentale e degli amici la
volontà, mai ritrattata, di donare il detto immobile alla nipote,
– che l’immobile di (Omissis) non è oggi di
utilità alcuna per la beneficiaria, che abita stabilmente (Omissis) vicino al figlio (il quale le
presta continua assistenza, essendo affetta da
morbo di Alzheimer), ove risiede anche anagraficamente,
– che l’appartamento ove oggi risiede la beneficiaria è di sua proprietà per la quota di 3⁄4 e,
nel resto, di proprietà, per successione, del figlio M.,
– che non vi è quindi pericolo che la beneficiaria venga a perdere la propria abitazione, ovvero subisca, in senso ampio, un nocumento dalla donazione;
ritenuto che non vi è ragione di dubitare di
quanto emerso dalle indagini del co-amministratore;
considerato che la donazione si rappresenta
sicuramente come conforme alla volontà della
beneficiaria;
osservato, ritenuto e considerato, quanto alla
problematica se il beneficiario di amministrazione di sostegno possa effettuare donazioni,
che:
– l’art. 774, 1o comma, c.c., richiede, per donare, la «piena capacità», col che si esclude che
possano procedervi l’interdetto, l’inabilitato ed
il minore emancipato (salvo quanto dispone il
2o comma),
– il beneficiario di amministrazione di sostegno, se pure può venir limitato nella sua autonomia negoziale, non di meno non diviene mai
formalmente incapace (non si pronunzia sentenza costitutiva di limitazione totale o parziale
della capacità; v. art. 1, L. n. 6 del 2004, art.
77
Trib. La Spezia, decr. 2.10.2010
409, c.c.; a contrario, per interdizione ed inabilitazione, gli artt. 421 e 423, c.c.),
– l’amministrazione di sostegno è volta a consentire al beneficiario di superare le limitazioni
che egli incontra, a causa di menomazioni psico-fisiche, per soddisfare appieno le sue esigenze ed aspirazioni e per tutelare i suoi interessi (in senso non soltanto patrimoniale),
– l’ottica interpretativa in cui ci si deve porre è
quella che l’amministrazione di sostegno intende garantire e quindi realizzare l’autonomia,
anche negoziale, del beneficiario, con l’assistenza dell’amministratore o con la sostituzione a lui di quest’ultimo [art. 405, 5o comma,
nn. 4) e 3), c.c.]; in tale ottica, vanno privilegiate soluzioni ermeneutiche che conservano facoltà e poteri in capo al beneficiario, laddove
non vi siano limitazioni e divieti di legge e ex
decreto del giudice,
– pare dunque confliggere con lo spirito e
l’impostazione della L. n. 6 del 2004 valorizzare l’espressione letterale di cui all’art. 409, 1o
comma, c.c. («... <il> beneficiario conserva la
capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza o l’assistenza necessaria dell’amministratore...»), per concludere che il beneficiario non può mai donare, poiché diviene, ancorché senza emissione di sentenza, non pienamente capace; in caso contrario, dovrebbe trarsene la conclusione, non conforme al complessivo impianto normativo, che
anche il beneficiario di amministrazione di affiancamento è un incapace,
– invece, devesi ritenere che sicuramente nell’amministrazione di affiancamento il beneficiario possa liberamente fare donazione, salvo
che il giudice ritenga di dover inserire nel decreto la limitazione a tale facoltà, ex art. 411, 4o
comma, c.c.,
– ma pure nell’amministrazione sostitutiva
(come è in questo caso: v. il decreto di nomina
cron. n. 2060 dep. il 24 mag. 2010), qualora sia
accertato con sicurezza l’intento liberale del
beneficiario e non si ravveda nocumento alla
sua posizione (a parte il depauperamento patrimoniale in sé conseguente all’atto di liberalità), non vi sono ostacoli alla donazione, previa
specifica autorizzazione del giudice; invero,
devesi preferibilmente ritenere, per indefettibili esigenze di tutela, che quest’ultima, quando
si impone specifica autorizzazione per il com78
Amministrazione di sostegno
pimento degli atti di cui agli artt. 374-375, c.c.
(come è questo il caso), sia necessaria anche
per la donazione, quantunque nulla dica sul
punto il decreto,
– sotto altro profilo, in linea generale, vi è il
divieto di ricevere per donazione per il già tutore ed il già protutore prima dell’approvazione del conto (ovvero prima dell’estinzione della relativa azione): art. 779, 1o comma, c.c.; tale
divieto è esteso anche all’amministratore di sostegno (art. 411, 2o comma, c.c.): non si tratta
di un impedimento, per il protetto, a donare,
che, in ipotesi, sarebbe rimuovibile dal giudice,
ma di una incapacità a ricevere del destinatario, che discende dalla legge e che il giudice
non può superare; inoltre, applicandosi alla
donazione l’art. 599, c.c. (ex art. 779, 2o comma), sono considerate persone interposte, colpite dalla medesima incapacità, tra gli altri, «i
discendenti»,
– sempre in generale, tale divieto varrebbe, a
maggior ragione, quando la procedura è ancora in corso, sebbene il problema, nel sistema
originario del codice, non si ponga, poiché, come visto, l’interdetto e l’inabilitato non possono fare donazione (e, fino al 2004, non esisteva
l’amministrazione di sostegno),
– l’art. 411, 3o comma, specifico per l’amministrazione, ammette invece «le convenzioni» tra
il beneficiario e l’amministratore, quando costui ne sia coniuge o parente entro il quarto
grado; essendo ammissibili, in questi termini,
le convenzioni, non sussiste l’incapacità neppure per le persone considerate interposte dall’art. 599,
– nel concetto di «convenzioni» può farsi rientrare anche la donazione, che è un contratto
(art. 769, c.c.): anche questa considerazione
rafforza la conclusione che il beneficiario può
fare donazione (e, come visto, può farla anche
all’amministratore od a un parente di costui solo se il primo rientra nelle categorie di cui all’art. 411, 3o comma),
– non pare decisivo obiettare che la donazione
è atto personalissimo, che non ammette sostituzione, posto che viene ammessa amministrazione sostitutiva per certi atti personalissimi (p.
es., rilasciare il consenso informato: ex multis,
Trib. Modena, decr. 20 mar. 2008, Trib. Siena, decr. 18 giu. 2007, Trib. Milano, decr. 5
apr. 2007, tutti in P. Cendon ed A. Rossi,
NGCC 2011 - Parte prima
Trib. La Spezia, decr. 2.10.2010 - Commento
Amministrazione di sostegno, Milano 2009, 691
ss.) e che l’intervento dell’amministratore serve, piuttosto, a dare attuazione ad un’aspirazione ed ad una volontà personale del beneficiario, che, altrimenti, rimarrebbe frustrata,
– nel caso di specie, l’amministratore è figlio
della beneficiaria e padre della donataria, quindi sarebbe possibile tra essi e la beneficiaria
una convenzione,
– sempre nel caso di specie, la beneficiaria necessita dell’autorizzazione a mezzo del co-amministratore, è sicura la sua volontà, non vi sono pregiudizi per la tutela dei suoi interessi
personali e patrimoniali,
– la donazione può quindi essere autorizzata;
visti gli atti del fascicolo;
visti gli artt. 404 ss., c.c.;
visto l’art. 774, c.c.;
vista la L. n. 6 del 2004,
autorizza
la beneficiaria M.N. e, per essa, il co-amministratore avv. S.T., a procedere, in nome e per
conto della beneficiaria, alla donazione ed a
donare la piena proprietà dell’immobile della
beneficiaria sito in (Omissis), a favore di G.,
nata a (Omissis), prestando e ricevendo il consenso e facendo quant’altro necessario allo scopo, con oneri a carico della donataria, salvo
quanto eventualmente per legge a carico del
donante;
dispone
che il co-amministratore depositi copia della
documentazione attestante l’esecuzione del
suo incarico entro il successivo termine di giorni trenta. (Omissis)
[Panico G. Tut.]
Nota di commento: «La capacità di donare del
beneficiario di amministrazione di sostegno» [,]
I. Il caso
Il giudice tutelare di La Spezia viene chiamato a
decidere sulla possibilità, per il beneficiario di
[,] Contributo pubblicato in base a referee.
NGCC 2011 - Parte prima
Amministrazione di sostegno
amministrazione di sostegno, di stipulare un
valido contratto di donazione, per mezzo del
proprio amministratore. Più precisamente, si
trattava, nel caso di specie, di un pro-amministratore, stante i vincoli di parentela tra i soggetti coinvolti
nella vicenda, tali da imporre le cautele volte a scongiurare l’ipotesi del conflitto di interessi: l’amministratore è figlio della donante e padre della donataria.
Esaminata la ricostruzione in fatto offerta dalla
relazione del pro-amministratore, ove viene posto in
luce come la donazione sia in linea con la volontà
della beneficiaria di amministrazione di sostegno e
non determini, per la stessa, alcun nocumento, il
giudice tutelare, all’esito di una puntuale riflessione
sui criteri ispiratori dell’intera disciplina dell’amministrazione di sostegno, autorizza la conclusione del
contratto.
Viene ammessa, in tal modo, da una parte, la capacità di disporre per donazione del soggetto debole, beneficiario della misura di tutela, seppur corroborata dal necessario intervento giudiziale e dall’esame delle circostanze del caso; da un’altra parte,
viene ribadita la capacità dell’amministratore, che
sia parente entro il quarto grado del beneficiario, di
ricevere da costui un’attribuzione connotata da spirito di liberalità.
II. Le questioni
1. La deminutio minima della capacità del
soggetto beneficiario di amministrazione di
sostegno. Essenziale è una preliminare analisi delle
coordinate entro le quali si inscrive la decisione circa la capacità del soggetto beneficiario di amministrazione di sostegno di stipulare un valido contratto
di donazione.
La questione centrale concerne l’applicabilità o
meno, alla figura del beneficiario, della norma di cui
all’art. 774 cod. civ., la quale richiede, per la conclusione di contratti di donazione, la «piena capacità di
disporre dei propri beni», il che impone una riflessione, cristallina nel provvedimento in commento,
sullo status del soggetto protetto dalla misura.
Bisogna infatti determinare quale sia la sfera di
capacità del beneficiario, alla luce dei dati normativi
e dei principi ispiratori della disciplina. Conseguentemente, potrà indagarsi il peculiare profilo dell’ammissibilità di rapporti donativi tra amministratore e
beneficiario.
Orbene, è noto come l’art. 1 della l. 9.1.2004, n. 6
(Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice
civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388,
414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in
materia di interdizione e di inabilitazione, nonché re79
Trib. La Spezia, decr. 2.10.2010 - Commento
lative norme di attuazione, di coordinamento e finali), atto di nascita dell’istituto, prescriva la «minore
limitazione possibile della capacità di agire» dei soggetti privi in tutto o in parte di autonomia, alla cui
tutela è finalizzata l’applicazione della misura (sul
punto, Paladini, 585; Patti, L’amministrazione,
221, entrambi infra, sez. IV).
Analogamente, il principio di non aggressione
della capacità di agire del beneficiario è espresso
dalla norma di cui all’art. 409 cod. civ., secondo la
quale costui «conserva la capacità d’agire per tutti
gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di
sostegno» e, «in ogni caso», per il compimento di
quegli atti che sono «necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana».
Ancora, è lo stesso decreto di nomina dell’amministratore di sostegno, emesso dal giudice tutelare, a
dover contenere l’indicazione «dell’oggetto dell’incarico e degli atti che l’amministratore può compiere da solo, in nome e per conto del beneficiario»
(art. 405, comma 5o, n. 3, cod. civ.), nonché l’indicazione «degli atti che il beneficiario può compiere da
solo con l’assistenza del dell’amministratore».
La capacità di agire del soggetto debole, vale a dire, deve essere specificatamente intaccata dal provvedimento del giudice, e nei limiti strettamente necessari alla tutela del beneficiario (Corte cost.,
9.12.2005, n. 440, infra, sez. III; Patti, La nuova misura di protezione, 112, infra, sez. IV). È chiaro, peraltro, come non si debba accedere (Bonilini, 33;
Morello, 227, entrambi infra, sez. IV), date le esigenze di protezione che ispirano la disciplina, ad
un’interpretazione eccessivamente formalistica del
dato normativo, la quale consideri il beneficiario di
amministrazione di sostegno «ancora, in linea generale, capace», salvi i limiti espressamente derivanti
dal decreto. Piuttosto, nell’affermare il principio secondo cui la nomina dell’amministratore di sostegno
deve limitare, nella minore misura possibile, la capacità di agire del beneficiario, la normativa pare introdurre la regola generale della «incapacità parziale» (Morello, 225; Venchiarutti, 165, infra, sez.
IV), nel cui ambito ricadono sia quegli atti espressamente menzionati dal decreto di nomina, e che il beneficiario non può compiere liberamente, sia quegli
atti «compatibili con lo stato di incapacità che può
desumersi dal decreto» (Morello, 227; Tescaro,
12, infra, sez. IV).
Ad analoghe conclusioni, ben espresse dal provvedimento in esame – ove si afferma chiaramente la
necessità di «privilegiare soluzioni ermeneutiche che
conservano facoltà e poteri in capo al beneficiario, laddove non vi siano limitazioni e divieti di legge e ex
decreto del giudice» – si giunge non solo attraverso
l’analisi del dato codicistico, ma pure mediante una
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Amministrazione di sostegno
lettura della normativa, e una conseguente attenzione al singolo thema decidendum, ispirate ai principi
informatori della riforma del 2004, nonché alle ragioni che hanno condotto all’introduzione della disciplina.
2. Segue: il criterio-guida della dignità del
soggetto debole e la valorizzazione dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario quale
interesse legittimo di diritto privato. Proprio
l’obiettivo della deminutio minima, strettamente necessaria alla tutela del soggetto debole, ha rappresentato l’elemento propulsivo della novella del
2004, perfezionata all’esito di un lungo dibattito,
iniziato negli anni ’70 (sul quale si veda Cendon,
Un altro diritto per i soggetti deboli, 21 ss., infra, sez.
IV) e caratterizzato da una diffusa critica dei tradizionali istituti di interdizione e inabilitazione, comportanti un effetto incapacitante talmente grave da
poter risultare, in taluni casi, lesivo della dignità della persona dell’interessato (Bianca, La protezione,
36, infra, sez. IV). Il soggetto debole veniva a trovarsi, in certe situazioni, più che beneficiato della misura di protezione, mortificato dalla stessa, fortemente
connotata da una funzione patrimonialistica e negativa, volta cioè alla protezione del patrimonio, più
che della persona, nonché ad una radicale ablazione
dell’autonomia negoziale dell’individuo, spesso prevaricante lo scopo della protezione (cfr. Trib. Modena, 3.2.2005, infra, sez. III).
Su un simile quadro l’amministrazione di sostegno ha inteso incidere, facendo dei principi di massima conservazione della capacità di agire, di flessibilità e di valorizzazione dell’individuo-beneficiario il
proprio vessillo, sulla scorta di una sempre più matura riflessione personalistica, come dell’evoluzione
avvenuta in seno alle vicine esperienze giuridiche
europee.
L’individuo, alla luce dell’ermeneutica personalistica di matrice costituzionale, è ben lontano dallo
schema della persona-fattispecie – su cui la longa
manus del legislatore si staglia – dei codici liberali (il
riferimento esplicito è, qui, al BGB tedesco): la compressione della sua capacità d’agire può essere allora
giustificata soltanto dall’esigenza di garantire allo
stesso adeguata protezione, e deve essere contenuta
nei limiti di quanto strettamente necessario a tale
scopo. Interdizione e inabilitazione diventano, allora, istituti residuali, la cui attivazione rappresenta
solamente un’extrema ratio (Cass., 12.6.2006, n.
13584; Trib. Trieste, 5.10.2006; Trib. Catanzaro, 9.4.2009, tutte infra, sez. III); viceversa, è la normativa di nuovo conio, disciplinante l’amministrazione di sostegno, ad avere applicazione generale, a
fronte di istanze di salvaguardia di categorie di soggetti affetti da «infermità» ovvero «menomazione fiNGCC 2011 - Parte prima
Trib. La Spezia, decr. 2.10.2010 - Commento
sica o psichica», i quali si trovino nella «impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai
propri interessi» (tali i presupposti applicativi della
misura, di cui all’art. 404 cod. civ.). L’intervento eteronomo sul soggetto non si risolve in uno standardizzato spossessamento delle sue facoltà, ma consiste in un delicato e personalizzato disegno di tutela,
dalle modalità flessibili (si utilizza, a questo proposito, l’espressione tailored measures, e cioè «misure
sartoriali»). Forte è l’eco, nella disciplina in esame
come nel provvedimento in commento, che essa fedelmente applica, di quel «superprincipio» (Busnelli, La danza dei principi, 238, infra, sez. IV) della dignità della persona, al vertice della scala assiologica europea, in base al quale le limitazioni dell’autonomia del singolo possono essere giustificate in
quanto espressione di prevalenti istanze di protezione e solidarietà, da realizzarsi in maniera eteronoma.
È lo stesso principio ad informare non solo la disciplina autoctona dell’amministrazione di sostegno,
ma pure gli analoghi istituti vigenti in Europa: il riferimento è alla Betreuung, contenuta nei §§ 1896 ss.
BGB, introdotta da una novella del 1990 e ispirata al
criterio della stretta necessità della limitazione della
capacità; alla Sachwalterschaft austriaca, di cui ai §§
273 ss. ABGB; alla sauveguarde de justice, regolata
agli articoli 488 ss. del Code civil francese; al composito sistema delle misure di protezione dei soggetti
incapaci congegnato nel Codigo civil spagnolo, ove
si è previsto, al termine di un ventennio di interventi
di riforma (1983-2003) che la sentenza di incapacitaciòn di cui all’art. 200 Codigo Civil determini «analiticamente l’estensione degli atti sottoposti al regime
di inacapacità, allo scopo di proporzionare il provvedimento alla reale attitudine a provvedere a se
stessi» (Simeoli, 3, infra, sez. IV; in generale, sul
quadro europeo, si vedano Cian, passim; Lenti, 61
ss.; Autorino Stanzione, 81 ss., tutti infra, sez.
IV).
Del «superprincipio» della dignità è segnale, nella
disciplina dell’amministrazione di sostegno, oltre
che il monito della minima incidenza possibile sulla
capacità d’agire, di cui si è dato conto dianzi, il criterio della valorizzazione della persona del beneficiario, istanza di fondo che emerge in alcuni dati
normativi: si pensi alla previsione di cui all’art. 408,
comma 1o, cod. civ., secondo cui la scelta dell’amministratore di sostegno deve avvenire «con esclusivo riguardo alla cura degli interessi e della persona
del beneficiario», nonché alla disposizione di cui all’art. 405, comma 4o, cod. civ., a rigore della quale,
nelle more del procedimento per la nomina dell’amministratore, lo stesso giudice tutelare può, anche
d’ufficio, prendere i provvedimenti urgenti necessari alla cura della persona – e non solo del patrimonio
– del beneficiario. Inoltre, è in virtù della prevalente
NGCC 2011 - Parte prima
Amministrazione di sostegno
istanza di tutela della persona che possono disattendersi, in taluni casi, pure le manifestazioni di volontà dell’interessato, in una dialettica tra autodeterminazione (nell’accezione anglosassone di autonomy o
privacy, su cui Busnelli, La danza dei principi, 238)
ed eteronomia, ove quest’ultima è funzionale alla
realizzazione del principio della dignità umana: è il
caso dei «gravi motivi» di cui all’art. 408 cod. civ., in
presenza dei quali al giudice tutelare è consentito di
designare un amministratore diverso dal soggetto
indicato dal beneficiario stesso, ovvero del bilanciamento che a detto giudice compete, ex art. 407 cod.
civ., tra i «bisogni e le richieste» della persona e «gli
interessi e le esigenze di protezione» della stessa. Si
ponga mente, infine, alla formulazione dell’art. 410,
comma 1o, cod. civ., che esprime la necessità che
nell’operato dell’amministratore di sostegno sia tenuto conto «dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario». Tale previsione, che sembra riferirsi precipuamente alla cura della persona – piuttosto che del
patrimonio – del soggetto debole (Tescaro, 14;
Delle Monache, 47, infra, sez. IV), pare costruita
sul calco di disposizioni come l’art. 147 cod. civ. sull’educazione della prole, secondo i crismi dell’interesse legittimo di diritto privato (su cui si veda Bigliazzi Geri, voce «Interessi legittimi (diritto privato)», passim, infra, sez. IV), e sembra così attribuire così al soggetto debole una situazione di vantaggio inattiva specialmente tutelata dall’ordinamento.
È a tale situazione che assai correttamente viene dato risalto nel provvedimento in commento, ove si
sottolinea che «l’amministrazione di sostegno è volta
a consentire al beneficiario di superare le limitazioni
che egli incontra, a causa di menomazioni psico-fisiche, per soddisfare appieno le sue esigenze ed aspirazioni e per tutelare i suoi interessi (in senso non soltanto patrimoniale)» (Trib. La Spezia, 2.10.2010).
Il ruolo dell’amministratore, vale a dire, non è sostitutivo o ablativo della capacità del soggetto: esso,
è, piuttosto, come la stessa formulazione normativa
indica in maniera limpida, «di sostegno». L’amministratore di sostegno, pertanto, «non deciderà per il
soggetto non autosufficiente, bensì con il soggetto
non autosufficiente» (Bonilini, 35): tale conclusione, cui si giunge attraverso la disamina delle disposizioni e dei principi della disciplina, è il punto di partenza dal quale deve muovere l’indagine sulla possibilità, per il beneficiario, di stipulare un valido contratto di donazione.
3. La capacità di donare del beneficiario di
amministrazione di sostegno e la capacità di
ricevere dell’amministratore. La disciplina del
2004 nulla prevede circa la capacità di donare del
soggetto beneficiario di amministrazione di sostegno. Il silenzio normativo, da alcuni assai criticato
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Trib. La Spezia, decr. 2.10.2010 - Commento
(Calice, infra, sez. IV), apre un serrato dibattito
sulla possibilità dell’estensione al soggetto protetto
dalla misura in esame della disposizione di cui all’art. 774 cod. civ., in virtù della quale non possono
fare donazione «coloro che non hanno la piena capacità di disporre dei propri beni».
Il dubbio su siffatta estensione nasce per via della
presenza di due fattori: in primo luogo, la norma appena citata non richiama direttamente alcuna figura
di incapace, non facendo riferimento all’interdetto,
né all’inabilitato, né al minore, e mostrandosi in tal
modo malleabile e adatta a ricoprire pure quella situazione di «incapacità parziale» tipica dell’amministrazione di sostegno; in secondo luogo, qualora si
volesse invece confinare ai soggetti summenzionati
(minore, interdetto, inabilitato) la disposizione de
qua, la libertà di applicazione della stessa pure all’ipotesi di amministrazione di sostegno sorgerebbe
dalla previsione di cui all’art. 411, ult. comma, cod.
civ., secondo cui il giudice tutelare può, nel decreto
di nomina dell’amministratore, inserire alcune limitazioni caratteristiche della disciplina dell’interdizione e dell’inabilitazione.
E se è chiaro che, a fronte di espressa indicazione
del giudice tutelare, peraltro mancante nel caso di
specie, la norma di cui all’art. 774 cod. civ. risulta
applicabile pure al beneficiario di amministrazione
di sostegno, meno chiaro è quale debba essere l’ambito applicativo di tale norma silente lege et silente
iudice.
Secondo alcuni non v’è dubbio alcuno circa l’applicabilità della disposizione in esame al parzialmente incapace beneficiario di amministrazione di sostegno (si veda Calò, 129, infra, sez. IV, per il quale la
formulazione «è talmente icastica da non dar luogo
a diverse letture»). Il soggetto debole alla cui tutela
è preposta l’amministrazione di sostegno è un soggetto che, a prescindere dall’entità della deminutio
contemplata dal decreto, non ha la «piena capacità
di disporre dei propri beni» necessaria per la stipula
di un valido contratto di donazione. La particolare
cautela, peraltro, non sarebbe, secondo tale impostazione, tesa ad imbrigliare le facoltà del beneficiario, quanto dettata da una essenziale esigenza di tutela del soggetto rispetto ad un atto, quale la donazione, che comporta, a differenza di altri (primo tra
tutti la disposizione testamentaria), un immediato
depauperamento del suo patrimonio (Torrente,
306, infra, sez. IV).
Una simile lettura, tuttavia, parte dal presupposto
che la «piena capacità» di cui all’art. 774 cod. civ.
consista in un quid pluris rispetto alla generica capacità di agire del soggetto maggiorenne. Seppure,
cioè, non si giunge ad affermare l’incapacità tout
court del beneficiario di amministrazione, in linea
con l’opinione prevalente in dottrina e in giurispru82
Amministrazione di sostegno
denza, si nega la sussistenza, in capo a costui, di quel
grado elevato di capacità previsto per la donazione.
È il quid pluris di capacità, rispetto alla normale capacità di agire, tuttavia a non convincere (Marcoz,
Rapporti contrattuali, 1497, infra, sez. IV), nel momento in cui isola la donazione dal sistema dei contratti, contrastando altresì con lo spirito di alcune
previsioni, sparse nell’articolato codicistico, in cui
pure è utilizzata l’espressione «piena capacità», senza che vi sia, peraltro, la previsione di alcuna soglia
speciale (si vedano gli artt. 230 bis cod. civ., in tema
di impresa familiare, e 701 cod. civ., relativo all’esecutore testamentario; sul punto, Marcoz, Rapporti
contrattuali, 1498).
Contro la tesi restrittiva, che nega in toto la capacità di donare del beneficiario di amministrazione di
sostegno, si staglia un’opinione, condivisa dal provvedimento in esame, secondo la quale è essenziale
valutare, ai fini della decisione, i profili del caso concreto, onde di volta in volta consentire, o non consentire, il compimento della liberalità (Delle Monache, 55, infra, sez. IV).
Guida di siffatta valutazione devono essere proprio quei bisogni e quelle aspirazioni del beneficiario di cui all’art. 410, comma 1o, cod. civ., dei quali
l’amministratore di sostegno deve tener conto nella
sua attività, pena la lesione dell’interesse, configurabile – come si è affermato innanzi – quale «interesse
legittimo di diritto privato», del soggetto debole destinatario della misura.
Nel caso di specie, è in virtù dell’attenzione a tali
bisogni e aspirazioni che la stipulazione della donazione viene autorizzata, sul presupposto che essa, oltre che essere conforme all’intento del beneficiario
dell’amministrazione (nella fattispecie, una nonna
che aveva più molte manifestato, prima della malattia invalidante, la propria volontà di donare un appartamento di sua proprietà alla nipote prediletta,
figlia dell’unico figlio), non comporti, per lo stesso
(la nonna, che ormai non risiede più in quell’appartamento) pregiudizio alcuno.
L’esaltazione dell’intento del beneficiario dell’amministrazione, al cui sostegno e alla cui realizzazione, subentrata la malattia invalidante, è preposto
l’ufficio, consente addirittura il superamento del requisito della personalità della donazione, che viene
qui stipulata per mezzo dell’amministratore (sulla
possibilità del compimento di atti personalissimi da
parte dell’amministratore di sostegno, si vedano
Trib. Modena, 20.3.2008; Trib. Siena, 18.6.2007;
Trib. Milano, 5.4.2007, richiamati dallo stesso decreto in commento). L’animus donandi, elemento
soggettivo imprescindibile del negozio, viene ricostruito attraverso una procedura articolata, che vede
coinvolti un soggetto terzo, estraneo rispetto agli interessati all’atto (il pro-amministratore chiamato a
NGCC 2011 - Parte prima
Trib. La Spezia, decr. 2.10.2010 - Commento
fare le veci dell’amministratore, figlio della donante
e padre della donataria) ed il giudice tutelare, cui è
affidato il vaglio sulla situazione di fatto, e che trae
la soluzione della questione risalendo alle corde dell’intera normativa. Lo spirito di liberalità, consistente nella «coscienza di conferire ad altri un vantaggio
patrimoniale senza esservi costretti» (Palazzo, 139,
infra, sez. IV), viene dunque accertato ab externo,
grazie all’indagine dell’amministratore (rectius, del
pro-amministratore, su cui Bulgarelli, 68, infra,
sez. IV) e all’analisi del giudice, pure in capo ad un
soggetto che completamente cosciente più non è,
stante l’infermità psicofisica dalla quale è affetto.
Ciò avviene proprio in ragione di quella valorizzazione massima della persona del beneficiario cui la
novella del 2004 si ispira, e che funge da parametro
ineludibile dell’interprete.
Risolta, in senso positivo, la questione dell’ammissibilità della donazione in cui donante sia il soggetto beneficiario di amministrazione di sostegno,
bisogna dedicare qualche cenno allo speculare tema
dei soggetti che possono ricevere, da costui, per donazione.
Il problema – la cui soluzione si rinviene, invero,
già nel dato normativo – che si pone pure nel caso di
specie – ove donataria è figlia dell’amministratore, e
quindi considerabile quale persona a costui interposta – è generato dalla previsione di cui all’art. 411,
comma 1o, cod. civ., in forza della quale si applica
all’amministrazione di sostegno la disposizione di
cui all’art. 779 cod. civ.
Detta norma inibisce, a pena di nullità, la donazione fatta dall’interdetto al tutore prima dell’approvazione del conto. Il divieto, giustificato da evidenti ragioni di politica del diritto (ovvero dalla necessità di
evitare l’indebita influenza del rappresentante legale
sul soggetto rappresentato), troverebbe piena applicazione pure nei rapporti tra amministratore e beneficiario, qualora non fosse prevista quell’eccezione –
di portata pratica talmente vasta da risultare la regola – secondo cui «sono in ogni caso valide (...) le convenzioni in favore dell’amministratore che sia parente entro il quarto grado del beneficiario, ovvero che
sia coniuge o persona che sia stata chiamata alla funzione in quanto con lui stabilmente convivente» (art.
411, comma 3o, cod. civ., da leggersi in correlazione
con l’art. 408, comma 3o, cod. civ.).
E proprio nell’ambito dell’eccezione richiamata
ricade la fattispecie in esame, ed è quindi ammissibile tra amministratore e donataria, da una parte, e beneficiaria, dall’altra, una convenzione, posto che nel
concetto di convenzione di cui all’art. 411, comma
3o, cod. civ. rientrano precipuamente le donazioni e
gli altri negozi a titolo gratuito (così Bonilini, 411,
ove un accenno al comodato e al mutuo gratuito;
Malavasi, 326, infra, sez. IV).
NGCC 2011 - Parte prima
Amministrazione di sostegno
III. I precedenti
1. La deminutio minima della capacità del
soggetto beneficiario di amministrazione di
sostegno. Sul principio di conservazione della capacità di agire si veda, in primis, Corte cost.,
9.12.2005, n. 440, in Fam., pers. e succ., 2006, 136
ss., con nota di Patti. Nella giurisprudenza di legittimità, si segnalano, da ultimo, Cass., 1o.3.2010,
n. 4866, in Ced Cassazione, 2010; Cass., 24.7.2009,
n. 17421, in Fam. e dir., 2009, 12, con nota di Russo; Cass., 22.4.2009, n. 9628, in Giur. it., 2010,
316, con nota di Rispoli; Cass., 12.6.2006, n.
13584, in questa Rivista, 2007, I, 275 ss., con nota
di Roma. Copiosa è la trattazione del tema nella
giurisprudenza di merito: si vedano, tra le più recenti, App. Napoli, 18.12.2009, in Repertorio Giur.
Leggi d’Italia, 2010, voce «Infermità di mente, interdizione,
inabilitazione»;
Trib.
Trento,
28.1.2010, ibidem; Trib. Cassino, 6.5.2010, ibidem; Trib. Piacenza, 16.9.2009, in Rep. Foro it.,
Merito extra, 2009, voce «Interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno», n. 174; Trib.
Modena, 16.10.2006, in Giur. merito, 2006, 44,
con nota di Nardelli.
2. Segue: il criterio-guida della dignità del
soggetto debole e la valorizzazione dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario
quale interesse legittimo di diritto privato.
Oltre ai precedenti richiamati al paragrafo n. 1 di
questa sezione, tra cui, in particolare, Cass.,
24.7.2009, n. 17421 – ove un esplicito collegamento
tra dignità della persona e applicazione della misura in questione – si vedano Trib. Catanzaro,
9.4.2009, in Fam. e min., 2009, n. 6, 64, con nota di
Rossi, che richiama «la convenzione sui diritti delle
persone con disabilità stipulata a New York il 13 dicembre 2006 e ratificata in Italia per effetto degli art.
1 e 3 l. 3 marzo 2009 n. 18 (...) in base alla quale le
misure che limitano la capacità di agire – come l’amministrazione di sostegno – devono essere proporzionate e adatte alle condizioni della persona». Si segnalano, inoltre, Trib. Mantova, 15.4.2010, in
Fam. e dir., 2010, 910, con nota di Tommaseo;
App. Firenze, 3.7.2009, in questa Rivista, 2010, I,
429, con nota di Farolfi-Masoni; Trib. Bologna, 1.5.2009, in Notariato, 2009, 6, 631, con nota
di Baldassarre; App. Bari, 2.12.2008, in Corr.
merito, 2009, 137; Trib. Trieste, 5.10.2006, in
Giur. it., 2007, 84; Trib. Modena, 3.2.2005, in
www.diritto.it, ove è messo in luce come il nuovo
istituto dell’amministrazione di sostegno abbia «posto come pietra miliare uno status di generale capacità di agire della persona, esclusivamente limitabile
dall’attento intervento del giudice tutelare per determinati atti, o categorie di atti».
83
Trib. La Spezia, decr. 2.10.2010 - Commento
3. La capacità di donare del beneficiario
di amministrazione di sostegno e la capacità
di ricevere dell’amministratore. Sul conflitto
di interessi e la nomina del pro amministratore, si
veda Trib. Modena, 24.3.2005, in Giur. merito,
2006, 67; sul compimento, da parte dell’amministratore, di atti personalissimi si vedano – oltre a
Trib. Modena, 20.3.2008, Trib. Siena, 18.3.2007,
Trib. Milano, 5.4.2007, citati nel decreto in commento – Trib. Modena, 14.5.2009, in Repertorio
Giur. Leggi d’Italia, 2010, voce «Tutela e curatela»;
Trib. Modena, 15.9.2004, in www.altalex.com;
Trib. Cosenza, 24.10.2004, ibidem; per un caso di
estensione delle norme su interdizione e inabilitazione, ex art. 411, ult. comma, cod. civ., si veda, infine, Trib. Mantova, 7.5.2009, in Notariato, 2010,
9.
IV. La dottrina
1. La deminutio minima della capacità del
soggetto beneficiario di amministrazione di
sostegno. Di una letteratura di proporzioni «pressoché alluvionali» sull’argomento si legge in Tescaro, voce «Amministrazione di sostegno», nel Digesto IV ed., Disc. priv., sez. civ., Agg., I, Utet, 2007, 9
ss. In questa sede, si riportano solo alcune delle
trattazioni in materia, tra cui Baccarani, L’amministratore di sostegno, Giuffrè, 2006; BoniliniChizzini, L’amministrazione di sostegno, Cedam,
2004; Bortoluzzi, L’amministrazione di sostegno,
Utet, 2005; Bugetti, Amministrazione di sostegno
e interdizione tra tutela della persona e interessi patrimoniali, in Corr. giur., 2006, 1533 ss.; Cendon,
Infermi di mente e altri «disabili» in una proposta di
riforma del codice civile, in Giur. it., 1988, IV, 117
ss.; Id., Un altro diritto per i soggetti deboli. L’amministrazione di sostegno e la vita di tutti i giorni, in
L’amministrazione di sostegno, a cura di Ferrando, Giuffrè, 2005, 21 ss.; Delle Monache, Prime
note sulla figura dell’amministrazione di sostegno:
profili di diritto sostanziale, in questa Rivista, 2004,
II, 29 ss.; Id., nel Commentario Cian-Trabucchi, Cedam, 2007, sub artt. 404 ss.; L’amministrazione di
sostegno. Una nuova forma di protezione dei soggetti
deboli, a cura di Ferrando, Giuffrè, 2005; Soggetti
deboli e misure di protezione. Amministrazione di
sostegno e interdizione, a cura di Ferrando-Lenti,
Giappichelli, 2006; Paladini, Amministrazione di
sostegno e interdizione giudiziale: profili sistematici
e funzionalità della protezione alle caratteristiche relazionali tra il soggetto debole e il mondo esterno, in
Riv. dir. civ., 2005, II, 585 ss.; La riforma dell’interdizione e dell’inabilitazione, a cura di Patti, Giuffrè, 2002; L’amministrazione di sostegno, a cura di
Patti, Giuffrè, 2005; Patti, Amministrazione di
84
Amministrazione di sostegno
sostegno: una corretta applicazione della nuova disciplina, in Fam., pers. e succ., 2005, 132 ss.
2. Segue: il criterio-guida della dignità
del soggetto debole e la valorizzazione dei
bisogni e delle aspirazioni del beneficiario
quale interesse legittimo di diritto privato.
Sulla necessità di valorizzazione della persona del
soggetto debole si vedano, oltre agli autori richiamati supra, Bianca, La protezione giuridica del sofferente psichico, in Riv. dir. civ., 1985, I, 25 ss.;
Perlingieri, Gli istituti di protezione e di promozione dell’«infermo di mente». A proposito dell’handicappato psichico permanente, in Rass. dir. civ.,
1985, 46 ss.; Pescara, Tecniche privatistiche e istituti di salvaguardia dei disabili psichici, nel Trattato
Rescigno, 4, 2a ed., Utet, 1997, 755 ss.; Venchiarutti, Gli atti del beneficiario dell’amministrazione
di sostegno. Questioni di validità , in L’amministrazione di sostegno, a cura di Ferrando, 159 ss.;
Vocaturo, L’amministratore di sostegno: la dignità
dell’uomo al di là dell’handicap, in Riv. notar.,
2004, III, 241 ss. In generale, su principio personalista e dignità umana, si vedano Busnelli, La
«danza dei principi». Diritto naturale, diritto positivo, bioetica, in Il diritto privato nella Società Moderna. Seminario in onore di S. Rodotà, a cura di Alpa
e Roppo, Jovene, 2005, 225 ss.; Id., La faticosa
evoluzione dei principi europei tra scienza e giurisprudenza nell’incessante dialogo con i diritti nazionali, in Riv. dir. civ., 2009, I, 287 ss.; Perlingieri,
La personalità umana nell’ordinamento giuridico,
Esi, 1972; Navarretta, Diritti inviolabili e risarcimento del danno, Giappichelli, 1996. Per una disamina dell’istituto dell’amministrazione di sostegno
in prospettiva comparatistica, si rinvia a Cian,
L’amministrazione di sostegno nel quadro delle esperienze giuridiche europee, in Riv. dir. civ., 2004, I,
481 ss.; Autorino Stanzione, Le amministrazioni
di sostegno nelle esperienze europee, in L’amministrazione di sostegno, a cura di Patti, 81 ss.; Simeoli, voce «Amministrazione di sostegno», in
Enc. giur. Treccani, II, Ed. Enc. it., 2007; Lenti,
Amministrazione di sostegno e misure di protezione
dei soggetti deboli: modelli a confronto, in Soggetti
deboli e misure di protezione. Amministrazione di
sostegno e interdizione, a cura di Ferrando e
Lenti, Giappichelli, 2006, 68 ss. Sulla figura dell’interesse legittimo di diritto privato si veda, per
tutti, Bigliazzi Geri, Contributo ad una teoria dell’interesse legittimo nel diritto privato, Giuffrè,
1967; Id., voce «Interessi legittimi (diritto privato)», nel Digesto IV ed., Disc. priv., sez. civ., IX,
Utet, 1993, 527 ss.
NGCC 2011 - Parte prima
Cass., sez. un., 9.8.2010, n. 18477
3. La capacità di donare del beneficiario di
amministrazione di sostegno e la capacità di
ricevere dell’amministratore. Sulla questione
della capacità a donare si rinvia a Calice, Commento agli artt. 404 ss. cod. civ., sub art. 405, in Cod. civ.
ipertest., a cura di Bonilini-Confortini-Granelli, Utet, 2a ed., 2005, 616 ss.; Calò, Amministrazione di sostegno. Legge 9-1-2004, n. 6, Giuffrè, 2004;
Marcoz, Rapporti contrattuali e successori tra amministratore di sostegno e beneficiario, in Riv. notar.,
2006, 1485 ss.; Id., La nuova disciplina in tema di
amministrazione di sostegno, ivi, 2005, 523 ss.; Mascolo-Marcoz, L’amministrazione di sostegno e
l’impianto complessivo del codice civile, ibidem, 1327
ss.; Malavasi, L’amministrazione di sostegno: le linee di fondo, in Notariato, 2004, 319 ss. Per quanto
concerne la peculiare ipotesi dell’intervento del proamministratore, si veda Bulgarelli, Il pro-amministratore di sostegno, nota a Trib. Modena,
c CASS. CIV., sez. un., 9.8.2010, n. 18477
Cassa App. Roma, 13.10.2004
Comunione e condominio - Tabelle
millesimali - Delibera di approvazione o di revisione - Natura negoziale Esclusione - Quorum necessario per
l’approvazione - Maggioranza qualificata ex art. 1136, comma 2o, cod.
civ. - Sufficienza (cod. civ., artt. 1136, 1138;
disp. att. cod. civ., artt. 68 e 69)
In tema di condominio, l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di
quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale; ne consegue che il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a
tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, comma 2o, cod. civ.
dal testo:
Il fatto. Con atto di citazione notificato il 2
novembre 1994 I. E. conveniva il condominio
NGCC 2011 - Parte prima
Comunione e condominio
24.10.2005, in Giur. merito, 2006, 68 ss.; Id., Amministrazione e conflitto di interessi. La nuova normativa stimola una giurisprudenza creativa, in Dir. e
giust., 2005, n. 46, 58 ss. In generale, sulla donazione e sull’animus donandi, cfr. Torrente, La donazione, nel Trattato Cicu-Messineo, Giuffrè, 1956; Palazzo, voce «Donazione», nel Digesto IV ed., Disc.
priv., sez. civ., VII, Utet, 1991, 137 ss. Sul problema
del compimento degli atti personalissimi da parte
del beneficiario di amministrazione di sostegno, si
vedano, infine, Balestra, Gli atti personalissimi del
beneficiario dell’amministrazione di sostegno, in Familia, 2005, 659 ss. e Nardelli, Il giudice e gli atti
personalissimi dei soggetti deboli, tra riforme incomplete e decisioni necessarie, in Giur. merito, 2009,
2013 ss.
Giulia Donadio
di (Omissis), di cui faceva parte, davanti al Tribunale di Roma, chiedendo che venisse dichiarata la nullità o annullata la delibera dell’assemblea condominiale in data 30 settembre
1994, con la quale era stata approvata a maggioranza, e non all’unanimità, la nuova tabella
per le spese di riscaldamento.
Il condominio si costituiva, resistendo alla
domanda. Con sentenza n. 21737/2000 il Tribunale di Roma dichiarava la nullità della delibera in questione.
Contro tale decisione proponeva appello
l’altra condomina M. A. M.; la Corte di appello
di Roma, con sentenza in data 13 ottobre 2004,
confermava la decisione di primo grado, in base alla seguente motivazione:
Deve, preliminarmente, esaminarsi l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla I. Tale eccezione è priva di pregio.
Ed invero, la dichiarazione di nullità della
deliberazione in questione incide non solo sulla gestione delle cose comuni, ma anche sul diritto soggettivo dell’appellante all’attribuzione
di una quota millesimale corrispondente all’effettiva consistenza della sua proprietà esclusiva
usufruente del servizio di riscaldamento.
Nel merito, l’appello non appare fondato e
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