Uno, nessuno e centomila - Atlante digitale del `900 letterario
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Uno, nessuno e centomila - Atlante digitale del `900 letterario
Atlante digitale del '900 letterario www.anovecento.net Luigi Pirandello Uno, nessuno e centomila Uno, nessuno e centomila è l’ultimo romanzo scritto da Luigi Pirandello, uscito per la prima volta a puntate su «La Fiera letteraria» sotto il titolo Considerazioni di Vitangelo Moscarda, generali sulla vita degli uomini e particolari sulla propria, in otto libri ; soltanto nel 1926 esce la prima edizione in volume. Le opere di Pirandello sono uno specchio ed una conseguenza dei cambiamenti e delle forze che hanno investito il Novecento e che hanno incentivato la frantumazione e la negazione dell’individuo. Lo sviluppo delle grandi industrie e dell’uso di macchine hanno alienato l’uomo e hanno meccanizzato la sua esistenza, rendendolo un piccolo ingranaggio di un enorme meccanismo; il formarsi delle metropoli, inoltre, ha creato nell’uomo un senso di perdizione e di smarrimento dei legami interpersonali. L’idea di una realtà oggettiva e organica, quindi, è andata perdendosi e l’uomo, isolato dalla vita, è costretto a vivere in solitudine. Uno nessuno e centomila è il tentativo di dimostrare la pochezza e l’indigenza dell’uomo novecentesco attraverso la narrazione del dramma di Vitangelo Moscarda, un uomo benestante, abitante nel villaggio di Richieri. Un giorno, dopo che la moglie gli ha fatto notare l’imperfezione del suo naso, Vitangelo comprende di non essere quale egli stesso si è visto sino allora, ma d’impersonare una realtà diversa e molteplice, determinata dai giudizi altrui. In preda ad una cristi di identità, decide di cambiare la sua esistenza e di eliminare la propria immagine pubblica di figlio scioperato di un usuraio. Questa decisione è al principio di quella che gli altri interpretano come follia e che incentiva Vitangelo Moscarda a compiere atti inusuali: sfratta un pover’uomo da casa sua, per poi regalare a quest’ultimo un appartamento; liquida la sua eredità, rischiando così l’interdizione. Con l’aiuto di Anna Rosa, un’amica della moglie, decide di devolvere i propri beni in opere di carità. Tra i due, tuttavia, nasce un forte rapporto per cui Vitangelo decide un giorno di baciare Anna Rosa che, sconvolta dal suo modo di ragionare, spara due colpi di pistola, ferendo il protagonista, il quale la scagiona, attribuendo la colpa al caso. Dopo questo susseguirsi di eventi, Vitangelo si ritira in un ospizio che egli stesso ha fatto costruire, con la volontà di vivere a contatto con la natura, nel tentativo di liberarsi dell’Uno e dei Centomila Moscarda. Il titolo scelto da Pirandello funge da chiave di lettura dell’opera, in quanto rappresenta le diverse percezioni del protagonista, Vitangelo Moscarda, lungo il filo del processo raziocinante che si sviluppa nel suo cervello. Il giorno in cui sua moglie, con ignara leggerezza, gli fa notare l’imperfezione del suo naso che lui non ha mai notato, inizia un processo di disgregazione della personalità, perché si rende conto che il suo aspetto fisico è diverso da come lui ha creduto fino a quel momento. La sua reazione rappresenta la volontà di evitare la cristallizzazione della vita che lo renderebbe «Uno», cioè una maschera convenzionale, che tuttavia sarebbe il riflesso dei «centomila» Moscarda, cioè delle centomila maschere attribuitegli da chi entra www.anovecento.net in contatto con lui. «A toccarmi, a stizzarmi le mani, sì, dicevo “io”: ma a chi lo dicevo? E per chi?» Progressivamente, nel tentativo di sgretolare l’opinione che gli altri si sono creati su di lui, l’univocità del protagonista si sbriciola e diviene «nessuno». Il raggiungimento di questo finale viene concepito dallo stesso autore come sinonimo di “guarigione” dai male provocati dalla società; Vitangelo sceglie di vivere senza “forma”, come un sasso, una pianta o un animale, diventando un «forestiere della vita». Uno, nessuno e centomila racchiude una verità probabilmente perpetua e riscontrabile anche nella nostra realtà, la quale, pur cronologicamente lontana da quella di Pirandello, paradossalmente è tanto simile a quella da lui narrata. Una realtà in cui l’uomo è fondamentalmente spinto e talvolta condannato ad annullarsi e a perdere la propria spontaneità, e in cui l'anticonformismo e la ricerca dell'autenticità appaiono spesso come sintomo di follia. Leggendo il libro e mettendolo in relazione all’adesione al fascismo di Pirandello, sembra che l’autore voglia trasmettere la minaccia a cui siamo ininterrottamente esposti: quella di diventare schiavi di un meccanismo malato, che porta ad adeguare il proprio atteggiamento all’opinione degli altri, a fare e dire ciò che gli altri si aspettano che uno faccia o dica: «Tanto vero, che può anche capitare che gli altri, se non vi tenete forte alla realtà che per vostro conto vi siete data, possono indurvi a riconoscere che più vera della vostra stessa realtà è quella che vi danno loro» Nel complesso il romanzo, definito da Pirandello il «più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita», è un’opera enigmatica e complessa, giocata sull’introspezione del personaggio e dotata di una forte carica empatica, grazie alla quale far immedesimare il lettore nel dramma di Moscarda. La forma dell’opera, caratterizzata da disarmonia, da contraddizioni, dalla distruzione di gerarchie e sistemi di valori tipici delle produzioni artistiche precedenti al Novecento, rende il romanzo un’opera aperta e inconclusa, il cui finale può essere interpretato liberamente e soggettivamente. Pirandello trasmette attraverso il dramma di Moscarda una visione esasperata del mondo, difficilmente apprezzabile e difficile, tuttavia, da confutare totalmente. Uno nessuno e centomila è forse l’opera che maggiormente racchiude la volontà dell’autore di spodestare l’uomo e rivoluzionarne l’immagine tradizionale, di definirlo inevitabilmente inautentico e disgregato, protagonista di una società e di un’esistenza insensate. Le pagine lasciano trapelare l’intento di denunciare la società a lui contemporanea, una realtà autoingannata, acritica, meccanica, oppressa e incatenata, che ha determinato in lui una visione paradossale dell’esistenza: nascere equivale a morire. L’aspetto senz’altro più sublime dell’opera è il tono quasi provocatorio dell’autore, in grado di trasportare il lettore nella complessità del monologo e di porlo di fronte ad una maggiore consapevolezza di quanto l’uomo sia ingenuo e al contempo autoingannatore, di quanto sia incapace di essere autentico e di quanto troppo spesso senta il bisogno di doversi adattare alla massa. Opere • Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila, Firenze, Bemporad, 1926. Contributo Marica Gentili, V E (L. C. Stelluti, Fabriano) www.anovecento.net