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Satan-Nael o delle apparenze

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Satan-Nael o delle apparenze
Torino, aprile maggio 1954
bollettino n°11 - 12 – anno V
UNIVERSITÀ DELLO SPIRITO
SATAN–NAEL
ovvero
“DELLE APPARENZE”
Satan-nael, Satana o il diavolo, quello che è bugiardo e che è padre di
menzogna, quello che matura inganni e perfidie, quello che è sempre presente nel
sorriso di una bella femmina, nella presunzione orgogliosa di un sapiente,
nell’untuosa ipocrisia di un bigotto o nella sorridente opera della diplomazia;
quello che l’irruente Carducci vede come il ribellarsi delle sane forze della natura
e l’affermarsi del potere dell’uomo, e canta.
Salve
o
o
della ragione!
a
te
forza
o
Satana,
dannazione,
vindice
Povero Carducci! Egli era un poeta, non un iniziato, e non poteva fermarsi
molto a controllare se tutto ciò che diceva fosse davvero ragionevole. Il povero
Satana non è affatto la forza rivendicatrice della ragione, poiché: proprio nella
ragione, nell’anima ragionante dell’uomo, Satana ha il suo più tremendo
antagonista. La ragione sta a Satana come Michele sta a Lucifero, essa è la forza
equilibratrice e vincitrice. La ragione può più d’ogni incantesimo, chi ragiona
sempre ed in ogni luogo, difficilmente cadrà nei lacci satanici.
Le tre tentazioni di Gesù Cristo lo stanno, infatti, a dimostrare luminosamente.
Con la ragione Cristo vince Satana, ed è con la ragione gioconda ed irridente che
ogni uomo può esorcizzarlo.
Satana è l’antiumorista, egli vuol essere peso sul serio, vuole impressionare; è
un millantatore, un bugiardo abbagliato ed irretito dalle sue stesse bugie. Ecco
perché basta una risata gioconda e convinta o una semplice constatazione della
sua reale impotenza a metterlo in fuga, perché Satana è assolutamente impotente
verso chiunque non si sottometta volentieri al suo fascino.
Ciò posto, cerchiamo adesso di conoscere un po’ da vicino questo capitan
bombarda dei diavoli, questo povero angelo caduto, che non ha neppure, come
Lucifero, la terribilità tectonica, e può nuocere gli uomini solo come nuoce la
mosca, talora in modo irreparabile e vero, ma sempre per colpa dell’ignavia,
dell’ignoranza volontaria, e del non uso da parte dell’uomo dell’ineguagliabile
dono della ragione.
La radice “El” in ebraico sta a significare, mandato da Dio, o messaggero di
Dio, oppure semplicemente da Dio. Così Micha-el (chi è come Dio), Raffa-el
(medicina di Dio), Gabri-el (verità di Dio). Satan-na-el significa illusione,
apparenza di cosa esistente ma non essente; suona quasi come inganno di Dio,
ma non è esattamente così. Satana è un qualcosa di più di un’illusione, qualcosa
di meno di un inganno. Indubbiamente, nella Creazione, egli è un artefice
necessario; come deva celeste egli è quella parte della natura che risplende,
scintilla, illude, per costringere ogni creatura a adempiere il suo mandato. Egli è
il voluttuoso tranello della procreazione per cui la forma si rinnova di continuo, il
meraviglioso inganno di Cupidine per cui i sessi si fondono, è il sorriso di Venere
Pandemia per cui diventano possibili le convivenze umane; egli è anche
corruscante bagliore di Bellona per cui, traverso le guerre, si effettuano le
selezioni dei popoli ed è l’agghiacciante soffio di Fobos per cui si misurano le
capacità dei cuori. In tutto ciò non vi è male, ma necessarietà.
Il gioco della trasmutazione della materia è tutto appoggiato su quello
dell’illusorietà e si esplica traverso l’apparenza delle cose, poiché: l’essenza delle
cose è per sua natura incomunicabile. In questo gioco è fondato il regno di
Satana e non il regno del male; è il regno dell’illusione, dell’apparenza
dell’esistenza, e non è detto che sia un brutto regno, né che il re di questo regno
sa un perverso. Sin qui Satan-nael non è il nemico; egli è una delle tante potenze
in cui si esplicano le Leggi. Egli è il fantasmagorista della Creazione, più vicino
all’uomo di qualunque altro spirito, perché è proprio all’uomo che più necessita il
gioco delle sue fantasmagorie; ma questa vicinanza è pericolosa, pericolosa per
entrambi, perché l’uomo cade facilmente nella rete dell’illusione, ma, cadendo,
trascina con sé l’illusionista.
Come tutti gli attori, Satana è vanitoso, e nell’uomo trova il pubblico per cui
recitare, oltre che il palcoscenico sopra il quale recitare. Tutto il male di Satana è
la vanità.
L’amara constatazione dell’Ecclesiaste condanna Satana: “Vanità delle vanita,
tutto è vanità”; l’amarezza dell’Ecclesiaste condannerebbe anche la vita, però non
è vero che tutto sia vano poiché: anche ciò che è illusorio è necessario, ed è
nell’inutilità di una specifica azione che l’uomo afferma se stesso.
Satana è vanitoso, anzi vanesio addirittura; la sua intelligenza spinta alle
conseguenze massime è capace di scendere, ma non di risalire. Ad un certo punto
lui stesso è vittima dell’iridescente velo che agita e nel quale inciampa; caduto lui
stesso nell’illusione, si illude che essa sia il suo regno, lo ama, lo difende e
vorrebbe aver molti cittadini per popolarlo. Siccome l’abisso chiama l’abisso, la
vanità di Satana si unisce alla vanità dell’uomo dalla “u” minuscola. La vanità
nasce, come tutti i peccati e tutti i vizi, dall’ignoranza che è a sua volta figlia della
pigrizia; negli uomini, di tutto ciò ve n’è una buona dose. Gli uomini sono
ignoranti perché sono pigri; meglio adorare e pregare che non indagare ed
operare: lo sforzo conoscitivo richiede troppa assiduità e costanza per condurre al
risultato di lacerare il velo brillante che ci splende dinanzi. Meglio tuffarsi in
questo velo con la mente chiusa (se non anche con gli occhi), piuttosto che
distruggere ogni divertente aspetto della vita. Che importa se ogni illusione genera
molteplici delusioni? Si spera sempre che ciò non riguardi noi! Con un pizzico di
illusione, ognuno, specie se buono a nulla, può presumere di essere un gran che.
La donna che s’imbelletta allo specchio, difficilmente lo fa per celare magagne,
in cuor suo essa è convinta di accentuare grazie e pregi inesistenti, ma che per lei
sono reali. Ogni chiacchierone da strapazzo se per caso vede i suoi sproloqui
ascoltati da un capannello di sfaccendati, si illude di essere un oratore, un capo
popolo. Ogni terrazzano che per caso sia implicato in uno sciopero si sente un
uomo della rivoluzione… e la vecchierella che, a furia di fissare un quadro della
Vergine della notte, sogna la Madonna, subito in cuor suo si autodefinisce una
quasi santa, una privilegiata. Tutto ciò è il terreno ove allignano i semi di Satana,
ove Satan-nael sente di regnare e dove il gaglioffo devico recita la sua penosa
farsa che è dramma solo per l’illusoria apparenza, solo per coloro che vogliono
credervi -lo ripetiamo- per pigrizia o per ignoranza.
L’illusione
dei
sensi!
(tutti
L’illusione
delle
passioni!
(tutti
L’illusione della personalità! (la permanenza).
i
gli
desideri).
orgogli).
Regista e attore Satan-nael non si risparmia; egli crea Otello e Jago,
Desdemona ed Emilia, la vittima e l’assassino, l’oppresso e l’oppressore, li fa agire
e agisce egli stesso in una ridda sconclusionata di agitazioni inutili. Gli uomini
prendono il palcoscenico per la vita, la recita per la realtà, nell’apparenza
annegano come Narciso nel fonte.
L’essenza di ogni cosa, la realtà, la verità sostanziale della vita, non è in ciò che
appare e si muta, ma in ciò che è per sé ed in sé immutabile ed eterno. Il
transitorio è il regno di Satana, questo regno egli offriva al Cristo e l’offre a
qualunque uomo voglia adorare e credere in lui: Satan-nael; l’offerta è rivolta a
qualunque uomo che, giocando con le apparenze delle cose, insegua l’ombra per
lasciare il corpo. Ad essi, Satan-nael, da il suo favore, perché egli vive appunto
tutte queste cose transitorie che, per divenir perenni, abbisognano di essere
animate dal desiderio umano.
Tre apparenze della vita sembra che abbiano un particolare potere per attrarre
il desiderio umano: la bellezza, la ricchezza e la gloria. Sopra di esse insiste
quindi l’angelo delle apparenze e delle illusioni.
Bellezza, ricchezza e gloria sono illusioni in quanto legate alla forma ed alla
durata della stessa; Satan-nael fa del suo meglio perché l’uomo le creda eterne,
doni tutto il suo cuore e sacrifichi quanto ben più meriterebbe la sua attenzione
per poterle possedere.
Non del tutto erravano i Mistici medioevali che vedevano in ogni cosa bella e
desiderabile l’opera costante di Satana e se, per causa di frà Girolamo
Savonarola, molti autentici capolavori di scultura e di intaglio, finirono fra le
fiamme, lo spirito che animava il frate non era uno spirito iconoclasta, ma una
rivolta, forse smodata della ragione, all’insidia satanica. L’anima umana doveva
ancora ritrovare la sua via fra le luci e le tenebre e solo la rinascenza poteva porre
in fuga il diavolo, negandolo o facendosene beffe. Satan-nael non vive nella luce
piena, il vizio portato in trionfo gli è altrettanto esiziale dell’affermarsi di una virtù
assoluta; l’ateismo e l’adorazione di Dio fatta in spirito e verità, al pari lo
distruggono.
Ovunque l’uomo freddamente deliberi cosa alcuna volendola e conoscendola in
tutti gli aspetti, ivi il potere di Satana si distrugge: egli allora si affanna ad irretire
le anime umane con sempre più iridescenti false verità e pseudo realtà. Bugiardo,
signore delle ombre e dei sogni li moltiplica e se ne avvale per dominare l’uomo.
Trasforma le religioni in superstizioni, in riti, in scongiuri; tende tranelli allo
stoico ed al cinico, muta la filosofia epicurea non in una serena visione della vita,
ma in una ripugnante teoria del piacere. Nemico ugualmente di chi esalta la
materia e di chi loda lo spirito, si affatica per mantenere sulla terra la tirannia dei
poteri magici; egli abbisogna di deboli, perciò odia ogni creatura forte.
Socrate, Temistocle, Giulio Cesare o Cicerone, la casta Lucrezia o Caterina
d’Alessandria sono per lui dei nemici terribili; nulla teme più della logica, benché
ami atteggiarsi a logico.
Il logicismo di Satana è povera cosa che non regge alla severa disamina; egli
ama il motto che riluce e non dice, la freddura il cui maggior spirito consiste
appunto nell’assenza dello stesso, ama la diatriba in cui il peso maggiore è
portato all’ingiuria, detesta la discussione serena, odia addirittura la deduzione.
Un uomo dotto e calmo, virtuoso e sereno d’animo, creda o non creda in un Dio
rivelato, è per Satana la peggiore calamità: contro quest’uomo egli può
letteralmente nulla!
Stando così le cose il medioevo, pieno di mistici esacerbati e terrorizzati che
vedevano ovunque rilucere le piccole corna dorate dell’angelo illusorio, fu
certamente, per Satana, l’era dell’oro.
Alla maggiore ignoranza, anche in moltissimi uomini della Chiesa,
corrispondeva la massima superstizione dei popoli; ignoranza e superstizione,
barbarie frenetiche e paura esaltata di ogni cosa, si illuminavano della luce dei
roghi e degli “auto da fé”. La caccia al maligno, divenente caccia alla strega
ubriacando di folli isterismi intere popolazioni e, mentre da un lato si
esasperavano gli studi magici e prosperavano astrologhi e maghi, dall’altro si
ardevano streghe e stregoni in buona compagnia di eretici e di ebrei. L’ebbrezza
satanica giunse al massimo delirio parossistico, sesso, età, categoria sociale nulla
fu risparmiato. Si giunse alle auto-accuse, al delirio mistico, all’ossessione; si
giunse ad aver dimestichezza con l’Inferno e con i suoi abitatori come con i vicini
di casa. Si moltiplicarono libri e trattati di demonologia, si giunse a fare
dell’esorcismo un vero mestiere e l’esorcista migliore era naturalmente colui che,
più credendo al diavolo, più lo potenziava ed otteneva in contraccambio la pronta
obbedienza ai suoi scongiuri.
Il rinascimento, riponendo in auge i valori umani e ridando alla personalità
umana, con le Arti e le Lettere, quella dignità che aveva smarrito fra gli angiporti
della magia e della credenza negli spiriti maligni, spazzò come un colpo di vento le
grigie e umide nebbie che aduggiavano la ragione umana e restituì alla mente
dell’uomo il suo prestigio e la sua pienezza. L’uomo respirò a pieni polmoni
un’aria rinnovata e, per qualche secolo, l’angelo illusorio non poté creare altre
illusioni, forse egli stesso ne fu contento.
Gli uomini tornavano alla gaia vita terrestre con gentilezza e pienezza e “Amore
nudo in Grecia e nudo in Roma, di un velo candidissimo adornato” veniva riposto in
grembo a Venere Celeste. Arti, scienze, lettere, rifacevano fra gli uomini l’età
dell’oro e ricacciavano con orrore, fra le nebbie settentrionali, streghe e lupi
mannari, gnomi e folletti, spettri, lemuri e lamie. Tutta la paurosa tregenda
satanica svaniva come un sogno impuro. Papi e Cardinali amavano meglio sentire
le armoniose ottave dell’Ariosto, che non la relazione di processi inquisitoriali;
amavano più la magia umana dei grandi architetti, scultori e pittori che non lo
squallore di cenobi e di eremi.
Con la rinascenza ed il pagano amore alla bellezza, tornarono di moda i bagni,
le terme e le fontane; così i bei corpi conobbero la tempra dell’aria e dell’acqua, e
non vollero più saperne di oscuri amori, di incubi e di succubi. Gli isterismi si
acquietarono, le ossessioni guarirono ed i manicomi, non più tetre carceri,
accolsero le povere creature che si accusavano di aver partecipato al sabba.
Igea sconfiggeva con un sorriso Paracelso; i bagni e le docce si sostituirono alle
verghe ed ai ferri roventi. Le relegazioni in climi benefici, in cambio
dell’incarceramento in tetri conventi, ebbero ragione di molti mistici visionari; il
buon cibo, in luogo di aspri digiuni, fece cambiare opinione a moti ossessi od
indiavolati. Satana subì la più dura sconfitta: l’uomo gli aveva preso il suo regno
senza adorarlo e lo trasformava a piacer suo; creava anch’egli illusioni, ma non
spaventava nessuno.
L’arte, unita al solare sorriso Apollineo, mutava l’orgia in rito plastico e dava
ordine alla scomposta danza; al delirio si sostituiva l’ispirazione, alla pitonessa la
sibilla celeste.
Il seguito al prossimo numero.
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