...

pdf 3.203 kb - Istituto Comprensivo "Martiri della Benedicta"

by user

on
Category: Documents
29

views

Report

Comments

Transcript

pdf 3.203 kb - Istituto Comprensivo "Martiri della Benedicta"
Istituto comprensivo
Serravalle Scrivia
scuola media - PRIMA A
2
Istituto comprensivo di scuola materna - elementare - media
“Martiri della Benedicta”
Via San Rocco, 1
Serravalle Scrivia (Al)
tel. 0143.65332 – fax 0143.633262
www.istitutocomprensivo.serravalle-scrivia.al.it
[email protected]
a. s. 2002/2003
Favolando…
3
LA PRIMA - A
Cristina
Shaira
Rino
Asmae
Simone
Alex
Matteo
Annalisa
Valentina
Nabil
Riccardo
Roberta
Fabio
Serena
Graziana
Erika
Rosario
Matteo
Alessandra
Carmen
Acquafredda
Basile
Camillon
Echamby
Figus
Lagazio
Mele
Melillo
Moncalvo
Naime
Orlandi
Ricci
Riga
Rocca
Santamorena
Scanu
Sestito
Sobrero
Spagnuolo
Stancu
Dedichiamo questa raccolta di favole ai nostri fratelli, sorelle e amici più piccoli, affinchè
trovino occasione di leggere, di divertirsi e di imparare attraverso la ricerca e la scrittura
al computer, come anche noi abbiamo tentato di fare.
Però, sopra ogni cosa, vogliamo ricordare i bambini che i libri non li hanno, e nemmeno
i computer, per tanti motivi: magari perché li hanno persi nel terremoto, o nella guerra...
oppure non li hanno mai posseduti, a causa della povertà in cui vivono.
Noi ci riteniamo fortunati perché viviamo in un Paese abbastanza ricco, dove anche
numerose famiglie possiedono un computer. Pensiamo che questo strumento, se usato
bene, possa diventare un mezzo per il progresso della conoscenza, della ricerca, della
civiltà.
4
Favolando…
5
PREFAZIONE
Questa racccolta di favole classiche è nata nel corso delle lezioni
di informatica previste dal Piano dell’offerta formativa di questo
Istituto. Il percorso didattico ha seguito due direzioni convergenti:
l’apprendimento di un software di scrittura (Microsoft Word nel
nostro caso, con tutte le possibili componenti); la ricerca e
l’eleborazione dei contenuti (le favole appunto), con gli opportuni
approfondimenti e le conseguenti riflessioni. “Imparare per
costruire qualcosa insieme” è stato pertanto l’obiettivo del nostro
percorso.
Le insegnanti
Lidia Zerbo
Silvana Montecucco
6
Favolando…
7
INDICE
Che cos’è la favola
9
Origini e storia della favola
11
Fedro
13
Esopo
14
Lev Tolstoj
15
L’asino e il cavallo
39
L’aquila e lo scarafaggio
17
L’asino, la volpe e il leone
40
La volpe e la cicogna
18
Il lupo e l’agnello
41
Il topo e il leone
43
Il bruco e la lumaca
21
La formica e l’elefante
44
Il corvo e la volpe
22
La volpe, il lupo e i prosciutti
45
L’anitra e la luna
23
L’agnello infurbito
46
L’asino e il sale
47
La cicala e le formiche
25
L’abete e il rovo
48
Le lepri e le rane
26
L’asino che derise il cinghiale
49
Nella buca della chiave
28
Il cavallo e il cinghiale
50
Il leone, la volpe, il corvo
27
Il lupo sazio e la pecora
51
Il topo e la rana
30
Il pollastro e la perla
52
La formica e la colomba
31
La mosca e la mucca
53
Il pipistrello, il rovo e il gabbiano
La bertuccia e gli occhiali
19
24
La rana e il bue
32
Il nibbio e le colombe
54
La volpe e il rovo
33
Il cervo alla fonte
55
Il corvo e il gatto
35
La donnola e il gallo
56
Il leone medico
37
I due cani e l’asino morto
57
8
Favolando…
9
L
a favola è un racconto breve, in prosa o in versi, che ha lo
scopo di insegnare qualcosa, cioè di fare la morale. È un
genere antichissimo, ma che continua con fortuna ancora
oggi. Ha per protagonista quasi sempre animali, raramente
uomini o vegetali. I personaggi sono umanizzati, cioè parlano, ma
non hanno dei caratteri molto complessi, perché devono
simboleggiare i comportamenti degli uomini, i loro vizi e le loro
virtù, che si vogliono condannare o consigliare.
Per questo di ciascun animale viene messa in risalto di volta in
volta solo una particolare caratteristica, quella che è più tipica.
La morale può essere
scritta nel testo, ma a
volte è il lettore stesso
che la deve ricavare.
10
Nelle favole vi è quasi
sempre un solo episodio, un
solo avvenimento che deve
restare bene impresso nella
mente del lettore.
Nelle favole non viene mai
indicata una data, il tempo è
indeterminato; a volte si
accenna a un momento del
giorno o ad una stagione dell’
anno. Anche il luogo è
indeterminato, perché ciò che
interessa non è l’ ambiente, ma
la morale.
Favolando…
11
I
n Occidente nell’età greco-romana esistevano la fiaba, che
aveva un carattere essenzialmente fantastico, e la favola ,o
apologo, che è a sfondo spiccatamente morale. Mentre la
favola greco-romana costituì un genere autonomo tenuto in
grande considerazione, la favola fu, invece, poco apprezzata.
Uno dei più antichi autori di favole fu ESOPO, il quale si servì dei
caratteri degli animali per arrivare alle sue conclusioni morali.
Elementi favolistici si trovano in Omero, Erodoto e altri autori
greci; scrissero favole anche Babrio, Massimo di Tiro e Luciano.
Tra i maggiori favolisti romani sono da ricordare FEDRO (che
supererò la fama dello stesso Esopo, dal quale attinse) e
Avviano.
È stata riscontrata una certa analogia tra la favola greco-romana
e quella dell’Egitto e dell’India. Le ragioni di questa analogia
sarebbero dovute, più che all’unità primordiale della cultura
indeuropea, a relazioni, influenze e scambi storici più recenti,
nonché all’ellenizzazione dell’Oriente.
Il Medioevo riprese il genere introdotto da Esopo e rielaborato
liberamente da Fedro e attinse a piene mani alle parafrasi e ai
rifacimenti di quel Romulus a cui la tradizione aveva affidato i
componimenti, adespoti e non, con i caratteri dell’Apologo caro a
Fedro, rielaborando molto liberamente il materiale favolistico e
inserendovi con disinvoltura elementi orientali e favolose vicende
contemporanee, specialmente nella Francia settentrionale, fin
verso il 1300.
12
Il Medioevo presenta anche un tipo originale di favola animalesca
basata su due classici animali: la volpe ed il lupo.
Centri di diffusione di questo tipo di favola furono la Lorena, il
territorio basso-francone e quello basso-sassone. Produzione
molto nota di questa epopea è il Roman de Renard attribuito a
vari autori francesi.
Nel cinquecento i favolisti francesi ed alcuni spagnoli
continuarono la tradizione di Esopo e di Fedro mentre in
Germania, durante la Riforma, Hans Sachs ed Erasmus Alberus
scrissero favole a carattere didattico e satirico-polemico,
raccomandate nelle scuole dal Zelantone.
L’ epoca barocca curò poco la favola.
In Francia, nella seconda metà del secolo XVIII, il LA FONTAINE
cominciò la pubblicazione delle sue Fables, riprendendo la
vecchia materia favolistica con una grazia altamente poetica.
Egli fece scuola e per un secolo le favole rifiorirono in Francia, in
Germania, in Inghilterra, in Italia e in Russia. Accanto alla
corrente del La Fontaine, nelle cui favole l’ammaestramento
morale passava in seconda linea, sorse quella del LESSING, il
quale si uniformò strettamente ai fini educativi della favola.
Favolando…
13
F
edro conosceva bene tutti i bambini e scriveva favole
proprio per loro. Di professione faceva il maestro. La sua
vita si svolse nell’antica Roma, alla corte di Augusto, tra il I
sec. a.C. e il I secolo d.C. Ma Fedro non era originario di
Roma: fu portato qui come schiavo dalla Macedonia, una regione
confinante con la Grecia. Dopo un po’ di tempo riuscì a
conquistare la libertà e da schiavo divenne liberto, come
venivano chiamati gli schiavi affrancati.
Purtroppo però, non ebbe molta fortuna a corte, perché a causa
di alcune sue favole dal significato offensivo nei confronti dei
potenti fu allontanato e costretto a vivere nella miseria per molti
anni.
14
E
sopo secondo gli studiosi visse tra il -VII e il -VI secolo. Di
lui non sappiamo con certezza nulla. Esiste una tradizione,
condensata nel "Romanzo di Esopo", un libro popolare del
-V secolo (che Herodotos aveva letto) secondo la quale sarebbe
stato uno schiavo frigio fuggito: dopo varie avventure e
peregrinazioni in Oriente fu condannato a morte a Delfi, sotto la
falsa accusa di furto sacrilego. Secondo la leggenda, fu Apollo
che volle vendicarne la morte diffondendone la fama.
Quello che sappiamo è che già alla fine del -V secolo si attribuiva
a Esopo un corpus di favole, la cui popolarità è attestata da
Aristofanes e da Plato. All'epoca le favole di Esopo costituivano
una
delle
prime
letture
scolastiche.
In seguito queste favole furono continuamente variate e
arricchite. A noi ne è giunta una raccolta di circa 500 favole, frutto
di redazioni diverse tra il +I secolo e il +XIV secolo, derivanti
anche da raccolte antiche.
La struttura della favola esopica è semplice: protagonisti sono gli
animali, la narrazione è breve, lo stile semplice e chiaro, il fine
l'insegnamento morale. Ogni animale incarna una qualità morale
(negativa o positiva): questa tipologia rimarrà praticamente
inalterata attraverso le rielaborazioni nei secoli. Accanto agli
animali emergono figure e aspetti "umani" della vita quotidiana.
La morale delle favole esopiche è semplice, pratica, diretta,
ferma nel respingere prepotenza e arbitri, e nel difendere una
forma elementare di giustizia.
Favolando…
15
Lev Tolstoj (1828-1910) è uno dei più importanti
scrittori russi. Scrisse molti romanzi, fra cui Guerra e
pace e Anna Karenina.
Nato da una nobile famiglia, perse giovanissimo i
genitori: si arruolò nell’esercito e poi viaggiò in Europa.
Visse a lungo nella sua tenuta di campagna in Russia, a
Jasnaja Poljana.
Nel 1859 Tolstoj fondò una scuola per i figli dei contadini
delle sue terre. Per abituarli alla lettura scrisse
I quattro libri di lettura.
Questa raccolta contiene fiabe e favole russe, indiane ed
europee, ma anche racconti di vita reale.
16
Favolando…
17
U
n’aquila inseguiva una lepre per catturarla. Questa non
sapeva come trovare aiuto; così, visto uno scarafaggio, il
solo essere in cui il caso la fece imbattere, si diede a
supplicarlo. Lo scarafaggio la rassicurò e, appena l’aquila
gli si avvicinò, prese a scongiurarla perché non gli portasse via la
povera lepre. Ma l’aquila non si curò di quel piccolo insetto nero e
divorò la lepre proprio sotto i suoi occhi. Memore1 dell’offesa, lo
scarafaggio, da allora, prese a seguire l’aquila con costanza:
osservava i luoghi dove quella faceva il nido, si posava sulle
uova e le faceva rotolare provocandone la rottura.
Cacciata da tutti i luoghi, l’aquila un giorno si rivolse a
Giove2 e lo pregò di procurarle un luogo sicuro, dove poter fare le
sue covate. Giove le permise di deporre le uova nel proprio
grembo. Ma lo scarafaggio ideò uno stratagemma: fece una
pallottola di sterco3, volò sopra il grembo di Giove e ve lo lasciò
cadere.
Il dio, per liberarsi da quella sporcizia, si alzò in piedi con
uno scatto e, senza rendersene conto fece cadere le uova.
Da quel tempo, si dice che nella stagione in cui appaiono gli
scarafaggi le aquile non facciano il nido.
1. Memore: che non dimentica.
2. Giove: il padre degli dei.
3. Sterco: escrementi.
18
L
a volpe e la cicogna erano buone amiche. Un tempo si
vedevano spesso, e un giorno la volpe invitò a pranzo la
cicogna; per farle uno scherzo, le servì della minestra in
una scodella poco profonda: la volpe leccava facilmente, ma la
cicogna riusciva soltanto a bagnare la punta del lungo becco e
dopo pranzo era più affamata di prima.
- Mi dispiace – disse la volpe – La minestra non è di tuo
gradimento?
- Oh, non ti preoccupare: spero anzi che vorrai restituirmi la visita
e che verrai presto a pranzo da me – rispose la cicogna.
Così fu stabilito il giorno in cui la volpe sarebbe andata a trovare
la cicogna.
Sedettero a tavola, ma i cibi erano preparati in vasi dal collo
lungo e stretto nei quali la volpe non riusciva ad infilare il muso:
tutto ciò che poté fare fu leccare l’esterno del vaso, mentre la
cicogna tuffava il becco nel brodo e ne tirava fuori saporitissime
rane.
- Non ti piace, cara, ciò che ho preparato? –
Fu così che la volpe
burlona fu a sua volta
presa in giro dalla
cicogna.
Favolando…
19
M
olto tempo fa, un pipistrello, un rovo e un gabbiano si
riunirono in un isolotto per formare una strana società
commerciale fondata sulla vendita di stoffe e di rame. Il
rovo possedeva una buona quantità di lana, seta e cotone
procurate grazie al duro lavoro dei suoi antenati. Egli aveva
conservato i suo averi nell’attesa di una buona occasione per
poterli rivendere. Il pipistrello, essendo il più abile dei tre negli
affari, si prodigò per procurare il denaro necessario per l’acquisto
di una buona imbarcazione sulla quale trasportare il materiale
fino al continente. Per riuscirvi fece parecchi debiti con degli
strozzini ai quali avrebbe dovuto restituire il doppio dei soldi
prestati. Comunque, con il discreto gruzzoletto che ebbe a
disposizione egli comprò una piccola barca a remi.
Il gabbiano invece aveva adocchiato un buon quantitativo di rame
abbandonato da qualche mercante.
Munitosi di pazienza recuperò tutto quel tesoro che sarebbe
servito per la loro società.
Giunse infine il gran giorno. I tre avevano caricato ogni cosa sulla
barchetta ed erano ormai pronti per partire. “Speriamo che
questa barca sia abbastanza robusta!” Disse il gabbiano
preoccupato. “Se il tempo si manterrà calmo andrà tutto
benissimo”. Rispose il pipistrello.
Finalmente gli amici si imbarcarono e partirono. Ma durante la
sera, un terribile temporale fece ribollire le acqua del mare le cui
onde gigantesche inghiottirono senza pietà la piccola barca. I tre
compagni fortunatamente si salvarono perdendo però ogni cosa.
20
Dal quel giorno il pipistrello incapace di ripagare i debiti uscì solo
di notte per evitare di incontrare gli strozzini che volevano indietro
il loro denaro; il gabbiano imparò a rimanere appollaiato sopra
scogli marini nella speranza che le acque gli restituissero il suo
rame; infine, il rovo aguzzò le sue spine strappando i vestiti dei
passanti nell’attesa di ricostruire, con i brandelli procurati, il suo
prezioso patrimonio di stoffe ormai perdute.
Favolando…
21
.
V
ivevano nello stesso giardino un bruco e una lumaca. I due
animaletti strinsero grande amicizia. Erano sempre
insieme, strisciavano a passeggio insieme, insieme
rodevano le foglie tenere e dolci. Vita povera, ma lieta e cordiale.
Un bel giorno il bruco si fece lento, perdette i bei colori, si irrigidì,
stette freddo, immobile, incartapecorito.
La lumaca fedele gli smaniò intorno, si disperò, lo vegliò a lungo.
E un altro giorno, dalla spoglia del bruco uscì una lucida
variopinta farfalla che, non appena le si furono spiegate le stesse
ali, cominciò a volare tra i fiori e le erbe, vanitosa.
La lumaca, che aveva assistito al prodigioso mutamento, colto un
istante in cui la sua amica stava posata su una margherita, le si
avvicinò e cominciò a parlarle lietamente: -Come ti sei fatta bella!
Sono proprio contenta. Se tu sapessi come mi sono spaventata
quando ti ho vista… -Chi sei tu?- L’interruppe altezzosa la farfalla
–Quando ci siamo conosciute? Io vivo nell’aria e tra i fiori, tu
strisci e sbavi nel fango e tra i vermi. Oh, se il giardiniere
purgasse il mio giardino da certe sudice bestie!- La lumaca ci
rimase male; e disse: -Va bene, va bene: non ci siamo mai
viste… Però ricordati che ti ho conosciuta quando eri un bruco-.
Da Fernando Palazzi, L’enciclopedia della fiaba, Principiando.
22
U
n corvo aveva rubato un pezzo di carne ed era andato a
posarsi su un albero. Lo vide la volpe e, desiderosa di
impadronirsi della carne, si piantò là sotto e cominciò a
tessere le lodi della perfezione e bellezza del corvo: nessuno era
più adatto di lui, sostenne, a essere il re degli uccelli, e lo
sarebbe diventato senz’altro se avesse avuto una bella voce. Il
corvo allora, deciso a mostrare che neanche questa gli mancava,
lasciata cadere la carne, si mise a gracchiare a perdifiato . La
volpe si precipitò ad afferrare il bottino, dicendo:
-O corvo, se avessi anche un po’ di cervello, davvero non ti
mancherebbe nulla per diventare il re degli uccelli(da Esopo, Le più belle fiabe di Esopo.)
Devo riuscire a
rubargli quella carne!
Favolando…
23
U
n’anitra nuotava in un fiume, cercando pesci: in tutto il
giorno non ne aveva trovato nemmeno uno. Non appena
venne notte, l’anitra vide la luna nell’acqua; credette fosse
un pesce che brillasse e s’immerse per pigliare la luna. Altre
anitre la videro e si burlarono di lei.
Da quel giorno l’anitra fu così vergognosa e timida che non tentò
nemmeno più di pigliare i pesci veri che vedeva nell’acqua e morì
di fame.
Tolstoj, I quattro libri di lettura.
24
U
na bertuccia, divenuta vecchia, ebbe la vista indebolita;
però aveva sentito dire dagli uomini che la vista debole
non è un gran male: basta procurarsi gli occhiali.
Essa si procura perciò una mezza dozzina di occhiali. Li gira e
rigira di qua e di là: ora se li mette al collo, ora li afferra per la
coda, ora li annusa , ora li lecca. Gli occhiali non funzionano per
niente!
-Accidenti!- essa dice - é proprio uno stupido chi ascolta tutte le
fandonie degli uomini; non han fatto che ingannarmi a proposito
degli occhiali: non c’ è un briciolo d’utilità in essi.
Allora la bertuccia, per la stizza e il dolore, li batte contro una
pietra in modo tale che rimangano soltanto i frammenti a
luccicare.
Sfortunatamente, la stessa cosa accade fra gli uomini: per utile
sia una cosa, poiché non ne conosce il valore, l’ignorante inclina
sempre a dare un giudizio negativo e se poi l’ignorante è più
altolocato, la cosa la getta addirittura via.
(daKrylov-Tolstoj, Parlano gli animali)
Favolando…
25
.
I
n una
giornata d’inverno le formiche stavano facendo
asciugare il grano che s’era bagnato. Una cicala affamata
venne a chiedere loro un po’ di cibo. Le risposero le formiche:
-Perché durante l’estate non hai raccolto anche tu le provviste?
- Non avevo tempo - rispose la cicala - dovevo cantare
melodiosamente.
Quelle allora le risero in faccia.
- Ebbene – le dissero – se d’estate hai cantato, adesso che è
inverno balla!
La favola mostra che in qualsivoglia situazione chi vuole evitare
pene e rischi non deve essere negligente.
(Da Esopo, Le più belle fiabe di Esopo)
26
L
e lepri si riunirono un giorno e cominciarono a lagnarsi1
della loro vita: “Gli uomini, i cani, le aquile”, dicevano, “sono
la nostra rovina: senza parlare delle altre bestie feroci! È
meglio finirla piuttosto che vivere sempre torturate dalla
paura. Andiamo ad annegarci”. E si diressero al lago per
affogarsi. Le rane le udirono arrivare, e si precipitarono
spaventate nell’acqua. Allora una delle lepri disse: “Fermatevi,
figlie mie! Aspettate un poco ad annegarvi. Certo, la vita delle
rane deve essere ancora peggiore della nostra, poiché esse
hanno paura di tutto, perfino di noi!”
Da Lev Tolstoj, I quattro libri di lettura, trad. di N. Odanov, Longanesi.
1. lagnarsi: lamentarsi.
Favolando…
27
U
n ragno, dopo avere esplorato tutta la casa, di fuori e
dietro, pensò di rintanarsi1 nel buco della serratura.
Che rifugio ideale! Chi lo avrebbe mai scoperto, lì dietro?
Lui, invece, affacciandosi sull’orlo della toppa2, avrebbe potuto
guardare dappertutto senza correre nessun rischio.
Lassù diceva fra sé, sbirciando la soglia di pietra tenderò una
rete per le mosche; quaggiù, aggiungeva scrutando lo scalino, ne
tenderò un’altra per i bruchi; qui, vicino al battere dell’uscio, farò
una piccola trappola per le zanzare.
Il ragno gongolava3. Il buco della serratura gli dava una sicurezza
nuova, straordinaria; così stretto, buio, foderato di ferro, gli
sembrava più inattaccabile di una fortezza, più sicuro di qualsiasi
armatura. In questi pensieri, gli giunse all’orecchio un rumore di
passi: allora, prudente, si ritirò in fondo al suo rifugio.
Qualcuno stava per entrare in casa; una chiave tintinnò, s’infilò
nel buco della serratura e lo schiacciò.
(da Leonardo da Vinci, Favole e leggende, traduzione di B. Nardini, Firenze, GiuntiNardini, 1972).
1. rintanarsi: rifugiarsi, nascondersi.
2. toppa: buco della serratura.
3. gongolava: era visibilmente soddisfatto.
28
I
l leone, Re della foresta, era gravemente ammalato. Data la
sua avanzata età egli non aveva più le forze per uscire dalla
sua caverna e procurarsi il cibo necessario per la guarigione.
Per questo fu costretto a ricorrere all’aiuto di una volpe da
sempre sua grande amica.
Chiamandola al proprio capezzale, il leone le disse: “Mia cara
compagna, esiste una sola medicina per il mio male. Si tratta di
un brodo fatto con le corna di un cervo. Devi procurarmelo
subito!”
Commossa per la sua richiesta, la volpe si mise subito all’opera
e, scovato l’animale tanto desiderato dal grande malato, cercò,
con un inganno, di convincerlo a seguirlo, dicendogli: ”Mi manda
il leone con l’incarico di portarti da lui prima che tiri l’ultimo
respiro. Andando per eliminazione ha deciso che tu sei il più
adatto fra tutti gli animali per essere il suo successore al trono
dopo la sua morte!”
Il cervo, lusingato da questa insperata proposta, accettò subito e
seguì la volpe fino alla caverna del leone, ma non fece neppure
in tempo a varcare la soglia che si sentì aggredire dal feroce
animale. Fortunatamente riuscì a divincolarsi e a fuggire.
Il leone, deluso e arrabbiatissimo, scongiurò ancora la sua amica
di ritentare la prova usando la sua proverbiale furbizia.
Favolando…
29
Questa, dopo lunghe ricerche, riuscì a trovare il cervo nel suo
nascondiglio, ma, appena si presentò davanti a lui, dovette
sentirsi le sue irate proteste. “Ascoltami,” si scusò la volpe “ti sei
spaventato per niente. Il morente voleva solo darti la sua
benedizione. Torna da lui prima che cambi idea!”
Il cervo, anche questa volta, affascinato dall’idea di diventare Re,
si ripresentò al leone. Ma questi, afferratolo, gli rubò le sue
bellissime corna per farvi un bel brodo caldo. Lasciandolo poi
libero di scappare.
30
U
n topo per poter attraversare più facilmente un fiume,
chiese aiuto alla rana. La rana con un filo legò ad una
delle sue zampe di dietro uno dei piedi del topo. Quando a
nuoto furono arrivati a metà del fiume, la rana, tradendo la parola
data, si tuffò sott’acqua e si trascinò via il sorcio. Morto, il sorcio
venne a galla e ondeggiava sui flutti. Il nibbio che volava
adocchiò la preda: strappò il topo e insieme portò via la rana che
era con esso legata. La perfida, che col tradimento aveva
attentato la vita dell’altro, trovò insieme la rovina anche lei e fu
distrutta.
Favolando…
31
U
na formica scendeva verso il ruscello1 perché aveva
voglia di bere. Sopraggiunse2 un’onda che la sommerse
e per poco non annegò. Una colomba che portava un
ramoscello nel becco vide la formica in pericolo e le gettò
il ramoscello. La formica vi si appoggiò e fu salva.
Qualche tempo dopo, un cacciatore stava per catturare con una
rete la colomba. La formica si arrampicò verso di lui e gli morse il
piede. Il cacciatore trasalì3 e lasciò cadere la rete. La colomba
battè le ali e volò via.
(da L.Tolstoj, I quattro libri della lettura, Napoli, Liguori, 1981)
1. ruscello: piccolo corso d’ acqua.
2. sopraggiunse: arrivò all’ improvviso e
inaspettatamente.
3. trasalì: sobbalzò forte e improvvisamente.
32
U
na volta una rana vide un bue in un prato. Presa
dall’invidia1 per quella mole, prese a gonfiare la sua pelle
rugosa2. Chiese poi ai suoi piccoli se era diventata più
grande del bue. Essi risposero no. Subito riprese a
gonfiare con maggiore sforzo e di nuovo chiese chi fosse più
grande.
Quelli risposero “il bue”.
Sdegnata3, volendo gonfiarsi sempre di più, scoppiò e morì.
Quando gli uomini piccoli vogliono imitare i grandi, finiscono
male.
1. invidia: sentimento di astio per un bene di cui altri godono.
2. rugosa: piena di rughe, grinzosa.
3. sdegnata : irritata, indignata.
Favolando…
33
C
’ era una volta una graziosa volpe dal manto marrone e
lucente che viveva in una piccola casetta in mezzo al
bosco. Un bel mattino di primavera l’animale uscì dalla
propria abitazione con l’intenzione di procurarsi una preda1 per il
mezzogiorno.
Vagando per la brughiera2 fischiettando allegramente, la volpe
attirò l’attenzione di un ingenuo leprottino il quale, incuriosito, le
si avvicinò per osservarla meglio. L’astuta volpe non si lasciò
sfuggire l’occasione e sorridendo al cucciolotto gli disse:
«Buongiorno a te mio piccolo amico. Cosa fai tutto solo in questi
boschi?»
Il leprotto divenne improvvisamente diffidente3 di fronte a tutto
quell’interessamento e, indietreggiando piano, rispose: «Oh,
niente, proprio niente. Anzi, adesso che ci penso, devo tornare a
casa.» Ma la volpe non aveva nessuna intenzione di lasciarsi
scappare un bocconcino così prelibato. Quindi, con un abile
balzo si gettò sull’animaletto per afferrarlo. Fortunatamente il
piccolino, risvegliato dall’improvviso attacco riuscì a schivare
l’aggressione con un veloce salto indietro, precipitandosi in una
folle fuga verso il limitare del bosco. La volpe lo seguì fino a
quando non si trovò sull’orlo di una grossa buca.
34
Per evitare di cadere nel vuoto l’animale si aggrappò ad una
specie di Rovo graffiandosi con le sue spine. Abbandonando
l’inseguimento la povera volpe rimase seduta di fronte al Rovo
leccandosi le ferite da questo provocate.
“Che stupida sono stata!” si disse fra sé “Mi sono aggrappata alla
prima cosa che ho trovato per non cadere in una buca e mi sono
procurata solo graffi e punture. Tanto valeva proseguire
l’inseguimento e tuffarmi nella fossa”.
Ma per quel giorno ormai non poteva più far niente e
camminando piano per il male, se ne tornò a casa sconsolata.
1. Preda: atto del predare: le aquile, i falchi, i nibbi
sono uccelli da preda. Tutto ciò che si prende
con la forza.
2. Brughiera: landa, steppa.
3. Diffidente: una persona che non si fida di
un’altra persona o animale.
Favolando…
35
CHI L’HA SCRITTA
Questa favola è tratta da
Le mille e una notte, una raccolta di molte
decine di racconti arabi scritti dal XIV al XVII
secolo.
Questi racconti sono anonimi.
U
n corvo e un gatto selvatico avevano stretto amicizia e
mentre un giorno stavano insieme sotto un albero videro
avvicinarsi una pantera. Il corvo volò subito sopra alla
pianta, e il gatto, rimasto solo a terra spaurito, gli disse: “Amico
mio, potresti trovare la maniera di salvarmi, cosa che da te è
sperabile?”.
Rispose il corvo: “Per l’appunto al momento del bisogno si ricorre
agli amici. Quanto è bello il detto del poeta:
Il vero amico è colui che ti sta a fianco, e nuoce anche a se
stesso pur di giovarti. È colui che se ti colpisce il fato infido,
sacrifica la sua pace per procurarti la tua”.
In prossimità di quell’albero c’erano alcuni pastori che avevano
dei cani; il corvo andò in quella direzione fino a urtare il terreno
con le ali, gracchiò e gridò, poi si avvicinò ai cani battendo con
l’ala sulla faccia di uno di essi e si sollevò un poco dal suolo;
allora i cani si dettero ad inseguirlo correndo sulle sue tracce;
anche il pastore, alzando la testa e vedendo un uccello che
volava vicinissimo al suolo e prossimo a cadere, si pose a
36
seguirlo; il corvo volava, ad arte, per quel tanto necessario ad
evitare che i cani lo afferrassero, ma in maniera da renderli avidi
di sbranarlo, poi si alzò un poco e i cani lo seguirono ancora fino
a che giunsero presso l’albero sotto cui stava la pantera,
scorsero questa e le si avventarono contro mettendola in fuga,
laddove essa credeva invece di poter divorare il gatto selvatico,
così questo fu salvo grazie all’astuzia del suo amico corvo.
Favolando…
37
Q
uelli che non conoscono l’arte1, si tradiscono: lo dimostra
una favoletta di Esopo. Il leone animoso2 vide il cavallo
che pascolava in un prato. Come lo vide, si avviò verso di
lui con intenzioni subdole3 e, da amico, ma con sussiego4
professandosi5 medico, gli si accostò. Il cavallo capì l’insidia6,
non rifiutò tuttavia i suoi servizi, ma aguzzò opportunamente il
cervello contro la macchinazione7 [del leone]. Finse di aver
calpestato un ceppo8 d’ albero e, alzato il piede, disse: «Fratello,
aiutami! Mi rallegro che tu sia qui. Ho calpestato un ceppo
d’albero: guariscimi!» Il leone si accostò con cura, dissimulando9
la sua frode10, ma il cavallo in un lampo gli sferrò11 una
gragnuola12 di calci e il leone stramazzò13 e restò steso a lungo a
terra. Quando tornò in sé, non vide il cavallo e s’accorse che
aveva la testa, il viso e tutto il corpo pestato. Si racconta che
allora così disse: «Ben mi sta: sono stato sempre macellaio e
nemico di ogni bestia e ora ho voluto farmi loro amico e
avvicinarmi ad esse come medico».
Perciò chiunque tu sia che ascolti questa favola, sii quel che sei
e non mentire.
Da Fedro, Favole, trad.di A. Richelmy, Einaudi
38
1. non conoscono l’ arte: non hanno
competenze in un settore.
2. animoso: coraggioso.
3. subdole: false.
4. sussiego: atteggiamento molto serio,
un po’ superbo
5. professandosi: dichiarandosi
6. insidia: inganno
7. macchinazione: trucco.
8. ceppo: parte inferiore del tronco di
un albero.
9. dissimulando: nascondendo.
10. frode: inganno.
11. sferrò: tirò con forza.
12. gragnuola: fitta serie.
13. stramazzò: cadde a terra.
Favolando…
39
U
n giorno un cavallo, ricco d’ornamenti, venne incontro a un
asino che, stanco e carico com’era, tardò a dargli la via.
“Avrei una gran voglia – disse – di fracassarti a calci”.
L’asino non rispose e con un gemito1 chiamò testimoni gli dei.
Passò qualche tempo.
Il cavallo, durante una corsa, si azzoppò e fu mandato a servire
in campagna. Appena l’asino lo vide tutto carico di letame:
“Ricordi – domandò – che boria2 e che pompa3? Eh? E che ne
hai avuto? Eccoti ridotto alla miseria che prima spregiavi4”.
I felici che disprezzano l’umile, sanno essi quale sarà il proprio
domani?
Fedro
1.
2.
3.
4.
Gemito: suono inarticolato emesso da chi si lamenta o piange
Boria: ostentazione vana
Pompa: esibizione, sfoggia
Spregiavi: disprezzavi
40
U
n asino ed una volpe fecero amicizia e insieme se ne
andarono a caccia. Incontrarono un leone dall’aria
minacciosa1. La volpe intuì2 il pericolo che stava correndo,
gli si avvicinò e cominciò a parlargli: si impegnava a consegnargli
l’asino, in cambio della sua salvezza. Il leone le promise la
libertà: così la volpe condusse l’asino verso una trappola e ce lo
lasciò cadere. II leone, appena vide che l’asino era
nell’impossibilità di fuggire, assalì per primo la volpe e poi, con
calma, ritornò ad occuparsi dell’animale che era caduto nella
trappola.
1. Minacciosa: che incute timore.
2. intuì: capì prontamente.
Favolando…
41
U
n lupo ed un agnello, spinti dalla sete, erano giunti allo
stesso ruscello. Più in alto si fermò il lupo, molto più in
basso si mise l’agnello. Allora quel furfante, spinto dalla
sua sfrenata golosità, cercò un pretesto di litigio.
-Perché –disse– intorbidi l’acqua che sto bevendo?- Pieno di
timore l’agnello rispose: -Scusa, come posso fare ciò che tu mi
rimproveri? Io bevo l’acqua che passa prima da te-.
E quello, sconfitto dall’evidenza del fatto, disse: -Sei mesi fa hai
parlato male di me-. E l’agnello ribattè: -Ma se ancora non ero
nato!- -Per Ercole, fu tuo padre, a parlar male di me- Disse il
lupo. E subito gli saltò addosso e lo sbranò fino ad ucciderlo
ingiustamente.
Questa favola è scritta per quegli uomini che opprimono gli
innocenti con falsi pretesti.
(da Fedro, Animali nelle favole)
L
ungo la sponda di un rivo1 sono venute a bere due bestie: il
lupo più in alto e, molto più in basso, l’agnello: pasto
eccellente per quello scannatore2 vorace3. Il lupo vuol fare
l’offeso. “Perché mi hai intorbidata4 l’acqua mentre bevo?”
e l’altro tutto timoroso: “Ma, scusami tanto, in che modo, se
l’acqua che mi abbevera5 scorre giù da te?” La cosa è troppo
evidente. “Sei mesi fa,” riprende, “hai detto male di me.”
“Veramente non ero nato allora.” “Perdinci, fu tuo padre il
maldicente6.” E lo afferra e lo sbrana.
Chi è più forte vuole aver tutto, anche la ragione.
(da Favole esopiche, trad. di C. Marchesi, Formiggini)
42
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Favolando…
rivo: ruscello
scannatore: chi uccide tagliando la gola, in questo caso il lupo
vorace: insaziabile
intorbidata: fatta diventare torbida, sporca
abbevera: fa bere
maldicente: colui che ha parlato male di me
43
M
entre il leone dormiva nella selva1,
due topi di campagna giocavano lì
vicino. Uno di essi, senza volerlo,
passò sul leone. Il leone, svegliatosi, afferrò con una
zampata svelta il povero topo; il topo lo pregò di perdonargli
perché non l’aveva fatto apposta. Il leone pensava: se lo
ammazzava, era un motivo d’accusa, non una gloria. Gli perdonò
e lo lasciò andare. Pochi giorni dopo il leone cascò in una fossa.
Restato prigioniero, cominciò a ruggire. Il topo, come
lo sentì, accorse2. Appena riconobbe il prigioniero,
disse: “Non ho dimenticato il tuo beneficio”3. Allora
prese ad esaminare i lacci, a tagliare le corde, ad
allentare
la
trappola
ingegnosamente
4
escogitata . Così il topo restituì libero alle sue
selve il leone prigioniero.
Nessuno si proponga di danneggiare i piccini.
(Da Fedro, Favole, trad. di A. Richelmy, Einaudi)
1.
2.
3.
4.
selva: bosco.
accorse: corse in aiuto.
beneficio: azione generosa.
escogitata: inventata.
44
C
’era una volta un formicaio1 composto da cento formiche
che un giorno si misero a costruire la loro casa. Il giorno
successivo udirono dei passi molto forti: era l’elefante2
che si stava avvicinando. Essendo molto alto, non vide il
formicaio e lo distrusse. Per ribellarsi le formiche di notte
riunirono alcuni animali della foresta.
Il giorno dopo seguirono l’Elefante fino alla sua grotta e videro
che abitava proprio sotto una montagna che aveva sopra un
grande masso3.
Essi spinsero il masso giù dalla montagna, il quale cadde proprio
all’entrata della grotta4. Le formiche scesero dalla montagna e
fecero un patto con l’Elefante: gli dissero che se non avesse più
distrutto le loro abitazioni lo avrebbero liberato.
MORALE: Gli animali, ma anche gli uomini, non dovrebbero
distruggere le abitazioni degli altri!
1. Formicaio: insieme di formiche.
2. Elefante: animale che vive in
Africa
3. Masso: grande blocco roccioso
immerso profondamente nella
terra
4. Grotta: cavità che si apre sul
fianco di un monte
Favolando…
45
L
a volpe era stata a caccia tutto il giorno e non aveva
acchiappato nulla. Era affamata… A sera andò a trovare il
lupo, suo amico, e gli chiese un boccone. Mentre mangiava,
adocchiò tre bei prosciutti appesi al soffitto. Subito pensò come
impadronirsene e disse al lupo: “Che bei prosciutti! Non hai paura
che te li rubino? O che qualcuno te ne chieda in dono?” “Chi vuoi
che osi venire a rubare qui?” rispose il lupo. “Ci siamo io, mia
moglie e i miei figli. E, quanto al donare, lascerei morire mio
padre prima di dargliene una fetta”.
“Non si sa mai” replicò la volpe. “se fossi in te li nasconderei ben
bene e poi spargerei la voce che te li hanno rubati. Così sarei
sicuro di potermeli mangiare a comodo. Ma, del resto, è affar tuo.
Grazie della cena e buonanotte a te e a tutti”.
Uscì, ma stette rimpiattata là vicino. Quando fu notte alta, che
tutti dormivano, si arrampicò sulla capanna del lupo, fece un
grande buco nel tetto, che era di paglia, rubò i tre prosciutti e
andò a mangiarseli a casa con la sua famiglia. La mattina dopo si
recò a trovare il lupo. Lupo, lupa, lupacchiotti ululavano disperati.
“Che cosa è capitato?” domandò fresca fresca la volpe. “Mi
hanno rubato i prosciutti!” gemette il lupo. “Mi hanno rubato i
prosciutti!”.
“Bravo!” disse la volpe. “hai seguito il mio consiglio. Cosa devi
fare. Grida forte che tutti sentano”.
“Ma no! Li hanno rubati davvero!”
46
CHI L’HA SCRITTA
Questa moderna favola in versi è stata scritta nel 1931 da
Carlo Alberto Salustri (1871-1950), un poeta più noto
con lo pseudonimo di TRILUSSA (uno pseudonimo è un
nome inventato o anagrammato come questo).
Trilussa è autore di numerose raccolte di poesie scritte in
dialetto romanesco.
U
n Lupo che beveva in un ruscello vidde, dall’antra1 parte
de la riva, l’immancabbile2 Agnello.
«Perché nun venghi3 qui?» je4 chiese er Lupo «L’acqua,
in quel punto, è torbida e cattiva e un porco ce fa spesso
er semicupo5. Da me, che nun ce bàzzica6 er bestiame, er
ruscelletto è limpido e pulito…»
L’ Agnello disse: «Accetterò l’invito quando avrò sete e tu nun
avrai fame»
Da Trilussa, Libro muto, A. Mondadori.
1. antra: altra
2. immancabbile: immancabile; nel senso che spesso nelle fiabe antiche dove c’è il
lupo c’è anche l’ agnello
3. nun venghi: non vieni
4. je: gli
5. semicupo:bagno
6. bàzzica: frequenta
Favolando…
47
U
na volta un asino viaggiava carico di due grossi sacchi di
sale. Per abbreviare la strada, il suo padrone gli fece
attraversare un fiumicello. L’asino a un tratto inciampò sui
ciottoli e scivolò nell’acqua.
Mentre cercava di rialzarsi, l’acqua penetrò nei sacchi e cominciò
a sciogliere tutto il sale. Così, quando l’asino riprese il viaggio, si
accorse di essere diventato leggero leggero.
Poco tempo dopo, lo stesso asino rifece la stessa strada.
Questa volta portava un carico di spugne, ma per l’asino era la
stessa cosa, perché, delle cose che portava, conosceva solo il
peso.
Così quando fu nel fiumicello, fece finta di inciampare nei ciottoli,
e anche questa volta cadde nell’acqua. Ma, mentre l’altra volta il
sale si era sciolto, questa volta le spugne si gonfiarono d’acqua.
Così l’asino, invece di ritrovarsi più leggero, si sentì addosso un
peso molto più grande e, per di più, il suo padrone si arrabbiò e
lo bastonò.
Questa favola ci insegna che, prima di ripetere un’azione che ha
dato un buon risultato, dobbiamo sempre chiederci se le
circostanze sono le stesse o se sono cambiate.
48
C
'era una volta un abete e un rovo che non sapevano fare
altro che "beccarsi" quotidianamente.
L'abete, alto e imponente, era molto presuntuoso; il rovo,
piccolo e spinoso, cercava di contrastarlo come poteva.
"Sono bello, grande e utile, gli uomini si servono della mia
corteccia per costruire i tetti delle case, le navi, i mobili e gli
strumenti musicali, inoltre addobbo le case durante il natale"
amava vantarsi l'abete, "… e tu, piccolo e brutto sgorbio, hai il
coraggio di confrontarti con me.... Qual è la tua funzione? A chi
giovi? Non ti si può avvicinare che subito pungi e i tuoi frutti, le
more, sono buoni solo per gli uccelli.".
A così tanta veemenza il povero rovo rispose: "Caro abete, se tu
ti rammentassi delle scuri e delle seghe che ti spaccano, forse
preferiresti essere un piccolo rovo anche tu !!”
Favolando…
49
C
’era una volta un asinello burlone molto grigio ed anche un
po’ somarello che vagabondava nella campagna alla
ricerca di un po’ di cibo e di qualche animale da prendere
in giro.
Un giorno, quasi verso sera, in una delle sue solite passeggiate
si trovò di fronte un cinghiale e non potendo fare a meno di
deriderlo disse: “Salve, fratello”. Il cinghiale un po’ indignato,
respinse il saluto e chiese all’asino il motivo di tale paragone.
L’asino, allora, scodinzolante e con le orecchie tese disse: “Tu
dici che io non ti assomiglio; beh certo, ma le mie orecchie
assomigliano tanto al tuo muso”.
Il cinghiale che voleva attaccarlo era fumante di rabbia per il
paragone, ma tuttavia represse il suo istinto e replicò: ”Sarebbe
facile per me la vendetta, ma non voglio sporcarmi col sangue di
una nullità”.
Morale:
Lo stolto che strapazza gli altri con offese grossolane e gratuite
deve ben guardarsi dal giorno in cui la pagherà per tutte
le malefatte.
50
U
n cavallo era solito calmare la propria sete presso un
abbeveratoio, che impunemente, un cinghiale aveva reso
molto torbido con le sue inutili sguazzate…
Un giorno il cavallo perse la pazienza e la giurò all’impavido
selvatico.
Corse allora parecchie miglia prima di incontrare e chiedere
l’aiuto di un uomo.
Dopo averlo sollevato e caricato sul suo dorso, il cavallo con il
proprio “cavaliere”, tornò di gran carriera verso il nemico
“selvatico”.
Raggiunto l’abbeveratoio, il cavaliere, con un preciso colpo di
freccia stese il povero cinghiale e rivolgendosi al cavallo, gli
disse: ”Oggi sono molto contento per averti dato retta e aver
assecondato le tue preghiere; in un solo colpo infatti ho catturato
un preda prelibata e mi sono reso conto quanto tu sia utile ...”.
Fu così che il cavaliere costrinse il cavallo a dover sopportare il
“freno”.
Assai amareggiato ed intristito pare che il cavallo abbia detto:
“Per una sciocchezza avevo cercato vendetta ed adesso ho
trovato la schiavitù….”
Morale:
un consiglio per gli iracondi: meglio essere offesi impunemente
che doversi poi affidare alla discrezione di un altro.
Favolando…
51
C
’era una volta un lupo che dopo aver mangiato a
crepapelle vide in lontananza una pecorella lunga distesa
per terra.
Man mano che si avvicinava alla pecora, il lupo si accorse che
questa era svenuta, o aveva fatto finta, perché aveva paura di lui.
Il lupo allora, cercando di rassicurarla, soprattutto perché aveva
già mangiato a sazietà, le fece coraggio promettendole che se
avesse fatto immediatamente tre affermazioni sincere, l’avrebbe
lasciata libera.
Questa senza lasciarsi pregare due volte cominciò così ad
esternare: "Prima di tutto, caro lupo, non ti avrei mai voluto
incontrare; secondo, se proprio avessi dovuto incontrarti avrei
preferito tu fossi stato almeno cieco; terzo, auguro a tutti voi lupi
malvagi la più straziante delle morti, perché, pur senza subire
torti da parte nostra, ci continuate a fare la guerra.
A queste parole così sincere, il lupo, lasciò libera la povera
pecorella.
Morale:
A volte la verità può imporsi anche sui nemici.
52
U
n giorno, in un letamaio, un pollastro stava cercando
qualcosa da poter beccare....Finalmente e con somma
sorpresa trovò una perla.
"Tu" disse il pollastro "così bella e preziosa sei qui abbandonata
in un luogo così indegno e puzzolente!!"
Se qualche avido ti avesse notato prima di me, tu saresti già
tornata, da un pezzo, al tuo vecchio splendore....
Ora, siccome e purtroppo per te, ti ho scoperto io... tieni
presente, disse il pollastro, che avrei preferito di gran lunga
qualcosa da mangiare e così questo incontro non è servito nè a
te nè a me.
Irato e indispettito il pollastro diede un calcio alla povera perla e
si rimise a razzolare per cercare qualcosa da mangiare.....
Morale:
Le cose belle, per chi non le apprezza, non hanno alcun valore.
Favolando…
53
C
’era una volta una mosca che andava ronzando qua e là
senza una meta ben precisa.
Un pomeriggio scorse una mucca intenta a tirare un carro
e subito si diresse verso di lei posandosi sul timone dello stesso
carro… sussurrandole: “Come sei lenta!!”
Nonostante quelle parole, la mucca, in apparenza, per nulla
intimidita continuò a mantenere la stessa andatura.
Irritata dalla mancata risposta, la mosca, continuò a sollecitare la
mucca con la stessa domanda…
“E’ mai possibile che tu non possa andare più in fretta….stai
attenta che non ti punzecchi il collo con il mio stiletto, per
bacco…”
La povera mucca, allora, stanca ed esausta per la giornata
lavorativa, ma anche per le continue domande, abbozzò una
simile risposta: “Senti bella fannullona, non mi lascio certo
intimidire dalle tue parole, piuttosto ho invece paura, non certo di
te, ma di questo qua dietro che seduto su un seggiolone governa
il mio giogo con una frusta e doma la mia bocca con un piccolo
morsetto. Lascia perdere la tua inutile arroganza, non ho certo
bisogno di essere sollecitata da una come te, lo so io quando è
ora di correre e quando è ora di battere la fiacca!”
Morale:
Purtroppo, oltre che di arroganti veri, il mondo è anche pieno di
arroganti fasulli…a noi l’arduo compito di smascherarli e di
contrastarli entrambi.
54
C
'era una volta un gruppo di colombe molto veloci e molto
furbe che avevano più volte rischiato la propria vita
sfuggendo al loro acerrimo nemico, il nibbio.
Ormai vecchio e stanco delle peripezie delle colombe, il nibbio
cambiò il proprio metodo di caccia, ricorrendo, come spesso
capita anche agli uomini, all'inganno e all'ipocrisia.
Radunate le colombe fece loro un discorso: "Non sarebbe
meglio, se invece di angosciarvi per la mia caccia, mi eleggeste
vostro Re in modo tale da non temermi più?".
Le povere colombe, accettando il patto scellerato, si
consegnarono al nibbio il quale una dopo l'altra le divorò.
Una delle superstiti allora disse: "Ben ci sta se siamo state
duramente punite!”
Morale:
guai affidarti alla protezione di un malvagio quando cerchi aiuto,
perchè purtroppo troverai solo guai.
Favolando…
55
C
'era una volta un cervo che si vergognava delle sue
gambe sottili e si compiaceva delle ramose corna che gli
davano un'aria nobile ed aristocratica.
Tutte le volte che si abbeverava ad una fonte, specchiandosi, si
fermava, per parecchio tempo, ad adorare le proprie corna e si
soffermava, pochi istanti, sulle esili zampe, che non si
addicevano alla sua regale bellezza.
Un giorno, però, il cervo, mentre riposava nella verde campagna,
udite le grida dei cacciatori, iniziò a correre per sfuggire alle
bramose bocche dei cani e con salti magistrali riuscì ad eludere
la loro caccia.
Più tardi, entrato nella fitta boscaglia per nascondersi, rimase
impigliato tra i rami degli alberi a causa delle sue lunghe corna,
ed ahimè, fu raggiunto dai voraci cani che non gli lasciarono
scampo.
Morale:
le cose che riteniamo inutili, a volte, si rivelano più utili di ciò che
abbiamo elogiato.
56
U
na donnola, dopo aver catturato un gallo, pensava ad un
pretesto per poterlo mangiare.
Iniziò ad accusarlo di molestare gli uomini, poiché con il
canto gli impediva il sonno... ma il gallo, quasi per discolparsi,
replicò: "Li sveglio nel loro interesse, perché devono lavorare."
La donnola, allora, spiazzata dalle affermazioni del gallo, si
inventò una nuova accusa: "Perché, violi le leggi naturali
accoppiandoti con tua madre e le tue sorelle (le galline)".
Non faccio nulla di male -disse il gallo- anzi lavoro per il mio
padrone e così facendo le galline producono un'enorme quantità
di uova.
La donnola, allora, stanca delle risposte del gallo e della sua
arguzia, decise di farla finita con le domande e se lo mangiò.
Morale:
così gli animali, come le persone di natura malvagia, quando
decidono di fare un torto a qualcuno, se non sono in grado di
trovare un pretesto ragionevole, commettono il loro crimine
ingiustamente.
Favolando…
57
I
vizi son fra lor buoni fratelli,
e quando uno si siede
nel nostro cor, si vede
che siedono anche quelli
van con per via,
a meno che la trista1 compagnia
per ira non si pigli pei capelli.
Non così le virtù. Raro si mira
dei grandi affetti in un sol uom lo zelo
temperato con nobile armonia.
L’uno è valente, sì, ma pronto all’ira,
l’altro è saggio, ma l’anima è di gelo.
Fin tra le bestie spesso
vedi accader lo stesso.
Il più fido2 animal che mai ci sia,
il cane io dico, mostrasi talvolta
anch’esso bestia stolta
e piena d’un’ingorda ghiottornia3.
Due Cani in lontananza un giorno videro
in mezzo al fiume galleggiare un Asino,
che, sospinto dal vento, se ne giva4
discostandosi sempre dalla riva.
-Amico, - disse l’un, -che l’occhio hai limpido
e più acuto del mio, guarda sul liquido
58
specchio dell’onda. E’ un bove od un cavallo?
E l’altro: E’ un buon boccone senza fallo.
Ma pigliarlo, barbin, questo è il difficile!
Lunga è la tratta e incontro il vento soffia.
Non ti senti riarso e sitibondo?
Proviamo a ber quest’acqua fino in fondo,
finchè in secco vedremo della bestia
(superba provvigion) il corpo ghiotto.
Bevono i Cani e bevi e bevi… bevvero
Tanto che… punf… scoppiarono di botto.
Tal è l’uomo. Se in lui fissa è l’idea,
non c’è cosa impossibile e fallace5.
Castelli in aria crea,
e per amor di vane6 ombre e di gloria
in desideri perde la sua pace.
-Oh, potessi riempire di ducati
questi miei scrigni! Oh, s’io sapessi almeno
la chimica, la storia, la medicina, l’arabo, l’armeno!
O arrotondar potessi questi Stati!Questo è bevere il mar. Ai sovrumani
concetti d’uno spirito vanerello
non bastan quattro corpi ed otto mani.
Se non si resta a mezzo sul più bello,
a compier ciò che logico non è
non bastan quattro vite di Noè.
Da Favole di La Fontaine
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Favolando…
Tristo: cattivo, malvagio.
Fido: fedele.
Ghiottornia: cibo ghiotto, golosità.
Giva: andava
Fallace: ingannevole, falsa.
Vane: inutili, inconsistenti.
59
Serravalle Scrivia, 3 giugno 2003
Fly UP