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Tecnica venatoria

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Tecnica venatoria
MODULO CACCIATORE DI
CINGHIALE ABILITATO ALLA
CACCIA COLLETTIVA
ST.udi
E.cologici
R.icerca
N.atura
A.mbiente
ISTITUTO NAZIONALE PER
LA FAUNA SELVATICA
Supervisione scientifica
INDICE
INDICE
MODULO CACCIATORE DI CINGHIALE ABILITATO ALLA
CACCIA COLLETTIVA
Assessorato alla Sicurezza territoriale.
Difesa del suolo e della costa. Protezione civile.
Supervisione scientifica: Silvano Toso *
Impostazione e realizzazione del progetto:
Luciano Cicognani ** Maria Luisa Zanni *** Silvano Toso.
Testi, filmati, grafica ed editing: Luciano Cicognani, Franca Monti **.
Fotografie:
Luciano Cicognani, Paride Gaudenzi, Franca Monti.
Revisione testi:
Silvano Toso, Barbara Franzetti *, Elisabetta Raganella Pelliccioni *, Francesco Riga *,
Paolo Montanaro *.
* Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica; ** ST.E.R.N.A.;
*** Regione Emilia Romagna
Si ringraziano: Luca Valbonesi e Giorgio Fabbri per la collaborazione ed i reperti forniti; un “corale” ringraziamento alla
Squadra Cinghialisti “Alto Rabbi”.
INDICE
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Supervisione scientifica
ST.E.R.N.A.
ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
MODULO CACCIATORE DI CINGHIALE ABILITATO ALLA
CACCIA COLLETTIVA
Tecnica venatoria

Importanza dei metodi di caccia.

Il prelievo venatorio.

Caccia programmata e prelievo selettivo.

Il piano di prelievo quantitativo.

Sistemi di caccia a confronto: caccia collettiva e caccia individuale.

I sistemi di caccia collettiva: battuta, braccata, girata.

Sistemi di caccia a confronto: braccata e girata.

La squadra: struttura e funzioni, compiti, rapporti sociali, il legame col territorio.

Organizzazione delle squadre: preparazione alla braccata e scelta della zona.

La tracciatura. La tracciatura preventiva dell’area di braccata. Definizione e assegnazione delle poste. Comportamento alle poste.

Cani per la caccia al cinghiale in braccata: razze, il lavoro della muta, addestramento, utilizzo.

Comportamento ed etica venatoria: cos’è la caccia, regole e comportamento, il problema “bracconaggio” , il legame cacciatoreterritorio.

Armi (tipi e calibri) e loro corretto utilizzo: le armi, le cartucce (calibri).

Note di balistica.

Norme di sicurezza.

Dove sparare.

Quando non bisogna sparare.

Utilità e necessità del servizio di recupero dei capi feriti.

Indicazioni sulle fasi successive all’azione di caccia: importanza del controllo dei capi abbattuti, raccolta dei dati e dei campioni
biologici. Esempio schede di interventi di controllo al cinghiale.

Trattamento delle spoglie e norme igieniche e sanitarie.

Misure biometriche. Esempio di scheda di rilevamento dati biometrici.

Valutazione del trofeo.
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Supervisione scientifica
ST.E.R.N.A.
ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Importanza dei metodi di caccia
Influenza diretta e indiretta
dei metodi di caccia
Indiretta
Diretta
Influenza sullo status delle popolazioni
indipendentemente dalle dimensioni del prelievo.
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Approccio culturale dei cacciatori al
complesso della gestione faunistica.
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Il prelievo venatorio
La prima schematica e sommaria classificazione delle diverse tipologie di prelievo venatorio a cui storicamente sono stati
sottoposti gli ungulati, ci porta ad effettuare due ordini di distinzione: il primo fra caccia programmata e prelievo selettivo
ed il secondo fra cacce collettive e cacce individuali.
Lo strumento principale e comune ad ogni forma di prelievo venatorio di ungulati è il piano di prelievo (o piano di
abbattimento) in quanto consente di definire, prima di iniziare la caccia ed in relazione alle caratteristiche di struttura e
dinamica della popolazione (densità, natalità, mortalità, IUA, ecc.), il tipo di animali che possiamo abbattere e/o l’entità del
prelievo, tenendo conto del concetto (in un’ottica conservativa) di mantenere il “capitale” (densità nel tempo) prelevando solo
gli “interessi” (I.U.A.).
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Caccia programmata e prelievo selettivo
La caccia programmata, così come definita
dall’attuale quadro normativo italiano, presuppone
la definizione di un carniere teorico determinato
dal numero di capi abbattibili da ciascun
cacciatore per ciascuna giornata di caccia e dal
numero
di
giornate
usufruibili.
Questo
meccanismo risulta quindi del tutto indipendente
dallo status delle popolazioni cacciate.
Determinazione del numero massimo di
capi prelevabili (carniere massimo
teorico) senza censimento preventivo.
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Determinazione del numero dei capi presenti e
della loro ripartizione nelle classi di sesso ed età
(censimento quali-qualitativo)
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Il prelievo selettivo è invece subordinato alla
definizione preventiva sia della quantità dei capi
che si intendono prelevare sia della loro ripartizione
in classi di sesso e di età. Presupposto
fondamentale è pertanto la conoscenza di questi
parametri per ciascuna popolazione cacciata
ottenuta attraverso opportuni censimenti.
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Il piano di prelievo quantitativo
La fauna selvatica è una risorsa rinnovabile.
Incremento utile annuale
della popolazione (interesse)
Il prelievo venatorio, qualora
l’obbiettivo gestionale non sia la
riduzione della popolazione, non
deve mai superare l’entità
corrispondente all’IUA (non deve
cioè intaccare il capitale).
Consistenza della
popolazione (capitale)
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Sistemi di caccia a confronto:
caccia collettiva e caccia individuale
CACCIA INDIVIDUALE
Si classificano come individuali quelle
forme di caccia che prevedono che il
cacciatore svolga la propria azione
individualmente. Le cacce individuali
sono quelle che meglio consentono di
rispettare il principio fondamentale
della caccia di selezione, vale a dire la
scelta preventiva del capo da abbattere
(per classe di sesso e di età) a seguito
di
un’osservazione
paziente
e
prolungata (utilizzando una adeguata
strumentazione ottica) di tutti i capi che
si presentano nell’area frequentata.
L’abbattimento potrà essere effettuato
solo qualora venga individuato un capo
appartenente alla classe assegnata al
cacciatore.
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Sistemi di caccia a confronto:
caccia collettiva e caccia individuale
CACCIA COLLETTIVA
Le cacce collettive vantano una lunga
tradizione storico-culturale; è infatti
probabile che il primo modo per
cacciare
gli
ungulati
selvatici
consistesse nell’esecuzione di una
sorta di “battuta” finalizzata alla
forzatura dei selvatici verso dirupi o
trappole
dove cadevano e quindi
potevano essere raccolti. Poi l’uomo
iniziò a selezionare, partendo dal lupo,
diverse razze di cane, anche adatte
alla caccia che avevano la funzione di
scovare e forzare gli animali verso le
reti. Tale metodo si è protratto fino al
tardo Rinascimento. Con l’avvento
delle armi da fuoco, anziché verso le
reti, gli animali venivano spinti da cani
e battitori verso le poste (luoghi in cui i
cacciatori armati si appostavano).
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Sistemi di caccia a confronto:
caccia collettiva e caccia individuale
Confronto fra cacce collettive e cacce individuali, rispetto a tre caratteristiche: selettività, disturbo e
coinvolgimento del cacciatore nella gestione (un cacciatore cioè che invece di limitarsi ad effettuare
uscite di caccia ed abbattere la selvaggina, partecipa attivamente a tutte le attività connesse alla gestione
degli ungulati). La girata, pur essendo di fatto una caccia collettiva, se eseguita correttamente consente di
rispettare in maniera sufficiente il criterio fondamentale delle cacce individuali (discriminazione e scelta
preventiva del capo da abbattere).
Coinvolgimento del
Selettività
Disturbo
cacciatore nella gestione
Cacce
collettive
Cacce
individuali
Battuta
scarsa
medio alto
scarso
Braccata
nulla
elevato
scarso
Girata
modesta
medio basso
medio
Cerca
buona
scarso
elevato
Aspetto
elevata
irrilevante
elevato
La selettività, scarsa o nulla nelle cacce collettive, è modesta nella girata ed è buona in entrambe le cacce
individuali. Il disturbo, elevato nella braccata, diviene medio alto nella battuta, medio basso nella girata, scarso
ed irrilevante rispettivamente per la cerca a l’aspetto. Il coinvolgimento del cacciatore nella gestione, elevato
nella cerca come nell’aspetto, è modesto nella braccata e nella battuta, medio nella girata.
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
I sistemi di caccia collettiva
I sistemi di caccia collettiva
sono basati sullo scovo forzato
degli animali che vengono
sospinti verso i cacciatori che
attendono alle poste; tali metodi
sono sostanzialmente tre: la
battuta, la braccata e la girata
(nel territorio nazionale viene di
fatto utilizzata in modo quasi
esclusivo la braccata con cani
da seguita). Con questi metodi il
tiro
viene
quasi
sempre
eseguito
su
animali
in
movimento e, nel caso della
battuta e della braccata, spesso
in corsa precipitosa.
La distanza di tiro dipende dalle tipologie ambientali in cui si svolge l’azione ed è minima nelle zone di vegetazione fitta, più
elevata nel caso di copertura vegetale più rada o parzialmente assente. L’efficienza e la sicurezza delle cacce collettive sono
direttamente proporzionali al livello di organizzazione che caratterizza sia la fase preparatoria che lo svolgimento dell’azione.
In particolare, risulta indispensabile la presenza di una figura di coordinamento che decida la scelta dell’area da battere, la
disposizione delle poste e le modalità di svolgimento della caccia; allo stesso tempo è necessario che tutte le persone
coinvolte nell’azione si attengano alle consegne, evitando iniziative personali imprevedibili e non rispettose delle norme di
sicurezza.
Testo tratto da: Monaco A., B. Franzetti, L. Pedrotti e S. Toso, 2003 – Linee guida per la gestione del cinghiale. Min. Politiche Agricole e Forestali
– Ist. Naz. Fauna Selvatica, pp. 116. (Modificato)
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Sistemi di caccia collettiva: battuta
LA BATTUTA
È una tipologia di caccia assai scarsamente utilizzata in Italia. Nella battuta, a differenza di quanto
avviene nella braccata, i cinghiali vengono forzati alle poste da un fronte mobile di soli battitori, senza
l'uso dei cani. La battuta viene invece utilizzata con profitto per alcuni censimenti faunistici.
Aspetti positivi:
medio disturbo alla restante fauna, i cinghiali
giungono di solito alle poste a velocità
moderata, per cui il tiro risulta facilitato e
diminuisce il rischio di ferire gli animali.
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Aspetti negativi:
difficoltà o impossibilità di realizzazione
in boschi fitti o in condizioni ambientali
difficili; elevato numero di battitori
occorrente.
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Sistemi di caccia collettiva: braccata
LA BRACCATA
I cinghiali vengono forzati alle poste da una muta di cani, condotti da un numero più o meno elevato di
conduttori ("bracchieri“), eventualmente coadiuvati da un certo numero di battitori. È la forma più diffusa
in Italia, la cui efficacia ed impatto dipendono in larga misura dalle modalità con cui vene applicata.
Aspetti positivi: è il sistema più efficace
in situazioni ambientali difficili e facilita la
cooperazione tra i cacciatori.
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Aspetti negativi: forte disturbo e impatto sulla
restante fauna. Scarsa o nulla possibilità di
intervenire selettivamente sugli animali.
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Sistemi di caccia collettiva: braccata
Fattori che determinano gli aspetti negativi della braccata
Nella caccia in braccata il comportamento dei cinghiali e le modalità con
cui essi arrivano alle poste dipende, in larga misura, dall’azione svolta
dalla muta dei cani e dai relativi conduttori. Purtroppo oggi in Italia si
tende a privilegiare unicamente una (supposta) migliore resa in termini
di carniere, trascurando la reale efficienza e l’impatto sulla fauna e sul
l’ambiente; vengono perciò quasi sempre utilizzate mute molto
numerose, composte da cani di varia origine, privi di omogeneità di
lavoro e della necessaria specializzazione ed addestramento. L’uso di
cani non specializzati nello svolgimento delle azioni (spesso caotiche) di
ricerca e forzatura degli animali, comporta anche una loro maggiore
esposizione al ferimento da parte dei cinghiali e questo fatto scoraggia
ulteriormente l’utilizzo di cani da seguita “di valore”a favore di soggetti
che semplicemente “fanno numero”. A ciò si aggiunge il frequente
allontanamento e smarrimento degli ausiliari, lanciati all’inseguimento di
altri selvatici, il cui recupero avviene talvolta molte ore o giorni dopo
l’azione di caccia. Questa scarsa attenzione agli aspetti tecnici di una
cinofilia venatoria colta e responsabile, tende ad aggravare
ulteriormente le caratteristiche negative della braccata. Fermo restando
che questa forma di caccia, viste le caratteristiche comportamentali del
Cinghiale e gli ambienti da esso frequentati, rappresenterà anche per il
futuro la metodologia di prelievo più utilizzata, è necessario che nella
sua pratica vengano introdotti forti elementi migliorativi.
Testo tratto da: Monaco A., B. Franzetti, L. Pedrotti e S. Toso, 2003 – Linee guida per la gestione del cinghiale. Min. Politiche Agricole e Forestali
– Ist. Naz. Fauna Selvatica, pp. 116. (Modificato)
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Sistemi di caccia collettiva: braccata
Misure tecnico - operative da attuare per la riduzione degli aspetti negativi della braccata
Utilizzo di cani specializzati a scovare e inseguire esclusivamente il
cinghiale, trascurando la passata di altre specie.
Utilizzo di cani ben addestrati ed in grado di rientrare al richiamo in
ogni fase della braccata.
Impiego di mute omogenee relativamente a velocità e resistenza
dei cani, in modo da evitare il frazionamento, e costituite dal numero
più limitato possibile di individui (da 3 - 4 a 6 - 8 soggetti) in
relazione alle caratteristiche dell’area di battuta.
Localizzazione preventiva dei covi dei cinghiali con l'uso di un cane
con funzioni di limiere, in modo da sciogliere la muta solo quando si
ha la ragionevole sicurezza della presenza degli animali nell’area in
cui si vuole intervenire.
Sufficiente addestramento e massima correttezza e disciplina di tutti
i partecipanti.
Valorizzazione e responsabilizzazione della figura del caposquadra
e incentivazione di forme di autoregolamentazione e autodisciplina
delle squadre (sospensione o esclusione in caso di infrazioni al
regolamento).
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Due segugi istriani a pelo liscio, maschio e femmina (il sesso
diverso è spesso garanzia di buon affiatamento).
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Sistemi di caccia collettiva: girata
LA GIRATA
La girata rappresenta in effetti un’alternativa della braccata come mezzo per scovare e sospingere i
cinghiali verso le poste. Si tratta in realtà di una delle più antiche forme di caccia che prevede l’utilizzo
di un solo segugio che assolve contemporaneamente la funzioni di “limiere” e quella di forzatura degli
animali. Il nome “limiere” deriva probabilmente dalle parole francesi “lier, limier”, il cui significato è
riconducibile ai termini “legare, legame, laccio” e ci indirizza verso un ausiliare collegato al suo
conduttore per mezzo di un guinzaglio lungo 3 – 6 metri (la lunga) o comunque con raggio d’azione
circoscritto. È un sistema impiegato con relativa frequenza nei paesi d’Oltralpe e dell’Est europeo ma
ancora poco diffuso in Italia; risulta particolarmente adatto in parcelle boschive di limitata estensione,
circondate da aree aperte o coltivi.
Un gruppo di girata è composto da: fino a due
conduttori di cane limiere in possesso dei
requisiti richiesti e da 4 a 20 cacciatori abilitati al
prelievo di cinghiale in forma collettiva. Ogni
singola azione di girata può però essere
effettuata da un solo conduttore e da altri 4 - 8
cacciatori.
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Sistemi di caccia collettiva: girata
L’unità costitutiva di base (e fondamentale) del gruppo di girata è rappresentata dal binomio caneconduttore che, per poter operare, deve dimostrare un grande affiatamento, unitamente alla
conoscenza del territorio e delle abitudini, anche locali, degli animali.
Questo metodo di prelievo è composto da tre fasi: 1)TRACCIATURA;
2)DISPOSIZIONE DELLE POSTE; 3) SEGUITA DELLE
TRACCE ED INDIVIDUAZIONE DEGLI ANIMALI.
1a
FASE - Tracciatura: La tracciatura consiste nella ricerca
(generalmente nelle prime ore della mattina) di tracce recenti di
cinghiale che hanno raggiunto i quartieri di rifugio (zone di
rimessa) percorrendo i trottoi; si esegue con il cane tenuto
alla lunga, per esplorare il perimetro della parcella scelta e
rilevare ogni minimo dettaglio (orme, sterco, ecc.). L’area su cui
operare (parcella) dovrà essere ben delimitata e non più
grande di qualche decina di ettari. Protagonista principale della
tracciatura è il limiere che deve segnalare, con il proprio
comportamento, i punti di transito dei cinghiali, in entrata e in
uscita dalla parcella. Qualora il cane segnali un'entrata recente
di animali nella zona di rimessa, il conduttore procede alla
seconda fase dell’operazione, la disposizione delle poste.
Testo tratto da: “Il cinghiale, tecniche di prelievo e controllo” a cura di Marco
Franco Franolich (modificato). www.gavazzano.com – www.riserva.org
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Sistemi di caccia collettiva: girata
2a FASE - DISPOSIZIONE DELLE POSTE. Il conduttore stabilirà dove sistemare i cacciatori addetti alle poste che si
appostano sul bordo della parcella, ad una certa distanza dal limite del bosco, generalmente in prossimità dei passaggi
normalmente e maggiormente utilizzati dai cinghiali nei loro spostamenti (trottoi). A differenza della braccata, le poste
sono poco numerose (il numero massimo è di 8 cacciatori ). Quando il conduttore avrà completato la sistemazione delle
poste avrà inizio la terza e ultima fase.
3a FASE - SEGUITA DELLE TRACCE
ED
INDIVIDUAZIONE
DEGLI
ANIMALI. Il conduttore entra nella
parcella in corrispondenza del punto
precedentemente
individuato
dal
limiere, con il cane tenuto “alla lunga”
che segue la traccia calda degli
animali; solo qualora la vegetazione
sia troppo fitta, il conduttore può
liberare il cane; in quest’ultimo caso è
di fondamentale importanza che
l’ausiliare sia sempre sotto controllo e,
se richiamato, rientri prontamente
senza perdersi in inutili inseguimenti.
Il cane dovrebbe giungere in prossimità dei cinghiali assieme al suo conduttore, ma qualora ciò non si verifichi egli
segnalerà, mediante abbaio a fermo, la presenza degli stessi. In caso dovesse farli muovere, non dovrà forzarli
eccessivamente, per evitare che gli animali giungano alle poste troppo velocemente o si disperdano seguendo percorsi
alternativi a quelli abituali.
In genere i cinghiali, se moderatamente disturbati, tendono ad allontanarsi seguendo i trottoi abituali ed uscendo vicino
alle poste al passo o al piccolo trotto, agevolando il riconoscimento delle classi sociali ed il tiro da parte dei cacciatori
appostati.
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Sistemi di caccia a confronto: braccata e girata
BRACCATA
GIRATA
Necessità di molti cacciatori per “chiudere” l’intera area di
braccata.
Necessità di “chiudere” solo i passaggi (trottoi) usati più
frequentemente.
Elevato disturbo al territorio e agli altri selvatici;
interferenza con altre attività (escursionismo, raccolta
funghi, ecc.).
Disturbo al territorio e agli altri selvatici assai più
tollerabile; la selvaggina si allontana dal ricovero con
relativa tranquillità.
I cinghiali braccati generalmente arrivano alle poste in
corsa, rendendo difficile sia la determinazione dei capi da
abbattere sia il tiro, ed aumentando di conseguenza la
possibilità di ferimenti.
I cinghiali “mossi” dal limiere si spostano ed arrivano alle
poste lentamente rendendo possibile la determinazione dei
capi da abbattere e facilitando il tiro.
Spesso non si è in grado di valutare la reazione al colpo.
È possibile valutare la reazione al colpo.
L’azione di caccia coinvolge una superficie grande,
necessita il coordinamento di molte persone e
generalmente occupa l’intera giornata.
Relativa “flessibilità” nell’esecuzione dell’azione di caccia:
più girate possono essere svolte in una sola giornata.
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
La squadra: struttura e funzioni
Caccia aggregativa e cooperativa per eccellenza, la braccata è la forma di prelievo venatorio del
cinghiale più diffusa in Italia ed è di fatto la tipologia che più si addice a molte condizioni ambientali del
nostro Paese. A seguito della fortissima espansione delle popolazioni di cinghiale, le squadre di cacciatori
di cinghiale in forma collettiva si sono moltiplicate, creando anche qualche problema di compatibilità con
l’esercizio di altre forme di caccia.
ORIGINE
aggregazione spontanea tra cacciatori legati
da amicizia; filiazione di squadre divenute
troppo numerose o al cui interno si sono
verificate conflittualità
REGOLAMENTAZIONE
oltre alle norme locali e nazionali vigenti, viene attuata una
autoregolamentazione che comprende disposizioni per il
disciplinato svolgimento dell’azione di caccia, per la salvaguardia
dell'ambiente, norme comportamentali, diritti e doveri di tutti,
ecc. Alcune squadre si dotano anche di uno statuto associativo.
ORGANIZZAZIONE
L’assetto è di tipo gerarchico e prevede la divisione dei compiti
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
La squadra: struttura e funzioni
Nell’organizzazione della squadra, le cariche sociali (presidente, segretario, cassiere e consigliere)
riguardano prevalentemente gli aspetti amministrativi, mentre la struttura gerarchica e la ripartizione dei
compiti restano ancorati alla tradizionale suddivisione in: capocaccia (o caposquadra), canai, poste,
battitori e ospiti (o invitati).
Il capocaccia
eletto dall'assemblea plenaria, è dotato di
elevata competenza e conoscenza del
territorio. Su di lui grava la responsabilità
dell'organizzazione delle battute, di cui da
il segnale di inizio e di fine. Dirime le
controversie
e
propone
sanzioni
disciplinari. Le squadre numerose possono
avere dei vice capocaccia.
I canai
sono i proprietari e/o i conduttori delle mute
dei cani. Seguono e guidano i cani nel
sospingere i cinghiali verso le poste.
Le poste
sono i cacciatori appostati a distanze tra loro variabili e su assegnazione insindacabile del
capocaccia. Non possono spostarsi per nessun motivo dalla posta a loro assegnata, fino alla
conclusione della battuta.
I battitori
hanno l' incarico di coadiuvare i canai nell’ostacolare la fuga del cinghiale fuori dall'area della
battuta e nell'impedire alle mute di allontanarsi dal terreno di caccia.
Gli ospiti
sono i cacciatori non ufficialmente e stabilmente appartenenti alla squadra, che partecipano
saltuariamente alle battute con uguali diritti e doveri degli iscritti.
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
La squadra: struttura e funzioni
Delle caratteristiche e doti che deve avere un buon caposquadra, si tratterà approfonditamente
nell’apposito modulo didattico; in questa sede vengono definiti ruolo, compiti e caratteristiche degli altri
componenti la squadra.
I canettieri (o canai)
Il numero di canettieri per
squadra è molto variabile,
solitamente rappresentano il
15-30%
dei
componenti.
Mentre
è
relativamente
semplice, per un cacciatore
novizio,
apprendere
il
comportamento da tenere alla
posta, imparare il mestiere di
canettiere risulta sicuramente
più complesso. Le motivazioni
principali di tale scelta sono
solitamente, una particolare
attrazione per i cani e per il
lavoro da essi svolto e la
preferenza per Ia caccia in
movimento
anziché
da
appostamento.
Testo tratto da: Nobile F., 1996. La gestione faunistico venatoria del cinghiale. I dossier di Habitat, primo e secondo volume. Habitat Editori. (Modificato)
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
La squadra: struttura e funzioni
Notevole è il bagaglio delle cognizioni che i canettieri devono acquisire:

innanzitutto una buona cultura cinofila generale (comprese le principali nozioni di anatomia, fisiologia e patologia canina);

competenza ed esperienza in merito alle varie fasi del lavoro dei cani, dall’accostamento all’inseguimento del selvatico;

pazienza e competenza nell’addestramento dei cuccioli;
minuziosa conoscenza del territorio di caccia, compresa la locale e spesso pittoresca toponomastica, per poter
comunicare rapidamente ed in modo chiaro con gli altri componenti la squadra.

La caccia in braccata è una caccia
condotta in maniera cooperativa; i
canettieri perciò dovrebbero tirare al
cinghiale solo in condizioni di assoluta
necessità, come ad esempio per
difendere l’incolumità dei cani oppure
quando i cinghiali cercano di sfondare
il fronte di canai e battitori, avendo
sempre ben presente quanto debbano
essere prudenti nell’uso dell’arma
(tenendola preferibilmente in sicura e
segnalando continuamente con la
voce la propria posizione).
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ST.E.R.N.A.
ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
La squadra: struttura e funzioni
Le poste
La posta è sostanzialmente un cacciatore appostato in silenzio, immobile, ad una certa distanza dalle altre
poste (possibilmente a favore di vento) lungo un perimetro che consenta di intercettare il cinghiale inseguito
dai cani. L’assegnazione della posta avviene per decisione inappellabile del capocaccia (o di un suo
delegato) ed è conseguente ad una strategia che tiene conto di molte variabili, ma soprattutto della
morfologia dell’area braccata.
Il silenzio alla posta è indispensabile, sia
perché il cinghiale ha un udito finissimo, ed
anche perché l’attesa e l’individuazione del
cinghiale in avvicinamento si fa, più che con la
vista, con l’udito ed il silenzio facilita l’ascolto.
L’immobilità è importante quanto il silenzio (chi
sta fermo non fa rumore) infatti, anche se la
vista del cinghiale è debole, solitamente
l’animale sbuca dal folto abbastanza vicino al
tiratore ed ogni suo gesto lo allarma.
L’immobilità è importante anche per motivi di
sicurezza, perché i cacciatori devono essere in
ogni momento al corrente delle reciproche
posizioni, in quanto ogni spostamento, sia pure
di pochi passi, può compromettere l’incolumità
personale.
Testo tratto da: Nobile F., 1996. La gestione faunistico venatoria del cinghiale. I dossier di Habitat, primo e secondo volume. Habitat Editori. (Modificato)
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
La squadra: struttura e funzioni
Le poste
La distanza tra una posta e l’altra dipende dalla conformazione del terreno, dall’assetto vegetazionale, da
elementari regole di sicurezza, dalla maggiore o minore probabilità di passaggio del cinghiale inseguito e
dal l’abilità del tiratore. Vengono piazzate solitamente agli sbocchi dei trottoi (dove la macchia è più folta),
lungo fossati o crinali, ai bordi di sentieri, strade forestali, radure e aree aperte in genere.
Sarebbe auspicabile una sempre
maggior diffusione delle poste situate su
palchetti sopraelevati, soprattutto per
motivi di sicurezza oltre che di migliore
visibilità. La costruzione di tal i
appostamenti è piuttosto semplice e
potrebbero
diventare
strutture
permanenti almeno per le poste
“tradizionali”, che restano sempre le
stesse
di
anno
in
anno.
La
sopraelevazione del cacciatore inoltre,
ne rende meno percepibile l’odore da
parte dei selvatici.
Testo tratto da: Nobile F., 1996. La gestione faunistico
venatoria del cinghiale. I dossier di Habitat, primo e
secondo volume. Habitat Editori. (Modificato)
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
La squadra: struttura e funzioni
I battitori
Non sempre presenti nelle squadre che attuano la caccia in braccata, sono incaricati di coadiuvare i
canettieri nel sospingere i cinghiali verso le poste e nell’impedire alle mute di allontanarsi dal terreno di
caccia; hanno inoltre il compito di impedire o almeno ostacolare la fuga del cinghiale dall’area di braccata
attraverso i varchi che si creano nel fronte di battuta.
Il tipo di sbarramento eretto dai
battitori è di carattere olfattivo ed
acustico;
il
più
efficace
è
sicuramente quello olfattivo in
quanto, muovendosi col vento alle
spalle o di fianco, disseminano le
particelle odorose lungo e avanti il
fronte di battuta costringendo i
cinghiali a muoversi nella direzione
dalla quale non giungono “allarmi
olfattivi”. Normalmente i battitori si
aiutano anche con una serie di
rumori (urla a gola spiegata,
battimani, petardi, ecc.) la cui reale
efficacia è tutta da dimostrare.
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
La squadra: struttura e funzioni
Gli ospiti
Sono cacciatori non iscritti alla squadra che partecipano saltuariamente alle battute con uguali
diritti e doveri dei soci.
Siccome l’afflusso dei forestieri
alle squadre è in costante
aumento (anche per la carenza
di altra selvaggina) molte
squadre, per non rischiare un
sovraffollamento, fissano un
limite massimo di ospiti per
ciascuna azione di caccia,
mediante relative prenotazioni.
Agli ospiti viene richiesta una
quota giornaliera o stagionale,
di importo variabile, come
rimborso spese e prima della
battuta vengono informati sul
regolamento di caccia e sulle
regole della squadra.
Testo tratto da: Nobile F., 1996. La gestione faunistico venatoria del cinghiale. I dossier di Habitat, primo e secondo volume. Habitat Editori. (Modificato)
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
La squadra: struttura e funzioni
Altri incarichi
Gli incarichi distribuiti all’interno della squadra sono molteplici e solitamente tutti svolti gratuitamente e
con impegno. Si tratta di compiti assegnati di volta in volta ai componenti della squadra. Il capocaccia
può ad esempio incaricare un gruppo di canettieri, di ispezionare una zona alla ricerca delle tracce dei
cinghiali. Quando gli incarichi sono assegnati sempre alle stesse persone, nella squadra si configurano
altri ruoli e personaggi.
I tracciatori o traccini
Se sono sempre i soliti ad eseguire il rilevamento delle tracce,
verranno identificati come tracciatori o traccìni. Il termine di ormatore è
più limitativo perché si riferisce alle sole orme dello zoccolo del
cinghiale e non ad altri segnali (fatte, trottoi, grufolate, i nsogliature).
Gli spezzini
Sono gli addetti a sventrare e a macellare i cinghiali, mansione che
richiede una specifica preparazione (spezzini perché “spezzano” i
cinghiali).
Altri
In qualche squadra, le ferite più semplici dei cani vengono riparate da
qualcuno con specifiche attitudini (meglio comunque ricorrere
sistematicamente ad un veterinario). Altri incarichi possono essere
quelli di caricamento delle cartucce a salve e loro distribuzione ai
battitori prima di ogni braccata, riscossione delle quote giornaliere
dagli invitati, organizzazione delle attività sociali, ecc.
Testo tratto da: Nobile F., 1996. La gestione faunistico venatoria del cinghiale. I dossier di Habitat, primo e secondo volume. Habitat Editori. (Modificato)
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La squadra: compiti
Nell’ottica di una responsabile fruizione del “patrimonio cinghiale”, si collocano i motivi per cui gran parte
dei componenti di una squadra restano “mobilitati” anche durante il periodo di silenzio venatorio, per
curare appunto il mantenimento di quel capitale ed i rapporti sociali. Fra i principali compiti di una
squadra si possono individuare:
La collaborazione con
contenimento dei danni.
I miglioramenti
foraggiamento
gli
ambientali
agricoltori
ed
nel
eventuale
I censimenti periodici del patrimonio faunistico.
La stesura dei piani di abbattimento.
L’organizzazione del prelievo venatorio.
La raccolta dei dati sugli animali abbattuti.
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La squadra: rapporti sociali
La squadra, oltre che mezzo tecnico per lo svolgimento delle battute e braccate, deve anche essere
un’espressione aggregativa ricca di momenti partecipativi, informativi ed educativi. I rapporti devono
essere improntati sull’amicizia e sulla reciproca fiducia. La squadra deve inoltre farsi carico di curare i
rapporti sociali durante tutto l’anno, con particolare riferimento a:
Rapporti con altre squadre.
Rapporti con altri cacciatori non
dediti alla caccia al cinghiale.
Rapporti con gli agricoltori.
Rapporti con gli istituti di ricerca.
Rapporti con l’informazione e il
mondo della scuola.
Rapporti con le associazioni
naturalistiche.
Rapporti con le pubbliche istituzioni.
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La squadra: il legame col territorio
IL LEGAME COL TERRITORIO COME MEZZO PER UNA PARTECIPAZIONE RESPONSABILE DEI
CACCIATORI ALLA GESTIONE DELLA FAUNA E DELL’AMBIENTE
La squadra, se aggregazione di persone che agiscono mosse dagli stessi intenti e dagli stessi obiettivi,
rappresenta la premessa ideale per una sempre migliore responsabilizzazione dei cacciatori verso la gestione
integrata della fauna e del territorio. Sono ormai molti i cacciatori di cinghiale che hanno recepito l’esigenza di
allargare le proprie attività ad un permanente impegno nella difesa e nel miglioramento dell’ambiente naturale.
Tuttavia la condizione prioritaria ed indispensabile resta il legame con un determinato territorio, di cui ad una o a
poche squadre deve essere garantito l’utilizzo esclusivo. Tale condizione sarebbe anche il presupposto per un
costante impegno contro fenomeni di bracconaggio e in generale di maleducazione venatoria.
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Organizzazione delle squadre: preparazione alla braccata
In Italia la caccia al cinghiale si
effettua prevalentemente mediante
braccata (si ricorda che la differenza
fra braccata e battuta è
sostanzialmente l’utilizzo o meno di
cani); in molti casi viene però
chiamata battuta anche l’azione di
caccia effettuata con l’ausilio di cani.
Auspicando una sempre maggiore
diffusione della corretta
denominazione ed in considerazione
del fatto che le fasi organizzative, di
preparazione (e per gran parte
anche di esecuzione), sono molto
simili, si tratterà di seguito dello
svolgimento della braccata (proprio
perché di gran lunga la forma più
utilizzata in Italia).
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Preparazione alla braccata: scelta della zona
La scelta della zona in cui effettuare la braccata, avviene in seguito a considerazioni di carattere
prevalentemente programmatico ed è di norma effettuata dal caposquadra con il supporto e i consigli dei
cacciatori più esperti, verrà pertanto trattata più diffusamente nel modulo “caposquadra”, in questo contesto
verranno evidenziate solo alcune considerazioni di carattere generale.
La maggior parte delle squadre preferisce cacciare prima nelle zone potenzialmente più ricche di animali perché
temono di perdere una parte del carniere a vantaggio delle squadre che cacciano nelle aree limitrofe; altre
squadre seguono invece un criterio di avvicendamento delle zone di caccia, dettato da considerazioni di varia
natura: la diversa disponibilità trofica in ghiande e castagne; il maggior grado di terreno gelato (in funzione
dell’esposizione e del periodo); la maggiore presenza di ospiti quando tutte le altre cacce sono chiuse.
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La tracciatura
L’arte del “tracciare”
Nonostante la notevole mole, il cinghiale riesce spesso a “passare inosservato”,
non è facile cioè individuarlo mediante osservazioni dirette; nello scegliere la zona
e le modalità di braccata, si ricorre pertanto al rilevamento ed interpretazione dei
segni di presenza che il cinghiale lascia necessariamente sul terreno e sulla
vegetazione del proprio Habitat. Saper interpretare i segni e le tracce lasciati dagli
animali selvatici richiede, oltre alla assoluta mancanza di presunzione, spirito di
osservazione, esperienza, competenza e capacità di riflessione.
Non è sufficiente saper interpretare i segni indiretti di presenza del solo cinghiale,
occorre conoscere anche quelli lasciati dalle altre specie di ungulati selvatici, sia
per l’opportuna discriminazione che per le interazioni che le altre specie possono
avere con il cinghiale, spesso modificandone abitudini e comportamenti. Un buon
tracciatore deve essere in grado di fornire attendibili informazioni sul numero, sulla
taglia, sul luogo di rimessa dei cinghiali presenti nella zona nonché sulle abituali
vie di fuga. Le orme fresche vengono contrassegnate con un rametto la cui parte
spezzata è rivolta verso la direzione di marcia dell’animale.
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
La tracciatura preventiva dell’area di braccata
La tracciatura dovrebbe precedere ogni battuta,
anche se la presenza dei cinghiali nella zona è
ritenuta assai probabile, ed essere eseguita
anche nella stessa mattinata in cui si svolgerà
la braccata; in tal caso dovrebbe essere
effettuata esclusivamente lungo il perimetro
esterno della zona in cui si intende operare,
escludendo tassativamente la porzione di
perimetro nella quale il vento si dirige verso
l’interno dell’area; dovrebbe essere eseguita in
assoluto silenzio e con molta discrezione,
cercando di rilevare le più recenti tracce di
cinghiale, “in entrata” o “in uscita” dall’area, in
modo da raccogliere informazioni utili circa la
quantità di cinghiali presenti all’interno della
zona. Naturalmente l’uso di un cane
specializzato con funzione di limiere tenuto al
guinzaglio
lungo
facilita
grandemente
l’operazione di tracciatura e dovrebbe diventare
una pratica diffusa.
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Definizione e assegnazione delle poste
L’assegnazione delle poste può essere fatta per estrazione a sorte, oppure secondo criteri democratici e di
imparzialità (rotazione ecc.) in modo da rendere il più possibile uniformi le probabilità di compiere
l’abbattimento. È controproducente lasciare dei tratti del perimetro dell’area “sguarniti” perché “tanto di lì
non ci passa di sicuro”, è molto meglio restringere il perimetro della battuta. L’assegnazione delle poste, oltre
a criteri di imparzialità deve tenere in considerazione altri parametri molto importanti: SICUREZZA,
VISIBILITA’, DIREZIONE DEL VENTO, TIPO DI ARMA e TIPO DI CACCIATORE. Le caratteristiche di
ciascun parametro verranno affrontate in modo più dettagliato nel modulo Caposquadra”.
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Comportamento alle poste
Tra i consigli comportamentali per chi sta alla posta ricordiamo innanzitutto quello di evitare assolutamente
l’assunzione di alcol e droghe. Molto importante è anche l’immobilità (o quantomeno effettuare movimenti
limitati, lenti e misurati), va ricordato infatti che per tutti gli ungulati selvatici, pur essendo la vista l’organo
di senso meno sviluppato, la percezione del movimento risulta comunque facile, mentre è per essi
relativamente difficile individuare un “nemico” immobile e mimetico.
Occorre sempre sincerarsi della
posizione di chi occupa le poste
limitrofe (coi quali si saranno
concordate in precedenza le
rispettive traiettorie di tiro) sia a
destra che a sinistra, aiutandosi con
movimenti misurati delle braccia.
Alla posta si arriva con l’arma
scarica. Si carica solo al segnale di
inizio della braccata (generalmente
col corno o la tromba da caccia) e si
scarica non appena viene dato il
segnale di fine della caccia
L’uso di indumenti ad alta visibilità risulta assolutamente consigliabile, per evidenti ragioni di sicurezza,
in tutte le cacce collettive ed è previsto in forma obbligatoria da diversi regolamenti locali
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Cani per la caccia al cinghiale in braccata: razze
I cani coi quali si effettua la braccata vengono normalmente chiamati cani da seguita o segugi. Sono
cani addestrati a seguire la scia olfattiva lasciata dal cinghiale sul terreno e sulla vegetazione; una volta
scovato l’animale ne segnalano vocalmente la presenza cercando poi di costringerlo ad abbandonare la
lestra e a dirigersi verso le poste. Di seguito vengono sommariamente presentate le caratteristiche di
alcune delle razze più diffuse.
il segugio italiano, il grifone vandeano, il grifone nivernese, il grifone fulvo di Bretagna,
il segugio istriano, il beagle, il dachsbrake, i bassotti francesi e il segugio svizzero.
Testo tratto da: Nobile F., 1996 – La gestione faunistico venatoria del cinghiale. Il cinghiale e i cani per cacciarlo. Primo Volume.
Habitat Editori. (modificato). Foto fornite da: Giancarlo Bosio www.prosegugio.it .
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Cani per la caccia al cinghiale in braccata: razze
Il Segugio Italiano
Questa antica razza italiana di cane da seguita si presenta in due varietà: a pelo
raso e a pelo forte. Nella prima il pelo è fitto e lucido, liscio e raso dovunque,
anche sugli orecchi e sulla coda. Nella varietà a pelo forte invece è ruvido, ma
con una lunghezza che non supera i 5 centimetri. La conformazione generale del
segugio italiano è quella di un mesomorfo, il cui tronco sta dentro un quadrato,
armonico rispetto al formato e disarmonico rispetto ai profili. L’altezza nel maschio
va dai 52 ai 58 centimetri e dai 48 ai 46 nella femmina. E’ un cane di
temperamento vivace ed ardito, fortemente costruito, di simmetria perfetta, di
ossatura bene sviluppata con forme asciutte, fornito di buoni muscoli, con
assoluta assenza di grasso. la sua costruzione ben equilibrata lo rende capace di
seguire la selvaggina dall’alba al tramonto. Viene utilizzato sia in pianura che in
montagna e nei terreni più aspri. E’ fornito oltre che di resistenza, anche di buona
velocità e lavora pieno d’ardore, sia isolato che in muta. La sua voce è squillante
e simpaticissima. I colori del mantello sono il fulvo in tutte le sue gradazioni (dal
rosso carico al fulvo sbiadito) ed il nerofocato, con focature sul muso, sulle
sopracciglia, sul petto, sulle zampe e sul perineo. Il bianco può comparire a
maschera, sul muso e cranio, o a stella, sul collo, petto, zampe e punta della
coda: in tal caso il segugio italiano nero-focato è chiamato tricolore. Ma è meglio
se il pelo bianco non compare; comunque, non deve essere prevalente. Questo
segugio è instancabile. Con il suo tipico galoppo sciolto, disinvolto e leggero, con
la testa che sfiora il terreno e la vegetazione, avvinto all’emanazione, svolge
brillantemente il suo lavoro di cerca e di accostamento. Con una voce gradevole e
squillante, modulando il tono, la frequenza e l’intensità degli abbai, tiene
costantemente informati i cacciatori. La franca abbaiata a fermo sfocia in una
veloce canizza, dove hanno modo di mostrarsi in pieno l’intelligenza e la sagacia
del segugio italiano. Dotato di ottimo spirito di muta, viene sempre più
frequentemente utilizzato nella caccia al cinghiale, verso il quale dimostra una
spiccata propensione.
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Foto fornite da: Giancarlo Bosio
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Testo tratto da: Nobile F., 1996 – La gestione
faunistico venatoria del cinghiale. Il cinghiale e
i cani per cacciarlo. Primo Volume. Habitat
Editori. (modificato)
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Cani per la caccia al cinghiale in braccata: razze
I Griffoni Vandeani: sono segugi robusti originari della Vandea, regione francese occidentale con antiche tradizioni
venatorie. Vengono distinti in grand basset e bassete briquet, secondo la statura.
Grande Bassetto Griffone Vandeano
Griffone Vandeano medio (Briquet)
Foto fornite da: Giancarlo Bosio www.prosegugio.it
Il grand basset. La sua esuberante potenza gli permette di tenere i ritmi più sostenuti, seguendo naso a terra la traccia con
un’andatura proporzionata all’intensità dell’emanazione: dal passo per l’accostamento su piste vecchie fino al galoppo della
canizza per quelle recentissime; segnala la sua azione con caratteristici ululati di ritmo costante. La sua statura può
raggiungere i 40 cm, con testa larga e un po’ allungata;orecchie pelose, soffici, strette; petto più profondo che largo; zampe
robuste; pelo lungo, ruvido e folto (quindi adatto alla macchia intricata) ove si mescolano il bianco, il fulvo, il grigio, il nero e
l’arancio. Dotato di buona iniziativa, caccia a testa alta con lo sguardo attento, sempre pronto a scattare e con un’andatura che
richiama quella del cane da tana.
Testo tratto da: Nobile F., 1996 – La gestione faunistico venatoria del cinghiale. Il cinghiale e i cani per cacciarlo. Primo Volume. Habitat Editori. (modificato)
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Cani per la caccia al cinghiale in braccata: razze
Il Griffone Nivernese è probabilmente uno dei migliori
cani da seguita per il cinghiale; a condizioni però che il
teatro della battuta sia ampio, che le poste siano pazienti
nell’attesa e che nella muta, anche se composta da pochi
soggetti, non vi siano segugi più veloci. Infatti la sua cerca
olfattiva, anche se sicura e perseverante, non è tra le più
veloci e gli altri segugi, che per esperienza si fidano del
suo fiuto, lo sopravanzano, ritornano presso di lui,
insomma lo incalzano e lo indispongono. Il medesimo
inconveniente si ripete nella canizza, perché il Grifone
Nivernese segue scrupolosamente il percorso compiuto
dal cinghiale, passo per passo, senza tagliare una curva.
Risulta pertanto molto indicato per comporre mute poco
numerose ma molto omogenee (soprattutto nella velocità).
La sua voce è possente e inconfondibile ed il suo
inseguimento infaticabile, per ore ed ore. Quando il primo
a fermarsi per riprendere fiato o per difendersi è il
cinghiale, risuonano alti gli ululati della sua abbaiata a
fermo, che si distinguono da quelli della canizza perché
sono tutti uguali, come intensità, cadenza e tonalità.
Foto fornita da: Giancarlo Bosio
Tuttavia rispetto al segugio italiano a pelo forte cui
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somiglia, tende a risparmiare la voce e quindi anche il
fiato. L’aspetto di questo Grifone è rustico, con peli lunghi,
ispidi, cespugliosi, adatti ai forteti. I colori sono grigio-lupo
o, meglio,grigio-cinghiale, con qualche focatura intorno
agli occhi, alle guance e sulle zampe. Testa lunga,
sguardo vivace, barbetta al mento, orecchie pelose, collo
snello, petto stretto; zampe forti, asciutte e pelose;coda a Testo tratto da: Nobile F., 1996 – La gestione faunistico venatoria del
cinghiale. Il cinghiale e i cani per cacciarlo. Primo Volume. Habitat Editori.
sciabola. La sua altezza può raggiungere i 60 centimetri.
(modificato)
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Cani per la caccia al cinghiale in braccata: razze
Griffone Fulvo di Bretagna
I cacciatori della Bretagna selezionarono un grifone fulvo
potente e resistente che somiglia morfologicamente al
nostro segugio a pelo ruvido. Di taglia media (48-56 cm),
ha una testa allungata con occhi seri, orecchie appuntite
che non sopravanzano lo scuro tartufo, petto largo, dorso
piuttosto corto, piedi asciutti e duri, coda di media
lunghezza; pelo ruvido, ispido (adatto alle macchie più
spinose) e di colore fulvo, bruno o rossastro. A causa
della sua andatura veloce ed incalzante e della sua
indole tenace ed insistente, non risponde con troppa
disponibilità ai richiami del padrone quando insegue un
cinghiale. Per la sua intelligente iniziativa sarebbe più
adatto per la caccia a singolo o al massimo, in coppia,
che in una muta. Perseverante nella cerca, riesce utile
dove i cinghiali scarseggiano. Non commette quasi mai
errori, ad esempio risalendo una pista al contrario oppure
abbandonando un’emanazione per un’altra. Infatti,
quando il suo cervello ha immagazzinato ed elaborato
un’informazione olfattiva, la trasmette alle zampe perché
seguano soltanto quella, alternando possenti scagni a
profondi ululati.
Foto fornita da: Giancarlo Bosio
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cinghiale. Il cinghiale e i cani per cacciarlo. Primo Volume. Habitat
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Cani per la caccia al cinghiale in braccata: razze
Il Segugio Istriano
I segugi che provengono dall’Istria e dai Balcani sono
razze ormai relativamente diffuse in Italia. Vengono
descritti come cacciatori intelligenti e instancabili, con
un abbaio incalzante e veloce nella fase di
accostamento, che tendono a concludere più
rapidamente possibile. Taglia media, mantello bianco
con pezzature marroni, i segugi Istriani stanno
conoscendo un discreto successo in Italia e vengono
utilizzati sia in muta, che come singoli inseriti in mute
eterogenee.
Dotati
di
volontà,
sagacia
e
temperamento,
non
eccellono
in
fase
di
accostamento, sempre piuttosto sbrigativa, ma sono
ottimi abbaiatori a fermo e soprattutto grandi
inseguitori, dalla inconfondibile canizza serrata e
squillante.
A pelo liscio
I Segugi Svizzeri
I Segugi svizzeri sono segugi di taglia medio-piccola (alti al
massimo 40-45 cm): Il Lucernese, con mantello bianco a
larghe chiazze nere; il Bernese, con mantello bianco e macchie
nere e arancioni;
ed il Bianco-Arancio, con mantello
ovviamente bianco-arancio. Hanno muso piuttosto allungato,
orecchie lunghe, collo vigoroso, zampe diritte e piedi arrotondati
e duri, adatti ai lunghi inseguimenti su terreni difficili. La coda è
portata orizzontale. Il Bernese, con la sua bella voce, non
stridula ma sonora, è tra i migliori segugi di montagna. Il suo
padrone lo scioglie a fondo valle e poi fa in tempo a recarsi alla
posta, mentre il cane, con la sua tipica andatura a zig-zag,
segnala con qualche urlo isolato di aver incontrato una pista
fresca. La frequenza delle segnalazioni aumenta poi
gradatamente, finché gli urli sfociano in una canizza a gola
spiegata, senza riprender fiato. Come tutti i grandi urlatori, si
spolmona a scapito della velocità.
Lucernese
A pelo duro
Segugio
Bernese
Segugio
Svizzero
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(modificato). Foto fornite da: Giancarlo Bosio www.prosegugio.it.
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Cani per la caccia al cinghiale in braccata: razze
Il Beagle
Anche se i segugi esteri per la caccia al cinghiale stanno
incontrando in Italia un favore sempre maggiore, per la crescente
diffusione di questo tipo di esercizio venatorio e l’accrescersi
della relativa cultura cinofila, alcuni esperti in materia non
dimostrano un eccessivo entusiasmo per le caratteristiche di
lavoro delle razze transalpine. C’è invece un accordo pressoché
unanime per un cane inglese, di taglia piccola ma ben
proporzionata, vivace, ricco di energie e sempre di buon umore:
intendiamo riferirci al Beagle, che trova un impiego sempre più
largo nelle mute nostrane per la caccia al cinghiale in braccata.
Solitamente il mantello di questo cane da seguita è bicolore
oppure tricolore, preferibile. Testa forte ma non massiccia, corpo
compatto, collo possente. Il resto è un fascio di muscoli ben
distribuiti che poggiano su zampe diritte e piedi rotondi; è alto dai
33 ai 40 cm. Perseverante e generoso, il Beagle abbaia a fermo
per ore ed insegue il cinghiale per giornate intere. Coraggioso
fino alla temerarietà non esita a fare i conti con le zannate dei
verri e con i morsi delle scrofe. Nella caccia al cinghiale, la sua
piccola taglia, anziché un handicap, rappresenta un vantaggio,
perché può muoversi più agevolmente nell’intricato sottobosco.
Dotato di un ottimo spirito di muta, si affiata rapidamente con gli
altri. La sua passione per la caccia, le doti di resistenza, di olfatto
e di velocità, unite ad una voce sonora e piacevole, ne diffondono
sempre più l’impiego nelle squadre dei cacciatori italiani.
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Il cinghiale e i cani per cacciarlo. Primo Volume. Habitat Editori. (modificato)
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Foto fornita da: Giancarlo Bosio www.prosegugio.it
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Beagle - Inglese
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Cani per la caccia al cinghiale in braccata: razze
Il Bassotto Francese
Dalla punta del naso alla radice della coda questo cane è
lungo due volte e mezzo la sua altezza (che è una trentina di
centimetri). Il mantello tricolore (bianco, fulvo e nero) che
richiama quello dell’antico segugio normanno, è costituito da
un pelo fitto, corto e semiduro, con pieghe cutanee più
evidenti su guance e zampe. Le ampie narici nere
sopravanzano le labbra e le larghe orecchie, strette
all’inserzione sulla linea passante per gli occhi, possono
congiungersi davanti al naso. Collo lungo e zampe corte,
leggermente storte e piedi come quelli dei cani di grossa
taglia; petto ampio, dorso largo, coda appuntita. Anche se la
consanguineità derivante dalla selezione ha fisicamente un
pò deteriorato questo soggetto, tuttavia intatte sono rimaste
le sue doti principali: la sua attitudine alla caccia, il fiuto e la
voce tenorile, che lo contraddistinguono come inseguitore nel
bosco, sia da solo che in piccole mute di tre o quattro
soggetti. Sarebbe il cane ideale per cacciare da soli, perché
modulando la voce informa di ogni cambio di direzione
dell’animale, mentre la sua scarsa velocità lascia al
cacciatore tutto il tempo per piazzarsi con sufficiente anticipo
alla posta. Il suo olfatto è talmente fine che segnala una
traccia vecchia di un giorno come se fosse fresca della notte.
Un pò rumorosi nel canile perché si annoiano, allegri e vivaci
fino all’esuberanza, a caccia sono perseveranti e diligenti.
Testo tratto da: Nobile F., 1996 – La gestione faunistico venatoria del cinghiale.
Il cinghiale e i cani per cacciarlo. Primo Volume. Habitat Editori. (modificato)
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Foto fornita da: Giancarlo Bosio www.prosegugio.it
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Bassetto blu della Gascogna
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Cani per la caccia al cinghiale in braccata: il lavoro della muta
La braccata al cinghiale è una tipica caccia di gruppo e se questo è valido per i cacciatori, lo è anche per i
cani. L’unione fa la forza, nella muta come nella squadra. Il lavoro dei segugi della muta consiste nel
localizzare un selvatico che se ne sta al covo, magari da molto tempo, ben nascosto in qualche recesso
del bosco. Quindi, per poterlo scovare, la muta deve saper sfruttare quelle emanazioni odorose che
l’animale ha lasciato sul terreno prima di raggiungere il suo nascondiglio. Lo sviluppo di tale lavoro viene
suddiviso in quattro fasi:
1- la ricerca della passata (del cinghiale)
2- l’accostamento (seguendo la passata)
3- lo scovo (a volte seguito dall’abbaio a fermo)
4- la seguita (o inseguimento o canizza)
È opportuno ribadire che i cani da seguita sono stati creati per cacciare tutti i mammiferi, dalla lepre al
cervo; occorre quindi porre l’accento sulla specializzazione (intesa come la capacità di cacciare un solo
selvatico) ed il segugio è potenzialmente un grande specialista. Educato opportunamente caccerà il
mammifero alla cui seguita è stato addestrato. Per raggiungere questo obiettivo è però indispensabile
disporre di zone e periodi adatti all’educazione dei cani da caccia.
Testo tratto da: Bosio G., 2002 – “La cultura del segugio.” Habitat, rivista di gestione faunistica. N°120. (modificato)
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Cani per la caccia al cinghiale in braccata: il lavoro della muta
1- la ricerca della passata (del cinghiale)
Immediatamente dopo che la si è sciolta,
la muta dovrebbe ricomporsi, mettendosi
in cerca dell’emanazione olfattiva lasciata
dal cinghiale durante la notte prima di
andare a “rimettersi” o a “riporsi”. Questa
fase
dovrebbe
essere
agevolata
dall’accorgimento di sciogliere i cani solo
in prossimità di orme, grufolate o altre
tracce fresche (magari utilizzando un
ausiliare con funzione di “limiere”). Il clima
e la natura del terreno influenzano
ovviamente la ricerca della passata.
Testo tratto da: Nobile F., 1996 – La gestione faunistico venatoria del cinghiale. Il cinghiale e i cani per cacciarlo. Primo Volume. Habitat Editori. (modificato)
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Cani per la caccia al cinghiale in braccata: il lavoro della muta
2- l’accostamento (seguendo la passata)
Quanto più la traccia è fresca, tanto più la durata
dell’accostamento è breve e viceversa. Generalmente il
cane accostatore segnala i progressi aumentando ritmo ed
intensità degli abbai. Seguendo una traccia freschissima,
incrociata nelle prime ore del mattino a poca distanza dalla
lestra, una muta può quasi prendere in canizza la passata,
come se avesse dinanzi l’animale in fuga. Se invece
l’emanazione è tenue e sbiadita perché vecchia, anche le
segnalazioni vocali saranno saltuarie e indecise. Vi sono
cani che, a parità di fiuto, “segnano”, cioè abbaiano molto
in passata, altri che segnano poco ed altri che addirittura
non segnano affatto, pur seguendo tutti con identica
velocità la medesima emanazione: sono i cosiddetti “cani
muti sulla passata”. Il termine segnare ci sembra indicare
meglio di scagnare l’azione del cane perché comprende,
oltre a quelle vocali, anche altre segnalazioni, come
l’atteggiamento del corpo, le movenze della coda,
l’impegno muscolare, ecc.. Naturalmente, il cane loquace
è preferibile a quello taciturno perché contribuisce
maggiormente al lavoro comune della muta, e segnala
anche ai cacciatori dov’è e cosa fa.
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Cani per la caccia al cinghiale in braccata: il lavoro della muta
3- lo scovo (a volte seguito dall’abbaio a fermo)
E’ un abbaio staccato, regolare, ripetuto,
sempre sullo stesso tono, simile
all’allarme martellante del cane da
guardia, per denunciare la presenza
ravvicinata del cinghiale. Insieme alla
canizza, l’abbaiata a fermo è la
segnalazione vocale che richiama
maggiormente l’attenzione dei cani sparsi
per la macchia, specie se il suo artefice
gode di una sperimentata fiducia, come il
capomuta: intorno al quale l’abbaiata a
fermo di consenso diventa ben presto
generale. Talvolta lo spostarsi del cane
sembra
conseguente
ad
uno
spostamento del cinghiale, che invece
magari non si è mosso dalla lestra. La
modulazione dell’abbaio a fermo varia
secondo le razze e secondo i soggetti;
ma è sempre d’intonazione più cupa e
sonora dell’abbaiare in passata.
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Cani per la caccia al cinghiale in braccata: il lavoro della muta
4- la seguita (o inseguimento o canizza)
La canizza è il coro dei cani lanciati
all’inseguimento del cinghiale che “parte”
dalla lestra. Il capocaccia o i canai più
prossimi segnalano che il cinghiale è
stato scovato, cioè costretto ad
abbandonare il suo covo. La compattezza
della muta, sempre da ricercarsi anche in
questa fase del lavoro, è legata alla
uniformità delle doti fisiche ed attitudinali
dei suoi componenti, oltre che al numero
dei cinghiali inseguiti. Può capitare infatti
che la muta, in caso di scovo
contemporaneo di più animali, si divida in
più canizze, che inseguono animali
diversi. Può accadere che la canizza si
blocchi in un’improvvisa abbaiata a fermo.
Significa che il cinghiale si è arrestato per
tener testa ai cani, solitamente con i
posteriori al riparo di un tronco o di una
roccia.
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Cani per la caccia al cinghiale in braccata: addestramento
Un metodo didattico standard non esiste, perché ogni soggetto richiede un addestramento, per così dire,
personalizzato! Perciò bisogna conoscere a fondo l’indole dell’allievo, per usare il sistema a lui più congeniale.
Le maniere rudi e brusche o, peggio, violente, di solito non servono a niente. Ciò non significa che
all’occorrenza non si debba ricorrere ad una tempestiva fermezza: ad esempio, richiamando con voce severa il
cane se mostra propensione a seguire piste fresche di altri animali che incrociano quella del cinghiale.
L’addestramento del cucciolo può cominciare sin dal l’età
di tre mesi. La prima fase consiste nel trascinare per una
dozzina di metri uno straccio imbevuto di latte o di brodo,
fino alla ciotola contenente il pasto a base dei medesimi
liquidi, ripetendo sempre le stesse parole al cucciolo
digiuno. Ad esempio la parola “cerca” per incitarlo e
“bravo” , carezzandolo, quando raggiunge la ciotola. Nei
giorni successivi si allunga e si modifica il percorso. Si
sostituisce poi lo straccio con un pezzetto di polmone di
cinghiale, trascinato con uno spago. Se il cucciolo trova
difficoltà a seguire la nuova traccia, si possono lasciare
ogni tanto piccoli frammenti da inghiottire senza doversi
fermare a masticarli, per non distrarsi dall’emanazione
seguita. Anche la ricompensa finale è costituita da carne
di cinghiale, ma tagliata a pezzetti ed offerta
normalmente al cucciolo, complimentandolo, per abituarlo
a non ritagliarsi in futuro la porzione da solo una volta
raggiunta la preda.
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Cani per la caccia al cinghiale in braccata: addestramento
Le lezioni continuano, aumentando le difficoltà, finché arriva il giorno, intorno al quinto mese, in cui il
percorso da compiere supera i cento metri, per seguire una pelle di cinghiale essiccata e trascinata
velocemente su un terreno ricco di vegetazione. Quando il cucciolo raggiunge i sei-sette mesi deve
dimostrare la propria inclinazione a segnalare vocalmente la pista del cinghiale ed ad abbaiare a
fermo appena lo raggiunge. Le successive esercitazioni devono essere condotte su un terreno il più
ricco possibile di ogni specie di selvaggina, perché il cucciolo impari a disinteressarsi delle piste
fresche che incrociano quella del cinghiale. In mancanza di tale abbondanza di selvaggina, si
possono creare artificialmente piste fresche che attraversano quelle più vecchie del cinghiale.
Qualora il cane dimostri segni di eccitazione improvvisa, tenda a deviare dalla pista fino allora seguita
distratto da una pista fresca, l’addestratore si dovrà allora fermare, tirando il guinzaglio ma non troppo
violentemente ed invitando il cane a calmarsi, usando sempre le medesime parole e
complimentandosi con lui allorché riprende la pista abbandonata. Se il cane insiste a fuorviare, si può
ordinargli il “terra” finché non riprende la precedente pista, oppure sollevarlo da terra e ricondurlo
indietro, per riallacciare la pista vecchia e ripetendo la manovra finché il cane non ha compreso bene
quale deve essere la pista giusta da seguire.
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Cani per la caccia al cinghiale in braccata: addestramento
Generalmente le squadre che cacciano il cinghiale in Italia utilizzano mute composte da soggetti
appartenenti a diversi cacciatori componenti la squadra. Questi cani sono stati addestrati separatamente,
vivono in canili diversi e s’incontrano solo in occasione della braccata. Ciò rende più difficile l’instaurarsi
di un forte e duraturo “spirito di muta” che, insieme alla selezione, risulta un elemento decisivo per
ottenere coesione ed omogeneità di lavoro. Come avviene invece nei paesi di grandi tradizioni e cultura
specifica nell’uso delle mute per la grande selvaggina, i cani dovrebbero vivere costantemente assieme
nello stesso canile, essere nutriti in un unico trogolo ed accuditi e addestrati solamente da una o due
persone.
Foto tratta da: www.allevamentosegugioitaliano.it
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Cani per la caccia al cinghiale in braccata: utilizzo
Riguardo l’uso dei cani è opportuno sottolineare quanto sarebbe auspicabile che in futuro si privilegiassero
sempre più gli aspetti tecnici rispetto a quelli coreografici, emozionali o riferibili ad una “tradizione venatoria”
inesistente o molto “tenue” nella nostra Regione. Le misure generali da adottare, che ricalcano in gran parte
quelle già enunciate per ridurre gli aspetti negativi della braccata ma che vale la pena ripetere, sono:
Utilizzo di cani specializzati a scovare e inseguire esclusivamente il
cinghiale, trascurando la passata di altre specie.
Utilizzo di cani ben addestrati ed in grado di rientrare al richiamo in
ogni fase della braccata.
Impiego di mute omogenee relativamente a velocità e resistenza
dei cani, in modo da evitare il frazionamento, e costituite dal numero
più limitato possibile di individui (da 3 - 4 a 6 - 8 soggetti) in
relazione alle caratteristiche dell’area di battuta.
Localizzazione preventiva dei covi dei cinghiali con l'uso di un cane
con funzioni di limiere, in modo da sciogliere la muta solo nelle
vicinanze dei covi.
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Comportamento ed etica venatoria: cos’è la caccia
La pratica venatoria non deve essere vista come “il fenomeno più eclatante di un rapporto sbagliato con
la natura” (come sostengono alcuni protezionisti), ma nemmeno come una forma di “salvaguardia del
patrimonio faunistico” (come sostengono alcuni cacciatori). La caccia è semplicemente e in estrema
sintesi, la più antica forma di utilizzo (attualmente quasi esclusivamente di carattere ludico) della
risorsa naturale rinnovabile rappresentata dal patrimonio faunistico: bisogna quindi capire se e in
quali forme sia possibile utilizzare questa risorsa pur conservandola nel tempo. Non ha molto senso
quindi parlare di caccia in senso generale, accorpando nello stesso termine pratiche distruttive e
pratiche compatibili con la conservazione; occorre invece prestare attenzione alle modalità con cui si
effettua l’attività venatoria, affinché essa si configuri sempre più e prevalentemente come un intervento
tecnico di gestione della fauna.
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Comportamento ed etica venatoria: regole e comportamento
La preparazione tecnica non è sufficiente da sola a delineare la figura del cacciatore di ungulati: è indispensabile
anche una forte componente etica. Da parte di chiunque frequenti l’ambiente naturale occorre innanzitutto un
assoluto rispetto dei luoghi e degli esseri viventi che li popolano; tale fondamentale regola deve essere
seguita rigorosamente anche e soprattutto dai cacciatori, che devono poi integrare questo atteggiamento con la
scrupolosa osservanza delle regole che riguardano più propriamente la caccia:
REGOLE COMPORTAMENTALI DEL CACCIATORE
Rispetto delle normative
Il cacciatore non deve mai dimenticare
che, effettuando un prelievo, egli è
fruitore autorizzato di un patrimonio della
collettività;
Rispetto dell’animale
Vanno evitate tutte le azioni che
potrebbero causarne il ferimento come i
tiri azzardati; va evitato inoltre ogni
comportamento poco rispettoso della
preda uccisa (sprecare in tutto o in parte
le spoglie, che occorre trasportare e
conservare convenientemente);
Rispetto dei piani di
prelievo
Effettuare i prelievi nei termini quantitativi
e qualitativi previsti dal piano, evitando
“infantili” gare di consistenza carniere fra
squadre.
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Comportamento ed etica venatoria:
il problema “bracconaggio”
Il cacciatore in quanto frequentatore assiduo del territorio, deve svolgere un’importante funzione di monitoraggio
ambientale e sorveglianza faunistica. Il bracconaggio è un’attività illecita (ancora purtroppo assai diffusa) che
danneggia la collettività, incidendo pesantemente sul patrimonio faunistico, ma danneggia soprattutto i cacciatori seri,
che si ritrovano accomunati in una “categoria” la cui immagine presso l’opinione pubblica risulta negativa.
Cinghiale morto a causa
di un laccio teso da
bracconieri.
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Comportamento ed etica venatoria:
il problema “bracconaggio”
Su tutte le attività illecite che riguardano la fauna, i cacciatori coscienti e coerenti possono e devono
quindi esercitare una vera e propria azione repressiva, collaborando fattivamente con gli agenti di
vigilanza.
IN SINTESI IL BRACCONAGGIO RAPPRESENTA:
Un atto evidentemente ed ovviamente illegale che
incide senza motivo sul patrimonio faunistico;
un atto immorale in quanto il bracconiere si
appropria illegalmente di una risorsa che è di tutti;
Un danno per tutti i cacciatori che, dall’opinione
pubblica, vengono considerati bracconieri.
Su tutte le attività illecite che riguardano la fauna, i cacciatori coscienti e coerenti possono e devono
quindi esercitare una vera e propria azione repressiva, collaborando fattivamente con gli agenti di
vigilanza. Questo ruolo di “tutela”, nel caso dei cacciatori di cinghiale in forma collettiva, è reso
relativamente più semplice e meno “rischioso” dal fatto di appartenere ad una squadra organizzata che,
agendo di concerto, può di fatto diventare un importante elemento antibracconaggio.
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Comportamento ed etica venatoria:
il legame cacciatore-territorio
Per ragioni conseguenti anche all’accurata conoscenza dei luoghi e degli animali che vi abitano, è
indispensabile che il cacciatore agisca in un’area ben determinata e sia protagonista nella gestione di
quell’area. Questo “legame” lo condurrà a “vedere nella fauna” un bene conosciuto e prezioso da gestire
con intelligenza ed oculatezza, superando il ruolo di semplice fruitore e diventando gestore a tutti gli effetti.
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Armi (tipi e calibri) e loro corretto utilizzo
Questa parte, dedicata agli strumenti del prelievo, tratta dell’arma e di tutto ciò che determina una corretta
e sicura esecuzione del tiro. L’arma è uno strumento di offesa e pertanto indubbiamente pericoloso,
deve perciò essere conosciuto a fondo prima di poter essere utilizzato in un’azione di caccia.
L’art. 10 del Regolamento Regionale 21/95 comma 3 indica che: La caccia al cinghiale in battuta o
in braccata è consentita:
a) con fucile a canna liscia di calibro non
inferiore al 20 e non superiore al 12
caricato con munizioni a palla unica;
b) con armi a canna rigata, di calibro non
inferiore a 6,5, caricate con munizioni con
bossolo a vuoto di altezza non inferiore a
40 mm;
c) con l’arco di potenza non inferiore a 50
libbre con allungo di 28 pollici e frecce
dotate di punta a lama semplice o multipla
di lunghezza non inferiore a 25 mm.
Cartucce a palla calibro 12 per canna liscia
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Armi (tipi e calibri) e loro corretto utilizzo: le armi
La canna di un fucile ad anima liscia per la caccia al cinghiale è solitamente cilindrica e quindi punzonata
con le lettere “CL”; la canna concepita appositamente per la caccia al cinghiale è chiamata canna slug ed è
piuttosto corta, perfettamente cilindrica e dotata di mirino e tacca di mira regolabile. Il calibro più utilizzato è il
12. La portata utile appare contenuta e non supera i 50 metri, mentre la gittata massima, dipendente
comunque dall’angolazione, può arrivare a 1.500 metri. La velocità media alla bocca della palla in un cal. 12
è di circa 490 m/s corrispondente ad una energia cinetica di circa 380 kgm. Con arma azzerata a 50 m, il
proiettile a 25 metri passa un centimetro sopra al punto mirato, mentre a 75 metri passa da 6 a 8 cm sotto il
punto mirato. Va ricordato che le palle hanno potenza e velocità maggiori rispetto ai pallini o pallettoni delle
munizioni spezzate.
Fucile calibro 12 a canna liscia
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Armi (tipi e calibri) e loro corretto utilizzo
Elenco delle principali palle per munizioni utilizzabili in fucili a canna liscia
Maremmana
sferica
ottima capacità di penetrazione e precisione accettabile ma
non può essere sparata in canne strozzate
A rocchetto di
filo
costruite in acciaio con due cordonature in piombo per il
forzamento nella canna, sono deformabili e micidiali a breve
distanza, ma poco precise (Blondeau, Stendebach, Wonder).
Con borra
direzionale
(impennaggio)
raggiungono la massima precisione grazie al
mantenimento della traiettoria
(Brenneke,Gualandi, Aquila, Cervo)
A campana
velocità eccellente, abbastanza precise (Foster,
Winchester, Remington, Federal).
Sottocalibrate
Palla Remington Copper Solid
in lega di rame con sabot
ottima velocità e precisione, valide per i tiri lunghi
Palla Brenneke Super Sabot sottocalibrata
Da “Balistica” Edoardo Mori – www.earmi.it (modificato)
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Armi (tipi e calibri) e loro corretto utilizzo: le armi
Negli ultimi anni anche nella caccia in braccata al cinghiale hanno fatto la loro comparsa e raggiunto
una buona diffusione le armi a canna rigata, siano esse carabine semi-automatiche, basculanti
giustapposti o sovrapposti (express) o carabine “bolt action”. Con il termine di “armi lunghe a canna
rigata” si indicano quei fucili dotati di una o più canne attraversate internamente da solchi ad
andamento elicoidale (la rigatura). La rigatura, imprimendo alla palla un moto rotatorio, stabilizza la
traiettoria ed aumenta gittata e precisione del tiro.
Carabina semiautomatica, camerata nel calibro 30.06: l’arma a canna rigata probabilmente più utilizzata in
Italia per la caccia al cinghiale.
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Armi (tipi e calibri) e loro corretto utilizzo: le armi
Nelle armi ad otturatore girevole-scorrevole, per estrarre la cartuccia si ruota la leva dell’otturatore verso
l’alto, liberando le alette dai recessi, quindi lo si tira indietro. Un’apposita “unghia” dell’estrattore
aggancerà il fondello della cartuccia, che verrà trascinata indietro e quindi gettata lateralmente grazie
all’espulsore. Il percussore è spinto da una molla caricata grazie al movimento dell’otturatore e
sganciato esercitando pressione sul grilletto. Normalmente le carabine sono dotate di un serbatoio che
contiene alcuni colpi, resi disponibili per una repentina ripetizione. Di solito il calcio è composto da un
unico pezzo (di legno oppure polimeri), che ai fini della precisione di tiro non deve aver punti di contatto
con la canna. Tratto da: Mustoni A., Pedrotti L., Zanon E., Tosi G. 2002. Ungulati delle Alpi. Biologia - Riconoscimento - Gestione. Nitida
Immagine Editrice. Pp 521. (Modificato)
Carabina bolt action, calibro 7x64,
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Armi (tipi e calibri) e loro corretto utilizzo: le armi
Le armi basculanti con due canne rigate risultano particolarmente adatte per la caccia al cinghiale in braccata
poiché risultano affidabili (scarsissima probabilità di inceppamento), permettono un rapidissimo doppiaggio
del colpo ed una acquisizione istintiva della mira abbastanza simile a quella cui sono generalmente abituati i
cacciatori che provengono dall’esperienza della caccia con armi a canna liscia
Express a canne giustapposte in calibro 9,3x74, dotata di cannocchiale ad ingrandimenti variabili 1,2- 4x:
un’ottima soluzione, anche se costosa, per la caccia in battuta al cinghiale.
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Armi (tipi e calibri) e loro corretto utilizzo: le armi
Armi a blocco
cadente
È una tipologia costruttiva poco comune, nella quale una leva aziona il blocco di culatta che scende,
liberando l’accesso alla camera che può così ricevere la cartuccia. Si tratta di armi a colpo singolo,
scarsamente diffuse e solitamente costose.
Armi
basculanti
Si tratta di armi le cui canne (una o più) basculano intorno ad un perno; tale movimento consente
l’accesso alle camere di scoppio per le operazioni di caricamento e scaricamento ed arma il
percussore. Le canne possono essere tutte rigate, dello stesso calibro (express) o di calibri diversi
(berg stutzen), oppure possono essere abbinate una o due canne lisce ed una rigata (rispettivamente
combinato e drilling). Anche queste armi sono, in funzione delle lavorazioni necessarie alla loro
costruzione ed assemblaggio, mediamente più costose delle carabine ad otturatore girevole
scorrevole.
Armi a leva
In questo genere di armi l’otturatore è mosso da una leva che si presenta come prolungamento del
ponticello del grilletto. Si tratta di armi di tradizione americana, non molto adatte al tiro di precisione,
concepite per fornire al tiratore la possibilità di ricaricare velocemente.
Armi
semiautomatiche
In queste armi una parte dell’energia generata dall’esplosione del colpo viene sfruttata per azionare
l’otturatore e ricaricare l’arma; per sparare un altro colpo, è quindi sufficiente premere nuovamente il
grilletto. Questa massima velocità di ricarica non è di alcuna utilità per il tiro “sempre meditato” che
caratterizza la caccia di cui trattiamo.
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Armi (tipi e calibri) e loro corretto utilizzo: le cartucce
BOSSOLO
INNESCO
La cartuccia metallica (messa a punto alla fine dell’800)
è costituita da: bossolo, fondello, innesco (o capsula),
polvere di carica e palla (o proiettile).
Colletto
FORO DI VAMPA
POLVERE di CARICA
PALLA
FONDELLO
Il bossolo è in ottone e la sua forma, nel caso nostro a “bottiglia”, presenta un restringimento (spalla) che si prolunga
nel colletto che trattiene la palla. Alla base e direttamente sul bossolo è ricavato il fondello che presenta una cavità
centrale che serve a contenere l’innesco o capsula; il bossolo contiene inoltre la polvere di carica e assicura la
tenuta dei gas. L’innesco è una coppetta metallica dotata di una carica di miscela fulminante; al momento dello sparo
la capsula, battuta dal percussore, produce una fiammata che, attraverso il foro di vampa, accende la carica di lancio.
L’esplosione della carica produce fortissime pressioni e “lancia” il proiettile. Il proiettile da caccia è solitamente
composto da un nucleo di piombo (o altro materiale più duro) sempre “incamiciato” da una lega a base di rame che
lascia solitamente libera la punta. Il diametro del proiettile è chiamato calibro.
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Armi (tipi e calibri) e loro corretto utilizzo: le cartucce
Esistono in commercio una moltitudine di proiettili caratterizzati dalle più svariate forme, strutture e
calibri; sono ovviamente tutti costruiti per ottenere la massima lesività sulla selvaggina. Il tipo più
comune (espansivo), è in piombo con la punta dell’ogiva “scoperta” e il “corpo” protetto da una
incamiciatura più o meno spessa. All’impatto l’apice tenero si schiaccia deformandosi, allargandosi e
perdendo schegge, mentre l’incamiciatura mantiene la sua forma consentendo alla palla di penetrare
in profondità. Ovviamente esistono anche proiettili molto più complicati, la cui descrizione può essere
reperita negli opuscoli illustrativi dei propri prodotti curati e distribuiti da ogni casa fabbricante.
300 Win Mag
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Armi (tipi e calibri) e loro corretto utilizzo: le cartucce (calibri)
Nella nomenclatura europea il calibro della cartuccia viene individuato indicando: diametro della palla x lunghezza
del bossolo in millimetri; ad esempio 6,5 x 57 indica una cartuccia avente una palla di 6,5 mm di diametro ed un
bossolo lungo 57 mm. Nel caso in cui il bordo del fondello sporga dal bossolo, si aggiunge una R; ad esempio 7 x 65
R indica una cartuccia avente una palla di 7 mm di diametro, un bossolo lungo 65 mm ed il collarino sporgente. La
sigla Mag sta per Magnum e indica una più forte carica di lancio.
7x64
7x65 R
5,6x50 R Mag
Per gentile concessione dell’armeria Massi Gabriele, piazzetta Gardelli 11, San martino in Strada (FC))
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Armi (tipi e calibri) e loro corretto utilizzo: le cartucce (calibri)
Nella nomenclatura inglese o americana il calibro è indicato per lo più da una sola cifra, seguita da una sigla; la cifra
indica il diametro della palla in millesimi o centesimi di pollice (1 pollice = 25,4 mm), mentre la sigla identifica il
costruttore o, più raramente, l’anno di introduzione nel mercato della cartuccia; ad esempio 243 Win indica una
cartuccia con proiettile di 243 millesimi di pollice (circa 6,2 mm) di diametro, della Winchester; mentre 30-06 indica una
cartuccia con proiettile avente un calibro di 30 centesimi di pollice (7,62 mm), introdotta nel 1906. La nomenclatura
angloamericana è comunque poco standardizzata e dunque piuttosto variabile; alcune cartucce sono anche indicate con
misure in millimetri come ad esempio la 7mm Rem. Mag.
7 Rem Mag
30-06
Per gentile concessione dell’armeria Massi Gabriele, piazzetta Gardelli 11, San martino in Strada (FC)
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Armi (tipi e calibri) e loro corretto utilizzo: le cartucce (calibri)
Alcuni esempi di calibri idonei alla caccia al cinghiale
Robusto e grande incassatore, richiede cartucce potenti e molto lesive; è dunque bene
non scendere al di sotto dei 7 mm. I calibri maggiormente utilizzati sono il 30-06, il 308
Win, come pure l’8x57, il 9,3x62, e il 9,3x74R
8x57
308 Win
9,3x62
30-06
Per gentile concessione dell’armeria Massi Gabriele, piazzetta Gardelli 11, San martino in Strada (FC)
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Note di balistica
Tutto ciò che riguarda il tragitto del proiettile dall’inizio del moto, all’impatto sul bersaglio è trattato da una parte della fisica
chiamata balistica. Si chiama balistica interna ciò che avviene dalla percussione della capsula all’uscita dalla canna; la
balistica esterna descrive la traiettoria dal vivo di volata al raggiungimento del bersaglio; la balistica terminale si occupa
del comportamento del proiettile nell’impatto sul bersaglio.
Balistica interna
Dalla percussione della capsula all’uscita dalla canna trascorrono circa 2
millesimi di secondo. La fortissima pressione iniziale (circa 3000 bar per
calibri normali e 3800 bar per i calibri magnum) spinge il proiettile,
forzandolo, nella rigatura della canna e costringendolo quindi alla
rotazione sul proprio asse; quando il proiettile esce dal vivo di volata, la
pressione è scesa a circa 500 bar.
Balistica esterna
Da quando il proiettile lascia la canna fino al raggiungimento del
bersaglio trascorrono circa altri 2 millesimi di secondo; la traiettoria del
proiettile è condizionata da due elementi (o forze):
Il peso, del proiettile stesso, che tende a farlo
cadere e ad incurvare la traiettoria.
Balistica terminale
L’attrito (resistenza dell’aria) che rallenta il proiettile e
curva ulteriormente la traiettoria per perdita di energia.
Comportamento del proiettile sul bersaglio
(nel nostro caso il corpo dell’animale).
Dal tipo di espansione della palla
dagli organi lesi
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L’effetto mortale dipende:
dalla velocità del proiettile
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Norme di sicurezza
L’arma è lo strumento con cui il cacciatore effettua il prelievo, ed è uno strumento indubbiamente
pericoloso; è quindi opportuno che si osservino alcune fondamentali norme di sicurezza:
 occorre verificare sempre le condizioni di efficienza dell’arma, ed in particolare che la canna sia
completamente libera;
 le operazioni di caricamento o scaricamento dell’arma vanno effettuate puntando la canna verso il terreno
e in direzione opposta ad altre persone eventualmente presenti;
 l’arma va caricata solo quando necessario, non si porterà mai quindi l’arma carica all’interno di automezzi;
 in caso che il colpo faccia “cilecca”, nella maggior parte dei casi la responsabilità sarà di una percussione
inefficace, ma è buona norma attendere un po’ prima di ricaricare l’arma, per evitare che il colpo esploda,
malauguratamente, ad otturatore aperto.
La maggior parte degli incidenti si verificano per disattenzione, distrazione o incuria; è quindi buona norma
(anche quando il cacciatore si ritiene ormai un esperto nell’uso del fucile) che egli conservi una sorta di
“intelligente timore” per le armi, che sono comunque oggetti costruiti per uccidere.
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Norme di sicurezza
Piccolo decalogo del cacciatore (con la collaborazione di Remo Valmori – Provincia Forlì-Cesena)
Prima di maneggiare un’arma occorre verificare accuratamente che la stessa sia scarica. L’accuratezza del controllo è
garantita da un’ispezione sia visiva che tattile (dito nelle camera di cartuccia, nel serbatoio o nel caricatore amovibile).


Se l’arma viene maneggiata da persone diverse, ognuna di esse deve ricontrollare che la stessa sia scarica.
Trattare l’arma da fuoco sempre con prudenza e non puntarla mai in direzione di altre persone; quando si procede in fila
indiana tenerla rivolta verso l’alto. Inserire il dito nel ponticello del grilletto solo negli attimi immediatamente precedenti lo sparo.

Quando l’arma è carica tenere la sicura sempre inserita, disattivandola solo immediatamente prima dello sparo. Evitare
tassativamente l’assunzione di alcolici e droghe prima e durante l’attività venatoria.

Verificare preventivamente la congruità delle munizioni utilizzate. Prima di caricare l’arma, accertarsi che il vivo di volata non
sia ostruito da corpi estranei, ripetere tale verifica, ad arma scarica, dopo cadute o passaggi impegnativi.


Non effettuare passaggi impegnativi, arrampicate, salti, con l’arma carica ed evitare ogni uso improprio ( a mo’ di bastone ecc).
Non sparare mai a bersagli collocati lungo crinali, sopra dossi o comunque in ogni luogo che non consenta la visibilità di tutta la
traiettoria del proiettile; prima del tiro controllare attentamente la visibilità complessiva, la eventuale presenza di altre persone
nell’area, la gittata ed il punto di impatto del proiettile; in ogni situazione dubbia evitare di sparare.


Non sparare mai su superfici piatte e dure o sull’acqua con cartucce a palla. Non lasciare mai l’arma incustodita.
Effettuare una costante manutenzione e controllare periodicamente l’efficienza dell’arma usata, rimediando prontamente in
caso di cattivo funzionamento o usura anomala.

Non oliare mai le cartucce; ciò potrebbe causare accensioni incomplete delle polveri all’atto dello sparo, con la conseguente
ostruzione da parte della palla, della canna della carabina.

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Dove sparare
L’animale da abbattere fornisce la migliore prospettiva al cacciatore quando è di traverso, virtualmente
perpendicolare alla linea di mira; in questa posizione il bersaglio è più vasto ed i punti vitali sono bene
in vista. Il punto verso cui occorre preferibilmente indirizzare il tiro è (come per gli altri ungulati) situato
appena dietro la spalla, nel punto si trova la parte alta del cuore, per cui il proiettile colpirà il muscolo
cardiaco o i grossi vasi sanguigni che partono da esso determinando la pressoché istantanea morte
dell’animale.
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Dove sparare
Colpi mortali che determinano la caduta sull’anschuss o poco distante.
Colpo al cuore
Il colpo è ovviamente letale e solitamente l’animale crolla a terra all’istante, o al massimo compie un
balzo in avanti con le zampe anteriori piegate. Se l’animale era “in allarme” (quindi con molta Adrenalina
in circolo) può capitare che si lanci in un’ultima corsa che può fare persino ipotizzare (se non si è visto il
momento dell’impatto del colpo) di averlo sbagliato; la corsa, per lo più rettilinea, durerà al massimo
alcune decine di metri. Spruzzata rosso chiaro sull’anschuss e sulla linea di tiro
Colpo poco
sopra il cuore
L’animale, dopo un balzo iniziale, scatta in una breve corsa crollando a terra dopo alcune decine di
metri. Il sangue è rosso e leggermente schiumoso.
Colpo al
cervello
Centrando il cervello o le vertebre cervicali l’animale cade fulminato. È un tiro molto difficile e quindi
possibilmente da evitare.
Colpo alto (alla
spina dorsale)
Quando il proiettile frattura la spina dorsale, l’animale stramazza al suolo istantaneamente con la parte
del corpo situata dietro la zona d’impatto del proiettile paralizzata; può anche tentare di allontanarsi
trascinandosi sugli arti anteriori, nel qual caso occorre tirare immediatamente il colpo di grazia.
Colpo basso
(davanti al cuore)
Si verifica quando il colpo è diretto abbondantemente sotto al cuore attraverso le zampe. L’animale
crolla a terra con il collo in avanti. Il sangue è chiaro e copioso e la morte rapida, può però essere
opportuno tirare subito un secondo colpo.
Testo tratto da: Mustoni A., Pedrotti L., Zanon E., Tosi G. 2002. Ungulati delle Alpi. Biologia - Riconoscimento - Gestione. Nitida Immagine Editrice. Pp 521.
(Modificato)
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Dove sparare
Colpi mortali ma che possono determinare allontanamenti anche consistenti dall’anschuss.
Colpo al fegato
La reazione è di vistoso inarcamento della schiena e di successivo allontanamento più o meno lento. Il
colpo è mortale ma è opportuno tirarne un altro senza indugio. Sull’Anschuss e sulla traccia si possono
spesso rilevare dei piccoli frammenti di fegato e grumi di sangue molto denso e scuro.
Colpo ai polmoni
L’animale colpito può inizialmente stramazzare al suolo e poi rialzarsi e fuggire, oppure allontanarsi subito
apparentemente illeso. Il sangue è chiaro e schiumoso e si ritrovano continui spruzzi anche lungo la traccia;
sull’anschuss si possono rinvenire anche tracce di tessuto polmonare. Se non è possibile effettuare il
secondo tiro bisogna evitare ricerche troppo repentine ed improvvisate, intervenendo alcune ore dopo con il
cane da traccia.
Colpo al ventre
È un colpo pessimo, in conseguenza del quale il selvatico si allontanerà col dorso marcato; sull’anschuss di
norma non si rilevano tracce di sangue e qualora ciò avvenga lo stesso sarà sieroso e misto a escrementi
(se si è leso l’intestino) o a cibo più o meno digerito (se si è leso lo stomaco). La morte sopraggiungerà dopo
molte ore e se non si è riusciti a fermare l’animale, occorrerà intervenire con il cane da traccia, dopo molte
ore.
Colpo alle reni
In questo caso all’animale cedono gli arti posteriori; si rimette poi in piedi e si allontana. Cercando con
attenzione, Si potranno rilevare, non senza difficoltà, tracce di sangue molto scuro ed annacquato.
Colpo al collo
Se si lede la trachea la morte sopraggiungerà per soffocamento in meno di un’ora ed il sangue sarà
schiumoso; nel caso si colpisca l’esofago l’animale può morire addirittura dopo giorni e sull’anschuss si
troverà del sangue chiaro assieme a tracce di cibo. In entrambi i casi il selvatico può percorrere molta strada
dal luogo in cui è stato colpito.
Testo tratto da: Mustoni A., Pedrotti L., Zanon E., Tosi G. 2002. Ungulati delle Alpi. Biologia - Riconoscimento - Gestione. Nitida Immagine Editrice. Pp 521.
(Modificato)
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Dove sparare
Esiste anche una serie quasi infinita di colpi non direttamente mortali che non si ritiene necessario descrivere e illustrare
dettagliatamente; di seguito viene pertanto fornito un elenco sommario, evidenziando come tali ferite (provocate spesso oltre che da
imperizia, dalla troppa fretta) pur non provocano direttamente il decesso dell’animale, siano comunque causa di danni consistenti che
quasi sempre determinano comunque: una debilitazione quantomeno temporanea dell’animale; un elevato rischio di infezioni
(soprattutto nei mesi caldi) e la quasi certa impossibilità di recuperare il capo ferito. In tutti i casi in cui malauguratamente avvengano
questi ferimenti occorre, se possibile, doppiare subito il colpo ed in ogni caso prestare la massima attenzione nel periodo
immediatamente successivo al tiro, evitando di lasciarsi andare a frettolose congratulazioni e strette di mano. Sull’Anschuss si trova
spesso del pelo e quasi sempre la ricerca è sostanzialmente inutile.
Colpi non mortali
Colpi agli arti anteriori o posteriori: iniziale caduta e poi fuga veloce, perdita di sangue scarsa
con eventuali schegge d’osso.
Colpo di striscio al ventre: balzo su tutte e quattro le zampe e fuga immediata a grande velocità,
molto pelo sull’anschuss.
Colpo di striscio alla schiena: iniziale crollo a terra come per un colpo mortale seguito da un
repentino rialzarsi e fuga rapida, sull’anschuss si trova facilmente del pelo.
Colpi al muso (mortali per inedia solo se impediscono all’animale di nutrirsi): sul punto d’impatto si
potrà rilevare sangue chiaro spesso con frammenti ossei.
Colpi alle masse muscolari: se non ci sono lesioni a vasi sanguigni importanti o fratture non ci
saranno in pratica conseguenze, il sangue è chiaro e la ricerca totalmente inutile.
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Dove sparare
=
colpi direttamente mortali o che
comunque non consentono
l’allontanamento del capo colpito.
=
Colpi indirettamente mortali che
consentono l’allontanamento
anche considerevole del capo
colpito.
=
Colpi non mortali.
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Quando non bisogna sparare
Non si può e non si deve sparare quando non si vede il punto di impatto
del proiettile col terreno (animali su dossi o al limite del bosco esterno o
ai margini dell’area di braccata) e quando il cinghiale è coperto da
tronchi ramaglie o vegetazione in genere che potrebbero deviare il colpo.
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La scheda di braccata
Il Regolamento Reginale 26 marzo 2002, n° 4
all’Articolo 10 (Squadre per la caccia al cinghiale)
comma 5 recita:
Allo scopo di consentire la raccolta di dati relativi
al prelievo e per agevolare le attività di controllo, il
caposquadra e' tenuto a compilare puntualmente,
prima dell'inizio di ogni battuta, una scheda delle
presenze indicando i membri della squadra e gli
eventuali invitati, nonché gli eventuali altri dati. Il
caposquadra e' tenuto inoltre a compilare una
scheda di abbattimento al termine della giornata
di caccia. Tali schede, contenute in registri a più
copie forniti dalla Provincia, debbono essere inviate
settimanalmente alla Commissione tecnica dell'ATC in
cui la squadra opera ed alla Provincia.
Al fine di evitare la perdita o l’errata associazione tra i dati relativi all’azione e quelli relativi ai cinghiali
eventualmente abbattuti, è preferibile riportare entrambe le informazioni su un’unica scheda
appositamente strutturata in due parti distinte (come nell’esempio della diapositiva seguente); la sigla
della scheda di braccata e del contrassegno di ciascun animale prelevato in quell’azione, andranno poi
riportate anche sulla scheda dei rilevamenti biometrici e sui contenitori degli eventuali campioni biologici.
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Esempio di scheda di braccata al cinghiale
Esempio di scheda di braccata al cinghiale (utilizzata dall’Amm. Provinciale
di Forlì-Cesena) fornita in triplice copia ed in appositi registri. Come si può
notare sia le informazioni relative alle presenze, sia quelle riferite ai capi
abbattuti sono opportunamente contenute in una unica scheda.
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Utilità e necessità del servizio di recupero dei capi feriti
Quando si spara ad un selvatico, una possibile conseguenza è quella di ferirlo soltanto, rischiando quindi di
perderlo. L’esperienza della caccia di selezione ci insegna che questa possibilità è molto più frequente di
quanto si possa immaginare, occorre pertanto:
effettuare
il tiro a distanze compatibili con le
caratteristiche dell’arma utilizzata e del comportamento
dell’animale;
 valutare attentamente la presenza di eventuali
ostacoli (rami, rocce, ecc);
 aspettare che il selvatico sia in una posizione tale da
poter essere colpito in un punto vitale.
PRIMA DI
SPARARE
DOPO AVER
SPARATO
 controllare la reazione del selvatico senza perderlo di
vista, in modo da valutare gli effetti del colpo;
 cercare di ricaricare subito l’arma in modo da poter
doppiare il colpo se necessario.
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Indicazioni sulle fasi successive all’azione di caccia: importanza
del controllo dei capi abbattuti
Il controllo e la valutazione dei capi abbattuti è una prassi gestionale molto importante, in quanto
consente di ottenere informazioni precise, a livello locale, sulla fitness media della popolazione oggetto
di prelievo; i rilievi biometrici e l’analisi dei dati risultanti, se effettuati con un buon livello di
standardizzazione, consentono di valutare le modifiche di carattere morfologico eventualmente
riscontrate nella popolazione cacciata e di attuare quindi le scelte gestionali conseguenti e più
opportune.
Ai fini della valutazione dello stato sanitario della popolazione cacciata, può essere richiesto al cacciatore
di conferire all’Ente Gestore campioni di tessuto o parti dell’animale abbattuto. Normalmente possono
essere richiesti campioni di sangue o organi interni quali il fegato, il cuore e i polmoni; può anche l’intero
apparato genitale (nelle femmine) o alcuni parassiti che infestavano l’animale abbattuto. Ovviamente
anche tale operazione è una prassi gestionale importante (e rientra negli adempimenti che il cacciatore è
chiamato a svolgere) deve pertanto essere effettuata con diligenza e accuratezza seguendo le indicazioni
fornite dagli Enti Gestori o di Ricerca.
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Indicazioni sulle fasi successive all’azione di caccia: raccolta dei
dati e dei campioni biologici
La fase di raccolta dei dati è un passaggio molto importante che spesso viene sottovalutato a vantaggio
dell’espletamento delle diverse incombenze pratiche che caratterizzano la gestione del Cinghiale. Con
una acquisizione dei dati insufficiente o qualitativamente inadeguata, si perde però la possibilità di
condurre una gestione consapevole, basata sulla effettiva conoscenza delle popolazioni e finalizzata al
raggiungimento degli obiettivi gestionali predefiniti. La raccolta dei dati riguarda due aspetti
fondamentali:
l’attività di prelievo (sia
caccia, sia controllo)
le caratteristiche degli
animali abbattuti
A questi vanno aggiunti i dati relativi ai danni alle colture ed all’attività di prevenzione degli stessi. Ogni
azione di prelievo deve essere identificata univocamente con un numero o una sigla da riportare su
un’apposita scheda contenente le informazioni relative all’azione effettuata (una scheda per ogni azione).
Analogamente ogni animale abbattuto deve essere contraddistinto da un numero univoco (il numero
stampato sulla fascetta inamovibile applicata al garretto del cinghiale dopo l’abbattimento) che va riportato
sulla scheda di abbattimento insieme ai dati relativi all’animale (sesso classe di età, ecc.).
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Esempio schede di interventi di controllo al cinghiale
Scheda di intervento di controllo
sulle popolazioni di cinghiale
Amm. Provinciale
di ..................................................................
Dati generali
N° intervento: ____________
Data: __/__/__
Tipo di intervento: Selezione
Ora inizio: ___,___
Ora fine: ___,___
Girata
Altro ________________
Cattura
Comune: ________________________
ATC: ____________
Località: ___________________________________________________________________________________________
Zona di vigilanza: ___________________________________________________________________________________
Ambito territoriale: ____________
Z. R.
Z. R. C. Z. A. C.
Z. S.
A. F. V.
OASI
PARCO AREA DI CACCIA
Selezione con carabina
N° operatori: ____
N° cinghiali abbattuti: _____ N° cinghiali feriti: _____ N° recuperati :_____ N° cinghiali avvistati: _____
Generalità Operatori: ___________________________________________________________________________________
____________________________________________________________________________________________________
Girata
Conduttore: ____________________________________ Limiere utilizzato: ______________________________________
N° operat. alle poste: ___ N° cinghiali abbattuti: ___ N° cinghiali feriti: ___ N° recuperati: ___ N° cinghiali avvistati: ______
Catture con trappole
N° e tipo di trappola: ___________________
N° cinghiali catturati: ______
Esca utilizzata: ______________________
Tratto da: Monaco A., B. Franzetti, L. Pedrotti e S. Toso, 2003 – Linee guida per la gestione del cinghiale. Min. Politiche Agricole e Forestali – Ist.
Naz. Fauna Selvatica, pp. 116. (Modificato)
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Trattamento delle spoglie e norme igieniche e sanitarie
IL TRATTAMENTO DELLE SPOGLIE
Una corretta e tempestiva eviscerazione, evita il contatto prolungato della carne con il materiale dello stomaco ed intestino
ricco di batteri, rallenta il processo di decomposizione della carne stessa evitando l’alterazione dei suoi caratteri
organolettici e permette il rapido raffreddamento della temperatura dei muscoli della selvaggina abbattuta e pertanto
migliora il processo di "frollatura". Dopo la morte, nel corpo del selvatico si mettono in moto due processi biochimici:
la scissione del
glicogeno (frollatura)
la decomposizione
operata dai batteri
La decomposizione è rapidissima in presenza
di calore, umidità e di inquinamento con il
contenuto intestinale.
La frollatura è la trasformazione biochimica dello zucchero ematico (glicogeno) che è conservato come riserva energetica nel
tessuto muscolare. In presenza di ossigeno (quando l’animale è in vita) viene trasformato in glucosio, in assenza (animale morto)
in acido lattico. La carne diviene quindi acida; la formazione di acido frena l’azione dei batteri ed attacca i legami proteici delle fibre
muscolari, la carne diventa più tenera. La frollatura dipende dalle dimensioni dell’animale e dalla temperatura esterna. La
condizione ideale si ha con una temperatura intorno ai + 4 C°. Attenzione, la carne congelata non frolla! Per far frollare la carne
impedendone la decomposizione risulta necessario:
1. Sventrare rapidamente ed igienicamente
2. Raffreddare rapidamente
3. Lasciare la carcassa, non spellata, appesa in ambiente freddo per
almeno 36 ore
4. Utilizzare o surgelare solo in seguito
Testo tratto da: “Il cinghiale, tecniche di prelievo e controllo” a cura di Marco Franco Franolich (modificato).
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www.gavazzano.com – www.riserva.org
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Trattamento delle spoglie e norme igieniche e sanitarie
Il trasporto
A seconda delle sue dimensioni può
essere trasportato:
In questa fase è importante:
favorire il raffreddamento
in un contenitore tipo zaino lasciando che scoli il sangue
evitare l’insudiciamento
appeso ad una pertica
Impedire i focolai di putrefazione
trascinato (testa sempre in avanti)
Testo tratto da: “Il cinghiale, tecniche di prelievo e controllo” a cura di Marco Franco Franolich (modificato).
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www.gavazzano.com – www.riserva.org
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Trattamento delle spoglie e norme igieniche e sanitarie
Sventramento ed eviscerazione
Dopo aver disposto il cinghiale sul dorso, con un coltello partendo dal mento dell' animale, si incidono il mantello ed il
tessuto sottocutaneo unitamente ai fasci muscolari superficiali del collo, fino ad arrivare al torace. Isolato l’esofago lo si
taglia il più alto possibile legandolo onde evitare rigurgiti di contenuto gastrico che possano imbrattare la carne.
Di seguito si taglia la trachea a livello della cartilagine tiroidea e la si isola il più possibile dai fasci muscolari circostanti.
Terminate queste prime operazioni,ci si trasferisce verso la parte posteriore dell'animale e si procede ad isolare l'intestino
retto con un taglio circolare dall'esterno, intorno all'ano.
Se trattasi di un animale di sesso maschile, si sgusciano i testicoli dallo scroto e poi si isola e si taglia la verga.
Apertura della cavità addominale.
Partendo dalla sinfisi pubica si incide
fino all'apofisi ensiforme dello sterno
(dove si incontra la resistenza offerta
dalla cartilagine dello sterno). Si estrae il
retto, precedentemente isolato attraverso
un taglio circolare attorno all'orifizio anale
e di seguito l'esofago e, staccando
progressivamente le varie aderenze, si
estrae l'intero intestino con tutti gli organi
addominali. Poi si incidono le arterie e le
vene
iliache
per
favorire
il
dissanguamento delle cosce.
Testo tratto da: “Il cinghiale, tecniche di prelievo e
controllo” a cura di Marco Franco Franolich
(modificato). www.riserva.org
Sventramento ed estrazione di utero e ovaie; per gentile concessione della dott.sa Giorgia Romeo
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Trattamento delle spoglie e norme igieniche e sanitarie
Estrazione degli organi
Dal fegato, verificate le buone condizioni, si
allontana la cistifellea. I reni vengono aperti con un
taglio longitudinale e la milza viene semplicemente
separata dalle aderenze. Fegato, reni e milza
vengono poi disposti in un luogo pulito.
Si introduce poi la lama del coltello entro la cavità
toracica e si incide con un taglio circolare il
diaframma. Si potranno così estrarre il cuore ed i
polmoni. Liberato il cuore dal pericardio si apre per
svuotarlo dal sangue.
Così svuotata, si pulirà la carcassa all’interno con
un panno pulito per poi appenderla, con la testa in
alto per completare il dissanguamento ed il
raffreddamento ciò è reso più facile mantenendo
forzatamente aperta la cassa toracica con un
paletto di legno o di metallo. Se non fosse possibile
appenderlo, lo si girerà con l'addome verso il
basso, con la testa più in alto del treno posteriore.
Testo tratto da: “Il cinghiale, tecniche di prelievo e controllo” a
cura di Marco Franco Franolich (modificato).
www.riserva.org
Estrazione degli organi interni; per gentile concessione della
dott.sa Giorgia Romeo
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Trattamento delle spoglie e norme igieniche e sanitarie
Lo scuoiamento
L’operazione si esegue col capo appeso per gli arti posteriori. Si taglia
circolarmente il mantello intorno alle articolazioni distali degli arti anteriori e
posteriori. Con un’incisione continua si procede alla squoiatura progressiva:
dall’articolazione distale di un arto anteriore a quella dell’altro sull’interno
idem per gli arti posteriori passando per l’ano
dall’incisione operata per lo sventramento sino al mento
a questo punto si procede a staccare il mantello dalla carne
Testo tratto da: “Il cinghiale, tecniche di prelievo e controllo” a cura di Marco Franco Franolich (modificato). www.riserva.org
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Misure biometriche
Principali misurazioni biometriche (peso)
Peso dell’animale non ancora eviscerato (si può utilizzare un dinamometro
portatile)
Peso pieno
Peso parzialmente
eviscerato
Peso dell’animale privato di tutti gli organi che stanno dietro il diaframma.
Peso dell’animale completamente eviscerato (privato anche di polmoni e
cuore)
Peso vuoto
Il peso viene normalmente rilevato al centro di controllo; qualora sia prevista la possibilità di eviscerare l’animale sul luogo
dell’abbattimento e sia necessario rilevare anche il peso pieno, occorrerà dotarsi di una bilancia a molla di tipo portatile.
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ISTITUTO NAZIONALE PER LA FAUNA SELVATICA
Misure biometriche
Principali misurazioni biometriche (lunghezze)
Per ottenere misurazioni oggettive ed il più possibile standardizzate, occorrerebbe dotare ogni centro di controllo di un
apposito tavolo o piano di appoggio, a sua volta dotato di un nastro metrico (meglio se metallico) fissato al piano e di
una cordicella non elastica con la quale effettuare i rilievi; l’esatta misura delle rilevazioni si otterrà sovrapponendo la
cordicella al nastro metrico.
Lunghezza totale
Si parte dalla punta del labbro superiore si segue la linea mediana della testa
passando tra le orecchie, si prosegue lungo la colonna vertebrale fino al suo
termine (lunghezza testa-corpo).
Lunghezza tarso
Ad arto piegato, si misura dalla punta dello zoccolo al calcagno.
Lunghezza orecchio
Si misura dalla base dell’apertura auricolare fino all’apice del padiglione
(esclusi i peli apicali).
Lunghezza della mandibola
(preparata)
Si misura dal punto mediano della cavità del primo incisivo, al punto
posteriore dell’apofisi angolare.
Lunghezza coda
Si rileva tenendo la coda perpendicolare al corpo, partendo dalla radice e
terminando in corrispondenza dell'ultima vertebra caudale, escludendo i peli.
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/
Riferimento scheda di caccia:
Elenco capi abbattuti
Sesso
Classe
Note
N° fascetta
M
F
O
I
II
III
M
F
O
I
II
III
M
F
O
I
II
III
M
F
O
I
II
III
M
F
O
I
II
III
M
F
O
I
II
III
M
F
O
I
II
III
M
F
O
I
II
III
M
F
O
I
II
III
M
F
O
I
II
III
M
F
O
I
II
III
M
F
O
I
II
III
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N° capezzoli
/
Lunghezza coda
Data:
Lunghezza garretto
Rilevatore
Peso vuoto Kg.
Caposquadra
Peso pieno Kg.
Squadra:
Lungh. testa-tronco
Esempio scheda di rilevamento dati biometrici
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Valutazione del trofeo
Lum = lunghezza
media
Ag = aggiunte
Lam = larghezza
media
SE = sviluppo
eccezionale
Cs =
circonferenza
coti somme
D = detrazioni
La valutazione del trofeo di cinghiale
Costituito dai quattro canini: “difese o zanne”, quelli della
mandibola, e “coti”, quelli della mascella, è valutato
esclusivamente nei maschi. Per estrarre difese e coti dagli
alveoli è necessario bollire la mandibola e la mascella. Dopo
la bollitura, si lasciano raffreddare per circa 1-2 ore in sede
e, di seguito, con l'aiuto di una pinza, si estraggono. Una
volta lavati, ma mai decolorati con acqua ossigenata, e
ripuliti dei nervi delle radici, si lasciano asciugare lontani da
fonti di calore, per evitare cretti o rotture. Per rendere meno
fragili le difese e le coti è bene riempire le cavità con vinavil
lasciando essiccare per piccole colate successive. Per la
misurazione del trofeo si utilizzano il nastro metrico ed il
calibro.
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Valutazione del trofeo
Lunghezza media
delle zanne
Va misurata in centimetri, con approssimazione
al millimetro, lungo la grande curvatura esterna,
dalla radice all’apice della punta. Le lunghezze
delle due zanne si sommano e la loro media
moltiplicata per il coefficiente 1 corrisponde al
numero dei punti di lunghezza.
X
coefficiente 1
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Valutazione del trofeo
Larghezza media
delle zanne
Va misurata in millimetri (con precisione al
decimo di millimetro) nel punto più largo. La
media della larghezza delle due zanne,
moltiplicata per il coefficiente 3, dà il numero dei
punti. Per questa misurazione si usa il calibro.
X
coefficiente 3
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Valutazione del trofeo
Circonferenza delle
coti
Il punteggio è dato dalla somma delle
circonferenze delle due coti, presa nel punto più
largo, e moltiplicata per il coefficiente 1. Le coti
si misurano in centimetri, con il metro a nastro,
o meglio con cordicella non elastica.
X
coefficiente 1
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Valutazione del trofeo
Aggiunte
Si possono aggiungere un massimo di 5 punti per la bellezza del trofeo. Per le
zanne non si possono dare più di 3 punti valutando uniformità e intensità del colore,
uniforme convessità interna ed esterna e armoniosità della curvatura, grandezza del
piano di masticazione, conformazione delle punte. Per le coti non si possono dare
più di 2 punti valutando curvatura e colore coi criteri utilizzati per le zanne.
Coti
Zanne
Colore e curvatura
da 0 a 2
Colore, curvatura, uniforme convessità e integrità
da 0 a 3
Detrazioni
Si possono detrarre sino a 10 punti per difetti nel piano di masticazione delle zanne,
per l’asimmetria nella lunghezza, larghezza e forma delle zanne e/o delle coti, per
incongruenza tra zanne e coti, ecc.. Le detrazioni devono sempre essere motivate
nelle schede di valutazione e non sono previste in caso di rottura del trofeo.
Sviluppo eccezionale
Questa aggiunta viene considerata solo se il trofeo presenta lunghezza
e spessore eccezionali e arriva ad un max. di 5 punti.
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Valutazione del trofeo
Per rendere oggettiva l’attribuzione del punteggio di sviluppo eccezionale (che rischia di dipendere da valutazioni
molto soggettive) è stata introdotta, da alcuni anni, una tavola di gradazione e valutazione. Tale tavola, a forma di
cerchio, ha un diametro di circa 22 centimetri e presenta un asse centrale (che in alto si diparte ad Y) e due
circonferenze; quella esterna per la valutazione delle zanne, e quella interna per la valutazione delle coti. Zanne e
coti andranno posizionate avendo cura che i rispettivi colletti siano perpendicolari all’asse centrale della tavola; il
superamento delle linee di demarcazione determinerà l’attribuzione del punteggio relativo.
0.5
0.5
1
1
0.5
0.5
A fianco un esempio sommario e non in
scala della tavola di valutazione. In
azzurro le linee di valutazione delle
zanne ed in rosso quelle relative alle coti.
Tratto da: Ponti F., 2001 – Il patrimonio cinghiale. Carlo
Lorenzini Editore. pp. 242. (Modificato)
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Fine
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