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Differenza e sofferenza dell`adulto plusdotato

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Differenza e sofferenza dell`adulto plusdotato
Differenza e sofferenza dell’adulto plusdotato
Se la terminologia associata alla plusdotazione è spesso portatrice di confusione e malintesi, o addirittura
rinvia a tristi ideologie e a oscuri momenti della storia, l’esistenza di questo modo particolare di
funzionamento è una realtà neuro-fisiologica.
Lungi dal limitarsi a performance intellettuali elevate, la plusdotazione è anche esacerbazione dei sensi e
delle emozioni, e in questo è vettore di difficoltà sociali e personali, rinforzata dalla non conoscenza globale
del fenomeno.
Attraverso testimonianze di persone plusdotate e dati teorici (studi scientifici), questo libro, destinato ai
plusdotati, alle persone loro vicine e ai terapeuti, tenta di ridurre dei deficit di informazione, fornendo
nuove piste e speranze per il futuro: comprensione e accettazione di sé, nuove tecniche di presa a carico,
miglioramento dell’aiuto, piste di ricerca.
Per meglio capire la plusdotazione è importante superare certi preconcetti: no, la plusdotazione non si
limita a un alto QI, no, la riuscita non è sistematica, ma piuttosto l’innato e l’acquisito si mescolano
strettamente per determinarla o condurre all’insuccesso, no, l’immagine sensazionalistica veicolata
abitualmente dai media non riflette la realtà, sì, la plusdotazione può esistere nelle donne e nelle persone
handicappate.
Le scoperte delle neuroscienze sono ancora poco conosciute e ci si limita ancora troppo spesso a un
approccio quantitativo dell’intelligenza. È però essenziale considerare la maniera in cui si esprime (i suoi
differenti profili, il suo versante conativo, i legami tra emozioni e apprendimento in particolare), e nel caso
della plusdotazione le ipereccitabilità vanno considerate come un dato maggiore nella comprensione del
fenomeno.
Mentre ci si comincia a preoccupare seriamente della causa dei bambini plusdotati, in particolare nel
sistema scolastico, si elude totalmente la condizione degli adulti che vivono con la plusdotazione, sia a
livello delle terapie, sia nel mondo del lavoro. Questi adulti, che spesso non comprendono essi stessi che
cosa causi il loro malessere, hanno difficoltà a vivere i paradossi che li compongono: divario tra ciò che gli
altri percepiscono di loro e ciò che loro percepiscono della realtà (gli si rimanda il “troppo” o il “non
abbastanza”, proprio mentre essi tentano disperatamente di essere come tutti e non si vedono come così
diversi oppure non realizzano in che cosa funzionano differentemente, pur avendo coscienza, se vi
riflettono in maniera logica, che la gente non pensa nel loro stesso modo), yo-yo emozionale, permanente e
intenso, logorante (dal “troppo” piacere al “troppo” dolore), solitudine intrinseca pesante e tuttavia
ricercata, poiché spesso necessaria per ritemprarsi … in un certo senso, un cervello a doppio taglio.
L’afflusso eccessivo di emozioni è ciò che pesa maggiormente sulla bilancia, di fronte alle potenzialità
elevate. La storia dell’individuo si rivela allora determinante nelle manifestazioni e nella gestione del
fenomeno. Se può vivere lo stesso tipo di esperienze di qualunque individuo (le buone come le pessime) la
sua ipersensibilità decuplica le sensazioni associate, creando spesso esaurimento psichico, fisico o ancora
sfasamento sociale.
Queste ipersensibilità sono legate alla fisiologia particolare del cervello di un plusdotato (riguardante
l’eccesso di emozioni, è l’ipereccitabilità del sistema limbico e dell’amigdala in particolare a entrare in
gioco). L’ipervigilanza associata è sia un vantaggio (anticipazione degli eventi ed empatia in particolare), sia
un fardello (anticipazione ansiosa e fatica, per esempio). Esse permettono un’acquisizione, un trattamento
e un immagazzinamento dell’informazione particolari (pensiero analogico, pensiero in arborescenza,
pensiero euristico, pensiero divergente), che favoriscono la creatività (e un gran piacere legato alla ricerca e
alla creazione), ma possono comportare una difficoltà a farsi capire dagli altri, che vedono confusione dove
il plusdotato vede un insieme coerente, anche se non lo può spiegare verbalmente (il linguaggio è lineare).
In queste divergenze nascono la sindrome dell’impostore, la volontà di conformità e negazione di sé (in
particolare nelle donne), sovra-adattamento estenuante, inibizione intellettuale, sentimento diffuso di
malessere e di solitudine … Il plusdotato, sfinito, nell’impossibilità di mollare, cerca tutti i mezzi per
sconnettersi e il ritiro resta spesso il suo ultimo ricorso (droga e suicidio possono far parte di questa
evenienza …).
Cosa succede, quindi, realmente a livello cerebrale? Più studi si sono chinati sulla questione e rapportano
un’architettura cellulare particolare (densità neuronale raddoppiata nei lobi frontali e parietali, materia
bianca costituita più rapidamente e più densa, emisfero destro più sviluppato) e un circuito di trattamento
dell’informazione differente (cooperazione dei due emisferi più rapida e più importante rispetto alla
popolazione intera, utilizzazione di aree supplementari, attività elettrica più elevata, consumo di glucosio
più debole, da cui un migliore rendimento). Questi due elementi sono fonte di grandi performance del
cervello di un plusdotato, ma sono anche ciò che costituisce la sua più grande vulnerabilità, con nel
ventaglio delle possibilità: epilessia e allucinazioni (iperattività cerebrale parossistica), malattie
autoimmuni, disturbi psichiatrici, depressione (depressione esistenziale, disintegrazione positiva, mal
identificate e mal curate, con conseguenze potenzialmente gravi) e suicidio.
L’identificazione è quindi un elemento essenziale per un adulto plusdotato. Comprendere la sua alterità, le
forze e le debolezze che ne conseguono, incontrare i suoi pari, confrontarsi al bilancio psicologico, poi
ammettere questo funzionamento intrinseco, aiuteranno a fermare la colpevolizzazione e
l’autosvalutazione. Ricorrere a un accompagnamento adeguato, in particolare presso un terapeuta
sensibilizzato al lavoro con delle persone plusdotate, può rivelarsi molto utile.
Ritrovarsi, affermarsi, considerare e costruire il futuro sotto una nuova luce … vivere, ecco la posta in gioco.
Traduzione: Manuela Peduzzi
Testo originale: http://www.adulte-surdoue.org/2011/bibliotheque-2/difference-et-souffrance-de-ladultesurdoue-cecile-bost/
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