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Attaccamento adulto e relazione di coppia

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Attaccamento adulto e relazione di coppia
Attaccamento adulto e relazione di coppia:
schemi del passato e disconnessioni del presente
PATRIZIA VELOTTI E GIULIO CESARE ZAVATTINI
Introduzione
Quali siano le determinanti del comportamento umano è una delle questioni che
da sempre affascinano e animano il dibattito scientifico. E nello specifico delle relazioni
sentimentali cosa ci muove favorendo, offuscando, impedendo la realizzazione di
legami sentimentali soddisfacenti, dei quali spesso ci dichiariamo bisognosi?
L’ultimo trentennio si è caratterizzato per una continua e rapidissima evoluzione
sociale che vede la nascita di una coppia e/o di una famiglia, sia nei loro aspetti
innovativi, che in quelli problematici, in progressiva trasformazione. Siamo di fronte a
quadri familiari non stabili, anzi «liquidi» (Bauman, 2003), in cui nuovi figli e nuovi
partner si sperimentano in combinazioni talora inusuali e certo inimmaginabili agli inizi
dello scorso secolo dalla psicoanalisi classica. Attualmente, la famiglia e dunque la
coppia sembra aver spinto sullo sfondo la questione della struttura di parentela in quanto
tale, ponendo maggiore attenzione all’aspetto affettivo della relazione, identificato con
la piena soddisfazione dei partner. In tal senso, il bisogno che gli esseri umani hanno di
garantirsi la vicinanza e la disponibilità affettiva di una persona significativa, così ben
evidenziato e descritto dalla teoria dell’attaccamento rappresenta uno dei sistemi
motivazionali (Fonagy, 2001; Lichtenberg, Lachmann e Fosshage, 2010) che ha
interessato il dibattito scientifico negli ultimi quarant’anni (Cassidy e Shaver, 2008).
Le relazioni di coppia rappresentano, infatti, un baricentro importante della vita
affettiva degli esseri umani e sono in questi ultimi anni sempre più numerosi gli studi
che prendono in esame le dinamiche e le problematiche della qualità della relazione e
della soddisfazione percepita dai partner. La ricerca ed il lavoro clinico con le coppie ha
avuto, infatti, un grande sviluppo, sia all’interno del movimento psicoanalitico, sia
all’interno della prospettiva psicosociale e sistemica, sia nella teoria dell’attaccamento
(Clulow, 2001; Johnson, 2008; Zavattini, 2010a, 2010b; Zavattini e Gigli, 2010).
Numerosi studi effettuati nell’ambito di questo paradigma (Rholes, Simpson, 2004;
Mikulincer e Goodman, 2006; Feeney e Monin, 2008; Velotti, Castellano e Zavattini,
2010) hanno infatti aperto nuove prospettive alla comprensione delle relazioni
sentimentali e nel campo del sostegno alla genitorialità rendendo oggi la teoria
dell’attaccamento uno dei modelli più fertili per la teorizzazione, la ricerca e la pratica
clinica nell’ambito delle relazioni tra adulti (Wallin, 2007; Slade, 2008, 2010; Steele e
Steele, 2008; Obegi e Berant, 2009; Bennet e Nelson, 2010; Dazzi e Zavattini, 2011).
Un’impressionante mole di dati ha, infatti, consentito di fare molte ipotesi sul
rapporto tra l’attaccamento dei partner ed il modo in cui essi vivono la loro relazione.
Gli studi di matrice evolutiva, ad esempio, hanno evidenziato come anche nei partner
adulti sia possibile osservare un funzionamento per molti versi simile a quello delle
diadi madre-bambino.
Sulla base di queste considerazioni si è ritenuto che anche l’attaccamento adulto
potesse essere definito in termini analoghi a quello infantile (Rholes, Simpson, 2004;
Zeifman e Hazan, 2008) e sono stati individuati alcuni indicatori responsabili della
regolazione del sistema d’attaccamento nell’individuo: il primo concerne la percezione
di situazioni di minaccia che fa sì che si attivi il sistema comportamentale
dell’attaccamento; il secondo fa riferimento alla percezione della disponibilità e
responsività della figura d’attaccamento. Quest’ultima si articolerebbe in maniera
diversa a seconda dei casi e determinerebbe la sicurezza o insicurezza del soggetto: nel
primo caso, la persona «sicura» percependo la disponibilità dell’altro, si può sentire
libera di impegnarsi in altre attività che la possono riguardare; nel secondo caso, il
partner viene percepito come insensibile ed il senso di «insicurezza» può esitare in due
tipi di situazioni – un’iperattivazione o una disattivazione delle strategie di regolazione
affettiva – a seconda di quanto sia gradita/ricercata la vicinanza dell’altro (Mikulincer e
Shaver, 2003).
Ne consegue che le persone «insicure» che avvertono un forte bisogno di
vicinanza con il proprio partner (ossia quelle con un stile di attaccamento «ansioso»),
mettono in atto strategie di iperattivazione, caratterizzate da ipervigilanza e continua
espressione di paure, bisogni e dubbi; le persone che non tollerano molto la vicinanza
(con un attaccamento «evitante») mettono in atto strategie di disattivazione, basate sul
distanziamento e sul ritiro.
Queste ipotesi mirano a comprendere quanto più accuratamente possibile il
funzionamento del sistema dell’attaccamento e sono oggetto di numerose indagini
empiriche su cui, come già accennato, vi è ormai un’ampia letteratura.
In questa prospettiva sono aumentati gli studi sugli strumenti di misura, sia con
interviste narratologiche sulla storia personale e sul legame con il partner, sia con
questionari self-report che indagano le rappresentazioni di sé e dell’altro. Molti
ricercatori, infatti, a partire dall’opera pioneristica di Hazan e Shaver, hanno proposto
nuove forme di misura degli Stili di attaccamento adulto, aprendo un dibattito che ha
visto una netta contrapposizione tra coloro che si servono di questionari self-report e
coloro che fanno, invece, riferimento ad interviste narratologiche.
Sebbene non abbiamo lo spazio per affrontare sul piano metodologico i vari
quesiti che questo dibattito implica (vedi Santona e Zavattini, 2007; Carli, Cavanna e
Zavattini, 2009) – e che attraversa la ricerca attuale sia nel campo dell’infant research e
della psicopatologia dello sviluppo (Beebe e Lachmann, 2002), sia della psicoanalisi
contemporanea (Baradon, 2010; Busato Barbaglio e Mondello, 2011; de Campora e
Zavattini, 2011) –, si può osservare che nella ricerca sull’attaccamento vi sono due
differenti ed indipendenti linee di indagine: a) la prima linea di ricerca è seguita dagli
psicologi dello sviluppo e dai clinici che utilizzano tecniche osservazionali ed interviste
per studiare lo «stato della mente» dei genitori rispetto all’attaccamento; b) la seconda
linea di ricerca prende avvio dagli studi iniziati negli anni ottanta da Hazan e Shaver da
parte di studiosi nel campo della psicologia della personalità e sociale utilizzando
2
misure self-report che fanno soprattutto riferimento più che al modello di Bowlby a
quello bidimensionale ansietà/evitamento della Ainsworth.
Sebbene le due linee trovino attualmente una maggiore convergenza rimane una
certa differenza tra il sistema di codifica dell’AAI che valuta la rappresentazione che
l’adulto ha delle proprie relazioni di attaccamento in riferimento a una specifica
relazione e le misure self-report che prendono invece in considerazione la
rappresentazione generalizzata che l’adulto ha dei propri partner sentimentali. Inoltre
mente l’AAI valuta «i processi inconsci dell’adulto per la regolazione delle emozioni»,
gli strumenti self-report coglierebbero invece le «valutazioni consce» che gli adulti
hanno di se stessi nelle relazioni sentimentali.
Passato e presente
Gli studi sull’attaccamento romantico hanno inizialmente seguito la tesi avanzata
da John Bowlby, la cosiddetta ipotesi prototipo, che presupponeva che le relazioni
sentimentali significative e durature potessero essere concepite come un processo
d’attaccamento, mettendo in luce il ruolo che le relazioni della prima infanzia possono
avere nel predire il futuro «successo» di una relazione di coppia.
È infatti il concetto di «Modello operativo interno» (Bowlby, 1969), termine che
si riferisce all’insieme di rappresentazioni relative al funzionamento ed al significato
delle relazioni d’attaccamento, uno degli elementi fondamentali per comprendere alcune
delle questioni approfondite dagli autori che studiano i legami d’attaccamento nel
contesto delle relazioni sentimentali tra adulti (Bretherton e Munholland, 2008).
Mary Main (Main, Kaplan e Cassidy, 1985) in un importante seminario definiva i
Modelli Operativi Interni (MOI) come: «… l’insieme di norme consce e/o inconsce che
consentono di organizzare le informazioni riguardanti l’attaccamento e di permetterne
o limitarne l’accesso in rapporto a esperienze, sentimenti e idee concernenti
l’attaccamento stesso». Tale definizione sottolinea che gli aspetti organizzazionali e
procedurali delle rappresentazioni sono spesso più rilevanti del contenuto delle
rappresentazioni medesime nel senso che i MOI guidano sentimenti e comportamento,
ma anche attenzione, memoria e attività cognitiva nella misura in cui sono legati
all’attaccamento.
La portata innovativa del concetto di Modelli Operativi Interni, ha via via
«ridisegnato» l’interpretazione dell’eziologia della psicopatologia nella direzione del
peso delle relazioni interpersonali e del ruolo esercitato dalle situazioni traumatiche e
dalla «non sensibilità» dei genitori. Bisogna, cioè, includere nei sistemi dei significati
anche le forme procedurali del nostro sapere che più che essere informazioni o
immagini che si possono consapevolmente ricordare, si manifestano negli schemi
ripetitivi che vengono posti «nel fare» (Lyons-Ruth, 1998; Watchel, 2010; Dazzi e
Zavattini, 2011). Si può riconsiderare in tal modo l’approccio clinico alla psicopatologia
ed ai processi d’adattamento dando maggiormente attenzione alle funzioni
interpersonali e agli aspetti intersoggettivi (Moccia e Solano, a cura di 2009; Bucci,
2011; Zavattini e Velotti, 2011).
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I MOI possono, infatti, essere considerati come una «base di conoscenza» grazie
alla quale è possibile assimilare le esperienze successive riferendole a questi schemi
tendenzialmente stabili, favorendo così una costanza che garantisce una maggiore
efficienza, a fronte di un minore impegno attentivo; al tempo stesso, nella
sperimentazione di nuovi legami affettivi, è possibile, se necessario, adeguarli e quindi
revisionarli in un processo di adattamento che implica una relativa plasticità.
La ricerca sull’attaccamento adulto1 ha sottolineato, tuttavia, che tale legame
dovrebbe essere considerato come un «costrutto relazionale « (Feeney, 2003; Crowell,
2009) e ciò apre molti quesiti relativi al problema della continuità/discontinuità dei MOI
e degli Stili di attaccamento rispetto a ciò che si può definire la «natura diadica della
relazione».
Vari autori (Crowell e Treboux, 2001; Mikulincer e Goodman, 2006), seppure su
posizioni diverse, ritengono che per comprendere l’attaccamento adulto e quindi le
dinamiche di un matching tra i MOI di due partner, non sia sufficiente l’ipotesi del
prototipo, ma vada considerata come variabile interveniente quanto la relazione del
presente possa incidere sui MOI dei due partner che non sarebbero totalmente spiegabili
sulla base della sola storia delle relazioni infantili, come invece Freud e in parte Bowlby
presupponevano.
Ciò rimanda ad un quesito di fondo presente nella ricerca e che potremmo
sintetizzare così: a) i MOI influenzano il modo con cui noi scegliamo il partner
portando ad una conferma degli schemi relazionali interni: ipotesi della continuità; b) i
MOI possono essere rivisti sulla base delle esperienze all’interno delle relazioni intime
successive: ipotesi della discontinuità.
Appare evidente che tale costrutto, così delineato, articolandosi su due piani
complementari, dove da una parte pone in luce il ruolo del passato come ordinatore
delle esperienze attuali e dall’altra evidenzia, allo stesso tempo, il ruolo del presente
come occasione di revisione del copione esperienziale già codificato e registrato,
accentui un dibattito oggi quanto mai attuale.
Nell’ambito della prima prospettiva, la sicurezza – o l’insicurezza –
dell’attaccamento che un individuo ha acquisito dalle proprie esperienze infantili viene
considerata come una sorta di tratto che ha delle influenze anche sulle successive
relazioni sentimentali. Questa impostazione ha determinato la costituzione di un focus
di ricerca centrato sull’esistenza di una continuità tra i MOI sviluppati nell’infanzia,
l’interazione di coppia e le percezioni della relazione.
1
Non è facile individuare una definizione d’attaccamento nelle relazioni adulte che comprenda tutti i vari
aspetti del costrutto, in senso più classico Sperling e Berman (1994) osservano: L’attaccamento adulto è
una tendenza stabile di un individuo nel produrre sostanziali sforzi per ottenere e mantenere la
prossimità ed il contatto con una o alcune specifiche persone che assicurano un potenziamento sul piano
soggettivo per la salvezza e sicurezza. Questa tendenza stabile è regolata dai modelli operativi interni
dell’attaccamento, che sono schemi cognitivo-affettivi-emozionali costruiti a partire dall’esperienza
individuale nel mondo delle relazioni interpersonali di lui o di lei. Vi è, tuttavia, da tenere conto anche
dell’ampia mole di ricerca che utilizza questionari e che legge il costrutto dell’attaccamento adulto in
senso più relazionale considerandolo: «Da una parte… come un durevole tratto di un individuo che
influenza il suo funzionamento nelle relazioni strette. Dall’altra può essere concettualizzato come
riflettente le esperienze recenti della relazione: cioè esperienze legate a particolari relazioni» (Feeney,
1999, 425).
4
I risultati degli studi condotti hanno tuttavia evidenziato che la sicurezza non è
risultata essere predittiva dei possibili esiti delle relazioni, quali il divorzio o la
separazione, favorendo l’ipotesi che, nello studio del legame tra i partner e della sua
possibile rottura, non sia, appunto, sufficiente considerare esclusivamente il peso degli
schemi di relazione costruiti nel passato di ogni partner (Crowell e Treboux, 2001).
Nella sua accurata ed interessante rassegna Judith Feeney (1999) mette in
evidenza come numerose ricerche sull’attaccamento adulto evidenziano maggiormente
il ruolo dell’influenza delle esperienze relazionali attuali sui modelli operativi.
Intendiamo dire, per esempio, che l’essere coinvolto in una relazione stabile
soddisfacente può determinare un cambiamento in coloro i cui modelli del Sé e degli
altri erano pessimisti, nel senso che un partner sicuro può in modo consistente
incoraggiare la capacità di aprirsi ed esprimersi, mentre una persona sicura coinvolta in
una situazione particolarmente negativa che dura nel tempo, potrebbe divenire insicura.
La natura «duale» dell’attaccamento adulto
Un’evoluzione nella ricerca odierna degli studi sull’attaccamento adulto è
costituita dalle riflessioni sulla natura duale dell’attaccamento di coppia e in questa
direzione Susan Johnson (2009) ha più volte messo in evidenza che mentre la Cultura
Occidentale ha considerato la dipendenza come patologica e ha esaltato il senso di
separatezza e autosufficienza, al contrario, parafrasando Winnicott, potremmo dire che
non esiste una cosa come una completa indipendenza o una dipendenza eccessiva. C’è,
in altri termini, soltanto una dipendenza efficace o inefficace e la salute psichica
potrebbe essere considerata come la capacità d’impegnarsi in relazioni di dipendenza
reciproca (Winnicott, 1965), tema sicuramente condiviso da Bowlby.
Fisher e Crandell in questa direzione (Fisher e Crandell, 2001) parlano
d’attaccamento complesso per indicare la natura duale dell’attaccamento di coppia ed
anche la bidirezionalità della dipendenza reciproca che caratterizza le relazioni
sentimentali tra adulti.
Gli autori sottolineano che nelle relazioni di coppia ciascun partner agendo come
figura d’attaccamento, può, almeno sul piano ideale, tollerare l’ansia d’essere
dipendente dall’altro e anche di essere l’oggetto della dipendenza dell’altro.
Fisher e Crandell si sono domandati se i modelli rappresentazionali di
attaccamento possano anche influenzare e/o riflettere la qualità delle relazioni di coppia
nella vita adulta, ipotizzando che stati sicuri della mente in relazione all’attaccamento in
infanzia siano collegati ad una capacità di reciprocità nella relazione di coppia, mentre
stati della mente insicuri sarebbero collegati a posizioni fisse e a modelli relazionali
rigidi. Hanno, quindi, descritto i vari possibili matching delle diverse tipologie (eccetto
che per il gruppo irrisolto) emerse nell’AAI di ciascun partner.
1) attaccamento di coppia sicuro: in cui entrambi i partner si spostano liberamente
da una posizione dipendente a quella di essere oggetto di dipendenza dell’altro,
esprimendo apertamente il bisogno di conforto e contatto, come pure quello di
5
accoglienza del contatto, segnalando un equilibrio dei due aspetti nell’individuo e nel
sistema.
Questo matching sarebbe quello idealmente ottimale nel senso che può
corrispondere a quello che si può chiamare un modello di equilibrio intermedio
(Clulow, 2009) che può essere interpretato come l’individuazione di una vicinanza
psichica che non sia troppo lontana, come nella strategia distanziante che determina
inibizione o ritiro, né troppo intrusiva ed involving, come nella strategia preoccupata che
implica una forma di ipervigilanza, ma che invece possa esprimersi in una sensibilità
moderata in cui livelli intermedi di coordinazione sono predittivi di un attaccamento
Sicuro, ossia di un’intersoggettività ottimale (Santona e Zavattini, 2009).
Questo aspetto dovrebbe manifestarsi secondo quella che potremmo chiamare una
reciprocità flessibile (Crowell e Waters, 2005), che indica la possibilità di uno scambio
complementare delle funzioni di protezione e sostegno emotivo, aspetto che costituisce
l’elemento più caratteristico dell’attaccamento in età adulta differenziandolo dal legame
di tipo asimmetrico tra bambino e caregiver nell’infanzia
2) attaccamento di coppia insicuro, che può essere: attaccamento di coppia
distanziante/distanziante: in cui entrambi i partner negano i sentimenti di dipendenza e
vulnerabilità; attaccamento di coppia preoccupato/preoccupato: in cui i partner
esprimono sentimenti costanti di deprivazione ed una convinzione reciproca che l’altro
non potrà mai soddisfare il bisogno di conforto; attaccamento di coppia
distanziante/preoccupato: in cui il partner preoccupato si sente cronicamente deprivato
ed abbandonato, mentre il partner distanziante appare infastidito dai bisogni di
dipendenza dell’altro, conducendoli ad una dinamica del tipo inseguitore-distanziatore
spesso foriera di relazioni di tipo altamente conflittuale.
Quest’ultimo matching, nell’esperienza dei due autori presso la Tavistock Clinic
di Londra, viene considerato il più frequente nelle psicoterapie di coppia quello, cioè, in
cui un partner ha un modello d’attaccamento Distanziante-svalutante e l’altro un
modello d’attaccamento Preoccupato, per cui il partner distanziante evita di essere
dipendente e minimizza l’importanza del legame e il partner preoccupato sentendosi
cronicamente deprivato ed emotivamente abbandonato esaspera l’importanza della
prossimità psichica e la richiesta di rassicurazione sul piano degli affetti.
3) attaccamento di coppia sicuro/insicuro: la presenza di un partner sicuro, grazie
alla capacità di assumere sia le posizioni di dipendenza, sia di essere l’oggetto di
dipendenza da parte dell’altro, potrebbe offrire un’esperienza emozionalmente
correttiva al partner insicuro che, in questo modo, potrebbe riuscire a comportarsi in
modo più flessibile e bilanciato. Ad esempio, potrebbe sfidare la tendenza
dell’individuo preoccupato a porsi nella posizione dipendente e quella del distanziante a
non assumere nessuna posizione. D’altra parte, in determinate circostanze, il soggetto
sicuro potrebbe, invece, diventare più rigido ed inflessibile nel soddisfare le tendenze
del partner insicuro.
Su queste premesse possiamo pensare che il presente sia influenzato dall’incontro
delle strategie di regolazione delle emozioni desunte dalla storia personale dei due
partner e che particolare importanza debba essere data al modo in cui i modelli
rappresentazionali dei partner <<si incastrano>> tra loro (Velotti e Zavattini, 2008).
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In questa direzione la qualità della relazione di coppia va intesa come un joint
product dei modelli o degli stili d’attaccamento di entrambi i partner, nel senso che il
modello d’attaccamento sarebbe una variabile mediatore che incide sulla qualità della
relazione di coppia, un filtro tra la percezione non solo di sé e dell’altro, ma anche della
relazione in quanto tale com’è emerso in numerose ricerche sulla tipologia del matching
e sulla qualità della soddisfazione di coppia come abbiamo sopra accennato.
È in effetti nella relazione attuale che i partner possono sperimentare ripetute
esperienze relazionali con l’altro mettendo in atto sia processi di assimilazione (il
presente in questo caso è letto sulla base del copione esistente) sia,
contemporaneamente, processi di accomodamento alle caratteristiche dei MOI dell’altro
membro della coppia (il presente in questo caso è usato per aggiornare il copione
esistente), mantenendo un equilibrio tra continuità e flessibilità (Bowlby, 1973;
Mikulincer e Goodman, 2006).
È proprio grazie a quest’ultimo processo che in un legame sentimentale
significativo e duraturo si finirebbe per acquisire la qualità di «novità portata dalle
interazioni con l’altro sino alla possibilità di revisionare i propri schemi attraverso un
riprocessamento necessario per mantenere una “sufficiente” accuratezza dei modelli e
generare un comportamento adattivo, delle aspettative più aderenti alla realtà e dei
processi di adattamento di coppia più funzionali» (Castellano, Velotti, Zavattini, 2010).
Nel secondo punto di vista, accanto all’ipotesi di un riprocessamento continuo
delle rappresentazioni di sé o delle relazioni connesse alle esperienze infantili, si ritiene
che il contesto di coppia costituisca di per sé un nuovo ambiente di accudimento che
può portare allo sviluppo di una rappresentazione d’attaccamento differente da quella
infantile. In questa lettura, oltre al ruolo delle passate esperienze infantili, si considerano
le varie esperienze «amorose» come contesti nei quali, pur agendo schemi precedenti, è
possibile che si acquisiscano nuove modalità relazionali che, tuttavia, possono mettere
in discussione il precedente modello operativo.
Judith Crowell (Crowell e Treboux, 2001) ha focalizzato l’attenzione sullo studio
delle rappresentazioni dei legami d’attaccamento passati ed attuali e delle modalità con
le quali tali legami, una volta interiorizzati, si organizzano nel singolo individuo.
Focalizzandosi sulla concordanza/discordanza tra le rappresentazioni «generali»
(dell’infanzia) e quelle «specifiche» (frutto della relazione con il partner adulto) di
ciascun partner per osservare in che modo, queste ultime siano in grado di confermare o,
al contrario, modificare lo schema di base sicura originario.
I teorici dell’attaccamento hanno quindi immaginato i MOI come strategie
generali che originano dalle esperienze infantili e guidano tutte le relazioni successive,
ma anche come «relazione-specifici», cioè corrispondenti alle molteplici relazioni
d’attaccamento che si sviluppano nel ciclo di vita di un individuo (Bretherton e
Munholland, 2008; Cobb e Davila, 2009).
Più recentemente, in un’ottica dimensionale, è stata proposta la possibilità di una
coesistenza, nel singolo individuo, di tutte le strategie di regolazione – «sicura»,
«preoccupata», «distanziante» – l’attivazione di una strategia piuttosto che dell’altra
dipenderebbe dal tipo di relazione e/o di situazione in cui ci si trova. Una persona
potrebbe, ad esempio, utilizzare una strategia «sicura» con il partner quando si tratta di
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negoziare aspetti della relazione legati all’accudimento, ma usare una strategia
«preoccupata» quando si tratta di negoziare aspetti legati ai bisogni di autonomia
personale.
Questa lettura (Alexandrov, Cowan e Cowan, 2005) si basa, in parte, sull’idea che
l’attaccamento sia da considerarsi espressione di strategie di regolazione delle emozioni
che vengono attivate in condizioni di minaccia alla relazione e in base all’accessibilità e
alla disponibilità percepita nell’altro (Eagle e Wolitzky, 2009).
L’attaccamento in una prospettiva multimotivazionale
In ogni caso, specie per quanto riguarda l’età adulta e l’adolescenza, la ricerca
della prossimità non rappresenta l’unica spinta presente nei legami sentimentali che
assumono la qualità di attaccamenti2. Quando, ad esempio, un partner è esposto ad un
pericolo potenziale o reale e l’altro attiva quell’insieme di comportamenti che mirano a
promuovere la prossimità emotiva e a fornire conforto (George e Solomon, 2008),
l’accudimento che ne consegue se sensibile e responsivo potrebbe essere uno dei
predittori più accurati della durata di una relazione di coppia (Eagle, 2007).
Occorre, quindi, chiedersi quali e quanti siano i sistemi motivazionali che
interagiscono con quello dell’attaccamento nel dispiegarsi delle dinamiche di coppia. In
particolare, possiamo pensare al sistema dell’accudimento, che si riferisce alla capacità
di prendersi cura dell’altro e che esita in una serie di comportamenti quali mostrare
interesse per un problema che sta preoccupando il partner, convalidare le sue paure,
rassicurarlo attraverso un aumento della vicinanza, ma anche incoraggiarlo ad affrontare
le nuove sfide che si possono presentare, trasmettendogli un senso di fiducia nelle sue
qualità e competenze. Questi comportamenti sono alla base dell’interiorizzazione delle
funzioni di «rifugio sicuro» e di «base sicura» all’interno della relazione di coppia;
tuttavia, solo recentemente gli studiosi (Mikulincer e Goodman, 2006) hanno iniziato ad
approfondire il ruolo che altri sistemi3, quali ad esempio la sessualità e l’accudimento –
che opererebbero in maniera integrata con quello dell’attaccamento – potrebbero avere
in una relazione tra adulti.
Non è possibile immaginare che in legami così complessi sia in atto una sola
spinta motivazionale, tuttavia dibattere delle altre rende sicuramente ancor più ardua la
discussione, aprendo quesiti per i quali sembrano non esistere ancora risposte chiare.
Considerando, ad esempio, semplicemente il ruolo giocato da questi altri due sistemi è
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Così come i legami d’attaccamento che si sviluppano nel corso dell’infanzia impiegano diverso tempo per
organizzarsi, allo stesso modo le relazioni di coppia possono essere qualificate come «legami d’attaccamento»
solo quando perdurano per un certo tempo, che alcuni autori individuano come superiore ai due anni (Zeifman e
Hazan, 2008).
3
La maggior parte degli studiosi dell’attaccamento, infatti, non considera il ruolo del sistema esplorativo
(Lichtenberg, 2005) considerando l’esplorazione come un aspetto implicito alla definizione dell’attaccamento,
piuttosto che come un sistema comportamentale a sé stante; allo stesso modo il sistema avversivo e quello
assertivo non sono considerati sistemi indipendenti, con proprie connotazioni, poiché i comportamenti avversivi
sono letti prevalentemente come comportamenti scatenati dalla minaccia di perdita della figura d’attaccamento,
piuttosto che come comportamenti con proprie funzionalità innate legate all’aggressività, parimenti, il sistema
assertivo viene considerato come strettamente legato all’esplorazione.
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necessario immediatamente chiedersi in che modo il loro intrecciarsi operi e quale tipo
di organizzazione sussista. Alcuni autori hanno ipotizzato l’esistenza di
un’organizzazione gerarchica, per cui il sistema d’attaccamento, essendo il primo a
svilupparsi nel percorso evolutivo influenzerebbe il successivo sviluppo degli altri due
(Mikulincer, 2006); altri prevedono l’esistenza di un’organizzazione circolare, per cui
l’attivazione di uno qualsiasi dei tre sistemi comporterebbe l’attivazione anche degli
altri, nonostante essi possano avere ruoli diversi nella relazione; in quest’ottica appare
più rilevante chiedersi come i tre sistemi siano, o meno, tra loro integrati, piuttosto che
vedere quale sia il sistema dominante (Diamond, Blatt e Lichtenberg, 2007). Altri autori
ipotizzano invece che nel corso della vita di una coppia questi sistemi interagiscano
«mantenendo tra loro un equilibrio dinamico, ma anche che in alcune fasi (quindi
temporaneamente), o in alcune relazioni di coppia (quindi stabilmente), uno di essi
possa predominare rispetto agli altri» (Castellano, Velotti, Zavattini, 2010, p. 83).
Si tratta di quesiti estremamente rilevanti se si considera che molti problemi nelle
relazioni di coppia sono legati alla difficoltà dei partner di trovare un equilibrio nella
relazione con l’altro, sulla base delle proprie spinte e delle risposte altrui, difficoltà
spesso alla base della rottura delle relazioni. Uno sbilanciamento dei sistemi
motivazionali potrebbe, ad esempio, caratterizzarsi per un’intensificazione del sistema
dell’accudimento e dare luogo ad un funzionamento di coppia in cui un partner
«accudisce» e l’altro appare incapace di fornire sostegno nei momenti di bisogno.
Oppure potrebbe essere il sistema motivazionale della sessualità, particolarmente
centrale nelle prime fasi di una relazione, e che in seguito costituisce un elemento
altrettanto importante del funzionamento di coppia ad essere sbilanciato sino a
rappresentare una sorta di «collante» che tiene insieme i partner, mentre in altre può
essere ridotta o del tutto assente.
L’utilità nel considerare il bilanciamento (o lo sbilanciamento) tra attaccamento,
sessualità ed accudimento nella comprensione del funzionamento di coppia può
rappresentare una possibile lettura diagnostica che consente appunto di individuare
coppie che funzionano all’interno di un equilibrio tra bisogni di attaccamento, sessualità
ed accudimento, coppie il cui funzionamento si basa sulla maggiore attenzione data alle
componenti dell’accudimento rispetto agli altri sistemi, coppie in cui sono
maggiormente attivi i bisogni legati alla sessualità.
La valutazione del tipo di equilibrio che emerge nella relazione fornisce la
possibilità di avere una comprensione più accurata del modo in cui i partner si
relazionano l’uno all’altro, dei rispettivi bisogni che appaiono in primo piano, ma anche
delle possibili origini delle difficoltà che possono incontrare nel corso della loro
relazione.
Connessioni e disconnessioni nell’attaccamento adulto: un’ipotesi
Nello scenario post-moderno cui abbiamo accennato, nel quale aumentano le
occasioni in cui sperimentarsi in diversi tipi di relazione, la teoria dell’attaccamento
appare utile per comprendere in che modo la discontinuità dell’esperienza che sembra
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collegarsi con molti Sé, nei quali gli eventi e le relazioni ci fanno riconoscere, possa
essere letta, indagata e trattata. La relazione con l’altro oggi, più che in passato, diviene
il luogo nel quale sperimentarsi e inventarsi; è, infatti, nel contesto interpersonale che i
vari aspetti dell’esperienza soggettiva del Sé possono essere integrati tramite un
rispecchiamento che sia congruente e caratterizzante (Clulow, 2009).
Qualora si verifichi, invece, un fallimento del processo di sintonizzazione affettiva
e della funzione di riconoscimento e rispecchiamento, la struttura del Sé si forma
attorno ad un’immagine frammentata e incoerente (Albasi, 2006) che fa della relazione
di coppia «il luogo» in cui possono prender corpo le disconnessioni di ciascun partner
(Santona e Zavattini, 2009; Velotti e Zavattini, 2011).
Ciò è alla base di una capacità empatica impoverita e del pensare distorto che
porta a quello che Pasco Fearon chiama il ciclo delle interazioni non mentalizzate che
nelle situazioni relazionali di coppia o familiari hanno la caratteristica di essere
«inefficaci» e inutili al fine di fornire aiuto agli altri (Fearon et al., 2006).
Su questa linea, più recentemente (Castellano, Velotti, Zavattini, 2010), ponendo
l’accento sulla funzione regolatrice delle emozioni nell’attaccamento, è stata avanzata
l’ipotesi di analizzare quali siano le oscillazioni esistenti nel corso delle interazioni tra
partner adulti tra i due poli di vicinanza e distanza emotiva riprendendo i concetti di
contatto, rottura e riparazione elaborati proprio nel contesto dello studio delle
interazioni tra bambino-caregiver (Siegel, 2003; Tronick 2005).
In questa prospettiva gli autori ipotizzano che sia la capacità di riparazione degli
errori interattivi il processo centrale nelle interazioni tra partner, caratterizzate
naturalmente da episodi di «rottura» del contatto affettivo, a cui seguono momenti
«riparativi» accompagnati, dunque, dal ripristino del contatto; sarebbe questo
andamento a dare ai membri della diade la percezione complessiva della loro «intesa» e
la conoscenza procedurale implicita del senso del loro legame (Zavattini, 2008).
Su questi presupposti, potremmo avanzare l’ipotesi che alcune relazioni
potrebbero essere caratterizzate da pattern tesi a minimizzare o a tollerare in modo
passivo le rotture, sia per l’incapacità di segnalare le situazioni di perdita del contatto
affettivo sia per l’incapacità di «affrontare « la fase di rottura ed il suo correlato
emotivo. I processi che mirano a guadagnare un equilibrio emotivo, a ri-connettere
emotivamente (Beebe e Lachmann, 2002) la coppia sono, tuttavia, fortemente legati sia
alle competenze individuali dei partner nel regolare i propri stati emotivi (storia
passata), sia alla capacità – propria della coppia – di tollerare gli stati di disconnessione
(storia presente).
Come già accennato nel precedente paragrafo, nella comprensione di questo
processo il focus si è spostato dall’individuo alla coppia come unità di osservazione,
ovvero al processo co-costruito all’interno della dinamica intersoggettiva dei partner. In
altri termini, nel corso del processo continuo di negoziazione ed adattamento reciproco,
nella coppia si affinerebbe il repertorio di strategie specifiche adottate da un partner
nei confronti dell’altro, caratterizzando in modo funzionale – o disturbato –, il modello
relazionale condiviso che ciascuno di essi costruisce con l’altro.
Tale processo negli esseri umani implica il coinvolgimento reciproco di due
menti o, per essere più precisi all’interno del paradigma dell’attaccamento, il
10
coinvolgimento di due strategie di regolazione delle emozioni, in cui la soggettività di
un individuo cresce e si forma confrontandosi in un complesso lavoro di scanning degli
stati mentali di sé e dell’altro.
Conclusioni
La teoria che si basa sul pensiero di John Bowlby è diventata negli ultimi decenni
un patrimonio comune della cultura psicologica, costituendo il punto di partenza di un
numero imponente di ricerche in cui, accanto all’analisi della dimensione
comportamentale e rappresentazionale, si è imposta quella della regolazione delle
emozioni, sia associata alla qualità dell’attaccamento dell’individuo sia come processo
bidirezionale sotteso alla costruzione, sviluppo e trasformazione dei legami nell’arco di
vita.
Va precisato che all’interno della teoria dell’attaccamento vi è stata, infatti,
un’evoluzione (Carlson e Sroufe, 1995) che ha più sottolineato il tema del «sentirsi
sicuri» piuttosto che quello della regolazione della distanza fisica permettendo di
riconcettualizzare la teoria dell’attaccamento in termini di regolazione affettiva. Ne
emerge una concezione che mette in primo piano il ruolo fondamentale delle aspettative
relative al porsi in relazione con gli altri e non l’idea dell’uomo come organismo teso
alla ricerca della soddisfazione (drive model).
In questa direzione gli studi sull’attaccamento adulto hanno sempre più posto
l’accento sulla natura duale del legame di coppia spostando in parte il focus del dibattito
dal ruolo del passato a quello del presente sottolineando la necessità di comprendere
non solo l’uso dell’altro, ma anche l’uso della relazione. Ciò riguarda non solo la
ricerca, ma anche la teoria dell’intervento nel lavoro clinico con le coppie, che potrebbe
essere visto o in senso più ricostruttivo leggendo il presente come il contesto in cui si
cerca tramite la relazione a due di risolvere o riparare gli aspetti irrisolti della propria
storia personale, oppure la relazione sentimentale attuale, può essere considerata più
come espressione delle disconnessioni tra due strategie di relazione (Santona e
Zavattini, 2009; Castellano, Velotti e Zavattini, 2010; Zavattini et al., 2010).
Rispetto alla ricerca sull’attaccamento adulto possiamo, quindi, sintetizzare alcuni
aspetti di fondo che costituiscono anche quesiti rilevanti:
– il ruolo delle relazioni interpersonali: vi è un sempre maggiore consenso,
sostenuto dai dati di ricerca verso una lettura che fa dell’intersoggettività un costrutto di
base per comprendere le dinamiche del sistema bambino-genitori e la costruzione,
sviluppo e trasformazione dei legami nell’arco di vita (Bordi, 1995; Target, 2005). I
processi interni e quelli interattivi sono quindi oggi da considerarsi separatamente e
nella loro interdipendenza e capacità di «costruire congiuntamente» le realtà
intrapersonali e la stessa interazione: è ciò che Beebe e Lachmann (2002) chiamano
«co-constructing interactions».
Nel campo degli studi sull’attaccamento adulto (Feeney, 1999) dobbiamo
chiederci quanto i modelli d’attaccamento siano proprietà degli individui o delle
relazioni e ciò necessita di studi longitudinali e di ulteriori ricerche.
11
– patologia relazionale: i legami d’attaccamento in età adulta dovrebbero
assolvere le stesse funzioni di base che esplicano in età evolutiva, ossia «il
mantenimento della prossimità», la «protesta alla separazione», la «base sicura» e il
«rifugio sicuro» e si esprimono nelle relazioni sentimentali caratterizzate da un impegno
e da un durevole coinvolgimento.
La ricerca sull’attaccamento adulto ha sottolineato che tale legame dovrebbe
essere considerato come un «costrutto relazionale». Queste funzioni dovrebbero
manifestarsi secondo quella che potremmo chiamare una reciprocità flessibile, che
indica la possibilità di uno scambio complementare delle funzioni di protezione e
sostegno emotivo, aspetto che costituisce l’elemento più caratteristico dell’attaccamento
in età adulta differenziandolo dal legame di tipo asimmetrico tra bambino e caregiver
nell’infanzia.
Su questi presupposti la patologia relazionale può essere letta come un fallimento
del processo di sintonizzazione per cui se da un lato le relazioni di attaccamento
possono favorire lo sviluppo di processi adeguati alla regolazione degli stati affettivi,
dall’altro lato, come accade nell’attaccamento traumatico e nelle situazioni di incuria ed
insensibilità, vi può essere un disconoscere le necessità di regolazione. Nel secondo
caso, le esperienze evolutive costituiranno strutture che custodiscono la memoria di
questi fallimenti, sia sul piano dei contenuti che dei processi esprimendosi sia
nell’incapacità di mettere in discussione schemi ripetitivi – costante relazionale negativa
– (Seganti, 1995; Norsa e Zavattini, 1997) non consentendo di disgregare i modelli
previ in modo adattivo (Beebe e Lachmann, 2002), sia nella costruzione di relazioni di
coppia in cui non si riesce a tollerare gli stati di disconnessione mettendo in atto la
capacità di recuperare uno stato di sintonizzazione e coordinamento (Siegel, 2003;
Purnell, 2004; Zavattini e Velotti, 2011).
In questo senso la salute psichica nella coppia potrebbe essere considerata come la
capacità d’impegnarsi in relazioni di dipendenza reciproca, così come la psicopatologia
può essere vista in una dipendenza insicura temi magistralmente messi in evidenza
dagli studi sulla Strange Situation e dalla gran mole di dati sull’attaccamento adulto.
I modelli classici, come già osservato, hanno invece come «patologizzato» il
concetto di dipendenza ed esaltato quello di separatezza e di self-sufficiency, mentre
Bowlby ha messo in evidenza come poter riconoscere il dipendere affettivamente da un
altro non sia solo un tratto di fondo degli esseri umani che va al di là dell’infanzia, ma
anche l’espressione di un attaccamento Sicuro.
– cosa cambia nella teoria dell’intervento: l’elemento che, a nostro avviso,
probabilmente rappresenta il contributo più significativo dell’Adult Attachment
Interview (Main, Kaplan e Cassidy 1985) alla ricerca sullo studio dei processi mentali
anche per la clinica è lo spostamento del focus d’attenzione dall’analisi del contenuto –
cosa è successo – alla coerenza. Ciò che è saliente non è, in altri termini, il contenuto di
ciò che viene raccontato, ma come lo si racconta, nel senso che è assai più importante
valutare se la struttura narrativa della propria storia sia «coerente» (nei termini delle
massime di collaborazione comunicativa di Grice), piuttosto che se nell’infanzia siano
avvenute, o meno, situazioni difficili e dolorose.
12
Parimenti nel lavoro con le coppie lo scenario creato dal particolare setting di
coppia, quello cioè in cui si è in presenza del partner reale, offre la possibilità non solo
di utilizzare l’insight, ma anche di mettere i membri della coppia in condizione di potere
fare esperienza di alcuni aspetti della propria soggettività che sono stati dissociati ed
affidati alla relazione (Albasi, 2006). Come scrive, infatti, Wallin nel suo saggio
intitolato Psicoterapia e teoria dell’attaccamento: «ciò che i pazienti non possono
spiegare chiaramente a parole tende ad essere evocato, messo in atto o incorporato»
(Wallin, 2007).
L’obiettivo terapeutico deve essere inteso non solo come la possibilità per ogni
partner di riconoscere le proprie proiezioni, scoprire come questi aspetti di sé siano
sentiti e quanto siano tollerabili, in modo da favorire un Sé autonomo, più integrato e
coerente, ma anche potere comprendere e sperimentare quali schemi siano stati «messi
in scena « nella relazione e come essa venga usata reciprocamente (Clulow, 2009;
Zavattini, 2010a).
SINTESI
L’articolo presenta il contributo che la teoria dell’attaccamento ha dato alla comprensione
delle dinamiche di coppia sottolineando gli aspetti di fondo del pensiero di Bowlby e l’impatto
degli studi relativi all’attaccamento adulto. Vengono, inoltre, indicate le recenti tematiche
sollecitate dal dibattito sull’attaccamento ed il loro contributo alla comprensione dei legami
sentimentali. Gli autori, infine, mettono in evidenza la necessità di rielaborare la pratica clinica
con le coppie alla luce di quanto discusso, includendo nei sistemi dei significati anche le forme
procedurali del nostro sapere e riconsiderando l’approccio clinico alla psicopatologia ed ai
processi d’adattamento nell’ottica di una maggiore attenzione alle funzioni interpersonali e ai
processi intersoggettivi.
PAROLE CHIAVE: Attaccamento adulto, passato e presente, natura duale della relazione,
sistema motivazionale, disconnessioni.
SUMMARY
Adult Attachment and couple relationships:
scripts of the past and disconnections from the present
The paper concerns the contribution that the attachment theory gives in the understanding
of couples dynamics, underlying the fundamental statements of Bowlby’s thought and the role
of the research regarding adult attachment. Authors also suggest the main issues stressed in the
recent debate on attachment and their contribution to the understanding of romantic love.
Finally, they highlight the necessity to work out again couples therapy based on this aspects,
including as systems of meaning also the procedural forms of our knowledge and reconsidering
our clinical approach to psychopathology and to adaptive processes, allowing greater attention
to interpersonal functions and intersubjective processes.
KEYWORDS: Adult attachment, past and present, dual nature of the relationships,
motivational systems, disconnections.
13
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PATRIZIA VELOTTI
Ricercatore presso il Dipartimento di Scienze della Formazione (DISFOR)
dell’Università degli Studi di Genova. Psicologa, PhD, Specialista in Psicologia Clinica –
Gruppoanalista. Membro dell’International Association of Couple and Family Psychoanalisys;
Membro Ordinario dell’Associazione Italiana di Psicologia (AIP), Sezione di Psicologia Clinica
- Dinamica.
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Gigli F., Velotti P. (2009). Meine Tochter ist nicht für diese Welt geschaffen. Die Komplexität
bei der Wahl einer Psychotherapie für Eltern. Kinderanalyse, 3, 234-247.
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PATRIZIA VELOTTI
Assistant Professor, Department of Education Sciences University of Genoa.
Psychologist, PhD, PsyD. Groupanalyst, Member of the International Association of Couple and
Family Psychoanalisys, Full Member of the Italian Association of Psychology (AIP), Division
of Clinical and Dynamic Psychology.
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GIULIO CESARE ZAVATTINI
Professore Ordinario di «Valutazione ed intervento psicodinamico-clinico nella coppia «,
Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università degli Studi di Roma. Psicoanalista S.P.I.
e I.P.A.; Full Member of the British Society of Couple Psychotherapists and Counsellors
[B.S.C.P.C. (London); Member dell’International Association of Couple and Family
Psychoanalisys; Membro Ordinario dell’Associazione Italiana di Psicologia (AIP), Sezione di
Psicologia Clinica - Dinamica.
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Italiano di Psicologia, vol. 4, 735-762.
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Child Care, Health & Development,1, pp. 82-88.
Velotti P., Castellano R., Zavattini G.C., (2011) Adjustment of couples following childbirth.
The role of Generalized and Specific States of Mind in an Italian Sample, European
Psychologist, vol. 16, n° 1, pp. 1-11.
GIULIO CESARE ZAVATTINI
Full Professor of ‘Assessment and Clinical Psychodynamic Intervention in the Couple’,
Department of Dynamic and Clinical Psychology, University of Rome ‘Sapienza’.
Psychoanalyst S.P.I. e I.P.A.; Full Member of the British Society of Couple Psychotherapists
and Counsellors [B.S.C.P.C. (London); Member of the International Association of Couple and
Family Psychoanalisys; Full Member of the Italian Association of Psychology (AIP), Division
of Clinical and Dynamic Psychology.
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