Comments
Transcript
Attaccamento adulto e relazione di coppia
Attaccamento adulto e relazione di coppia: schemi del passato e disconnessioni del presente PATRIZIA VELOTTI E GIULIO CESARE ZAVATTINI Introduzione Quali siano le determinanti del comportamento umano è una delle questioni che da sempre affascinano e animano il dibattito scientifico. E nello specifico delle relazioni sentimentali cosa ci muove favorendo, offuscando, impedendo la realizzazione di legami sentimentali soddisfacenti, dei quali spesso ci dichiariamo bisognosi? L’ultimo trentennio si è caratterizzato per una continua e rapidissima evoluzione sociale che vede la nascita di una coppia e/o di una famiglia, sia nei loro aspetti innovativi, che in quelli problematici, in progressiva trasformazione. Siamo di fronte a quadri familiari non stabili, anzi «liquidi» (Bauman, 2003), in cui nuovi figli e nuovi partner si sperimentano in combinazioni talora inusuali e certo inimmaginabili agli inizi dello scorso secolo dalla psicoanalisi classica. Attualmente, la famiglia e dunque la coppia sembra aver spinto sullo sfondo la questione della struttura di parentela in quanto tale, ponendo maggiore attenzione all’aspetto affettivo della relazione, identificato con la piena soddisfazione dei partner. In tal senso, il bisogno che gli esseri umani hanno di garantirsi la vicinanza e la disponibilità affettiva di una persona significativa, così ben evidenziato e descritto dalla teoria dell’attaccamento rappresenta uno dei sistemi motivazionali (Fonagy, 2001; Lichtenberg, Lachmann e Fosshage, 2010) che ha interessato il dibattito scientifico negli ultimi quarant’anni (Cassidy e Shaver, 2008). Le relazioni di coppia rappresentano, infatti, un baricentro importante della vita affettiva degli esseri umani e sono in questi ultimi anni sempre più numerosi gli studi che prendono in esame le dinamiche e le problematiche della qualità della relazione e della soddisfazione percepita dai partner. La ricerca ed il lavoro clinico con le coppie ha avuto, infatti, un grande sviluppo, sia all’interno del movimento psicoanalitico, sia all’interno della prospettiva psicosociale e sistemica, sia nella teoria dell’attaccamento (Clulow, 2001; Johnson, 2008; Zavattini, 2010a, 2010b; Zavattini e Gigli, 2010). Numerosi studi effettuati nell’ambito di questo paradigma (Rholes, Simpson, 2004; Mikulincer e Goodman, 2006; Feeney e Monin, 2008; Velotti, Castellano e Zavattini, 2010) hanno infatti aperto nuove prospettive alla comprensione delle relazioni sentimentali e nel campo del sostegno alla genitorialità rendendo oggi la teoria dell’attaccamento uno dei modelli più fertili per la teorizzazione, la ricerca e la pratica clinica nell’ambito delle relazioni tra adulti (Wallin, 2007; Slade, 2008, 2010; Steele e Steele, 2008; Obegi e Berant, 2009; Bennet e Nelson, 2010; Dazzi e Zavattini, 2011). Un’impressionante mole di dati ha, infatti, consentito di fare molte ipotesi sul rapporto tra l’attaccamento dei partner ed il modo in cui essi vivono la loro relazione. Gli studi di matrice evolutiva, ad esempio, hanno evidenziato come anche nei partner adulti sia possibile osservare un funzionamento per molti versi simile a quello delle diadi madre-bambino. Sulla base di queste considerazioni si è ritenuto che anche l’attaccamento adulto potesse essere definito in termini analoghi a quello infantile (Rholes, Simpson, 2004; Zeifman e Hazan, 2008) e sono stati individuati alcuni indicatori responsabili della regolazione del sistema d’attaccamento nell’individuo: il primo concerne la percezione di situazioni di minaccia che fa sì che si attivi il sistema comportamentale dell’attaccamento; il secondo fa riferimento alla percezione della disponibilità e responsività della figura d’attaccamento. Quest’ultima si articolerebbe in maniera diversa a seconda dei casi e determinerebbe la sicurezza o insicurezza del soggetto: nel primo caso, la persona «sicura» percependo la disponibilità dell’altro, si può sentire libera di impegnarsi in altre attività che la possono riguardare; nel secondo caso, il partner viene percepito come insensibile ed il senso di «insicurezza» può esitare in due tipi di situazioni – un’iperattivazione o una disattivazione delle strategie di regolazione affettiva – a seconda di quanto sia gradita/ricercata la vicinanza dell’altro (Mikulincer e Shaver, 2003). Ne consegue che le persone «insicure» che avvertono un forte bisogno di vicinanza con il proprio partner (ossia quelle con un stile di attaccamento «ansioso»), mettono in atto strategie di iperattivazione, caratterizzate da ipervigilanza e continua espressione di paure, bisogni e dubbi; le persone che non tollerano molto la vicinanza (con un attaccamento «evitante») mettono in atto strategie di disattivazione, basate sul distanziamento e sul ritiro. Queste ipotesi mirano a comprendere quanto più accuratamente possibile il funzionamento del sistema dell’attaccamento e sono oggetto di numerose indagini empiriche su cui, come già accennato, vi è ormai un’ampia letteratura. In questa prospettiva sono aumentati gli studi sugli strumenti di misura, sia con interviste narratologiche sulla storia personale e sul legame con il partner, sia con questionari self-report che indagano le rappresentazioni di sé e dell’altro. Molti ricercatori, infatti, a partire dall’opera pioneristica di Hazan e Shaver, hanno proposto nuove forme di misura degli Stili di attaccamento adulto, aprendo un dibattito che ha visto una netta contrapposizione tra coloro che si servono di questionari self-report e coloro che fanno, invece, riferimento ad interviste narratologiche. Sebbene non abbiamo lo spazio per affrontare sul piano metodologico i vari quesiti che questo dibattito implica (vedi Santona e Zavattini, 2007; Carli, Cavanna e Zavattini, 2009) – e che attraversa la ricerca attuale sia nel campo dell’infant research e della psicopatologia dello sviluppo (Beebe e Lachmann, 2002), sia della psicoanalisi contemporanea (Baradon, 2010; Busato Barbaglio e Mondello, 2011; de Campora e Zavattini, 2011) –, si può osservare che nella ricerca sull’attaccamento vi sono due differenti ed indipendenti linee di indagine: a) la prima linea di ricerca è seguita dagli psicologi dello sviluppo e dai clinici che utilizzano tecniche osservazionali ed interviste per studiare lo «stato della mente» dei genitori rispetto all’attaccamento; b) la seconda linea di ricerca prende avvio dagli studi iniziati negli anni ottanta da Hazan e Shaver da parte di studiosi nel campo della psicologia della personalità e sociale utilizzando 2 misure self-report che fanno soprattutto riferimento più che al modello di Bowlby a quello bidimensionale ansietà/evitamento della Ainsworth. Sebbene le due linee trovino attualmente una maggiore convergenza rimane una certa differenza tra il sistema di codifica dell’AAI che valuta la rappresentazione che l’adulto ha delle proprie relazioni di attaccamento in riferimento a una specifica relazione e le misure self-report che prendono invece in considerazione la rappresentazione generalizzata che l’adulto ha dei propri partner sentimentali. Inoltre mente l’AAI valuta «i processi inconsci dell’adulto per la regolazione delle emozioni», gli strumenti self-report coglierebbero invece le «valutazioni consce» che gli adulti hanno di se stessi nelle relazioni sentimentali. Passato e presente Gli studi sull’attaccamento romantico hanno inizialmente seguito la tesi avanzata da John Bowlby, la cosiddetta ipotesi prototipo, che presupponeva che le relazioni sentimentali significative e durature potessero essere concepite come un processo d’attaccamento, mettendo in luce il ruolo che le relazioni della prima infanzia possono avere nel predire il futuro «successo» di una relazione di coppia. È infatti il concetto di «Modello operativo interno» (Bowlby, 1969), termine che si riferisce all’insieme di rappresentazioni relative al funzionamento ed al significato delle relazioni d’attaccamento, uno degli elementi fondamentali per comprendere alcune delle questioni approfondite dagli autori che studiano i legami d’attaccamento nel contesto delle relazioni sentimentali tra adulti (Bretherton e Munholland, 2008). Mary Main (Main, Kaplan e Cassidy, 1985) in un importante seminario definiva i Modelli Operativi Interni (MOI) come: «… l’insieme di norme consce e/o inconsce che consentono di organizzare le informazioni riguardanti l’attaccamento e di permetterne o limitarne l’accesso in rapporto a esperienze, sentimenti e idee concernenti l’attaccamento stesso». Tale definizione sottolinea che gli aspetti organizzazionali e procedurali delle rappresentazioni sono spesso più rilevanti del contenuto delle rappresentazioni medesime nel senso che i MOI guidano sentimenti e comportamento, ma anche attenzione, memoria e attività cognitiva nella misura in cui sono legati all’attaccamento. La portata innovativa del concetto di Modelli Operativi Interni, ha via via «ridisegnato» l’interpretazione dell’eziologia della psicopatologia nella direzione del peso delle relazioni interpersonali e del ruolo esercitato dalle situazioni traumatiche e dalla «non sensibilità» dei genitori. Bisogna, cioè, includere nei sistemi dei significati anche le forme procedurali del nostro sapere che più che essere informazioni o immagini che si possono consapevolmente ricordare, si manifestano negli schemi ripetitivi che vengono posti «nel fare» (Lyons-Ruth, 1998; Watchel, 2010; Dazzi e Zavattini, 2011). Si può riconsiderare in tal modo l’approccio clinico alla psicopatologia ed ai processi d’adattamento dando maggiormente attenzione alle funzioni interpersonali e agli aspetti intersoggettivi (Moccia e Solano, a cura di 2009; Bucci, 2011; Zavattini e Velotti, 2011). 3 I MOI possono, infatti, essere considerati come una «base di conoscenza» grazie alla quale è possibile assimilare le esperienze successive riferendole a questi schemi tendenzialmente stabili, favorendo così una costanza che garantisce una maggiore efficienza, a fronte di un minore impegno attentivo; al tempo stesso, nella sperimentazione di nuovi legami affettivi, è possibile, se necessario, adeguarli e quindi revisionarli in un processo di adattamento che implica una relativa plasticità. La ricerca sull’attaccamento adulto1 ha sottolineato, tuttavia, che tale legame dovrebbe essere considerato come un «costrutto relazionale « (Feeney, 2003; Crowell, 2009) e ciò apre molti quesiti relativi al problema della continuità/discontinuità dei MOI e degli Stili di attaccamento rispetto a ciò che si può definire la «natura diadica della relazione». Vari autori (Crowell e Treboux, 2001; Mikulincer e Goodman, 2006), seppure su posizioni diverse, ritengono che per comprendere l’attaccamento adulto e quindi le dinamiche di un matching tra i MOI di due partner, non sia sufficiente l’ipotesi del prototipo, ma vada considerata come variabile interveniente quanto la relazione del presente possa incidere sui MOI dei due partner che non sarebbero totalmente spiegabili sulla base della sola storia delle relazioni infantili, come invece Freud e in parte Bowlby presupponevano. Ciò rimanda ad un quesito di fondo presente nella ricerca e che potremmo sintetizzare così: a) i MOI influenzano il modo con cui noi scegliamo il partner portando ad una conferma degli schemi relazionali interni: ipotesi della continuità; b) i MOI possono essere rivisti sulla base delle esperienze all’interno delle relazioni intime successive: ipotesi della discontinuità. Appare evidente che tale costrutto, così delineato, articolandosi su due piani complementari, dove da una parte pone in luce il ruolo del passato come ordinatore delle esperienze attuali e dall’altra evidenzia, allo stesso tempo, il ruolo del presente come occasione di revisione del copione esperienziale già codificato e registrato, accentui un dibattito oggi quanto mai attuale. Nell’ambito della prima prospettiva, la sicurezza – o l’insicurezza – dell’attaccamento che un individuo ha acquisito dalle proprie esperienze infantili viene considerata come una sorta di tratto che ha delle influenze anche sulle successive relazioni sentimentali. Questa impostazione ha determinato la costituzione di un focus di ricerca centrato sull’esistenza di una continuità tra i MOI sviluppati nell’infanzia, l’interazione di coppia e le percezioni della relazione. 1 Non è facile individuare una definizione d’attaccamento nelle relazioni adulte che comprenda tutti i vari aspetti del costrutto, in senso più classico Sperling e Berman (1994) osservano: L’attaccamento adulto è una tendenza stabile di un individuo nel produrre sostanziali sforzi per ottenere e mantenere la prossimità ed il contatto con una o alcune specifiche persone che assicurano un potenziamento sul piano soggettivo per la salvezza e sicurezza. Questa tendenza stabile è regolata dai modelli operativi interni dell’attaccamento, che sono schemi cognitivo-affettivi-emozionali costruiti a partire dall’esperienza individuale nel mondo delle relazioni interpersonali di lui o di lei. Vi è, tuttavia, da tenere conto anche dell’ampia mole di ricerca che utilizza questionari e che legge il costrutto dell’attaccamento adulto in senso più relazionale considerandolo: «Da una parte… come un durevole tratto di un individuo che influenza il suo funzionamento nelle relazioni strette. Dall’altra può essere concettualizzato come riflettente le esperienze recenti della relazione: cioè esperienze legate a particolari relazioni» (Feeney, 1999, 425). 4 I risultati degli studi condotti hanno tuttavia evidenziato che la sicurezza non è risultata essere predittiva dei possibili esiti delle relazioni, quali il divorzio o la separazione, favorendo l’ipotesi che, nello studio del legame tra i partner e della sua possibile rottura, non sia, appunto, sufficiente considerare esclusivamente il peso degli schemi di relazione costruiti nel passato di ogni partner (Crowell e Treboux, 2001). Nella sua accurata ed interessante rassegna Judith Feeney (1999) mette in evidenza come numerose ricerche sull’attaccamento adulto evidenziano maggiormente il ruolo dell’influenza delle esperienze relazionali attuali sui modelli operativi. Intendiamo dire, per esempio, che l’essere coinvolto in una relazione stabile soddisfacente può determinare un cambiamento in coloro i cui modelli del Sé e degli altri erano pessimisti, nel senso che un partner sicuro può in modo consistente incoraggiare la capacità di aprirsi ed esprimersi, mentre una persona sicura coinvolta in una situazione particolarmente negativa che dura nel tempo, potrebbe divenire insicura. La natura «duale» dell’attaccamento adulto Un’evoluzione nella ricerca odierna degli studi sull’attaccamento adulto è costituita dalle riflessioni sulla natura duale dell’attaccamento di coppia e in questa direzione Susan Johnson (2009) ha più volte messo in evidenza che mentre la Cultura Occidentale ha considerato la dipendenza come patologica e ha esaltato il senso di separatezza e autosufficienza, al contrario, parafrasando Winnicott, potremmo dire che non esiste una cosa come una completa indipendenza o una dipendenza eccessiva. C’è, in altri termini, soltanto una dipendenza efficace o inefficace e la salute psichica potrebbe essere considerata come la capacità d’impegnarsi in relazioni di dipendenza reciproca (Winnicott, 1965), tema sicuramente condiviso da Bowlby. Fisher e Crandell in questa direzione (Fisher e Crandell, 2001) parlano d’attaccamento complesso per indicare la natura duale dell’attaccamento di coppia ed anche la bidirezionalità della dipendenza reciproca che caratterizza le relazioni sentimentali tra adulti. Gli autori sottolineano che nelle relazioni di coppia ciascun partner agendo come figura d’attaccamento, può, almeno sul piano ideale, tollerare l’ansia d’essere dipendente dall’altro e anche di essere l’oggetto della dipendenza dell’altro. Fisher e Crandell si sono domandati se i modelli rappresentazionali di attaccamento possano anche influenzare e/o riflettere la qualità delle relazioni di coppia nella vita adulta, ipotizzando che stati sicuri della mente in relazione all’attaccamento in infanzia siano collegati ad una capacità di reciprocità nella relazione di coppia, mentre stati della mente insicuri sarebbero collegati a posizioni fisse e a modelli relazionali rigidi. Hanno, quindi, descritto i vari possibili matching delle diverse tipologie (eccetto che per il gruppo irrisolto) emerse nell’AAI di ciascun partner. 1) attaccamento di coppia sicuro: in cui entrambi i partner si spostano liberamente da una posizione dipendente a quella di essere oggetto di dipendenza dell’altro, esprimendo apertamente il bisogno di conforto e contatto, come pure quello di 5 accoglienza del contatto, segnalando un equilibrio dei due aspetti nell’individuo e nel sistema. Questo matching sarebbe quello idealmente ottimale nel senso che può corrispondere a quello che si può chiamare un modello di equilibrio intermedio (Clulow, 2009) che può essere interpretato come l’individuazione di una vicinanza psichica che non sia troppo lontana, come nella strategia distanziante che determina inibizione o ritiro, né troppo intrusiva ed involving, come nella strategia preoccupata che implica una forma di ipervigilanza, ma che invece possa esprimersi in una sensibilità moderata in cui livelli intermedi di coordinazione sono predittivi di un attaccamento Sicuro, ossia di un’intersoggettività ottimale (Santona e Zavattini, 2009). Questo aspetto dovrebbe manifestarsi secondo quella che potremmo chiamare una reciprocità flessibile (Crowell e Waters, 2005), che indica la possibilità di uno scambio complementare delle funzioni di protezione e sostegno emotivo, aspetto che costituisce l’elemento più caratteristico dell’attaccamento in età adulta differenziandolo dal legame di tipo asimmetrico tra bambino e caregiver nell’infanzia 2) attaccamento di coppia insicuro, che può essere: attaccamento di coppia distanziante/distanziante: in cui entrambi i partner negano i sentimenti di dipendenza e vulnerabilità; attaccamento di coppia preoccupato/preoccupato: in cui i partner esprimono sentimenti costanti di deprivazione ed una convinzione reciproca che l’altro non potrà mai soddisfare il bisogno di conforto; attaccamento di coppia distanziante/preoccupato: in cui il partner preoccupato si sente cronicamente deprivato ed abbandonato, mentre il partner distanziante appare infastidito dai bisogni di dipendenza dell’altro, conducendoli ad una dinamica del tipo inseguitore-distanziatore spesso foriera di relazioni di tipo altamente conflittuale. Quest’ultimo matching, nell’esperienza dei due autori presso la Tavistock Clinic di Londra, viene considerato il più frequente nelle psicoterapie di coppia quello, cioè, in cui un partner ha un modello d’attaccamento Distanziante-svalutante e l’altro un modello d’attaccamento Preoccupato, per cui il partner distanziante evita di essere dipendente e minimizza l’importanza del legame e il partner preoccupato sentendosi cronicamente deprivato ed emotivamente abbandonato esaspera l’importanza della prossimità psichica e la richiesta di rassicurazione sul piano degli affetti. 3) attaccamento di coppia sicuro/insicuro: la presenza di un partner sicuro, grazie alla capacità di assumere sia le posizioni di dipendenza, sia di essere l’oggetto di dipendenza da parte dell’altro, potrebbe offrire un’esperienza emozionalmente correttiva al partner insicuro che, in questo modo, potrebbe riuscire a comportarsi in modo più flessibile e bilanciato. Ad esempio, potrebbe sfidare la tendenza dell’individuo preoccupato a porsi nella posizione dipendente e quella del distanziante a non assumere nessuna posizione. D’altra parte, in determinate circostanze, il soggetto sicuro potrebbe, invece, diventare più rigido ed inflessibile nel soddisfare le tendenze del partner insicuro. Su queste premesse possiamo pensare che il presente sia influenzato dall’incontro delle strategie di regolazione delle emozioni desunte dalla storia personale dei due partner e che particolare importanza debba essere data al modo in cui i modelli rappresentazionali dei partner <<si incastrano>> tra loro (Velotti e Zavattini, 2008). 6 In questa direzione la qualità della relazione di coppia va intesa come un joint product dei modelli o degli stili d’attaccamento di entrambi i partner, nel senso che il modello d’attaccamento sarebbe una variabile mediatore che incide sulla qualità della relazione di coppia, un filtro tra la percezione non solo di sé e dell’altro, ma anche della relazione in quanto tale com’è emerso in numerose ricerche sulla tipologia del matching e sulla qualità della soddisfazione di coppia come abbiamo sopra accennato. È in effetti nella relazione attuale che i partner possono sperimentare ripetute esperienze relazionali con l’altro mettendo in atto sia processi di assimilazione (il presente in questo caso è letto sulla base del copione esistente) sia, contemporaneamente, processi di accomodamento alle caratteristiche dei MOI dell’altro membro della coppia (il presente in questo caso è usato per aggiornare il copione esistente), mantenendo un equilibrio tra continuità e flessibilità (Bowlby, 1973; Mikulincer e Goodman, 2006). È proprio grazie a quest’ultimo processo che in un legame sentimentale significativo e duraturo si finirebbe per acquisire la qualità di «novità portata dalle interazioni con l’altro sino alla possibilità di revisionare i propri schemi attraverso un riprocessamento necessario per mantenere una “sufficiente” accuratezza dei modelli e generare un comportamento adattivo, delle aspettative più aderenti alla realtà e dei processi di adattamento di coppia più funzionali» (Castellano, Velotti, Zavattini, 2010). Nel secondo punto di vista, accanto all’ipotesi di un riprocessamento continuo delle rappresentazioni di sé o delle relazioni connesse alle esperienze infantili, si ritiene che il contesto di coppia costituisca di per sé un nuovo ambiente di accudimento che può portare allo sviluppo di una rappresentazione d’attaccamento differente da quella infantile. In questa lettura, oltre al ruolo delle passate esperienze infantili, si considerano le varie esperienze «amorose» come contesti nei quali, pur agendo schemi precedenti, è possibile che si acquisiscano nuove modalità relazionali che, tuttavia, possono mettere in discussione il precedente modello operativo. Judith Crowell (Crowell e Treboux, 2001) ha focalizzato l’attenzione sullo studio delle rappresentazioni dei legami d’attaccamento passati ed attuali e delle modalità con le quali tali legami, una volta interiorizzati, si organizzano nel singolo individuo. Focalizzandosi sulla concordanza/discordanza tra le rappresentazioni «generali» (dell’infanzia) e quelle «specifiche» (frutto della relazione con il partner adulto) di ciascun partner per osservare in che modo, queste ultime siano in grado di confermare o, al contrario, modificare lo schema di base sicura originario. I teorici dell’attaccamento hanno quindi immaginato i MOI come strategie generali che originano dalle esperienze infantili e guidano tutte le relazioni successive, ma anche come «relazione-specifici», cioè corrispondenti alle molteplici relazioni d’attaccamento che si sviluppano nel ciclo di vita di un individuo (Bretherton e Munholland, 2008; Cobb e Davila, 2009). Più recentemente, in un’ottica dimensionale, è stata proposta la possibilità di una coesistenza, nel singolo individuo, di tutte le strategie di regolazione – «sicura», «preoccupata», «distanziante» – l’attivazione di una strategia piuttosto che dell’altra dipenderebbe dal tipo di relazione e/o di situazione in cui ci si trova. Una persona potrebbe, ad esempio, utilizzare una strategia «sicura» con il partner quando si tratta di 7 negoziare aspetti della relazione legati all’accudimento, ma usare una strategia «preoccupata» quando si tratta di negoziare aspetti legati ai bisogni di autonomia personale. Questa lettura (Alexandrov, Cowan e Cowan, 2005) si basa, in parte, sull’idea che l’attaccamento sia da considerarsi espressione di strategie di regolazione delle emozioni che vengono attivate in condizioni di minaccia alla relazione e in base all’accessibilità e alla disponibilità percepita nell’altro (Eagle e Wolitzky, 2009). L’attaccamento in una prospettiva multimotivazionale In ogni caso, specie per quanto riguarda l’età adulta e l’adolescenza, la ricerca della prossimità non rappresenta l’unica spinta presente nei legami sentimentali che assumono la qualità di attaccamenti2. Quando, ad esempio, un partner è esposto ad un pericolo potenziale o reale e l’altro attiva quell’insieme di comportamenti che mirano a promuovere la prossimità emotiva e a fornire conforto (George e Solomon, 2008), l’accudimento che ne consegue se sensibile e responsivo potrebbe essere uno dei predittori più accurati della durata di una relazione di coppia (Eagle, 2007). Occorre, quindi, chiedersi quali e quanti siano i sistemi motivazionali che interagiscono con quello dell’attaccamento nel dispiegarsi delle dinamiche di coppia. In particolare, possiamo pensare al sistema dell’accudimento, che si riferisce alla capacità di prendersi cura dell’altro e che esita in una serie di comportamenti quali mostrare interesse per un problema che sta preoccupando il partner, convalidare le sue paure, rassicurarlo attraverso un aumento della vicinanza, ma anche incoraggiarlo ad affrontare le nuove sfide che si possono presentare, trasmettendogli un senso di fiducia nelle sue qualità e competenze. Questi comportamenti sono alla base dell’interiorizzazione delle funzioni di «rifugio sicuro» e di «base sicura» all’interno della relazione di coppia; tuttavia, solo recentemente gli studiosi (Mikulincer e Goodman, 2006) hanno iniziato ad approfondire il ruolo che altri sistemi3, quali ad esempio la sessualità e l’accudimento – che opererebbero in maniera integrata con quello dell’attaccamento – potrebbero avere in una relazione tra adulti. Non è possibile immaginare che in legami così complessi sia in atto una sola spinta motivazionale, tuttavia dibattere delle altre rende sicuramente ancor più ardua la discussione, aprendo quesiti per i quali sembrano non esistere ancora risposte chiare. Considerando, ad esempio, semplicemente il ruolo giocato da questi altri due sistemi è 2 Così come i legami d’attaccamento che si sviluppano nel corso dell’infanzia impiegano diverso tempo per organizzarsi, allo stesso modo le relazioni di coppia possono essere qualificate come «legami d’attaccamento» solo quando perdurano per un certo tempo, che alcuni autori individuano come superiore ai due anni (Zeifman e Hazan, 2008). 3 La maggior parte degli studiosi dell’attaccamento, infatti, non considera il ruolo del sistema esplorativo (Lichtenberg, 2005) considerando l’esplorazione come un aspetto implicito alla definizione dell’attaccamento, piuttosto che come un sistema comportamentale a sé stante; allo stesso modo il sistema avversivo e quello assertivo non sono considerati sistemi indipendenti, con proprie connotazioni, poiché i comportamenti avversivi sono letti prevalentemente come comportamenti scatenati dalla minaccia di perdita della figura d’attaccamento, piuttosto che come comportamenti con proprie funzionalità innate legate all’aggressività, parimenti, il sistema assertivo viene considerato come strettamente legato all’esplorazione. 8 necessario immediatamente chiedersi in che modo il loro intrecciarsi operi e quale tipo di organizzazione sussista. Alcuni autori hanno ipotizzato l’esistenza di un’organizzazione gerarchica, per cui il sistema d’attaccamento, essendo il primo a svilupparsi nel percorso evolutivo influenzerebbe il successivo sviluppo degli altri due (Mikulincer, 2006); altri prevedono l’esistenza di un’organizzazione circolare, per cui l’attivazione di uno qualsiasi dei tre sistemi comporterebbe l’attivazione anche degli altri, nonostante essi possano avere ruoli diversi nella relazione; in quest’ottica appare più rilevante chiedersi come i tre sistemi siano, o meno, tra loro integrati, piuttosto che vedere quale sia il sistema dominante (Diamond, Blatt e Lichtenberg, 2007). Altri autori ipotizzano invece che nel corso della vita di una coppia questi sistemi interagiscano «mantenendo tra loro un equilibrio dinamico, ma anche che in alcune fasi (quindi temporaneamente), o in alcune relazioni di coppia (quindi stabilmente), uno di essi possa predominare rispetto agli altri» (Castellano, Velotti, Zavattini, 2010, p. 83). Si tratta di quesiti estremamente rilevanti se si considera che molti problemi nelle relazioni di coppia sono legati alla difficoltà dei partner di trovare un equilibrio nella relazione con l’altro, sulla base delle proprie spinte e delle risposte altrui, difficoltà spesso alla base della rottura delle relazioni. Uno sbilanciamento dei sistemi motivazionali potrebbe, ad esempio, caratterizzarsi per un’intensificazione del sistema dell’accudimento e dare luogo ad un funzionamento di coppia in cui un partner «accudisce» e l’altro appare incapace di fornire sostegno nei momenti di bisogno. Oppure potrebbe essere il sistema motivazionale della sessualità, particolarmente centrale nelle prime fasi di una relazione, e che in seguito costituisce un elemento altrettanto importante del funzionamento di coppia ad essere sbilanciato sino a rappresentare una sorta di «collante» che tiene insieme i partner, mentre in altre può essere ridotta o del tutto assente. L’utilità nel considerare il bilanciamento (o lo sbilanciamento) tra attaccamento, sessualità ed accudimento nella comprensione del funzionamento di coppia può rappresentare una possibile lettura diagnostica che consente appunto di individuare coppie che funzionano all’interno di un equilibrio tra bisogni di attaccamento, sessualità ed accudimento, coppie il cui funzionamento si basa sulla maggiore attenzione data alle componenti dell’accudimento rispetto agli altri sistemi, coppie in cui sono maggiormente attivi i bisogni legati alla sessualità. La valutazione del tipo di equilibrio che emerge nella relazione fornisce la possibilità di avere una comprensione più accurata del modo in cui i partner si relazionano l’uno all’altro, dei rispettivi bisogni che appaiono in primo piano, ma anche delle possibili origini delle difficoltà che possono incontrare nel corso della loro relazione. Connessioni e disconnessioni nell’attaccamento adulto: un’ipotesi Nello scenario post-moderno cui abbiamo accennato, nel quale aumentano le occasioni in cui sperimentarsi in diversi tipi di relazione, la teoria dell’attaccamento appare utile per comprendere in che modo la discontinuità dell’esperienza che sembra 9 collegarsi con molti Sé, nei quali gli eventi e le relazioni ci fanno riconoscere, possa essere letta, indagata e trattata. La relazione con l’altro oggi, più che in passato, diviene il luogo nel quale sperimentarsi e inventarsi; è, infatti, nel contesto interpersonale che i vari aspetti dell’esperienza soggettiva del Sé possono essere integrati tramite un rispecchiamento che sia congruente e caratterizzante (Clulow, 2009). Qualora si verifichi, invece, un fallimento del processo di sintonizzazione affettiva e della funzione di riconoscimento e rispecchiamento, la struttura del Sé si forma attorno ad un’immagine frammentata e incoerente (Albasi, 2006) che fa della relazione di coppia «il luogo» in cui possono prender corpo le disconnessioni di ciascun partner (Santona e Zavattini, 2009; Velotti e Zavattini, 2011). Ciò è alla base di una capacità empatica impoverita e del pensare distorto che porta a quello che Pasco Fearon chiama il ciclo delle interazioni non mentalizzate che nelle situazioni relazionali di coppia o familiari hanno la caratteristica di essere «inefficaci» e inutili al fine di fornire aiuto agli altri (Fearon et al., 2006). Su questa linea, più recentemente (Castellano, Velotti, Zavattini, 2010), ponendo l’accento sulla funzione regolatrice delle emozioni nell’attaccamento, è stata avanzata l’ipotesi di analizzare quali siano le oscillazioni esistenti nel corso delle interazioni tra partner adulti tra i due poli di vicinanza e distanza emotiva riprendendo i concetti di contatto, rottura e riparazione elaborati proprio nel contesto dello studio delle interazioni tra bambino-caregiver (Siegel, 2003; Tronick 2005). In questa prospettiva gli autori ipotizzano che sia la capacità di riparazione degli errori interattivi il processo centrale nelle interazioni tra partner, caratterizzate naturalmente da episodi di «rottura» del contatto affettivo, a cui seguono momenti «riparativi» accompagnati, dunque, dal ripristino del contatto; sarebbe questo andamento a dare ai membri della diade la percezione complessiva della loro «intesa» e la conoscenza procedurale implicita del senso del loro legame (Zavattini, 2008). Su questi presupposti, potremmo avanzare l’ipotesi che alcune relazioni potrebbero essere caratterizzate da pattern tesi a minimizzare o a tollerare in modo passivo le rotture, sia per l’incapacità di segnalare le situazioni di perdita del contatto affettivo sia per l’incapacità di «affrontare « la fase di rottura ed il suo correlato emotivo. I processi che mirano a guadagnare un equilibrio emotivo, a ri-connettere emotivamente (Beebe e Lachmann, 2002) la coppia sono, tuttavia, fortemente legati sia alle competenze individuali dei partner nel regolare i propri stati emotivi (storia passata), sia alla capacità – propria della coppia – di tollerare gli stati di disconnessione (storia presente). Come già accennato nel precedente paragrafo, nella comprensione di questo processo il focus si è spostato dall’individuo alla coppia come unità di osservazione, ovvero al processo co-costruito all’interno della dinamica intersoggettiva dei partner. In altri termini, nel corso del processo continuo di negoziazione ed adattamento reciproco, nella coppia si affinerebbe il repertorio di strategie specifiche adottate da un partner nei confronti dell’altro, caratterizzando in modo funzionale – o disturbato –, il modello relazionale condiviso che ciascuno di essi costruisce con l’altro. Tale processo negli esseri umani implica il coinvolgimento reciproco di due menti o, per essere più precisi all’interno del paradigma dell’attaccamento, il 10 coinvolgimento di due strategie di regolazione delle emozioni, in cui la soggettività di un individuo cresce e si forma confrontandosi in un complesso lavoro di scanning degli stati mentali di sé e dell’altro. Conclusioni La teoria che si basa sul pensiero di John Bowlby è diventata negli ultimi decenni un patrimonio comune della cultura psicologica, costituendo il punto di partenza di un numero imponente di ricerche in cui, accanto all’analisi della dimensione comportamentale e rappresentazionale, si è imposta quella della regolazione delle emozioni, sia associata alla qualità dell’attaccamento dell’individuo sia come processo bidirezionale sotteso alla costruzione, sviluppo e trasformazione dei legami nell’arco di vita. Va precisato che all’interno della teoria dell’attaccamento vi è stata, infatti, un’evoluzione (Carlson e Sroufe, 1995) che ha più sottolineato il tema del «sentirsi sicuri» piuttosto che quello della regolazione della distanza fisica permettendo di riconcettualizzare la teoria dell’attaccamento in termini di regolazione affettiva. Ne emerge una concezione che mette in primo piano il ruolo fondamentale delle aspettative relative al porsi in relazione con gli altri e non l’idea dell’uomo come organismo teso alla ricerca della soddisfazione (drive model). In questa direzione gli studi sull’attaccamento adulto hanno sempre più posto l’accento sulla natura duale del legame di coppia spostando in parte il focus del dibattito dal ruolo del passato a quello del presente sottolineando la necessità di comprendere non solo l’uso dell’altro, ma anche l’uso della relazione. Ciò riguarda non solo la ricerca, ma anche la teoria dell’intervento nel lavoro clinico con le coppie, che potrebbe essere visto o in senso più ricostruttivo leggendo il presente come il contesto in cui si cerca tramite la relazione a due di risolvere o riparare gli aspetti irrisolti della propria storia personale, oppure la relazione sentimentale attuale, può essere considerata più come espressione delle disconnessioni tra due strategie di relazione (Santona e Zavattini, 2009; Castellano, Velotti e Zavattini, 2010; Zavattini et al., 2010). Rispetto alla ricerca sull’attaccamento adulto possiamo, quindi, sintetizzare alcuni aspetti di fondo che costituiscono anche quesiti rilevanti: – il ruolo delle relazioni interpersonali: vi è un sempre maggiore consenso, sostenuto dai dati di ricerca verso una lettura che fa dell’intersoggettività un costrutto di base per comprendere le dinamiche del sistema bambino-genitori e la costruzione, sviluppo e trasformazione dei legami nell’arco di vita (Bordi, 1995; Target, 2005). I processi interni e quelli interattivi sono quindi oggi da considerarsi separatamente e nella loro interdipendenza e capacità di «costruire congiuntamente» le realtà intrapersonali e la stessa interazione: è ciò che Beebe e Lachmann (2002) chiamano «co-constructing interactions». Nel campo degli studi sull’attaccamento adulto (Feeney, 1999) dobbiamo chiederci quanto i modelli d’attaccamento siano proprietà degli individui o delle relazioni e ciò necessita di studi longitudinali e di ulteriori ricerche. 11 – patologia relazionale: i legami d’attaccamento in età adulta dovrebbero assolvere le stesse funzioni di base che esplicano in età evolutiva, ossia «il mantenimento della prossimità», la «protesta alla separazione», la «base sicura» e il «rifugio sicuro» e si esprimono nelle relazioni sentimentali caratterizzate da un impegno e da un durevole coinvolgimento. La ricerca sull’attaccamento adulto ha sottolineato che tale legame dovrebbe essere considerato come un «costrutto relazionale». Queste funzioni dovrebbero manifestarsi secondo quella che potremmo chiamare una reciprocità flessibile, che indica la possibilità di uno scambio complementare delle funzioni di protezione e sostegno emotivo, aspetto che costituisce l’elemento più caratteristico dell’attaccamento in età adulta differenziandolo dal legame di tipo asimmetrico tra bambino e caregiver nell’infanzia. Su questi presupposti la patologia relazionale può essere letta come un fallimento del processo di sintonizzazione per cui se da un lato le relazioni di attaccamento possono favorire lo sviluppo di processi adeguati alla regolazione degli stati affettivi, dall’altro lato, come accade nell’attaccamento traumatico e nelle situazioni di incuria ed insensibilità, vi può essere un disconoscere le necessità di regolazione. Nel secondo caso, le esperienze evolutive costituiranno strutture che custodiscono la memoria di questi fallimenti, sia sul piano dei contenuti che dei processi esprimendosi sia nell’incapacità di mettere in discussione schemi ripetitivi – costante relazionale negativa – (Seganti, 1995; Norsa e Zavattini, 1997) non consentendo di disgregare i modelli previ in modo adattivo (Beebe e Lachmann, 2002), sia nella costruzione di relazioni di coppia in cui non si riesce a tollerare gli stati di disconnessione mettendo in atto la capacità di recuperare uno stato di sintonizzazione e coordinamento (Siegel, 2003; Purnell, 2004; Zavattini e Velotti, 2011). In questo senso la salute psichica nella coppia potrebbe essere considerata come la capacità d’impegnarsi in relazioni di dipendenza reciproca, così come la psicopatologia può essere vista in una dipendenza insicura temi magistralmente messi in evidenza dagli studi sulla Strange Situation e dalla gran mole di dati sull’attaccamento adulto. I modelli classici, come già osservato, hanno invece come «patologizzato» il concetto di dipendenza ed esaltato quello di separatezza e di self-sufficiency, mentre Bowlby ha messo in evidenza come poter riconoscere il dipendere affettivamente da un altro non sia solo un tratto di fondo degli esseri umani che va al di là dell’infanzia, ma anche l’espressione di un attaccamento Sicuro. – cosa cambia nella teoria dell’intervento: l’elemento che, a nostro avviso, probabilmente rappresenta il contributo più significativo dell’Adult Attachment Interview (Main, Kaplan e Cassidy 1985) alla ricerca sullo studio dei processi mentali anche per la clinica è lo spostamento del focus d’attenzione dall’analisi del contenuto – cosa è successo – alla coerenza. Ciò che è saliente non è, in altri termini, il contenuto di ciò che viene raccontato, ma come lo si racconta, nel senso che è assai più importante valutare se la struttura narrativa della propria storia sia «coerente» (nei termini delle massime di collaborazione comunicativa di Grice), piuttosto che se nell’infanzia siano avvenute, o meno, situazioni difficili e dolorose. 12 Parimenti nel lavoro con le coppie lo scenario creato dal particolare setting di coppia, quello cioè in cui si è in presenza del partner reale, offre la possibilità non solo di utilizzare l’insight, ma anche di mettere i membri della coppia in condizione di potere fare esperienza di alcuni aspetti della propria soggettività che sono stati dissociati ed affidati alla relazione (Albasi, 2006). Come scrive, infatti, Wallin nel suo saggio intitolato Psicoterapia e teoria dell’attaccamento: «ciò che i pazienti non possono spiegare chiaramente a parole tende ad essere evocato, messo in atto o incorporato» (Wallin, 2007). L’obiettivo terapeutico deve essere inteso non solo come la possibilità per ogni partner di riconoscere le proprie proiezioni, scoprire come questi aspetti di sé siano sentiti e quanto siano tollerabili, in modo da favorire un Sé autonomo, più integrato e coerente, ma anche potere comprendere e sperimentare quali schemi siano stati «messi in scena « nella relazione e come essa venga usata reciprocamente (Clulow, 2009; Zavattini, 2010a). SINTESI L’articolo presenta il contributo che la teoria dell’attaccamento ha dato alla comprensione delle dinamiche di coppia sottolineando gli aspetti di fondo del pensiero di Bowlby e l’impatto degli studi relativi all’attaccamento adulto. Vengono, inoltre, indicate le recenti tematiche sollecitate dal dibattito sull’attaccamento ed il loro contributo alla comprensione dei legami sentimentali. Gli autori, infine, mettono in evidenza la necessità di rielaborare la pratica clinica con le coppie alla luce di quanto discusso, includendo nei sistemi dei significati anche le forme procedurali del nostro sapere e riconsiderando l’approccio clinico alla psicopatologia ed ai processi d’adattamento nell’ottica di una maggiore attenzione alle funzioni interpersonali e ai processi intersoggettivi. PAROLE CHIAVE: Attaccamento adulto, passato e presente, natura duale della relazione, sistema motivazionale, disconnessioni. SUMMARY Adult Attachment and couple relationships: scripts of the past and disconnections from the present The paper concerns the contribution that the attachment theory gives in the understanding of couples dynamics, underlying the fundamental statements of Bowlby’s thought and the role of the research regarding adult attachment. Authors also suggest the main issues stressed in the recent debate on attachment and their contribution to the understanding of romantic love. Finally, they highlight the necessity to work out again couples therapy based on this aspects, including as systems of meaning also the procedural forms of our knowledge and reconsidering our clinical approach to psychopathology and to adaptive processes, allowing greater attention to interpersonal functions and intersubjective processes. KEYWORDS: Adult attachment, past and present, dual nature of the relationships, motivational systems, disconnections. 13 BIBLIOGRAFIA Albasi C. (2006). Attaccamenti traumatici. I Modelli Operativi Interni Dissociati. Torino, Utet. Alexandrov E.O., Cowan P.A., Cowan C.P. (2005). Couple attachment and the quality of marital relationships: Method and concept in the validation of the new couple attachment interview and coding system. Attachment & Human Development, 7, 123-152. Baradon T. (2010). Relational trauma in infancy. psychoanalytic, attachment and neuropsychological contributions to parent-infant psychotherapy. London & New York, Routledge. Bauman Z. (2003). Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi. Bari, Laterza, 2006. Beebe B., Lachmann F.M. (2002). Infant research e trattamento degli adulti. Milano, Cortina, 2003. Bennet S., Nelson J.K. (2010). Adult attachment in clinical social work. Practice, research and policy. New York, Springer. Bordi S. (1995). I Seminari milanesi di Sergio Bordi. Milano, Quaderni del Centro di Psicoanalisi Cesare Musatti. Bowlby J. (1969). Attaccamento e perdita. Vol. 1, L’attaccamento alla madre. Torino, Bollati Boringhieri, 1982. Bowlby J. (1973). Attaccamento e perdita. Vol. 2, La separazione dalla madre. Torino, Bollati Boringhieri, 1982. Bretherton I., Munholland K.A. (2008). Modelli operativi interni nelle relazioni di attaccamento. In Cassidy J., Shaver R. (a cura di), Manuale dell’attaccamento. Teoria, ricerche e applicazioni cliniche, 2° ediz., Roma, Fioriti, 2010. Bucci W. (2011). The interplay of subsymbolic and symbolic processes in psychoanalytic treatment: It takes two to tango-but who knows the steps, who’s the leader? The choreography of the psychoanalytic interchange. Psychoanal. Dial., 1, 45-54. Busato Barbaglio C., Mondello L. (2011) (a cura di). Quaderni di psicoterapia infantile. Nuovi assetti della clinica psicoanalitica in età evolutiva. N° 62. Roma, Borla. Carli L., Cavanna D., Zavattini G.C. (2009) (a cura di). Psicologia delle relazioni di coppia. Modelli teorici ed intervento clinico. Bologna, Il Mulino. Carlson E.A., Sroufe L.A. (1995). Contributions of attachment theory to developmental psychopathology. In Cicchetti D., Cohen D.J. (a cura di), Developmental psychopathology. New York, Wiley. Cassidy J., Shaver P.R. (2008) (a cura di). Manuale dell’attaccamento. Teoria, ricerche e applicazioni cliniche, 2° ediz. Roma, Fioriti, 2010. Castellano R., Velotti P., Zavattini G.C. (2010). Cosa ci fa restare insieme? Attaccamento ed esiti della relazione di coppia. Bologna, Il Mulino. Clulow C. (2001) (a cura di). Attaccamento adulto e psicoterapia di coppia. La base sicura nella pratica clinica e nella ricerca. Roma, Borla, 2003. Clulow C. (2009). Rispecchiamento e incontro delle menti nella psicoterapia di coppia. In Carli L., Cavanna D., Zavattini G.C., Psicologia delle relazioni di coppia. Modelli teorici e intervento clinico, Bologna, Il Mulino. Cobb R.J., Davila J. (2009). Internal working models and change. In Obegi J.H., Berant E. (a cura di), Attachment theory and research in clinical work with adults. New York - London, The Guilford Press. Crowell J.A. (2009). Continuità e discontinuità nel sistema dell’attaccamento. In Carli L., Cavanna D., Zavattini G.C. (a cura di), Psicologia delle relazioni di coppia. Modelli teorici ed intervento clinico, Bologna, Il Mulino. Crowell J.A., Treboux D. (2001). La sicurezza dell’attaccamento nelle relazioni di coppia. In Clulow CH. (a cura di), Attaccamento adulto e psicoterapia di coppia. La base sicura nella pratica clinica e nella ricerca, Roma, Borla, 2003. Crowell J.A., Waters E. (2005) Attachment Representations, Secure-Base Behaviour, and the Evolution of Adult relationship. The Stony Brook Adult Relationship Project. In Grossmann K.E., Grossmann K., Waters E. (a cura di), Attachment from infancy to adulthood. The Major Longitudinal Studies, New York, The Guilford Press. 14 Dazzi N., Zavattini G.C. (2011). Il paradigma dell’attaccamento e la pratica clinica. Giornale Italiano di Psicologia, 4 (in print). In Diamond D., Blatt S.J., Lichtenberg J.D. (2007). Attachment and Sexuality. New York, The Guilford Press. De Campora G., Zavattini G.C. (2011). Il bambino «in relazione» con il mondo. In Busato Barbaglio C., Mondello L. (a cura di), Quaderni di psicoterapia infantile. Nuovi assetti della clinica psicoanalitica in età evolutiva. N° 62, Roma, Borla. Eagle M. (2007). Attachment and sexuality. In Diamond D., Blatt S.J., Lichtenberg J.D. (a cura di), Attachment and Sexuality, New York-London, The Analytic Press. Eagle M., Wolitzky D. (2009). The perspective of attachment theory and psychoanalysis: Adult psychotherapy. In Obegi J.H. e Berant E. (a cura di), Clinical applications of adult attachment research, New York, The Guilford Press. Fearon, R.M.P., Target, M., Sergeant, J., Williams, L., Bleiberg, E., Fonagy, P. (2006). SMART. Una terapia familiare integrativa per bambini e adolescenti. In Allen J.G., Fonagy P. (a cura di), La mentalizzazione. Psicopatologia e trattamento. Bologna, Il Mulino. Feeney B.C., Monin J.K. (2008). Il divorzio nella prospettiva dell’attaccamento. In Cassidy J., Shaver P.R. (a cura di), Manuale dell’attaccamento. Teoria, ricerche e applicazioni cliniche, 2° ediz., Roma, Fioriti, 2010. Feeney J.A. (2003). The systemic nature of couple relationships: An attachment perspective. In Erdman P., Caffery T. (a cura di), Attachment and family systems: conceptual, empirical, and therapeutic relatedness, New York, Brunner & Mazel. Feeney J.A. (1999). L’attaccamento romantico tra adulti e le relazioni di coppia. In Cassidy J., Shaver P.R. (a cura di), Manuale dell’attaccamento. Teoria, ricerche e applicazioni cliniche, 2° ediz., Roma, Fioriti, 2010. Fisher J., Crandell L. (2001). I modelli di relazione nella coppia. In Clulow C. (a cura di), Attaccamento adulto e psicoterapia di coppia, Roma, Borla, 2003. Fonagy P. (2001). Psicoanalisi e teoria dell’attaccamento. Milano, Cortina, 2002. George C., Solomon J. (2008). Il sistema d’accudimento. Un approccio ai sistemi comportamentali della genitorialità. In Cassidy J., Shaver P.R. (a cura di), Manuale dell’attaccamento. Teoria, ricerche e applicazioni cliniche, 2° ediz., Roma, Fioriti, 2010. Johnson S.M. (2008). Terapia di coppia e della famiglia. In Cassidy J., Shaver P.R. (a cura di), Manuale dell’attaccamento. Teoria, ricerche e applicazioni cliniche, 2° ediz., Roma, Fioriti, 2010. Lichtenberg, J.D. (2005). Mestiere e ispirazione. Guida alle psicoterapie esplorative. Milano, Raffaello Cortina Editore, 2008. Lichtenberg J.D., Lachmann F., Fosshage J. (2010). Psychoanalysis and motivational systems. USA, Routledge. Lyons-Ruth K. (1998). Implicit relational knowing: Its role in development and psychoanalytic treatment. Infant Mental Health Journal, 19, 282-289. Main M., Kaplan N., Cassidy J. (1985). Valutazione della sicurezza nella prima infanzia, nella seconda infanzia e nell’età adulta: il passaggio al livello rappresentazionale. In Main M., L’attaccamento. Dal comportamento alla rappresentazione, Milano, Cortina, 2008. Mikulincer M. (2006). Attachment, caregiving, and sex within romantic relationships: A behavioural systems perspective. In Mikulincer M. e Goodman G.S., Attachment, caregiving, and sex, New York, The Guilford Press. Mikulincer M., Goodman G.S. (2006). Dynamics of Romantic Love. Attachment, caregiving and sex. New York-London, The Guilford Press. Mikulincer, M., Shaver, P.R. (2003). The attachment behavioural system in adulthood: Activation, psychodynamics, and interpersonal processes. In Zanna M.P. (a cura di), Advances in experimental social psychology. New York, Academic Press. Moccia G., Solano L. (2009 a cura di). Psicoanalisi e neuroscienze. Milano, Angeli. Norsa D., Zavattini G.C. (19979 Intimità e collusione. Teoria e tecnica della psicoterapia psicoanalitica di coppia. Milano, Cortina. Obegi H., Berant E. (2009). Attachment theory and research in clinical work with adults. New York, The Guilford Press. 15 Purnell, C. (2004) Attachment theory and attachment based therapy. In Green M. Scholes S. (a cura di) Attachment and human survival. London, Karnac Books. Santona A., Zavattini G.C. (2007). La relazione di coppia, Strumenti di valutazione. Roma, Borla. Santona A., Zavattini G.C. (2009). Intimità, vicinanza e disregolazione. In Carli L., Cavanna, D., Zavattini, G.C., Psicologia delle relazioni di coppia. Modelli teorici ed intervento clinico, Bologna, Il Mulino. Seganti A. (1995). La memoria sensoriale delle relazioni. Torino, Bollati Boringhieri. Siegel D.J. (2003). How we disconnect and reconnect: Rupture and repair. In Siegel D.J., Hatzell M., Parenting from the inside out. New York, Penguin Groups. Simpson J.A. e Rholes W.S. (1998). Attachment theory and close relationships. New York, The Guilford Press, Slade A. (2008). Le implicazioni della teoria e della ricerca sull’attaccamento per la psicoterapia dell’adulto. In Cassidy J., Shaver P.R. (a cura di), Manuale dell’attaccamento. Teoria, ricerca e applicazioni cliniche, 2° ediz., Roma, Fioriti, 2010. Slade A. (2010). Relazione genitoriale e Funzione riflessiva. Teoria clinica e intervento sociale. Roma, Astrolabio. Sperling M.B. e. Berman W.H (1994 a cura di). Attachment in adults: Theory, assessment, and treatment. New York, The Guilford Press Steele H., Steele M. (2008) (eds.), Adult Attachment Interview. Applicazioni cliniche. Milano, Cortina, 2010. Target M., (2005). L’attaccamento: teoria e ricerca. In. Person E.S., Cooper A.M., Gabbard G.O., Psicoanalisi. Teoria, clinica, ricerca. Milano, Cortina. Tronick E.Z. (2005). Why is connection with other so critical? The formation of dyadic state of consciousness and the expansion of individual’s state of consciousness. Coherence governed selection and co-creation of meaning out of messy meaning. In Nadel J. e Muir D. (a cura di), Emotional Development, Oxford, Oxford University Press. Velotti P., Zavattini G.C. (2007). The encounter with the other in the couple relationship: the area of mutuality. Funzione Gamma Journal, 21, www.funzionegamma.edu/. Velotti P., Zavattini G.C. (2011). Intersoggettività e reciprocità nella relazione di coppia: la prospettiva psicoanalitica. Ricerca psicoanalitica. Rivista della relazione in psicoanalisi, 2, 35-56. Velotti P., Castellano R., Zavattini G.C. (2011). Adjustment of couples following childbirth. The role of Generalized and Specific States of Mind in an Italian Sample. European Psychologist, 16, 1, 1-11. Wallin D.J. (2007). Psicoterapia e teoria dell’attaccamento. Bologna, Il Mulino, 2010. Watchel P. L. (2010). One-person and two-person conceptions of attachment and their implications for psychoanalytic thought. Int. J. Psycho-Anal., 91, 561-581. Winnicott, D. (1965). La distorsione dell’io in rapporto al vero e falso Sé. In Sviluppo affettivo e ambiente. Roma, Armando, 1974. Zavattini G.C. (2008). The place of the Unconscious is not only the individual mind: A comparison among models. Funzione Gamma Journal, 21, www.funzionegamma.edu/. Zavattini G.C. (2010a). Psicoterapia di coppia: la prospettiva psicoanalitica e dell’attaccamento. Quaderni CPD, 9, 7-20. Zavattini G.C. (2010b). Introduzione alla Parte V, Terapia di gruppo, familiare e di coppia di Gabbard G., Le psicoterapie. Teorie e modelli d’intervento. Milano, Cortina. Zavattini G.C., Gigli F. (2010). The couple link between tradition and modernity: Clinical considerations. In International Congress IACFP, Suffering in the links and its transformations through couple and family psychoanalysis. Buenos Aires, 28-31 luglio, 2010. Zavattini G.C., Pace C.S., Santona A. (2010). Attaccamento adulto e matching di coppia. Infanzia e adolescenza, 1, 39-52. Zavattini G.C., Velotti P. (2011). Ciò che non si può essere: dissociazione e modelli di attaccamento nelle relazioni di coppia, Convegno Internazionale «Capacità trasformative e tendenze distruttive nelle crisi coniugali». Bologna 14 maggio 2011. 16 Zeifman D., Hazan C. (2008). I legami di coppia come attaccamenti. Rivalutazione dei dati. In Cassidy J., Shaver P.R. (a cura di), Manuale dell’attaccamento. Teoria, ricerca e applicazioni cliniche, 2° ediz., Roma, Fioriti, 2010. BIO-BIBLIOGRAFIA PATRIZIA VELOTTI Ricercatore presso il Dipartimento di Scienze della Formazione (DISFOR) dell’Università degli Studi di Genova. Psicologa, PhD, Specialista in Psicologia Clinica – Gruppoanalista. Membro dell’International Association of Couple and Family Psychoanalisys; Membro Ordinario dell’Associazione Italiana di Psicologia (AIP), Sezione di Psicologia Clinica - Dinamica. . Alcune Pubblicazioni: Castellano R., Velotti P., Zavattini G.C. (2010). Cosa ci fa restare insieme? La teoria dell’attaccamento e gli esiti della relazione di coppia. Il Mulino, Bologna. Gigli F., Velotti P. (2009). Meine Tochter ist nicht für diese Welt geschaffen. Die Komplexität bei der Wahl einer Psychotherapie für Eltern. Kinderanalyse, 3, 234-247. Gigli F., Velotti P., Zavattini G.C. (2009). «Le revolver dans le cabinet de l’analyste «: l’objet étranger. Le divan familial, 29, 29-43. PATRIZIA VELOTTI Assistant Professor, Department of Education Sciences University of Genoa. Psychologist, PhD, PsyD. Groupanalyst, Member of the International Association of Couple and Family Psychoanalisys, Full Member of the Italian Association of Psychology (AIP), Division of Clinical and Dynamic Psychology. Some Publications: Castellano R., Velotti P., Zavattini G.C. (2010). Cosa ci fa restare insieme? La teoria dell’attaccamento e gli esiti della relazione di coppia. Il Mulino: Bologna Gigli F., Velotti P. (2009). Meine Tochter ist nicht für diese Welt geschaffen «. Die Komplexität bei der Wahl einer Psychotherapie für Eltern. Kinderanalyse, 3, 234-247. Gigli F., Velotti P., Zavattini, G.C. (2009). «Le revolver dans le cabinet de l’analyste «: l’objet étranger. Le divan familial, 29, 29 – 43. GIULIO CESARE ZAVATTINI Professore Ordinario di «Valutazione ed intervento psicodinamico-clinico nella coppia «, Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università degli Studi di Roma. Psicoanalista S.P.I. e I.P.A.; Full Member of the British Society of Couple Psychotherapists and Counsellors [B.S.C.P.C. (London); Member dell’International Association of Couple and Family Psychoanalisys; Membro Ordinario dell’Associazione Italiana di Psicologia (AIP), Sezione di Psicologia Clinica - Dinamica. Alcune Pubblicazioni: Dazzi N., Zavattini G.C. (2011) Il paradigma dell’attaccamento e la pratica clinica. Giornale Italiano di Psicologia, vol. 4, 735-762. Pace C., Zavattini G.C., (2011) ‘Adoption and attachment theory’ the attachment models of adoptive mothers and the revision of attachment patterns of their late-adopted children. 17 Child Care, Health & Development,1, pp. 82-88. Velotti P., Castellano R., Zavattini G.C., (2011) Adjustment of couples following childbirth. The role of Generalized and Specific States of Mind in an Italian Sample, European Psychologist, vol. 16, n° 1, pp. 1-11. GIULIO CESARE ZAVATTINI Full Professor of ‘Assessment and Clinical Psychodynamic Intervention in the Couple’, Department of Dynamic and Clinical Psychology, University of Rome ‘Sapienza’. Psychoanalyst S.P.I. e I.P.A.; Full Member of the British Society of Couple Psychotherapists and Counsellors [B.S.C.P.C. (London); Member of the International Association of Couple and Family Psychoanalisys; Full Member of the Italian Association of Psychology (AIP), Division of Clinical and Dynamic Psychology. Some Publications: Dazzi N., Zavattini G.C. (2011) Il paradigma dell’attaccamento e la pratica clinica. Giornale Italiano di Psicologia, vol. 4, 735-762. Pace C., Zavattini G.C., (2011) ‘Adoption and attachment theory’ the attachment models of adoptive mothers and the revision of attachment patterns of their late-adopted children. Child Care, Health & Development, 1, pp. 82-88. Velotti P., Castellano R., Zavattini G.C., (2011) Adjustment of couples following childbirth. The role of Generalized and Specific States of Mind in an Italian Sample, European Psychologist, vol. 16, n° 1, 1-11. 18