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The rime of the ancient mariner
Introduzione Lo scopo del presente lavoro è quello di esaminare una delle opere più importanti di Samuel Taylor Coleridge: la Ballata del Vecchio Marinaio. La Ballata del Vecchio Marinaio viene universalmente riconosciuta come un capolavoro della poesia romantica. Un poema splendido, denso di scene estremamente suggestive, ora felici, ora drammatiche e perfino terrificanti. La trama, che in qualche modo mescola il viaggio di Ulisse con quello di Dante, ha uno sviluppo avvincente quanto un moderno film d’avventura, con colpi di scena davvero sconvolgenti. In questa ballata un vecchio marinaio racconta la sua terribile avventura ad un passante occasionale, il quale resta impietrito dallo sguardo del vecchio ed è costretto ad ascoltare il suo racconto. Il vecchio si è reso colpevole dell'uccisione di un albatro, azione considerata da tutti i marinai come foriera di sventure. Le avvincenti rime di Coleridge ci conducono in un'ambientazione spettrale, tra mari sconosciuti e ghiacci polari popolati da esseri misteriosi, demoniaci, angelici, sconosciute forze della natura, e dove il sovrannaturale diventa l'elemento dominante. Il racconto si dipana tra visioni, allucinazioni e incantesimi. Il percorso del Marinaio di Coleridge è essenzialmente una variazione del topos romantico del viaggio circolare alla scoperta di se stessi, modellato sull'episodio biblico della Caduta: novello Adamo, il Marinaio contravviene alla legge del Padre uccidendo una delle sue creature, sperimenta la condizione di tormento ed isolamento che ne deriva ed impara a caro prezzo la lezione 1 dell'unità e santità del creato, che diventa il suo messaggio, ripetuto ossessivamente al mondo. 2 THE RIME OF THE ANCIENT MARINER LA GENESI DELLA BALLATA DEL VECCHIO MARINAIO La ballata del vecchio marinaio nacque nell’anno della straordinaria simbiosi poetica di Coleridge con William Wordsworth (1795). I due poeti erano venuti ad abitare vicini nel Sommersetshire e le loro frequenti conversazioni vertevano su due punti importanti della poesia: “Il potere di stimolare la partecipazione del lettore attraverso una fedele aderenza alla verità di natura e il potere di conferire l’interesse della novità attraverso i modificanti colori dell’immaginazione”. Venne da se il pensiero che si potesse comporre una serie di poesie di due generi”1. Da un lato l’adesione alla natura nella sua verità sarebbe stato compito di Wordsworth, che doveva dare una carica di energia allo spento mondo dell’abitudine, restituendo il fascino della novità a cose di tutti i giorni; dall’altro Coleridge doveva badare a una poesia in cui il medesimo fascino della novità piovesse sulle cose grazie all’immaginazione. Così i personaggi e le figure di questo tipo di poesia sarebbero stati soprannaturali e muniti di una certa credibilità e concretezza2. Un primo tentativo di tale collaborazione, si ebbe quando i due poeti cercarono di scrivere un componimento in prosa diviso in tre canti intitolato The 1 Cfr. S. Prickett, Coleridge and Wordsworth, Cambridge, 1970. citato in The Review of English Studies, New Series, Vol. 28, No. 112 (Nov., 1977), pp. 479-481 2 Cfr.E. Canepa, Per l’alto mare aperto: viaggio marino e avventura metafisica, da Coleridge a Carlyle, da Melville a Fenoglio, Jaca Book, Milano, 1991. pp 35-37 3 Wanderings of Cain. In quest’opera si narra della sofferenza di Caino che, dopo aver ucciso suo fratello Abele, subisce la punizione di Dio: errare senza terra. Questo primo tentativo fallì perché i due presero a divergere sulla natura della sorgente della poesia, che per Wordsworth doveva rifarsi alla Natura, mentre per Coleridge la vitalità doveva diffondersi sulle cose attraverso l’intervento di una facoltà modificatrice come l’immaginazione3. Per un certo periodo i due dovettero sentire queste opposte direzioni di ricerca come complementari: ne è dimostrazione il secondo progetto di collaborazione alla comune raccolta delle Lyrical Ballads (1798). Proprio nel quadro della collaborazione alle Lyrical Ballads che fu concepita The Rime of the ancient mariner. Anzi Wordsworth ebbe parte fondamentale nel tracciare il piano del poeta durante una passeggiata a tre nel tardo pomeriggio del 13 novembre del 1797: “nell’autunno del 1797, Coleridge, mia sorella ed io”, racconterà Wordsworth molti anni dopo, “partimmo da Alfoxden a pomeriggio avanzato con il progetto di visitare Linton; e siccome i nostri fondi complessivi erano scarsi decidemmo di pagarci le spese scrivendo una poesia, da inviare al New Monthly Magazine. Con questo piano ci mettemmo in cammino e procedemmo lungo le colline di Quantok e nel corso di questa passeggiata venne progettata la Ballata del vecchio marinaio, basata su un sogno di un suo amico Mister Cruikshank”4. L’idea di base era stata data, infatti, da questo amico che aveva sognato lo scheletro di una nave con delle figure a bordo. 3 4 Cfr. P. Hanula, Coleridge’s Poetics, Oxford University, Oxford, 1983, cap. II G. Bompiani (a cura di), La ballata del vecchio marinaio, Milano, 1983. 4 Bisogna dire, però, che la maggior parte della storia fu frutto dell’invenzione di Coleridge: ma vi fu anche un contributo da parte di Wordsworth. Egli aveva infatti letto recentemente la relazione del Voyage around the world by the way of the great South sea del Capitano George Shelvocke, dove si parla dell’uccisione di un albatro proprio mentre veniva doppiato Capo Horn. Sembra sia stato proprio Wordsworth a suggerire il motivo dell’uccisione dell’uccello e della persecuzione spettrale scatenata da questo crimine. “Incominciammo la composizione insieme in quella per me memorabile sera”, riporta Wordsworth nelle sue Memoirs, “mentre si cercava di procedere di comune accordo, i nostri due stili si dimostrarono a tal punto differenti che sarebbe stato semplicemente presuntuoso da parte mia fare qualcosa tranne che separarmi da un’impresa in cui avrei potuto essere soltanto d’inciampo”5. Da queste parole possiamo notare che le divergenze tra i due poeti apparvero a cose fatte. A tale proposito è importante riportare un racconto di Coleridge riguardo alla genesi delle Lyrical Ballads: “L’operosità di Mr. Wordsworth si è dimostrata tanto più coronata di successi e il numero delle sue poesie a tal punto superiore, che i miei componimenti invece di realizzare un equilibrio apparivano piuttosto un’interpolazione di materia eterogenea” 6 . In effetti soltanto quattro dei ventitré componimenti nell’edizione del 1798 della raccolta erano di Coleridge, oltre alla Rime of the ancient mariner vi erano alcuni brevi frammenti tratti dal suo dramma: • Osorio • Il racconto della matrigna 5 W. Wordsworth, Memoirs (1798), Milano, 1918 citato in M.H. Abrams, op. cit., p. 170. S.T. Coleridge, Biographia Literaria , a cura di G. Watson, London and New York, 1971, cap IV 6 5 • La prigione sotterranea • L’usignolo, In questa prima versione della Rime, Coleridge incluse The Argument (una specie di sommario) che fu poi alterato nel 1800, eliminato durante le variazioni e riapparso nel 1817. La versione dell’Argument del 1798 e quindi la definitiva, è questa: “How a Ship having past the line was driven by storms to the cold country towards to South Pole: and how thence she made her course to the tropical latitude of the great pacific Ocean; and of the stranger things that befell; and in what manner the Ancyent Marinere come back to this own country”7 Le due caratteristiche distintive dell’Argument sono le sue specificazioni dei luoghi geografici e il suo riguardo per la sequenza temporale; la sua funzione è quella di posizionare il dramma del poema in una griglia spazio – tempo. Così la Rime isolata in mezzo all’atmosfera wordsworthiana dell’opera non poteva non dare, con le sue spettrali atmosfere e lo stile arcaico, un senso di incoerenza8. Fu deciso allora di spostare, in una seconda edizione, la Ballata da una posizione di apertura a una degli ultimi posti, cioè tra le due opere di Wordsworth: La madre impazzita e Tintern Abbey. Questa volta Coleridge, apportò alcune modifiche selezionando parole nuove, cancellando 46 versi e aggiungendone 7. 7 Cfr. K.M. Wheeler, The Creative Mind in Coleridge’s poetry, Hainemann, London, 1981. cit. pp 56-57. Trad. “Come una nave, avendo superato l’equatore, fu spinta dagli uragani fino alle terre fredde, verso il polo sud; e come, da là, essa fece rotta verso la latitudine dei tropici nel grande oceano Pacifico; e delle strane cose che accaddero; e in che modo il vecchio marinaio ritornasse al suo paese”. 8 Cfr. K. Coburn, A Collection of Critical Essays, Englewood Cliffs, New Jersey, pp 65-77 6 L’elemento che contribuì, però al decisivo isolamento della Ballata ai margini delle Lyrical Ballads, fu la Preface che Wordsworth antepose all’edizione del 1800, ampliandola e portandola alla perfezione del capolavoro in quella del 1802. Giudicato con i parametri della Preface di Wordsworth, l’opera di Coleridge non potè non apparire di una stranezza incomprensibile. Tutta l’attenzione dei critici finì per concentrarsi sul tipo di poesia che veniva proposta in modo che il senso dell’originaria ripartizione del lavoro tra i due poeti andò del tutto perduta e con essa la peculiarità dell’operazione tentata da Coleridge9. Così l’ultima versione del breve poema apparve nelle Sibylline Leaves dove Coleridge aggiunse diciotto nuovi versi e ne eliminò nove lasciando comunque il senso della poesia essenzialmente immutato. Egli vi inserì anche una glossa in prosa posta al margine dei versi e un’epigrafe. Taluni ritengono che Coleridge abbia scritto questa glossa per aggiungere alla nostra conoscenza notizie riguardo l’azione della poesia. Il suo linguaggio risente dell’influenza di alcune letture neo platoniche, che Coleridge aveva cominciato a esaminare prima del 1797. Ci si è chiesto quale libro egli abbia avuto in mente quando pensò all’introduzione di questa glossa. Forse non c’era un’unica opera, ma svariate come l’Omero di Chapman, l’Odissea, Pilgrimage di Purchase e in special modo le opere di Jeremy Taylor. 9 Cfr .M. Gardner, The Annotated Ancient Mariner, New American Library, 1965. in M.H. Abrams, p.200. 7 LE FONTI DEL VECCHIO MARINAIO I temi del poema sembrano provenire da molte fonti. L’idea della nave fantasma era stata di un amico di Coleridge e a Wordsworth, nel leggere i viaggi di Shelvocke era venuta l’idea dell’albatro. Nel 1830, però discorrendo intorno al crimine del Vecchio Marinaio, Coleridge si riferì anche ad una novella delle Mille e una notte dove si narra di un mercante che mangia i datteri seduto sulla spalletta di un pozzo e vi butta gli ossicciuoli, quando gli appare uno spirito che egli ha ferito con quegli acuti noccioli gettati10. Inoltre, insieme a questi spunti, una serie infinita di letture affiora nella Ballata. Primi fra tutti gli altri i libri di viaggi. L’itinerario del vecchio marinaio riproduce infatti due grandi viaggi: il viaggio di Magellano del 1520 (Patagonia e Oceano Pacifico) e il secondo viaggio del capitano James Cook del 1772 sulla nave Resolution, durante il quale egli circumnavigò per la prima volta l’Antartide. Quest’ultimo viaggio in particolare sembra essere quello compiuto dal Vecchio Marinaio. Il capitano passa la linea dell’Equatore, scende verso Capo Horn dove incontra tempeste di ghiaccio; nel Pacifico soffre della bonaccia equatoriale e del torrido sole. Persino il ritorno è uguale in quanto egli sostiene “di essere stato portato a casa in sogno o con un prodigio”11. Vi è anche un terzo viaggio che sembra importante nella storia della Ballata, ed è quello del Conte Benyowski incluso nei Memoirs and Travels of H.A. Count 10 11 Cfr. E. Cecchi, I grandi romantici inglesi, G.C. Sansoni, Firenze, 1961, pp. 40-41 Cfr.E. Chinol, Masters of English Literature, Napoli, Liguori, 1983. p.78 8 de Benyowski, che Coleridge lesse dal primo al quindici dicembre del 1797 e prese spunto da questo viaggio per l’argomento della sua opera12. Altra fonte della Ballata è il Gutch Memorandum book: uno zibaldone in cui si mescolano ricordi di letture, citazioni, divagazioni, appunti vari, idee e abbozzi di poesia. Tenuto da Coleridge fra il 1795 e il 1798, questo documento è conservato nel British Museum e fu pubblicato da A. Brundle nel 1896. Importanti sono anche alcuni estratti di sillogismi o narrazioni di viaggi equatoriali, orientali ed artifici di autori fra i più antichi come: R. Hakluyt, F. Mortene, J. Bruce, W. Bartram e J. Philips13. In The Source of the Ancient Mariner, Ivor James ha sollevato la questione dell’indebitamento di Coleridge per la sua descrizione del viaggio nel sud dell’oceano Atlantico a The strange and dangerous Voyage of Captaine Thomas James in his intended discovery of the Northwest Passage into the South Sea. È possibile che Coleridge abbia letto questo libro e ne abbia preso qualche dettaglio14. È da notare che quest’attrazione di Coleridge per i viaggi e le esplorazioni va ravvicinata alla forte corrente di esotismo, in particolare di orientalismo, che pervase tutta l’Europa alla fine del XVIII secolo. Da ammirare è la versatilità del gusto e l’abilità letteraria con le quali Coleridge è riuscito a dare perfetta unità fantastica a motivi provenienti da fonti così diverse. 12 Cfr. J. Livingstone, The Road to Xanadu, Houghton Mifflin Company Boston, The Riverside Press Cambridge, New York, 1957.Citato in in M.H. Abrams, op. cit, pag 201. 13 B. Willey, Nineteenth Century Studies, Chatto and Windus, London, 1949. 14 Ibidem, pag. 49 9 LA STRUTTURA METRICA DELL’OPERA Nella Ballata si alternano tre o quattro tipi di strofe che rimano ABCB e, qualche volta, con l’aggiunta di due versi, rimano ABCBDB15. Si tratta di versi formati da tre o quattro giambi, (ossia sillaba non accentata seguita da una sillaba accentata). Un esempio è: “And straight / the sún / was flécked / with bárs”16. Inoltre possiamo notare che la chiusura di ogni piede coincide con la fine di una parola e che il flusso del verso non è rotto da pause. Questa uniformità, però, può risultare monotona, allora per creare delle variazioni di tono, Coleridge utilizzò alcuni espedienti: cambiò la posizione delle pause. Evitò di far coincidere troppo frequentemente la fine di una parola con la fine di un piede. Così, in molti versi, al fine di un piede non è segnata da una naturale pausa nella lettura. Un esempio è il verso 203: “We list / ened and / looked side /ways up”. Qualche volta la pausa alla fine di un verso è abolita e il verso trabocca nel successivo. Tale verso è denominato unstopped line. Come ad esempio nel verso 371: “That to the sleeping woods all night singeth a quiet tune”. Un’ulteriore variazione la si può avere sostituendo il piede giambico con altri piedi aventi lo stesso ritmo o un ritmo capovolto. Per fare ciò il piede può consistere di due sillabe non accentate seguite da una sillaba accentata, formando così un anapesto. Un esempio possiamo trovarlo nei versi 80 e 93: 15 16 S.T. Coleridge, The Rime of the Ancient Mariner, Macmillan, London, 1953. Ibidem, v. 177 10 “From the fiénds / that plague thee thus. For all averred / I had kílled / the bird”. Altra alternativa può essere l’uso dell’accento sulla seconda sillaba in modo che, leggendo, esso praticamente scompaia e quindi lasci un piede di due sillabe non accentate: questo si chiama pirrico, così come nei versi 47 e 187: “Still treads the shad / ow of / his foe. And is / that Woman all her crew. Infine il piede usato può comprendere una sillaba seguita da una sillaba non accentata, introducendo così un ritmo cadente: questo è chiamato trocheo, utilizzato nei versi 17 e 105: “The Wedding-guest / sát on / a stóne. We were / the first / that éver búrst.” UN’ANALISI DELLA BALLATA DEL VECCHIO MARINAIO. La Ballata del Vecchio Marinaio è divisa in sette sezioni nelle quali il narratore è proprio il Marinaio, che racconta la sua storia ad un convitato nuziale. In ognuna di queste sezioni noi seguiamo passo dopo passo le peripezie del Marinaio: il suo viaggio verso le zone artiche, l’uccisione dell’Albatro, la sua punizione e il suo errare per sempre di terra in terra a far conoscere la sua terribile esperienza. 11 PRIMA SEZIONE: L’ALBATRO La Ballata si apre in maniera diretta con un enunciato: “It is an ancient mariner”17, introducendoci direttamente all’azione senza uso di preamboli. Il marinaio dalla “long grey beard” e “glittering eyes” 18 , di una sinistra luce magnetica, ferma uno dei tre invitati a nozze e lo costringe ad ascoltarlo. Egli non è un fantasma, né un morto che cammina, ma la morte è in lui. Come racconterà, è stato condannato fino alla fine dei suoi giorni ad una pena di Vita–in–Morte: uno strazio orrendo che, in modo imprevedibile, lo afferra e lo costringe a raccontare la sua storia. Il convitato a nozze, però, non ha nessuna voglia di ascoltare le fantasticherie di un vecchio scampato a un naufragio. Egli è incalzato dalla fretta di correre alla festa: “The guests are met, the feast is set: May’st hear the merry din”19. L’ospite si rende conto di quanto sia breve la festa e prorompe nel gesto impaziente di “beat his breast for he heard the loud bassoon”20, che annuncia l’ingresso della sposa “red as a rose”21. Questa sposa è una rosa simbolo di tutto ciò che è bello e che non dura: rapida ad appassire, ma incantevole nel periodo di fioritura. A questa dimensione di una gioventù immersa nel tempo come in una festa, viene a contrapporsi il vecchio marinaio poiché egli è estraneo a tutta questa naturale spontaneità a causa dell’ombra della sua orribile colpa. Proprio come portatore di un senso di 17 S.T. Coleridge, op. cit. v. 1. Trad.: “é un vecchio marinaio” S.T. Coleridge, op. cit. v. 3 Trad.: “lunga barba grigia”, “occhi scintillanti”. 19 S.T. Coleridge, op. cit. vv. 7-8. Trad: “già vi sono gli invitati, è iniziata la festa: puoi sentirne il frastuono gioioso”. 20 S.T. Coleridge, op. cit. vv. 31-32. Trad: “battersi il petto al forte suono del fagotto” 21 S.T. Coleridge, op. cit. v. 34. Trad: “rossa come una rosa” 18 12 colpa egli vuole donare qualcosa a questa gioventù dalla quale si è posto fuori: egli vuole fortificare il suo ascoltatore offrendogli un insegnamento derivato dalla sua atroce esperienza. Per questo egli sceglie come ascoltatore un damerino impaziente dei piaceri della festa, che insieme alla sposa sono un “caro simbolo di ingenuità”22. Il marinaio comincia due volte la storia in due modi diversi. La prima volta il suo raccontare è antico, fiabesco “There was a ship”23, la seconda volta è un narrare più moderno e tipico dei racconti di viaggi “The ship was cheered, the harbour cleared…”24. Egli continua a illustrare di questa nave che lascia la sua terra “below the the kirk, below the hill, below the light–house top” 25 in modo affrettato. Poi è solitudine d’acque, scandita dal moto del sole splendente sempre più alto in mezzo al cielo, ad annunciare una tranquilla rotta fino all’equatore. Di lì la nave, però, si affretta verso il Polo Sud e la tempesta sopraggiunge sospingendo il fragile vascello sulle sue ali: “with sloping masts and dipping prow”26. Finchè all’improvviso cessa la tempesta e tutto si fa calmo: “And now there came both mist and snow And it grew wondrous cold: And ice, most–high, came floating by, As green as emerald”27. La nave si trova minacciata dal ghiaccio che piano piano la stringe d’assedio, come evidenziato in questi versi: 22 Cfr.G.L. Beffagna Goldoni, Oltre il reale – La Ballata del Marinaio, Biblioteca Civica, Carpi, 1990.. p. 67 23 S.T. Coleridge op. cit. v. 10. Trad: “C’era una nave” 24 S.T. Coleridge op. cit. v. 21. Trad: “la nave uscì dal porto tra i saluti” 25 S.T. Coleridge op. cit. vv. 23-24. Trad: “Sotto la chiesa e la collina, sotto la punta del faro”. 26 S.T. Coleridge op. cit. v. 45. Trad: “con gli alberi piegati, la prua semisommersa”. 27 S.T. Coleridge op. cit. vv. 51-54. Trad: “Poi vi fu neve e bruma e in freddo spaventoso, monti di ghiaccio ci vennero incontro, verdi come smeraldi”. 13 “The ice was all between The ice was here, the ice was there The ice was all around: It cracked and growled and Roared and howled like noises in a swond”28 Ecco che da tutta questa immensa cinta di ghiaccio emerge “a great sea–bird called the Albatross”, come esso è definito nella glossa. È accolto con gioia e salutato nel nome di Dio, e i marinai gli danno del loro cibo: “and round and round it flew”29. Dai marinai esso è considerato una creatura di buon augurio ed infatti immediatamente al suo apparire: “The ice did split with a thunder–fit ; The helmsman steered us throught And a good South wind sprung up behind”30 Così la nave è sospinta fuori dalla terra dei ghiacci accompagnata sempre dalla presenza dell’albatro che: “It perched for vespers nine; Whiles all the night, through fog–smoke white Glimmered the white Moon–shine”31 Dopo aver pronunciato queste parole il vecchio marinaio smette di parlare e il suo ascoltatore guardandolo si spaventa perchè il suo volto è stravolto come quello di un uomo perseguitato dai demoni. L’ospite nuziale infatti chiede al marinaio: “Why look’st thou so?”32 e il marinaio risponde: “With my cross – bow I shot the Albatross”33. 28 S.T. Coleridge op. cit. vv. 58-62. Trad: “il ghiaccio era qui, era lì, era tutto intorno, crepitava e ringhiava, ruggiva e ululava, come suoni in un delirio”. 29 S.T. Coleridge op. cit. v. 67. Trad: “e lungamente attorno volteggiò”. 30 S.T. Coleridge op. cit. vv. 69-71. Trad: “il ghiaccio si spaccò con un boato e il timoniere nel varco ci portò! Da sud a poppa spirò vento propizio” 31 S.T. Coleridge op. cit. vv. 77-78. Trad: “si posò per nove sere, mentre la notte, tra bianchi vapori, a tratti la luna scintillava.” 32 S.T. Coleridge op. cit. v. 81. Trad: “Perchè guardi così?” 33 S.T. Coleridge op. cit. vv 81-82. Trad: “Con la balestra io trafissi l’albatro”. 14 Con questo immotivato assassinio si chiude la prima parte e al lettore nulla di più è dato per comprendere il perché di questo gesto. Coleridge ha spiegato che l’uccisione dell’albatro è un gesto gratuito, senza motivo, è un atto assoluto, fiabesco. Forse però possiamo provare a dare una spiegazione. Al momento di uccidere l’albatro il marinaio è evidentemente incapace di spontaneità ed è incapace di cogliere il nesso fra le creature viventi, dato che l’intero universo si riduce per lui ad un mucchio di piccole cose poste nel loro isolamento. Come in tutta la maggiore poesia di Coleridge, uno dei nodi centrali del suo pensiero è rappresentato: il marinaio uccisore dell’albatro non agisce secondo la ragione, l’intuizione del “Tutto” e del “Vasto”, ma secondo la understanding che lacera l’unità dell’universo34. Taluni pensano che l’albatro è molto di più di un soggetto scelto a casaccio o un espediente meccanico introdotto come un motivo d’azione nel plot. L’albatro è il simbolo dell’immaginazione creativa di Coleridge, egli scelse quest’uccello perché era adatto ad un viaggio nelle regioni antartiche; perché i marinai erano superstiziosi riguardo l’albatro. A parte le considerazioni pratiche del plot e la versificazione, l’albatro era esattamente ciò che Coleridge cercava: era una specie di uccello di eccezionale taglia, solitario, che vive in paesaggi di forte valore evocativo35. 34 35 Cfr.O. Barfield, What Coleridge Thought, Wesley, London, 1971. pp.174-182 Cfr.I. A. Richards, Coleridge on Imagination, London, 1962. p.19 15 SECONDA SEZIONE: I DEMONI Sospinta dalla brezza benigna, la nave lascia la terra dei ghiacci, ma tutta la ciurma avverte l’assenza dell’albatro: “But no sweet bird did follow Nor any day for food or play Came to the mariners’ hollo”36 I compagni del marinaio in un primo momento condannano l’uccisione dell’uccello, perchè ritenuto apportatore del buon vento “Ah wretch!” Said they, “the bird to slay, That made the breeze to blow!”37 Quando poi la navigazione procede in modo favorevole verso le zone più temperate sono pronti a giustificare il marinaio: “Twas right” said they, “such birds to slay, That brings the fog and the mist.”38 In questo modo i marinai “make themselves accomplices in the crime”, come riportato nella glossa. La nave entra per la prima volta nel Pacifico, il mare è silenzioso ed essa procede spinta dal vento fino all’equatore. Eppure in questo favorevole andare si annuncia un segno tremendo all’uscire fuori dalla nebbia polare perché “Nor dim nor red, like God’s own head the glorius Sun uprist”39 Questo sole sembra essere simbolo di una giustizia vendicativa: perchè la nave avvolta nella bonaccia equatoriale, sembra inchiodata da lui diventato: 36 S.T. Coleridge op. cit. vv. 88-90 Trad: “Ma nessun dolce uccello ci seguiva, né ogni giorno per gioco o per cibo al richiamo dei mariani si abbassava” 37 S.T. Coleridge op. cit. vv. 95-96. Trad: “maledetto, dicevano, uccidere l’uccello che faceva soffiare il vento!” 38 S.T. Coleridge op. cit. vv. 101-102. Trad: “’Giusto’ dissero, ‘uccidere gli uccelli che portano la nebbia e la foschia’”. 39 S.T. Coleridge op. cit. vv. 97-98. Trad: “Né velato né rosso, come lo stesso Capo di Dio, il sole sorge glorioso” 16 “The bloody Sun, at noon, Right up above the mast did stand, No bigger than the Moon”40 È proprio sotto l’influsso di questo sole e della bonaccia iniziano alcune metamorfosi marine. Nella notte tutto intorno è una sarabanda di fuochi fatui: “The water like a witch’s oils, Burnt green, and blue and white”41 Inoltre, i marinai ricevono in sogno la rivelazione che la vendetta è provocata e chiesta da uno Spirito Polare, che vuole vendicare lo spirito dell’albatro: “One of the inhabitants of this place neither departed souls nor angels; concerning who the learned Jew, Josephus, and the Platonic Costantinopolitan, Michaele Psellus may be consulted”42. In questa glossa sono citate due fonti della demonologia cui sembra si sia ispirato Coleridge per ambientare e descrivere i suoi demoni e spiriti. Michele Psello era stato l’autore del trattato De Daemonibus raccolto con altri scritti neoplatonici, tradotti in latino da Marsilio Ficino, in un volume che Coleridge si era fatto acquistare da John Thelwale. Poche pagine prima del trattato di Psello, si trova un riassunto ad opera di Porfirio, di uno scritto di Giuseppe Ebreo (autore piuttosto misterioso, vissuto al tempo della distruzione di Gerusalemme – 700 d.C. e confuso con Flavio Giuseppe) sulla setta degli Esseni. Secondo questi trattati i demoni si distinguono dagli angeli perché hanno un corpo, passioni umane e hanno accessibilità al dolore. Questi demoni si dividono secondo l’ambiente in cui vivono: aria, terra o acqua. I demoni 40 S.T. Coleridge op. cit. vv. 112-114. Trad: “Un sole di sangue a mezzogiorno, si ergeva a picco sull’albero maestro, non più grande della luna.” 41 S.T. Coleridge op. cit. vv. 129-130. Trad: “e l’acqua, come un olio delle streghe, bruciava verde e azzurra e bianca”. 42 S.T. Coleridge op. cit. Glossa tra I vv. 130-131 Trad: “uno degli invisibili abitanti di questo pianeta, né anime dipartite né angeli; circa i quali si potrebbero consultare il dotto ebreo, Giuseppe, e il platonico costantinopolitano, Michele Psello”. 17 dell’aria fungono da messaggeri e si incontrano in sogno o attraverso gli oracoli, mentre quelli dell’acqua si nascondono e poi appaiono improvvisamente. I marinai consci di aver suscitato l’ira delle forze misteriose cercano di separare le proprie responsabilità da quelle del vecchio marinaio. Soffocati dall’arsura che attanaglia le loro gole lo condannano con i loro sguardi di odio: “Ah! Well a – day! What evil looks Had I from old and young! Instead of the cross, the albatross About my neck was hung”43 La sezione si chiude con i marinai che per mostrare la loro reticenza nei confronti del vecchio marinaio, compiono l’atto di appendergli al collo il corpo dell’uccello ucciso. SEZIONE TERZA: LIFE–IN–DEATH In questa terza parte notiamo come la voglia di giustizia rappresentata nella precedente sezione dalla figura dello Spirito Polare, continui ancora qui. Mentre la nave è ancora in uno stato di bonaccia: “As idle as a painted ship Upon a painted ocean”44 E il sole sta tramontando, il marinaio ha visto qualcosa nel cielo. Dapprima “It seemed a little speck And then it seemed a mist”45, 43 S.T. Coleridge op. cit. vv. 139-142. Trad: “ah che misero! Che sguardi orribili ricevevo da giovani e anziani! Invece della croce, mi misero l’Albatro appeso al collo.” 44 S.T. Coleridge op. cit. vv. 117-118. Trad: “fermi come una nave dipinta, in un oceano dipinto” 18 ma poi man mano che si avvicina scorgono le sembianze di una nave. Il marinaio, per gridare la sua gioia alla vista di questa nave, si morde il dito e bagna di sangue la gola ardente, le “black lips baked”46 e grida: “A sail! A sail!”47 Anche il resto della ciurma è felice, ma non potendo esprimere la loro gioia emettendo parole (poiché le loro gole sono asciutte a causa dell’arsura), la esprimono tirando un profondo sospiro di sollievo: “And all at once their breath drew in, As they were drinking all”48. Il loro entusiasmo, però, dura poco perchè si accorgono che questa nave “comes without a breeze without a tide”49, e si rivela nient’altro che lo scheletro di una nave: “Are those her sails that glance in the Sun Like restless gossamers? Are those her ribs through with the Sun Did peer, as through a grate?”50 A questa vista il marinaio e i suoi compagni rimangono sbigottiti e il loro spavento aumenta quando riescono a distinguere su questa nave solo due strane figure: Life-in-Death e Death che come riportato nella glossa “Have diced for the ship’s crew And she (the latter) winneth The ancient mariner”51 45 S.T. Coleridge op. cit. vv. 149-150. Trad: “sembrava una piccola macchia e poi una specie di nebbia”. 46 S.T. Coleridge op. cit. v. 162 Trad: “labbra nere bruciate” 47 S.T. Coleridge op. cit. v. 161. Trad: “una nave,una nave!” 48 S.T. Coleridge op. cit. vv. 165-166. Trad: “e tutti respirarono profondamente, come se stessero bevendo”. 49 S.T. Coleridge op. cit. v. 167. Trad: “senza vento e senza correnti” 50 S.T. Coleridge op. cit. vv. 183-186. Trad: “sono sue le vele che occhieggiano nel sole come ragnatele frementi? Sue le fiancate da cui il Sole sbircia come da una grata?” 51 S.T. Coleridge op. cit. Glossa compresa tra i vv. 194-195. Trad: “ai aono giocati ai dadi l’equipaggio e lei (la seconda) vince il vecchio marinaio”. 19 Questa Vita–in–Morte ha vinto il marinaio ed egli è legato a lei per sempre come in un matrimonio. Soffermandoci su questi versi notiamo che la Vita–in– morte è l’esatto contrario della sposa che alla festa di nozze, nella prima parte, era nella sua freschezza 52 . La Vita–in–Morte, invece è il simbolo di una femminilità artefatta e Coleridge la descrive in questo modo: “Her lips were red, her looks were free, Her locks were yellow as gold: Her skin was as white as leprosy”53 Questa “sposa del marinaio”, con il rosso delle labbra e il giallo dei suoi capelli non è altro quindi che l’orrendo travestimento della corruzione, il cui colore spettrale è il bianco. L’uomo che ha assassinato l’albatro è legato per sempre alla donna–incubo, il cui colore è il bianco immateriale dell’assenza di vita54. Questa figura è stata aggiunta nella versione del 1817. Essa è parente della Geraldine di Christabel; della Berenice di Poe; della figura eliminata dalla prima stanza della Ode to Melancholy di Keats; e della figura che tormenta i sogni di Coleridge, qualche anno dopo chiamata nei Notebooks,Eban Eban Thalud. È probabilmente la figura della poesia più legata all’esperienza dell’oppio, ma i suoi sguardi lascivi fanno pensare alla grande prostituta dell’Apocalisse. Non appena il Sole si eclissa all’orizzonte, la notte piomba tutto a un tratto e questo permette la scomparsa dell’orribile nave. Essa si allontana rapidamente lasciandosi dietro un gran terrore: “Fear at my heart, as at a cup, 52 Cfr.B. Watson, op. cit. S.T. Coleridge op. cit. vv. 190-193. Trad: “aveva le labbra rosse e occhi fieri, I capelli biondi coe l’oro, ma la pelle bianca da lebbrosa”. 54 S. T. Coleridge, Poesie e prose, 1949 Milano. 53 20 My life–blood seemed to sip!”55 Subito dopo la nave continua nella sua immobilità, mentre ad oriente sorge la luna cornuta accompagnata da una stella sulla punta inferiore. Questa figura nelle superstizioni del mare simboleggia un malaugurato presagio: infatti immediatamente i duecento compagni del marinaio si voltano a guardarlo e a maledirlo mentre cadono giù morti senza sospiri, senza lamenti: “With heavy hump, a lifeless lump, They dropped down one by one”56. Le loro anime volano via e sfiorano il marinaio con il sibilo della sua balestra: lo stesso sibilo che ha ucciso l’albatro. Il loro è quasi come un tentativo di addossargli la colpa esclusiva del delitto. 57 SEZIONE QUARTA: LA PUNIZIONE. Questa sezione rappresenta la parte più importante di tutta l’opera. Qui vediamo la messa in atto della punizione subita dal marinaio e l’inizio della sua espiazione. L’orribile punizione inflitta da Vita – in – Morte consiste in un abisso di solitudine e Coleridge esprime i sentimenti disperati del marinaio in questi versi: “Alone, alone, all, all alone, alone on a wide wide sea!”58 55 S.T. Coleridge op. cit. vv. 204-205. Trad: “la paura nel cuore, mi sembrava stesse succhiarmi il sangue”. 56 S.T. Coleridge op. cit. vv. 218-219. Trad: “caddero uno dopo l’altro a terra con sordi tonfi, massi senza vita”. 57 Cfr.E. Canepa, op. cit., pp 35-37 58 S.T. Coleridge op. cit. vv. 232-233. Trad: “Solo, solo, tutto solo, solo sopra un mare immenso!” 21 Notiamo come l’aggettivo alone opposto all’enfasi di wide sottolinea la miserabile piccolezza dell’Io del marinaio, una volta che si trova a far conto soltanto su di sé. Inoltre, questa sua piccolezza è messa di più in risalto dalla schiacciante immensità del mare e del cielo: “The sky and the sea, and the sea and the sky Lay like a load on my weary eye”59. Inutile chiudere gli occhi per non vedere; gravate dal peso immenso del mare e del cielo le pupille pulsano come vene e proprio in questo momento la poesia prorompe nella strofa più agghiacciante: “An orphan’s curse would drag to hell, A spirit from on high; But oh! More orrible than death Is the curse in a dead man’s eye! Seven days, seven nights I saw that curse, And yet I could not die”60. Sapendo che per i Romantici la fanciullezza era un’età sacra, in quanto in tale stadio della vita l’uomo è in beata visione con la natura, possiamo capire che la maledizione sulla bocca di un orfano è quanto di più orribile noi possiamo immaginare. Pronunciando tali parole il marinaio raggiunge il punto più basso della sua punizione: una ripugnanza di sé legata ad un forte desiderio di morte visto come rifiuto della propria individualità. Proprio in questo suo rifiuto e in questa sua consapevolezza che si fa strada una trasformazione nel marinaio. Egli comincia a vedere le cose che lo circondano in modo diverso. Inizia a essere una cosa fra le cose, ad essere portato sull’orlo di una fusione nel reale 59 S.T. Coleridge op. cit. vv. 250-251. Trad: “Il cielo e il mare e il mare e il cielo sugli occhi lacerati sentivo come un peso”. 60 S.T. Coleridge op. cit. vv. 257-262. Trad: “La maledizione di un orfano, all’inferno un eletto potrebbe trascinare, ma, oh, più orribile ancora è quella degli occhi di un morto! Sette giorni, sette notti io la vidi, e non potevo morire.” 22 in cui la sua individualità è smarrita 61 . Tutto ciò è espresso nella seguente glossa: “In his loneliness and fixedness He yearneth towards the Journeying Moon, and the stars yet still Move onward; and every where The blue sky belongs to them, And is their appointed rest and Their native country and their Natural homes, which they enter Unannounced as Lords that are Certainly expected and yet There is a silent joy at their arrive”62 L’occhio del marinaio è fissato quindi sul mare e sul cielo, i due grandi elementi che collaborano alla trasformazione del marinaio: “By the light of the Moon he Beholdeth God’s creatures of the great calm”63. Alla vista del marinaio adesso si presentano serpenti d’acqua che guizzano lasciando “Tracks of shining white”64, e quando si ergono “The elfish light fell off in a hoary flakes Within the shadow of the ship I watched their rich attire: Blue, glossy green, and velvet black, They coiled and swam; and every track Was a flash of golden fire”65 61 Cfr. M. L. Cervini, S.T. Coleridge: poesie pure, Torino, 1961, p. 244 S.T. Coleridge op. cit. Glossa compresa tra I vv. 262-263. Trad:”Nella sua solitudine e immobilità egli agogna allo stato della mobile luna e delle stelle, che ci sono sempre e sempre sono in movimento; e ovunque l’azzurro cielo appartiene a loro: è il loro riposo designato, il loro paese natio, la loro naturale dimora, in cui entrano senza essere annunciati, come padroni che certamente sono attesi e tuttavia, al loro arrivo, creano attorno a loro un alone di gioia silenziosa.” 63 S.T. Coleridge op. cit. Glossa compresa tra I vv. 271-272. Trad: “alla luce della luna egli osserva le creature di Dio della grande calma”. 64 S.T. Coleridge op. cit. v. 274. Trad: “tracce di bianco abbagliante”. 65 S.T. Coleridge op. cit. vv. 275-281. Trad: “la magica luce si disperdeva in fiocchi candidi, entro l’ombra della nave scrutavo la loro pelle splendida: blu, verde chiaro e nero velluto; si ergevano nuotando, ed ogni scia era un lampo di fuoco dorato. 62 23 Da questi versi percepiamo come dopo la distruzione del suo Io, il marinaio è passato a percepire la bellezza degli elementi e l’apice di questa sua contemplazione è espressa in questi versi: “And I blessed them unaware: Sure my kind Saint took pity on me, And I blessed them unaware”66. Subito dopo questo gesto scompare l’orrore che dopo la morte dei compagni aveva bloccato ogni tentativo del marinaio di rivolgere preghiere al cielo. Adesso gli è permesso di pregare e in questo modo si verifica in lui una rigenerazione che è salutata da un evento particolare: “The self – same moment I could prey; And from my neck so free The Albatross fell off, and sank Like lead into the sea”67. SEZIONE QUINTA: LA CIURMA ANGELICA La preghiera del marinaio è accolta dalla forza mediatrice tra il Divino e il mondo umano: la Divina Madre. Grazie al suo intervento al marinaio è inviato il conforto del sonno allietato dall’arrivo della pioggia, che non rappresenta solo un sollievo per l’arsura del tempo precedente, ma anche un simbolo di purificazione. Quando si risveglia, il marinaio si sente leggero come uno spirito e “Thought that I had died In sleep and was a blessed ghost”68 66 S.T. Coleridge op. cit. vv. 285-287. Trad: “Senza capirlo io le benedivo: certo il mio Santo ebbe pietà di me: senza capirlo io le benedivo” 67 S.T. Coleridge op. cit. vv. 288-291. Trad: “E in quell’istante io potei pregare; e dal mio collo, liberato si staccò l’Albatro e cadde in mare come piombo”. 68 S.T. Coleridge op. cit. vv. 307-308. Trad: ”Pensai persino di essere morto nel sonno e diventato puro spirito” 24 Egli sente l’arrivo di un vento sibilante che annuncia la presenza di forze spirituali. Nell’aria si accendono centinaia di vessilli luminosi, animati da vivaci movimenti: spiriti angelici che si introducono nei corpi dei marinai e rimettono in movimento la nave. I loro movimenti sono descritti con terrore: “They groaned, they stirred, they all uprose, Nor spake, nor moved their eyes; It had been strange, even in a dream, To have seen those dead men rise69. Questo orrore è ancora di più evidenziato quando in questa ciurma angelica si riconosce il nipote del marinaio che si mette di fianco a lui: “But he said nought to me”70 Ascoltando tali parole l’ospite nuziale interrompe il marinaio, temendo di trovarsi davanti ad uno di quei morti resuscitati. Il marinaio, però, lo rassicura dicendogli che lui non è uno di quelli e che quegli angeli beati avevano subito dopo lasciato i corpi dei marinai. Tutto intorno si sente il canto dell’allodola, il fitto cinguettio di tutti gli uccelli e la sinfonia di tutti gli strumenti. Non vi è più il silenzio dell’oceano durante la bonaccia, ma vi si ode il rumore delle vele, che riconduce ad una cara sensazione di pace: “A noise like of a hidden brook In the leafy month of June”71. Dopo l’abbandono degli spiriti angelici, la nave viene sospinta da uno spirito polare che la riporta indietro. Riguardo, però, alla rotta del ritorno, Coleridge 69 S.T. Coleridge op. cit. vv. 331-334. Trad: “Gemendo essi rinvennero e presto si levarono, ma non mossero gli occhi né le labbra; sarebbe parso strano anche in un sogno vedere quei morti sollevarsi.” 70 S.T. Coleridge op. cit. v. 334. Trad: “ma non mi diceva niente”. 71 S.T. Coleridge op. cit. vv. 369-370. Trad: “emettevano un rumore piacevole di ruscello nell’erboso giugno”. 25 non ci da alcun dettaglio geografico. Sappiamo solo dalla glossa, che lo spirito polare guida la nave a velocità ridotta rispetto a quella che era impressa dagli angeli fino all’equatore. Abbiamo visto che nel Pacifico la nave era rimasta ferma a causa di una prolungata bonaccia proprio all’altezza dell’equatore, e quindi si può intuire che gli angeli l’abbiano già ricondotta nell’Atlantico, ma per quale rotta non si sa. Prima di fare ritorno alle sue latitudini, lo spirito richiede vendetta e questa è esaudita dall’arrivo del Sole che come abbiamo verificato precedentemente è il simbolo della giustizia: “The Sun right up above the mest, Had fixed her to the ocean”72 Allo spirito polare non resta che ritornare alla sua dimora, mentre gli angeli rimettono in movimento la nave velocemente e il marinaio sviene. Durante tale svenimento egli ode e comprende le voci di due spiriti dell’aria che nella loro conversazione discorrono sull’atto commesso dal marinaio: “with his cruel vow he laid full low the armless Albatross"73 e poi annunciano il futuro del marinaio vincolato dalla presenza della Vita-inMorte, “The man hath penance done, And penance more will do”74. SEZIONE SESTA: L’EREMITA In apertura di sezione le due voci continuano a conversare tra loro, mentre lentamente il marinaio comincia a svegliarsi. Alla luce della luna egli 72 S.T. Coleridge op. cit. vv. 383-384. Trad:”Il sole a picco sull’albero maestro, l’aveva conficcata nell’oceano” 73 S.T. Coleridge op. cit. vv. 400-401. Trad: “con il suo arco crudele ha trafitto l’Albatros indifeso” 74 S.T. Coleridge op. cit. vv. 408-409. Trad: “L’uomo ha scontato la pena, ma pena più dura l’attende”. 26 contempla la visione dei compagni, che ritti in coperta lo fissano con “Their stony eyes, that in the moon did glitter”75. Vede in quegli occhi il ritorno della pena infernale. Non riesce a distogliere lo sguardo, né è capace di porsi a pregare. Dopo poco però ci riesce e la breve tortura finisce: e qui finalmente Coleridge dice dov’è stato il marinaio: “Like one, that on a lonesome road Doth walk in a fear and dread And having once turned round walkes on, And turnes no more his head; Because he knows, a frightful fiend Doth close behind him tread”76 Nella copia di Sibylline Leaves accanto a questi versi, Coleridge aveva annotato a penna “from Dante”77. Sembra, infatti, che queste parole abbiano come fonte il canto XXI dell’Inferno: “allor mi volsi come l’uomo cui tarda di veder quel che li convien fuggire e cui paura subita sbaiarda che per vedere, non indugia il partire e vidi dietro a noi un diavolo nero correndo su per lo scoglio venire”78 Abbiamo visto che il marinaio riesce a staccare gli occhi dagli altri marinai che lo maledicevano e questa liberazione è resa più semplice dall’irrompere di un vento soprannaturale: “But soon there breathed a wind on me, Nor sound nor motion made: Its path was not upon the sea, In ripple or in shade”79 75 S.T. Coleridge op. cit. vv. 436-437. Trad: “i loro occhi di pietra che mandavano i bagliori alla Luna”. 76 S.T. Coleridge op. cit. vv. 446-451. Trad: “mi trovavo come chi camminasu una strada deserta impaurito da un orrendo nemico alle calcagna; e avendolo già guardato una volta, non osa più volgere il capo”. 77 Cfr.J. Livingstone, op. cit. pag 99 78 Divina Commedia, Inferno, Canto XXI vv.25-30 27 Questo vento gli scompiglia i capelli, gli accarezza le guance, con il suo soffiare sembra che il marinaio senta qualcosa come un benvenuto. Sempre sospinta dalla presenza a bordo della schiera degli angeli, la nave fila veloce ed ecco che il marinaio rivede il suo paese: “Oh dream of joy!”80. Davanti i suoi occhi sfilano i primi avamposti della terra: “The light – house top I see? Is this the hill? Is this the kirk? Is this my own countree?”81 Il marinaio, felice di ritornare nella sua terra natale, recita una preghiera piena di sentimento: “Oh let me be awake, my God! Or let me sleep away”82 La nave si avvicina lentamente alla baia ricoperta da una soffusa luce lunare e da tale luce sembra scaturire il silenzio che avvolge la scena: “The moonlight steeped in the silentness The steady weathercock”83 Sembra che Coleridge abbia tratto questa immagine da un articolo apparso nel Gentleman’s Magazine dell’Ottobre 1853, nel quale è suggerito che l’animazione dei corpi da parte di una truppa di serafini che conduce la nave al porto, era derivata da una lettera di un certo Paolino, vescovo di Nola nel IV secolo, ed un amico di San Ambrate, a Macario, vice prefetto di Roma. In questa lettera si parla delle stupefacenti meraviglie che accaddero ad una nave che trasportava mais scampata a un naufragio sulle coste della Sardegna.84 79 S.T. Coleridge op. cit. vv. 452-455. Trad. “Ma presto il vento prese a soffiare sopra di me senza un suono o un movimento:perché il corso non era sulla cresta o nel fondo del mare”. 80 S.T. Coleridge op. cit. v. 464. Trad: ”oh sogno di gioia!” 81 S.T. Coleridge op. cit. vv. 465-467. Trad: “è davvero la punta del faro questa che vedo? È questa la collina? È là la chiesa? È questo dunque il mio paese?” 82 S.T. Coleridge op. cit. vv. 470-471. Trad: “Oh fammi essere sveglio, mio Dio! O lascia che io dorma per sempre” 83 S.T. Coleridge op. cit. vv. 478-479. Trad: “e la luce della luna nel silenzio copriva immobile il segnavento”. 84 Cfr. M. Pratz, La Ballata del Vecchio Marinaio, Il melagrano, Firenze, 1947. p.98 28 Dopo aver assistito a questa scena, subito l’attenzione del marinaio viene distratta dai primi attesissimi segni umani: 85 “The dash of oars, 86 The Pilots cheer A boat appear”87. A bordo di questa nave egli scorge un’altra figura: l’Eremita. Coleridge introduce quest’uomo spirituale dedito a Dio, perché afferma che è il più atto a ricevere sulla terra colui che sul mare, nel terrore e nell’amore, è stato rigenerato dalle forze soprannaturali88. SEZIONE SETTIMA: IL RITORNO IN PATRIA. L’apertura di questa settima sezione è dedicata alla figura dell’eremita, che vive in un bosco vicino al mare e alla cui dimora giungono, nei racconti dei marinai, delle rivelazioni: “He loves to talk with mariners That come from a far countree”89 Ques’Eremita, insieme alla sua ciurma, si avvicina alla nave del marinaio perchè aveva visto dalla costa dei segnali, ma quello che scorge avvicinandosi è la forma spettrale di un vascello che sembra abbandonato da secoli. Il marinaio anche se avverte il sopraggiungere di questa barca resta in silenzio, come se a restituirlo a questi rappresentanti dell’umanità dovesse essere l’abbraccio stesso del mare. All’improvviso, infatti, si ode un rombo sottomarino che percuote la baia, come il miracoloso colpo di tuono, che 85 S.T. Coleridge op. cit. v. 500. Trad: “il tonfo dei remi” S.T. Coleridge op. cit. v. 501. Trad: “il grido del pilota” 87 S.T. Coleridge op. cit. v. 503. Trad: “apparve una nave” 88 Cfr.B. Fenoglio, La Ballata del Vecchio Marinaio, Einaudi,Torino, 1964, p. 44 89 S.T. Coleridge op. cit. vv. 517-518. Trad: “gli piace parlare con i marinai giunti da paesi lontani.” 86 29 all’apparire dell’albatro, aveva spezzato la cinta di ghiaccio che avvolgeva la nave90. Questo rumore riconduce a quello del terremoto. Nella nave che affonda vi è memoria dell’ultimo viaggio di Ulisse in Dante, che Coleridge lesse nel 1798 nella traduzione del reverendo Henry Boyd. Travolto da questo vorticoso movimento del mare, la nave affonda e il marinaio rimane tramortito a galleggiare come il corpo di uno che: “Hath been seven days drowned”91. Viene soccorso dall’Eremita e dai suoi due compagni, ma il suo aspetto è così strano che i nervi del Pilota e del mozzo non ne sopportano la vista: il primo è preso dalle convulsioni, mentre il secondo esce di senno. Giunti sulla terra ferma il marinaio grida all’Eremita: “Oh shrieve me, shrieve me, holy man!”92. L’Eremita si fa il segno della croce e gli dice: “Say quick”, quot he, “I bid thee say what manner of man art thou?”93. A questo punto il marinaio narra la sua storia all’Eremita: “Forthwith this frame of mine was wrenched With a woful agony, Which forced me to begin my tale; And then it left me free. Since then, at an uncertain hour, That agony returns…94 “I pass, like night, from land to land; I have strange power of speech; That moment that his face I see, 90 J. Livingstone, op. cit. pag 175 S.T. Coleridge op. cit. v. 552. Trad: “come un corpo che era annegato da sette giorni” 92 S.T. Coleridge op. cit. v. 574. Trad. “Oh confessami, confessami, sant’uomo!” 93 S.T. Coleridge op. cit. vv. 576-577. Trad: “avanti, disse, rispondimi, che specie di uomo sei?” 94 S.T. Coleridge op. cit. vv. 578-583. Trad: “allora questo corpo fu scosso da spasmi angosciosi e fui costretto a raccontare la mia storia per liberarmene. Da allora a un’ora incerta, quest’angoscia mi ritorna …”. 91 30 I know the man that must hear me: To him my tale I teach”95 Questi versi richiamano alla memoria la figura dell’ebreo errante e di Caino dopo il delitto. Riguardo alla figura dell’ebreo errante, essa appare nel romanzo gotico di Lewis The Monk, pubblicato nel 1795, dove questo personaggio ha “occhi grandi, neri e scintillanti” e porta il segno della croce in segno di eterna espiazione del deicidio. Invece, la figura di Caino la ritroviamo nel primo tentativo di collaborazione tra Wordsworth e Coleridge: The wanderings of Cain.96 Dopo aver pronunciato queste ultime parole il marinaio ritorna all’attualità del mondo presente, a quella festa di nozze, al fragore degli ospiti nuziali, al canto della sposa e delle sue damigelle. Egli è consapevole che mondo non gli è mai appartenuto e a cui non apparterrà mai. Da lontano egli ode anche un terzo suono che viene a confortarlo: “And hark the little vesper bell, Which biddeth me to the prayer!”97 Il poema si conclude con un inno alla bellezza della preghiera: “O sweeter than the marriage – feast, ‘Tis sweeter far to me, With a goodly company! To walk together to the kirk, And all together pray, While each to his great Father bends”98 95 S.T. Coleridge op. cit. vv. 586-590. Trad: “Come la notte, di terra in terra avanzo; io, con il mio strano potere nella voce, appena lo vedo in volto so chi mi deve ascoltare: e a lui racconto la mia storia”. 96 Cfr. K. Coburn, A Collection of Critical Essays, Englewood Cliffs, New Jersey, 1995. p. 75 97 S.T. Coleridge op. cit. vv. 595-596. Trad: “ma senti come chiama alla preghiera la campana del vespro!” 98 S.T. Coleridge op. cit. vv. 601-607. Trad: “ora più dolce di una festa nuziale, molto più dolce per me è recarmi in tua compagnia fino alla chiesa. Andare insieme fino in chiesa, e poi pregare insieme, mentre tutti al Padre mio si inchinano”. 31 Inoltre, egli con le sue parole vuole fare capire al convitato nuziale quanto sia importante pregare con amore: “Farewell, farewell! But this I tell To thee, you Wedding – Guest! He prayeth well, who loveth well Both man and bird and beast. He prayeth best, who loveth best All things both great and small; For the Dear God who loveth us, He made and loveth all”99 Dopo che queste ultime parole sono uscite dalle sue labbra, il marinaio va via. Anche l’ospite nuziale, che era stato prescelto per lo strano potere che il vecchio aveva di capire dal volto quale fosse la persona adatta ad ascoltarlo, si allontana dalla casa dello sposo. Su di lui si è riprodotto lo stesso incontro che il marinaio aveva avuto con il Divino: da un lato egli ha sperimentato la sospensione del tempo: “He went like one that hath been stunned, And is of sense forlon:”100 ma dall’altro ha compreso la rivelazione dell’amore che è il fondamento di ogni gioia: “A sadder and a wiser man, He rose the morrow morn”101 Anche nell’ospite nuziale come nel marinaio si è verificata una trasformazione: ora egli guarda alla vita con un pizzico di saggezza in più. 99 S.T. Coleridge op. cit. vv. 614-621. Trad: “addio, addio! Ma ancora questo ti dico Convitato! Prega bene chi ama bene sia l’uomo che gli uccelli che gli animali. Prega meglio chi ama meglio tutte le cose sia le grandi che le piccole, perché Iddio ci ama, ha fatto tutto ed ama tutto” 100 S.T. Coleridge op. cit. vv. 622-623. Trad: “si allontana come un uomo sbigottito che è stato dai sensi abbandonato” 101 S.T. Coleridge op. cit. vv. 624-625. Trad: “L’indomani si sarebbe svegliato più triste, e ben più saggio.” 32 INTERPRETAZIONI DELLA BALLATA DEL VECCHIO MARINAIO Negli anni recenti sono stati fatti diversi tentativi per spiegare il simbolismo della Ballata del vecchio marinaio. Tra le più interessanti interpretazioni pubblicate sono quella di Robert Penn Warren in A Poem of a Pure Imagination e quella meno nota di George Herbert Clarke in Certain Symbols in the Rime of the Ancient Mariner. Secondo Warren il poema ha due temi principali: il primo è “The theme of sacramental vision or the theme of the One Life102”; e il secondo è “the theme of the imagination”103. Il primo si incentra sull’uccisione dell’albatro, mentre nel secondo “the moonlight equates with the modifying colours of the imagination,104” mentre il sole “is the light of that mere reflective faculty that partook of Death105”. In sostanza il contrasto è dato dalla razionalità rappresentata dal sole e dalla luna. Nella poesia, infatti, i buoni eventi hanno luogo sotto la protezione della luna, quelli cattivi sotto quella del sole. L’approccio di Clarke è simile a quello di Warren, sebbene sia più semplice; egli sostiene che il Sole (con lo Spirito Polare e la prima voce) è concepito nell’immaginazione di Coleridge come suggeritore di severa, mascolina parte punitiva della natura di Dio; e la Luna (con l’Eremita e la seconda voce) normalmente simboleggia la parte gentile, femminile e redentiva106. 102 Cfr. L.C. Corrigan, Poems of Pure Imagination: Robert Penn Warren and the Romantic Tradition, Baton Rouge, Louisiana State UP, 1999, p.27-34. Trad: “Il tema della visione sacramentale o il tema dell’Unica Vita”. 103 Ibidem, Trad: “il tema dell’immaginazione” 104 Ibidem, Trad: “il chiaro di luna associato ai modificanti colori dell’immaginazione” 105 Ibidem, Trad: “è la luce di quella pura facoltà riflessiva che sa di Morte”. 106 Cfr. G.H. Clarke, Certain Symbols in “The Rime of The Ancient Mariner”, Queen’s Quarterly, London, 1933, cit pp. 27-45 33 Secondo l’interpretazione di Warren, il viaggio intrapreso dal Marinaio è un viaggio mentale dai pensieri giornalieri alla terra dell’Immaginazione. Riguardo al primo tema, che secondo Warren ritroviamo nella Ballata, notiamo che affrontando “la terra di ghiaccio e quei suoni spaventosi dove nessuna cosa vivente c’era stata”, la ciurma è terrificata. La loro paura è calmata e il ghiaccio spaccato subito dopo l’apparizione dell’albatro: “As if I had been a Christian soul, We hailed it in God’s name”107 In un certo senso essi non prendono parte al crimine: il loro delitto è più superficiale e più mondano di quello del marinaio. Soffrono la morte all’Equatore–Pacifico, mentre egli subisce la crudele punizione della Vita–in– Morte. Per Warren il marinaio commette il peccato originale quando uccide l’uccello. Egli sostiene che l’atto del marinaio è tanto uno sforzo di negare i principi di Dio, quanto di anteporre i suoi, ma i risultati di tale atto dimostrano la sua incapacità di funzionare una volta che egli si separa da Dio. Seguendo questa interpretazione notiamo che nel poema sono presenti elementi cristiani. L’opera, infatti, inizia con le nozze in chiesa e finisce con un’esortazione alla preghiera; inoltre vi troviamo anche menzionati Cristo, la Vergine Maria, il Paradiso, Spiriti Benedetti, la penitenza e il caro Signore in Paradiso108. Nella sua analisi Warren afferma che vi è un’identificazione simbolica di Dio con il Sole e che questa connessione ha una lunga e onorevole storia nella 107 S.T. Coleridge, op cit. vv. 65-66. Trad: “come se fosse un’anima cristiana lo accogliemmo nel nome del signore”. 108 Cfr. E.B. Jr. Gose, Coleridge and the luminous gloom: an analysis of the “Symbolical language in the Rime of the Ancient Mariner”,University of British Columbia, 1960, cit. pp 238-244 34 cultura occidentale, ed ha i suoi rappresentanti più importanti in Plotino, Platone e Sant’Agostino. Avendo stabilito il Dio–Sole come la fonte della vita, dell’amore e della gioia non si è ancora esaurito il suo impatto simbolico. In aggiunta al suo calore, il Sole ha un colore: è bloody109 all’Equatore e dopo l’ombrosa acqua è awful red110. Lo stesso colore è presente quando il marinaio ritorna in patria e nella scena della benedizione.111 Warren sostiene inoltre che nella versione originale della poesia, Coleridge incluse alcune stanze immediatamente precedenti a questi versi, dove enfatizza le parole dark–red shadows. 112 Come nella scena della luce della luna e alla fine della quarta parte il marinaio aveva ristabilito l’armonia con Dio, così nella scena della luce della luna, attraverso la settima parte, egli ha ristabilito l’armonia con la società. Entrambi questi cambiamenti sono preceduti da una visione del rosso all’ombra della luce della Luna. Il rosso è il colore del Sole quando appare all’Equatore, come the bloody sun del Dio adirato del Vecchio Testamento che chiede retribuzione per il crimine del marinaio. Nel Nuovo Testamento, invece il sangue è importante come il sacrificio fatto da Cristo per salvare l’uomo dal peccato originale e riportarlo nella Grazia di Dio113. In questo modo Cristo, come l’incarnazione dell’Eterno, rappresenta la penetrazione della luce nel buio. Similmente il vecchio marinaio è salvato dall’immersione della luce di Dio nell’ombra di questo mondo. 109 Trad: “sanguinante” Trad: “di un terribile rosso” 111 S. T. Coleridge, op. cit., parte VI vv.476 e 491. 112 Trad: “scuro, ombre rosse” 113 Cfr. R.P. Warren, op cit. pag 1 110 35 Warren si sofferma anche sulla scena della benedizione dei serpenti, in quanto egli ritiene che il marinaio prima di vedere questi esseri è consapevole della loro presenza in una situazione analoga a quella della prima scena della benedizione: “A little distance from the prow those crimson shadows were”114. Concludendo la sua interpretazione Warren sostiene che il viaggio del marinaio è il viaggio di Coleridge e del lettore; immerso come tutti gli uomini nella foschia e nelle tenebre della vita su questo pianeta, egli cerca di comprendere la fonte della vita data. Per Warren, il fatto che il marinaio passi da una terra all’altra, è paragonabile al poéte maudit, alienato e maldestro. Ma ciò che Coleridge desiderò per tutta la vita e raggiunse come poeta solo scrivendo The Rime of the Ancient Mariner, è il potere di narrare il suo racconto e di forzare il mondo ad ascoltarlo. È stato osservato all’inizio di questo capitolo che sono state molte le interpretazioni dell’opera di Coleridge, ma che tra le due più interessanti sono quelle di Warren e di Clarke. Nonostante ciò sembra opportuno riportare notizia anche di altre che vedono l’opera sotto un altro punto di vista. Ad esempio per taluni la Ballata non è altro che un sogno causato dall’oppio, alcune descrizioni sono infatti simili a quelle avvertibili in seguito alla somministrazione di droghe: un senso prima di libertà e immensità, seguito subito da angoscia e paura, enfatizzata dalla percezione di strani rumori e da un’orribile impressione, sono tutti segni di alterazione mentale. Altri, invece, ritengono che il viaggio del vecchio marinaio, sia un’allegoria della vita, dove la ciurma rappresenta l’umanità, l’albatro il patto d’amore che 114 S. T. Coleridge, Op cit. vv 484-485. Trad: “a poca distanza dalla prua s’arrestarono le ombre vermiglie” 36 unisce tutte le creature, la nave un microcosmo nel quale l’azione malvagia di una singola persona ricade sugli altri così come spesso accade nella vita reale115 115 Cfr. AA.VV. Twentieth Century Interpretations of The Rime of the Ancient Mariner: a Collection of Gutveal Essay,New Jersey, Prentice Hall, 1969. cit. pp 92-110 37 La Ballata del Vecchio Marinaio è una storia romantica di colpa e di redenzione, un percorso metaforico di formazione: dalla vita reale, superficiale, apparente (del convitato) alla vita vera, profonda, misteriosa del vecchio marinaio; ma è anche attraverso la metafora del viaggio per mare, l’itinerario creativo della produzione poetica. La ballata si chiude con un messaggio morale da parte del marinaio nei confronti dell'ospite. Soltanto l'uomo che può apprezzare tutte le creature create da Dio sa veramente che cos'è l'amore. Alla fine della ballata, l'ospite della cerimonia nuziale è diventato un "uomo più triste, ma più saggio". La saggezza si acquisisce soltanto dopo varie dolorose esperienze. 1