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Poesie latine d`amore 2H
La fenomenologia d’amore: i classici Saffo Frammenti Amore la mia anima squassa come vento che sul monte tra le querce si abbatte Ecco che Amore di nuovo mi dà tormento; Amore che scioglie le membra, Amore dolce e amaro fiera sottile e invincibile ... A me pare uguale agli dei Sembra a me simile agli dei quell’uomo, che di fronte a te siede e da presso il dolce tuo parlare ascolta, e il riso amabile; proprio questo a me il cuore nel petto fa balzare: se ti vedo subito non so più nulla dire, ma la lingua si spezza, sottile presto sotto la pelle corre un fuoco, con gli occhi niente più vedo, rombano le orecchie sopra me si versa sudore, un tremito tutta mi assale, più verde dell’erba divento, e dal morire poco lontana mi sembro; ma tutto si può sopportare. Catullo carme LI Ille mi par esse deo videtur, Mi sembra che sia simile a un dio, ille, si fas est, superare divos, mi sembra, se è lecito, che superi gli dei, qui sedens adversus identidem te colui che, sedendo di fronte a te, spectat et audit incessantemente guarda e ascolta te dulce ridentem, misero quod omnis che dolcemente sorridi, cosa che, a me infelice, eripit sensus mihi; nam simul te, strappa completamente i sensi; infatti non Lesbia, aspexi, nihil est super mi appena ti vedo, Lesbia, non mi resta nulla ... ... Lingua sed torpet, tenuis sub artus La lingua si blocca, una fiamma sottile scorre flamma demanat, sonitu suopte sotto le vene, le orecchie rimbombano di un tintinant aures, gemina teguntur loro suono interno, gli occhi si coprono di una lumina nocte. duplice notte (i due occhi mi si coprono di buio). Otium, Catulle, tibi molestum est; L’ozio ti nuoce, Catullo! otio exultas nimiumque gestis. ti esalti e smani troppo per l’ozio. Otium et reges prius et beatas L’ozio ha mandato in rovina sia re sia città un perdidit urbes. tempo prospere. carme V Vivamus, mea Lesbia, atque amemus, Viviamo, mia Lesbia, e amiamo, rumoresque senum severiorum e i mormorii dei vecchi troppo rigidi omnes unius aestimemus assis! stimiamoli tutti due soldi. Soles occidere et redire possunt; Il giorno può tramontare e poi ritornare; nobis cum semel occidit brevis lux, e una volta che muore il nostro breve giorno, nox est perpetua una dormienda. dobbiamo dormire una notte infinita. Da mi basia mille, deinde centum, Dammi mille baci, e quindi cento, dein mille altera, dein secunda centum, poi altri mille, e quindi altri cento, deinde usque altera mille, deinde centum. poi ancora altri mille, e quindi cento. Dein, cum milia multa fecerimus, E poi, quando ne avremo contate molte conturbabimus illa, ne sciamus, migliaia, nasconderemo il loro numero, per non aut ne quis malus invidere possit, saperlo noi stessi, perché nessun maligno possa cum tantum sciat esse basiorum. gettarci il malocchio, sapendo che il numero dei baci è così alto. carme LXXXV Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Odio e amo. Forse chiederai per quale motivo io lo faccia. Nescio, sed fieri sentio et excrucior. Non so, ma sento che accade questo, e mi tormento. Odio e amo. Come sia non so dire. Ma tu mi vedi qui crocifisso al mio odio ed amore. Cicerone Tusculanae disputationes amore come passione: «omnibus enim ex animi perturbationibus est profecto nulla vehementior» infatti, tra tutte le passioni dell’animo, nessuna è più forte amore come furor: «maxume autem admonendus <est> quantus sit furor amoris» (chi ama) deve essere avvisato soprattutto su quanto sia grande la pazzia dell’amore amore come insania: «est aliquis amor ... qui nihil absit aut non multum ab insania» esiste un amore ... che è diverso in nulla o non molto dalla pazzia Virgilio Eneide IV vv. 1-5 At regina gravi iamdudum saucia cura Ma già la regina, tormentata da un profondo volnus alit venis et caeco carpitur igni. affanno, / nutre una ferita nelle vene, e un cieco Multa viri virtus animo multusque recursat fuoco la divora. / Il grande valore dell’eroe, la gentis honos, haerent infixi pectore voltus grande gloria della stirpe / le ritornano in verbaque nec placidam membris dat cura mente: non dileguano, impressi nel cuore, il quietem volto/ e le parole; l’affanno non concede alle membra la placida quiete. vv. 20-23 (discorso ad Anna) Anna, fatebor enim, miseri post fata Sychaei Anna, lo confesso, dopo la morte del misero coniugis et sparsos fraterna caede penatis, sposo / Sicheo, e la casa insanguinata da solus hic inflexit sensus animumque labantem fraterna strage, / egli soltanto ha scosso i miei impulit. Adgnosco veteris vestigia flammae. sensi, e m’ha fatto / vacillare l’animo. Riconosco i segni dell’antica fiamma. vv. 66-73 ...est mollis flamma medullas Frattanto una dolce fiamma /divora le midolla, interea et tacitum vivit sub pectore volnus. e tacita vive la ferita nel cuore. / Arde l’infelice Uritur infelix Dido totaque vagatur Didone e vaga per tutta la città, /invasata; urbe furens, qualis coniecta cerva sagitta, quale una cerva colpita da una freccia, / che un quam procul incautam nemora inter Cresia fixit pastore inseguendola incauta trafisse con dardi pastor agens telis liquitque volatile ferrum / da lontano nei boschi cretesi, e le lasciò nescius: illa fuga silvas saltusque peragrat dentro l’alato ferro, / ignaro; quella percorre in Dictaeosque, haeret lateri letalis harundo. fuga le selve e le balze / dittee; ma non si distacca dal fianco l’asta mortale. vv. 296-301 At regina dolos (quis fallere possit amantem?) Ma la regina presentì – chi ingannerebbe praesentit motusque excepit prima futuros, un’amante? - / e colse per prima le trame e le omnia tuta timens. Eadem impia Fama furenti mosse future, / già temendo perché troppo detulit, armari classem cursumque parari. sicura. La stessa empia Fama / riporta alla Saevit inops animi totamque incensa per urbem furente che armavano la flotta, pronti a partire. bacchatur... / Infuria smarrita nell’animo e ardente delira / per tutta la città...