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Anch`io lavoro: tra esperienze e buone prassi. Quaderno AIPD n. 21

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Anch`io lavoro: tra esperienze e buone prassi. Quaderno AIPD n. 21
SINDROME
D O W N
NOTIZIE
Poste Italiane S.P.A.
Spedizione in Abbonamento
Postale D.L. 63/2012
(conv. in L. 16/07/2012 n. 103)
Art. 5bis, CPO PARMA
ISSN: 1122-147X
Supplemento a “Sindrome Down Notizie” Periodico quadrimestrale anno XI - n. 2/2012
Anch’io lavoro: tra esperienze
e buone prassi
Progetto Grafico: Roberta Graziano
a cura di Monica Berarducci, Giorgia Scivola e Anna Contardi
Per conoscere le altre sedi AIPD
in Italia visita il sito www.aipd.it
Osservatorio scolastico
AIPD Nazionale
e-mail: [email protected] (area psicopedagogica)
[email protected] (area normativo-legale)
ASSOCIAZIONE ITALIANA PERSONE DOWN
Viale delle Milizie n.106, 00192 Roma
Tel 06/3723909 Tel e fax 06/3722510
Web: www.aipd.it e-mail: [email protected]
Quaderno
AIPD 21
Periodico dell’Associazione Italiana Persone Down - anno XI, n. 2/2012 - Registrato presso il Tribunale di Roma il 18-09-2002 al n. 533/2002 - Poste Italiane
S.P.A. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 63/2012 (conv. in L. 16/07/2013 n. 103), Art. 5bis, CPO PARMA - Un numero € 5,00 - Direttore responsabile: Anna Contardi - Comitato di redazione: Anna Contardi (direttore), Federica Girard, Patrizia Danesi - Redazione: Viale delle Milizie 106, 00192 Roma,
telefono 06/3722510 - 06/3723909, Indirizzo internet: http://www.aipd.it, Posta elettronica: [email protected] - Stampa: Spaggiari® S.p.A., Parma - Editore: AIPD Associazione Italiana Persone Down – ONLUS, Viale delle Milizie 106, Roma - Abbonamenti: CCP 74685009 intestato a: Associazione Italiana Persone
Down, Viale delle Milizie 106, 00192 Roma - Abbonamento annuo (2011) - € 18,00, estero € 57,00 - Questo numero è stato chiuso in tipografia nel mese di settembre 2012.
INDICE
Indice
Prefazione ................................................................................................
3
Parte I
1. Alcuni lavoratori con sindrome di Down si presentano ..................
5
2. Gioie e dolori dei lavoratori ..............................................................
2.1 Cosa mi piace e cosa non mi piace ................................................
2.2 I rapporti e i comportamenti sul posto di lavoro ............................
2.3 I miei progetti, i miei desideri ........................................................
21
22
24
25
Parte II
3. Il progetto “Il lavoro, i lavori”: dai pregiudizi al da farsi .............. 29
4. L’inserimento lavorativo: azioni e attori .......................................... 45
Appendice
Il lavoro, i lavori e la cooperazione (Luigino Giliberto) ...................... 65
Bibliografia .............................................................................................. 81
1
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
Monica Berarducci
Psicologa e psicoterapeuta, lavora dal 2002 presso l’Associazione Italiana Persone
Down Onlus.
Ha lavorato come operatrice con ruolo educativo all’interno del «Corso di
educazione all’autonomia» dell’AIPD Sezione di Roma, ha partecipato a iniziative
in ambito internazionale e ha coordinato le attività di alcuni progetti.
Attualmente collabora alla progettazione e alla realizzazione di attività per giovani e
adulti con sindrome di Down, in particolar modo nell’area dell’educazione
all’autonomia e dell’inserimento lavorativo.
Giorgia Scivola
Psicologa e psicoterapeuta, lavora dal 2006 come operatrice con ruolo educativo
all’interno del «Corso di educazione all’autonomia» dell’Associazione Italiana
Persone Down Sezione di Roma.
Collabora alla progettazione nazionale ed internazionale nell’ambito di iniziative
rivolte a persone con sindrome di Down.
Anna Contardi
Assistente sociale e coordinatrice nazionale dell’AIPD, Associazione Italiana
Persone Down Onlus, lavora dal 1981 all’interno dell’associazione, svolgendo
attività di consulenza, formazione e progettazione.
Ha ideato e dirige dal 1989 il «Corso di educazione all’autonomia» per adolescenti
con sindrome di Down.
È autrice di svariati libri sulla sindrome di Down, aspetti educativi e socioassistenziali.
Questo Quaderno è stato realizzato nell’ambito del progetto “Il lavoro, i
lavori”, finanziato dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche
Sociali, Legge 383/00.
Si ringraziano tutte le Sezioni AIPD, i lavoratori e gli operatori che hanno
partecipato al progetto.
2
PREFAZIONE
Prefazione
“Anch’io lavoro: tra esperienze e buone prassi”
Si è concluso a luglio 2012 il progetto “Il lavoro, i lavori” finanziato dal
Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali (L.383/2000
direttiva 2010) che ha voluto fornire strumenti e metodi per la realizzazione
di progetti di inserimento lavorativo di persone con sindrome di Down (sD).
Per fare questo si è innanzitutto approfondito l’argomento con un gruppo di
lavoratori con sD che si sono confrontati su “Gioie e lavori dei lavoratori”
e si sono poi realizzati 3 cantieri di formazione rivolti ad operatori e leader
delle sezioni AIPD sui temi dell’impresa sociale, dell’inserimento lavorativo
nel libero mercato e dell’impresa sociale in Europa.
Il volume che presentiamo rappresenta la conclusione di questa esperienza e
vuole aiutare persone con sD, famiglie, operatori, datori di lavoro a
conoscere meglio questo tema e ad entrare, sia pure parzialmente, in questo
cammino.
La I parte è frutto del lavoro dei principali “testimoni” di questo cammino, i
lavoratori con sD che hanno partecipato a novembre 2011 ad un incontro di
formazione e ricerca a Roma. Ci raccontano il loro lavoro, ma anche che
cosa gli piace e non gli piace, le relazioni e i comportamenti adeguati da
tenere sul posto di lavoro e i loro desideri per il futuro.
La II parte raccoglie, sia pur sinteticamente, alcune riflessioni nate dal
percorso formativo coi partecipanti e rielabora alcune linee guida su quanto
è necessario fare per avviare percorsi di successo. Un approfondimento su
tali temi può essere fatto attraverso i testi citati in bibliografia e col
confronto con l’Osservatorio sul mondo del lavoro, servizio presente ormai
da molti anni presso la sede nazionale di AIPD.
Su questo tema c’è sicuramente tanto ancora da fare se l’ultima indagine del
Coordown del 2009 registrava ancora solo il 13% di lavoratori tra gli adulti
3
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
presenti nelle associazioni che si occupano in Italia di persone con sD.
Molte resistenze sono sicuramente ancora legate ai pregiudizi sulla
possibilità che una persona con una disabilità intellettiva possa essere un
vero lavoratore. Le esperienze narrate in questo volume speriamo possano
contribuire ad illustrare quanto invece questo sia possibile e come
l’inserimento di un giovane con sD in azienda possa essere veramente
motivata dall’avere “un lavoratore in più”.
Un grazie sincero va a tutti coloro che ci hanno accompagnato in
quest’anno di attività con le loro storie, le loro domande, le loro esperienze,
il loro cambiare, imparare, impegnarsi e crederci con la speranza di
incontrarci presto a raccontarci storie di nuovi lavoratori.
Anna Contardi
4
PARTE I
Parte I
1. ALCUNI LAVORATORI CON SINDROME DI DOWN SI PRESENTANO
Di seguito vengono presentati da vicino i veri protagonisti di questo
quaderno: i lavoratori con sindrome di Down (sD). Tutti loro hanno
partecipato alla ricerca-azione nel progetto “Il lavoro, i lavori”,
un’esperienza di condivisione tra lavoratori provenienti da diverse parti
d‘Italia.
Durante questo evento sono stati esplorati tanti temi:
DOVE LAVORO e CHE COSA FACCIO: settori di lavoro e mansioni
CON CHI LAVORO: rapporti coi colleghi
CHI SONO IO LAVORATORE: lo status di lavoratore, salario, ferie,
permessi
CHI SONO IO PERSONA: la mia vita da lavoratore
IL MIO FUTURO: aspettative, carriera, vita indipendente.
Non sono solo storie di alcuni lavoratori, per cui incontreremo un
magazziniere, un operaio presso fabbrica di occhiali, un aiuto cuoco presso
la cucina di una mensa scolastica, uno scaffalista del supermercato, un
operaio in una grande fabbrica, un operatore Mc Donald’s, un operaio presso
una fabbrica di giocattoli, una commessa in un negozio di scarpe, un
commesso in un negozio equo e solidale, un aiuto bibliotecario, un segretario
in una azienda, un impiegato presso azienda pubblica. Sono, soprattutto,
storie di vita.
5
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
TIZIANO MORETTI
(AIPD BELLUNO)
CIAO, MI CHIAMO TIZIANO MORETI HO 26 ANNI ABITO A
SOSPIROLO IN PROVINCIA DI BELLUNO.
IO LAVORO IN UNA FABBRICA DI ELETTRONICA NEL REPARTO
MAGAZZINO.
LA FABBRICA SI CHIAMA EVCO SI TROVA A 15 KM DA CASA MIA,
IO MI SPOSTO CON GLI AUTOBUS.
LAVORO DA TRE ANNI, IL PRIMO ANNO DA TIROCINANTE POI DA
APPRENDISTA.
IL MIO CONTRATTO SCADE NEL GENNAIO 2014 SPERIAMO CHE
POI MI ASSUMINO.
LE MIE MANSIONI SONO: DISIMBALLAGGIO MERCI POI
QUALCHE GIORNO DIPENDE DAL LAVORO RICOMPONGO
SCATOLONI DI DIVERSE MISURE.
CON I MIEI COLLEGHI MI TROVO MOLTO BENE, DURANTE LA
PAUSA CHIACCHIERIAMO E QUANDO TERMINO LE MIE TRE ORE
E MEZZA DI LAVORO CON LE MIE COLLEGHE VADO CON LA
MACCHINA ALLA MENSA A PRANZARE PERO’ TERMINATO MI
ACCOMPAGNANO ALLA FERMATA DELL’AUTOBUS, LORO
RITORNANO AL LAVORO IO A CASA.
A ME PIACE UN PO’ TUTTO QUELLO CHE FACCIO PERCHÉ È
VARIO E MI MUOVO.
CON IL MIO STIPENDIO UNA PARTE LO USO PER LE MIE
NECESSITA’, MI COMPERO QUALCHE INDUMENTO, GELATI, LA
PIZZA E QUALCHE REGALINO.
UNA PARTE LA D0 ALLA MAMMA CHE ME LI VERSA IN POSTA.
6
PARTE I
GIOVANNI MASATO
(AIPD VENEZIA-MESTRE)
MI CHIAMO GIOVANNI MASATO, SONO UN RAGAZZO DOWN E HO
28 ANNI.
MI PIACE MOLTO LEGGERE LIBRI DI VARIO GENERE AD ESEMPIO
LA DIVINA COMMEDIA E TANTI ALTRI ED HO AVUTO LA
FORTUNA DI TROVARE UN LAVORO INERENTE A QUESTA MIA
PASSIONE PRESSO LA BIBLIOTECA DELLO STUDIUM GENERALE
MARCIANUM DEL SEMINARIO PATRIARCALE DI VENEZIA DOVE.
LAVORO DA CIRCA 6 ANNI.
CIO` E` STATO POSSIBILE GRAZIE ALLA DIRETTRICE DOTORESSA
ELISABETTA GIURIOLO CHE MI HA SUBITO ACCETTATO ED
AIUTATO.
IO PRIMA HO FATTO UN PERIODO DI PROVA DI CIRCA 12 MESI
ALL`INIZIO ERO UN PO` FRASTORNATO, ADESSO MI TROVO
MOLTO BENE ANCHE NEL RAPPORTO CON I MIE COLLEGHI,
ANCHE LORO CON ME SONO BRAVI.
LAVORO NEL SETTORE DEL RIORDINO DEL PATRIMONIO
LIBRARIO, TIMBRO I LIBRI, LI PULISCO, INSERISCO NEI LIBRI
L’ANTITACCHEGGIO E QUALCHE VOLTA LEGGO QUALCHE PASSO
DI UN LIBRO, INSOMMA FACCIO UN LAVORO CHE MI PIACE
MOLTO. E CHE RICHIEDE MOLTA ATTENZIONE E
RESPONSABILITA`.
PERCEPISO UN NORMALE STIPENDIO CHE CONSERVO IN BANCA
PER IL MIO FUTURO E QUANDO HO BISOGNO DI COMPRARMI
DELLE COSE PRELEVO QUANTO MI SERVE.
7
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
ANGELO MARIANO
(AIPD POTENZA)
IO MI CHIAMO ANGELO MARIANO E SONO UN RAGAZZO DI 23
ANNI E VIVO A RUOTI UN PAESE VICINO POTENZA.
LAVORO IN UNA MENSA DI UNA SCUOLA ELEMENTARE CHE SI
TROVA A POTENZA NEL RIONE CHIANCHETTA VICINO
ALL’ASSOCIAZIONE.
IO LAVORO DA DUE ANNI.
IL PRIMO ANNO LAVORAVO PRESSO LA MENSA DI UNA
FABBRICA QUEST’ANNO INVECE MI HANNO SPOSTATO NELLA
MENSA DELLA SCUOLA ELEMENTARE.
LE MIE MANSIONI SONO: APPARECCHIARE LA TAVOLA, METTERE
I BICCHIERI, FORCHETTE, COLTELLI E TOVAGLIOLI. RIEMPIO LE
BROCCHE DI ACQUA E LA METTO NEI BICCHIERI.
SISTEMO I PANINI E LA FRUTTA SUI TAVOLI QUANDO È PRONTO
PORTO I PIATTI A TAVOLA.
QUANDO I BAMBINI TORNANO IN CLASSE IO PULISCO LA SALA.
SPARECCHIO I TAVOLI, PULISCO A TERRA, LAVO I TAVOLI E
SISTEMO LE SEDIE SUI TAVOLI.
IO HO TANTI COLLEGHI E SONO MIMMO, ANTONELLA, L’ALTRA
ANTONELLA, ROSANNA, LUCIA E ELISABETTA.
QUALCHE VOLTA HO FATTO ARRABBIARE I MIEI COLLEGHI
PERCHÉ NON RISPETTAVO LE REGOLE DEL POSTO DI LAVORO.
UNA VOLTA HO SGRIDATO UN BAMBINO PERCHÉ BUTTAVA
L’ACQUA E IL PANE A TERRA E SI SONO ARRABBIATI CON ME
PERCHÉ NON LO DOVEVO FARE.
A ME PIACE IL LAVORO CHE FACCIO PERCHÉ MAMMA E I MIEI
8
PARTE I
FRATELLI SONO CONTENTI CHE LAVORO.
MI PIACE FIRMARE LA BUSTA PAGA E PRENDERE I SOLDI.
A ME PIACE IL LAVORO CHE FACCIO PERCHÉ QUELLO CHE FACCIO
A MENSA LO FACCIO ANCHE A CASA QUANDO AIUTO A MAMMA.
DEL MIO LAVORO A ME PIACE TUTTO.
IL MIO STIPENDIO VA SU UN CONTO ALLE POSTE.
I SOLDI DELLO STIPENDIO LI USO PER FARE LE MIE COSE. CON I
SOLDI COMPRO I VESTITI CHE MI PIACCIONO E A NATALE
FACCIO I REGALI AD AURORA, NICOLE E FRANCESCA CHE SONO
LE MIE NIPOTINE.
USO I MIEI SOLDI PER PAGARMI LE VACANZE CHE FACCIO CON
GLI AMICI DELL’ATL.
SPERO DI LAVORARE A LUNGO E PROMETTO DI FARE LA
PERSONA SERIA.
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QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
L’INTERVISTA DOPPIA DALLA MARCA TREVIGIANA
GIULIANO PERUZZA
DOVE LAVORO? DA ALBERTA SALOTTI
DA QUANTO TEMPO LAVORO? 14 ANNI
QUALI SONO LE MIE MANSIONI? METO L’IMBOTITURA DEL
CUSCINO E CHIUDO CERNIERA, AIUTO I MEI COLLEGHI A
IMBALLARE I DIVANI, PREPARO I BRACCIOLI BIANCO CON
PISTOLA ELETRICA
COM’È IL MIO RAPPORTO CON I COLLEGHI? BUONO INSIEME
LAVORIAMO IN ALEGRIA, A VOLTE USCIAMO INSIEME AL
CANCELLO A PARLARE ASSIEME E RIDERE, SONO MIEI AMICI
TUTTI.
QUALI SONO LE COSE CHE MI PIACCIONO DI PIÙ E LE COSE
CHE NON MI PIACCIONO DEL MIO LAVORO? PER ME IL
LAVORO È TUTTO BELLO, MI PIACE PERHE CAMBIO SEMBRE
POSTO, MI PIACE CHIUDERE LE CERNIERE E MENO IMBALARE
COSA FACCIO CON IL MIO STIPENDIO? VADO IN CROCERA, AL
MARE CON MIA SORELLA, LI METTO IN BANCA, CONPRO VESTITO
10
PARTE I
MATTEO PERENCIN
DOVE LAVORO? TARZO, VIA LA CORONA ISTITUTO CASA DI
RIPOSO PADRE PIO
DA QUANTO TEMPO LAVORO? HO INCOMINCIATO NEL 2008
COME TIROCINANTE MENTRE COME ASSUNZIONE NEL 2010
QUALI SONO LE MIE MANSIONI? AIUTO NEL RIORTINO SALA
DA PRANZO E CUCINA
COM’È IL MIO RAPPORTO CON I COLLEGHI? ABBASTANZA
BENE CON TUTTI
QUALI SONO LE COSE CHE MI PIACCIONO DI PIÙ DEL MIO
LAVORO? DIALOGARE CON I COLLEGI E COLLEGHE E AVERE
RAPORTI AMICHEVOLI, MI PIACE FARE TUTTO
QUALI SONO LE COSE CHE NON MI PIACCIONO DEL MIO
LAVORO? CHI NON HA RISPETTO DELLA DIRETICE E DELLE
PISICOLLOGHE
COSA FACCIO CON IL MIO STIPENDIO? LO PORTO IN BANCA E
LO USO POCO NIENTE, SOLO PER CELLULARE, PER SOSTENERE
LE SPESE COME FIGLIO IN CASA
11
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
MARTA ALFANI
(AIPD ROMA)
MI CHIAMO MARTA E LAVORO DA DUE ANNI IN UN’AZIENDA
INTERINALE CHE SI CHIAMA ADECCO AIUTA A CERCARE LAVORO
A PERSONE CHE NON HANNO O CHE VOGLIONO CAMBIARE.
COME MANSIONI RISPONDO AL TELEFONO, MANDO E-MAIL,
CONSEGNO LA POSTA, PREPARO LA POSTA DA SPEDIRE, FACCIO
ACCOGLIENZA, FACCIO FOTOCOPIE, SPEDISCO I FAX, CONSEGNO
I BUONI PASTO AI COLLEGHI E COLLEGHE.
CON I MIEI COLLEGHI MI TROVO BENE NON HO MAI AVUTO
PROBLEMI CON I COLLEGHI IL RAPPORTO È SEMPRE STATO
OTTIMO CERTO NON LI CONSIDERO AMICI E AMICHE MI È
DIFFICILE GESTIRE I DUE TIPI DI RAPPORTO ESSERE AMICI È
UNA COSA ESSERE COLLEGHI È UN’ALTRA COSA PERCHÉ PER
ME GLI AMICI SONO ALTRI.
IN REALTÀ NON C’È NULLA CHE NON MI PIACCIA DEL MIO
LAVORO MI PIACE TUTTO DEL MIO LAVORO E NE SONO MOLTO
SODDISFATTA DEL MIO LAVORO MI PIACE AIUTARE LE PERSONE
A CERCARE LAVORO E DARE UNA MANO INVECE DI STARE CON
LE MANI IN MANO DIREI CHE NE SONO CONTENTA DI ME STESSA
E PER QUELLO CHE FACCIO NE SONO VERAMENTE CONTENTA.
GRAN PARTE DEL MIO STIPENDIO RESTA IN BANCA E UNA PARTE
CI FACCIO SHOPPING, RICARICHE AL CELLULARE, LI PRELLEVO
QUANDO MI SERVONO, LE CENE E ALTRO MA GRAN PARTE È PER
IL MIO FUTURO CHE CONDIVIDO INSIEME CON IL MIO
FIDANZATO DI CUI INSIEME ABBIAMO TANTI PROGETTI TRA CUI
UNIRCI IN MATRIMONIO.
12
PARTE I
MONICA COSTANTINI
(AIPD VENEZIA-MESTRE)
MI CHIAMO MONICA, LAVORO DENTRO IL CENTRO
COMMERCIALE AUSCHAN ORMAI CHE SONO 3 ANNI.
L’ALTRO GIORNO DI DOMENICA HO FATTO LE PULIZIE DI TUTTO
NEGOZIO CHE FACCIO IO SEMPRE
GUARDO LE I MAIL CON LA MIA SIGLÀ (PASSWORD) ANDRÒ
CONTROLLARE ANCHE LA POSTA
METTO GLI ANTITAGHEGGIO SULLE SCARPE PER ARRIVARE IL
CAMMION DELLA MERCE CHIUDERO I SCATOLLONI CON LO
SCHOC
IMBUSTARE CON I GLIENTI(CLIENTI) IN CASSA
PER ADESSO MI TROVO BENISSIMO MI PIACE TANTO STARE UNA
SQUADRA DEI COLLEGHI
MI PIACEREBBE FARSI LE CHIACCHIERE DA POCO TEMPO CI
SONO DELLE BARUFFE I SOLDI INTANTO CHE MI METTO NEL
MIO CASSETTO TIPO DI PAGARE LA PRIMA VACANZA DA
QUEST’ANNO E PAGO ANCHE I MIEI SOLDI DI COMPERARE LE
SCARPE
13
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
GIULIA ABIUSI
(AIPD POTENZA)
IO SONO GIULIA ABIUSI HO LAVORATO IN UNA MENSA PER UN
ANNO PRESSO DI UNA COOPERATIVA CHE SI CHIAMA ECLESSIA
HO FATTO UN COLLOQUIO DI LAVORO E MI HANNO ASSUNTA IN
SEGUITO HANNO ASSUNTO ALTRI 7 RAGAZZI DELLA
ASSOCIAZIONE A.I.P.D. DI POTENZA.
IO AL LAVORO ANDAVO CON UN AUTOBUS VICINO POTENZA A
TITO ZONA INDUSTRIALE. IL MIO LAVORO CONSISTEVA DI STARE
IN UNA CUCINA PER DARE UNA MANO A MIEI COLLEGHI ERANO
SIMPATICI E GENTILI, I MIEI CAPI NON ERANO TROPPO SEVERI
MA ERANO SIMPATICI E MI DAVANO DELLE MANSIONI DA FARE
TIPO: TAGLIARE GLI ALIMENTI E PULIRE IL POSTO DI LAVORO. A
ME PIACEVA DI STARE IN UNA CUCINA PERCHÉ MI DIVERTIVO A
CUCINARE E ESPERIMENTARE DELLE NUOVE RICETTE. IL MIO
PRIMO STIPENDIO ERA MOLTO DIVERTENTE PERCHÉ UN GIORNO
CI HANNO CHIESTO DI ANDARE DAL NOSTRO CAPO CHE CI HA
DATTO LA BUSTA PAGA DUE MIEI AMICI HANNO AVUTA E IO NO
MI HANNO DETTO CHE MIA MADRE CHE AVEVA LEI LA MIA
PRIMA BUSTA PAGA DEL MIO STIPENDIO IO TORNANDO A CASA
ERO FURIOSA CON LA MIA MAMMA E LEI MI DICEVA DI NON
AVERLO INVECE LA COOPERATIVA SI ERA SBAGLIATA. IO
LAVORAVO CON DUE RAGAZZI DELLA ASSOCIAZIONE CON
ELISABETTA E MARCELLO ERAVAMO CONTENTI DI QUESTO
LAVORO E DI STARE IN INSIEME. QUESTA MENSA INIZIAVA DA
OTTOBRE FINO A FINE DI MAGGIO ERA COLLEGATA DELLA
SCUOLA QUANDO INIZIAVA FINO ALLA CHIUSURA DELLE
14
PARTE I
SCUOLE. È PASSATO 4 MESI È NON HANNO PIÙ CHIAMATO DAL
LAVORO, CI HANNO CHIAMATO A GENNAIO PER FINIRE DI
NUOVO A MAGGIO. AL QUEL’ PUNTO ABBIAMO DECISO DI
LINCENZIARE DELLA COOPERATIVA. A SETTEMBRE COMINCERÒ
UN NUOVO LAVORO IN UN UFFICIO CHE SI TROVA A POTENZA
SOPRA ALLA COIN PALAZZO AFFIANCO. QUESTO LAVORO IO
STARÒ IN UNA SEGRETERIA CON DUE COLLEGHE CHE SI
CHIAMERANNO ANNAMARIA E MARIAPINA. AVRÒ UNA MIA
POSIZIONE LA MIA SCRIVANIA, UN COMPUTER, CASSETTI CON
UNA CHIAVE, UNA CHIAVETTA PER LA MACCHINETTA E UN
TELEFONO DA URLO QUESTO POSTO DI LAVORO. GIÀ MI PIACE
QUESTO LAVORO. PARLIAMO DI PIÙ BENE HO SENTITO COSA
DEVO FARE A QUESTO LAVORO: METTERE LE CARTE
NELL’ARCHIVIO CARTACEO, FATTURE DA SCANARIZZARE E
ARCHIVIARE AL COMPUTER: PROCEDIMENTO MI ARRIVA UNA
MAIL APRIRE IL FILE E COPIARE E INCOLLARE E RINOMINARE
LA DATA DELLE FATTURE E METTERE NELL’ARCHIVIO DEI
FORNITORI AL COMPUTER POI LE FATTURE STESSE METTO
NELL’ARCHIVIO CARTACEO, SCRIVERE I DOCUMENTI IN WORD
FARE LE STAMPE E SCANARIZZARE I DOCUMENTI APRIRE LE
BUSTE E DIVIDERE LE CARTE INSOMMA LAVORO DA
SEGRETARIA CHE BELLO DA URLO NON VEDO L’ORA DI INIZIARE
A LAVORARE EVVIA!!!!
QUESTO UFFICIO È MOLTO GRANDE HA TANTI SETTORI QUESTO
LAVORO SI OCCUPA DELLE BANCHE SIA A POTENZA E FUORI DI
POTENZA. CI SARANNO TANTI COLLEGHI SARANNO MOLTO
SIMPATICI E GENTILI.
AL RISPETTO DEL VECCHIO LAVORO MI PIACERÀ DI PIÙ QUESTO
LAVORO PERCHÉ NON DEVO PIÙ METTERE LA DIVISA DA
CUCINA E RISPETTARE L’IGIENE DELLA PERSONA E
DELL’AMBIENTE MA POTRÒ ESSERE ME VOGLIO DIRE CHE
POSSO ESSERE UNA RAGAZZA LO SONO GIÀ VOGLIO DIRE:
CURARMI DI PIÙ METTERE TANTI VESTITI, VESTITINI, GONNE,
METTERE LO SMALTO AI PIEDI E MANI E SISTEMARE I CAPELLI
COSE DA RAGAZZA CHE PRIMA NON POTEVO FARE MA ORA SI E
SONO MOLTISSIMO CONTENTA DI FARLO. QUINDI PER
CONCLUDERE TUTTO MI PIACERÀ DI PIÙ QUESTO NUOVO
LAVORO CHE QUELLO VECCHIO NON MI DISPIACE DI ESSERE
LICENZIATA IO STAVO IN CUCINA DAL 1 SUPERIORE ISTITUTO
ALL’ALBERGHIERO DI POTENZA CAMBIARE LAVORO È BELLO
AVERE UNA SECONDA SCHANZ.
CIAO A TUTTI
15
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
GIORGIA VITIELLO
(AIPD ROMA)
LE DOMANDE SUL IL MIO LAVORO:
IO LAVORO PRESSO IN UNA AZIENDA, DELLA SOCIETÀ DEL IL
(GRUPPO DELLE FERROVIE) DI “FS LOGISTICA” E SONO 5 ANNI
CHE IO CI LAVORO E LE MIE MANSIONI DI LAVORO SONO:
1. LA CORRISPONDENZA
2. IL CONTROLLO ACCESSI, DI METTERE APPOSTO I CONTRATTI
E RIFORNIMENTO CARTA
3. E LA CANCELLERIA
E SONO QUESTI DI LAVORI CHE MI PIACCIONO DI STARE E AL
TELEFONO
E CON IL MIO STIPENDIO CI PAGO MIE VACANZE CHE IO FACCIO
CON:
1. L’ATL
2. USL
3. CON LA MIA PARROCCHIA; E IL TENNIS
E UN BUON RAPPORTO SUL IL PUNTO, DI VISTA LAVORATIVO E
AFFETTIVO E !! CON I TUTTI E I MIEI RESPONSABILI E
COLLEGHI?
1. ALESSANDRA
2. ANNA MARIA
3. VITTORIA RITA
16
PARTE I
ANDREA BASSO
(AIPD VENEZIA-MESTRE)
CIAO, SONO ANDREA.
IO LAVORO NELLA COOPERATIVA EQUO E SOLIDALE IN CAMPO
SANTA MARGHERITA VERSO I CARMINI TRA MACELLERIA E
ANTIQUARIATO ABBIAMO APERTO UNA BOTTEGA PER LA
VENDITA DI PRODOTTI EQUO E SOLIDALI PROVENIENTI DAL
SUD DEL MONDO ASIA, AFRICA, E SUD AMERICA È UN IMPRESA
SOCIALE CON LO SCOPO DI CREARE ANCHE LAVORO PER
PERSONE SVANTAGGIATE PER CUI ABBIAMO DECISO DI
CHIAMARCI COOPERATIVA SOCIALE DI TIPO B.
LAVORO DA 6 ANNI LE MIE MANSIONI SONO: ADDETTO AL
RIORDINO SCAFFALI.
IL MIO RAPPORTO CON I COLLEGHI SONO BUONI E VADO
D’ACCORDO MA QUALCHE VOLTA MI PIACCIONO TUTTE MA SE
PER CASO NON MI PIACCIONO NE PARLO CON IL CAPO.
CON IL MIO STIPENDIO LI METTO VIA PER PAGARE I CONTI
CORRENTI DELLE MIE ATTIVITÀ LE VACANZE ESTIVE!
17
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
FEDERICA INNAMORATI
(AIPD L’AQUILA)
MI CHIAMO FEDERICA INNAMORATI, HO 36 ANNI E SONO UNA
RAGAZZA CON LA SINDROME DI DOWN. HO FREQUENTATO
L’ISTITUTO STATALE D’ARTE E PARTECIPO CON INTERESSE ED
IMPEGNO ALLE VARIE ATTIVITÀ DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA
PERSONE DOWN DI L’AQUILA. LAVORO PRESSO UN FAST FOOD A
L’AQUILA CHE SI CHIAMA MC DONALD’S E SI TROVA IN VIA
CORRADO IV, 54/56.
LAVORO DAL 16 GIUGNO 2008 MA LA VERA ASSUNZIONE C’È
STATA IL 3 FEBBRAIO 2010, ALLE 16E15, CON UN CONTRATTO DI
LAVORO A TEMPO INDETERMINATO. LE MIE MANSIONI SUL
POSTO DI LAVORO SONO: LA GESTIONE E LA PULIZIA DELLA
SALA, LA PREPARAZIONE DEL CONDIMENTO DEI TOAST IN
CUCINA, LA PULIZIA DEI VASSOI E SONO LA RESPONSABILE DEL
RIORDINO MAGAZZINO. OGNI MERCOLEDÌ E OGNI SABATO
MATTINA MI OCCUPO DELLO SCARICO MERCI. PER QUANTO
RIGUARDA IL RAPPORTO CON I MIEI COLLEGHI È AL 100%
OTTIMO ANCHE SE SI DOVREBBERO METTERE NEI MIEI PANNI
QUANDO A VOLTE MI FANNO LITIGARE CON I MANAGER. MA IN
FONDO MI CONSIDERANO UNA COLLEGA A TUTTI GLI EFFETTI
NEL MIO SETTORE DI RESPONSABILE MAGAZZINO.
LA COSA CHE MI PIACE DI PIÙ DEL MIO LAVORO È LA MIA
18
PARTE I
SODDISFAZIONE DI ESSERE UNA LAVORATRICE IN CORSO E LA
MIA GRATIFICAZIONE NELL’ESSERE LA RESPONSABILE DEL
MAGAZZINO. INVECE, LA COSA CHE MI PIACE DI MENO DEL MIO
LAVORO È L’INCOMPATIBILITÀ DI CARATTERE CON IL
DIRETTORE E ANCHE CON I MANAGER DI TURNO. UNA COSA
CHE NON TOLLERO È QUANDO MI DICONO CHE SONO
BUGIARDA. LO STIPENDIO LO METTO TUTTO IN UNA BANCA DI
FIDUCIA CHE SI CHIAMA FINECO, SUGGERITA DA MIO FRATELLO.
QUANDO HO BISOGNO DI SOLDI LI CHIEDO A MIO FRATELLO IL
QUALE AMMINISTRA IL MIO STIPENDIO. CON QUESTI SOLDI
COMPRO QUALCOSA PER ME DI PERSONALE O LI UTILIZZO PER
ANDARE A CENA FUORI. PENSO CHE CI POTRÒ REALIZZARE IL
MIO FUTURO CIOÈ RIMETTERE A POSTO CASA MIA, DISTRUTTA
DAL TERREMOTO.
19
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
MIRIAM TORREM
(AIPD BELLUNO)
IO MI CHIAMO MIRIAM. LAVORO IN OCCHIALERIA VIA
VALCOZZENA IN AGORDO (BL) PER LUXOTTICA DA MARCO
ZANVETTOR. LAVORO QUI DA OTTO ANNI.
LE MIE MANSIONI CONSISTONO NEL DIVIDERE LE ASTE DAI
COLORI, LE METTO IN FILA CON LE SCATOLE, POI ANCHE LE
CAPSULE DELLE STRASS.
I MIEI COLLEGHI MI VOGLIONO TANTISSIMO BENE, MI AIUTANO
SUL LAVORO.
LE COSE CHE NON MI PIACCIONO DEL MIO LAVORO SONO LE
CROMO DI VERSACE CHE SONO ROTONDE E PICCOLE E MI
FANNO MALE AGLI OCCHI. LA COSA CHE MI PIACE DI PIÙ È
LAVORARE CON LE ASTE COLORATE.
I SOLDI DELLA MIA PAGA DEL LAVORO LI METTO IN BANCA E LI
USO PER I MIEI BISOGNI, COMPRO VESTITI, SCARPE, VADO AL
MARE, ALLE TERME E AIUTO LA MAMMA.
20
PARTE I
2. GIOIE E DOLORI DEI LAVORATORI
Dopo le testimonianze dei lavoratori, viene di seguito presentato il frutto del
lavoro svolto durante la Ricerca-Azione.
Al termine di ogni giornata tutti i partecipanti hanno espresso liberamente le
loro opinioni sulla loro esperienza e sul mondo del lavoro, scrivendole su
due cartelloni: il cartellone del “mi piace” e quello del “non mi piace”.
È stato poi affrontato il tema dei rapporti con i colleghi e con il datore di
lavoro, attraverso un’attività chiamata “minuetto”. Sono state presentate
situazioni di lavoro sotto forma di brevi racconti o filmati, dove ogni
protagonista o attore esprime due punti di vista diversi e la soluzione viene
lasciata aperta. Dopo la lettura o la visione della storia, è stato chiesto ad
ogni partecipante di prendere una posizione rispetto alla problematica
proposta, schierandosi fisicamente alla destra o alla sinistra del conduttore,
che ha proposto tali dislocazioni come l’essere d’accordo con l’una o l’altra
posizione. Almeno un lavoratore per parte ha poi esposto la motivazione
della propria scelta e su tale confronto è iniziata la discussione che ha portato
alla stesura delle “regole d’oro” che è importante seguire sul posto di lavoro.
È stato infine chiesto ai lavoratori quali fossero i loro progetti per il futuro,
attraverso la scrittura delle “nuvole dei desideri”.
Nelle prossime pagine viene proposto tutto il materiale raccolto al termine
della Ricerca-Azione, così come è stato scritto dai lavoratori con sindrome di
Down che hanno partecipato.
21
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
2.1
Cosa mi piace
e cosa non mi
piace
DEL LAVORO MI PIACE
• MI PIACE POTER COLLABORARE CON I MIEI
COLLEGHI
• MI PIACE STARE BENE TRA GLI ALTRI, È
IMPORTANTE STARE BENE PERCHÉ GLI ALTRI
SONO FELICI
• MI PIACEREBBE ANDARE A CONVIVERE CON LA RAGAZZA
PERCHÉ HO UN LAVORO
• NEL MIO LAVORO MI PIACE STARE INSIEME AI RAGAZZI
DURANTE LE ATTIVITA’ ALL’INTERNO DI UN CLIMA
PIACEVOLE
• MI PIACE LAVORARE
• MI PIACE LAVORARE CON LE MIE COLLEGHE IN
MAGAZZINO E TOGLIERE LE FELPE I PANTALONI DAL
CELOFAN IN COPPIA
• MI PIACE QUESTO LAVORO PERCHÉ SONO PAGATO, SONO IN
CONTATTO CON I CLIENTI E MI RENDO UTILE NELLE MIE
MANSIONI E COLLABORO CON I COLLEGHI
• MI PIACE QUANDO LAVORO BENE, QUANDO FACCIO BENE LE
COSE
• LA SODDISFAZIONE CHE PROVO QUANDO LA PERSONA C HE
SEGUO NELL’INSERIMENTO LAVORATIVO RAGGIUNGE I SUOI
OBIETTIVI
• QUELLI CHE PIACCIONO COSI TANTO STARE IN COMPAGNIA
DI AMICI E COLLEGHI
• MI PIACE COMPRARE REGALI PER I NIPOTI CON LO STIPENDIO
• MI PIACE AVERE UN LAVORO, UNO STIPENDIO E UNA CASA
DOVE VIVERE DA SOLA
• MI PIACE DI FARE IL MIO LAVORO E CONTINUERO’ A FARE
DEL MIO MEGLIO DEL MIO DOVERE
• CON I MIEI COLLEGHI VADO D’ACCORDO QUASI SEMPRE. MI
PIACE AIUTARE IN MAGAZZINO
• MI PIACE IL RAPPIORTO DI FIDUCIA CHE HO INSTAURATO CON
I MIEI COLLEGHI
• A ME PIACE STARE CON I MIEI COLLEGHI DI LAVORO E MI
DIVERTO
• SUL RAPPORTO CON I MIEI COLLEGHI BISOGNA ESSERE
CORDIALI E RISPETTARE COMPORTARSI BENE
22
PARTE I
• MI PIACE ESSERE UN LAVORATORE IN CORSO E ESSERE A
TUTTI GLI EFFETTI UNA VERA LAVORATRICE IN CORSO
• MI PIACE QUANDO IL MIO CAPO SI CONFRONTA CON ME E MI
IMPONE IL SUO PUNTO DI VISTA
• MI PIACE IL MIO LAVORO E CHE STO NEI LIBRI VISTO CHE MI
PIACE TANTO LEGGERE
• DEL MIO LAVORO MI PIACE POTERMI CONFRONTARE CON
PERSONE DIVERSE
• MI PIACE LA MIA MANSIONE FARE PEZZI DEI PASSEGGINI
• IL MIO LAVORO MI PIACE STARE TUTTI CON I MIEI COLLEGHI,
ESSERE SERENA, LA PAGA
• MI PIACE I SOLDI
• IL CONFRONTO CON ALTRE PERSONE
• MI PIACE STARE IN CUCINA A PREPARARE I PIATTI E
CUCINARE LE RICETTE CHE VENGONO DETTE DAL MIO CAPO
DEL LAVORO NON MI PIACE
• NON MI PIACE QUANDO SUL LAVORO SI GRIDA
E CI SI SPINGE
• NON MI PIACE STARE SENZA FAR NIENTE A
LAVORO
• NON MI PIACE ESSERE PRESO IN GIRO E GIUDICATO DAGLI
ALTRI
• NON MI PIACE QUANDO LA GENTE MI CRITICA SIA NEL
LAVORO SIA NELLA VITA PRIVATA È UNA COSA CHE NON
TOLLERO
• QUELLO CHE NON MI PIACE È DI ESSERE PRESA IN GIRO DA
NESSUNO E NEANCHE DAI COLLEGHI
• NON MI PIACE QUANDO I COLLEGHI NON RISPETTANO I RUOLI
• AVERE UN CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO
• NON MI PIACE QUANDO CI SONO DEI COMPORTAMENTI POCO
CORDIALI CON I COLLEGHI DI LAVORO
• IL MIO LAVORO NON È CONTINUATIVO
• NON MI PIACE STARE SENZA LAVORO
• CHE I CLIENTI DISFANO I VESTITI DAI CESTONI E IO DEVO
FARLI TUTTI DA SOLA
23
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
• NEL MIO LAVORO NON MI PIACE CHE SI DICA MALE ALLE MIE
SPALLE E DEL LAVORO MIO PERCHÉ NON SI GIUDICA IL
LAVORO DEGLI ALTRI
• NON MI PIACE TIPO CHIACCHIERARE A LAVORO
• NON MI PIACE? LE PRESE IN GIRO TRA COLLEGHI DI LAVORO
E CON I SUPERIORI
• AVERE DELLE INSICUREZZE SUL LAVORO O NELLA GESTIONE
DELLE ATTIVITA’
• SUL LAVORO MI SENTO CONTROLLATO
• QUELLO CHE NON MI PIACE È DI STARE A CASA SENZA UN
LAVORO, QUELLO MI DA NOIA E NON FACCIO NIENTE
• NON PIACCIONO LE REGOLE SUL LAVORO
• NON MI È PIACIUTO DI AVERE SEMPRE DELLE
CONTESTAZIONI CON I MIEI COLLEGHI DI LAVORO
• NON MI PIACE UTILIZZARE LA CUCITRICE
• NON MI PIACE NON ANDARE A LAVORO
2.2
I rapporti e i
comportamenti
sul posto
di lavoro
24
AL LAVORO È IMPORTANTE
1. AVERE RISPETTO PER GLI ALTRI
2. NON PRENDERE IN GIRO, COMPORTARSI DA PERSONE ADULTE
3. SAPER ASCOLTARE E COLLABORARE, NON ESSERE
PRESUNTUOSI
4. DIRE LE COSE IN FACCIA
5. CREARE DEI RAPPORTI POSITIVI
6. ESSERE CORDIALI
7. RISPETTARE I TEMPI E GLI SPAZI DEGLI ALTRI
8. IMPEGNARSI SUL LAVORO
9. NON FARSI METTERE I PIEDI IN TESTA
10. PARLARE CON GLI ALTRI SENZA LITIGARE
11. SAPER ACCETTARE LE CRITICHE
12. RISPETTARE I RUOLI E I COMPORTAMENTI: IL CAPO E I
COLLEGHI SONO DIVERSI
13. RICORDARSI NON TUTTI I COLLEGHI SONO AMICI
14. SUL POSTO DI LAVORO CI SI PUO’ FIDANZARE MA… ATTENZIONE
A NON CONFONDERE IL LAVORO CON LA VITA PRIVATA
PARTE I
2.3
I miei progetti,
i miei desideri
25
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
26
PARTE I
27
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
28
PARTE II
Parte II
3. IL PROGETTO “IL LAVORO, I LAVORI”: DAI PREGIUDIZI AL DA FARSI
L’inserimento lavorativo di una persona con sD nel libero mercato è il risultato di un percorso complesso fatto d’interventi specifici con le famiglie, le
aziende e i potenziali lavoratori. Tale percorso non può essere improvvisato e
costruito senza un adeguato bagaglio di conoscenze ed esperienze e presuppone la presenza di figure professionali informate e formate, in possesso di
specifiche cognizioni, capacità educative e gestionali, così come di Servizi di
Inserimento Lavorativo (SIL) in grado di fare rete sul territorio e coordinare
le varie azioni (si veda il Cap. 4).
L’attuale situazione di crisi del mercato del lavoro, rendendo sempre più difficili gli inserimenti in termini di disponibilità da parte delle aziende, spinge
dall’altro canto a guardare oltre e a pensare a scenari alternativi. La creazione di attività di tipo commerciale, agricolo o servizi, può, ad esempio, offrire
una possibilità concreta a tutte quelle persone con disabilità intellettiva che
non riescono a inserirsi nel mercato ordinario del lavoro per difficoltà oggettive; per qualcun altro può invece rappresentare uno “spazio di passaggio”,
per formarsi e fare esperienza in vista di un inserimento nel mercato aperto.
In ogni caso, l’apertura di un’impresa sociale è una strada da valutare se si
vogliono creare nuove opportunità in termini di posti di lavoro (si veda l’Appendice).
Sono queste le principali riflessioni che hanno portato all’elaborazione del
progetto “Il lavoro, i lavori”, un’iniziativa centrata sulla formazione e sulla
“messa in comune”, avente come obiettivo il miglioramento della qualità
delle esperienze già attive presso le sedi AIPD e l’avvio di nuove.
Aspetto centrale dell’iniziativa è stato costituito dalla realizzazione di alcuni
“Cantieri” di formazione, con l’idea di favorire l’avvio di nuovi progetti
d’inserimento a partire dalla conoscenza di buone prassi realizzate, mettendo
in contatto i protagonisti e predisponendo il sostegno di esperti per lo start up
d’Impresa.
29
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
Per rilevare le conoscenze e le credenze dei partecipanti, impostare i programmi dei vari eventi e scegliere i contenuti da trasferire, lo staff nazionale
ha elaborato in avvio di progetto un questionario d’ingresso, che è stato
compilato da alcuni partecipanti1.
I contenuti emersi attraverso i dati presentati nelle prossime pagine, seppur
poco indicativi dal punto di vista numerico (poiché relativi solo a 17 persone), sono però interessanti e meritevoli di riflessione in quanto “temi comuni
ricorrenti” che generano dubbio e confusione (alcune delle tematiche trattate
attraverso il questionario sono, infatti, “tornate” durante i Cantieri e in piattaforma). Analizzare tali temi, aldilà del progetto in cui sono stati espressi,
rappresenta un buon punto di partenza per una riflessione sull’inserimento
lavorativo delle persone con disabilità. Si potrà osservare come anche persone coinvolte in processi di inserimento lavorativo portino con loro mal conoscenze, pregiudizi e stereotipi che possono ostacolare tali processi.
1 8 coordinatori e 3 operatori dei SIL, 2 coordinatori e 3 operatori dei Corsi di autonomia e 1
Presidente, provenienti da 15 diverse sezioni AIPD.
30
PARTE II
QUESTIONARIO D’INGRESSO
(segna una sola risposta, salvo diversa indicazione)
1) L’inserimento lavorativo di una persona con sindrome di Down è possibile:
a) per tutti
b) per tutti con un’adeguata formazione
c) solo per alcuni
2) Per una persona con sD l’inserimento lavorativo è importante soprattutto perché:
a) è una fonte di reddito
b) è un’occupazione del proprio tempo
c) è un elemento di identità
3) Scegli tra questi elementi i 3 che ti sembrano indispensabili per un inserimento lavorativo di successo:
a) volontariato
b) scuola media inferiore
c) tirocinio formativo
d) corso di formazione professionale
e) scuola media superiore
f) esperienza lavorativa non retribuita
g) contratto a tempo determinato
h) tirocinio finalizzato all’assunzione
i) laboratorio protetto
l) centro educativo occupazionale diurno
m) esperienza di lavoro in cooperativa
4) Un lavoratore con sD è:
a) un lavoratore con ridotta capacità produttiva
b) una persona sottratta al circuito assistenziale
c) una persona felice e serena al di là della produttività
d) una persona che se collocata bene esprime la stessa produttività degli altri
5) Una persona con sD può:
a) fare qualsiasi lavoro esecutivo
b) solo lavori ripetitivi
c) lavori non pericolosi e lontani dalle macchine
d) qualsiasi lavoro ben organizzato compatibile con le proprie competenze
6) Le aziende assumono un lavoratore con sD se:
a) hanno più di 15 dipendenti
b) hanno più di 35 dipendenti
c) addetti nella ristorazione
d) ricevono incentivi per l’assunzione
e) vogliono partecipare ad appalti pubblici
f) se sono disponibili
7) Tutti i lavoratori con sD possono essere assunti se:
a) hanno una percentuale di invalidità tra il 75% e 99%
b) se sono iscritti nelle liste speciali per il collocamento
c) se hanno completato l’obbligo scolastico
8) La Convenzione di integrazione lavorativa è:
a) una forma speciale di contratto di lavoro
b) un accordo tra azienda, centro per l’impiego e lavoratore
c) un accordo tra sindacati e azienda
9) Un lavoratore con sD regolarmente assunto:
a) percepisce un salario proporzionale alla sua produttività
b) percepisce lo stesso salario dei colleghi con uguale qualifica
c) percepisce un salario che viene in parte pagato dagli enti locali
d) percepisce il salario ma perde ogni forma di previdenza economica per gli invalidi
10) Al momento della costituzione di una cooperativa sociale di tipo B quali dei seguenti parametri devi considerare (segnane 3):
a) gli interessi delle persone con sindrome di Down che intendi coinvolgere
b) la presenza di lavoratori disabili e non
c) la disponibilità dei familiari ad impegnarsi direttamente nell’attività
d) la domanda del mercato
e) la disponibilità di appalti
f) le capacità delle persone con sindrome di Down che intendi coinvolgere
g) la disponibilità di finanziamenti pubblici per la cooperazione
h) la disponibilità di materiali e macchinari
i) la presenza di persone esperte nel settore di mercato scelto
Risposte corrette: 1 c; 2 c; 3 b,c,h; 4 a; 5 d; 6 a; 7 b; 8 b; 9 b; 10 d,f,g.
31
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
TUTTE LE PERSONE CON SD POSSONO LAVORARE?
L’inserimento lavorativo di una persona
con sD è possibile:
N°
%
Per tutti
0
0
Per tutti con un’adeguata formazione
8
47
Solo per alcuni
9
53
Se con inserimento lavorativo si intende“ il raggiungimento, attraverso operazioni di supporto e mediazione, di un ruolo lavorativo reale in un contesto
produttivo di mercato“ 2, pensare che tutte le persone con sD adeguatamente
formate possano lavorare è una visione poco realistica, che rischia di creare
false aspettative e avviare percorsi destinati a fallire in quanto non adeguati
alle persone e ai loro bisogni. Prima di avviare qualsiasi tipo di riflessione in
tal senso è importante però avere chiara una distinzione tra questo tipo d’inserimenti e forme alternative, come ad esempio le esperienze occupazionali
(laboratori protetti, centri di occupazione con finalità educative, ecc.), che
hanno come obiettivo il benessere generale della persona e la sua realizzazione, attraverso la permanenza stabile in un contesto lavorativo.
Se si pensa all’inserimento nella prima accezione, sicuramente la formazione
e, soprattutto lo sviluppo di capacità di autonomia personale e sociale fin dai
primi anni, ha un peso molto forte in termini di risultati (intesi come possibilità concreta d’inserimento). Tuttavia è importante tenere sempre “tenere i
piedi per terra” e considerare l’eterogeneità e la diversità dell’universo delle
persone con sD, all’interno del quale sono anche presenti giovani che per
difficoltà cognitive non riescono ad inserirsi con successo, ma possono invece esprimersi positivamente in contesti di lavoro protetto (ad esempio le
Cooperative Sociali di tipo B). Altri ancora, proprio per la complessità della
2 Si veda Lepri C., Montobbio E., Papone G. (1999), in Bibliografia.
32
PARTE II
loro condizione di disabilità, avranno invece bisogno di risposte assistenziali,
più adeguate ai loro bisogni.
Per molte persone con sD, dunque, un adeguato training formativo non è sufficiente per inserirsi nel mondo del lavoro.
Bisogna inoltre ricordare che imparare un lavoro è diverso da imparare a lavorare, che vuol dire riconoscersi e sentirsi adulti, comportarsi come tali e saper vivere all’interno di un ambiente fatto di ruoli, regole e doveri. Imparare
a lavorare significa anche sapere accettare cambiamenti nelle abitudini, fare
delle rinunce, seguire ritmi a volte incalzanti, gestire il rapporto con altre persone, che sono colleghi o superiori. Anche questi aspetti, al di là delle capacità e della formazione individuali, possono non essere sostenibili per alcuni.
In questo senso l’educazione in famiglia (prima) e il sostegno all’interno dell’associazione (poi), sono fondamentali: se un giovane di 20 anni è stato (ed
è) trattato come un bambino ed iperprotetto, sarà molto difficile per lui, anche con il miglior percorso di formazione, percepirsi un adulto lavoratore e
sapersi integrare in un contesto nuovo così complesso.
LAVORO E IDENTITÀ
Per una persona con sD l’inserimento lavorativo
è importante soprattutto perché:
N°
%
È una fonte di reddito
0
0
È un’occupazione del proprio tempo
0
0
È un elemento di identità
17
100
Altro tema centrale, su cui tutti concordano, è quello dell’importanza del lavoro per una persona con sD: al di là degli aspetti economici e occupazionali, sicuramente importanti ma secondari, essere un lavoratore vuol dire sentirsi ed essere riconosciuto adulto e capace, avere delle responsabilità che
passano attraverso un ruolo, contribuire all’interno della società, dover fare
delle scelte, doversela cavare da solo.
Lavoro e ruolo lavorativo sono senza dubbio elementi fondamentali nella costruzione dell’identità adulta; allo stesso tempo una buona strutturazione dell’identità è elemento essenziale a sostegno del ruolo lavorativo. Identità e
ruolo lavorativo sono due fattori di un complesso fenomeno circolare che si
attivano, rafforzano e completano a vicenda3.
3 Si veda Montobbio (2003), in Bibliografia.
33
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
In tal senso l’inserimento lavorativo è un momento fondamentale del progetto di vita di una persona e le testimonianze e le riflessioni contenute nella
prima parte di questa pubblicazione ne sono la dimostrazione più evidente.
Il lavoro è elemento determinante in termini di autorealizzazione e costruzione di uno status, di una identità lavorativa che costruisce e fa crescere la persona, rendendola parte di un meccanismo, integrandola nella società, con notevoli ripercussioni sulla sua autostima e il suo benessere.
Questi aspetti dovrebbero far riflettere chi si occupa d’inserimento lavorativo e deve gestire i primi incontri con le famiglie, in particolar modo con
quelle più preoccupate o incerte, che vedono l’esperienza lavorativa in
un’ottica riabilitativa/occupazionale, hanno difficoltà a percepire il proprio
figlio come un adulto o hanno paura di perdere provvidenze o diritti pensionistici. Oltre ad una buona informazione in tal senso (si vedano le schede
alla fine del capitolo), è infatti importante ragionare con le famiglie sul significato del lavoro e sugli effetti positivi che potrebbe avere per il proprio
figlio in termini di crescita personale, benessere e miglioramento dell’autostima, aspetti che passano anche attraverso l’immagine che proviene dall’incontro con l’altro.
34
PARTE II
Scegli tra questi elementi i 3 che ti sembrano indispensabili
per un inserimento lavorativo di successo:
N° (risposte)
Volontariato
0
Scuola media inferiore
0
Tirocinio formativo
13
Corso di formazione professionale
6
Scuola media superiore
5
Esperienza lavorativa non retribuita
2
Contratto a tempo determinato
3
Tirocinio finalizzato all’assunzione
16
Laboratorio protetto
1
Centro educativo occupazionale diurno
4
Esperienza di lavoro in cooperativa
1
35
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
Adultità e inserimento lavorativo di una persona con sD non possono essere
improvvisati al raggiungimento di una data età, ma vanno costruiti giorno
dopo giorno attraverso un percorso educativo, affettivo e relazionale che deve necessariamente iniziare nella prima infanzia.
Per costruire un progetto di vita è necessario, infatti, comporre un puzzle fatto di esperienze, che saranno ancor più utili e significative se coinvolgeranno
tutti gli “attori” (famiglia, scuola, servizi, ecc)nella condivisione di obiettivi
e modalità.
L’inserimento lavorativo di una persona si colloca all’interno di tale progetto
e presuppone, come già visto, la capacità di imparare a lavorare e poi di saper fare uno specifico lavoro, aspetti molto diversi che rimandano al saper
essere e saper fare della persona e che necessitano esperienze formative, affettive ed educative specifiche.
Per questo sono determinanti, al termine del ciclo scolastico4, tutte quelle
occasioni che permettono alla persona di crescere in capacità e avvicinarsi al
mondo del lavoro, come ad esempio i tirocini formativi (esperienze di for-
4 Dal 1° settembre 2007 l’obbligo di istruzione è elevato a 10 anni: questo vuol dire che terminata la scuola secondaria di 1° grado (ex scuola media), scatta l’obbligo di istruzione fino a
16 anni (biennio di istruzione secondaria superiore). Al termine del biennio è possibile proseguire il percorso scolastico o orientarsi per la formazione professionale attraverso, ad esempio, l’iscrizione a CFP (Centri di Formazione Professionale).
36
PARTE II
mazione lavorativa limitate nel tempo, almeno 6-9 mesi, non finalizzate all’assunzione ma alla formazione della persona) e stage di formazione intensiva5 presso aziende disponibili (esperienze di breve durata, ad esempio da 1
settimana a 1 mese).
L’obiettivo di queste esperienze è far acquisire al futuro lavoratore competenze professionali e relazionali attraverso la conoscenza diretta del mondo
del lavoro, oltre che conoscersi meglio, arricchire il proprio curriculum e
orientare le proprie scelte professionali. Per il Servizio che segue il tirocinante (si veda Cap. 4), può trattarsi inoltre di occasioni importanti in cui conoscere meglio la persona e orientarne i passi successivi (valutazione e selezione del candidato).
Tutte le esperienze di tirocinio/stage formativo, rappresentano dunque un efficace strumento per inserire la persona con sD in un nuovo contesto lavorativo e arricchire il suo curriculum.
In ogni caso, anche qualora si prefiguri la disponibilità immediata di un inserimento in un’azienda, è fondamentale effettuare un’esperienza di formazione e conoscenza del nuovo posto di lavoro, tramite tirocinio finalizzato all’assunzione ai sensi della ’68/99 (esperienza formativa che prevede al suo
termine, se gli obiettivi sono stati raggiunti, l’assunzione del lavoratore).
QUALE LAVORO PER UNA PERSONA CON SD?
Una persona con sD può:
N°
%
Fare qualsiasi lavoro esecutivo
0
0
Solo lavori ripetitivi
0
0
Lavori non pericolosi e lontani dalle macchine
0
0
100
100
Qualsiasi lavoro ben organizzato compatibile con le
proprie competenze
Le risposte degli operatori coinvolti nel questionario non lasciano dubbi: il
100% afferma che una persona con sD può fare qualsiasi lavoro ben organizzato compatibile con le proprie competenze. Non esiste, infatti, una tipologia di lavoro più adatta a una persona con sD, così com’è uno stereotipo
5 Le esperienze realizzate da AIPD grazie alla collaborazione con la Presidenza della Repubblica e la realizzazione dei progetti europei “Finally alone”, “Workers in progress”, “Metteteci
alla prova”, “Lavorando per lavorare” (programma LLP - Leonardo Mobility, in collab. con
hotel INOUT di Barcellona, Associazione Icaria Iniciatives Socials), hanno dimostrato l’efficacia di percorsi di formazione breve nella costruzione del profilo professionale della persona.
37
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
che lavori esecutivi e ripetitivi siano i più adatti alle loro capacità (peraltro
molto diverse).
Chi lavora nel settore dell’inserimento lavorativo ed è in contatto con aziende e responsabili risorse umane sa bene quanto questo costituisca un pregiudizio e che a volte, nel concreto, si trasformi in un possibile motivo di fallimento. I lavori ripetitivi, in particolar modo, rischiano di demotivare la persona e determinare nel tempo cali nella produttività.
L’obiettivo con una persona con disabilità intellettiva, inoltre, a prescindere
dal contesto lavorativo o meno, dovrebbe essere quello di favorire la flessibilità e l’acquisizione di comportamenti strategici, attraverso compiti semplici
ma ben organizzati, compatibili con le capacità della persona.
Le esperienze finora realizzate con successo hanno evidenziato l’importanza
di elementi che nulla hanno a che vedere con la tipologia di lavoro, quanto
piuttosto con:
- l’organizzazione: presenza di mansioni semplici ma chiare e ben organizzate, turni di lavoro e pause il più possibile fissi, tempo di lavoro part time;
- la chiarezza: ruoli e sistema gerarchico chiari (importanza dell’uniforme);
- la veridicità: considerazione della persona con sD come un lavoratore come gli altri.
38
PARTE II
LA PRODUTTIVITÀ: È POSSIBILE?
Una persona con sD può:
N°
%
Un lavoratore con ridotta capacità produttiva
0
0
Una persona sottratta al circuito assistenziale
4
23
Una persona felice e serena al di là della produttività
2
12
Una persona che se collocata bene esprime la stessa
produttività degli altri
11
65
Se è vero che la produttività è il risultato di un buon collocamento mirato,
ossia dell’incontro tra le capacità e peculiarità della persona e le necessità e
caratteristiche dell’azienda, è pur vero che i limiti legati alla disabilità intellettiva delle persone con sD non possono essere ignorati.
Dire che una persona con sD/disabilità intellettiva è “un lavoratore con ridotta capacità produttiva” non significa avere sfiducia nelle sue capacità e
potenzialità: vuol dire essere consapevoli e obiettivi rispetto a un limite, che
è quello indotto dal ritardo mentale presente (anche se in alcun i casi in forma lieve) in tutte le persone con la sD.
In alcuni casi è sicuramente vero che è possibile arrivare ad una produttività
molto simile/uguale a quella di un lavoratore “non disabile”, ma si tratta di casi isolati, frutto dell’incontro tra persone con sD con ottime capacità cognitive
e strategiche e alcune caratteristiche del posto di lavoro in cui si trovano. È
pertanto importante essere consapevoli tanto delle abilità e delle potenzialità
del singolo e delle persone con sD in generale, quanto delle possibili difficoltà
39
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
e limitazioni che potrebbero scaturire all’interno di un contesto lavorativo, in
modo da valutare ogni situazione con obiettività e pienaconsapevolezza.
Il dato emerso attraverso il questionario (per il 65% degli operatori partecipanti una persona con SD, se ben inserita, può avere la stessa produttività
degli altri), un po’ troppo ottimistico e poco realistico, rischia nella pratica di
trasformarsi in un insuccesso per il SIL, in una frustrazione per il lavoratore
e in malcontento per l’azienda.
Il vero obiettivo da raggiungere per chi lavora nel settore dell’inserimento lavorativo, più perseguibile e sostenibile a lungo termine, non è pertanto una
produttività del 100%, quanto raggiungere la massima produttività possibile
per quella determinata persona in quel determinato contesto, tenendo in considerazione gli elementi ad essa correlati che potrebbero inficiarla (ad esempio l’affaticamento potrebbe portare ad una riduzione della produttività: meglio allora un part time, per ottimizzare le risorse).
COSA DICE LA LEGGE
Tutti i lavoratori con sD possono essere assunti se:
N° (16 risposte)
%
Hanno una percentuale di invalidità tra il 75% e 99%
0
0
Se sono iscritti nelle liste speciali per il collocamento
15
88
Se hanno completato l’obbligo scolastico
1
6
L’iscrizione all’apposito elenco dei lavoratori disabili disoccupati, istituito
presso i Servizi per L’Impiego della Provincia, costituisce il prerequisito essenziale per accedere ai benefici della Legge 68/99, ma anche il primo passo
per la costruzione del profilo professionale del futuro lavoratore e per stimolare in lui la consapevolezza e l’acquisizione del ruolo.
40
PARTE II
I requisiti richiesti per iscrizione sono6:
- aver compiuto 16 anni ed aver assolto l’obbligo di istruzione
- avere una invalidità civile superiore al 45%, certificata dalla commissione
medica ex art. 1 Legge 295/90 (c/o ASL)
- essere in possesso di capacità lavorative, accertate dalle Commissioni
Mediche ASL di cui all’Art. 4 della Legge 104/92 (questo requisito non
sempre è richiesto)
- essere domiciliati nello stesso ambito territoriale in cui si trova il Centro
per L’Impiego competente
E IL SALARIO?
Un lavoratore assunto regolarmente ai sensi della Legge 68/99 percepisce lo
stesso salario dei colleghi con uguale qualifica presso quell’azienda (viene
applicato il trattamento economico e normativo previsto nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per quella categoria).
Il salario di una persona con sD è pertanto uguale a quello di qualsiasi altro
lavoratore e non dipende dal suo livello di produttività (cosa che invece avviene, ad esempio, in altri paesi europei).
Per quanto riguarda la perdita delle provvidenze economiche, motivo di
paure e ripensamenti da parte dei familiari, il lavoratore le conserva purché
nel rispetto dei limiti di reddito prefissati (si veda nelle prossime pagine) e
6 Per maggiori informazioni consultare Buzzelli A. e Contardi A. (2008), in Bibliografia
41
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
fatta eccezione per l’indennità di accompagnamento, sempre compatibile
con lo svolgimento di attività lavorativa (poiché non subordinata a limiti di
reddito).
Gli aspetti trattati attraverso il questionario hanno evidenziato l’importanza,
per le figure coinvolte in un SIL, di un approccio al tema obiettivo e pragmatico e di determinate conoscenze, capacità e atteggiamenti, funzionali al
buon esito di un percorso.
In particolar modo si sono evidenziati, anche durante i Cantieri, dubbi sulla
normativa e confusione in merito ai classici temi di discussione con le famiglie, riassunti nelle domande di seguito presentate7.
7 Per maggiori informazioni: Quaderno 16 (2008), in Bibliografia; Sito AIPD www.aipd.it
(Sportello informativo – Diritti e agevolazioni - Schede).
42
PARTE II
UNA PERSONA TITOLARE D’INDENNITÀ DI
ACCOMPAGNAMENTO PUÒ LAVORARE?
CHI LAVORA PERDE IL DIRITTO ALLE
PROVVIDENZE ECONOMICHE?
“L’indennità di accompagnamento non è incompatibile con lo svolgimento di attività lavorativa” (art. 3,
L. 508/88).
Le persone titolari d’indennità di accompagnamento
hanno diritto:
- Alla valutazione delle capacità lavorative;
- Ad accedere al lavoro e/o percorsi di inserimento
mirato, qualora tale valutazione risulti positiva
(L. 68/99, DPCM 13/01/2000).
Un lavoratore conserva il diritto all’assegno mensile (per maggiorenni con invalidità tra il 74% e il
99%) se il suo reddito personale annuo non supera
€4.596,02 (per il 2012).
Un lavoratore conserva il diritto alla pensione di
inabilità (per maggiorenni con invalidità del 100%)
se il suo reddito personale annuo non supera
€ 15.627,22 (per il 2012).
In ogni caso il lavoratore conserva il diritto all’indennità di accompagnamento, non essendo questa
subordinata a limiti di reddito.
IL DIRITTO ALLA PENSIONE DI REVERSIBILITÀ È COMPATIBILE CON LO SVOLGIMENTO DI
ATTIVITÀ LAVORATIVA?
Una premessa:
Il diritto per tutti i figli sussiste sempre fino al compimento della maggiore età; fino ai 21 anni per studenti di scuola superiore, fino a 26 per studenti universitari
I figli con disabilità mantengono il diritto anche dopo, se riconosciuti inabili al lavoro e se a carico del genitore al momento della scomparsa
E poi:
- La condizione di inabilità al lavoro viene riconosciuta dall’ente erogatore della pensione
- Vivenza a carico: il limite di reddito stabilito è pari a quello indicato per la pensione di invalidità civile
(€ 15.627,222); se la persona è anche titolare di indennità di accompagnamento, il limite sale a €21.542,86
Compatibilità con lo svolgimento di attività lavorativa - art. 46 decreto legge 31/12/ 2007, n. 248 convertito
in L. 28/2/ 2008, n. 31 - :
- Se il beneficiario con disabilità è a carico del genitore al momento del decesso, non avendo un reddito personale superiore a quelli previsti
- Se l’attività è svolta fino ad un massimo di 25 ore settimanali
- Se l’attività è svolta presso una cooperativa sociale o datori di lavoro che hanno assunto tramite convenzioni
di integrazione lavorativa (art. 11 della 68/99) con contratti di formazione e lavoro o apprendistato, o con le
agevolazioni previste per le assunzioni di disoccupazione di lunga durata (art. 46 della 248/07)
- Se ne è riconosciuta la finalità terapeutica del lavoro svolto, da parte dell’ente erogatore
- Se il beneficiario viene valutato inabile al lavoro (dalle commissioni mediche dell’INPS per i privati e dell’ASL o dalle commissioni mediche di verifica o dagli ospedali militari per i dipendenti pubblici)
43
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
UN LAVORATORE CON DISABILITÀ PUÒ OTTENERE LA PENSIONE CON UN NUMERO DI ANNI
INFERIORE AGLI ALTRI LAVORATORI?
- Prepensionamento dei lavoratori invalidi e sordomuti (art. 80, c.3, L. 388/2000. Finanziaria per il 2001):
possono richiedere per ogni anno di lavoro svolto il beneficio di 2 mesi di contribuzione figurativa; il beneficio è riconosciuto fino al massimo di 5 anni di c.f. utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell’anzianità
contributiva.
- Possibilità di fare domanda al proprio ente previdenziale di riferimento per la pensione di inabilità (che verrà
fruita al momento dell’età pensionabile).
SONO PREVISTE DELLE AGEVOLAZIONI
SUL POSTO DI LAVORO PER I LAVORATORI
CON DISABILITÀ?
- Riposi giornalieri retribuiti di due ore e/o tre
giorni mensili
(comma 3, art. 3, L. 104/92)
- Scelta prioritaria tra le sedi disponibili
(art. 21, L. 104/92)
- Non è richiesta la certificazione di sana e robusta costituzione fisica
(art. 22, L. 104/92)
UNA PERSONA INTERDETTA PUÒ LAVORARE?
L’interdizione (Codice Civile, Tit. XII, art. 414 e seguenti) definisce una persona incapace di provvedere ai propri interessi.
La persona è legalmente rappresentata da un tutore.
Dal punto di vista normativo non esiste una limitazione all’assunzione di una persona interdetta, ma è
molto difficile che un datore accetti la firma di un tutore su un contratto di lavoro.
L’interdizione può essere rivista facendo domanda al Giudice.
44
IL GENITORE DI UN LAVORATORE CON
DISABILITÀ RICONOSCIUTO IN SITUAZIONE DI GRAVITÀ MANTIENE LE AGEVOLAZIONI SUL POSTO DI LAVORO PREVISTE
PER I GENITORI?
- Permesso mensile (art. 33, comma 3, legge
104/92, così come sostituito dall'art. 24, comma 1,
lett. a, legge 183/2010)
La legge prevede tre giorni di permesso mensile
interamente retribuiti e coperti da contribuzione figurativa.
I giorni possono essere fruiti alternativamente dai
genitori, anche all’interno dello stesso mese (per
esempio, due giorni la madre e un giorno il padre),
non sono cumulabli con quelli dei mesi successivi
né sono assoggettabili alla disciplina del recupero.
- Congedo retribuito di due anni (art. 42, comma
5, decreto legislativo 151/2001, come sostituito da
art. 4, comma 1, lett. b, d.lgs 119/2011 - che ha introdotto anche il 5bis, 5ter, 5quater e 5quinquies)
In assenza del coniuge della persona da assistere, i
genitori, alternativamente, hanno la possibilità di
fruire di un periodo di 2 anni di congedo, retribuito interamente se il proprio reddito non supera
l'importo di € 43.579,06, rivalutabile annualmente a decorrere dal 2011 sulla base della variazione
dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati.
Il congedo può essere fruito anche frazionatamente e in qualsiasi momento della vita lavorativa del
genitore richiedente).
PARTE II
4. L’INSERIMENTO LAVORATIVO: AZIONI E ATTORI
Per costruire un percorso finalizzato all’integrazione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva è necessario pensare a metodologie d’intervento e strumenti strategici che favoriscano l’incontro tra due realtà di per sé
lontane e complesse: quella del mondo della disabilità e quella del mercato
del lavoro.
L’esperienza dell’Osservatorio sul Mondo del Lavoro di AIPD Nazionale,
scaturita anche dall’analisi dei bisogni e dalle esperienze dei territori locali, ha portato negli ultimi anni alla definizione di un protocollo degli interventi necessari per la realizzazione di un percorso d’inserimento lavorativo
efficace di una persona con sD. Al suo interno sono riassunte “buone prassi” e azioni funzionali al perseguimento di un buon progetto, azioni che
hanno sempre al centro l’individualità e i bisogni dei diversi protagonisti
(famiglie, persone con sD, aziende, operatori), nei diversi momenti dell’esperienza.
Realizzare un progetto d’inserimento lavorativo significa elaborare un percorso lineare ma flessibile fatto di persone, momenti e azioni diverse; tale intervento necessita la presenza di un SIL con funzione di regista dell’intero
processo, a supporto e coordinamento del tutto.
Il Servizio, con competenze di tipo socio-psico-pedagogico, deve prevedere
funzioni d’interlocuzione con istituzioni e aziende, orientamento al lavoro
per le persone con sD, informazione e consulenza alle famiglie e supporto all’inserimento lavorativo in tutte le fasi.
I professionisti coinvolti, a loro volta, devono agire in rete con le figure di
altri servizi socio-sanitari e delle varie agenzie educative.
All’interno del SIL è inoltre importante prevedere ruoli e compiti diversi e
ben definiti, che, coinvolgendo differenti figure, vadano di volta in volta a
intervenire tanto sul mandato (contesto politico istituzionale) quanto sul progetto di inserimento (livello tecnico)1.
MANDATO (LIVELLO POLITICO)
CHI
CHE COSA
Assessore
al lavoro della
Provincia
Presidente
sezione AIPD
Politica degli enti locali verso le fasce deboli, atteggiamento degli uffici periferici
dello Stato, cultura del lavoro di quell’area socio-economica, atteggiamento delle
famiglie, cultura dei Servizi
Stipula di accordi territoriali
COME
A CHI È RIVOLTO
Raccogliere i bisogni sociali e dare man- AZIENDE
dato ai tecnici perché possano formulare
nuovi e adeguati progetti
PERSONE CON SD
Validare (o non validare) i progetti va- SERVIZI
gliando i risultati
1 V. anche Lepri C., Montobbio E. (1993), in Bibliografia.
45
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
PROGETTO (LIVELLO TECNICO)
CHI
CHE COSA
COME
A CHI È RIVOLTO
Responsabile
del Servizio
Informazione/sensibilizzazione su chi
sono e cosa possono fare le persone con
sD, racconto/diffusione di esperienze
positive realizzate, creazione di una rete
di contatti utili
Responsabile
del Servizio
Informazione sui diritti e sulle agevola- Incontri di grande e piccolo gruppo e/o FAMIGLIE
zioni previste dalla legge
colloqui individuali
Responsabile
del Servizio
Accompagnamento nel percorso di inse- Incontri di grande e piccolo gruppo e/o FAMIGLIE
rimento al fine di promuovere e ricono- colloqui individuali
scere la condizione adulta dei propri figli
Responsabile
del Servizio +
Tutor
Raccolta informazioni utili SUL CASO
Colloqui individuali
Responsabile
del Servizio +
Tutor
Condivisione/monitoraggio del percorso
Incontri di grande e piccolo gruppo e/o FAMIGLIE
colloqui individuali
Responsabile
del Servizio +
Tutor
Valutazione e selezione: scrittura profili - Schede per il percorso di orientamento
personali e curricula
- scheda di valutazione pre-lavorativa
- curriculum vitae
PERSONA CON SD
Responsabile
del Servizio
Percorso di orientamento e pre-formazione Incontri di gruppo
lavorativa
PERSONA CON SD
Responsabile
del Servizio
-
Responsabile
del Servizio
- Incontro di selezione
- Incontri individuali
PERSONA CON SD
- Accompagnamento nella definizione - collegamento con il centro per l’im- AZIENDE
del rapporto di lavoro (espletamento
piego
formalità burocratiche e definizione
delle modalità di inserimento)
Tutor
Supportare il lavoratore nella compren- - Presenza sul posto di lavoro del tutor
PERSONE CON SD
sione delle regole del luogo di lavoro e - Incontri individuali e di gruppo tra il
nell’apprendimento delle mansioni
lavoratore e il tutor al di fuori del posto di lavoro
Tutor
Aiutare l’azienda e i colleghi nell’indivi- - Presenza sul posto di lavoro del tutor
AZIENDA
duazione delle mansioni e nell’acquisi- - Incontri individuali e di gruppo tra il COLLEGHI
zione delle modalità di formazione e di
lavoratore e il tutor al di fuori del po- PERSONE CON SD
relazione più adeguate
sto di lavoro
Sostenere il lavoratore nelle sue relazioni
Responsabile
del Servizio
Monitoraggio dell’esperienza lavorativa
Colloqui diretti e/o telefonici
AZIENDA
COLLEGHI PERSONA
CON SD
FAMIGLIA
Tutor
Monitoraggio dell’esperienza lavorativa
Osservazioni sul posto di lavoro
AZIENDA
LAVORATORE
46
Selezione candidato
Individuazione aziende disponibili
Mappatura aziende
Segnalazione da parte di AIPD di un
possibile candidato
- Invio materiale informativo
AZIENDE
- organizzazione di incontri con i responsabili delle risorse umane
- presenze in convegni e sui mass-media
- contatti con organizzazioni di datori di
lavoro
FAMIGLIE
- Collegamento network mondo del lavoro PERSONA CON SD
- database aziende
AZIENDE
- archivio lavoratori e curriculm vitae
PARTE II
Un percorso d’inserimento lavorativo è pertanto come un puzzle fatto di tanti
tasselli, la cui riuscita dipende da un lavoro sinergico e costante che non può
escludere alcun passaggio. La divisione di ruoli/compiti all’interno del Servizio (chi fa cosa, come e quando lo fa), il coinvolgimento di tutti i protagonisti (aziende, famiglie, persone con sD, operatori) e la corretta definizione
del progetto in termini di obiettivi, modalità e strumenti rappresentano l’asse
portante dell’intero processo.
Nelle prossime pagine sono presentati sinteticamente i diversi punti del protocollo realizzato da AIPD, divisi per destinatario dell’intervento; vengono
inoltre esposte schede e strumenti utili per il lavoro degli operatori durante il
percorso2.
Azioni e attori di un percorso di inserimento lavorativo
2 Per una visione più esaustiva di tutto il percorso di inserimento lavorativo e degli strumenti
citati, si rimanda a Buzzelli A., Berarducci M., Leonori C., (2009), in Bibliografia.
47
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
LE AZIENDE
Se l’obiettivo è l’integrazione nel mercato ordinario del lavoro, azioni costanti finalizzate al contatto, alla sensibilizzazione e al supporto al mondo
aziendale sono fondamentali, così come lo sono la creazione di una rete di
contatti utili sul proprio territorio.
Stereotipi, pregiudizi e poca informazione sono aspetti che a tutt’oggi ostacolano l’inserimento lavorativo di una persona con sD, spesso visto come un’opportunità “occupazionale” e/o terapeutica o come un peso per l’impresa e non
come un contributo alla produttività aziendale. Il lavoro di un SIL dovrebbe
pertanto prevedere innanzitutto informazione e sensibilizzazione per farsi conoscere, far conoscere il mondo delle persone con sD e le loro potenzialità.
Questo tipo di lavoro, oltre che finalizzato ad un miglioramento dell’immagine delle persone con sD nell’opinione pubblica, è inoltre funzionale all’individuazione di contatti e aziende disponibili ad avviare un percorso di inserimento.
Nelle fasi successive all’avvio di un progetto di inserimento, un altro obiettivo centrale è invece rappresentato dalla costruzione di un rapporto basato
sulla collaborazione e la comunione d’intenti con la/le azienda/e individuate
come disponibile/i, attraverso il sostegno durante tutte le fasi d’inserimento
(tanto nella fase di avvio dell’esperienza, quando durante e dopo l’eventuale
assunzione).
Azioni utili per il lavoro con le aziende3
- informazione/sensibilizzazione su chi sono e cosa possono fare le persone
con sD;
- racconto/diffusione esperienze positive già realizzate;
- informazioni sulla normativa e sulle agevolazioni previste dalla 68/99;
- creazione di una rete di contatti utili e di una banca dati delle aziende sul
territorio;
- contatti diretti con le aziende;
- individuazione di aziende disponibili;
- mappatura delle aziende e analisi del posto di lavoro (esplorazione approfondita per analizzarne i contesti, individuare le possibili mansioni e
postazioni, ecc.).
E poi (se viene avviato un percorso di inserimento lavorativo – si veda nelle
pagine successive):
- incontri di selezione presso le aziende disponibili;
- accompagnamento nella fase di definizione del rapporto di lavoro;
- tutoraggio e monitoraggio delle esperienze.
3 Le azioni elencate (fatta eccezione per quelle conseguenti l’avvio di un percorso di inserimento lavorativo nell’azienda, che segue anche il tutor assegnato al lavoratore con disabilità),
vengono generalmente effettuate dal responsabile del SIL.
48
PARTE II
Modalità di lavoro
Per la sensibilizzazione e la ricerca di aziende disponibili suggeriamo alcune attività:
- invio materiale informativo (sul SIL, sulla normativa, sulle persone con
sD, ecc.);
- organizzazione di incontri con i responsabili delle risorse umane;
- presenze a convegni e sui mass-media;
- contatti con organizzazioni di datori di lavoro;
- collaborazioni con Centri per l’Impiego;
- ricerca su giornali e riviste specializzate, internet, ecc.;
- passaparola/contatti personali.
All’avvio del percorso
- colloqui con il datore di lavoro e il tutor aziendale;
- riunioni con i colleghi.
Alcuni esempi di strumenti per far conoscere il SIL, sensibilizzare e supportare le aziende:
- Lettera primo contatto con le aziende
- Volantino del SIL (uno strumento fondamentale per dare visibilità e credibilità al servizio)
- Materiale video di esperienze di inserimento lavorativo già realizzate con
successo
- Materiali informativi sul tema
- Scheda mappatura aziende (nella fase di conoscenza ed esame del contesto aziendale)
- Consigli ai colleghi (in avvio e durante l’inserimento, per dare indicazioni utili)
Le esperienze degli ultimi anni dell’Osservatorio sul mondo del lavoro, concentrandosi in particolar modo sulla sensibilizzazione e la creazione di contatti utili con il mondo aziendale, prerequisiti fondamentali per l’avvio di qualsiasi forma di collaborazione, hanno evidenziato inoltre i seguenti aspetti:
- Scarse conoscenze sulla sindrome - la maggior parte dei Responsabili delle Risorse Umane di grandi aziende non conosce il mondo delle persone
con sD: non sa cos’è la sD e che tipo di disabilità la caratterizza, non ha
idea di cosa può fare una persona con sD/disabilità intellettiva in generale
e non è a conoscenza delle esperienze già realizzate d’inserimento nel
mercato ordinario del lavoro (un’idea comune è che l’inserimento sia possibile solo in ambienti “protetti”, come ad esempio le cooperative sociali).
- Buonismo e stereotipi sempre presenti – al di là delle conoscenze possedute, che senza dubbio influiscono sulle diverse posizioni in merito al tema, la maggior parte dei rappresentanti aziendali non immagina che una
persona con sD, se ben inserita, possa arrivare ad una buona produttività
e possa rappresentare una risorsa vera per l’azienda.
- Sfiducia e paura di non saper gestire gli inserimenti - In molti casi
49
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
esperienze negative con i Centri per l’Impiego hanno condizionato negativamente l’idea di pensare all’inserimento di persone con disabilità
intellettiva nelle proprie aziende. Sapere che AIPD prevede un certo tipo di supporto in tutte le fasi dell’inserimento e che l’azienda avrà sempre una figura cui far riferimento è un aspetto che va sempre messo in
evidenza.
Visti gli aspetti di cui sopra, se si partecipa ad un incontro con Datori del
Personale o altri rappresentanti del mondo aziendale, è importante prevedere
una presentazione molto semplice con pochi temi essenziali e mostrare sempre, laddove possibile, del materiale video, sicuramente più incisivo. Vedere
una persona con sD che lavora o ascoltare un commento di un datore del personale che lo ha assunto ed è soddisfatto è diverso che sentirselo solo raccontare.
Di seguito viene presentata una ipotetica scaletta per un incontro di questo tipo:
- L’apertura: chi sono, chi rappresento, perché sono qui
- Il video: per “rompere il ghiaccio” e far capire subito di che si parla. Utilissimi lo spot “Assumiamoli” (se il tempo a disposizione è poco) o “Lavoratorincorso” (solo alcune parti significative, ad esempio i commenti
dei lavoratori o del Capo del Personale)
- Il tema centrale: le persone con sD (far riferimento a qualche dato, ad
esempio il numero degli adulti; mettere in evidenza il tema della diversità
intesa come peculiarità di ogni individuo, per affrontare il principale stereotipo che vede le persone con sD tutte uguali); i lavoratori con sD (citare le ultime ricerche/dati a disposizione e le principali riflessioni emerse
dalle esperienze positive già realizzate); ulteriore materiale video o foto
(se c’è tempo)
- Cosa vi offriamo se decidete di collaborare: presentazione del SIL e delle
azioni a sostegno delle aziende (fondamentale!)
Alcuni consigli:
- se si ha la possibilità di partecipare a un Convegno o ad incontri di “grande gruppo” con Responsabili delle Risorse Umane o altri rappresentanti
del mondo aziendale, sfruttare la situazione il più possibile: utilizzare i
momenti di pausa o la chiusura dell’evento per farsi conoscere, scambiare
biglietti da visita e prendere contatti;
- prima di andare all’incontro, documentarsi se possibile sulle aziende che
saranno presenti: in questo modo nella fase successiva l’incontro sarà più
facile interagire con i vari rappresentanti, facendo domande specifiche e
adeguate. Inoltre il tema della Responsabilità Sociale d’Impresa è molto
sentito, specialmente nelle grandi aziende: informarsi prima di che cosa
fa e quanto è attiva una certa azienda in tal senso può essere pertanto
molto utile (anche per esempio per proporre in alternativa il finanziamento di un proprio progetto).
50
PARTE II
- nella quasi totalità dei casi si tratta di ambienti molto formali: vestirsi in
modo elegante o comunque adeguato è importante, così come lo è mostrarsi professionali e preparati; portare con sé il proprio biglietto da visita e dei depliant di AIPD e/o del SIL è un ottimo modo per “presentarsi”.
- ricordarsi che questi incontri sono solo l’inizio: tornati “a casa” utilizzare
i contatti presi per approfondire il discorso è d’obbligo e va fatto quando
ancora il terreno “è caldo”.
Uno step successivo può ad esempio prevedere l’invio di una lettera, di materiale informativo (es volantino del SIL e una pubblicazione sul tema) e video e poi, a distanza di qualche settimana dall’invio, una telefonata o un’email, per cercare di prendere un appuntamento.
Se si riesce ad arrivare all’appuntamento, l’obiettivo è in parte comunque
raggiunto, anche se poi concretamente l’azienda non dovesse assumere nessuna persona con sD: sicuramente chi ci riceve vedrà le cose in modo diverso e avremo abbattuto qualche pregiudizio!
L’attuale situazione di crisi del mercato del lavoro, gli stereotipi a tutt’oggi
presenti e la poca capacità di molti di “guardare oltre” rende il lavoro con le
aziende molto difficile e i risultati (in termini di inserimenti), non incoraggianti. Queste criticità implicano, da parte di chi lavora in un SIL, un atteggiamento energico, positivo e fiducioso e un po’ di “faccia tosta” (che significa non fermarsi al primo segnale di non interesse/disponibilità). Inoltre è
anche molto importante, nel momento in cui si va ad un appuntamento con
una azienda, essere preparati, mostrarsi sicuri ed avere le idee chiare su cosa
proporre e chiedere.
Di seguito è presentata una simulazione di primo colloquio tra un operatore di
un SIL e il Capo del Personale di un’azienda (realizzata in attività formativa da
un operatore e un membro dello staff nazionale durante il Cantiere su “L’inserimento nel libero mercato” a Roma) e le riflessioni che ne sono scaturite.
51
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
PARLIAMONE INSIEME
Simulazione di un primo colloquio con il Capo del Personale di XXX (catena di librerie)4
O5: “Buongiorno sono … e faccio parte del Coordinamento dell’Inserimento Lavorativo di
AIPD, è l’Associazione Italiana Persone Down che come lei saprà sono ragazzi con disabilità
intellettiva. Venivo per proporle innanzitutto il volantino dell’associazione così magari si fa
un’idea di che cosa ci occupiamo, soprattutto sul tema dell’inserimento lavorativo….”.
L’operatrice inizia l’incontro con una presentazione che tocca tutti i punti (chi è lei, che associazione rappresenta e il Servizio) in modo diretto e abbastanza chiaro, ma un po’ troppo
frettoloso e generico (sarebbero state utili maggiori informazioni su AIPD e sulla sindrome di
Down). Ottima la consegna del volantino del SIL, che doveva essere però accompagnata da
una veloce spiegazione degli obiettivi e delle azioni promosse dal servizio.
O: “…e poi volevo proporre alla sua attenzione due curriculum in particolare, due ragazzi
che potrebbero secondo noi, se lei volesse, magari far parte della vostra azienda. Sono due
ragazzi che già da noi si occupano dell’archivio dei libri che abbiamo, quindi li mettono a
posto di volta in volta…diciamo hanno cura di questa parte dell’associazione”
CP: “ Ma sanno usare il computer?”
O: “Uno di loro si, ha fatto anche un corso ed è abbastanza bravo…ovviamente ha delle
conoscenze elementari del computer ma lo sa usare…l’altro invece va…”
CP: “ Lei sa che chiaramente tutti i libri vengono catalogati in libreria con il sistema
ISPM…loro lo utilizzano?”
O: “No, loro hanno stilato un archivio tramite una pagina di Word”
CP: “Si rende conto che non c’entra proprio niente con quello di cui stiamo parlando?”
La presentazione dei due curriculum è un’ottima scelta ma le capacità informatiche delle
persone proposte, non adeguate alla richiesta fatta, mostrano che l’operatrice non si è ben
documentata in merito ai bisogni e le caratteristiche dell’azienda. Gli interventi del CP,
non a caso provocatori, evidenziano la sensazione che l’operatrice non abbia chiaro cosa
proporre, con il rischio di influenzare negativamente l’andamento del colloquio.
Poteva essere utile fare una breve premessa prima di presentare i cv, in cui a partire dalle
caratteristiche dell’azienda(rilevate anche attraverso eventuali domande), introdurre due
possibili candidati potenzialmente adatti a coprire la postazione del magazzino, dopo una
formazione sull’utilizzo dei loro programmi di catalogazione.
O: “Quello si, però dato che già abbiamo avuto un’esperienza lavorativa di inserimento
presso di voi con un ragazzo che faceva, era addetto magazziniere... era stato anche un inserimento andato a buon fine, iniziato con un tirocinio e poi passato ad assunzione... e
quindi ci siamo anche trovati bene con l’altro capo del personale…”
4 All’operatore che ha partecipato alla simulata del colloquio, era stato precedentemente dato
un profilo dell’azienda per “prepararsi” all’incontro.
5 Operatore (O), Capo del personale (CP).
52
PARTE II
Il riferimento a precedenti esperienze andate a buon fine è positivo e permette all’operatrice di ridare direzione al colloquio; quello al vecchio capo del personale invece rischia,
nella realtà, di togliere credibilità e svalutare quanto fino a quel momento espresso.
Sarebbe stato più utile raccontare qualcosa di più dell’esperienza, per avvalorare la possibilità di avviarne di nuove (e farlo nella prima parte dell’incontro, prima di presentare i cv).
CP: “Dunque noi in realtà stiamo lavorando adesso per le prossime assunzioni sulle scoperture, quindi è arrivata al momento giusto. Queste persone sarebbero in grado di prendere
servizio il 1° agosto, immagino?!”
O: “Beh si, sono delle persone abbastanza autonome, conoscono bene la città, sanno orientarsi…usano i mezzi anche per venire da noi, quindi magari…”
CP: “Però io credo che il posto che si libera è presso l’aeroporto…lei conosce ovviamente
la libreria dell’aeroporto, fa un orario fino a mezzanotte, ci sono i turni..pensa che sia una
cosa assolutamente compatibile?”
O: “Beh penso di si, noi offriamo anche un tutoraggio a questi ragazzi…quindi nell’evenienza…
CP: “Quindi il tutor li accompagnerebbe tutte le notti dal punto vendita a casa?”
O: “Potremmo metterci d’accordo anche con la famiglia, facciamo dei turni, per garantire
al ragazzo il ritorno a casa”
Il riferimento a precedenti esperienze realizzate con successo orienta il capo del personale
verso la possibilità concreta di assumere a breve i ragazzi. L’operatrice però, nel prendere
“la palla al balzo”, perde di vista alcuni aspetti fondamentali, rischiando l’avvio di un
progetto poco fattibile che andrebbe a precludere una possibilità reale di inserimento. I temi non trattati sono:
- le mansioni e le postazioni che i giovani lavoratori andrebbero concretamente a coprire
(che richiederebbero, in ogni caso, una mappatura dell’azienda e un colloquio da parte
del datore di lavoro con i candidati)
- la tipologia d’inserimento: non si capisce come il/i progetti saranno formalizzati (tirocinio formativo, finalizzato all’assunzione, ecc)
- le modalità: i turni notturni sono poco sostenibili, specialmente in considerazione della
localizzazione dell’azienda (aeroporto), che implicherebbe il costante coinvolgimento di
familiari e operatori.
- il tutoraggio: l’operatrice lo nomina ma non spiega di che si tratta, rischiando che l’interlocutore lo confonda con un “accompagnamento” sul posto di lavoro.
Riassumendo, i punti da “toccare” in un primo colloquio di conoscenza
con un’azienda sono:
- CHI SIAMO: presentare in modo esaustivo se stessi e l’associazione;
- COSA FACCIAMO: il Servizio di inserimento lavorativo (quali sono gli
obiettivi e cosa offre alle aziende), la disponibilità di una rosa di possibili
candidati;
- PERCHÉ SIAMO LÌ e COME COLLABORARE: quali sono gli obiettivi, quali le esigenze e le possibilità offerte dall’azienda, quali le nostre.
(Se ci sono margini per avviare un percorso) che tipo di profilo stanno
cercando;
53
QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
- EVENTUALI ACCORDI PER UNO O PIÙ APPUNTAMENTI SUCCESSIVI IN CUI:
- effettuare un colloquio con i possibili candidati;
- ragionare sulle modalità di inserimento (dove, come, quando, per quanto
tempo).
LE FAMIGLIE
Altro attore fondamentale all’interno di un percorso d’inserimento lavorativo
è ovviamente la famiglia della persona con sD: senza la creazione di un’alleanza lavorativa (che implica il passaggio di informazioni, la condivisione
di obiettivi e modalità) e relazionale (basata sulla collaborazione, la fiducia e
l’empatia), il progetto di inserimento rischia di vacillare in corso d’opera.
Per molti genitori l’avvicinamento ad un percorso di inserimento è motivo di
paure e dubbi e necessita tempo per essere metabolizzato: per alcuni di essi,
inoltre, è difficile pensare al proprio figlio come ad un adulto lavoratore con
gli stessi diritti/doveri degli altri e il suo inserimento lavorativo viene percepito come una maniera per occupare il “tempo”, con atteggiamenti assistenziali e iperprotettivi che ne limitano l’acquisizione dell’identità adulta/lavorativa e l’emancipazione in generale.
54
PARTE II
Le esperienze realizzate hanno sempre mostrato che un elemento fondamentale per un inserimento produttivo/di successo è, infatti, che la persona con
disabilità intellettiva si percepisca adulta e, lavorando, continui a costruire la
propria identità. Sentirsi e percepirsi adulti non può però prescindere dall’immagine riflessa che proviene dall’ambiente familiare: se la famiglia, per
prima, percepisce il figlio ancora bambino, sarà difficile che egli riesca a
sentirsi e comportarsi da adulto. L’inserimento nel contesto lavorativo diviene a questo punto un obiettivo difficilmente realizzabile.
Supporto e informazione da parte del Servizio devono pertanto essere costanti durante tutto il percorso, accompagnate da un rapporto basato sulla
chiarezza, la collaborazione e la condivisione del piano di realtà. È necessario inoltre iniziare a riflettere in modo collettivo sul tema già in età adolescenziale per essere più pronti ai passi successivi.
Azioni da effettuare con le famiglie durante il percorso di inserimento
del figlio
- Informazione sui diritti e sulle agevolazioni previste dalla 68/996.
- Accompagnamento nel percorso d’inserimento, per promuovere e riconoscere la condizione adulta dei propri figli.
- Raccolta d’informazioni utili sul potenziale lavoratore (accoglienza e valutazione).
- Condivisione/monitoraggio del percorso avviato.
Modalità
- incontri di grande e piccolo gruppo (con tutti i familiari dei giovani coinvolti in percorsi di Inserimento, differenziati in base al momento e alle
esigenze);
- colloqui individuali con i familiari del potenziale lavoratore/lavoratore (la
cui cadenza dipende dal momento del percorso e dai bisogni rilevati).
Strumenti utili
Nella fase di informazione/sensibilizzazione delle famiglie
- Materiale informativo (es. Quaderno 16 AIPD).
- Sito web di AIPD/della Sezione.
- Volantino del SIL.
- Traccia di riunione coi genitori.
In fase di avvio di un percorso di inserimento lavorativo
- Schede per la raccolta d’informazioni e la valutazione pre-lavorativa del
potenziale lavoratore (da compilare durante colloqui individuali).
6 La mancanza d’informazioni corrette sui diritti e le agevolazioni previste possono precludere
l’avvicinamento ad un percorso di inserimento lavorativo da parte di una famiglia, o condizionarne i livelli di motivazione. È pertanto sempre consigliato prevedere momenti informativi su
queste tematiche in avvio del progetto.
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QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
PARLIAMONE INSIEME
Simulazione di un colloquio con una famiglia7 sull’orientamento al lavoro
M8: “Buongiorno, ho preso un appuntamento qualche tempo fa… mia figlia ormai ha 18 anni, termina la scuola e, come sappiamo, terminare la scuola è come stare sull’orlo di un baratro perché sorge un interrogativo sul dopo: che cosa fare? Stiamo pensando che forse bisogna iniziare a proiettarsi verso un’idea di lavoro… che cosa può fare l’Associazione?”.
O: “Come lei sa, in Associazione abbiamo attivato il Servizio di Inserimento Lavorativo per
cui tutti i ragazzi che hanno delle capacità e che stanno frequentando un percorso di inserimento lavorativo possono affacciarsi nel mondo del lavoro in maniera totalmente autonoma,
logicamente accompagnati da noi attraverso tutti gli step necessari per far si che sua figlia sia
adatta e trovi il suo scopo anche nel lavoro. È importante che tutte le cose che Flavia sa fare
possano essere spendibili nell’ambito lavorativo, un esempio tra tanti: Flavia nel suo percorso
scolastico ha imparato ad utilizzare il computer, cosa che fa anche durante le attività in associazione. Ecco, questa potrebbe essere una competenza spendibile in un tirocinio formativo
ed in seguito per un futuro lavoro. Sarà nostra cura cercare di valutare quali aziende e quali
realtà richiedano una figura professionale come quella di Flavia. Ovviamente sempre accompagnandola con un tutoraggio. Vale a dire che non vi lasciamo soli subito, ma che ci sarà un
percorso graduale di distacco. Si tratta di un processo che richiede tempo: non avviene tutto
dall’oggi al domani, una volta terminate le scuola superiori non significa che Flavia sia subito
pronta per andare a lavorare, ma c’è un percorso da seguire per tappe…”
L’operatore durante il colloquio si mostra empatico, ma la sua risposta è dispersiva: si
tratta infatti di un momento molto particolare sia per la ragazza che per la famiglia. Per la
ragazza perché perde un punto di riferimento molto protetto come quello della scuola, di
contro per i genitori perché iniziano a domandarsi: che fine farà mio figlia? Questo colloquio è un buon esempio per comprendere come alla domanda diretta “voglio un lavoro”
non bisogna rispondere in modo diretto, ma capire qual è il bisogno che sta dietro la domanda, altrimenti rischiamo di saltare un passaggio, cioè capire chi è la persona che ho
davanti, che tipo di percorso dobbiamo fare ed avere il tempo per un valutazione delle
competenze del candidato.
La ragazza in questione ha 18 anni e si sta solo affacciando sul mondo del lavoro per dare un
sbirciatina. Successivamente all’analisi della domanda si possono fare dei riferimenti pratici
su cosa offre il territorio, ad esempio le i Centri di Formazione Professionale (CFP) che
spesso alternano un parte teorica ad una formazione pratica sul campo attraverso tirocini
formativi, che possono costituire un buon ponte tra il termine della scuola ed un possibile inserimento lavorativo, o comunque esperienze di stage e tirocini per capire quale sia il settore
più indicato per la ragazza. Parlare di inserimento lavorativo è un secondo passaggio, dopo
una possibile esperienza formativa e professionalizzante della ragazza.
Altre azioni che possono arricchire un primo colloquio possono essere la proposta di costruire insieme il curriculum vitae della ragazza e iniziare le pratiche per l’iscrizione all’ufficio di collocamento.
7 Agli operatori è stato dato un canovaccio su cui improvvisare la simulata del colloquio con
la famiglia: la mamma di Flavia chiede un incontro col SIL perché Flavia finirà la scuola l’anno prossimo e vorrebbe trovarle un lavoro. Flavia ha 18 anni e termina il liceo.
8 Operatore (O), Mamma (M).
56
PARTE II
M: “… ovviamente da genitori ci preoccupiamo anche sul tipo di inserimento, voi avete
già delle idee o avete contattato delle aziende o avete una lista sulla tipologia di lavoro?
Giusto per capire perché anche noi abbiamo delle idee ben precise, noi che siamo i genitori
e la conosciamo benissimo nostra figlia…”
O: “… anche noi abbiamo imparato a conoscere Flavia, ma in questo percorso ci affidiamo
anche a voi genitori che di sicuro la conoscete meglio. In questo è importante che il nostro
lavoro sia integrato. Non si può pensare di inserire Flavia solo per quelli che sono i desideri
della famiglia, ma dobbiamo tenere presenti quelle che sono le competenze di Flavia e che
lei stessa ci ha dimostrato. Quindi il nostro lavoro deve essere sinergico. Molte cose le decideremo con Flavia, perché è il suo percorso lavorativo ”
Prima ancora di parlare di un posto di lavoro si deve far in modo che Flavia capisca che
cosa significa lavorare; al tempo stesso anche il servizio deve poter valutare la sua capacità lavorativa. Anche se si conosce la ragazza perché ha frequentato altre attività in associazione, ben diversa è la conoscenza in situazione.
Bisogna prestare molta attenzione alla differenza tra creare alleanze e creare collusione con i
genitori. Creare alleanza significa che insieme si esamina quello che è il bisogno vero e si capisce come lavorare congiuntamente. Colludere significa rispondere tout court ad una domanda senza analisi dei bisogni: “tu mi hai detto questa cosa ed io ti rispondo a questa cosa”. Così facendo si corre un grande rischio perché non si analizza il bisogno implicito sotteso alla richiesta esplicita. L’analisi della domanda si configura, quindi, come momento conoscitivo iniziale sul quale si può e si deve fondare la prestazione professionale dell’operatore.
Un’altra riflessione: prima di parlare di lavoro è necessario anche capire se c’è la possibilità (in quel momento, in quel determinato territorio, per quella persona) ed è per questo
opportuno dipingere un quadro realistico alla famiglia.
M: “… voglio essere sincera e le esprimo quelli che sono i nostri timori. Essendo una ragazza
molto giovane non vorremmo che lavorasse la sera. Insomma sarebbe meglio la mattina, ma in
un orario che non sia troppo presto perché così ci organizziamo per uscire di casa insieme … è
autonoma, è vero, però ci piacerebbe poterla accompagnare, magari in alcuni momenti…”
O: “… ma lei si immagina già la vita della sua famiglia senza Flavia?”
M: “Beh, senz’altro abbiamo fatto l’esperienza di Flavia fuori casa per le vacanze o per altri momenti, come dai nonni…
O: “Ma io parlavo di un distacco, come lei si è staccata dalla famiglia anche Flavia potrebbe decidere di lavorare e di avere il lavoro che la mantiene. Non è detto che succeda, però è
una possibilità!”
M: “Una cosa alla volta però! La figlia è giovane è pensare ora ad un distacco mi sembra
un po’ forte…”
O: “… noi andiamo incontro alle vostre esigenze, della famiglia e di Flavia, pertanto riteniamo importante che Flavia possa procedere nel suo percorso lasciandole conquistare
sempre maggiori spazi da autonomia”.
Troppa carne sul fuoco. Meglio poche informazioni e chiare; poi, proprio in virtù del percorso che si prospetta alla ragazza e alla famiglia, si possono affrontare la varie tematiche, tra
cui quella del distacco, più in là, quando sarà il momento opportuno e si sarà creato il contesto in cui la paura e l’ansia del distacco possano essere accolte e la famiglia capace di elaborarle in modo costruttivo. Il tema del distacco è molto forte e lontano nel tempo in un primo colloquio di orientamento e si può incorrere nel rischio di far scappare la famiglia.
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QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
Riassumendo, alcune parole chiave per un buon colloquio con una famiglia,
a prescindere dal momento del percorso del figlio e dal tema affrontato:
- DEDICARE TUTTO IL TEMPO NECESSARIO AL MOMENTO DELL’ANALISI DELLA DOMANDA (se è il primo incontro): è fondamentale per cogliere il/i vero/i motivo/i della richiesta e capire cosa la famiglia
vuole, cogliere aspettative e motivazioni sottostanti e creare una alleanza
di lavoro, che implica chiarezza e condivisione degli obiettivi e delle modalità. Aver chiaro il bisogno è il punto di partenza di qualsiasi percorso;
- ASCOLTARE: ascoltare e saper ascoltare sono cose diverse. L’ascolto
attivo è fondamentale per la creazione di un terreno accogliente in cui la
famiglia si senta capita e non giudicata e sia aiutata a far emergere anche
ciò che non è chiaro in un primo momento;
- ACCOGLIERE ED ESSERE EMPATICI: sapersi mettere nei panni di chi
è di fronte, sospendendo i giudizi e assumendo il suo punto di vista, è
funzionale alla creazione di una buona alleanza relazionale e a una maggiore comprensione di quello che la famiglia “sta portando”;
- FARE DOMANDE: per chiarire dubbi o aspetti di cui non si è informati,
ma anche per “capire se la famiglia ha capito” quello che le stiamo dicendo/proponendo;
- DARE DIREZIONE AL COLLOQUIO: accogliere i bisogni e le domande “mettendo ordine” e direzione, per evitare di mettere “troppa carne al
fuoco” e creare confusione e fraintendimenti reciproci;
- AVERE UN ATTEGGIAMENTO POSITIVO MA REALISTICO: dire
sempre la verità, essere obiettivi mantenendo il contatto col piano di
realtà, evitando di creare false aspettative;
- METTERSI ALLA PARI, MANTENENDO IL PROPRIO RUOLO: è funzionale a far sentire la famiglia a suo agio e capita, ma supportata da una persona competente. Essere alla pari non vuol dire però perdere il “peso” della
propria posizione (attenzione a non confondere professionale e personale);
- ESSERE PROFESSIONALI: vuol dire fornire informazioni e passare conoscenze sul tema, offrire consigli e strategie concrete … ma anche essere
gentili e disponibili con le famiglie più difficili e “oppositive”. L’obiettivo
deve essere sempre quello di cercare la collaborazione e stabilire una relazione basata sulla fiducia e il rispetto dei reciproci ruoli e punti di vista.
IL LAVORO CON I POTENZIALI LAVORATORI
(dal momento dell’accesso al Servizio, prima dell’inserimento lavorativo)
Le esperienze realizzate evidenziano che un inserimento lavorativo produttivo, di successo e motivo di soddisfazione per tutte le parti coinvolte, deve
prevedere due elementi “chiave”: la formazione in situazione e il collocamento mirato, elementi che permettono/facilitano l’incontro fra il potenziale
lavoratore, la mansione e l’azienda.
58
PARTE II
Per operare in questa direzione è fondamentale prevedere momenti e occasioni concrete per conoscere e valutare la persona in relazione al compito (o
ai possibili compiti) che potrebbe andare ad effettuare e al contesto all’interno del quale questo potrebbe verificarsi. Tale fase è inoltre fondamentale per
un’efficace valutazione della collocabilità della persona.
È inoltre importante offrire alle persone con sD percorsi strutturati di orientamento al lavoro, occasioni per crescere in consapevolezza e capacità relazionali e per lavorare sugli aspetti che maggiormente incidono sull’andamento di
un percorso d’inserimento lavorativo (che hanno principalmente a che fare
con modalità relazionali inadeguate, spesso legate ad una percezione di sé come non-adulto, scarsa motivazione e confusione di ruoli, doveri e limiti).
Dal momento dell’accesso al Servizio dovrebbero pertanto essere previste le
seguenti azioni:
- Costruzione di profili personali e curricula (valutazione e selezione del
candidato, ai fini del collocamento mirato).
- Creazione di un archivio dei lavoratori.
- Percorsi educativi di orientamento, per la comprensione del ruolo di lavoratore, un primo approccio conoscitivo al mondo del lavoro e la costruzione della propria identità lavorativa.
Modalità
- incontri di gruppo e/o individuali, a seconda del momento e delle esigenze.
Strumenti utili
- schede per il percorso di orientamento e per la raccolta di informazioni e
la valutazione pre-lavorativa del potenziale lavoratore (da compilare durante colloqui individuali);
- bozza per la creazione del curriculum vitae.
IL PERCORSO DI ORIENTAMENTO E PREFORMAZIONE LAVORATIVA
CON I POTENZIALI LAVORATORI CON SD
Obiettivi:
• Incrementare l’acquisizione teorico-pratica delle capacità comunicativo/relazionali e di
quelle legate all’attività lavorativa
• Promuovere la conoscenza di sé e dell’altro
• Promuovere l’acquisizione della consapevolezza dell’identità adulta
• Incrementare la motivazione e l’espressione della potenzialità lavorativa delle persone
con disabilità intellettiva
• Promuovere l’acquisizione della consapevolezza di che cosa vuol dire essere un lavoratore
• Facilitare la transizione dalla dimensione delle aspettative a quella del progetto professionale personale
• Offrire opportunità di confronto con il mondo del lavoro (regole, orari, gerarchie)
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QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
Modalità: incontri di gruppo (al massimo 8-10 partecipanti), 1 volta alla settimana per circa 3 ore.
Il numero degli incontri varia in funzione degli obiettivi.
Aree di riferimento:
• Identità e accettazione di sé.
• Conoscenza del mondo del lavoro.
• Io e il lavoro.
• Io e gli altri.
• Comunicazione.
• Autonomia esterna (uso del denaro, spostamenti, uso di negozi e servizi).
VERSO L’INSERIMENTO LAVORATIVO:
IL LAVORO CON I POTENZIALI LAVORATORI E LE AZIENDE
Nella fase successiva alla valutazione del/dei potenziali lavoratori e alla loro
formazione tramite l’attivazione di percorsi di orientamento, il focus dell’intervento del SIL si sposta nuovamente anche sulle aziende, per effettuare un
adeguato incontro tra domanda e offerta.
Le principali azioni effettuate in questa fase sono:
Selezione candidato e segnalazione all’azienda: il/i candidato viene/vengono
individuato/i all’interno della banca dati del SIL, che raccoglie i profili dei
potenziali lavoratori, in base alle proprie caratteristiche e a quelle richieste
dell’azienda (collocamento mirato: la persona giusta al posto giusto). In alcuni casi è il servizio che seleziona direttamente il candidato; in altri i potenziali lavoratori individuati dal SIL vengono selezionati direttamente dall’azienda tramite normale colloquio di lavoro.
- Incontro di selezione presso l’azienda (colloquio di lavoro): nella fase di
avvicinamento all’azienda, il/i candidato/i effettua un incontro di selezione, al quale partecipa anche un rappresentante del Servizio (come osservatore/mediatore).
NB: I candidati si preparano al colloquio in associazione, attraverso attività specifiche
- Accompagnamento nella definizione del rapporto di lavoro (espletamento
formalità burocratiche e definizione delle modalità di inserimento, elaborazione Progetto formativo e di orientamento): il SIL concorda con l’azienda le modalità dell’inserimento, valutando la possibilità di tirocini
pre-assunzione e la stipula di convenzioni (L.68/’99), la tipologia del
contratto, l’eventuale adozione di un part-time ecc.
Aspetti centrali, anche in questa fase, sono sempre le caratteristiche del
lavoratore e le esigenze dell’azienda e del posto di lavoro, nonché l’individuazione delle mansioni più idonee.
60
PARTE II
IL PROGETTO FORMATIVO E DI ORIENTAMENTO
Che cos’è:
Si tratta di una traccia per formalizzare una collaborazione tra le parti: l’azienda ospitante e
il tirocinante.
È un documento all’interno del quale viene definita la tipologia del rapporto di lavoro (tirocinio formativo, tirocinio finalizzato all’assunzione, assunzione, ecc.), gli obiettivi, i tempi
e le modalità dell’inserimento e della presenza del tutor, i ruoli e le competenze delle varie
parti coinvolte.
I contenuti vengono concordati tra l’azienda e il servizio proponente e devono essere sottoscritti anche dal tirocinante/lavoratore, per responsabilizzarlo e coinvolgerlo rispetto agli
obiettivi/obblighi previsti.
Importante: Nel caso di tirocini finalizzati all’assunzione (ex lege 68/99) questo documento è obbligatorio e va firmato anche dal Centro per l’Impiego. Negli altri casi è da considerarsi una buona prassi.
Chi deve compilarlo: l’operatore responsabile del percorso d’inserimento lavorativo
Quando compilarlo: nel momento in cui l’azienda ospita il tirocinante o assume il lavoratore con disabilità intellettiva.
IL TUTORAGGIO DEGLI INSERIMENTI AVVIATI
L’accompagnamento del tirocinante/lavoratore con disabilità intellettiva e l’azienda verso una reciproca conoscenza è il principale obiettivo nel momento
in cui si avvia concretamente un percorso d’inserimento lavorativo. Lavoratore e azienda hanno bisogno di sostegno per affrontare la nuova esperienza,
che li vede impegnati con ruoli nuovi in nuove relazioni e situazioni, aspetti
che necessitano a loro volta di nuove attenzione, impegno e capacità.
Per rispondere a questi bisogni è necessaria la presenza di un operatore del
SIL (tutor) con capacità educative e esperienza nel settore.
La sua presenza presso l’azienda ha l’obiettivo di:
- Supportare il lavoratore nella comprensione delle regole del luogo di lavoro e nell’apprendimento delle mansioni.
- Aiutare l’azienda e i colleghi nell’individuazione delle mansioni e nell’acquisizione delle modalità di formazione e di relazione più adeguate.
Il tutor è dunque una figura di mediazione tra il lavoratore e l’azienda durante il percorso di inserimento. La sua presenza presso l’azienda viene pianificata attraverso il Piano di tutoraggio, all’interno del Progetto formativo e di
orientamento.
Strumenti utili durante il percorso
- Scheda di osservazione sul posto di lavoro (per il tutor)
- Scheda per l’automonitoraggio (per il tirocinante/lavoratore)
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QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
IL MONITORAGGIO DELL’ESPERIENZA NEI PRIMI ANNI
Durante il tirocinio e nel caso di un’assunzione, oltre al sostegno iniziale
concordato e formalizzato nel Progetto formativo e di orientamento, è opportuno prevedere ulteriori interventi del SIL a supporto dell’azienda e
del lavoratore, attraverso momenti periodici di incontro che hanno l’obiettivo di:
- Verificare il percorso mantenendo e consolidando i risultati positivi raggiunti.
- Rilevare eventuali cambiamenti negativi, individuarne le cause e proporre
strategie di soluzione.
- Valutare l’efficacia del percorso e l’efficienza del lavoratore.
- Orientare e promuovere azioni future (ad esempio nuove mansioni).
- Sostenere il personale dell’azienda nella gestione di eventuali problemi.
Il responsabile del SIL e/o il tutor (a seconda dei casi e dei tempi) devono
rimanere figure presenti e disponibili anche ad assunzione avvenuta, per
evitare che nel tempo l’azienda (per esempio in seguito al cambio del Capo
del personale), trovandosi “sola”, scelga la famiglia del lavoratore come in-
62
PARTE II
terlocutore principale per la gestione di aspetti organizzativi e/o problematici, rischiando di escludere il lavoratore e ritornare ad atteggiamenti”assistenzialisti”.
Il monitoraggio anche nel lungo tempo (ad esempio a distanza di molti anni dall’assunzione), è inoltre fondamentale per rilevare l’emergere di diverse problematiche all’interno del posto di lavoro: tali difficoltà, spesso riscontrabili attraverso un calo oggettivo della produttività, sono a volte legate a cambi nel contesto, ad una diminuzione della motivazione (lo stessa
mansione/ruolo per molti anni) e/o a problematiche personali/psicologiche/cognitive che vanno rilevate e gestite attraverso interventi e strumenti
adeguati.
Modalità
- Colloqui diretti e/o telefonici con il datore di lavoro, i colleghi, il lavoratore, la famiglia (almeno due volte al mese durante l’inserimento; almeno
2 volte l’anno completata l’assunzione).
- Osservazioni sul posto di lavoro.
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QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
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APPENDICE
Appendice
IL LAVORO, I LAVORI E LA COOPERAZIONE
Luigino Giliberto
Dal 18 al 21 gennaio 2012 è stato effettuato a Potenza il secondo appuntamento previsto nell’ambito del progetto AIPD “Il lavoro, i lavori” (finanziato dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ai sensi della 383/2000 lettera f), un “Cantiere” sul tema dell’inserimento lavorativo
nell’Impresa Sociale. Di seguito viene presentata una parte del materiale messo a disposizione
dal Dott. Luigino Giliberto, responsabile della Progettazione per L’Area Inclusione Sociale e
Lavorativa presso Italia Lavoro SpA, docente all’interno del Cantiere.
Lo Start Up di una cooperativa
Il Business Plan e elementi base per una analisi di bilancio
Inquadramento giuridico della cooperativa
Le società cooperative si differenziano dalle società ordinarie non per le attività esercitabili (oggetto), per le quali valgono le stesse limitazioni relative a queste ultime società, ma per la causa
del contratto sociale, differenza dalla quale discendono le deroghe alla disciplina delle società
per azioni, altrimenti applicabile (art. 2516 c.c.), previste dal Titolo VI, Capo I, del Libro V del
Codice civile.
Le società cooperative sono “imprese che hanno scopo mutualistico” (art. 2511 c.c.), la cui
mancanza inibisce lo stesso impiego della qualificazione di “cooperativa” (art. 2515, comma 2,
c.c.): in tale scopo, quindi, e nella causa dallo stesso desumibile, si riassume la “diversità” e la
“tipicità” delle imprese cooperative.
Significato sociale dell’impresa cooperativa
Cooperare è un verbo derivato dall’unione di “con” e “operare“ e significa, appunto, collaborare e cioè operare assieme ad altri per il raggiungimento di un fine comune.
L’aggettivo “mutuo” ha il significato di scambievole, vicendevole e la mutualità (termine di
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QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
origine francese) consiste in una forma di aiuto scambievole, per garantire uguali diritti dopo
aver adempiuto ad uguali doveri.
La “mutualità cooperativa” ha, quindi, il significato, non equivoco, della libera collaborazione
di più persone per il raggiungimento di un fine comune attraverso lo scambievole aiuto che assicuri parità di diritti e di doveri.
Come sottolinea l’art. 45 della Costituzione, la valenza sociale della mutualità cooperativa è inscindibilmente legata all’assenza di “fini di speculazione privata” e cioè al prevalere degli interessi comuni della cooperativa (scambievole aiuto e parità di diritti e di doveri) sugli interessi
(egoistici) dei singoli soci.
La causa del contratto sociale che si instaura fra cooperativa e ciascun socio deve, quindi, essere
individuata nel soddisfacimento dei bisogni del socio, comuni a quelli degli altri soci aderenti alla stessa cooperativa, attraverso le iniziative assunte collettivamente (impresa cooperativa), le quali, eliminando o riducendo l’attività di intermediazione di terzi, sono dirette a consentire la realizzazione di condizioni economiche più favorevoli (vantaggio cooperativo) rispetto a quelle conseguibili mediante il ricorso a strumenti ordinari (imprese ordinarie), assicurando,
nella concreta realizzazione di tali iniziative, parità di diritti e di doveri fra tutti i soci.
Quali differenze ci sono tra le cooperative sociali e gli altri tipi di cooperative?
Le cooperative sono società mutualistiche che sono nate per soddisfare il bisogno dei soci (bisogno di lavoro = coop. di produzione e lavoro; bisogno di abitazione = coop. edilizia; ecc.). Le
cooperative sociali, invece, nascono per soddisfare un bisogno collettivo, ovvero il perseguimento di un interesse generale della collettività, quali la promozione umana, la prevenzione dell’emarginazione, ecc. Quindi la coop. sociale nasce innanzitutto per soddisfare un bisogno collettivo ma riesce anche a conciliare il lavoro per i propri soci attraverso la gestione di servizi socio-sanitari o integrazione lavorativa di soggetti svantaggiati.
Quanti tipi di “cooperative sociali” esistono?
Le cooperative sociali sono classificate in due grandi gruppi: le cooperative dette di tipo a) che
gestiscono servizi socio-sanitari ed educativi, e le cooperative di tipo b) che prevedono l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati socialmente. La distinzione deriva dall’art. 1 della
L.381/91.
Quali attività svolgono le cooperative di tipo A?
Le Cooperative Sociali di tipo A che hanno il compito di gestire servizi socio-sanitari educativi e
possono farlo sia direttamente sia in convenzione con enti pubblici. Possono gestire servizi sociali (progetti di reinserimento sociale, centri di aggregazione per ragazzi, centri sociali per anziani, centri rieducativi per malati psichici, case alloggio, case famiglia, ecc), sanitari (strutture
sanitarie, assistenza domiciliare ad anziani ecc.), educativi (centri educativi per ragazzi, centri
ludici, animazione di strada, formazione per operatori sociali, ecc.). Il tutto cercando di intercettare sul territorio i bisogni e trasformarli in domanda, offrire servizi qualificati, adottare forme
di gestione democratica, essere presenti nella ridefinizione delle politiche sociali, conquistarsi
un’autonomia rispetto al mercato mantenendo i propri valori, è il delicato compito di chi partecipa alla crescita della cooperazione sociale.
66
APPENDICE
Quali attività svolgono le cooperative di tipo B?
Le Cooperative Sociali di tipo B possono svolgere tutte le attività produttive - commerciali, artigianali, industriali o agricole - che siano finalizzate soprattutto all’inserimento lavorativo di soggetti socialmente svantaggiati (ex tossicodipendenti, ex alcolisti, ex detenuti, malati psichici,
portatori di handicap, minori a rischio di devianza, ecc.).
Questo tipo di imprese ha conquistato un ruolo come strumento privilegiato e specialistico per
l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, come soggetto in grado di svolgere una formazione professionale sul campo, a lavorare per una piena integrazione sociale delle persone in
difficoltà e ad avviarle anche all’inserimento del lavoro esterno alla cooperativa.
I soci della cooperativa
Possono candidarsi a soci coloro i quali, non avendo interessi in contrasto con quelli della cooperativa, si prefiggono di perseguirne gli scopi tramite la partecipazione alle attività sociali. Per
diventare soci occorre presentare domanda al consiglio di amministrazione che decide in merito
all’accoglimento delle stesse. I soci sono poi tenuti a:
1. versare la quota sottoscritta;
2. osservare lo statuto e le delibere dell’assemblea e del Consiglio di Amministrazione;
3. contribuire al perseguimento degli scopi sociali mediante la partecipazione alle attività sociali nelle forme e nei modi stabiliti dall’Assemblea e dal Consiglio di Amministrazione.
Possono essere soci di una cooperativa sociale le persone fisiche appartenenti alle seguenti categorie:
• soci lavoratori, che prestano la loro attività ricevendo un compenso di qualsiasi natura o entità;
• soli ordinari, sostenitori della cooperativa;
• soci volontari, che prestano la loro attività gratuitamente;
• soci sovventori, che partecipano a programmi per lo sviluppo tecnologica o per la ristrutturazione o per il potenziamento aziendale in specifici progetti;
Possono essere socie le persone giuridiche, pubbliche o private, nei cui statuti sia previsto il finanziamento e lo sviluppo delle attività delle cooperative sociali.
Come riescono a coesistere nelle cooperative sociali solidarietà ed imprenditorialità?
Le cooperative sociali sono vere e proprie strutture imprenditoriali che, tuttavia, non hanno come obbiettivo primario la realizzazione del profitto economico bensì ricercano la solidarietà sociale che è un bene della collettività.
Per raggiungere questa finalità, le risorse di cui dispone una cooperativa sociale devono, al pari
di una società commerciale, essere organizzate imprenditorialmente, ottimizzandone, sotto l’aspetto economico, dell’efficacia e dell’efficienza, l’impiego e prestando la massima attenzione
alla qualità del servizio fornito, soprattutto in considerazione del disagio sociale in cui versano
gli utenti di tale servizio. Generalmente, l’utente non coincide con il cliente in quanto i servizi,
nella maggior parte dei casi, sono commissionati dalla Pubblica Amministrazione.
L’impresa sociale
L’impresa sociale è un soggetto privato non a scopo di lucro, così come indicato dalla Legge 13
giugno 2005 n. 118 e dal Decreto Legislativo 24 marzo 2006 n. 155.
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QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
La legge stabilisce che l’impresa sociale:
- non può essere diretta o controllata da imprese private con finalità lucrative e da amministrazioni pubbliche;
- ha l’obbligo di reinvestire gli utili o gli avanzi di gestione nello svolgimento dell’attività istituzionale oppure per incrementare il patrimonio;
- ha il divieto di ridistribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione comunque denominati, nonché fondi, riserve o capitali, ad amministratori e a soci, partecipanti (persone
fisiche o giuridiche), collaboratori o dipendenti, al fine di garantire in ogni caso il carattere
non speculativo della partecipazione all’attività dell’impresa.
L’impresa sociale deve inoltre:
- ottenere oltre il 70% dei ricavi dalla sua attività principale;
- avere come oggetto dell’attività principale l’erogazione di beni e/o servizi di rilievo etico e
sociale per la collettività.
L’impresa sociale si caratterizza inoltre per:
- gestione democratica: coinvolgimento degli stakeholder interni (soci, collaboratori, volontari) ed esterni all’organizzazione (utenti finali, committenti, finanziatori o donatori);
- partecipazione degli utenti finali alla valutazione dei risultati;
- rendicontazione sociale effettuata soprattutto attraverso la redazione e pubblicazione del bilancio sociale.
L’impresa sociale, così come le altre imprese, deve essere iscritta al Registro Imprese della Camere di Commercio.
Riassumendo le caratteristiche dell’impresa sociale
L’impresa sociale è un particolare tipo di impresa in generale si tratta di un’organizzazione:
- privata;
- senza scopo di lucro;
- che esercita una attività economica (produzione o scambio di beni e di servizi) di utilità sociale;
- con finalità di interesse generale.
Attenzione però...:
- l’impresa sociale non si regge sulla beneficenza;
- il fatto che un’organizzazione privata sia senza scopo di lucro ed abbia finalità sociali non
vuol dire che può vivere esclusivamente di sussidi. L’impresa sociale va infatti considerata
come un’impresa a tutti gli effetti, anche se con caratteristiche particolari.
Le tappe per la creazione di un’impresa sociale
Il percorso di creazione di un’impresa sociale può essere suddiviso in sette “tappe”:
- 1a tappa - Valutare le attitudini imprenditoriali
- 2a tappa - Definire l’idea imprenditoriale
- 3a tappa - Affrontare gli adempimenti burocratici
- 4a tappa - Analizzare il mercato e il prodotto/servizio
- 5a tappa - Organizzare l’azienda
- 6a tappa - Redigere il piano d’impresa
- 7a tappa - Acquisire le informazioni mancanti
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1° tappa: Valutare le attitudini imprenditoriali
In questa prima tappa occorre richiamare l’attenzione sulle capacità personali dell’aspirante
“imprenditore sociale”.
È importante valutare il proprio profilo dal punto di vista:
- psicologico (con riferimento sia alla “personalità imprenditoriale” che alla “personalità sociale” che si possiede);
- tecnico (con riferimento al “mestiere” specifico nel settore di attività prescelto).
Dal punto di vista psicologico, si può dire che esiste una “personalità imprenditoriale” e una
“personalità sociale”.
Alcuni hanno infatti delle doti naturali per fare l’imprenditore: ad esempio la resistenza allo
stress, l’accettazione del rischio, la capacità di risolvere problemi in modo creativo.
Per operare nel sociale occorrono poi altre caratteristiche (solitamente più frequenti nelle donne)
quali ad esempio la sensibilità, l’altruismo, la capacità di mettersi in relazione con gli altri.
In questa fase è opportuno individuare i “punti forti” e i “punti deboli” della propria personalità
imprenditoriale e sociale, valorizzando i primi e migliorando i secondi.
2° tappa: Definire l’idea imprenditoriale
In generale, definire l’idea di impresa (business idea) è fondamentale. Una buona idea d’impresa non si può improvvisare.
Ciò significa che prima di pensare di offrire un qualsiasi bene o servizio, occorre:
- scegliere beni o servizi di utilità sociale;
- sapere cosa desidera l’utente. È necessario partire dai suoi bisogni.
È di fondamentale importanza produrre in base alle esigenze dell’utente e non proporre qualunque cosa (anche se di qualità) e poi cercare di venderla.
In conclusione, anche l’impresa sociale deve fare i conti con il mercato. E, in qualche misura,
anche con la concorrenza.
I concorrenti non saranno soltanto imprese sociali: in molti casi avremo a che fare anche con
imprese for profit che svolgono la loro attività nel nostro stesso settore.
3° tappa: Affrontare gli adempimenti burocratici
- In primo luogo gli aspiranti imprenditori sociali devono verificare se possiedono i requisiti
giuridici per acquisire la qualifica di impresa sociale.
- In secondo luogo devono informarsi sugli adempimenti necessari per la costituzione, tenendo
presente che essi variano notevolmente secondo la forma giuridica adottata.
Ad esempio se un’organizzazione si costituisce in forma di associazione seguirà un dato iter, se
si costituisce in forma di società di persone ne seguirà un altro e così via.
- In terzo luogo devono informarsi sulle procedure di iscrizione dell’organizzazione, così costituita, all’apposita sezione istituita nel Registro Imprese della Camera di Commercio.
- In quarto luogo devono trovare le informazioni giuste:
• sulle autorizzazioni da richiedere per ogni singola attività (atti autorizzatori, licenze, denunce, dichiarazioni, visti, nulla-osta, concessioni, prese d’atto, ecc.);
• sull’iter procedurale da seguire (ad es. alcune autorizzazioni devono essere chieste prima
di iniziare l’attività, altre dopo);
• sui formulari e la modulistica da riempire per ottenere le autorizzazioni o inoltrare le denunce;
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QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
• sugli enti cui presentare le varie domande (Camera di Commercio, Comune, Provincia,
Regione, Ministeri, ASL...).
4°tappa: Analizzare il mercato e il prodotto
La formula imprenditoriale appena abbozzata nelle fasi precedenti deve essere ora compiutamente definita. Non siamo ancora pronti a far nascere la nostra impresa sociale. Prima di procedere, infatti, dobbiamo dare una risposta a tre fondamentali domande:
- a chi vendere ➞ quale mercato
- cosa vendere ➞ quale prodotto o servizio
- come produrre ➞ con quale struttura aziendale
5° tappa: Organizzare l’azienda
Ogni azienda è composta da quattro ingredienti base:
- risorse materiali (locali, mobili, macchinari, attrezzature, materie prime…);
- risorse umane (personale);
- risorse finanziarie;
- risorse tecnologiche e know-how.
Per quanto riguarda l’azienda, le scelte da compiere sono numerose e delicate. In particolare,
dovremo stabilire:
- se realizzare una nuova azienda o acquisirne una già esistente;
- quale dimensione dargli;
- dove localizzarla;
- che veste giuridica assumere;
- come organizzare i fattori produttivi.
6° tappa: Redigere il piano d’impresa
A questo punto occorre mettere nero su bianco un vero e proprio “progetto di impresa” (o business plan).
Abbiamo detto che il business plan è un documento di fondamentale importanza per il neo-imprenditore (“sociale” o meno).
Un business plan ben fatto:
- consente di verificare la reale fattibilità dell’iniziativa sotto i suoi diversi profili (tecnico,
commerciale, economico, finanziario);
- costituisce una “guida operativa” per i primi periodi di gestione;
- rappresenta un “biglietto da visita” insostituibile per qualsiasi contatto con i potenziali
committenti o finanziatori (è previsto anche da molte leggi di finanziamento per le nuove
imprese).
7° tappa: Acquisire le informazioni mancanti
Per quanto chiaro e schematico sia stato il tragitto, ci accorgeremo sicuramente che ci mancano ancora tante competenze per riempire le “zone oscure” del piano d’impresa (ad es. insufficiente conoscenza del settore di attività prescelto, particolari problematiche fiscali legate al tipo specifico di attività che si vuole intraprendere, ecc.) e per lanciarci nel varo definitivo dell’iniziativa.
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APPENDICE
Per colmare le nostre carenze conoscitive, evitando di perdere tempo prezioso, è possibile:
- partecipare a corsi di formazione su ben determinate tematiche aziendali;
- avvalerci della consulenza personalizzata di esperti.
Il Business Plan
Il Business plan è il risultato di una attività di ricerca e pianificazione: guida la maturazione dell’imprenditore e la preparazione dell’ingresso in un settore.
Il Business Plan, inoltre, essendo il documento che descrive l’idea imprenditoriale e che ne documenta la fattibilità, permette ai terzi la valutazione dell’idea imprenditoriale e delle sue opportunità di successo.
Parte descrittiva
La parte descrittiva comprende normalmente la descrizione dei seguenti elementi:
- presentazione dei neo imprenditori e dell’origine dell’idea imprenditoriale;
- il prodotto (o servizio) offerti;
- il mercato e la concorrenza;
- gli obiettivi strategici;
- la struttura organizzativa.
Parte economico finanziaria
La parte economico finanziaria comprende invece normalmente:
- riepilogo degli investimenti in programma;
- fabbisogno finanziario e fonti di copertura;
- stato Patrimoniale e Conto Economico preventivi;
- previsioni dei Flussi di cassa.
Il prodotto (servizio) offerti
Si deve essere chiari nell’identificare il prodotto/servizio che l’iniziativa imprenditoriale intende
vendere. È necessario infatti evidenziare in modo chiaro i seguenti punti:
- qual è il prodotto/servizio che si intende produrre/vendere;
- quali bisogni soddisfa;
- qual è il gruppo di clienti (target) potenziali a cui si rivolge.
Le suddette caratteristiche scaturiscono da un’attenta analisi del mercato in cui si ha intenzione
di entrare.
Il mercato e la concorrenza
Le piccole dimensioni delle nuove iniziative imprenditoriali, a cui questo lavoro si rivolge, non
giustificano certo la programmazione di ricerche di mercato articolate e costose; tuttavia, un’attenta analisi della realtà in cui ci si intende immettere è quanto mai importante per aumentare le
possibilità di successo della nuova iniziativa.
La dimensione quantitativa (in termine di vendite possibili e in termini geografici) del mercato,
è un dato necessario per effettuare previsioni attendibili sulle vendite/ricavi possibili della nuova
iniziativa imprenditoriale. Tali informazioni sono spesso già contenute in numerose pubblicazioni. L’analisi di queste informazioni può dare validi suggerimenti per quanto riguarda i dati di
tendenza del mercato nazionale, regionale o provinciale.
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Gli obiettivi strategici e la strategia
Una volta effettuata l’analisi del mercato, l’aspirante imprenditore dovrebbe essere in grado di
definire con precisione quali sono gli obiettivi economici e di mercato che l’azienda si prefigge
di raggiungere, sia nel breve periodo, sia a regime. In più, dovrebbe possedere tutti gli elementi
volti alla definizione e descrizione delle strategie da adottare nella programmazione delle azioni
di marketing (in termini di prodotto, prezzo, promozione e modalità distributive).
La struttura organizzativa
Dalla definizione degli obiettivi economici e di mercato, dovrebbe derivare una coerente strategia organizzativa (sia per quanto riguarda l’impiego di risorse umane, sia per quanto riguarda le
decisioni riguardanti gli investimenti).
Ricollegandosi alla prima parte del Business Plan (presentazione dei nuovi imprenditori), andrà
descritta la struttura organizzativa della nuova impresa, precisando le competenze e le responsabilità di ogni componente (titolare, socio ed eventuali assunzioni previste). Andranno inoltre descritti e motivate le scelte relative sia alla forma giuridica, sia agli investimenti previsti, coerentemente con le strategie che si prevede di adottare.
Gli investimenti in programma
Gli investimenti in programma, giustificati nella parte descrittiva, vanno elencati all’inizio della
parte economico-finanziaria. Le informazioni relative a questa parte vengono normalmente presentate in forma tabellare.
Il prospetto degli investimenti serve a indicare i beni di cui ci si intende dotare per l’espletamento dell’attività aziendale (immobili, arredi, macchine d’ufficio, macchinari, attrezzature, ecc.).
La possibilità di analizzare tali elementi permette al lettore del Business Plan di valutare con
obiettività la struttura che si intende approntare per l’avvio dell’attività.
Fabbisogno finanziario e fonti di copertura
Il fabbisogno finanziario comprende le uscite di cassa che dovrà effettuare inizialmente la nuova
impresa: non solo, dunque, quelle per gli investimenti, ma anche quelle per il cosiddetto attivo
circolante (scorte, credito Iva, liquidità, ecc.).
L’aspirante imprenditore deve dimostrare come ha intenzione di coprire il proprio fabbisogno.
L’azienda ha a disposizione due tipologie di fonti di finanziamento: a breve e a lungo termine. Si
considerano a breve quelle fonti rimborsabili nei successivi 12 mesi; a lungo termine quelle rimborsabili oltre i 12 mesi.
Stato patrimoniale e conto economico preventivi
I prospetti relativi alle immobilizzazioni, al fabbisogno ed alle fonti di copertura appaiono una
diretta conseguenza delle voci esposte all’interno dello Stato Patrimoniale preventivo, che riunisce tutti i prospetti presentati in precedenza. Tale prospetto, infatti, rappresenta, alla fine di ciascun anno, la fotografia dell’intero patrimonio aziendale e delle fonti necessarie per ottenerlo.
Il Conto Economico, invece, serve a riassumere la struttura dei costi e dei ricavi generati dall’attività di impresa in dato periodo amministrativo (anno).
Le previsioni relative sia al Conto Economico, sia allo Stato Patrimoniale, vengono normalmente effettuate per un periodo di almeno tre anni.
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Previsioni dei flussi di cassa
È di fondamentale importanza che il nuovo imprenditore possa prevedere le uscite finanziarie
che l’azienda dovrà sostenere, almeno nel primo anno di vita.
In questo modo egli potrà controllare se gli apporti del capitale di rischio, gli incassi per le vendite, i finanziamenti degli istituti di credito o di leggi di agevolazione, in sintesi tutte le entrate
finanziarie, riescono a coprire le uscite dovute agli investimenti ed alla gestione corrente.
Il piano di marketing
Il piano di marketing è l’elemento chiave del piano d’impresa poiché serve all’imprenditore per
capire quali sono le opportunità di business che presenta il mercato a cui ci si vuole rivolgere.
Elementi del piano di marketing
- Chi sono i potenziali clienti;
- Chi sono i potenziali concorrenti;
- Quali sono le strategie che si possono usare per conoscere e raggiungere il mercato target
prescelto.
Inoltre, dovrebbero anche essere spiegate le strategie che si vogliono utilizzare per mantenere le
quote di mercato eventualmente conseguite.
In buona sostanza: in un piano di marketing l’imprenditore descrive “chi fa cosa, quando, dove
e come”. Si tratta, in sostanza, di fare un’attività di pianificazione di marketing.
Schema piano
L’attività di pianificazione di marketing comporta una serie di attività che vanno dalla definizione degli obiettivi aziendali, dalle ricerche di mercato, dalla valutazione dei punti di forza e di
debolezza dell’azienda fino alla definizione delle strategie di marketing e dei budget. In sintesi
il processo di pianificazione di marketing puoi visualizzarlo in questo modo:
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Obiettivi di marketing
Dopo aver definito gli obiettivi, occorre fare le opportune ricerche di mercato per verificare che
effettivamente i tuoi obiettivi siano raggiungibili. Dalle tue ricerche di mercato devi avere molto
chiare queste informazioni:
- quanto è grande il tuo mercato?
- come è segmentato?
- si tratta di un mercato nuovo? oppure di un mercato maturo? oppure di un mercato saturo?
- chi sono i tuoi principali clienti? Dove si trovano?
- quali sono i prodotti/servizi più venduti?
- i prodotti attuali soddisfano le esigenze dei tuoi clienti?
- chi sono i tuoi concorrenti? Dove si trovano? Operano nello stesso segmento di mercato della
tua azienda? Quali canali di distribuzione utilizzano?
- è necessario sviluppare nuovi prodotti/servizi?
- quali sono i canali di distribuzione?
- quali sono i mezzi di comunicazione utilizzati: la stampa, Internet, la TV, la radio, il direct
mailing?
Swot analisys
Alla luce dei dati ottenuti dalle ricerche di mercato, puoi procedere a valutare i punti di forza e
di debolezza della tua azienda, nonché le opportunità e le minacce che “arrivano” dal mercato
(devi fare la cosiddetta SWOT ANALISYS). I punti di forza e di debolezza devi analizzarli dal
punto di vista della tua azienda e dei tuoi prodotti/servizi; mentre le opportunità e le minacce sono fattori esterni di cui tu non hai il controllo. Questa è una delle fasi più importanti di tutto il
piano di marketing. Da questa analisi devi cercare di sfruttare i punti di forza, superare i punti di
debolezza, cogliere le opportunità che arrivano dal mercato e difenderti dalle minacce.
Dopo aver condotto la SWOT ANALISYS, per scrivere il tuo piano di marketing, non devi far altro che stabilire le strategie: devi cioè stabilire i modi e i mezzi con cui intendi raggiungere gli
obiettivi che hai in precedenza prefissato. Le strategie di marketing sono strettamente collegate
agli elementi del marketing mix: e cioè al prodotto, al prezzo, alla promozione e al punto vendita.
Una strategia di sviluppo per un’impresa potrebbe essere quella di offrire ai suoi clienti attuali
una più ampia gamma di prodotti o servizi.
Oppure un’altra strategia potrebbe essere quella di attuare una politica di sconti per un determinato tipo di prodotto; oppure si può pensare di cambiare l’organizzazione della rete di vendita.
Un’altra strategia potrebbe essere quella di aumentare la partecipazione a fiere ed eventi di settore per promuovere l’azienda, oppure il ricorso a varie forme di comunicazione.
I costi di una cooperativa
I costi di una cooperativa sono tanti e di diversa natura. E sono soprattutto i costi che hanno “un
peso” imparare a conoscerli e valutarli ha un’importanza fondamentale nel non sprecare risorse
e quindi nella riuscita dell’impresa.
In molte cooperative ed organizzazioni del Terzo Settore, spesso, le decisioni sui costi da sostenere si prendono sulla base dell’esperienza e delle capacità e competenze dei vari operatori.
Queste decisioni se sotto l’aspetto tecnico risultano essere perfette, può accadere che da un punto di vista economico sono un disastro.
Differenziazione dei costi: è evidente che il costo del personale è diverso dal costo per l’acquisto
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del materiale, o dal costo per le utenze o dal costo dell’affitto del locale: perché si tratta dell’acquisizione di risorse di natura diversa.
Variabilità dei costi: ci sono costi che possono variare nel tempo e nelle quantità prodotte; per
esempio, il costo che sostengo oggi per acquistare 1 litro di benzina è sicuramente diverso dal
costo che ho sostenuto 10 giorni fa e anche dal costo che sosterrò tra 15 giorni. Inoltre la variabilità dei costi può dipendere oltre che dal tempo anche dalla quantità perché ci sono dei costi
che aumentano o diminuiscono in base anche alle quantità prodotte.
Costi fissi e costi variabili: quindi quando fai la stima dei tuoi costi ricordati sempre di distinguere i costi fissi dai costi variabili. Tutti questi costi fissi e variabili sono presenti nel bilancio
della cooperativa ma li ritrovi “tutti alla rinfusa”. Se tu vuoi avere una chiara distinzione tra i
due, devi impostare un sistema di analisi dei costi: cioè devi analizzare ad uno ad uno i tuoi costi e capire se si tratta di un costo fisso e di un costo variabile.
I costi fissi di una cooperativa
I costi fissi sono tutti quei costi che a prescindere dal fatto che produci tanto, poco o niente, la cooperativa comunque li deve sostenere. Per esempio, una cooperativa che si occupa di turismo sociale e
gestisce un albergo, a prescindere da quante camere occupa ogni giorno, deve comunque sostenere
dei costi fissi come lo stipendio per il capo ricevimento, lo stipendio per la governante, l’ammortamento per l’ascensore, l’ammortamento per l’arredamento delle camere, le spese per la manutenzione
del locale, ed altri ancora. Da questi esempi hai anche tu capito che i costi fissi per una cooperativa
sono per lo più costi di “struttura” e si sostengono anche nel caso in cui l’albergo per alcuni giorni ha
camere vuote perché non accoglie clienti: ciò significa che i costi fissi non hanno nessuna relazione
con il volume di produzione ed hanno un andamento costante, almeno per un certo periodo di tempo.
Andamento costi fissi
Questo grafico ti dice che se la cooperativa non occupa le camere dell’albergo, e quindi ha una
produzione pari a zero, comunque i costi fissi devono essere sostenuti. Se la cooperativa ha costi
fissi pari a €240.000 questi costi devono essere comunque sostenuti sia se le camere rimangono
vuote sia se ne vengono occupate 5 sia che ne vengono occupate 10.
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Costi variabili
I costi variabili di una cooperativa sono invece tutti quei costi che variano in relazione al volume
di produzione cioè dalle quantità di camere e che la cooperativa riesce ad occupare. Questi costi
variabili quindi li sostieni solo e soltanto se produci il prodotto o eroghi il servizio. I costi variabili per una Pre
cooperativa che gestisce un albergo sono per esempio: i costi per il cambio della
biancheria,
i costi per il set di cortesia, costi per energia e acqua nelle camere, costi per le provpensionamento
vigioni alle agenzie di viaggio.
Pensioni
di inabilità
Costo totale
La somma quindi dei Costi Fissi (CF) e dei Costi Variabili (CV) dà il Costo Totale che la cooperativa sostiene per la gestione dell’albergo.
Il Costo Totale (CT) cresce quando aumenta la quantità di camere “vendute”; se le camere non
vengono riempite e quindi l’albergo non ha clienti, il Costo Totale della cooperativa è rappresentato solo dai Costi Fissi (CF) perché l’albergo non sostiene i Costi Variabili (CV). Il Costo Totale appare graficamente così:
Andamento costo totale
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Break Even Point
Conoscere i costi della tua cooperativa ti serve non solo per poter determinare il prezzo di vendita a cui, nel nostro esempio, la cooperativa può decidere di “vendere” una camera, ma ti consente di sapere se producendo ad un determinato livello di costi, hai un reddito positivo o negativo. Ecco a cosa serve conoscere i costi della gestione.
Puoi, anche tu, usare uno strumento molto semplice che si chiama ANALISI DEL PUNTO DI
EQUILIBRIO o BREAK EVEN POINT, che è uno strumento che ti consente di analizzare e verificare qual è il livello di produzione e di vendita dei prodotti/servizi in cui il reddito è uguale a
zero perché i ricavi conseguiti sono uguali ai costi. Più semplicemente il problema della cooperativa è non solo capire a quale prezzo di vendita offrire una stanza dell’albergo, ma anche
quante camere e servizi annessi deve “vendere” per poter almeno coprire tutti i costi sostenuti
cioè i Costi Fissi ed i Costi Variabili.
Cioè il punto in cui le rette del Costo Totale (CT) e del Ricavo Totale (RT) si incontrano è il cosiddetto Punto di Pareggio o di Equilibrio, è il punto in cui l’utile è uguale a zero perché i ricavi
conseguiti dalla cooperativa con la vendita delle camere coprono i costi sostenuti.
La cooperativa si trova in un’area di perdita quando la retta dei Costi Totali (CT) supera la retta
dei Ricavi totali (RT); la cooperativa, opera e si trova in un’area di profitto nel caso in cui la retta dei Costi Totali (CT) è al di sotto della retta dei Ricavi totali (RT).
La cooperativa, attraverso questo modello, ad esempio può stabilire il prezzo a cui vendere le camere, nel caso vuole conseguire un reddito annuo pari a €220.000. Ipotizziamo che la nostra cooperativa ha dei Costi Fissi pari a €240.000; un Costo Variabile Unitario pari a €50; e sulla base di
alcune previsioni fatte stima di poter avere circa 6.000 presenze di clienti/annue. Vediamo come:
Prezzo di vendita
P= Costi Fissi + Reddito + Costo Variabile Unitario
Quantità
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Sostituendo alla formula per l’individuazione del prezzo di vendita, i valori della nostra cooperativa otteniamo che:
P= 240.000 + 220.000 + 50
Quantità
Determinazione prezzo di vendita
La cooperativa per raggiungere un reddito annuo pari a € 220.000, ed ipotizzando di avere
un’occupazione di 6.000 presenze/anno, deve vendere le camere ad un prezzo di vendita almeno
pari a €127,00.
Questa è solo una delle tante risposte a cui può portare l’analisi dei costi e del punto di pareggio.
Ulteriori elementi costitutivi il bilancio di una cooperativa lo stato patrimoniale
Per fare il bilancio di una cooperativa ti servono alcuni documenti: il Conto Economico, lo Stato
Patrimoniale e la Nota Integrativa.
Abbiamo visto il significato che si nasconde dietro ai valori contabili di costo e di ricavo che sono nel Conto Economico. Ora vediamo il significato delle voci che trovi quando leggi lo Stato
Patrimoniale di una cooperativa.
Analisi di bilancio
Esaminiamo il bilancio di un asilo nido. Una cooperativa che gestisce un asilo nido deve sostenere una serie di costi. Alcuni dei quali sono costi cosiddetti d’esercizio e contabilmente vengono registrati nel Conto Economico. Altri costi invece sono i cosiddetti costi pluriennnali (chiamati anche immobilizzazioni) cioè quei costi che la cooperativa sostiene in un determinato anno
ma che hanno una durata utile di più anni.
Per capire meglio, i costi pluriennali della cooperativa sono gli investimenti che deve fare per
acquistare i locali dove svolgere l’attività di ludoteca, gli arredi ed i mobili per le aule, la cucina,
etc. Oltre agli investimenti per i costi pluriennali (cioè le Immobilizzazioni), la cooperativa può
fare investimenti in scorte di magazzino, oppure crediti, oppure disponibilità di banca o cassa
(cosiddetto Attivo Circolante).
Acquisizione di fondi per investimenti
Per affrontare tutti questi investimenti la cooperativa deve trovare dei soldi cioè deve cercare
una copertura finanziaria. Quindi se la cooperativa ha necessità di comprare investimenti per
300.000 euro, deve trovare fonti finanziarie (cioè finanziamenti) per altrettanti 300.000 euro.
Dove si possono “rimediare” questi 300.000 euro? Da varie parti: € 200.000 ce li mettono i soci
sotto forma di “capitale sociale”; i rimanenti € 100.000 vengono chiesti in prestito a terzi (il cosiddetto capitale di terzi), cioè alle banche, agli istituti finanziari, a parenti, amici, fornitori o altri finanziatori.
Ecco come appare lo stato patrimoniale della cooperativa in forma sintetica:
Cosa significano quindi queste voci dello Stato Patrimoniale? Come vanno lette ed interpretate?
Queste voci contabili ci dicono che la cooperativa ha investito € 210.000 in immobilizzazioni
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APPENDICE
cioè in beni (cucina, arredi, etc) che impiegano quindi molti anni prima di “ritrasformarsi” in
denaro liquido (attraverso le quote di ammortamento); i rimanenti €90.000 sono stati investiti in
capitale circolante. Cosa c’è dentro a questo capitale circolante? Ci sono le rimanenze (€5.000);
ci sono dei crediti (per 45.000 euro) e poi ci sono delle liquidità (per 40.000 euro). Tolte le liquidità, tutto quello che sta nel capitale circolante si “trasforma” in denaro entro un periodo di 12
mesi.
Il capitale sociale e il capitale di terzi
Capitale Sociale
Per far fronte a questi investimenti di 300.000 euro, la cooperativa deve trovare la copertura finanziaria cioè le fonti di finanziamento o, se preferisci: deve trovare i soldi per comprare tutti
gli investimenti. Come mostra lo stato patrimoniale, in questo caso €200.000 sono messi dai soci sotto forma di capitale sociale; questo capitale sociale ha un peso positivo per la cooperativa
perché si tratta di denaro che essa ha a disposizione in modo permanente (cioè non deve restituire) e sul quale non vengono pagati gli interessi.
Capitale di terzi o da indebitamento
Invece il capitale di terzi (meglio conosciuti come debiti!) per una parte pari a € 80.000 sono
stati prestati alla cooperativa dalla banca sotto forma di mutuo e quindi, pur rappresentando un
debito, sono soldi che non devono essere restituiti subito (cioè entro 12 mesi) ma in un arco
temporale di almeno 5-10 anni. Gli altri 20.000 euro sono debiti a breve termine, cioè debiti che
la cooperativa ha nei confronti dei suoi fornitori, e che si impegna a pagare entro 12 mesi.
La correlazione temporale dell’investimento
Esaminando quindi lo Stato Patrimoniale puoi vedere le scelte compiute dalla cooperativa cioè
come ha investito i soldi a disposizione tra le immobilizzazioni e le attività liquide. E non solo:
perché leggendo lo Stato Patrimoniale puoi comprendere se ha rispettato il principio della correlazione temporale.
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Elementi di valutazione ulteriore
Leggendo i dati dello Stato Patrimoniale della cooperativa, tu stesso puoi vedere che il principio
della correlazione temporale è stato rispettato perché la cooperativa ha usato tutti i 200.000 euro
del capitale sociale e una parte dei debiti a lungo termine per compiere gli acquisti in immobilizzazioni pari a € 210.000. E non solo: la cooperativa, grazie all’indebitamento a lungo termine
(cioè il mutuo) riesce a “coprire” anche il valore delle scorte (€ 5.000) e dei crediti v/clienti che
deve incassare. Per far fronte ai debiti nei confronti dei fornitori, cioè che devono essere pagati
nei prossimi 12 mesi, la cooperativa può utilizzare la disponibilità liquida della banca.
Conclusioni
Dopo quanto abbiamo visto, ora sicuramente comprendi meglio il perché il Bilancio non risponde alla sola domanda “Quante imposte devo pagare quest’anno?”.
Se utilizzi il bilancio solo per cercare questa risposta, utilizzi le sue informazioni solo al 10%
delle sue potenzialità.
Dal bilancio puoi trarre indicazioni importanti sulla tua attività caratteristica. Se essa ti ha generato risorse o te le ha assorbite; puoi inoltre anche tu verificare se hai utilizzato correttamente le
fonti finanziarie (cioè i soldi) che hai a disposizione per fare i tuoi investimenti o se invece hai
utilizzato debiti a breve termine per acquistare mobili e arredi. Il bilancio serve a questo e molto
altro ancora…
Perché tutto sulle nostre spalle? Le agevolazioni esistenti
Non è facile trovare informazioni adeguate sulle leggi di agevolazione, anzi è decisamente
fuorviante. Il settore delle agevolazioni è infatti soggetto ad una produzione legislativa:
• quantitativamente ingente;
• a vari livelli (comunitario, nazionale, regionale e, in alcuni casi, anche provinciale e camerale);
• con misure variabili a seconda di diversi fattori (localizzazione, forma giuridica, settore di attività, investimento da finanziare ecc.);
• “a ragnatela”, in cui ogni provvedimento si richiama ad altri e forma un intreccio normativo
estremamente complesso, che comprende spesso una o più leggi a vari livelli, altre leggi modificative di queste, regolamenti di attuazione, circolari ministeriali ed interministeriali, provvedimenti degli istituti o degli enti che gestiscono materialmente le agevolazioni, e perfino
consuetudini non scritte degli organismi erogatori o gestori degli interventi;
• con validità operativa limitata, per scadenza dei termini di presentazione delle domande o per
esaurimento dei fondi a disposizione (in entrambi i casi, spesso a breve o a brevissimo termine), o addirittura nulla per assenza di regolamenti applicativi.
Molte delle informazioni necessarie per accedere alle agevolazioni (soprattutto quelle sull’operatività dei provvedimenti) non compaiono peraltro in alcun documento ufficiale e sono di difficile o incerta reperibilità.
È opportuno pertanto rivolgersi a sportelli informativi specializzati, operativi presso molte Camere di commercio. Lo sportello camerale utilizza spesso – e in alcuni casi mette gratuitamente
a disposizione – diverse banche dati sull’argomento, aggiornate in tempo “quasi reale” e in grado di dare un quadro sintetico delle opportunità realmente esistenti per uno specifico tipo di
impresa, localizzata in una certa zona e con determinati obiettivi.
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QUADERNO N. 21 EDIZIONE 2012
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Passo
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a cura di Monica Berarducci, Giorgia Scivola e Anna Contardi
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