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Prospettive in Pediatria
Gennaio-Marzo 2015 • Vol. 45 • N. 177 • Pp. 41-52
Neonatologia
Nutrizione enterale
e parenterale
del neonato prematuro
Gianluca Terrin
Mario De Curtis
Unità di Neonatologia, Patologia
e Terapia Intensiva Neonatale
del Policlinico Umberto I,
Sapienza Università di Roma
I fabbisogni nutrizionali del neonato di peso molto basso alla nascita sono elevati e dovrebbero essere forniti sin dalle prime ore di vita. Nei primi periodi di instabilità clinica la nutrizione parenterale rappresenta l’unica via attraverso la quale è possibile somministrare nutrienti in quantità adeguate. Nel corso della prima settimana di vita bisogna fornire apporti
di 90-120 Kcal/kg/die, con circa 3-4 g/kg/die di amminoacidi, 12-16 g/kg/die di carboidrati e
3-4 g/kg/die di lipidi. Elettroliti e minerali vanno somministrati sin dalle prime ore di vita e le
loro concentrazioni ematiche vanno attentamente monitorate. La nutrizione enterale deve
essere iniziata il prima possibile con piccoli volumi e progressivamente aumentata fino al
raggiungimento di un’alimentazione enterale esclusiva (150-160 ml/kg/die pari a 120 Kcal/
kg/die). Il latte materno è sempre preferibile alle formule artificiali per la nutrizione enterale
dei neonati prematuri.
Riassunto
Optimizing postnatal nutritional supply is a major challenge in premature infants. Severe
cumulative nutritional deficits that occur early in life may have short- and long-term adverse consequences. Complete enteral feeding is frequently delayed in premature infants
and parenteral nutrition represents essential therapeutic option for these infants in the first
days of life. Available recommendations suggest starting parenteral nutrition as soon as
possible after birth and rapidly attaining adequate intakes with a well-balanced solution,
in order to promote anabolism, to improve clinical outcomes, and to avoid biological disorders. A minimum intake of 40-60 Kcal/kg/die with 2-3 g/kg/die of amino acids, 1-2 g/kg/
die of lipids and sufficient minerals is now recommended, from the first hours of life, in all
premature infants. Intakes should be increased during the first week of life, according with
clinical condition, up to 90-120 Kcal/kg/die with about 3-4 g/kg/die amino acids, 3-4 g/kg/
die of lipids and adequate amounts of electrolytes, minerals, trace elements and vitamins.
Enteral nutrition should be started when patient is stable and it should be increased until
full enteral feeding is reached. Breast milk is the preferred form of enteral nutrition for
preterm babies.
Summary
Metodologia della ricerca
bibliografica
enterale e 141 su quella parenterale. Sono state identificate e analizzate 59 metanalisi.
Utilizzando i termini “nutrition”, “enteral nutrition”, “parenteral nutrition” e “preterm neonates” in combinazione tra loro, senza limiti temporali, sono stati identificati, sul database PubMed, 486 studi in lingua inglese classificati come studi clinici (es. “clinical trial”
o “randomized clinical trial”) o metanalisi. Tra questi,
182 studi clinici sono stati effettuati sulla nutrizione
Introduzione
Quasi tutti i neonati con un peso alla nascita inferiore a 1.500 g presentano un deficit di crescita postnatale nelle prime settimane di vita. Questo iniziale
ritardo può avere conseguenze anche sul successivo sviluppo auxologico e neurologico (Fenton e Kim,
41
G. Terrin, M. De Curtis
2013). È possibile ridurre questo rischio attraverso
un’adeguata nutrizione sin dalle prime ore di vita,
per via enterale e parenterale. Prendendo come riferimento gli apporti nutrizionali fetali (Stephens et
al., 2009), sono stati definiti i fabbisogni macro- e
micronutrienti da somministrare ai neonati prematuri. L’inizio della nutrizione enterale è spesso ritardato
nel neonato pretermine per l’instabilità delle condizioni cliniche nei primi giorni di vita. In questa fase,
la nutrizione parenterale rappresenta l’unica opzione
possibile per garantire un adeguato apporto nutrizionale. Oggi si ritiene opportuno iniziare la nutrizione
parenterale immediatamente dopo la nascita per
fornire, un adeguato apporto di nutrienti, utilizzando soluzioni endovenose equilibrate, finalizzate a
promuovere precocemente uno stato di anabolismo.
Un apporto minimo di 40-60 Kcal/kg/die, con 2-3 g/
kg/die di amminoacidi (AA) e 1-2 g/kg/die di lipidi,
è attualmente raccomandato sin dalle prime ore di
vita. Dopo un breve periodo di adattamento postnatale, queste quote devono essere progressivamente aumentate fino a raggiungere 90-120 Kcal/kg/
die, 3-4 g/kg/die di aminoacidi, 3-4 g/kg/die di lipidi
e adeguate quantità di elettroliti, minerali, oligoelementi e vitamine. Anche se la nutrizione parenterale
rappresenta la principale via di somministrazione di
nutrienti nei primi giorni di vita e nei periodi di instabilità clinica, la nutrizione enterale dovrebbe essere
iniziata prima possibile con piccoli volumi (10-30 ml/
kg/die) e progressivamente aumentata (20-30 ml/kg/
die) fino al raggiungimento di un’alimentazione enterale completa (150-160 ml/kg/die pari a 120 Kcal/
kg/die). In questo modo, dopo il primo periodo di instabilità clinica, tutte le necessità nutrizionali dovrebbero essere coperte solo con la nutrizione enterale.
Sebbene le formule artificiali siano decisamente migliorate negli ultimi anni per venire incontro ai fabbisogni nutrizionali del neonato pretermine, il latte
materno è l’alimento da preferire per questi bambini.
I limiti nutrizionali del latte materno per i neonati prematuri (es. carenza di proteine e minerali) possono
essere ridotti mediante l’impiego di specifici fortificanti a base di proteine, carboidrati, lipidi, elettroliti
e micronutrienti.
Obiettivo della revisione
Analizzare criticamente la letteratura scientifica più
recente al fine di orientare, in base alle migliori evidenze scientifiche disponibili, la pratica clinica quotidiana in riferimento alla nutrizione enterale e parenterale del neonato pretermine.
Dati salienti emersi
dagli studi considerati
Da tutti gli studi analizzati emerge che l’apporto nutrizionale deve sempre essere regolato in base alle
42
condizioni cliniche del neonato. Al tal fine è necessario distinguere due fasi cliniche principali: i) periodo
di adattamento (che dura solitamente una o due settimane); ii) e, successivamente, il periodo di stabilità
clinica e di crescita. Durante il periodo di adattamento
la nutrizione parenterale è essenziale per garantire la
sopravvivenza dei neonati prematuri e la gran parte
dei nutrienti viene fornita in questo modo. La durata
di questo periodo può variare in relazione all’età gestazionale, al peso corporeo e alla presenza di condizioni morbose (es. persistenza del dotto arterioso di
Botallo, infezioni, etc.). Quando il neonato è stabile va
iniziata la nutrizione enterale, che è più fisiologica e
contribuisce a ridurre la durata della nutrizione parenterale e le complicanze a essa associate.
Diversi studi dimostrano l’importanza di ridurre il periodo di transizione, promuovendo precocemente uno
stato di anabolismo. A tal fine devono essere forniti
precocemente i fabbisogni energetici, di macronutrienti e micronutrienti, come indicato di seguito.
Interpretazione
degli studi considerati
In questo paragrafo sono riportati i principi teorici e le
applicazioni pratiche della nutrizione enterale e parenterale nel neonato pretermine in accordo con le più
recenti evidenze scientifiche disponibili in letteratura.
Sono indicati gli standard di riferimento della crescita
e i fabbisogni di macro e micronutrienti da somministrare con la nutrizione parenterale ed enterale.
Standard di riferimento della crescita
nei neonati prematuri
I parametri di crescita presi come riferimento per i neonati prematuri sono stati stabiliti tenendo in considerazione sia la crescita post-concezionale di un feto di
pari età che le variazioni del peso dopo la nascita del
neonato a termine (Fenton e Kim, 2013). La velocità di
crescita durante la vita fetale è molto elevata durante
il terzo trimestre di gestazione ed è superiore a quella
riscontrabile in qualsiasi altro periodo della vita. L’aumento di peso medio durante la vita fetale nell’ultimo
trimestre di gestazione è di circa 15 g/kg/die. Tuttavia
l’aumento di peso fetale giornaliero varia da 20 g/kg a
24-28 settimane di età postconcezionale, fino a 10 g/kg
a termine di gestazione. Anche la composizione corporea cambia durante l’ultimo trimestre di gestazione e di
conseguenza i fabbisogni nutrizionali di neonati prematuri variano in relazione all’età post-concezionale.
Subito dopo la nascita è opportuno ottenere un calo
fisiologico (pari a circa il 5-7%, ma non superiore al
15%, del peso corporeo della nascita) anche nel neonato prematuro, per favorire i processi di adattamento
cardio-respiratori alla vita extrauterina. La ripresa del
peso della nascita dovrebbe avvenire entro i primi 7-10
giorni di vita. Tuttavia, le condizioni cliniche, spesso cri-
Nutrizione enterale e parenterale del neonato prematuro
tiche dei primi giorni, riducono la probabilità di ottenere
una crescita simile a quella di riferimento e spesso si
assiste a un calo ponderale eccessivo e a allo sviluppo
di un precoce ritardo di crescita extrauterino. Pertanto, una corretta gestione della nutrizione deve essere
sempre orientata a ottenere un calo fisiologico e a limitare il ritardo di accrescimento extrauterino.
Fabbisogni di macro e micronutrienti
Energia
I fabbisogni di energia per i neonati prematuri si calcolano aggiungendo alla quota del dispendio energetico quella immagazzinata nei tessuti per la crescita
(Senterre et al., 2015; Terrin et al., 2015). La spesa
energetica di base, misurata mediante studi di calorimetria indiretta, è pari a 45-55 Kcal/kg/die, con piccole variazioni in base all’età gestazionale (Fig. 1). Il costo energetico della crescita varia da 50 a 70 Kcal/kg/
die per ottenere un’adeguata deposizione di massa
magra e massa grassa. Pertanto, i fabbisogni energetici giornalieri di un neonato pretermine sono stimati
in 95 e 125 Kcal/kg. Sulla base di questi dati, viene
raccomandato la somministrazione di 40-60 Kcal/kg/
die sin dalle prime ore di vita, per raggiungere entro
la prima settimana 95-125 Kcal/kg/die (Senterre et
al., 2015; Terrin et al., 2015). L’incremento dell’apporto energetico deve essere modulato in relazione alle
condizioni cliniche e metaboliche del singolo neonato, controllando l’eventuale insorgenza di complicanze quali iperglicemia e ipertrigliceridemia. In tal caso
l’apporto energetico non proteico deve essere ridotto
cercando di rispettare il rapporto tra proteine ed energia che dovrebbe essere pari a 1 g di proteine per
ogni 25-30 Kcal non proteiche (Fig. 1). Il mantenimento di questo rapporto riduce i rischi di squilibri metabolici, come l’acidosi metabolica o l’iperglicemia. Un
importante limite al rapido raggiungimento dell’apporto energetico consigliato è costituito dalla necessità
di limitare i liquidi somministrati nei primi giorni di vita
per favorire l’adattamento alla vita extrauterina e per
ridurre il rischio di un prolungamento dell’insufficienza
respiratoria e la persistenza della pervietà del dotto
arterioso di Botallo. L’incremento dell’apporto nutrizionale, dunque, deve essere effettuato sempre tenendo
in considerazione l’andamento della curva ponderale,
le condizioni cliniche, l’equilibrio metabolico ed elettrolitico e l’eventuale insorgenza di complicanze.
Proteine
Il fabbisogno proteico giornaliero del feto nell’ultimo trimestre di gestazione è stato stimato intorno a
2,5 g/kg. Tuttavia, le proteine in questa epoca della
vita fetale non vengono utilizzate solo per la crescita, ma anche come fonte energetica. Pertanto il fabbisogno proteico giornaliero del neonato pretermine
raggiunge 3,5-4,5 g/kg. Infatti, solo mediante la somministrazione di 3-4 gr/kg/die è possibile ottenere un
bilancio azotato positivo e una ritenzione di azoto di
Figura 1. Fabbisogni proteici ed energetici nel neonato di
peso molto basso alla nascita.
Note. La relazione tra proteine ed energia non proteica da
somministrare al neonato di peso molto basso alla nascita è
di tipo lineare e il rapporto tra proteine ed energia deve essere sempre rispettato per qualsiasi quota proteica o energetica. Le linee tratteggiate indicano i livelli minimi (Min) e
massimi (Max) di calorie raccomandate per il neonato di
peso molto basso alla nascita. L’area indicata con la lettera
“R” comprende i valori proteici ed energetici ottimali che bisognerebbe raggiungere sin dai primi giorni di vita.
360-400 mg/kg/die, simile a quella osservata nel feto
di pari età post-concezionale (Senterre et al., 2015;
Terrin et al., 2015).
Studi recenti (Thureen et al., 2003) hanno dimostrato come la somministrazione precoce di 2,5-3,5 g/
kg/die di AA, mediante le soluzioni di AA per via
endovenosa, migliora la ritenzione di azoto, la sintesi proteica, la secrezione di insulina, la tolleranza
al glucosio e la crescita postnatale senza produrre
squilibri metabolici o effetti collaterali (Trivedi, 2013).
Tuttavia, a causa della scarsa solubilità di alcuni
aminoacidi (es. tirosina, cisteina), le soluzioni di AA
utilizzate per la somministrazione endovenosa possono determinare degli squilibri, seppur minimi, rispetto alla nutrizione enterale in termini di apporto
aminoacidico giornaliero.
Le attuali raccomandazioni suggeriscono di fornire
2-3 g/kg/die di AA il primo giorno di vita, con la nutrizione parenterale, e di aumentare rapidamente l’apporto di AA, fino al raggiungimento di 4 g/kg/die, nei
neonati di peso molto basso alla nascita. Aumentando
progressivamente il volume giornaliero di nutrizione
enterale è opportuno ridurre la quota proteica fornita
per via parenterale (Agostoni et al., 2010; Senterre et
al. 2015; Terrin et al. 2015).
Spesso l’azotemia è un esame utilizzato per valutare
l’adeguatezza dell’apporto proteico nei neonati. Tuttavia, nei neonati di peso molto basso, durante le prime
settimane di vita, l’azotemia è scarsamente correlata
43
G. Terrin, M. De Curtis
con gli apporti di aminoacidi o di proteine e risente
principalmente dell’immaturità renale e dello stato di
idratazione. Pertanto l’azotemia non è un indice adeguato per valutare l’adeguatezza dell’assunzione proteica nel primo mese di vita nel neonato pretermine.
Carboidrati
Il neonato prematuro deve ricevere un adeguato apporto di carboidrati sin dai primi minuti di vita per prevenire l’ipoglicemia secondaria all’immediata interruzione del passaggio di glucosio attraverso la placenta
e alle basse riserve di glicogeno. Non sempre è possibile garantire un adeguato apporto di carboidrati del
neonato pretermine attraverso la nutrizione enterale,
soprattutto nelle prime ore di vita e, in particolare, nei
neonati di peso molto basso alla nascita. Pertanto la
via più utilizzata inizialmente è quella endovenosa.
Il glucosio è l’unico carboidrato somministrato per
via endovenosa, se si esclude il glicerolo contenuto nelle soluzioni endovenose di lipidi. Il glucosio è
prontamente disponibile per il metabolismo cerebrale
e rappresenta la principale fonte di energia durante
i periodi di nutrizione parenterale. I neonati di peso
molto basso sono esposti a un elevato rischio di iperglicemia, in particolare se in nutrizione parenterale totale. L’incidenza di iperglicemia aumenta quanto più il
neonato è prematuro e dipende da diversi fattori quali
l’insulino-resistenza e l’eventuale presenza di sepsi,
dolore e stress provocati dalle procedure assistenziali, oltre che da una limitata velocità di ossidazione
del glucosio, che non supera i 17 g/kg/die (12 mg/kg/
min) e che peggiora in presenza di condizioni cliniche
critiche.
Nei neonati prematuri, soprattutto se di peso molto
basso alla nascita, per evitare l’instaurarsi di uno stato di ipoglicemia, sono raccomandati apporti iniziali di
6-7 g/kg/die (4,2-4,9 mg/kg/min), che devono essere
gradualmente aumentati (1-2 mg/kg/min/die) fino a
12-17 g/kg/die (8,5-11,8 mg/kg/min), in base al grado
di tolleranza del singolo soggetto. Inoltre, il rapporto proteine/energia deve essere sempre rispettato e
l’apporto massimo di glucosio non dovrebbe superare
il 60% delle calorie non proteiche somministrate per
via parenterale.
Le concentrazioni ematiche di glucosio dovrebbero
essere sempre mantenute tra 2,6 mmol/L (47 mg/
dL) e 6,6 mmol/L (120 mg/dL). Nei neonati prematuri, l’ipoglicemia deve sempre essere considerata
un’emergenza metabolica, da correggere rapidamente aumentando gli apporti di glucosio mediante
la nutrizione enterale e/o parenterale (Senterre et al.,
2015; Terrin et al., 2015). Ugualmente, la presenza di
iperglicemia merita un’attenta valutazione diagnostica
alla ricerca di quelle condizioni che possono averla
determinata (elevato apporto di glucosio e di energia
mediante la nutrizione parenterale, ridotto apporto
proteico con alterazione del rapporto proteine/energia, ipofosfatemia, stress, infezioni, sepsi, dolore,
44
disidratazione, trattamento con steroidi, non utilizzo
della nutrizione enterale). Livelli di glucosio fino a
10 mmol/L (180 mg/dL) sono generalmente ben tollerati. Per concentrazioni superiori si manifesta una
diuresi osmotica, con conseguente disidratazione
e iperosmolarità plasmatica. In caso di iperglicemia
persistente è bene ridurre gli apporti per via endovenosa, e solo in un secondo momento ricorrere al
trattamento con insulina al dosaggio di 0,01-0,1 UI/kg/
ora, da adattare ai valori di glicemia osservati.
Lipidi
I lipidi sono necessari per garantire un adeguato apporto calorico al neonato pretermine (Lapillonne et
al., 2013). Durante i periodi di nutrizione parenterale totale l’ossidazione dei lipidi è inversamente proporzionale agli apporti di glucosio. In altri termini la
somministrazione di glucosio favorisce la deposizione
di lipidi. L’utilizzo dei lipidi forniti per via parenterale
è ottimale quando questi rappresentano il 40% della quota calorica non proteica. Un eccessivo apporto
lipidico può favorire la produzione di anidride carbonica, lo sviluppo di iperglicemia, sepsi, iperbilirubinemia e ipossia. L’impiego della carnitina, che favorisce
il trasporto degli acidi grassi a lunga catena attraverso
le membrane mitocondriali, facilita l’ossidazione dei
lipidi, può essere considerato alla dose di 10-20 mg/
kg/die, quando la durata della nutrizione parenterale totale sia superiore a due-tre settimane (Cairns e
Stalker, 2000).
Le emulsioni lipidiche per uso endovenoso (ELEV)
sono componenti fondamentali della nutrizione parenterale poiché forniscono energia che può essere
facilmente utilizzata, rappresentano una fonte esclusiva di acidi grassi essenziali (i.e. acido linoleico: LA,
C18: 2n-6, e acido alfa-linolenico: ALA, C18: 3n-3),
sono isotoniche e possono essere infuse anche in
vene periferiche. Inizialmente, le ELEV si basavano
solo su olio di soia costituito prevalentemente da acidi
grassi polinsaturi e da quantità minime di acidi grassi
saturi e monoinsaturi. Recentemente sono state introdotte nuove formulazioni di ELEV sviluppate a partire
da fonti diverse dalla soia. In particolare, si è visto che
l’olio d’oliva e l’olio di pesce, avendo una differente
composizione di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi, esercitano un effetto antinfiammatorio e il loro
uso si associa a una minore incidenza di retinopatia
della prematurità ed epatopatia secondaria a periodi prolungati di nutrizione parenterale totale (Pawlik
et al., 2011; Tomsits et al., 2013). I risultati migliori si
sono ottenuti con delle miscele di acidi grassi provenienti da fonti differenti.
Oggi si raccomanda di somministrare lipidi sin dalla prima giornata di vita, mediante ELEV, al dosaggio iniziale
di 1-2 g/kg/die in tutti i neonati prematuri. Sono previsti
incrementi giornalieri di 0,5-1 g/kg/die fino al raggiungimento di 3-4 g/kg/die. Per evitare un sovraccarico di lipidi somministrati per via endovenosa, le concentrazione
Nutrizione enterale e parenterale del neonato prematuro
plasmatiche di trigliceridi ritenute sicure devono essere
mantenute al di sotto di 150-200 mg/dL.
Fluidi ed elettroliti
La nascita si associa a una ridistribuzione di liquidi ed
elettroliti. Un calo di peso fisiologico (5-7% del peso
della nascita) si verifica anche nel neonato pretermine
secondariamente alla contrazione del compartimento
extracellulare. L’elevata percentuale di perdite insensibili di acqua per via transcutanea e l’immaturità renale
possono indurre squilibri idroelettrolitici (Baraton et al.,
2009). L’ipernatremia (> 150 mmol/L), secondaria a disidratazione o somministrazione per via parenterale di
un eccesso di sodio, si associa a un aumentato rischio
di danno cerebrale. L’eccesso di liquidi favorisce l’insorgenza di iponatremia, persistenza del dotto arterioso di
Botallo, broncodisplasia ed enterocolite necrotizzante
(Bell e Acarregui, 2008). Uno stato catabolico indotto
da un inadeguato apporto di proteine e calorie può essere invece alla base di una condizione di iperkaliemia. Recentemente è stato osservato che un apporto
considerato ottimale di proteine e calorie può indurre
ipofosforemia e ipokaliemia, e talvolta anche iponatremia e ipercalcemia. Pertanto i fabbisogni di elettroliti
dovrebbero essere coperti sin dal primo giorno di vita
tenendo conto di questi aspetti (Tab. I).
Non meno importante è l’omeostasi del cloro. Sebbene i fabbisogni di cloro siano da considerarsi simili a
quelli del sodio, frequentemente si assiste all’eccessiva somministrazione di questo ione poiché il cloro
è un componente presente nelle soluzioni di sodio,
potassio, calcio (come NaCl, KCl e CaCl) e di ami-
noacidi utilizzate per via parenterale e di alcuni farmaci molto usati come la dopamina e la dobutamina.
Questo aspetto deve essere tenuto in considerazione
quando si osservano stati di acidosi metabolica che
possono essere risolti mediante la somministrazione
di sodio e potassio come soluzioni di fosfati o acetati
invece che come cloruri.
Le più recenti raccomandazioni propongono un apporto iniziale di fluidi pari a 60-80 ml/kg/die per i neonati con peso alla nascita < 1.500 g, e di 80-90 ml/
kg/die per quelli con peso < 1.000 g, assistiti in incubatrici con livelli elevati di umidificazione ambientale
(70-80%) (Senterre et al., 2015; Terrin et al., 2015). Gli
aumenti successivi devono essere compresi tra 10 e
20 ml/kg/die fino al raggiungimento di 120-160 ml/kg/
die e devono sempre essere effettuati in relazione alle
condizioni cliniche, all’andamento del peso corporeo
e all’equilibrio elettrolitico. La misurazione delle concentrazioni plasmatiche e, se possibile urinarie, dei
principali elettroliti, può essere presa in considerazione per ottimizzare gli apporti quando il neonato è in
nutrizione parenterale totale.
Minerali (calcio, fosforo e magnesio)
Calcio, fosforo e magnesio, svolgono una funzione
essenziale per il metabolismo osseo e influenzano
in maniera significativa il metabolismo energetico e
la risposta immunitaria. La carenza di questi minerali
si associa a peggioramento del distress respiratorio,
intolleranza al glucosio e aumento del rischio di infezioni nosocomiali.
La ritenzione fetale di calcio e fosforo è molto alta du-
Tabella I. Fabbisogni nutrizionali di macronutrienti, minerali ed elettroliti per i nati pretermine.
Nutrizione enterale
Nutrizione parenterale totale
Dose iniziale
Obiettivo
Dose iniziale
Obiettivo
Volume, ml/kg/die
20-30
150-170
70-90
150
Apporto energetico, Kcal/kg/die
15-25
120-140
45-65
120-140
0.5-0.75
3.5-4.5
2-3
3,5-4,2
1:25
1:25
1:25
1:25
1,5-2,5
11-13
6-7
12-14
1
6-7
1-2
4
Calcio, mg/kg/die
24-36
180-200
25-40
80-100
Fosforo, mg/kg/die
15-20
100-140
20-30
60-80
1-2
8-10
2-5
7-9
0-1
3-5
0-1
3-7
Potassio, mmol/kg/die
0-1
1,7-3,4
0-1
2-3
Cloro, mmol/kg/die
0-1
3-5
0-1
3-5
Macronutrienti
Proteine, g
Rapporto
Proteine:Energia, (g/100 Kcal)
Carboidrati, g
Lipidi, g
Minerali
Magnesio, mg/kg/die
Elettroliti
Sodio, mmol/kg/die
45
G. Terrin, M. De Curtis
rante l’ultimo trimestre di gestazione, raggiungendo
livelli di 2,3-3,2 mmol/kg/die (90-130 mg/kg/die) e 2,42,7 mmol/kg/die (65-75 mg/kg/die), rispettivamente.
Nel neonato pretermine, a seguito della brusca interruzione del trasferimento placentare non è raro osservare stati carenziali per questi minerali. Elementi
sfavorevoli sono l’elevato fabbisogno e l’immaturità
dei sistemi di controllo ormonali. Recentemente, con
l’ottimizzazione degli apporti proteici ed energetici è
stato evidenziato un aumento dei casi di ipofosfatemia ipercalcemica precoce, fenomeno nuovo nel neonato prematuro da interpretare nell’ambito di una
“sindrome da rialimentazione neonatale” (Bonsante et al., 2013). Questi dati indicano la necessità di
somministrare dosi elevate di calcio e fosforo, con un
rapporto calcio/fosforo pari a 1,0-1,3, sin dalle prime
ore di vita. Particolare attenzione va posta anche nel
soddisfare i fabbisogni di magnesio. Una carenza di
questo minerale influenza negativamente l’omeostasi
del calcio e può favorire l’instaurarsi di danni al sistema nervoso centrale.
I dosaggi iniziali raccomandati sono 25-40 mg/kg/die
per il calcio, 20-35 mg/kg/die per il fosforo, e 2,4 mg/
kg/die per il magnesio. Successivamente queste dosi
devono essere aumentate fino a 65-100 mg/kg/die
per il calcio, 50-80 mg/kg/die per il fosforo e 5-7,5 mg/
kg/die per il magnesio.
I valori sierici di calcio, fosforo e magnesio dovrebbero
essere sempre mantenuti entro i limiti di 1,6-2,4 mmol/L,
1,6-3,1 mmol/L, 0,8-1,5 mmol/L rispettivamente.
Vitamine e oligoelementi
I neonati pretermine hanno scarse riserve di vitamine
e oligoelementi, che se non forniti in quantità adeguate dopo la nascita, possono complicare il decorso
clinico del neonato prematuro. Tuttavia i fabbisogni vitaminici non sono stati ancora ben definiti e di conseguenza vi è un’ampia variabilità nella composizione in
vitamine delle formule per la nutrizione enterale e dei
preparati per nutrizione parenterale (Senterre et al.,
2015). I fabbisogni ideali di vitamine e oligoelementi
sono riportati in Tabella II (NE, NPT iniziale, NPT totale). L’integrazione per via parenterale di vitamine e
oligoelementi deve essere iniziata quando la durata
Tabella II. Raccomandazioni relative alla somministrazione di vitamine e oligoelementi al neonato di peso molto basso
alla nascita.
Nutrizione enterale
Nutrizione parenterale totale
2-6
0,1-0,25
Zinco, mg/kg/die
2-3
0,4-0,5
Rame, µg/kg/die
100-130
20-40
Selenio, µg/kg/die
3-10
5–7
Cromo, ng/kg/die
30-1200
0,05-0,2
0.3-5
0,01-0,25
Manganese**, µg/kg/die
15-20
0,5-1,0
Iodio, µg/kg/die
20-40
1-10
Tiamina (B1), µg/kg/die
140-300
350-500
Riboflavina (B2), µg/kg/die
200-400
150-200
Niacina(B3), mg/kg/die
Oligoelementi
Ferro, mg/kg/die
Molibdeno, µg/kg/die
Vitamine idrosolubili
380-5500
4-6
Piridossina (B6), µg/kg/die
45-300
150-200
Acido folico, µg/kg/die
35-100
56
Cobalamina (B12), µg/kg/die
0,1-0.7
0,3
0,3-2
1-2
Acido pantotenico (B5), mg/kg/die
Biotina (B8), µg/kg/die
1-5
5
10-20
10-20
A, IU/kg/die
1000
700-1000
D, IU/kg/die
800-1000
40-160
E°, IU/kg/die
4-5
2-3
K°°, µg /kg/die
4-10
10
Acido ascorbico (C), mg/kg/die
Vitamine liposolubili
46
Nutrizione enterale e parenterale del neonato prematuro
della nutrizione parenterale totale supera le 2 settimane consecutive. Quando gli apporti nutrizionali sono
forniti prevalentemente per via enterale, l’integrazione con prodotti multivitaminici è consigliata nel caso
in cui non venissero rispettati i fabbisogni indicati in
Tabella II. In particolare l’integrazione di vitamina D
deve essere sempre effettuata fino al raggiungimento
di 800-1000 UI/die.
Applicazione pratica della nutrizione
nel neonato pretermine
Se durante i periodi di instabilità clinica l’apporto di
nutrienti avviene prevalentemente o esclusivamente
per via parenterale, l’obiettivo per tutti i neonati deve
essere quello di ridurre al minimo la durata della nutrizione parenterale in modo da minimizzare i rischi a
essa correlati. Per tale motivo la nutrizione enterale
deve essere introdotta il prima possibile e utilizzata in
quantità crescenti, in modo da integrare e, progressivamente, sostituire del tutto la nutrizione parenterale
(Agostoni et al., 2010).
Integrazione tra nutrizione enterale e parenterale
L’intestino del neonato pretermine non ha raggiunto
la completa maturazione e in particolare la motilità
intestinale è disorganizzata e poco efficiente prima
delle 32 settimane di età post-concezionale. Inoltre,
in caso di instabilità emodinamica, l’organismo preferisce privilegiare la perfusione del cuore, del cervello e del rene a scapito dell’intestino (Neu e Li,
2003). Grazie al ricorso alla nutrizione parenterale è
possibile coprire i fabbisogni nutrizionali sin dai primi
minuti di vita. Tuttavia, quando il neonato è stabile
(Fig. 2) la nutrizione enterale può essere iniziata con
una quota minima di latte (20-25 ml/kg/die), denominata comunemente “minimal enteral feeding” (MEF)
(Terrin et al., 2009). La MEF ha principalmente una
funzione trofica sulla mucosa intestinale e di stimolo
alla maturazione della motilità intestinale. Pertanto
può essere impiegata anche quando vi siano segni
minori di mancata tolleranza della nutrizione enterale (Fig. 2). La quantità di latte deve essere aumentata di 20-30 ml/kg al giorno, in caso di stabilità clinica
e tolleranza della quota precedentemente somministrata. La MEF non contribuisce in maniera significativa ad aumentare l’apporto giornaliero di calorie
e nutrienti, ma quando l’apporto di latte raggiunge
quantità pari o superiori a 40 ml/kg, l’apporto ener-
Figura 2. Gestione della nutrizione enterale nel neonato di peso molto basso alla nascita.
Note. * Stabilità clinica definita da: SpO2 > 90% con FiO2 < 0,4; FC 100-180 bpm; pressione arteriosa media > (età postconcezionale) mmHg; temperatura corporea 36,5-37,5°C; nessun episodio di apnea severa nelle precedenti 8 ore.
47
G. Terrin, M. De Curtis
getico totale fornito con la nutrizione parenterale va
proporzionalmente ridotto.
Bisogna tener conto che il tasso di assorbimento di
energia è di circa l’80% con il latte umano e il 90%
con le formule per prematuri. L’incremento della nutrizione enterale deve essere effettuato sempre in
relazione alle condizioni cliniche del neonato e deve
essere rallentato, fino alla sospensione, in presenza
di segnali non rassicuranti circa lo stato clinico generale e la capacità del neonato di tollerare il latte
(Fig. 2). Sebbene non sia agevole predire il grado
di tolleranza della nutrizione enterale del singolo
neonato, studi recenti hanno dimostrato quanto sia
importante avere un protocollo di reparto relativo a
introduzione, progressione e sospensione della nutrizione enterale.
L’impiego di un protocollo condiviso sulla base delle
migliori evidenze disponibili in letteratura consente di
ridurre la durata della nutrizione parenterale, le possibili complicanze e migliorare la crescita dei neonati di
peso molto basso alla nascita. Quando la nutrizione
enterale copre da sola la gran parte del fabbisogno
nutrizionale, la nutrizione parenterale può essere sospesa.
Modalità di somministrazione della nutrizione
enterale
Le modalità di somministrazione della nutrizione enterale sono essenzialmente di due tipi: i) bolo intermittente, per gavage o biberon (quando è presente il riflesso
di suzione); ii) infusione continua con periodi variabili
di sospensione, esclusivamente per gavage. Oggi non
viene più utilizzata nel neonato pretermine la somministrazione di latte per via trans pilorica per l’elevato
rischio associato di enterocolite necrotizzante.
La scelta tra le diverse modalità, che presentano rispettivamente vantaggi e svantaggi, dovrebbe essere
effettuata in relazione alle caratteristiche cliniche del
singolo neonato, tenendo però conto che la somministrazione mediante boli intermittenti rispetta di più i ritmi fisiologici intestinali, mentre la nutrizione enterale
continua potrebbe migliorare la tolleranza nei neonati
di peso estremamente basso.
Latte materno e formule artificiali
Il latte materno rappresenta il nutrimento preferenziale
anche in caso di estrema prematurità (Academy of Pediatrics, 2005). I neonati pretermine alimentati prevalentemente con latte materno tollerano generalmente
maggiori volumi di latte per via enterale e hanno un rischio inferiore di infezioni ed enterocolite necrotizzante
rispetto a quelli nutriti con formule artificiali per prematuri derivate dal latte vaccino (Tab. III) (Patole e Klerk,
2005). I vantaggi maggiori si hanno con l’impiego di
latte umano fresco e l’effetto protettivo dipende dalla
presenza nel latte umano di macrofagi, linfociti, IgA,
lisozima, lattoferrina, oligosaccaridi, nucleotidi, citochine, fattori di crescita ed enzimi digestivi (Bhatia, 2013).
48
Studi sugli effetti a lungo termine del latte materno
hanno dimostrato come il suo impiego nei neonati
prematuri migliori il livello di sviluppo neuromotorio e
intellettivo a 2, 8 e 16 anni di vita, rispetto alle formule.
I potenziali fattori che potrebbero determinare questi
effetti sono la composizione in proteine, aminoacidi,
lipidi, fattori di crescita, ormoni e micronutrienti.
Tuttavia, dati contrastanti emergono dalla letteratura
circa gli effetti determinati dal latte materno fortificato rispetto alle formule per prematuri sulla crescita e
sulla composizione corporea, e ulteriori studi sono
necessari in questo campo per dirimere le incertezze
ancora presenti (Quigley e McGuire, 2014). In realtà, il
contenuto di alcuni nutrienti del latte umano non è sufficiente a coprire gli elevati fabbisogni nutrizionali dei
neonati di peso molto basso. Sebbene il latte di madri
che partoriscono prematuramente abbia nelle prime
settimane di allattamento maggiori concentrazioni di
nutrienti rispetto a quello di donne che partoriscono
a termine di gestazione, nei neonati di peso molto
basso la fortificazione del latte materno è necessaria per coprire completamente i fabbisogni nutrizionali
(Quigley e McGuire, 2014). I fortificanti di uso comune
sono di origine bovina e contengono generalmente
siero-proteine, carboidrati (semplici o polimerici), minerali ed elettroliti e, alcuni, anche micronutrienti e
vitamine. Più recentemente sono stati prodotti fortificanti che prevedono la presenza anche di lipidi nella
loro composizione. Questo tipo di supplementazione
consente di ridurre il contenuto in carboidrati dei fortificanti, migliorando l’osmolarità e la tolleranza della
nutrizione enterale.
Uno dei principali limiti all’impiego del latte umano in
terapia intensiva neonatale è la sua scarsa disponibilità. Le madri di neonati pretermine, per diversi motivi
(stress, cattiva salute materna, ritardato inizio della
lattazione, limitato contatto con il neonato) spesso
producono quantità insufficienti di latte. È possibile ricorrere al latte donato da altre madri quando vi sia la
disponibilità di una banca del latte umano. I vantaggi
del latte materno donato si rendono evidenti soprattutto in termini di riduzione dell’incidenza di enterocolite necrotizzante (Tab. III), ma non dal punto di vista
nutrizionale. Questo fenomeno potrebbe dipendere
da due diversi fattori: a) il latte donato proviene generalmente da donne che hanno partorito a termine
di gravidanza, b) il processo di raccolta, conservazione e sterilizzazione può avere un’influenza negativa
sul contenuto e sulla biodisponibilità di molti nutrienti.
Il latte materno di banca viene conservato a basse
temperature e sottoposto a trattamento termico per
garantire la sicurezza microbiologica. La pastorizzazione tradizionale (riscaldamento a 62,5° C per 30
minuti e successivo raffreddamento veloce) riduce il
contenuto di proteine, immunoglobuline, lattoferrina,
lisozima, ed enzimi gastrointestinali come la lipasi. Il
congelamento a -20°C riduce inoltre il contenuto in
lipidi e dunque il potere energetico del latte umano. Il
Nutrizione enterale e parenterale del neonato prematuro
Tabella III. Caratteristiche di latte materno e formule usate per la nutrizione enterale del neonato pretermine.
Tipo di latte
Potere nutrizionale
Effetti potenziali sul rischio di
sviluppare infezioni
Effetti potenziali sul
rischio di sviluppare
enterocolite necrotizzante
Aumentato rischio di deficit
nutrizionali e ritardo di crescita
rispetto alla nutrizione con latte
umano fortificato o formula per
pretermine
Rischio di NEC ridotto
Rischio di infezioni batteriche
(sepsi e infezioni delle vie urinarie) rispetto alla nutrizione con
formula per pretermine
ridotto rispetto alla nutrizione con
formula per pretermine
Latte umano
Fresco
Rischio di infezione da
citomegalovirus
Latte pastorizzato
secondo metodo
Holder (30 minuti
a 62.5°C)
Lieve riduzione del contenuto
lipidico e calorico rispetto al latte
umano fresco
Rischio di infezioni ridotto
rispetto alla nutrizione con
formula per pretermine.
Parziale riduzione del potere
nutrizionale e biologico rispetto al
latte umano fresco
Tasso di sepsi simile a quello
riscontrato con l’utilizzo di latte
umano fresco
Rischio di NEC ridotto
rispetto alla nutrizione con
formula per pretermine
Rischio di trasmissione
dell’infezione da citomegalovirus
assente
Latte pastorizzato Nessuna evidenza disponibile
con tecnica HTST
(High-Temperature
Short-Time:15
secondi a 72°C)
Rischio di trasmissione del
citomegalovirus assente
Nessuna evidenza
disponibile sul rischio di
sviluppare NEC rispetto
a latte umano fresco e
formula per pretermine
Congelato (-20°C)
Rischio di trasmissione del
citomegalovirus più elevato
rispetto al latte pastorizzato
secondo il metodo Holder ma
ridotto rispetto al latte umano
fresco
Nessuna evidenza
disponibile sul rischio di
sviluppare NEC rispetto
a latte umano fresco e
formula per pretermine
Non altera il potere nutrizionale e
biologico del latte umano fresco
Latte umano fortificato
Fortificazione con
prodotti a base di
proteine del latte
vaccino
Rischio di sepsi ridotto rispetto
Miglioramento della crescita
(peso, lunghezza, e circonferenza alla nutrizione con formula per
pretermine
cranica) durante la degenza in
ospedale rispetto alla nutrizione
con latte umano non fortificato
Alterazione della disponibilità di
nutrienti e delle proprietà del latte
umano
Rischio di NEC ridotto
rispetto alla nutrizione con
formula per pretermine
Rischio di NEC non
aumentato in maniera
significativa rispetto al latte
umano non fortificato
Crescita ridotta rispetto alla
nutrizione con formula per
pretermine
Ottimizzazione della crescita con
la fortificazione personalizzata
Fortificazione con
prodotti a base di
proteine del latte
umano
Tasso di crescita simile a quello
ottenuto con l’utilizzo di latte
umano fortificato con prodotti a
base di proteine del latte vaccino
Rischio di sepsi ridotto rispetto
alla nutrizione con formula per
pretermine
Tasso di sepsi simile a quello
riscontrato con l’utilizzo di latte
umano fortificato con prodotti a
base di proteine del latte vaccino
Rischio di NEC ridotto
rispetto alla nutrizione con
formula per pretermine o
con latte umano fortificato
con prodotti a base di
proteine del latte vaccino
(continua)
49
G. Terrin, M. De Curtis
Tabella III (segue). Caratteristiche del latte materno e delle formule usate per la nutrizione enterale del neonato pretermine.
Tipo di latte
Potere nutrizionale
Effetti potenziali sul rischio di
sviluppare infezioni
Effetti potenziali sul
rischio di sviluppare
enterocolite necrotizzante
Formula per pretermine
In polvere
Migliore assorbimento di
lipidi, ritenzione di azoto,
mineralizzazione ossea, e
crescita rispetto alla nutrizione
con latte umano
Rischio di sepsi aumentato
rispetto alla nutrizione con latte
umano
Rischio di NEC più elevato
rispetto all’alimentazione
con latte umano
Rischio di infezione da
Enterobacter sakazakii
Migliore potere nutrizionale
rispetto a formula liquida
Liquida
Migliore assorbimento di lipidi
e di azoto, mineralizzazione
ossea e crescita rispetto alla
nutrizione con latte umano
Rischio di sepsi aumentato
rispetto alla nutrizione con latte
umano
Rischio di NEC più elevato
rispetto all’alimentazione
con latte umano
Ridotta biodisponibilità di vari
nutrienti (proteine, calcio o
rame) rispetto alla formula
in polvere a causa della
precipitazione di tali nutrienti o
del trattamento con calore
latte materno donato, dunque, dovrebbe essere fortificato, facendo particolare attenzione alle regole di
sterilità necessarie a non alterare o contaminare un
composto cosi prezioso.
Quando il latte umano non è disponibile possono
essere utilizzate formule specifiche ottenute dal latte vaccino. Le formule per prematuri sono disponibili
sotto forma di polvere da diluire in acqua o in forma
già liquida. Le formule liquide hanno il vantaggio della
sterilità, ma spesso non vi è concordanza tra il contenuto previsto e quello reale di nutrienti. Per esempio,
parte del contenuto di calcio di una formula liquida
può precipitare sulla parete del recipiente riducendone la disponibilità. Inoltre, il trattamento termico
necessario per sterilizzare le formule liquide riduce
la biodisponibilità di proteine e minerali. Riguardo la
composizione in nutrienti delle formule per prematuri
non è stato ancora raggiunto un consenso univoco
soprattutto riguardo a lipidi e proteine. Le indicazioni
che provengono dalle attuali raccomandazioni sono
riportate nelle Tabelle I e II.
Conclusioni
e prospettive per il futuro
In conclusione, sulla base dell’analisi delle evidenze scientifiche disponibili in letteratura è possibile
definire alcuni punti acquisiti, che sono alla base
delle attuali raccomandazioni per la nutrizione del
50
neonato pretermine e altri che richiedono ulteriori
studi prima di essere utilizzati nella pratica clinica
quotidiana.
• È necessario coprire tutti i fabbisogni nutrizionali
del neonato pretermine sin dalle prime ore di vita
al fine di migliorare il decorso clinico a breve e lungo termine;
• gli apporti proteici e quelli energetici devono andare sempre di pari passo, e il rapporto proteine/
energia deve sempre essere rispettato per garantire l’utilizzo ottimale dei nutrienti e ridurre le complicanze metaboliche;
• quando viene fornito un elevato apporto proteico
ed energetico è necessario aumentare gli apporti
di elettroliti, minerali e micronutrienti;
• la nutrizione enterale deve essere iniziata precocemente e ricorrendo a un protocollo condiviso,
basato sulle evidenze scientifiche disponibili;
• il latte materno è l’alimento di scelta per il neonato
di basso peso;
• mancano dati a lungo termine sullo sviluppo dei
nati prematuri in relazione a differenti e precoci
interventi nutrizionali (i.e. aumentato contenuto di
elettroliti, minerali, micronutrienti, modalità di fortificazione del latte materno, metodologie di trattamento e uso del latte materno donato);
• è necessario seguire le raccomandazioni delle società scientifiche e verificare l’efficacia a breve e
lungo termine di differenti scelte nutrizionali precoci solo nell’ambito di studi clinici ben disegnati.
Nutrizione enterale e parenterale del neonato prematuro
Box di orientamento
• Cosa sapevamo prima
Un corretto apporto nutrizionale consente di ridurre il ritardo di crescita extrauterino, frequente nei neonati di peso molto basso alla nascita
Nei primi giorni di vita le esigenze nutrizionali vengono soddisfatte mediante il ricorso alla nutrizione parenterale.
• Cosa sappiamo adesso
Le più recenti raccomandazioni suggeriscono di iniziare la nutrizione parenterale immediatamente dopo
la nascita e di fornire un adeguato apporto di macro e micronutrienti, attraverso soluzioni endovenose
equilibrate, finalizzate a promuovere precocemente uno stato di anabolismo
• Per la pratica clinica
Gli apporti minimi raccomandati iniziali per evitare uno stato di catabolismo sono 1,5-2 g/ kg/die di aminoacidi, 6-7 g/kg/die di carboidrati e 1-2 g/kg/die di lipidi.
Nel corso della prima settimana di vita bisogna raggiungere apporti energetici di 90-120 Kcal/kg/die,
somministrando 3-4 g/kg/die di aminoacidi, 12-16 g/kg/die di carboidrati e 3-4 g/kg/die di lipidi.
Elettroliti e minerali vanno somministrati sin dalle prime ore di vita e le loro concentrazioni ematiche vanno attentamente monitorate al fine di mantenerle nei limiti consigliati.
La nutrizione enterale deve essere iniziata il prima possibile con piccoli volumi (10-30 ml/kg/die) e progressivamente aumentata (20-30 ml/kg/die) fino al raggiungimento di un’alimentazione enterale esclusiva (150-160 ml/kg/die pari a 120 Kcal/kg/die).
Il latte materno è sempre preferibile alle formule artificiali per la nutrizione enterale dei neonati prematuri.
Al fine di migliorare il potere nutrizionale il latte materno deve essere fortificato con integratori specifici
quando è somministrato in quantità superiori a 80 ml/kg/die nei neonati molto prematuri.
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Corrispondenza
Mario De Curtis
Unità di Neonatologia, Patologia e Terapia Intensiva Neonatale, Dipartimento di Pediatria e Neuropsichiatria Infantile,
Sapienza Università di Roma, viale del Policlinico 155, 00161 Roma - Tel. +39 06 49972531 - E-mail: mario.decurtis@
uniroma1.it
52
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