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Protesi fissa su dente naturale Prima parte: la diagnosi

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Protesi fissa su dente naturale Prima parte: la diagnosi
Protesi fissa
su dente naturale
Prima parte: la diagnosi
INTRODUZIONE
a protesi è quella branca dell’odontoiatria che
comprende tutte le metodiche utilizzate per il
ripristino morfofunzionale, parziale o totale,
dell’organo della masticazione, al fine
di ristabilire nel modo più completo ed
esaustivo possibile la funzione, l’estetica
e la salute dell’apparato stomatognatico,
e quindi il benessere del paziente.
L’estetica dento-facciale ha ormai assunto una valenza socio-psicologica, in
quanto il sorriso, insieme allo sguardo,
è il punto chiave su cui si focalizza l’interesse di un osservatore ed è opinione
di molti che un sorriso attraente possa
influenzare positivamente la propria vita
sociale e professionale (1-4).
L
DIAGNOSI
Anche in odontoiatria estetica la diagnosi (5) è il punto di partenza per stilare un
piano di trattamento razionale e multidisciplinare, non dimenticando di attribuire la giusta importanza ai desideri del
paziente e di tenere in considerazione
fattori quali tempo, capacità di collaborazione, personalità psicoemotiva, disponibilità economica, età eccetera.
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I principi per formulare una diagnosi corretta sono:
› anamnesi medica e odontoiatrica;
› esame clinico, extraorale ed intraorale;
› esami strumentali (radiografici di primo e secondo livello);
› documentazione fotografica;
› analisi dei modelli studio e registrazioni occlusali (per il montaggio in articolatore);
› modellazione diagnostica in cera.
In questo corso tratteremo gli argomenti di pertinenza strettamente protesica
ovvero: l’esame clinico, soffermandoci
in particolare sull’analisi estetica, l’analisi dei modelli studio e la modellazione
diagnostica.
ESAME CLINICO
Esame parodontale
È forse il più importante essendo la
prognosi di ciascun elemento funzione
dello stato di salute del parodonto che
ne costituisce il supporto. Per questo,
in caso di malattia parodontale, gli interventi parodontali dovrebbero essere
effettuati prima di qualsiasi tipo di riabilitazione protesica.
Marco Cappello
Maura Mocchi
Loris Prosper
Ateneo Vita e Salute, Unità Operativa Complessa
di Odontoiatria, Ospedale San Raffaele, Milano
Direttore: professor E. Gherlone
riose, aree di erosione e/o abrasione
e/o abfrazione, variazioni di colore (per
tetracicline, dente devitalizzato, vecchie
otturazioni in amalgama), l’estrusione o
l’intrusione dentaria, le rotazioni o le modificazioni dell’inclinazione assiale.
Esame occlusale
Per controllare la presenza di eventuali
precontatti, interferenze nei movimenti di lateralità e protrusione, cross-bite,
open-bite, scissor-bite.
Esame dei movimenti di apertura e
chiusura
Per evidenziare eventuali rumori articolari e/o laterodeviazioni.
Esame di eventuali parafunzioni relazionabili o meno con particolari
abitudini di vita
Esame estetico
Per comprendere le aspettative del
paziente, essendo spesso queste sovraccaricate dalla pubblicità e per non
incorrere in insoddisfazioni a fine lavoro,
è utile avvalersi di supporti quali un questionario estetico, in cui il paziente effettua una sorta di autoanalisi, ed inoltre di
una documentazione esemplificativa di
riferimento, come foto o manuali-atlanti,
Esame degli elementi dentari
Coadiuvato da esami radiografici, serve che permettono di visualizzare in che
per valutare la presenza di lesioni ca- cosa consiste la terapia incrementando
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la motivazione e riducendo l’incertezza e Analisi dento-labiale
l’ansia del paziente stesso e migliorando, nel contempo, il rapporto medico- › Linea del sorriso;
paziente. Infatti, può essere complicato › ampiezza del sorriso/corridoio laterale;
per il paziente comprendere le variazioni › profilo margini incisali;
estetiche che si raggiungeranno a se- › esposizione dentale a riposo.
guito della terapia con la sola spiegazione verbale e non sempre i pazienti Analisi gengivale
sanno esattamente cosa vogliono o
piuttosto non sono in grado di esprime- › Equilibrio livelli gengivali;
re le loro idee. Il nostro compito consiste › zenith;
nell’aiutarli ad avere le idee chiare e a › papilla.
esprimere i loro desideri compatibilmente con i limiti clinici del caso.
Analisi dentale
ANALISI ESTETICA
Affinché la terapia protesica offra i migliori risultati estetici, oltre all’approccio
multidisciplinare al caso è fondamentale
una corretta, chiara e costante comunicazione tra odontoiatra e paziente, in
quanto da una parte l’odontoiatra, che
si approccia in modo prevalentemente
oggettivo, tende a ricercare un modello
estetico per il paziente che si avvicini il
più possibile alla natura, ossia in armonia con fattori quali età, sesso, personalità del paziente, mentre dall’altra parte
il paziente di solito ambisce al modello
estetico standard del sorriso, suggerito
dai mass media, con denti bianchi e diritti,
non tenendo conto del fatto che tale stereotipo potrebbe non integrarsi con i suoi
caratteri fisionomici provocando, al contrario, un effetto del tutto innaturale (6).
Più volte si è sottolineato che con l’avvento dell’odontoiatria estetica la nuova
sfida dei dentisti è costituita dalla realizzazione di un manufatto protesico estremamente funzionale, ma al contempo
soddisfacente da un punto di vista estetico, poiché è innegabile che esista una
chiara interdipendenza tra l’immagine
del corpo e la considerazione di se stessi (1-3).
I criteri su cui bisogna focalizzare l’attenzione per operare una diagnosi estetica sono l’analisi dentofacciale, dentolabiale, gengivale, dentale. Infatti, non
bisogna dimenticare che i denti devono
armonizzarsi con tre cornici: viso, labbra
e gengiva (7-10).
Analisi dento-facciale
Visione frontale
› Simmetria del sorriso;
› coincidenza delle linee mediane;
› proporzioni facciali.
Visione sagittale
› Profilo delle labbra;
› piano occlusale.
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› Colore;
› forma;
› tessitura;
› dimensioni e proporzioni relative;
› punto di contatto;
› asse dentale;
› embrasures.
ANALISI DENTO-FACCIALE
L’analisi estetica va effettuata gradualmente partendo da una visione d’insieme per poi andare a focalizzarsi sul
particolare. L’analisi dento-facciale è
il primo step che permette una visione
generale dell’armonia complessiva del
paziente e va valutata ad una distanza di
circa un metro.
Visione frontale
Proporzioni facciali
Un viso ben proporzionato è divisibile
verticalmente in tre porzioni di uguali dimensioni (12):
› terzo superiore: dall’attaccatura dei
capelli alla linea ofriaca;
› terzo medio: dalla linea ofriaca alla
base del naso;
› terzo inferiore: dalla base del naso alla
punta del mento.
Nell’ambito del terzo inferiore del viso, la
bocca dovrebbe trovarsi ad un terzo della distanza tra la base del naso e il mento. In caso di terzo inferiore ridotto per
diminuzione della dimensione verticale,
possiamo intervenire protesicamente
ristabilendo le corrette proporzioni facciali attraverso un aumento della dimensione verticale, quantificato per mezzo di
test fonetici e provvisori per valutare l’adattabilità clinica del paziente alla nuova
dimensione verticale.
Visione sagittale
Profilo delle labbra
Il supporto anatomico delle labbra è fornito da: osso alveolare, denti, anche se
variazioni nella posizione labiale possono dipendere da differenze razziali e/o
di sesso.
› Variazioni del profilo labiale in base
alla classe scheletrica:
• I Classe: il profilo esterno del labbro
superiore è proiettato oltre il labbro
inferiore;
• II Classe: il labbro superiore solitamente sporge ben oltre il profilo inferiore;
• III Classe: il labbro inferiore può protrudere oltre il labbro superiore.
› La posizione del labbro superiore, contrariamente a quanto si pensa, non è fornita dal terzo incisale, bensì dalla restante parte del dente (2/3 gengivali) (13).
Simmetria del sorriso
La linea orizzontale più idonea a cui far
riferimento nel definire la linea del sorriso è rappresentata dalla linea bi-pupillare (retta passante per il centro degli
occhi). In un viso armonico, la linea commissurale (retta passante per gli angoli
della bocca) e la linea occlusale (definita
dalle linee passanti per i margini incisali degli incisivi centrali, delle cuspidi dei Piano occlusale
canini e dei primi molari) sono parallele L’orientamento del piano occlusale è imalla linea bi-pupillare (8) (fig. 1).
portante per il raggiungimento di un’estetica ideale e di una corretta funzione.
Coincidenza delle linee mediane
Il piano occlusale è dato dal congiungiLa linea verticale più idonea a cui far mento delle superfici incisali dei denti
riferimento nel definire la linea media- anteriori con le superfici occlusali dei
na del viso è rappresentata da un’ipo- denti posteriori e risulta di norma paraltetica retta passante per glabella, punta lelo al piano di Camper (bordo superiore
del naso e punta del mento; in un viso del trago - bordo inferiore dell’ala del
armonico quest’ultima coincide con la naso) (fig. 2).
linea mediana dentale rappresentata
dalla linea interincisale superiore che
nel 25% circa della popolazione coinci- ANALISI DENTO-LABIALE
de con quella inferiore (11).
Comunque discrepanze della linea me- L’analisi dento-labiale è importante neldiana del viso con la linea mediana den- la valutazione del corretto rapporto tra
tale inferiori a 4 mm non sono percepite denti e labbra quando il paziente parla
dal paziente (6).
e sorride.
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corso fad
FIG. 1
In un viso armonico, la linea
commissurale (retta passante per
gli angoli della bocca) e la linea
occlusale (definita dalle linee
passanti per i margini incisali
degli incisivi centrali, delle
cuspidi dei canini e dei primi
molari) sono parallele alla linea
bi-pupillare.
FIG. 2
Fig. 1
Fig. 2
Il piano occlusale (che è dato dal
congiungimento delle superfici
incisali dei denti anteriori con
le superfici occlusali dei denti
posteriori) risulta di norma
parallelo al piano di Camper
(bordo superiore del trago bordo inferiore dell’ala del naso).
FIG. 3
Ampiezza del sorriso: è il
numero di denti che vengono
esposti dal paziente durante
questa fase; la maggior parte
della popolazione espone fino
al secondo premolare. Corridoio
labiale: è quell’angolo nero alle
estremità del sorriso, compreso
tra guancia e faccia vestibolare
delle arcate dentarie.
Fig. 3
Linea del sorriso
Per linea del sorriso si intende il margine inferiore del labbro superiore che
limita la visibilità dei denti (14). Esistono
tre tipologie di linee del sorriso in base
alla percentuale di gengiva e di dente
esposta in questa fase (15):
› alta (più comunemente conosciuta
come gummy smile): il labbro superiore scopre, oltre a tutta la superficie
dei denti anteriori, anche una banda di
gengiva di altezza variabile;
› media: il labbro superiore scopre una
superficie compresa tra il 75 e il 100%
dei denti anteriori, assieme alle papille
interdentali (è considerata la linea del
sorriso preferibile);
› bassa: il labbro superiore scopre non
piu del 75% dei denti anteriori e non vi
è alcuna esposizione gengivale.
Considerazioni protesiche
› Linea del sorriso media e alta: in caso
di irregolarità nell’allineamento dei
margini gengivali e/o mancanza di
papille interdentali (vedi analisi gengivale ) o su richiesta estetica del paziente (per ridurre la quantità di gengiva visibile essendo il “gummy smile”
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accentuato considerato da molti esteticamente poco piacevole), andranno
effettuati interventi parodontali e/o
ortodontici prima di una riabilitazione
protesica, e le preparazioni dovranno
essere sottogengivali (tranne che nel
caso in cui si opti per una corona metal free).
› Linea del sorriso bassa: se da un lato
il fatto di non scoprire il margine gengivale ci esonera dall’intervenire chirurgicamente nei casi di asimmetrie
gengivali e consente una preparazione juxta-gengivale (più rispettosa del
parodonto), dall’altro per rendere visibili i denti anche in posizione di riposo,
potrebbe essere necessario allungare
le corone se il rapporto corona/radice
e l’occlusione lo permettono.
lare (fig. 3). Questa considerazione clinica è utile in caso in cui si debba, per
ottenere un sorriso piacevole in tutta la
sua estensione, far ricorso a riabilitazioni
protesiche anche nei settori laterali. Infatti vecchie corone con bordo metallico,
e/o vecchie otturazioni in amalgama su
premolari e molari, daranno un risultato
poco piacevole, durante il sorriso.
Un’altra analisi da effettuare durante
il sorriso, è la valutazione del corridoio
labiale, inteso come quell’angolo nero
alle estremità del sorriso, compreso tra
guancia e faccia vestibolare delle arcate dentarie. Questo criterio estetico è di
notevole importanza qualora dovessimo
fare delle riabilitazioni estese ai settori
laterali/posteriori: una curvatura troppo
accentuata dell’arcata porterebbe inevitabilmente ad avere un corridoio lateraAmpiezza del sorriso/corridoio la- le eccessivo, quindi poco estetico, cosi
come un’arcata troppo vestibolarizzata
terale
renderebbe il corridoio invisibile, creanPer ampiezza del sorriso intendiamo il do un “effetto muro” altrettanto inestenumero di denti che vengono esposti dal tico.
paziente durante questa fase. La maggior parte della popolazione espone fino Profilo dei margini incisali
al secondo premolare (57% secondo
Dong) (16), ma un numero significativo In un sorriso giovanile ed armonico l’andi persone espone anche il primo mo- damento dei margini incisali è convesso
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FIG. 4
In un sorriso ad “ali di gabbiano”: il margine incisale degli incisivi
laterali si trova a 0,5-1,5 mm sopra la linea retta che unisce il punto
più incisale degli incisivi centrali e dei canini.
FIG. 5
Livello gengivale di I Classe: il contorno gengivale degli incisivi
centrali superiori e dei canini è simmetrico e si trova in posizione più
apicale rispetto a quello degli incisivi laterali.
FIG. 6
Zenith: è il punto più apicale del contorno gengivale e normalmente
si trova in posizione distale rispetto all’asse del dente.
Fig. 4
Fig. 5
Fig. 6
o ad “ali di gabbiano” (il margine incisale
degli incisivi laterali si trova a 0,5-1,5 mm
sopra la linea retta che unisce il punto
più incisale degli incisivi centrali e dei
canini) e segue la naturale concavità
del labbro inferiore (fig. 4). Invecchiando, per fenomeni di abrasione, il profilo
dei margini incisali può diventare piatto
o addirittura inverso, risultando esteticamente poco piacevole per la perdita del
parallelismo con il labbro inferiore.
Esposizione dentale a riposo
In posizione di riposo le labbra sono leggermente aperte, lasciando intravedere
una porzione variabile tra 1 e 5 mm degli
incisivi superiori. Questa condizione varia a seconda di:
› sesso: le donne espongono una porzione del terzo incisale maggiore rispetto agli uomini;
› età e conformazione delle labbra: i pazienti anziani a seguito dell’abrasione
dei margini incisali e della diminuzione
della tonicità della muscolatura periorale tendono ad esporre gli incisivi
inferiori;
› fenomeni di abrasione o erosione:
queste condizioni, riscontrabili anche
in soggetti giovani, determinano una
riduzione della lunghezza dentale con
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conseguente scarsa visibilità dei den- Classe, in cui il contorno gengivale detisuperiori e invecchiamento del volto. gli incisivi centrali e dei canini si trova in
posizione più coronale rispetto a quello
degli incisivi laterali, il sorriso può risultare armonioso se gli incisivi laterali hanno
ANALISI GENGIVALE
un margine incisale più corto.
In un’analisi estetica complessiva, l’a- In caso di mancanza di simmetria, sarà
nalisi gengivale riveste una notevole necessario ricorrere alla chirurgia plastiimportanza, soprattutto in quei pazienti ca parodontale o in alcuni casi al trattache presentano una linea del sorriso mento ortodontico.
medio-alta.
Alla base di una corretta estetica dei Zenith
tessuti, ci sono i criteri classici di salute
gengivale basati principalmente su:
Per Zenith si intende il punto più apicale
› colore: rosa pallido della gengiva ade- del contorno gengivale e normalmenrente (dalla linea muco-gengivale al te si trova in posizione distale rispetto
solco gengivale libero), tendente al all’asse del dente (17) (fig. 6). Questa
corallo nella zona di gengiva libera caratteristica si riscontra principalmen(dal solco gengivale al margine gen- te negli incisivi centrali superiori, mentre
non è sempre confermata negli incisivi
givale libero);
› superficie: nel 40% dei soggetti pre- laterali e nei canini.
Qualora dovessimo riabilitare attraversenta un aspetto a buccia d’arancia.
so faccette o corone i denti del settore
frontale, sarà quindi necessario valutare
Equilibrio dei livelli gengivali
la simmetria e l’armonia dei punti zeniIn una situazione ideale (livello gengiva- thali delle due emiarcate e, in mancanza
le di I Classe) il contorno gengivale de- di queste, considerare l’eventualità di
gli incisivi centrali superiori e dei canini una correzione, chirurgica od ortodonè simmetrico e si trova in posizione più tica, preventiva. Sarà nostra premura
apicale rispetto a quello degli incisivi la- poi, durante la preparazione dei denti,
rispettare o ricreare questa forma geneterali (8) (fig. 5).
Anche in caso di livello gengivale di II rale del contorno gengivale, affinché poi
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corso fad
la corona o la faccetta che andremo a
cementare, sia la più naturale possibile.
Papilla
In una tipica festonatura gengivale le
papille chiudono gli spazi interdentali
con un andamento parallelo alla linea
passante per i punti di contatto dei denti,
quindi la papilla tra i due incisivi centrali
risulta più coronale rispetto a quella dei
denti adiacenti. Questo andamento viene a mancare nei casi di:
› eccessiva vicinanza radicolare per assenza del picco interdentale;
› eccessiva distanza radicolare;
› malattia parodontale in cui la perdita
di supporto osseo comporta la scomparsa delle papille.
ANALISI DENTALE
Colore
› triangolare:
contorni mesiali e distali
convergenti verso un’area cervicale
ristretta;
› ovale: contorni mesiali e distali convergenti sia in direzione cervicale, sia
in direzione incisale.
Per ottenere i migliori risultati estetici, in termini di naturalezza, bisogna, in
caso di presenza di elementi adiacenti
o antagonisti, far riferimento a questi.
Qualora invece siano assenti, ad esempio in caso di rifacimenti di vecchie riabilitazioni protesiche, sarebbe opportuno far riferimento a vecchie fotografie
del paziente o vecchi modelli studio. In
quei casi in cui anche questi ultimi ausili
non siano disponibili o si ritengano non
adatti, si potrà scegliere la tipologia del
dente in base alla forma del viso (Williams) (19) tenendo comunque sempre
in considerazione età, sesso e desiderio
del paziente.
cale della caratterizzazione dei denti.
Si presenta come zona di concavità e
convessità della superficie del dente.
Entrambe le caratterizzazioni, più spiccate nei denti giovani, permettono una
migliore riflessione della luce, rendendo
i denti stessi più luminosi.
In una restaurazione di un dente anteriore, affinché il dente appaia il più naturale possibile, bisognerà fare attenzione
a riprodurre entrambe le componenti:
prima verrà eseguita la macro-tessitura,
tramite la riproduzione di lobi e concavità poi, durante la rifinitura, verrà eseguita la microtessitura.
Queste caratteristiche di tessitura, potranno poi essere usate per creare effetti illusori di dimensione.
Infatti, le linee orizzontali daranno al
dente un aspetto più corto e tozzo, mentre le componenti verticali, faranno sembrare il dente più lungo e stretto.
Analisi della forma dei denti del
gruppo frontale (20)
› Incisivo centrale: in visione frontale,
il contorno mesiale del dente appare
dritto, mentre il contorno distale risulta più convesso, determinando un
angolo disto-incisale più arrotondato.
In visione tangenziale si può però evidenziare come sia presente una cresta mesiale più pronunciata rispetto
alla cresta distale; queste creste, definite come linee di transizione (9), non
influenzano la forma generale della
corona, ma possono illudere l’occhio
dell’osservatore dando un aspetto più
lungo o più largo al dente stesso.
› Incisivo laterale: per forma, contorno
e linee di transizione, simili agli incisivi centrali, ma dimensionalmente più
piccoli. Solitamente presentano un
angolo mesio-incisale più arrotondato.
› Canino: la forma di questo dente, più
spessa in senso vestibolo-linguale,
permette di resistere a carichi non
assiali. Il contorno incisale a punta
converge verso la zona gengivale attraverso due profili marginali (mesiale
e distale) convessi. Tangenzialmente
riconosciamo una cresta mesiale più
prominente di quella distale, come gli
incisivi centrali e laterali.
Dimensioni e proporzioni relative
Il colore è determinato dalla combinazione degli effetti sulla luce di smalto e
dentina ed è definito da tre parametri:
tinta, croma e valore.
La tinta è il colore base di cui è costituito il dente; essendo il corpo dentinale
il maggiore responsabile della tinta dei
denti, questa viene determinata a livello
del colletto perché è presente uno spessore minimo di smalto. In odontoiatria la
tinta si identifica con la scala Vita che
comprende quattro tinte: A (con dominante rosso-marrone), B (con dominante arancione-giallo), C (con dominante
verde-grigio), D (con dominante rosagrigio).
Il croma è il grado di saturazione della tinta e si indica con un numero che
va da 1 a 4; questo parametro è quasi
sempre in relazione all’età del soggetto
(valori di 1 e 2 nei bambini e 3 e 4 negli
anziani).
Il valore è il grado di luminosità del dente
ed è rappresentato da una scala di grigi i cui estremi sono il bianco e il nero.
Il maggiore responsabile del valore è
lo smalto e in odontoiatria riconosciamo tre tipi di valore: alto (nel bambino
perché i denti decidui sono poco mineralizzati), medio (nell’adulto) e basso
(nell’anziano).
Tessitura
Forma
Esistono tre principali tipologie dentali,
che prendono in considerazione principalmente l’incisivo centrale superiore (18):
› quadrata: contorni mesiali e distali
dei denti, diritti e paralleli tra loro, con
area cervicale ampia;
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Superficialmente i denti presentano caratterizzazioni morfologiche di due tipi:
› micro-tessitura: componente orizzontale della caratterizzazione dei denti.
Si presenta come micro-solchi che
sono il risultato delle linee di crescita
(linee di Retzius, o perikimata);
› macro-tessitura: componente verti-
Quando parliamo di dimensioni proprie
dei denti dobbiamo premettere che è
difficile definire misure standard di ogni
elemento dentale. Una delle ragioni è
perché nel corso della vita, per fenomeni di usura principalmente incisale, ma
anche prossimale, un dente si modifica
dimensionalmente.
Dovendo dare delle misure precise, numerosi studi effettuati su denti estratti
(20-22) riportano queste dimensioni
medie:
› l’incisivo centrale presenta una larghezza che varia da 8,3 a 9,3 mm e
una lunghezza che varia da 10,4 a 11,2
mm;
› l’incisivo laterale mediamente risulta
essere circa 2-3 mm più stretto e 1-1,5
mm più corto dell’incisivo centrale.;
› il canino, largo circa 1-1,5 mm meno
dell’incisivo centrale, presenta una
lunghezza coronale simile (+0,5 mm).
Altrettanto importante risulta poi fare
un’analisi delle proporzione relative dei
denti anteriori; infatti, pur essendo larghezza e altezza coronale dei denti anteriori maggiori negli uomini rispetto alle
donne (21), il rapporto tra queste due
misure risulta essere stabile in entrambi
i sessi e presenta valori che corrispondono per gli incisivi centrali a 85%, per i
laterali a 77% circa, e per i canini a 79%
(figg. 7 e 8).
Da anni si discute sulla validità dell’utilizzo della proporzione aurea, utilizzata
in arte, matematica e architettura, per
la determinazione dei cosiddetti spazi
mesio-distali ideali in odontoiatria.
Lombardi (23) fu il primo ad introdurre in
odontoiatria l’applicazione delle regole
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CORSO FAD
FIG. 7
Proporzioni relative dei denti anteriori: il rapporto tra altezza e larghezza degli incisivi centrali
corrisponde al 85%, quello dei laterali al 77% circa, e quello dei canini al 79%.
FIG. 8
In una tipica festonatura gengivale le papille chiudono gli spazi interdentali con un andamento
parallelo alla linea passante per i punti di contatto dei denti quindi la papilla tra i due incisivi
centrali risulta più coronale rispetto a quella dei denti adiacenti. Un’ipotetica linea che congiunge i
punti di contatto dei denti anteriori è, in un sorriso ideale, parallela alla linea del labbro inferiore e,
più apicalmente, parallela alla linea delle papille gengivali.
FIG. 9
Embrasures o angoli interincisali: sono gli spazi compresi tra i due angoli incisali di due denti
adiacenti; l’ampiezza di questi angoli è strettamente legata alla posizione dei punti/aree di
contatto.
Fig. 7
Fig. 8
Fig. 9
auree nel 1973 ripresa poi nel 1978 da
Levin (24). Questa regola afferma che
il rapporto fra due grandezze disuguali,
delle quali la maggiore è medio proporzionale tra la minore e la somma delle
due, è pari a 1,618 e lo stesso rapporto
esiste anche tra la grandezza minore e
la loro differenza. Quindi, relativamente alla parte visibile, seguendo questa
regola, il canino mostrerà il 61% della
superficie del laterale, che a sua volta
mostrerà il 61% del centrale.
La difficoltà nell’applicazione di questa
regola sta nel fatto che questa prende in
considerazione le superfici visibili e non
reali dei denti; molti studi (25) poi rivelano come solo nel 17% della popolazione
queste proporzioni siano riscontrabili.
Punto di contatto
Il punto, o meglio, l’area di contatto dei
denti anteriori, risulta essere più coronale tra gli incisivi centrali e via via più
gengivale andando verso i settori posteriori (26).
Un’ipotetica linea che congiunge i punti
di contatto dei denti anteriori, sarà poi,
in un sorriso ideale, parallela alla linea
del labbro inferiore e più apicalmente,
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parallela alla linea delle papille gengivali
(fig. 8).
Angoli interincisali (embrasures)
Per angoli interincisali intendiamo gli
spazi compresi tra i due angoli incisali di
due denti adiacenti. L’ampiezza di questi
angoli è strettamente legata alla posizione dei punti/aree di contatto dei denti
anteriori (fig. 9). Con l’aumentare dell’età,
ci sarà una modifica degli angoli interincisali, dovuta all’usura dei margini incisali,
che comporta una inevitabile percezione
di invecchiamento del sorriso.
Le embrasures possono essere utilizzate per modificare la percezione illusoria
delle dimensioni di un dente: margini incisali arrotondati compensano per denti
troppo grandi e margini dritti e usurati
sono indicati in incisivi troppo stretti.
Asse dentale
In un sorriso ideale, l’asse dei denti anteriori, risulterà essere sempre più inclinato distalmente in direzione incisoapicale (26, 27). Questo aspetto risulta
avere una stretta correlazione con i punti zenithali dei denti anteriori.
ANALISI DEI MODELLI
I modelli studio sono generalmente ricavati da un’impronta in alginato, ma vista
la scarsa attendibilità del materiale noi
privilegiamo gli idrocolloidi reversibili e
colati con un gesso di tipo IV. Vengono chiamati modelli diagnostici quando
sono montati in occlusione centrica su
di un articolatore semiadattabile mediante arco facciale e registrazioni occlusali, consentendo di valutare:
› classe dentale secondo Angle, molare
e canina;
› over-bite, over-jet, scissor-bite, crossbite;
› curva di Spee e curva Wilson;
› simmetria arcate: sia tra le due arcate
(linea mediana) che tra le due emiarcate;
› rapporti occlusali analizzando eventuali faccette di usura, precontatti, interferenze;
› estensione e distanza dal piano occlusale delle selle edentule per poter
scegliere la forma ed il posizionamento degli elementi intermedi di ponte;
› inclinazione dell’asse di ciascun dente, soprattutto di quelli che dovranno
fungere da pilastro;
697
corso fad
› estrusioni dentali oltre il normale pia- PIANO DI TRATTAMENTO
no di occlusione;
› migrazioni dentali in senso mesio-distale.
Le registrazioni occlusali di cui ci avvaliamo per il corretto montaggio in articolatore sono:
› massima intercuspidazione: in caso
di riabilitazioni singole o piccoli ponti, se gli elementi presenti in arcata
permettono di avere una occlusione
stabile;
› relazione centrica: in mancanza di
un’adeguata stabilità occlusale o in
caso di riabilitazioni estese; si consiglia in questo caso una manipolazione
della mandibola che guidi i condili nella posizione più antero-superiore della
fossa glenoidea;
› protusiva: per determinare il grado di
pendenza della fossa, importante a
fini riabilitativi; infatti una regolazione arbitraria dell’articolatore potrebbe costringere il tecnico a modellare
anatomie occlusali piatte o viceversa
si potrebbe incorrere in possibili precontatti durante la disclusione;
› lateralità destra e sinistra: per determinare il Bennet progressivo.
Tutte queste registrazioni vengono rilevate mediante una cera rigida.
Sia chiaro, comunque, che i modelli diagnostici in questa fase rappresentano
solo una base di lavoro per lo studio del
caso e che la loro analisi deve sempre
necessariamente essere complementare all’esame obiettivo del cavo orale,
soprattutto per ciò che concerne la valutazione di eventuali anomalie occlusali.
MODELLAZIONE
DIAGNOSTICA IN CERA
Dopo aver effettuato un’accurata analisi
estetica e dei modelli studio, in accordo con le richieste del paziente, il clinico comunicherà al tecnico le modifiche
estetiche e funzionali da apportare nella
creazione della ceratura diagnostica.
La ceratura diagnostica è utile:
› al paziente per visualizzare come apparirà la protesi definitiva specialmente se fatta con della cera dello stesso
colore della dentizione;
› al dentista per ricavare un provvisorio
diretto (tramite mascherine trasparenti in acetato o chiavi in silicone) e per
valutare la corretta riduzione del dente
durante la preparazione grazie all’ausilio di guide in silicone ricavate dalla
ceratura;
› all’odontotecnico per realizzare il provvisorio prelimatura.
698
Dopo aver analizzato e sintetizzato i dati
raccolti con anamnesi, esame clinico
e radiografico e analisi estetica, si può
passare alla formulazione del piano di
trattamento che prevede una fase preprotesica e una fase protesica (provvisoria prima e definitiva poi, da iniziarsi
solo quando i tessuti di supporto del manufatto protesico sono stati ricondotti ad
uno stato fisiologico di salute). A seguire ci sarà una fesa ci mantenimento.
Fase pre-protesica
È in questa fase che viene deciso il progetto protesico annotando quali saranno i denti pilastro, quali gli elementi di
ponte, il tipo di materiale da utilizzarsi
(metallo-ceramica, zirconia, allumina o
disilicato di litio), il tipo di preparazione
da scegliere (verticale e/o orizzontale) o
le modifiche da apportare a preparazioni esistenti per ragioni estetiche o per
ritenzioni supplementari, e la sequenza
di trattamento in caso di riabilitazioni
estese.
La scelta della soluzione protesica dovrebbe essere effettuata insieme al paziente dopo aver preso in considerazione i suoi bisogni, le ragioni che lo hanno
spinto a ricercare il trattamento e le sue
possibilità economiche.
La fase pre-protesica prevede:
› igiene orale professionale, compresa
l’istruzione, la motivazione del paziente e il controllo dell’apprendimento
corretto delle tecniche;
› trattamento parodontale causale e/o estetico. La terapia causale
mira all’eliminazione della malattia
parodontale e prevede: motivazione
e informazione del paziente, scaling
e root planing, rimozione di fattori ritentivi di placca (otturazioni o corone
debordanti, estrazione di denti giudicati irrecuperabili), rivalutazione, trattamento chirurgico (se necessario) e
mantenimento. La terapia parodontale
estetica, attraverso tecniche di chirurgia muco-gengivale, mira al raggiungimento di un profilo gengivale corretto,
all’aumento di gengiva aderente reale,
qualora inferiore a 3 mm e all’aumento
di volume (in caso di atrofia dovuta a
perdita di elementi dentari);
› trattamento endodontico: cure canalari e ritrattamenti eventualmente necessari per i denti destinati a fungere
da elementi pilastro;
› trattamento conservativo: sbiancamento del moncone (nel caso in cui si decida di ricorrere a corone metal-free)
o dei denti adiacenti prima della realiz-
zazione della corona; ricostruzione dei
denti pilastro e cura di eventuali carie;
› trattamento ortodontico pre-protesico: uprighting in caso di elementi mesializzati ed estrusione ortodontica;
› trattamento chirurgico: estrazione
degli elementi non più recuperabili e
allungamento di corona clinica (nel
caso in cui non ci sia una parete di
dente sano di 1,5-2 mm lungo tutta la
circonferenza dell’elemento da protesizzare per garantire un effetto ferula
corretto);
› terapia occluso-articolare.
Prima di intraprendere la fase protesica si deve rivalutare il progetto iniziale,
in base a come gli elementi dentali e i
tessuti di supporto hanno risposto alle
terapie.
Fase protesica
Prima seduta
› Preparazione protesica degli elementi
pilastro;
› allestimento di un manufatto provvisorio;
› condizionamento dei tessuti molli
immediato (l’elemento intermedio a
forma ovoidale viene inserito 2,5 mm
all’interno dell’alveolo postestrattivo) o
tardivo (l’elemento intermedio a forma
ovoidale viene inserito nell’alloggiamento creato abradendo l’area edentula con una fresa diamantata a palla
o a football);
› condizionamento della papilla in caso
di chiusura di diastemi dove la papilla
è assente;
› cementazione, aggiustamento funzionale ed estetico del provvisorio;
› insegnamento delle tecniche di mantenimento del provvisorio.
Seconda seduta, dopo circa 15 giorni
muscolare e articolare
(in caso di aumento DVO);
› valutazione mantenimento.
› Rivalutazione
Terza seduta, a un mese o a sei mesi
in caso di trattamento parodontale
› Controllo dell’area edentula condizionata (in caso di eccessivo arrossamento l’elemento intermedio andrà
scaricato);
› preparazione finale dei pilastri ed impronte definitive se biotipo spesso,
mentre in caso di biotipo sottile per
le impronte definitive è opportuno
aspettare 3 settimane per accertarsi
della stabilità dei tessuti gengivali.
In caso di riabilitazioni complesse in
questa seduta verranno prese impronte
di precisione per il confezionamento di
un secondo provvisorio.
SETTEMBRE 2013 XXIV (7)
CORSO FAD
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Protesi fissa
su dente naturale
Seconda parte:
la preparazione
e la presa dell’impronta
definitiva
INTRODUZIONE:
LA PREPARAZIONE
er preparazione protesica s’intende una
riduzione volumetrica
controllata
dell’elemento dentale al fine
di ottenere ritenzione
e stabilità della restaurazione (principi meccanici), nel
massimo rispetto dei tessuti (principi
biologici), garantendo nel contempo
gli spazi necessari per ristabilire forma
(principi estetici) e funzione (principi
funzionali).
P
XXIV (7)
SETTEMBRE 2013
Essendo l’asportazione di tessuto biologico a fini protesici un atto irreversibile, si capisce perché la preparazione
dei monconi protesici per la riabilitazione con corone totali sia da considerarsi
un gesto che richiede la massima attenzione.
Una riabilitazione protesica ideale dovrebbe:
› essere in continuità (come contorno
ed anatomia) in maniera più precisa
possibile con la parte non preparata
del dente;
› ripristinare la funzione del dente sostituito, da un punto di vista masticatorio, fonetico e di guida dei mo-
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Marco Cappello
Maura Mocchi
Loris Prosper
Ateneo Vita e Salute, Unità Operativa Complessa
di Odontoiatria, Ospedale San Raffaele, Milano
Direttore: professor E. Gherlone
vimenti mandibolari, nel rispetto del
parodonto;
› ristabilire l’estetica del sorriso del
paziente, confondendosi ed uniformandosi armonicamente con la dentatura restante;
› non necessitare di un mantenimento
domiciliare troppo dissimile da quello
dei denti naturali;
› garantire una prognosi a lungo termine che è determinata dall’igiene
orale del paziente, dalla precisione
che riusciamo ad ottenere e dalle
condizioni cliniche degli elementi
dentali sui quali eseguiamo la riabilitazione.
699
corso fad
FIG. 1
Esempio di coulisse sulla parete vestibolare di un molare; la coulisse
permette di aumentare la stabilità e deve terminare ad almeno 1 mm
di distanza dal margine per non interferire con la linea di finitura del
moncone.
PRINCIPI BASE
DELLA PREPARAZIONE
Principi meccanici
La ritenzione, ovvero la capacità di resistere al dislocamento causato da forze verticali lungo l’asse del dente (forze tensive),
viene ottenuta tramite preparazioni in cui
la convergenza delle pareti sia compresa
tra 10° e 15° (1).
La stabilità, ovvero la capacità di resistere al
dislocamento causato da forze orizzontali e
torsionali, è invece in funzione dell’altezza
occluso-cervicale delle preparazioni. Un’altezza delle pareti minima di 4 mm risulta
accettabile per evitare il dislocamento (2).
Qualora ci si trovi in una situazione clinica che non permetta di rispettare questa
altezza minima del moncone, si potranno
eseguire box, solchi o coulisse (nelle pareti
mesiali e/o distali per gli elementi singoli,
nelle pareti linguali e/o vestibolari per gli
elementi pilastro di ponte) (3) che dovranno terminare ad almeno 1 mm di distanza
dal margine per non interferire con la linea
di finitura del moncone (fig. 1).
Principi biologici
La preparazione protesica deve rispettare i
tessuti parodontali e dentali.
› Rispetto dei tessuti parodontali: la preparazione più rispettosa dei tessuti molli
è ovviamente quella extragengivale (da
preferire nei pazienti parodontopatici
e nei settori non estetici); qualora per
ragioni estetiche si decidesse per una
preparazione intrasulculare, il limite piu
apicale del nostro margine di preparazione dovrà restare all’interno del solco
epiteliale (circa 0,69 mm) per non invadere l’ampiezza biologica (4), ovvero lo
spazio compreso tra l’apice del picco
osseo alveolare e il punto piu coronale
dell’attacco epiteliale [ampiezza biologica = connettivo sovracrestale (1,07 mm)
+ attacco epiteliale (0,97mm)].
700
› Rispetto
dei tessuti dentali: durante la parazione stessa” (5).
preparazione sarà necessario garantire La linea di finitura dovrebbe sempre preuna riduzione del dente conservativa, in sentare le seguenti caratteristiche:
accordo ai principi meccanici descrit- › essere posizionata su tessuto dentale
ti precedentemente, tale da evitare un
sano per garantire integrità e stabilità
danno pulpare che può derivare anche
nel tempo;
da una irritazione termica in questa fase. › essere ben delimitata per assicurare
Un’odontoiatria protesica moderna infatti
l’adeguato sigillo periferico ed evitare
non dovrebbe imporre la devitalizzazione
scelte troppo arbitrarie da parte del tecdell’elemento al solo scopo di posizionare
nico; quindi è fondamentale, durante la
una corona.
preparazione, visualizzare facilmente il
margine nella sua collocazione apicocoronale in modo tale che sia ben leggibile;
Principi estetici e funzionali
› avere lo spazio sufficiente per i materiali
da restauro, perché la futura protesi abEssendo la preparazione anche in funzione
bia le necessarie caratteristiche di fundel tipo di restauro che si decide utilizzare,
zionalità, resistenza ed estetica;
se abbiamo un’esigenza estetica, questa
dovrà essere intrasulculare nel caso si › garantire l’economia della sostanza denusino corone con una chiusura in metaltale, risparmiando quantità di tessuto il
lo, o potrà essere anche juxtagengivale se
cui sacrificio non sia strettamente nesi usano corone con chiusura in ceramica
cessario;
o metalfree; inoltre la preparazione dovrà › essere semplice nell’esecuzione.
essere più demolitiva a livello vestibolare Cercando di semplificare, tra le differenti
per corone in metallo ceramica per ma- linee di finitura o disegni marginali presenti
scherare la sottostruttura metallica, mentre in letteratura, riconosciamo un primo grupuna corona metal-free può permettere un po in cui il margine può essere definito su
maggior risparmio di tessuto.
un’area (preparazioni a finire e a lama di
Un ultimo aspetto da valutare è quello fun- coltello), un secondo gruppo in cui invece
zionale: sarà importante infatti valutare la il margine viene definito su di una linea
preparazione finale oltre che in massima (spalla 90°, spalla 50° e chamfer) ed un
intercuspidazione (per verificare la presen- terzo gruppo che unisce le due precedenti
za di uno spazio sufficiente per contenere (spalla bisellata e chamfer bisellato).
i materiali al di sopra dei loro limiti di lavorabilità), anche durante i movimenti funzio- Margine di preparazione su un’area
nali (protrusiva e lateralità destra e sinistra) (preparazioni verticali)
per non incorrere in possibili precontatti
della futura ricostruzione che porteranno › Preparazione a finire (featheredge):
a un’occlusione non corretta e a possibili
questa linea di preparazione presenta
fratture della ceramica di rivestimento.
un angolo di circa 180° tra la porzione
preparata e la porzione intatta del dente.
› Preparazione a lama di coltello: questa
preparazione, simile alla precedente, si
DISEGNO MARGINALE
differenzia per un angolo di poco inferiore ai 180° (fig. 2).
Alla luce di queste considerazioni generali
sulle preparazioni, esistono differenti di- Entrambe queste preparazioni sono casegni marginali, ovvero diversi tipi di linee ratterizzate da una più facile realizzazione
di congiunzione tra la porzione “intatta del clinica, e sono indicate, soprattutto quella
dente e l’estensione più apicale della pre- a finire, in protesi parodontali (6) (special-
SETTEMBRE 2013 XXIV (7)
CORSO FAD
FIG. 2 Preparazione verticale: a lama di coltello.
FIG. 3 Preparazione orizzontale: spalla a 90°.
FIG. 4 Preparazione orizzontale: spalla a 50° o 135°.
FIG. 5 Preparazione orizzontale: chamfer corto o 90°
arrotondato.
FIG. 6 Preparazione orizzontale: chamfer lungo.
FIG. 7 Preparazione mista: spalla 90° con bisello.
mente in caso di preparazioni a cielo aper- Margine di preparazione su una lito), in quanto il limite apicale della futura nea (preparazioni orizzontali)
protesi è a livello radicolare quindi in una
porzione di dente con sezione più stretta. › Spalla 90°: è il disegno marginale a conUn ulteriore vantaggio è rappresentato
figurazione piana, che traccia un angolo
dalla minore quantità di tessuto asportato
retto tra la parete assiale e quella radicorispetto ad altri tipi di preparazioni e al falare (angolo interno 90°) e che si ottiene
cile adattamento di fissazione di più eleutilizzando verticalmente frese troncomenti.
coniche (fig. 3). Offre un’ottima ritenzioPer contro gli svantaggi di queste prepane e maggior estetica cervicale perché
razioni risiedono nel fatto che si incorre in
dà spazio per metallo, opaco e ceramica;
sovracontorni delle corone come risultato
per contro è la preparazione meno condi uno spazio (in senso orizzontale) tropservativa, si può facilmente incorrere in
po ridotto per i materiali restaurativi, o nel
sottosquadri ed è di difficile realizzazione
tentativo di ridurre i volumi, in stress marsu tutta la circonferenza del dente e nel
ginali molto elevati che portano a possibili
caso si debba connettere più elementi.
fratture.
Un ulteriore svantaggio è dato dalla difNegli ultimi anni è aumentato il numero
ficoltà del cemento di fluire in quanto
di autori (e di pubblicazioni) che utilizzano
l’angolo interno vivo limita questa azione.
questo tipo di preparazione, anche grazie › Spalla 50° o 135°: sono stati gli studi
al fatto che, con il miglioramento dei maodontotecnici di Kuwata (7) sulle imteriali, si possono rivestire elementi così
plicazioni restaurative del margine a
preparati con corone metal-free.
suggerire questa preparazione in cui
XXIV (7)
SETTEMBRE 2013
appunto l’angolo interno risulta essere
di 135° (quando si parla invece di angolo
a 50° ci si riferisce al piano orizzontale)
dimostrando come questo particolare
tipo d’angolo permetta di ottenere gli
spazi minimi necessari per le corone in
metallo-ceramica mantenendo il bordino metallico completamente ricoperto
sia dall’opaco che dalla ceramica, senza
incorrere in sovracontorni (fig. 4). È indicata in tutti i settori, sia in quelli anteriori
più estetici che in quelli più funzionali,
con la sola eccezione dei denti con corona clinica ridotta, in quanto verrebbe
a mancare la forza ritentiva necessaria.
Tuttavia, pur essendo una preparazione
versatile e di facile realizzazione clinica
(per la totale visualizzazione della punta durante l’azione di taglio), non viene
usata routinariamente per il fatto che le
fasi tecnicooperative di laboratorio sono
decisamente complesse e richiedono
l’opera di odontotecnici qualificati.
701
corso fad
FIG. 8
Separazione prossimale con fresa diamantata a fiamma sottile a
grana grossa.
FIGg. 9a e 9b
Solco guida cervicale con fresa diamantata a palla a grana grossa
(1-1,2 mm di diametro), utilizzata per la metà del suo diametro.
Fig. 8
Fig. 9a
Fig. 9b
› Chamfer: questo tipo di preparazione è
l’angolo esterno di un margine a chamfer › Rifinitura del moncone.
o a spalla viene smussato con un taglio Per tutte le fasi della preparazione consiinclinato (fig. 7). In questo caso perde im- gliamo:
portanza la geometria dell’angolo interno › di tenere le dita il più vicino possibile alla
a discapito della chiusura quasi verticale.
testa del manipolo guidandolo anche
Questo tipo di preparazione ha il vantaggio
con l’indice dell’altra mano per controldi aumentare la ritenzione e la stabilità e
larne meglio i movimenti;
di ottenere una buona chiusura marginale › di usare frese di diametro noto e conserma lo svantaggio di essere difficile da esevare aree di tessuto non ridotto in zone
guire, di avere un’estetica insoddisfacente
strategicamente determinanti per avere
(perché prevede una chiusura in metallo
un controllo costante della profondità
come le altre preparazioni verticali) e di
delle nostre preparazioni;
creare stress marginali eccessivi.
› di misurare il volume effettivamente
asportato prima di prendere l’impronta
definitiva per esser certo che la preparazione sia stata sufficientemente ridotta;
SEQUENZA
a questo scopo consigliamo l’utilizzo di
DELLA PREPARAZIONE
mascherine in silicone tagliate secondo
PER MARGINE A CHAMFER
vari assi e che riproducano già la forma
della riabilitazione protesica definitiva.
› Separazione prossimale.
Un altro mezzo per verificare che gli
› Riduzione assiale.
spazi della futura riabilitazione siano sufMargine di preparazione misto
› Riduzione incisale/occlusale.
› Riduzione palatale (per gli elementi an- ficienti è quello di misurare gli spessori
labiali e linguali dei provvisori ribasati priteriori).
Margine a chamfer o a spalla con bisello:
ma di prendere l’impronta definitiva.
si intende quel tipo di preparazione in cui › Riposizionamento del margine.
caratterizzato dalla totale assenza di angoli vivi interni, a favore di una concavità
(il cui grado differenzia il chamfer corto,
o spalla arrotondata, e chamfer lungo).
Il disegno più diffuso è il chamfer corto, che offre un buon compromesso tra
facilità di esecuzione da parte del clinico e spazi per l’odontotecnico per ottenere una ottima precisione di chiusura
del margine, estetica e stress marginali
ridotti al minimo (fig. 5). È il tipo di preparazione consigliato per le chiusure in
ceramica e per le corone metal-free. Il
chamfer lungo, per contro, non permette
di gestire quanto il precedente disegno
gli spazi orizzontali del profilo d’emergenza, rendendo necessario sempre un
microbordo in metallo che inevitabilmente ne condiziona l’estetica (fig. 6).
702
SETTEMBRE 2013 XXIV (7)
CORSO FAD
FIG. 10
Solchi guida lungo l’asse del dente con una fresa tronco-conica con
testa arrotondata non lavorante in carburo di tungsteno utilizzata per
metà del suo spessore.
FIG. 11
Riduzione incisale con fresa tronco-conica diamantata a grana grossa
inclinata leggermente verso il palato.
FIG. 12
Riduzione occlusale: con una fresa tronco-conica diamantata a grana
grossa eseguiamo dei solchi guida di ca 1,5 mm di spessore sui
versanti interni delle cuspidi che poi raccorderemo con una fresa
tronco-conica inversa.
Fig. 10
Fig. 12
Fig. 11
Separazione prossimale
Utilizzando una fresa diamantata a fiamma sottile, a grana grossa (anello verde 105-149 micron), procederemo alla
separazione dei denti, proteggendo gli
elementi approssimali con matrici metalliche (fig. 8).
Riduzione assiale
Per eseguire una riduzione assiale in maniera facile e standardizzata, ci si avvale di
un solco guida cervicale e di tre solchi guida lungo l’asse del dente.
› Solco guida cervicale: viene eseguito
sulle pareti vestibolari e palatali con
una fresa diamantata a palla a grana
grossa e di diametro 1,0-1,2 mm montata su anello rosso, ed è effettuato in
regione cervicale seguendo la festonatura gengivale rimanendo però al di
fuori del solco gengivale; il suo scopo
è quello di definire approssimativamente il margine e la profondità della
preparazione stessa. La fresa va utilizzata per la metà del diametro totale,
per ottenere una spalla di 0,5-0,6 mm
(figg. 9a e 9b).
› Solchi guida lungo l’asse del dente:
XXIV (7)
SETTEMBRE 2013
con una fresa tronco-conica con testa
arrotondata non lavorante in carburo
di tungsteno montata sulla turbina si
eseguono tre solchi sia vestibolarmente che palatalmente a partire dal
margine cervicale precedentemente
tracciato facendo lavorare la fresa
per la metà del suo spessore (fig.
10). Questa fresa dovrà essere usata
seguendo l’anatomia del dente, riproducendo così l’asse principale (asse
lungo del dente) ed il piano incisale
(circa 45°), visto che il dente ha una
convessità, che va rispettata per non
vestibolarizzare il margine incisale
della preparazione e per non traumatizzare il tessuto pulpare.
A questo punto, sarà facile, con la stessa
fresa, raccordare questi solchi, eliminando
così tutto il tessuto dentale restante, anche
a livello interprossimale (seguendo sempre l’andamento della giunzione amelocementizia).
La fresa al carburo di tungsteno ha il vantaggio di surriscaldare meno il dente per la
capacità di taglio maggiore e di rendere la
superficie del dente più liscia, ma essendo
una fresa molto aggressiva è indicata per
mani esperte; al suo posto, per un miglior
controllo ed una più selettiva asportazione
di tessuto duro, si può utilizzare una fresa
tronco-conica diamantata a grana grossa
(anello verde) montata su manipolo ad
anello rosso.
Riduzione incisale/occlusale
Per i denti anteriori
Eseguiamo due solchi a livello incisale
con una fresa tronco-conica diamantata a grana grossa inclinata leggermente
verso il palato per i denti superiori (perché il margine incisale degli elementi
superiori è tendenzialmente palatale)
e verso il vestibolo per i denti inferiori
(perché il margine incisale degli elementi inferiori è tendenzialmente buccale) che ci permetteranno di valutare
effettivamente la quantità di tessuto
asportato (fig. 11). Poi, come nella fase
precedente della riduzione assiale, raccordiamo questi solchi.
Per i denti posteriori
Utilizzando una fresa troncoconica diamantata a grana grossa eseguiamo dei
solchi (di circa 1,5 mm di spessore) sui versanti interni delle cuspidi e di nuovo raccorderemo questi solchi fino ad avere una
superficie regolare (fig. 12).
703
corso fad
FIGg. 13a e 13b
Riduzione palatale in dente vitale
con fresa amongolfiera nelle sue
diverse angolazioni di utilizzo.
FIGg. 14a e 14b
Riduzione palatale in dente non
vitale con fresa troncoconica
inversa nelle sue diverse
angolazioni di utilizzo.
Riduzione palatale
Per i denti anteriori vi è un ultimo passaggio che consiste nel ridurre la concavità palatina/linguale nella porzione
del cingolo; questa riduzione può essere
effettuata tramite:
› fresa a mongolfiera se il dente è vitale
in modo da ricopiare la classica concavità di questa zona senza avvicinarsi
rischiosamente alla camera pulpare
(figg. 13a e 13b);
› fresa tronco-conica inversa se il dente
non è vitale, in quanto con sicurezza si
può creare un gradino a questo livello, il
quale consente di ottenere un maggior
grado di parallelismo tra le pareti assiali
labiali e linguali e, di conseguenza, una
considerevole stabilità (figg. 14a e 14b).
Per verificare che tutte queste riduzioni
siano state eseguite correttamente, ci si
avvale di mascherine in silicone tagliate
longitudinalmente.
tro piccolo (00 o 0) che scosta apicalmente il margine gengivale ed evidenzia
di quanto possiamo approfondirci sotto
gengiva (generalmente circa 0,5-1 mm).
Utilizzando una fresa tronco-conica con
una granulometria fine (anello rosso 3845 micron) ci concentriamo ad abbassare il margine senza quindi modificarne il
profilo e stando attenti in questa fase a
non ledere i tessuti gengivali circostanti.
Il problema di queste preparazioni a
chamfer che utilizzano frese troncoconiche a testa arrotondata è quello di
rischiare di creare dei “riccioli” a livello
del margine della preparazione stessa; il
ricciolo, non essendo sostenuto in modo
adeguato, potrà facilmente rompersi
sotto carico, oltre ad essere di difficile
gestione da parte del tecnico. In tal caso
l’utilizzo di una fresa TPE (cilindrica lavorante solo in testa) permette di eliminare
questo difetto senza modificare la spalla
né ledere i denti adiacenti (fig. 15).
la presa dell’impronta, una superficie liscia
e ben levigata ci permetterà di ottenere
il massimo della precisione, favorendo la
scorrevolezza del materiale e diminuendo
al contempo lo stress sul materiale stesso.
Per questa fase utilizzeremo gommini
in silicone, di cui protremo modificare la
forma utilizzando un dresser diamantato, in modo da poter raggiungere tutte
le superfici, anche quelle interprossimali
(figg. 16a-16f).
LA PRESA DELL’IMPRONTA
Le impronte sono il principale strumento
di comunicazione con il laboratorio per
il confezionamento dei manufatti protesici e pertanto devono essere oggetto
di grande attenzione da parte del clinico
(figg. 17a e 17b).
I materiali da impronta comprendono
quell’insieme di materiali utilizzati per
rilevare la morfologia dei denti e dei tessuti del cavo orale e dei loro reciproci
Riposizionamento del margine
Rifinitura
rapporti, o anche la posizione di un imArrivati a questo punto, posizioneremo Riteniamo molto importante la fase di ri- pianto osteointegrato e dei rispettivi tesun filo pieno, non impregnato, di diame- finitura delle preparazioni perché, durante suti perimplantari.
704
SETTEMBRE 2013 XXIV (7)
CORSO FAD
FIG. 15
Fresa TPE (cilindrica lavorante solo in testa) per eliminare eventuali
“riccioli“ creati con una fresa a chamfer.
FIGg. 16a - 16f
Gommino in silicone utilizzato nelle fasi di rifinitura che può essere
ridotto per raggiungere le aree interprossimali.
Fig. 15
Fig. 16a
Fig. 16b
Fig. 16c
Fig. 16d
Fig. 16e
Fig. 16f
Requisiti dei materiali da impronta › fedeltà nella riproduzione dei dettagli;
Il materiale da impronta ideale dovrebbe
possedere le seguenti caratteristiche:
› biocompatibilità: il materiale da impronta non deve assolutamente essere tossico né irritante per la mucosa orale;
XXIV (7)
SETTEMBRE 2013
› fluidità: è la capacità del materiale di
insinuarsi in spazi ristretti quali i solchi
gengivali;
› memoria elastica: è la proprietà che
permette ai materiali da impronta di
riacquistare la loro dimensione iniziale
dopo aver subito una deformazione in
seguito ad una sollecitazione;
› idrofilia: ossia l’affinità per l’acqua;
questa proprietà è utile perché è difficile evitare del tutto saliva o fluidi gengivali quando si rileva un’impronta per
restaurazioni fisse;
705
corso fad
FIG. 17a Impronta di precisione di 5 elementi frontali dell’arcata superiore rilevata
in Polivinilsilossano con la tecnica della monoimpronta bicomponente.
FIG. 17b Modello in gesso e poliuretano della stessa impronta colato con tecnica
di Geller, in cui si evidenzia l’elevata fedeltà nella riproduzione di tutti i dettagli.
FIGg. 18a e 18b
Particolare di 2 impronte prese
in polivinilsilossano, dove si
evidenzia l’elevata definizione
dei dettagli anatomici e l’oltre
fine preparazione lungo tutto la
circonferenza degli elementi.
› bagnabilità: è la proprietà che consente › consistenza adeguata;
ad un materiale di sviluppare una super- › costo adeguato.
›
›
›
›
›
ficie di contatto con le altre sostanze;
tissotropia: è la proprietà posseduta dai
materiali (a viscosità medio-bassa) di
accrescere la loro fluidità se sottoposti
a pressione o sollecitazione meccanica
e di recuperare la viscosità originale al
cessare delle condizioni che hanno determinato tale variazione;
stabilità dimensionale: è la capacità di
un materiale da impronta di non subire
fenomeni di contrazione od espansione
e quindi di conservare immutata la sua
forma primitiva;
resistenza allo strappo: è la capacità di
non subire lacerazioni, deformazioni permanenti o stiramenti al momento della rimozione dal cavo orale, soprattutto nelle
zone più soggette a sollecitazioni come
le aree interprossimali o le superfici in
sottosquadro (8, 9);
compatibilità con i materiali con cui si realizzano i modelli: è necessaria per riprodurre sul modello positivo anche i più fini
e minuti dettagli; ideali, da questo punto
di vista, sono i materiali idrofili;
caratteristiche organolettiche: il materiale da impronta dovrebbe avere odore,
sapore, colore gradevoli o comunque tali
da essere ben accetti dai pazienti;
706
Naturalmente nessun materiale da impronta è in grado di soddisfare appieno
tutti questi requisiti; sono, comunque, a disposizione materiali che se correttamente
impiegati possono dare ottimi risultati. Sarà
compito dell’operatore, in base alla propria
esperienza e alla propria manualità, scegliere quello più rispondente alle necessità
cliniche e tecniche.
CLASSIFICAZIONE DEI
MATERIALI DA IMPRONTA
Una prima distinzione che deve essere
effettuata tra i materiali da impronta è tra
non elastici ed elastici: deformabili i primi, in
grado di riacquistare la loro forma primitiva
dopo la rimozione dal cavo orale anche in
presenza di sottosquadri, ed indeformabili i
secondi (10).
Entrando nel dettaglio, i materiali da impronta non elastici sono:
› le paste termoplastiche;
› le cere da impronta;
› le paste all’ossido di zinco ed eugenolo;
› il gesso da impronta;
› le resine calcinabili.
Mentre i materiali da impronta elastici sono:
› gli idrocolloidi, a loro volta classificabili in
reversibili (agar) o irreversibili (alginati);
elastomeri, suddivisibili in polisolfuri,
siliconi (per addizione - PVS - o per condensazione), polieteri.
Qui di seguito tratteremo solo i materiali
utilizzati da noi in protesi fissa.
› gli
Idrocolloidi irreversibili
Gli alginati sono sicuramente tra i materiali
più diffusi e utilizzati in campo odontoiatrico
per la facilità di preparazione e di impiego,
le buone proprietà fisiche, il costo contenuto e la buona accettabilità da parte del
paziente; ma vista la scarsa riproduzione
dei dettagli, l’instabilità dimensionale e la
deformazione permanente residua, tali materiali possono essere usati in protesi fissa
unicamente per ottenere:
› modelli di studio;
› modelli per provvisori prelimatura;
› modelli per antagonisti;
› modelli deputati all’allestimento di portaimpronte individuali.
Elastomeri
Gli elastomeri di sintesi sono dei polimeri dotati di notevole elasticità (11) e buona
precisione anche in spessori sottili. Qui di
SETTEMBRE 2013 XXIV (7)
CORSO FAD
Fig. 19a
Fig. 19b
FIGg. 19a e 19b
Esempio di impronte prese utilizzando un polivinilsilossano, con
portaimpronta di commercio (a) e con portaimpronta individuale (b).
FIG. 20a - 20c
Impronta di precisione dell’elemento 25 e 27 rilevata con polietere
mediante la tecnica della monoimpronta bicomponente (a).
Particolare dei singoli elementi dove si evidenzia l’elevata definizione
dei dettagli anatomici (b, c).
Fig. 20a
Fig. 20b
Fig. 20c
sono di consistenza molto pastosa per la
seguito verranno approfondite solo le capresenza di sostanze di riempimento;
ratteristiche dei materiali di scelta per la
presa delle impronte di precisione ovvero i - siliconi di perfezionamento, deputati al
rilevamento della seconda impronta, o
siliconi per poliaddizione e i polieteri.
comunque dei dettagli più fini, a viscosità
più bassa.
Siliconi per poliaddizione
Sono i materiali da impronta in assoluto più › Viscosità: bassa, media, alta.
utilizzati in protesi fissa (12) (figg. 18a e 18b). › Tempo di indurimento: indipendenteVengono classificati in base alla modalità
mente dalla viscosità questi materiali
di impiego, al tempo di indurimento e alla
possono avere un tempo di indurimento
viscosità.
rapido (fast setting) o normale (normal
setting).
› Modalità di impiego:
- siliconi di base, deputati al rilevamen- I vantaggi sono:
to della prima impronta, a viscosità alta; › elevata stabilità dimensionale nel tempo;
XXIV (7)
SETTEMBRE 2013
› ottima memoria elastica e resistenza alla
deformazione permanente (13);
› buone caratteristiche di idrocompatibilità
(14, 15);
› buona tissotropia (16);
› buona durezza e rigidità;
› tempo di lavoro più che adeguato;
› tempo di presa adeguato (compreso tra
3 e 7 minuti a seconda del prodotto e
della consistenza);
› elevata versatilità, potendo essere usati
con portaimpronte standard o individuali
e con tecniche mono o bifase (17) (figg.
19a e 19b);
707
corso fad
Fig. 21a
Fig. 21b
Fig. 21d
Fig. 21c
Fig. 21e
FIG. 21a La foto mostra un elemento (11) in cui sono stati posizionati 2 fili
di retrazione per rilevamento di impronta di precisione. Il primo filo più sottile non
impregnato; il secondo filo di diametro maggiore impregnato.
FIG. 21b Al momento della rimozione del filo più superficiale il solco gengivale
risulta essere aperto e privo di gemizio ematico, fattori indispensabili per poter leggere
col materiale da impronta l’oltre fine preparazione.
FIG. 21c Impronta di precisione dell’elemento dentale dopo condizionamento del
solco gengivale con tecnica del doppio filo.
FIGg. 21d e 21e Un’impronta corretta permetterà di realizzare un modello di
lavoro sul quale l’odontotecnico realizzerà il restauro protesico definitivo.
FIG. 22 In alternativa o in combinazione ai tradizionali sistemi di retrazione
attraverso i fili, è possibile utilizzare gel a base di cloruro di alluminio al 15% che
esercitano un’azione meccanica e chimica a livello del solco gengivale, consentendone
lo spiazzamento verticale ed orizzontale.
Fig. 22
› duplicabilità
dei modelli, ovvero la › bassa adesività al portaimpronte sopossibilità di ottenere più modelli dalla
prattutto se non dispone di ritenzioni
stessa impronta senza deformazioni.
meccaniche (18);
Gli svantaggi sono:
› costo elevato;
› bassa flessibilità, che rende difficile la › incompatibilità con il lattice (19) che
rimozione dell’impronta dal cavo orale,
potrebbe inibirne la polimerizzazione.
soprattutto in presenza di sottosquadri, e del modello in gesso dall’impron- Polieteri
ta stessa;
Come i siliconi per addizione presenta-
708
no un processo di polimerizzazione per
addizione che non libera i prodotti secondari di reazione responsabili della retrazione e delle modifiche dimensionali
(20).
Le modalità di impiego sono analoghe
a quelle dei siliconi per poliaddizione.
Sono anch’essi commercializzati sotto
forma di paste con tre diversi gradi di
SETTEMBRE 2013 XXIV (7)
CORSO FAD
FIG. 23 Prima impronta in polivinilsilossano (consistenza Putty-Soft) sulla
quale viene posizionato un foglio di pellicola trasparente e della cera al fine di
creare dello spazio che verrà occupato dal materiale di consistenza light utilizzato
nella seconda fase.
viscosità (alta, media e bassa), ma sono
indicati solo per il rilevamento di impronte con tecnica monofase, a miscelazione
singola o doppia.
I polieteri sono, tra tutti gli elastomeri,
quelli che posseggono i tempi operativi più brevi: tempo di lavoro: 2-3 minuti,
tempo di presa: 4-6 minuti.
I vantaggi sono:
› elevata precisione di dettaglio (21)
(figg. 20a-20c);
› ottima stabilità dimensionale (22);
› duplicabilità dei modelli, anche se il
secondo modello colato risulta essere
meno preciso del primo;
› buona resistenza alla deformazione
permanente;
› durezza elevata, superiore a tutti gli
altri elastomeri;
› alta tissotropia, che compensa l’alta
viscosità (23, 24);
› buona idrofilia (25).
Gli svantaggi sono:
› alto coefficiente di dilatazione termica, che fa sì che questi materiali,
passando dai 37°C del cavo orale ai
20°C presenti nell’ambiente esterno,
si contraggano notevolmente; tale
contrazione, comunque, può essere
contrastata attraverso un’adeguata
adesione del materiale al portaimpronte grazie all’utilizzo di un appropriato adesivo (18);
› necessità di un portaimpronte individuale per ottenere i migliori risultati e
sfruttare totalmente le buone caratteristiche di questi materiali (18);
› elevata rigidità, che può dar luogo a
lacerazioni della gomma e a rotture
dei modelli in gesso; per questo sono
controindicati in presenza di eccessivi
sottosquadri e di elementi dentari dotati di scarso supporto parodontale;
› notevole costo.
XXIV (7)
SETTEMBRE 2013
FIG. 24 Particolare della seconda impronta con definizione dei dettagli
anatomici rilevati con materiale di consistenza light.
RETRAZIONE GENGIVALE
In caso di preparazione intrasulculare, è
fondamentale che l’impronta sia in grado di leggere l’oltrepreparazione per poter permettere all’odontotecnico la lettura precisa del margine di finitura. Per
ottenere questo obiettivo è necessario
un temporaneo allargamento del solco
dento-gengivale così da permettere al
materiale da impronta di penetrare nel
solco stesso e di leggere la porzione radicolare del dente. Secondo Ramadan e
Harrison (26) i metodi per allontanare i
tessuti gengivali durante il rilevamento
di una impronta sottogengivale sono essenzialmente tre:
› tecnica meccanica (che si avvale
dell’utilizzo di un filo retrattore non impregnato);
› tecnica meccanico-chimica (la più valida e la più comunemente usata che
si avvale dell’utilizzo di fili retrattori impregnati e non);
› tecnica elettrochirurgica.
Tecnica meccanico-chimica
lare che può causare difetti nell’impronta per la scarsa idrofilia dei materiali.
La sezione più appropriata (000, 00, 0,
1, 2, 3), il numero (singolo o doppio) ed
il tipo (pieno o vuoto) di fili da inserire
sono tutti parametri da relazionare all’anatomia del tessuto parodontale; in linea
di massima, tranne che in presenza di
gengiva festonata e sottile con scarsa
gengiva aderente, noi privilegiamo fili
pieni per la maggior retrazione sia verticale che orizzontale (figg. 21a-21e e 22).
TECNICHE DI IMPRONTA
Tecnica monofase
Tale tecnica prevede il rilevamento di impronte utilizzando un solo materiale (monocomponente) oppure due materiali
contemporaneamente (bicomponente),
scegliendo tra i siliconi e i polieteri.
› Monocomponente: polieteri con portaimpronta individuale.
› Bicomponente (a nostro avviso da
preferirsi):
- polieteri o siliconi con portaimpronta
individuale, Heavy body nel portaimpronta e Regular o Light body sulle
preparazioni;
- siliconi con portaimpronta standard,
Heavy body nel portaimpronta e Regular o Light body sulle preparazioni.
L’uso del materiale ad alta viscosità
favorisce la spinta di quello a viscosità
minore permettendo una buona lettura
della porzione sottogengivale della preparazione.
I fili retrattori consentono di ottenere
principalmente due risultati (27, 28):
› lo spostamento in senso verticale del
tessuto ottenuto attraverso il posizionamento del primo filo non impregnato;
› lo spostamento in senso orizzontale
del tessuto, che permette l’applicazione del materiale da impronta a viscosità più bassa nel solco con l’ausilio di
una siringa, ottenuto attraverso il posizionamento del secondo filo non impregnato che va lasciato al massimo
per 5 minuti (tra i vari prodotti utilizzati Tecnica bifase
per imbibire il filo noi privilegiamo il
cloruro di alluminio).
Come suggerisce il nome stesso, tale
Inoltre il filo diminuisce il fluido crevico- tecnica consta di due fasi: la prima di ri-
709
corso fad
FIGg. 25a e 25b Impronta in polietere a doppia viscosità, non corretta a causa della mancanza della lettura dell’oltre fine preparazione e per
presenza di una bolla a livello del margine cervicale dell’elemento 25, meglio evidenziabile nella foto a maggiore ingrandimento.
FIGg. 26a e 26b
In queste foto vediamo un
particolare di un moncone sfilabile:
la distanza tra la linea più cervicale
(rossa) e la linea più apicale
(blu), in questo caso ben leggibile
perché sono state rispettate tutte
le indicazioni, di salute parodontale
e relative alle caratteristiche dei
materiali utilizzati, rappresenta
l’area di lettura oltre il limite di
preparazione da parte del materiale
da impronta.
levamento di un’impronta iniziale con un
materiale ad alta viscosità; la seconda di
rilevamento di un’altra impronta con un
materiale a bassa viscosità.
La prima impronta con Putty (alta viscosità) (fig. 23).
La seconda impronta con Light: dopo
aver scaricato la prima impronta (per
garantirne un agevole reinserimento e
per creare uno spazio sufficiente per il
secondo materiale), si posiziona il materiale all’interno della preimpronta e intorno alle preparazioni (fig. 24).
Dopo avere rilevato un’impronta, in particolar modo se si tratta di quella definitiva, bisogna analizzarla accuratamente al
fine di accertarsi della sua effettiva validità: essa, infatti, dovrebbe rispondere
ad alcuni requisiti fondamentali:
› essere leggibile in tutte le sue parti,
soprattutto a livello della spalla;
› essere fedele nella riproduzione dei
dettagli;
› essere priva di bolle soprattutto nelle
zone più delicate (figg. 25a e 25b);
› essere sovraestesa oltre il limite della
preparazione su tutti gli elementi implicati.
Riteniamo comunque importante sottolineare che un materiale, per quanto
possieda le migliori caratteristiche, non
710
restorations. Quintessence Dent Technol 1979;10:27-38.
possa sopperire ai principi base di buona salute parodontale (al momento del- 8) Hondrum SO. Tear and energy properties of three impression
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deve assolutamente presentare segni 9) Hansson O, Eklund J. Impressions for prosthodontic restorations
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gestione dei materiali stessi (tempi di 10)Centini S, Putignano A, Miglietta G, Fioroni M. Materiali da impronta
in protesi fissa: caratteristiche ideali ed analisi dei materiali non
miscelazione, tempi indurimento, tempi
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SETTEMBRE 2013 XXIV (7)
CORSO FAD
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Hydrophilicity of elastomeric non-aqueous impression materials
Protesi fissa
su dente naturale
Terza parte:
il provvisorio
INTRODUZIONE
l Glossary of Prosthodontic Terms definisce
il restauro provvisorio
come quel “restauro di
transizione che fornisce protezione, stabilità
e funzione prima della
fabbricazione di una protesi definitiva, il
quale può essere utilizzato per stabilire
l’estetica, la funzione e l’efficacia terapeutica di un piano di trattamento” (1).
Il termine provvisorio viene purtroppo erroneamente considerato da alcuni come
sinonimo di un manufatto “temporaneo”,
quindi di scarso valore (2), quando in realtà dovrebbe esprimere un qualcosa di
fondamentale per la terapia riabilitativa
(3). Infatti, è vero che il termine “provvisorio” indica un tempo limitato, come limitato è spesso il tempo in cui il paziente
dovrà portare tale restauro, ma non per
questo bisogna farsi ingannare e pensare che questa fase non meriti le stesse
attenzioni di quella definitiva (fig. 1).
Senza dubbio la costruzione di un buon
I
XXIV (7)
SETTEMBRE 2013
provvisorio implica un notevole impiego di
tempo e di mezzi da parte del clinico e del
laboratorio odontotecnico, ma le soddisfazioni che si otterranno al momento della
cementazione del manufatto definitivo ripagheranno ampiamente la fatica spesa.
FUNZIONI DEL PROVVISORIO
Shillinburg (4), Mc Lean (5) ed altri Autori (6-9), ritengono che un provvisorio
morfologicamente corretto e biocompatibile dovrebbe rispettare alcuni requisiti:
› preservare la vitalità pulpare dagli insulti termici, meccanici e chimici fino
alla costruzione del manufatto definitivo, evitando di trasmettere sbalzi di
temperatura ed avere bordi precisi che
impediscano le infiltrazioni salivari;
› fornire adeguata stabilità occlusale e
posizionale agli elementi dentali preparati, sia rispetto a quelli adiacenti
che agli antagonisti, durante l’intera
fase del trattamento protesico;
› consentire un’igiene professionale
e domiciliare adeguata e non favo-
during setting. Dent Mater. 2005;21(2):94-102.
26)Ramadan FA, Harrison JD. Literature review of the effectiveness of
tissue displacement materials. Egypt Dent J. 1970;16(3):271-82.
27)Shavell HM. The periodontal-restorative interface in fixed
prosthodontics: tooth preparation, provisionalization, and biologic
final impressions - Part II. Pract Periodontics Aesthet Dent.
1994;6(3):49-60.
28)Shavell HM. The periodontal-restorative interface in fixed
prosthodontics: tooth preparation, provisionalization, and biologic
final impressions - Part I. Pract Periodontics Aesthet Dent.
1994;6(1):33-44.
Marco Cappello
Maura Mocchi
Loris Prosper
Ateneo Vita e Salute, Unità Operativa Complessa
di Odontoiatria, Ospedale San Raffaele, Milano
Direttore: professor E. Gherlone
rire la ritenzione di placca, al fine di
stabilizzare e condizionare i tessuti
mucogengivali, sia in presenza di un
parodonto sano, sia in presenza di una
malattia parodontale in fase attiva;
› possedere adeguata solidità strutturale, stabilità e ritenzione per resistere
alle forze di rottura e di dislocamento
verticali ed orizzontali;
› garantire una corretta funzionalità
masticatoria, evitando l’insorgenza di
problemi muscolari e/o articolari al
paziente;
› non alterare la fonetica pre-esistente
o ristabilirne una adeguata;
› definire un’estetica ottimale: parametri
quali morfologia e colore, particolarmente importanti nei settori anteriori,
dovrebbero soddisfare le esigenze del
paziente ed avvicinarsi il più possibile
a quelle che dovrà avere il manufatto
definitivo;
› possedere contorni e spazi fisiologici
precisi e ben definiti in modo tale da
garantire una precisione e chiusura
marginale ottimale (10);
› ridurre lo stress psicologico per il pa-
711
corso fad
FIG. 1
La realizzazione di un buon provvisorio rappresenta una fase
fondamentale ed imprescindibile per il successo a breve e lungo
termine della riabilitazione protesica.
FIGg. 2 e 3
Il provvisorio deve rispettare una serie di requisiti biologici, meccanici
ed estetici, al fine di garantire protezione, stabilità e funzione fino alla
realizzazione del manufatto definitivo.
Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
ziente, consapevole di avere in bocca
un manufatto modificabile e correggibile sotto tutti gli aspetti;
› fornire un valido aiuto diagnostico nel
corso della terapia riabilitativa in virtù
dei requisiti sopra elencati (risposta
estetica, fonetica, occlusale e tissutale);
› permettere di formulare una corretta
prognosi in base ai feed-back ottenuti dal dente protesizzato e da quelli
adiacenti, dai tessuti parodontalie dal
paziente stesso (figg. 2 e 3).
Dal punto di vista strutturale un buon
provvisorio dovrebbe possedere le seguenti caratteristiche:
› essere costruito con materiale atossico;
› essere rigido, resistente all’usura ed
alla frattura;
› essere facilmente modificabile;
› essere stabile dimensionalmente;
› essere biocompatibile;
› essere privo di porosità, liscio e ben
lucidato.
Il mantenimento della vitalità pulpare
di un elemento dentario sottoposto a
trattamento protesico rappresenta un
obiettivo auspicabile, qualora ci siano
le condizioni ideali ed i fattori favorevoli
per poterlo realizzare (11-13). Per questo
risultano indispensabili una serie di precauzioni e di accorgimenti da mettere
712
in atto durante le differenti procedure:
utilizzare una tecnica di preparazione
meno traumatica possibile (14), detergere il moncone protesico con soluzioni
disinfettanti a base di ipoclorito di sodio
o di clorexidina (fig. 4), proteggere l’elemento dentale preparato con specifiche
soluzioni per consentire la riparazione di
ferite dentinali e di minime lesioni pulpari localizzate che si possono produrre
durante la preparazione. Nello specifico
si possono utilizzare le tradizionali sospensioni a base di idrossido di calcio o
le più moderne soluzioni a base di nanoidrossiapatite, molecola che si lega alle
fibrille collagene presenti sulla superficie dei tubuli dentinali obliterandoli e,
conseguentemente, riducendo o eliminando lo stimolo algogeno (fig. 5). Inoltre diversi studi clinici ed in vitro hanno
riportato l’effetto desensibilizzante e di
occlusione dei tubuli dentinali mediante
il trattamento con laser a diodo dei monconi protesici vitali (15-21). Il meccanismo con cui il laser riesce a produrre la
diminuzione della sensibilità agli stimoli
termici e meccanici degli elementi vitali
è riferibile alla variazione della morfologia dei tubuli dentinali, i quali vengono
obliterati in modo permanente. L’importante è non discostarsi dai protocolli
specifici imposti dalle ditte produttrici
per non causare fenomeni di rialzo termico e danni pulpari a carico delle aree
dentinali trattate.
Per mantenere la vitalità pulpare del
moncone protesico risulta quindi indispensabile realizzare un manufatto
provvisorio in grado di esercitare un’azione protettiva sul moncone grazie alla
realizzazione di corretti contatti occlusali, un’elevata precisione marginale che
riduca la microinfiltrazione ed una sufficiente rigidità strutturale.
Le lesioni che colpiscono il tessuto pulpare durante la fabbricazione del provvisorio sono riconducibili essenzialmente
a tre fattori:
› chimico, per la presenza del monomero contenuto nelle resine acriliche;
› termico, legato alla reazione esotermica sviluppata durante l’indurimento
della resina;
› meccanico, per i vari processi di contrazione dovuti alla polimerizzazione
dei materiali.
Peraltro è indispensabile considerare la
compartecipazione di altri fattori individuali
quali lo spessore della dentina residua, la
temperatura del cavo orale, la presenza di
saliva, il grado di flusso sanguigno a livello del microcircolo locale, il volume della
SETTEMBRE 2013 XXIV (7)
CORSO FAD
Fig. 4 Moncone protesico vitale deterso con soluzione antibatterica a base di
clorexidina.
resina acrilica, il rapporto monomero/polimero, il tipo di resina e la formulazione del
monomero stesso (22): un grande volume di resina, pareti dentinali sottili, resine
che polimerizzano rapidamente e miscele
di resina più dense producono i maggiori
aumenti di temperatura pulpare (23). Inoltre, la tecnica di costruzione dei provvisori
direttamente nel cavo orale sembrerebbe
essere quella più pericolosa, in quanto
esporrebbe i denti ed i tessuti gengivali
marginali all’esotermia della reazione ed
alla tossicità del monomero di metilmetacrilato (MMA) (24).
MATERIALI PER LA COSTRUZIONE DEI PROVVISORI
Il materiale utilizzato per la costruzione
di un manufatto provvisorio dovrebbe
possedere alcune caratteristiche peculiari (25-31):
› facilità di manipolazione;
› atossicità per il paziente e per l’operatore;
› biocompatibilità per i tessuti pulpari e parodontali (ossia possedere un
ottimo grado di compatibilità tissutale
che garantisca un buon risultato anche in caso di posizionamento sottogengivale del margine);
› minimo rilascio di calore durante la reazione di indurimento (se si utilizza la
tecnica diretta intraorale);
› minima contrazione da polimerizzazione;
› estetica, nel senso di rendere un effetto naturale per colore e morfologia.
La letteratura (2, 4, 5, 9) indica la resina
acrilica come il migliore materiale per la
realizzazione di restauri provvisori. Le resine più usate sono sicuramente quelle
a base di polimetilmetacrilato (PMMA),
le quali, nonostante siano facilmente
lavorabili, con elevato grado di durezza,
ben lucidabili e facilmente riparabili, presentano però alcuni svantaggi (32-34):
› elevata reazione esotermica durante
XXIV (7)
SETTEMBRE 2013
FIG. 5 Protezione dell’elemento protesico vitale con sospensioni a base di idrossido
di calcio e/o di nanoidrossiapatite.
la realizzazione diretta e/o la ribasatura nel cavo orale;
› esposizione dei tessuti dentali al monomero libero in caso di resine autopolimerizzanti a freddo;
› elevata contrazione volumetrica da
polimerizzazione che comporta un rischio elevato di adattamento marginale non ottimale;
› scarsa robustezza e conseguente
maggiore tendenza alla frattura, specialmente se i provvisori vengono tolti
e ricementati diverse volte;
› ridotta stabilità del colore a lungo termine;
› ridotta resistenza all’abrasione che
può portare ad instabilità nell’occlusione, soprattutto nei provvisori a lungo termine;
› facile inglobamento di bolle che generalmente portano ad una colorazione antiestetica e rendono porosa la
superficie, determinando un notevole
accumulo di placca.
Attualmente, comunque, il mercato offre numerosi nuovi materiali per la costruzione provvisoria di corone, ponti ed
intarsi in protesi fissa, come gli acrilati
pesanti (i-butilmetacrilato o polietilmetacrilato) o i compositi del diacrilato (bisGMA, UDMA, TEGDMA).
Per quanto riguarda le resine composite,
il cui uso sta incrementando sempre più
anche per i restauri provvisori, quelle fotopolimerizzabili sono da considerarsi di
prima scelta sia con la tecnica indiretta
che con quella diretta della mascherina
trasparente termoformata, poiché, grazie alla maggiore durezza ed al minore
grado di usura (28), garantiscono una
migliore stabilità occlusale, sia nei settori
diatorici che a livello della guida incisiva.
Risultano inoltre essere ottimali sotto il
profilo estetico, in quanto il composito
è più somigliante al dente naturale rispetto alla resina acrilica, perché fluorescente, più opalescente e perfettamente
stratificabile, rifinibile e lucidabile (35).
Alcuni studi (28) hanno messo in evidenza che i compositi, oltre alla maggiore durezza, presentano anche perdite
volumetriche minori rispetto alle resine a
base di metilmetacrilato, pur avendo l’inconveniente di mostrare una superficie
più ruvida una volta abrase.
I materiali compositi possono essere
usati anche per la ribasatura in bocca di
un manufatto costruito in resina acrilica, avendo l’accortezza di applicare una
sostanza isolante sui monconi, al fine di
impedirne l’adesione e la conseguente
deformazione e/o rottura in fase di rimozione del manufatto dal cavo orale.
TECNICHE DI FABBRICAZIONE
DEI PROVVISORI
Esistono differenti tecniche di fabbricazione dei provvisori a seconda delle
diverse contingenze cliniche, delle necessità biologiche, delle caratteristiche
richieste ai materiali e del tempo di utilizzo della protesi provvisoria.
La letteratura (36), a seconda della preponderanza di fasi intraorali o di laboratorio necessarie per il loro allestimento,
suddivide tali tecniche in dirette, miste,
indirette.
Le prime sono quelle che prevedono l’utilizzo delle corone preformate o di una
impronta come stampo entro cui deporre
il materiale per dare forma al restauro. La
tecnica mista, invece, richiede l’impiego
di una mascherina termoformata, mentre
le tecniche indirette, essendo totalmente
svolte in laboratorio, necessitano della
realizzazione di un modello ottenuto da
una impronta degli elementi dentali.
Tecnica diretta
La tecnica diretta per il confezionamento dei provvisori è largamente diffusa
per le sue caratteristiche di velocità di
esecuzione, adattamento accettabile e
713
corso fad
FIGg. 6 e 7 Realizzazione di provvisorio immediato con corone preformate in policarbonato: l’utilizzo di questa metodica è indicato solo in caso di urgenza per le difficoltà
nella gestione di forma, estetica ed adattamento marginale.
FIGg. 8 e 9 La tecnica mista per la realizzazione dei provvisori richiede l’utilizzo di mascherine termoformate, ricavate da un’impronta preliminare o realizzate sulla base
della ceratura diagnostica. Vengono riempite con resina fluida e posizionate sui monconi preparati: ad indurimento avvenuto, il provvisorio ottenuto dovrà essere rifinito, adattato
funzionalmente e personalizzato.
per il suo basso costo.
Presenta tuttavia una serie di svantaggi:
› esotermia elevata durante la polimerizzazione della resina;
› esposizione al monomero libero contenuto nella resina acrilica;
› notevole contrazione volumetrica;
› scarsa stabilità cromatica;
› ridotta resistenza all’abrasione.
L’utilizzo di una corona provvisoria pre-formata è indicato principalmente in casi di
estrema urgenza, dal momento che risulta
molto difficile trovare la corona adatta per
quanto concerne la forma ed il conseguente adattamento estetico. La corona dovrà
essere modificata ed adattata a livello del
margine cervicale in modo da poterla posizionare correttamente sul moncone, successivamente ribasata, controllata a livello
occlusale, ed infine rifinita e personalizzata
per renderla il più simile possibile rispetto
ai denti adiacenti (figg. 6 e 7).
La tecnica diretta per il confezionamento del provvisorio immediato, mediante il
rilevamento di un’impronta del moncone
da protesizzare, risulta essere abbastanza precaria viste le difficoltà che si in-
714
contrano al momento del reinserimento
in bocca dell’impronta con la resina e
l’impossibilità di un controllo diretto del
processo di polimerizzazione.
Prima di posizionare la resina morbida
nell’impronta è importante avere l’accortezza di asportare con una fresa a palla
il corrispettivo della zona cervicale della
preparazione dall’impronta in silicone, in
modo da creare lo spazio per un eccesso di materiale ed avere una migliore
definizione della zona marginale. Il provvisorio immediato ottenuto sarà quindi
rifinito, personalizzato e lucidato.
Tecnica mista
La tecnica mista di fabbricazione dei
provvisori prevede l’utilizzo di mascherine stampate, sfruttando il sistema di
aspirazione sottovuoto (termoformatura) con la stampatrice termoplastica che
modella speciali laminati termoplastici.
La mascherina così ottenuta rappresenta una sorta di cucchiaio individuale,
che riproduce la forma e la posizione
originale degli elementi dentari in arca-
ta. Il modello sul quale si termoforma la
mascherina non necessariamente deve
essere fedele all’impronta presa al paziente: i particolari non desiderati, sia
dei denti da preparare che degli eventuali denti mancanti, potrebbero essere
opportunamente modificati per mezzo
di una preventiva ceratura diagnostica,
garantendo quindi un risultato estetico
individuale migliore. Una volta ultimata
la preparazione della mascherina sul
modello, questa viene riempita con la resina e posizionata nel cavo orale, avendo l’accortezza di isolare bene i monconi
prepararti e cercando appoggi occlusali
stabili, al fine di minimizzare distorsioni
del materiale in fase di polimerizzazione.
Ad indurimento avvenuto la mascherina
viene rimossa ed il provvisorio viene ultimato dal punto di vista funzionale ed
estetico (figg. 8 e 9).
Tecnica indiretta
Il metodo indiretto per allestire un manufatto provvisorio si avvale invece
dell’utilizzo di mascherine in silicone o
SETTEMBRE 2013 XXIV (7)
CORSO FAD
FIG. 10
La ceratura diagnostica rappresenta un aiuto fondamentale nella
riabilitazione protesica, per definire la preparazione degli elementi
dentali, per pianificare eventuali interventi parodontali, per studiare
l’occlusione e garantire una corretta funzione del manufatto protesico.
FIGg. 11-14
La ceratura diagnostica è indispensabile per definire e verificare
la forma dentale ideale in funzione del singolo caso clinico e,
conseguentemente, realizzare un provvisorio valido sotto l’aspetto
funzionale ed estetico.
Fig. 10
Fig. 11
Fig. 12
Fig. 13
Fig. 14
di muffole da duplicazione e prevede
il confezionamento del manufatto da
parte di un laboratorio odontotecnico.
In entrambi i casi è di fondamentale
importanza che la polimerizzazione del
materiale avvenga sotto pressione per
garantire una migliore qualità del materiale utilizzato (sia resina che composito) ed una migliore resa strutturale della
protesi provvisoria. Queste metodiche
consentono di ottenere anche un migliore risultato estetico del provvisorio
in quanto le mascherine utilizzate nei
vari passaggi permettono di effettuare
il cut-back della dentina, ossia il taglio
della dentina per fare spazio agli smalti,
ai trasparenti e ad eventuali supercolori.
XXIV (7)
SETTEMBRE 2013
La tecnica indiretta prevede il rilevamen- rappresenta infatti un valido aiuto nelle
to dell’impronta delle arcate dentarie, la diverse fasi consecutive di lavoro:
colatura del modello in gesso di tipo IV e › per definire l’asse della preparazione
la duplicazione dello stesso per avere la
ed il disegno della stessa;
documentazione del caso iniziale, il rileva- › per pianificare eventuali interventi pamento dell’arco facciale ed il montaggio dei
rodontali al fine di ottenere un profilo
modelli in articolatore semi-individuale o a
d’emergenza il più naturale possibile e
valore medio. Solo a questo punto si può
parabole gengivali ideali;
procedere con la ceratura diagnostica, ap- › per studiare l’occlusione e l’approntaportando le opportune modifiche estetiche
mento di una efficiente guida incisiva;
ai futuri denti pilastro e provvedendo al rim- › per verificare la forma anatomica denpiazzo di quelli mancanti, modellandoli ex
tale prescelta, in accordo con i paranovo in resina o composito, oppure adatmetri estetici del singolo caso clinico;
tando i denti preformati del commercio.
› per ottenere un valido provvisorio e
Come suggerisce il nome stesso, la ceconseguentemente facilitare la realizratura diagnostica permetterà al clinico
zazione del manufatto protesico defidi formulare una diagnosi completa;
nitivo (figg. 10-14).
715
corso fad
FIG. 15
La tecnica indiretta per la realizzazione dei provvisori si avvale
di muffole da duplicazione e mascherine in silicone: queste
permetteranno di ottenere un restauro provvisorio che sarà la copia
esatta della ceratura diagnostica precedentemente realizzata e
verificata.
Il passaggio di fabbricazione successivo consiste nella duplicazione della
ceratura diagnostica in modo tale che
sul modello così ottenuto l’odontotecnico andrà a preparare i monconi in
gesso in funzione delle differenti contingenze cliniche. A questo punto sarà
possibile realizzare il provvisorio vero
e proprio, avvalendosi di mascherine
in silicone che permettono di stratificare il materiale prescelto, realizzando
quindi un manufatto che sarà la copia
esatta e fedele della ceratura diagnostica (fig. 15). Il restauro ottenuto viene
montato in articolatore per controllare
i parametri occlusali statici e dinamici,
personalizzato sotto il profilo estetico
(anche mediante l’utilizzo di supercolori), adeguatamente sgusciato per poter essere ribasato, rifinito e lucidato.
Spetterà poi al clinico provarlo in bocca, valutarne gli aspetti funzionali ed
estetici e successivamente ribasarlo al
termine della preparazione degli elementi pilastro.
La tecnica indiretta di fabbricazione
sarebbe quindi da preferirsi in quanto
meno dannosa per il tessuto pulpare ed
i tessuti parodontali; inoltre risulta essere più precisa a livello marginale data la
minor contrazione da polimerizzazione
oltre a garantire una resa estetica migliore, dal momento che la forma del
provvisorio viene ricavata dalla ceratura
diagnostica preliminare ed utilizza come
materiale per la fabbricazione la resina
acrilica a caldo.
Ulteriori vantaggi sono rappresentati
dalla maggiore resistenza meccanica,
all’usura ed una stabilità cromatica superiore.
La tecnica indiretta risulta essere la prima scelta anche nella realizzazione di
restauri provvisori a lungo termine, come
nel caso di terapia parodontale pre-protesica, di cambiamento nella dimensione
verticale o di cambiamento ortodontico
preprotesico (37).
716
RIBASATURA
La ribasatura del restauro provvisorio
rappresenta una fase molto delicata ed
estremamente importante per il corretto
proseguimento della riabilitazione protesica. La ricerca di una chiusura marginale ottimale rappresenta l’obiettivo
principale da perseguire non solo della
fase di protesizzazione definitiva, ma
anche di quella provvisoria: un provvisorio che garantisce un adeguato sigillo
marginale previene l’esposizione ed il
successivo dissolvimento del cemento
a contatto con i fluidi orali, evita l’infiltrazione e l’eventuale sviluppo di carie a
carico del moncone (per quanto riguarda i provvisori a lungo termine), garantisce la salute dei tessuti parodontali
circostanti, tutti fattori indispensabili per
il successo a breve e lungo termine del
restauro protesico. Un provvisorio ribasato in maniera non corretta, privo di
una corretta chiusura marginale, sovrao sotto-contornato, non rifinito adeguatamente, sarà causa di infiammazione
dei tessuti gengivali circostanti con possibile formazione di recessioni gengivali,
riassorbimento dell’osso alveolare, proliferazione infiammatoria dei tessuti molli
che potrebbero “risalire” sul moncone,
impedendo così la successiva rilevazione dell’impronta di precisione.
Una corretta ribasatura prevede una sequenza di fasi:
› irruvidimento della superficie interna
del provvisorio e dei primi due millimetri esterni nella zona cervicale, al fine
di migliorare l’adesione e la ritenzione
della resina; può essere effettuato con
frese a granulometria fine o meglio
ancora con la sabbiatrice e polvere di
biossido di alluminio o di corindone,
avendo l’accortezza di eliminare successivamente tutti i residui con getto
di vapore ed aria ad alta pressione;
› posizionamento di un filo di retrazione di diametro adeguato in funzione
del biotipo dei tessuti parodontali; lo
spiazzamento verticale ed orizzontale
dei tessuti gengivali marginali permette una migliore evidenziazione dell’oltre fine preparazione ed una migliore
definizione della linea di finitura marginale della preparazione;
› isolamento del campo dai fluidi orali,
mediante l’utilizzo di rulli salivari, sistemi di aspirazione, getti d’aria delicati;
ci si può anche avvalere di soluzioni
emostatiche a base di cloruro di alluminio al 15%, in presenza di sanguinamento gengivale marcato;
› l’isolamento del moncone con vasellina od olio liposolubile, per evitare
che la resina utilizzata per la ribasatura possa legarsi chimicamente al
moncone e per facilitare le manovre
di inserimento e disinserzione del
provvisorio, durante la fase plastica di
indurimento della resina stessa;
› la miscelazione della resina, seguendo attentamente le indicazioni fornite
dalla casa produttrice per quanto concerne dosi e tempi di lavorazione; solo
quando tutta la polvere sarà imbibita
la resina viene coperta e lasciata riposare tre-quattro minuti, in modo
che poi possa essere raccolta senza
lasciare filamenti e con caratteristiche
di lavorabilità ottimali;
› inserimento della resina nel provvisorio, avvalendosi di siringhe, spatole e
pennellini, avendo l’accortezza di compattare bene il materiale senza inglobare bolle d’aria;
› posizionamento e disinserzione ripetuta del restauro provvisorio sul moncone, controllando che la resina in
eccesso fuoriesca lungo tutto il perimetro del manufatto e che il movimento sia privo di interferenze; durante la
fase di indurimento della resina è possibile rimuovere gli eccessi più grossolani di materiale, prestando particolare
attenzione a non strappare la resina in
corrispondenza del margine di chiusu-
SETTEMBRE 2013 XXIV (7)
CORSO FAD
FIGg. 16 e 17 Provvisorio in resina subito dopo la ribasatura diretta nel cavo orale: la ricerca di una chiusura marginale ottimale previene la dissoluzione del cemento, evita
l’infiltrazione del moncone e garantisce la salute dei tessuti parodontali marginali.
FIGg. 18 e 19 Al termine della ribasatura può essere utile evidenziare con una matita colorata i margini della preparazione, al fine di favorire la rifinitura e la ricerca di un
sigillo marginale ottimale, senza lasciare imperfezioni o margini debordanti che causerebbero accumulo di placca ed infiammazione gengivale.
ra, causa di un’inevitabile perdita di un
sigillo marginale adeguato;
› cottura del provvisorio in una termopolimerizzatrice sotto pressione, per
completare l’indurimento della resina;
› controllo e funzionalizzazione occlusale;
› rifinitura finale (figg. 16-19).
Qualora fossero visibili delle imperfezioni, delle porosità o dei punti di imprecisione sia a livello del passaggio tra la
resina del provvisorio e quella da ribasatura, sia in corrispondenza della linea di
chiusura marginale, si renderebbero necessarie alcune modifiche per prevenire
l’infiammazione gengivale derivante dal
maggior accumulo di placca che esse
determinerebbero.
Ci si può avvalere di differenti tecniche:
› seconda ribasatura del provvisorio,
indicata in presenza di difetti marcati
o gravi discrepanze a livello del bordo
di chiusura, dovuti all’inglobamento di
bolle d’aria o alla non corretta lettura
del “finishing line” , o ancora allo stiramento della resina in fase plastica;
› correzione di piccoli difetti o rimarginatura del manufatto, apportando
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SETTEMBRE 2013
piccoli incrementi di resina fluida sul
provvisorio che verrà immediatamente riposizionato sul moncone; questa
procedura è però sconsigliabile per la
frequente possibilità di creare deleteri rialzi di masticazione; la stessa può
essere fatta con del composito fluido
fuori dalla bocca per aumentare minimamente il profilo di emergenza ed
il sostegno dei tessuti gengivali (figg.
20-22);
› tecnica “sale e pepe”, con il provvisorio in posizione, che prevede la
stesura del monomero sulle zone da
correggere con un pennellino ed il
successivo apporto di minimi quantitativi di polvere fino al raggiungimento
del volume desiderato; tale tecnica,
largamente diffusa ed impiegata, è
particolarmente indicata quando il
provvisorio risulta essere “corto” a livello del margine; può richiede però
una successiva ribasatura interna della zona cervicale per fornire adeguato
sostegno alla nuova resina applicata;
› la tecnica della sigillatura del margine in un unico apporto: tale sistema
richiede una preparazione a spalla di
sufficiente ampiezza in quanto prevede il reinserimento in bocca del provvisorio, previa apposizione in un’unica
soluzione sul suo margine di un po’ di
resina sufficientemente fluida da poter essere stesa, ma allo stesso tempo
sufficientemente densa per restare
nella posizione voluta.
Tutte queste tecniche richiedono sempre un adeguato isolamento del moncone, il controllo delle fasi operative con
sistemi di ingrandimento, la successiva
cottura nella termo-polimerizzatrice ed
una corretta rifinitura e lucidatura.
LUCIDATURA
La lucidatura rappresenta infatti una
fase estremamente importante per evitare o quanto meno ridurre gli accumuli
di placca sulla superficie, dovuti principalmente alla porosità intrinseca delle
resine.
Distinguiamo due tipi di levigatura, una
meccanica ed una chimica.
La lucidatura di tipo meccanico può
essere effettuata alla pulitrice con po-
717
corso fad
Fig. 20
Fig. 21
Fig. 22
FIGg. 20-22
È possibile correggere o allungare un provvisorio direttamente nel cavo orale, anche
mediante l’utilizzo di composito fluido: questo viene applicato direttamente nella zona
cervicale e fotopolimerizzato. Ad indurimento avvenuto, si rimuove il provvisorio e si
procede alla rifinitura o ad una eventuale seconda ribasatura.
FIG. 23
Lucidatura meccanica del provvisorio alla pulitrice con pomice e sidol.
FIG. 24
Lucidatura meccanica del provvisorio al banco con spazzolini e paste diamantate.
FIG. 25
Fig. 23
Lucidatura chimica del provvisorio con lacca fotopolimerizzabile; è particolarmente
indicata nelle zone dove vi è maggiore tendenza all’accumulo di placca batterica.
Fig. 24
Fig. 25
mice e sidol (fig. 23), oppure al banco
utilizzando differenti tipi di gommini e
di spazzolini con paste di tipo diverso,
come quelle a base di ossido di alluminio (prima fase) e quelle con particelle
diamantate (brillantatura finale) (fig. 24).
La lucidatura chimica consiste invece
nell’applicazione di una lacca fotopolimerizzabile che rende la superficie del
manufatto di aspetto simil-vetrificato si-
718
gillando le porosità eventualmente presenti e levigando le incongruenze tra il
materiale usato per la costruzione del
provvisorio ed il materiale usato per la
sua ribasatura. È particolarmente indicata nelle zone dove vi è maggior tendenza all’accumulo di placca, ovvero negli
spazi interdentali, nella zona cervicale e
nelle aree basali di elementi intermedi di
ponte (fig. 25).
PROVVISORI RINFORZATI
I materiali resinosi e quelli plastici utilizzati per la fabbricazione di provvisori
presentano una bassa resistenza alla
flessione, che li rende inadeguati in particolari situazioni cliniche, soprattutto nei
casi in cui i manufatti debbano restare
per tanto tempo nella bocca del paziente oppure qualora siano sottoposti a ca-
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CORSO FAD
FIG. 26
La realizzazione di provvisori rinforzati è indicata in presenza di
notevoli sollecitazioni occlusali, per lunghe travate protesiche o
qualora il provvisorio debba rimanere in bocca per lungo tempo (p.e.
provvisori terapeutici).
FIGg. 27-30
I rinforzi metallici fusi sono sicuramente molto utilizzati e
rappresentano un buon compromesso tra tempo, costo e beneficio.
Vengono realizzati in laboratorio sul modello, avvalendosi di
mascherine in silicone, ricavate da ceratura diagnostica o impronta
preliminare, indispensabili per controllare gli spessori e gli
ingombri dei materiali, vista la possibilità di determinare facilmente
sovracontorni.
Fig. 26
Fig. 27
Fig. 28
Fig. 29
Fig. 30
richi masticatori particolarmente intensi › in presenza di lunghe travate o di più
(fig. 26).
elementi intermedi;
Per ovviare a questo tipo di problemi e › qualora siano presenti notevoli carichi
garantire una durata clinica adeguata
occlusali (p.e. provvisori su impianti);
del manufatto, è possibile inglobare nel- › qualora siano presenti aree sottopola struttura un rinforzo che consenta di
ste a notevole stress masticatorio domigliorare le proprietà fisiche e meccavute a parafunzioni (bruxismo).
niche del materiale, bloccare la propa- I materiali utilizzati come rinforzo per le
gazione di microfratture superficiali, im- resine o i compositi tradizionali sono:
pedire il distacco completo e la perdita › rinforzi metallici fusi;
di frammenti di materiale in presenza di › fili e retine metalliche;
fratture più estese.
› bande metalliche;
L’utilizzo di provvisori rinforzati trova in- › fibre di kevlar;
dicazione:
› fibre di carbonio;
› fibre di polietilene.
› nei provvisori a lungo termine;
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SETTEMBRE 2013
I fili, le retine ed i rinforzi metallici fusi
rappresentano un buon compromesso in termini di tempi, costi e benefici;
tuttavia non sono ottimali dal punto di
vista estetico (soprattutto nei settori
anteriori) e possono determinare spesso un sovra-contorno del restauro (figg.
27-30). Sicuramente le moderne fibre
in polietilene rappresentano la soluzione di rinforzo ideale in quanto garantiscono migliori proprietà meccaniche di
resistenza e flessibilità, biocompatibilità,
traslucenza e quindi estetica, adesione
chimica ai materiali usati per la fabbricazione del provvisorio stesso (figg. 31-33).
719
corso fad
Fig. 31
Fig. 32
FIGg. 31-33
Le fibre in polietilene rappresentano il rinforzo ideale in termini di
proprietà meccaniche, biocompatibilità e caratteristiche estetiche;
presentano però un costo maggiore e tecniche di lavorazione
dedicate più complesse.
FIGg. 34 e 35
Il restauro provvisorio deve permettere facili manovre di igiene orale
domiciliare e professionale, al fine di garantire la salute dei tessuti
parodontali, evitando accumulo di placca e favorendo il rilevamento
dell’impronta di precisione.
Fig. 33
Fig. 34
Fig. 35
I principali svantaggi sono rappresentati
invece dal costo maggiore, dalla difficoltà di lavorazione che richiede utensili
e tecniche dedicate, dalla possibilità di
essere “denudate” e sfibrate durante la
sgusciatura del manufatto con conseguente riduzione delle proprietà fisiche.
In ogni caso risulta categorico il ricorso a provvisori con struttura e chiusura
marginale in metallo, in presenza di riabilitazioni che richiedano una permanenza
prolungata per poter correggere problematiche disfunzionali o gravi disarmonie
occlusali (provvisori terapeutici).
720
CONDIZIONAMENTO
DEI TESSUTI PARODONTALI NECESSITÀ DI UN SECONDO
PROVVISORIO
Affinché un trattamento protesico riabilitativo possa avere successo a lungo
termine, è indispensabile garantire la salute dei tessuti parodontali durante tutte
le fasi di lavoro, con particolare attenzione al rispetto, o in taluni casi al ripristino,
dell’ampiezza biologica (figg. 34 e 35).
Tecniche di lavorazione non corrette e
restauri non adeguati potrebbero dan-
neggiare in modo permanente la struttura parodontale, causando il fallimento
del lavoro (38).
In taluni casi si può parlare di “perio-protesica”, definita come quella terapia che
associa alla riabilitazione protesica di
uno o più elementi dentali, anche il risanamento ed il ripristino della condizione
di salute dei tessuti parodontali.
Il provvisorio gioca quindi un ruolo fondamentale nel corso dell’intera terapia
riabilitativa, favorendo la rigenerazione
dei tessuti se trattati in precedenza o il
rispetto di quelli sani, rilevando eventua-
SETTEMBRE 2013 XXIV (7)
CORSO FAD
Fig. 36
Fig. 37
FIGg. 36-38 Il restauro provvisorio gioca un ruolo chiave nella guarigione e
nella maturazione dei tessuti gengivali, contestualmente alla terapia parodontale. Dovrà
essere modificato ed adattato al fine di ricercare una festonatura gengivale naturale,
un corretto profilo d’emergenza per il manufatto definitivo, nel massimo rispetto
dell’ampiezza biologica ed in armonia con le strutture anatomiche contigue.
FIGg. 39 e 40 Nella riabilitazione di intere arcate o in presenza di particolari
contingenze cliniche può essere indispensabile allestire un secondo provvisorio. Realizzato
in resina o composito stratificato, con rinforzo metallico fuso o in fibra di polietilene, il
secondo provvisorio assume un ruolo fondamentale sotto il profilo diagnostico, terapeutico
ed estetico.
FIGg. 41 e 42 Il secondo provvisorio, lasciato per un lungo periodo nel cavo
Fig. 38
orale, rappresenta un valido strumento per la ricerca di un risultato finale ottimale
sotto il profilo estetico, fonetico e funzionale.
Fig. 39
Fig. 40
Fig. 41
Fig. 42
XXIV (7)
SETTEMBRE 2013
721
corso fad
Fig. 43
Fig. 44
FIGg. 43 e 44
Sul secondo provvisorio potranno essere apportate tutte quelle
modifiche di forma e di colore richieste dal paziente e concordate
con il clinico, fino alla realizzazione di un manufatto di cui la protesi
definitiva in ceramica rappresenti l’esatta copia.
FIG. 45
La personalizzazione del restauro provvisorio permetterà di
raggiungere un risultato funzionale ed estetico in armonia con le
strutture anatomiche contigue, in grado quindi di soddisfare sia il
clinico che il paziente.
Fig. 45
li problemi funzionali, estetici e fonetici,
ma soprattutto “guidando” la maturazione dei tessuti gengivali al fine di ottenere una festonatura gengivale naturale,
corretti profili di emergenza delle corone
protesiche definitive, conferendo quindi
al restauro finale un aspetto del tutto naturale ed in perfetta armonia con le strutture anatomiche contigue (figg. 36-38).
È opportuno ricordare che, in presenza
di un biotipo parodontale “festonatosottile”, è indispensabile allungare i tempi clinici, sia per permettere la corretta
maturazione dei tessuti stessi, sia per il
conseguente rilevamento dell’impronta
di precisione.
La terapia parodontale causale e le successive terapie resettive, mucogengivali
e rigenerative, rappresentano quindi la
base per creare le condizioni ideali su
cui impostare una terapia protesica ottimale. Proprio per questi aspetti, nelle
terapie riabilitative più complesse, può
essere necessaria la realizzazione di un
secondo provvisorio.
Il secondo provvisorio, generalmente realizzato al termine della terapia causale
iniziale, può essere fabbricato in composito, in resina rinforzata o meglio ancora con sottostruttura in metallo, proprio
722
perché dovrà permanere nel cavo orale
per lungo tempo (figg. 39 e 40).
Le funzioni principali di tale manufatto
saranno quelle di guidare la guarigione
e la maturazione dei tessuti parodontali
precedentemente trattati; dovrà essere
ribasato e modificato ogni volta che si
interverrà sull’architettura dei tessuti parodontali o sul disegno di preparazione
dei singoli monconi.
Dovrà mantenere un’occlusione stabile
nei pazienti che non presentano problemi articolari ed occlusali, mentre sarà un
vero e proprio strumento diagnostico e
terapeutico nei pazienti disfunzionali,
avendo come primo obiettivo la ricerca
di una nuova occlusione statica e dinamica ottimale (figg. 41 e 42).
Il secondo provvisorio, oltre all’aspetto
prettamente funzionale, può assumere anche una connotazione estetica,
dettata dalla necessità di realizzare un
manufatto di cui la protesi definitiva rappresenti l’esatta copia (figg. 43 e 44). Si
potranno apportare tutte le modifiche
necessarie per conseguire la simmetria
gengivale ideale, definendo la corretta
altezza della spalla e, soprattutto, la morfologia della preparazione più idonea
per ogni singolo dente da un punto di
vista estetico, fonetico e funzionale. La
sua applicazione, quindi, non solo permetterà di verificare la validità della prima pianificazione, ma anche di rivalutare
quei piccoli dettagli che caratterizzano
il dente naturale e dei quali il paziente
esigente e critico andrà orgoglioso se
riprodotti con naturalezza sul restauro
protesico (fig. 45).
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723
corso fad
Test di apprendimento
1) La linea mediana del viso:
dentali
c. in una linea del sorriso bassa non vi
a. coincide sempre con la linea media- è alcuna esposizione gengivale
d. tutte le precedenti
na dentale
b. una discrepanza con la linea interincisiva inferiore è sempre notata dai 5) Ampiezza del sorriso e corridoio
labiale:
pazienti
c. non coincide mai con la linea intea. il 75% circa della popolazione esporincisiva superiore
ne fino al secondo premolare
d. nessuna delle precedenti
b. il 57% circa della popolazione espo2) Un viso bene proporzionato è ne fino al secondo premolare
c. è importante valutare il corridoio ladivisibile in:
biale nelle riabilitazioni anteriori
a. tre porzioni di uguali dimensioni in d. una curvatura troppo accentuata
cui il terzo superiore va dall’attaccatu- dell’arcata crea un “effetto muro”
ra dei capelli alla linea ofriaca, il terzo medio dalla linea ofriaca alla base 6) In un sorriso giovanile ed armodel naso e il terzo inferiore dalla base nico, l’andamento dei margini incidel naso alla punta del mento in cui la sali:
bocca si trova circa a 1/3 della distana. è convesso
za tra la linea bipupillare e il mento
b. tre porzioni di uguali dimensioni in b. segue la naturale concavità del labcui il terzo superiore va dall’attacca- bro inferiore
tura dei capelli alla linea bipupillare, il c. degli incisivi laterali si trova a 0,5-1,5
terzo medio dalla linea bipupillare alla mm sopra la linea retta che unisce il
base del naso e il terzo inferiore dalla punto più incisale degli incisivi centrali e dei canini
base del naso alla punta del mento
c. tre porzioni di uguali dimensioni in d. tutte le precedenti
cui il terzo superiore va dall’attaccatura dei capelli alla linea ofriaca, il ter- 7) In una gengiva sana:
zo medio dalla linea ofriaca alla base
del naso e il terzo inferiore dalla base a. è sempre presente l’aspetto a bucdel naso alla punta del mento in cui la cia d’arancia
bocca si trova circa a 1/3 della distan- b. in un livello gengivale di I classe il
contorno gengivale degli incisivi cenza tra la base del naso e il mento
trali superiori e dei canini è simmetrid. nessuna delle precedenti
co e si trova in posizione più apicale
rispetto a quello degli incisivi laterali
3) Il profilo delle labbra:
c. lo zenith si trova normalmente in
a. in visione frontale il profilo esterno posizione centrale rispetto all’asse del
del labbro superiore è sempre proiet- dente
d. le papille del settore antero-supetato oltre il labbro inferiore
b. in visione sagittale il profilo esterno riore si trovano allo stesso livello
del labbro superiore è sempre proiet8) Quale delle seguenti affermatato oltre il labbro inferiore
c. la posizione del labbro superiore è zioni relative al “colore” è vera?
fornita dai 2/3 gengivali
d. la posizione del labbro superiore è a. il colore è definito da: croma (colore base di cui è costituito il dente),
fornita dal terzo incisale
tinta (grado di saturazione) e valore
(grado di luminosità del dente)
4) Linea del sorriso:
b. il croma si indica con un numero
a. incide sul piano di trattamento pro- che va da 1 a 4; questo parametro è
quasi sempre in relazione all’età del
tesico
b. in una linea del sorriso media il lab- soggetto (valori di 1 e 2 negli anziani e
bro superiore scopre una superficie 3 e 4 nei bambini)
compresa tra il 75 e il 100% dei denti c. il valore è alto nei denti poco mineanteriori, assieme alle papille inter- ralizzati
724
d. tutte le precedenti
9) In un’analisi dentale:
a. in visione frontale, il contorno mesiale dell’incisivo centrale appare dritto, mentre il contorno distale risulta
più convesso, determinando un angolo disto-incisale più arrotondato
b. in visione tangenziale l’incisivo centrale presenta una cresta distale più
pronunciata rispetto alla cresta mesiale
c. in un sorriso ideale, l’asse dei denti
anteriori risulterà essere sempre più
inclinato mesialmente in direzione
inciso-apicale
d. tutte le precedenti
10) In un’analisi dentale:
a. la larghezza e l’altezza coronale dei
denti anteriori è uguale in entrambi i
sessi
b. il rapporto tra larghezza e altezza
coronale dei denti anteriori è stabile
in entrambi i sessi
c. il rapporto tra larghezza e altezza
coronale degli incisivi centrali corrisponde a 77% circa
d. nessuna delle precedenti
11) Quale delle seguenti affermazioni relative ai principi meccanici
della preparazione è vera?
a. per stabilità si intende la capacità di
resistere al dislocamento causato da
forze verticali lungo l’asse del dente
b. per ritenzione si intende la capacità
di resistere al dislocamento causato
da forze orizzontali e torsionali
c. la ritenzione viene ottenuta tramite preparazioni in cui la convergenza
delle pareti sia compresa tra 10° e 15°
d. tutte le precedenti
12) Quale delle seguenti affermazioni relative ai principi meccanici
della preparazione è vera?
a. i monconi devono avere un’altezza
minima di 4 mm
b. box, solchi o coulisse aumentano
la stabilità
c. le coulisse vanno eseguite lungo
tutto l’asse del dente
d. tutte le precedenti
SETTEMBRE 2013 XXIV (7)
CORSO FAD
13) La preparazione a lama di col- b. ottima stabilità dimensionale ed
elevata precisione di dettaglio
tello:
c. elevata versatilità, potendo essere
a. è più conservativa rispetto ad altri usati con portaimpronte standard o individuali e con tecniche mono o bifase
tipi di preparazioni
b. è di facile realizzazione in caso di d. nessuna delle precedenti
riabilitazioni estese
c. crea stress marginali elevati che 18) La retrazione gengivale:
portano a possibili fratture
a. si ottiene sempre con l’utilizzo di 2
d. tutte le precedenti
fili inseriti nel solco per più di 30 mi14) Tra le preparazioni orizzontali: nuti
b. si ottiene sempre con l’utilizzo di un
a. la preparazione a spalla a 90° offre filo imbevuto e di un elettro-bisturi
un’ottima ritenzione e estetica cervi- c. si ottiene solo con l’utilizzo di filo
impregnato
cale
b. la preparazione a spalla a 90° è in- d. si ottiene più comunemente con la
tecnica meccanico-chimica
dicata in caso di riabilitazioni estese
c. la preparazione a chamfer ha lo
svantaggio di creare stress marginali 19) Nella tecnica meccanico-chimica di retrazione gengivale:
elevati
d. tutte le precedenti
a. i fili retrattori consentono di otte15) Tra i diversi tipi di disegno nere solo lo spostamento verticale dei
tessuti
marginale:
b. l’utilizzo dei fili serve solo per asciua. la preparazione a chamfer è la più gare il solco dal fluido crevicolare
indicata in caso di pazienti parodontali c. in caso di gengiva festonata sottib. la preparazione a spalla a 50°non le è bene utilizzare fili pieni di grosso
diametro
consente la chiusura in ceramica
d. la sezione più appropriata, il numero
c. tutte le precedenti
ed il tipo di fili da inserire sono parad. nessuna delle precedenti
metri da relazionare all’anatomia del
16) Tra le caratteristiche ideali dei tessuto parodontale
materiali da impronta vi sono:
20) Nella tecnica bicomponente:
a. bagnabilità, cioè proprietà di accrescere la loro fluidità se sottoposti a a. il materiale Heavy body va messo
pressione o sollecitazione meccanica, sulle preparazioni mentre il materiae tissotropia, cioè proprietà che con- le light body va messo sul porta imsente ad un materiale di sviluppare pronte
una superficie di contatto con le altre b. l’impronta viene effettuata in due
tempi: 1° impronta con materiale ad
sostanze
b. bagnabilità, cioè affinità per l’acqua, alta viscosita; 2° con materiale a base tissotropia, cioè proprietà che con- sa viscosità dopo aver scaricato la prisente ad un materiale di sviluppare ma impronta
una superficie di contatto con le altre c. il materiale light body viene messo
sulle preparazioni mentre il materiale
sostanze
c. bagnabilità, cioè proprietà che con- heavy body viene messo nel portasente ad un materiale di sviluppare impronte
una superficie di contatto con le altre d. il termine bicomponente è sinonimo
sostanze, e tissotropia, cioè proprietà di bifasica
di accrescere la loro fluidità se sottoposti a pressione o sollecitazione 21) Un buon provvisorio dovrebbe
essere:
meccanica
d. bagnabilità , cioè capacità di insinuarsi in spazi ristretti quali i solchi a. rigido, ruvido, biocompatibile
gengivali, e tissotropia, cioè fedeltà b. rigido, stabile dimensionalmente,
biocompatibile
nella riproduzioine dei dettagli
c. biocompatibile, difficilmente modifi17) Tra i vantaggi dei polieteri rico- cabile, poroso
d. biocompatibile, resistente, poroso
nosciamo:
a. soluzioni a base di ipoclorito di sodio
b. soluzioni a base di idrossido di calcio
c. soluzioni a base di nano-idrossiapatite
d. soluzioni a base di idrossido di calcio e di nano-idrossiapatite
23) I materiali più utilizzati per la
realizzazione dei provvisori sono:
a. le resine acriliche
b. le resine epossidiche
c. i compositi
d. nessuna delle precedenti
24) I principali vantaggi delle resine a base di PMMA sono:
a. elevata durezza, elevata esotermia,
stabilità del colore
b. stabilità del colore, elevata robustezza, elevata resistenza all’abrasione
c. elevata durezza, facile lavorazione,
facile riparazione
d. elevata esotermia, elevata contrazione volumetrica, ottima lucidabilità
25) Le mascherine termoformate
per la realizzazione dei provvisori
vengono adoperate principalmente:
a. nelle tecniche miste
b. nelle tecniche dirette
c. nelle tecniche dirette ed indirette
d. nelle tecniche dirette e miste
26) La ceratura diagnostica è utile:
a. solo per la realizzazione di elementi
protesici nei settori anteriori
b. solo in presenza di pazienti con gravi problematiche occlusali
c. per formulare una corretta diagnosi
e per fornire indicazioni riguardo forma dei denti, estetica, asse delle preparazioni
d. per formulare un corretto piano di
trattamento solo nei pazienti edentuli
27) La corretta sequenza per la ribasatura del provvisorio prevede:
a. irruvidimento del provvisorio, miscelazione della resina, rifinitura, inserimento del provvisorio sul moncone,
posizionamento del filo di retrazione
b. isolamento del moncone, miscelazione della resina, cottura della resina
in termo-polimerizzatrice, posizionaa. elevata rigidità e alto coefficente di 22) Per proteggere i monconi pro- mento del filo di retrazione, rifinitura
c. cottura della resina in termo-politesici vitali si utilizzano:
dilatazione termica
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corso fad
merizzatrice, isolamento del moncone,
irruvidimento del provvisorio, posizionamento sul moncone, posizionamento del filo di retrazione, rifinitura
d. irruvidimento del provvisorio, posizionamento del filo di retrazione, isolamento del moncone, miscelazione
della resina, posizionamento sul moncone, cottura della resina in termopolimerizzatrice, rifinitura
28) La seconda ribastaura del
provvisorio è indicata:
d. frese in acciaio e paste diamantate c. esiste una stretta relazione tra protesi e parodontologia ma i provvisori
30) Quale svantaggio presentano non possono in alcun modo influenzai materiali resinosi utilizzati per la re la guarigione dei tessuti parodontali
d. la terapia parodontale è sempre
fabbricazione dei provvisori?
successiva alla riabilitazione protesica
a. difficoltà di lucidatura
33) Il ricorso all’utilizzo clinico di
b. difficoltà di lavorazione
un secondo provvisorio:
c. scarsa resistenza alla flessione
d. scarso risultato estetico
a. è sempre indicato
31) Qual è il materiale di rinforzo b. è indicato solo in pazienti con gravi
ideale nella realizzazione dei prov- problematiche disfunzionali
c. non è mai indicato
visori?
d. è indicato in terapie riabilitative
complesse, con permanenza a lungo
a. fibre di polietilene
nel cavo orale, dove vi sia la necessità
b. fibre di carbonio
di dover reintervenire sui tessuti paroc. fibre di kevlar
dontali o per ragioni estetiche
d. rinforzi metallici fusi
a. sempre
b. in presenza di piccoli difetti nel passaggio tra la resina utilizzata per la realizzazione del provvisorio e quella per
la ribasatura
c. in presenza di gravi discrepanze a
32) Quale delle seguenti afferma- 34) Il secondo provvisorio:
livello del margine di chiusura
zioni è corretta?
d. nessuna delle precedenti
a. può essere modificato sotto il profi29) La lucidatura di tipo chimico del a. non esiste alcuna correlazione tra lo funzionale, estetico, fonetico
b. non deve essere mai modificato per
terapia protesica e parodontale
provvisorio prevede l’utilizzo di:
b. esiste una stretta relazione tra pro- non compromettere il risultato finale
a. dischetti abrasivi e frese diamantate tesi e parodontologia ed i provvisori c. può essere modificato solo se reagiocano un ruolo chiave nella matura- lizzato in composito
b. lacche fotopolimerizzabili
d. nessuna delle precedenti
zione dei tessuti parodontali
c. frese in carburo di tungsteno
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