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Ma siamo sicuri di volerlo usare?

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Ma siamo sicuri di volerlo usare?
EssePiu?_2012_5-6:EssePiù
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EssePiù
Anno XXI • Numero 5-6 • Ottobre - Dicembre 2012 • ASA • Associazione Solidarietà Aids • Milano
ISCRIZIONE Ma siamo sicuri di
2013 volerlo usare?
SE NON L'HAI
ANCORA FATTO, È
TEMPO DI
RINNOVARE LA TUA
ISCRIZIONE ALLA
NOSTRA
ASSOCIAZIONE! E'
FACILE: BASTA UN
CONTRIBUTO DI SOLI
10 EURO!
Si parla molto in questi ultimi tempi della
profilassi pre-esposizione contro l’infezione
da Hiv con Truvada, un farmaco già in uso
da anni nella terapia combinata dell’infezione. Viene proposto per persone ad alto
rischio e dovrebbe essere assunto sempre,
continuando comunque a utilizzare i preservativi. Garantisce una riduzione del rischio di infettarsi ma con una sicurezza ben
al di sotto del 100%.
Viene consigliato anche a uomini che si prostituiscono senza usare profilattico (dubito
che ce ne sia qualcuno ancora senza Hiv) e a
detenuti ad alto rischio di violenza sessuale
(come si individuano?). Non posso certo dire
che condivido l’entusiasmo che sembra pervadere il pubblico a rischio. Se una persona
usa regolarmente i profilattici, perché dovrebbe prendersi anche il Truvada? Per
quelle rare volte che si rompe? E parlando
di coppie discordanti, chi vuole rischiare di
condividere l’Hiv con il partner? Chi vuole rischiare di infettarsi con un ceppo di Hiv già
resistente al Truvada (se il partner è resistente, l’infezione si trasmette)? Sarebbe indicato anche per le persone che bevono alcol o
si drogano regolarmente (le varie chetami-
ne, ghb, gbl, nrg ecc) quando fanno sesso
ma sarebbero in grado di assumerlo con costanza se sono così fuori di testa?
Inoltre facciamo tutti un gran lavoro di informazione sugli effetti collaterali dei farmaci, particolarmente evidenti se assunti
sul lungo periodo e dobbiamo consigliarne
uno da prendere per sempre per rischiare
un po’ meno di infettarsi?
E le altre malattie a trasmissione sessuale?
Sifilide, epatite C e B, clamidia, Hpv (condilomi e tumore anale)?
Non sono certamente contrario ai rapporti
occasionali, sarebbe una posizione ipocrita,
ma contro questa che mi sembra una roulette russa chimica: una pallottola nel caricatore anziché quattro…
Mi piacerebbe che se ne discutesse in maniera seria all’interno delle associazioni, senza
pudori o moralismi, prendendo una posizione chiara ed evitando che il farmaco cominci
a girare al mercato nero ed evitando che
venga assunto magari il sabato sera prima
della notte selvaggia in qualche postribolo.
Chi vuole dire la sua? Aspettiamo commenti.
Massimo Cernuschi
Spedizione in a.p. art.2 comma 20/c Legge 662/96 - Filiale di Milano
Prevenzione
con i farmaci?
C’è chi dice no
EssePiù
Bimestrale dell’ASA
Associazione Solidarietà Aids
Redazione:
Via Arena, 25 - 20123 Milano
Tel. 02-58.10.70.84 - Fax 02-58.10.64.90
su Internet http://www.asamilano.org
e-mail: [email protected]
Iscrizione al Registro della Stampa presso il Tribunale di Milano
n.499 del 01.08.1996
Direttore responsabile: Massimo Cernuschi
Redazione: Alessandro Condina, Adriana Faggi, Flavio Angiolini.
Collaboratori esterni: Roberto Mandelli.
Impaginazione: Andrea Porro
La responsabilità delle opinioni espresse in questo bollettino è dell’autore. Le
opinioni qui pubblicate non costituiscono necessariamente una presa di posizione dell’ASA. La posizione dell’ASA è espressa solo negli articoli firmati
con il nome dell’Associazione. Gli articoli qui pubblicati possono essere riprodotti parzialmente o integralmente a patto di citarne la fonte.
EssePiù viene stampato con il contributo di Abbott Italy S.r.l. prodotti chimico
farmaceutici.
Nel mese di luglio la Fda, Food and Drug
Administration, l’organismo statunitense
che si occupa del controllo della sicurezza
e del commercio dei farmaci, ha approvato
la prima molecola capace di ridurre il rischio di infezione da virus Hiv. Il farmaco
in questione, il cui nome è Truvada, potrà
essere assunto quotidianamente da individui ad alto rischio di contrarre sessualmente il virus da uno o più partner infetti.
La notizia circa l’importante scoperta è
apparsa per la prima volta sul New England Journal of Medicine, poi approvata
dal National Institutes of Health statunitense. La ricerca è stata condotta in diverse parti del mondo da un team internazionale di scienziati su un campione di circa
2.500 persone omosessuali, transgender e
bisessuali maschi.
La Fda aveva precedentemente approvato
l’uso di Truvada in combinazione con altri
antiretrovirali per il trattamento di persone adulte Hiv positive. Il farmaco sviluppato e prodotto dalla Gilead Sciences, era già
stato commercializzato nel 2004, ma ulteriori studi condotti dalla stessa azienda
farmaceutica hanno dimostrato che tale
farmaco può essere utilizzato come profilassi pre-esposizione.
Uno studio durato tre anni ha provato che
dosi giornaliere di Truvada riducono il rischio di infezione nei maschi sani che adottano anche comportamenti sessuali corretti, come l’uso del profilattico e frequentazioni costanti presso counseling di esperti.
A dare il primo parere positivo sulla combinazione tenofovir/emtricitabina sono stati
gli esperti indipendenti dell’Antiviral Drugs
Advisory Comitee della Fda, in riferimento
a persone sieronegative ad alto rischio di
contagio come uomini omosessuali e bisessuali. La profilassi è anche particolarmente
raccomandata nei confronti di uomini che
si prostituiscono e che non usano il preservativo, detenuti ad alto rischio di violenza
sessuale e persone che in seguito all’uso
frequente di alcool e droghe vedono ridotta la loro capacità di autocontrollo.
Il Comitato ha stabilito che la combinazione è sicura, funziona e non provoca intolleranze particolari. Il via libera al farmaco
è stato dato dagli esperti attraverso una
votazione che ha riguardato tre tipologie
di soggetti: uomini omosessuali, per i quali Truvada è stato approvato con 19 voti a
favore e 3 contro; partner non infetti in
coppia con partner Hiv positivi (19 sì e 3
no); tutti gli altri soggetti a rischio di infezione per l’attività sessuale (12 favorevoli,
8 contrari e 2 astenuti).
L’approvazione da parte degli studiosi del
settore, richiesta dalla Gilead, ha fatto seguito alla presa in esame di due studi clinici: iPrEx e Partners PrEP (Pre-Exposure
Prophilaxis), che hanno dimostrato come
il farmaco sia in grado di offrire una significativa protezione. Nel primo dei due,
condotto su uomini omosessuali, il farmaco ha ridotto il rischio di infezione di circa
il 42%, anche se l’aderenza al trattamen-
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to è stata bassa; nel secondo studio, eseguito su coppie eterosessuali in cui uno
dei due partner era Hiv positivo e l’altro
Hiv negativo, il rischio di contagio è risultato ridotto del 75%.
Non esistono invece al momento dati su
consumatori di droghe iniettabili.
L’approvazione finale è stata preceduta da
un vasto e approfondito dibattito sui rischi
eventuali della terapia e sul modo di prevenirli. Il maggiore punto critico, che merita decisamente di essere sottolineato, è
che tale terapia è indirizzata a persone sane che non hanno bisogno di curarsi. Uno
dei problemi sollevati dal Comitato è il rischio di sviluppare ceppi virali resistenti in
persone che potrebbero contrarre l’infezione pur seguendo la profilassi. Un’altra
obiezione è quella di chi teme che i soggetti in profilassi potrebbero condividere il
farmaco con persone alle quali non è stato
prescritto. Qualcuno obietta anche che la
profilassi pre-esposizione potrebbe veicolare un messaggio sbagliato e indurre le
persone coinvolte nello studio a rinunciare
ad altri efficaci mezzi di protezione, come
l’uso del profilattico.
Si sono inoltre sollevati dubbi circa la probabilità che persone sane riescano ad
adottare una buona aderenza alla terapia;
tali persone, credendosi al sicuro, si potrebbero esporre facilmente e inconsapevolmente all’infezione.
Lauren Wood, del National Cancer Institute, ha motivato il suo voto contrario dichiarando che i test clinici non avrebbero
preso in considerazione a sufficienza i rischi di effetti collaterali a carico dei reni
tra la popolazione a rischio, incluse le persone di colore, la comunità maggiormente
colpita dagli effetti correlati all’infezione
da virus Hiv.
Nonostante queste obiezioni, Tom Mayers,
consigliere generale della fondazione Ahf
(Aids Healthcare Foundation) ha voluto
rassicurare tutti ricordando che i due studi
sono stati accompagnati da counseling intensivi e costanti sui temi del sesso sicuro e
sull’importanza dell’aderenza alla terapia.
Alcuni commentatori hanno però obietta-
to che negli Usa i servizi di counseling sono
rari, e che per questa ragione molte persone in terapia pre-esposizione si troverebbero senza quel supporto; ciò le esporrebbe al rischio di assumere Truvada in regime
di scarsa aderenza alla terapia, oltre che
alla tentazione di consumare rapporti sessuali non adeguatamente protetti.
“Ogni anno circa 50mila persone negli Usa
contraggono il virus nonostante i numerosi metodi di prevenzione disponibili”, ha
affermato il commissario Fda Margaret A.
Hamburg, che aggiunge: ”Questo via libera è una pietra miliare nella lotta contro il
virus dell’Aids”.
Il trionfalismo che traspare dall’affermazione del commissario Fda Margaret A.
Hamburg, contrasta in modo evidente con
i dubbi e le riserve di molti esperti.
Per questa ragione sarà bene riflettere approfonditamente prima di decidere se essere a favore o contrari alla somministrazione di Truvada ad uso preventivo.
F. A.
Allo studio un nuovo test per l’HIV
Facile da usare, affidabile, economico.
Queste le caratteristiche di un nuovo test
per individuare la presenza del virus dell’HIV messo a punto i ricercatori dell’Imperial College di Londra. Il basso costo, dieci
volte inferiore ai test attualmente in uso,
renderebbe ottimale il nuovo sistema per i
paesi dove la diagnosi precoce risulta molto difficile per ragioni economiche.
Al momento il nuovo test non è ancora
utilizzabile a livello clinico perché gli studiosi stanno procedendo alle ultime verifiche. Ma dalle dichiarazioni degli stessi ricercatori si apprende che la formula è basata sulla variazione di colore generata
dalla presenza del virus. Per questa particolare proprietà, sembra che esso sia anche in grado di rilevare la presenza di altri
virus e perfino di alcune molecole che sono
spia del cancro. Il liquido utilizzato, infatti,
cambia colore a seconda della presenza, o
dell’assenza, dei virus ricercati.
Per individuare specifici virus, è sufficiente
configurare il test in modo che riveli un
particolare marker, ossia quella specie di
traccia che distingue ogni virus e lo differenzia dagli altri. La soluzione avrebbe come base il perossido di idrogeno (l’acqua
ossigenata) con ioni d’oro dissolti, i quali
reagiscono e assumono un determinato
colore in presenza di una particolare proteina presente sulla superficie del virus
HIV. Completamente diverso risulterà il colore della soluzione nei test somministrati
alle persone sieronegative.
Si tratta quindi di un test che permette di vedere il risultato immediatamente e a occhio
nudo, con notevole risparmio rispetto ai sistemi che richiedono costosi strumenti di lettura.
Un aspetto ancora più interessante, se con-
fermato, consiste nella capacità del nuovo
test di diagnosticare la sieropositività anche nei pazienti con una carica virale troppo bassa per essere individuata con gli attuali sistemi.
Sul fronte tumorale, la sperimentazione dei
test eseguiti precocemente ha permesso di
rivelare i marker di cancro alla prostata. Su
questo stesso fronte i ricercatori ritengono
che il metodo descritto possa rivelare la presenza di alcune molecole a bassissima concentrazione dopo la rimozione di un tumore al fine di migliorare la diagnosi della malattia. L’obiettivo primario, comunque, resta
quello di far accedere al test chi oggi è
escluso da controlli e cure, ossia alla popolazione delle aree del mondo più svantaggiate, dove si concentra la più alta percentuale
di persone con virus HIV/Aids.
A. Faggi
La strana storia
del “paziente di Berlino”
Il caso risale a diversi anni fa, ma è tornato
alla ribalta a Washington lo scorso luglio
durante i lavori della Conferenza sull’Aids
2012, a cui ha partecipato Timothy Ray
Brown, noto come “il paziente di Berlino”.
Molti lo ricorderanno perché nel 2007 ha
sbalordito il mondo intero. Cittadino americano residente in Germania, sieropositivo
e in cura antiretrovirale, Timothy aveva sviluppato una leucemia mieloide acuta, diagnosticata nel 2006. Aveva quindi accettato un intervento rischioso e invasivo, sottoponendosi a un trapianto di cellule staminali del midollo osseo di un donatore sano.
Il risultato è stato doppiamente felice: non
solo il paziente ha sconfitto la leucemia,
ma è sparito anche il virus HIV, che non è
stato più rilevato nel sangue nonostante
avesse smesso di assumere farmaci antiretrovirali.
Il singolare caso ha sorpreso gli ambienti
scientifici e ha rinvigorito la ricerca sulle
cellule staminali, in particolare sul tipo di
staminali usate per quel trapianto. Il suo
oncologo Gero Hutter, dell’ospedale universitario Charité di Berlino, aveva infatti
selezionato per l’intervento il midollo di
un donatore che presentava una doppia
mutazione (omozigote) CCR5 delta-32, capace di difendere dalle infezioni da virus
HIV. L’oncologo riteneva perciò che l’operazione avrebbe eliminato anche la sieropositività del paziente. E così è stato, almeno fino ad oggi.
Anche se in seguito sono stati eseguiti altri
due trapianti di midollo osseo (con protocolli diversi), Timothy continua a rappresentare una leggenda per la sua stupefacente “guarigione”: la prima nella storia
della lotta al virus. A ricordare questo suc-
cesso è stato lui stesso, oggi quarantasettenne, prendendo la parola alla conferenza di Washington. «Lasciate che sia chiaro ha detto. - Sono Hiv-sieronegativo!».
Secondo molti ricercatori, è ancora troppo
presto per affermare con assoluta certezza
che il paziente di Berlino sia diventato davvero e definitivamente sieronegativo. Al
momento non si può escludere che il virus
possa essersi annidato in qualche organo,
mantenendosi silente ma pronto a ripresentarsi in un prossimo futuro. Ma i cinque
anni trascorsi dalla data dell’intervento
fanno ben sperare. Naturalmente nessuno
pensa al trapianto di midollo come soluzione per trattare il virus, ma il caso Timothy Brown dimostra - fino a prova contraria - che il virus non è invincibile e che
qualcosa in futuro lo potrà annientare.
A. Faggi
Papilloma virus, vaccino
su richiesta in Emilia Romagna
Un buon passo sulla strada della prevenzione è stato compiuto dalla Regione Emilia Romagna, dove ai ragazzi dai 9 ai 26
anni e alle donne dai 9 ai 45 anni viene offerta la possibilità di effettuare la vaccinazione HPV. Questo vaccino, che difende dal
papilloma virus, sarà somministrato gratuitamente alle persone con HIV, mentre per
gli altri la spesa sarà a carico degli interes-
sati e sarà calcolata sulla base del prezzo di
acquisto del vaccino da parte della Regione (circa 45 euro).
La decisione è stata presa con una delibera
della giunta regionale, approvata all’unanimità dalla commissione “Politiche per la
salute e politiche sociali”, presieduta da
Monica Donini.
Il provvedimento conferma la strategia di
offerta attiva e gratuita del vaccino HPV
per le ragazze nel corso del dodicesimo anno di età (prevista dalla delibera
236/2008). Per le persone a rischio in quanto HIV positive la vaccinazione sarà somministrata gratuitamente su richiesta degli
stessi interessati o, in caso di minori, da chi
ne esercita la tutela.
Fonte: Quotidiano ER
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Perdita di massa ossea
in pazienti affetto da HIV:
evidenze, implicazioni cliniche,
trattamento e strategie
L'osteoporosi è comune in persone affette dal virus dell'immunodeficienza umana
(HIV). L'eziologia dell'osteoporosi in pazienti affetti da HIV è probabilmente multifattoriale, coinvolgendo fattori di rischio tradizionali, come basso peso corporeo, ipogonadismo e fumo, così come effetti diretti dell'infezione cronica da HIV
e della terapia antiretrovirale. Recenti
evidenze suggeriscono che la crescente
diffusione dell'osteoporosi in persone affette da HIV si traduce in un più alto rischio di frattura e verosimilmente comporterà un incremento di morbilità e
mortalità man mano che i pazienti infetti
da HIV invecchieranno. Questo studio riguarda l'epidemiologia dell'osteoporosi,
tratta le cause della bassa densità minerale ossea nelle persone con infezione da
HIV, compreso l'impatto di specifiche terapie antiretrovirali, e offre raccomandazioni per lo screening e il trattamento
della carenza di vitamina D e dell'osteoporosi.
L'osteoporosi, che colpisce più di 10 milioni di americani, è caratterizzata da riduzione della massa ossea, deterioramento
del tessuto osseo, degenerazione dell’architettura ossea e compromissione della
forza delle ossa, con un conseguente aumento del rischio di fratture. L'osteoporosi è comune nella popolazione affetta da
virus dell'immunodeficienza umana (HIV)
ed è destinata a diventare un importante
causa di morbilità e mortalità con l’invecchiamento dei soggetti infetti da HIV. I
dati che stanno emergendo suggeriscono
che l'aumento del rischio di osteoporosi si
traduce in un maggiore rischio di fratture
correlate all'osteoporosi. In uno studio
sulla popolazione di un grande sistema
sanitario americano, l'incidenza di fratture della colonna vertebrale, dell'anca e
del polso, distretti comunemente interessati dall'osteoporosi, è stata del 60% più
alta negli uomini e nelle donne con infezione da HIV rispetto ai soggetti non infetti da HIV. Risultati simili sono stati trovati in uno studio sull'invecchiamento di
un gruppo di veterani dell’esercito e in
uno studio su pazienti ambulatoriali affetti da HIV . La diagnosi precoce dell'osteoporosi, prima della manifestazione
clinica della frattura, e l'istituzione di un
trattamento adeguato, possono ridurre le
fratture associate all'osteoporosi in persone con infezione da HIV. I pazienti affetti
da HIV sono soggetti anche a maggior rischio di osteonecrosi dell'anca e di altre
ossa, ma una completa disamina dell'osteonecrosi va oltre lo scopo di questo
studio.
OSTEOPOROSI: DEFINIZIONE
L'osteoporosi viene in genere diagnosticata tramite la valutazione della BDM
(bone mineral density - densità minerale
ossea) effettuata a livello della colonna
vertebrale o del'anca con la DEXA ( dualenergy x-ray absorptiometry, assorbimetria raggi x a doppia energia). Per donne
in postmenopausa e uomini di età maggiore/uguale a 50 anni i risultati portano
ad una diagnosi positiva di osteoporosi se
il parametro T-score (numero di deviazioni standard tra la BMD (bone mineral
density) del paziente in oggetto rispetto
a quelli medi riscontrati in una popolazione di adulti sani - circa 37 anni di età) risulta essere al di sotto dei valori di riferimento di un soggetto adulto giovane per
un valore superiore a 2,5 deviazioni standard (T-score minore/uguale -2,5). La dia-
gnosi di osteoporosi può essere fatta anche in presenza di una frattura dell'anca
o della colonna vertebrale fragilità è presente, indipendentemente dalla BMD.
Una frattura da fragilità è generalmente
definita come una frattura derivante da
traumi equivalenti o inferiori ad una caduta da una posizione in piedi. L'osteopenia è diagnosticata se il parametro T-score
è compreso tra -1,0 e -2,5. Nelle popolazioni più anziane aumenta il rischio di
fratture da 2 a 3 volte per ogni riduzione
di 1 SD (deviazione standard) della BMD
al di sotto della media relativa alla popolazione giovane normale. Per le donne in
premenopausa e gli uomini di età inferiore a 50 anni, un valore z-score (numero di
deviazioni standard tra la BMD del paziente in oggetto rispetto a quelli medi riscontrati in una popolazione di soggetti
sani di pari età e sesso) inferiore/uguale a
-2,0 è considerato anormale. In questa
popolazione, una BMD anormale dovrebbe essere interpretata nel contesto del rischio di frattura dell'individuo, tra cui
precedenti fratture da fragilità e coesistenza di malattie, condizioni o farmaci
che possono aumentare il rischio di frattura.
L'EZIOLOGIA DEL BASSO
VALORE DI BMD
NELL'INFEZIONE DA HIV
Tra le persone con infezione da HIV, l'eziologia dell'osteoporosi è probabilmente
multifattoriale. I fattori di rischio tradizionali come ipogonadismo, fumo, consumo di alcool, uso di oppiacei, inattività fisica, basso peso corporeo e carenza di vitamina D contribuiscono ad aumentare il
rischio, e anche gli effetti diretti della terapia antiretrovirale (ART) e l'attivazione
immunitaria cronica da HIV giocano probabilmente un ruolo importante. Tipicamente, il rimodellamento osseo coinvolge
i processi, strettamente accoppiati, di riassorbimento osseo e formazione ossea. In
HIV non trattato, attraverso effetti diretti
virali ed effetti infiammatori, il riassorbimento osseo e la formazione ossea sono
disaccoppiati. In particolare, studi in vitro
hanno dimostrato che le proteine virali
Vpr e gp120 stimolare l'attività degli
osteoclasti e la p55-gag sopprime l'attività degli osteoblasti e aumenta l'apoptosi
degli osteoblasti. Inoltre, le citochine infiammatorie, come il TNF-alfa (Tumor Necrosis Factor) in studi in vitro e in vivo e
l'interleuchina 6 in studi in vitro, promuovono l'osteoclastogenesi e il riassorbimento osseo. Alte concentrazioni di HIV
RNA sono stati associati con elevati livelli
di attivatore recettoriale del ligando NFKB (RANKL), una citochina secreta da
osteoblasti che promuove la formazione
di osteoclasti.
Anche alcuni componenti specifici della
terapia antiretrovirale sono stati annoverati tra le cause della riduzione della BMD
nei pazienti sieropositivi. Studi clinici
controllati randomizzati che mettono a
confronto la BMD in regimi a base di inibitori della proteasi (PI) e in regimi senza
PI, hanno mostrato risultati contrastanti,
con alcuni studi che rivelano che regimi
contenenti PI hanno portato alla diminuzione della BMD della colonna vertebrale
e altri che non mostrano alcuna differenza nella BMD del corpo totale o dell'anca
tra i vari gruppi di trattamento. La ragione di queste risposte contrastanti merita
ulteriori approfondimenti. Nonostante gli
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effetti differenti sulla densità minerale
ossea, l'esposizione cumulativa ad un PI
(potenziato con ritonavir) è risultata essere associata ad un aumentato rischio di
fratture (hazard ratio [HR], 1.11; intervallo di confidenza al 95% [CI], 1.05-1.18;
P<0.001) in un studio del Veterans Affairs
Clinical Case Registry . In particolare, il
trattamento con lopinavir/ritonavir ha
portato ad un aumento del 17% del rischio di frattura dell’anca, vertebrale o
del polso.
Studi randomizzati di confronto tra la
BMD in regimi a base tenofovir e in regimi non a base di tenofovir hanno sempre
trovato che il tenofovir è associato ad una
significativa riduzione della BMD a livello
dell'anca e della colonna vertebrale. La rilevanza clinica di questi risultati richiede
ulteriori approfondimenti. Uno studio del
Veterans Affairs Clinical Case Registry
specificamente è stato condotto per definire l'impatto delle terapie cumulative
con tenofovir e di altre ART sul rischio di
fratture osteoporotiche in pazienti affetti
da HIV durante il cosiddetto periodo preHaart (1988-1995) e dopo-Haart (19962009). Durante l'era HAART, l'esposizione
cumulativa a tenofovir è risultata associata ad un aumentato rischio di frattura
(HR, 1.16; 95% CI, 1.08-1.24; P<0.0001). I
meccanismi alla base dell'effetto tenofovir sulle ossa non sono chiari. Modelli sperimentali hanno dimostrato che il tenofovir compromette la mineralizzazione dell'osso attraverso i suoi effetti sul riassorbimento renale dei fosfati, con conseguente aumento del turnover osseo e
osteomalacia. Questi effetti possono essere peggiorati dalla concomitante carenza
di vitamina D.
Molteplici studi hanno valutato l'impatto
dell’avvio di ART sulla densità minerale
ossea e hanno generalmente mostrato
una perdita del 2% -6% di densità minerale ossea dopo 48-96 settimane di terapia, indipendentemente dal tipo di ART
iniziata. Questo grado di perdita ossea è
più grande di quanto ci si aspetterebbe
dal solo invecchiamento ed è paragonabile alla perdita ossea nelle donne di età
50-59 nell’arco di 2 anni. È importante
sottolineare che, più è bassa la conta di
cellule CD4 prima di iniziare la ART, maggiore è la diminuzione della densità minerale ossea, il che implica che un avvio
precoce della ART attenua la perdita di
massa ossea connessa all’avvio stesso. La
perdita di densità minerale ossea associata all'inizio della ART è probabilmente legata ad un rapido aumento del turnover
osseo, avendo alcuni studi mostrato aumenti significativi di osteocalcina, un
marker di formazione ossea, e c-telopeptide, un marker di riassorbimento osseo,
dopo l'avvio della ART. Marcatori del riassorbimento osseo sono già elevati in caso
di infezione da HIV non trattata e aumentano prima e in misura maggiore dei marcatori di formazione ossea, creando una
“finestra catabolica”' durante i primi 6
mesi dopo l’avvio della ART. Anche se l'inizio della ART è associato a perdita ossea
significativa, diversi studi longitudinali
hanno dimostrato che nel proseguire la
ART, la BMD si stabilizza nel tempo.
Vanessa Walker Harris and Todd T. Brown
Division of Endocrinology, Johns Hopkins
University School of Medicine, Baltimore,
Maryland
Traduzione a cura di Roberto Mandelli
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Pagina 4
La polemica sulle unioni gay
Benedetto, da quale pulpito…
“La cancellazione del valore della famiglia
attraverso leggi che equiparino le unioni
gay al tradizionale matrimonio uomo-donna rappresenta un attentato alla pace”. Il
momento e il luogo per ricordare al mondo che la comunità gay internazionale è
un covo di pericolosi sovversivi dell’ordine
naturale della vita, il Papa Benedetto XVI li
ha colti in occasione del Messaggio per la
Giornata Mondiale della Pace, che si celebra nello Stato Vaticano ogni anno il 1°
gennaio.
L’attacco alla pace delle persone omosessuali e alla loro libertà non è certamente
nuovo, e quindi non sorprende nessuno. Si
potrebbe perciò lasciare l’intolleranza agli
intolleranti e vivere felici.
Tuttavia vale la pena forse di fare un punto della situazione partendo proprio dalle
parole del Pontefice.
Qui di seguito pubblico il testo originale, il
cui titolo è “Beati gli operatori di pace”,
solo per la parte che ci interessa, a partire
dal punto 4:
“Operatori di pace sono coloro che amano, difendono e promuovono la vita nella
sua integralità.
4. Via di realizzazione del bene comune e
della pace è anzitutto il rispetto per la vita
umana, considerata nella molteplicità dei
suoi aspetti, a cominciare dal suo concepimento, nel suo svilupparsi, e sino alla sua
fine naturale. Veri operatori di pace sono,
allora, coloro che amano, difendono e promuovono la vita umana in tutte le sue dimensioni: personale, comunitaria e trascendente. La vita in pienezza è il vertice
della pace. (…) Anche la struttura naturale
del matrimonio va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere
particolare e il suo insostituibile ruolo sociale. (…)
Questi principi non sono verità di fede, né
sono solo una derivazione del diritto alla
libertà religiosa.
Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della
Chiesa è tanto più necessaria quanto più
questi principi vengono negati o mal compresi, perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace.”
Prima di entrare nel merito della questione delle unioni diverse dal tradizionale
matrimonio uomo-donna, è bene ricordare che i cristiani non sono sempre stati pro-
priamente operatori di pace.
La storia della cristianità, anzi, è anche storia di violenze, di soprusi e di guerre. Basti
pensare ai conflitti di religione che insanguinarono l’Europa tra il 1500 e il 1600 all’indomani della riforma luterana. Otto
lunghi conflitti combattuti tra protestanti
e cattolici soprattutto da Francia e Inghilterra. Quasi un secolo di massacri. In un’
Europa in pieno fermento culturale e sociale, oltre che accanirsi brutalmente contro gli avversari nella lotta per la supremazia economica e territoriale, succedeva che
ai sovrani delle rispettive fazioni non garbasse che il popolo coltivasse una fede diversa da quella da essi stessi professata.
Chi disobbediva veniva ucciso.
Possiamo ricordare inoltre le crociate; l’evangelizzazione forzata delle Americhe e
di altre regioni del mondo con attività missionarie certo non pacifiche al seguito di
potenze coloniali; la persecuzione degli
ebrei.
Ma a fare la parte del leone, per la loro
spettacolarità, la fanno i Tribunali dell’ Inquisizione.
Questi Tribunali hanno tormentato l’esistenza di uomini e donne innocenti per
quasi novecento anni. Sto parlando di eretici, infedeli, omosessuali, streghe; vale a
dire: uomini liberi che per pensare usavano la propria testa; filosofi e scienziati non
allineati; persone che avevano l’audacia di
dichiararsi non credenti o appartenenti ad
altre religioni; donne libere, strane, indomabili.
Nel processo inquisitorio il giudice decideva per autorità le indagini da seguire, i testimoni da ascoltare e le prove di cui avvalersi. L’inquisitore, l’accusatore e il giudice
erano una sola persona, quindi non era garantita alcuna imparzialità. Il processo era
basato sulla delazione, che veniva incoraggiata finanziariamente. L’interrogatorio
veniva condotto con la tortura. Il giudizio
era inappellabile. Un eventuale difensore
poteva essere accusato di favoreggiamento. Le streghe finivano comunque sul rogo.
In questa pacifica e luminosa atmosfera
medievale un trattamento particolarmente amorevole era destinato agli omosessuali. A partire dal 533, con l’Imperatore
bizantino Giustiniano, le relazioni tra uomini erano punite con la pena capitale. Le
punizioni erano l’esilio, cento frustate o la
castrazione; ciò dipendeva dall’entità del
reato, che era associato al concetto di peccato: si trattava quindi di reato ideologico,
cosa oggi impensabile nelle moderne democrazie. In un primo momento solo chi
ospitava i sodomiti veniva bruciato. In seguito furono bruciati vivi tutti gli omoses-
suali colti in flagrante o quelli che confessavano di aver commesso il reato, sempre
sotto la pressione della tortura.
A volte essere bruciati vivi poteva non bastare; in tal caso i turpi sodomiti venivano
prima impalati. Deliziosa era poi una variante teatrale grazie alla quale alcuni di
loro erano appesi per i genitali. Nel Basso
Medioevo il vizio sodomitico veniva punito
anche se praticato con le donne. Gli omosessuali erano comunque accomunati agli
infedeli e agli eretici.
Ora, ciò che genera inquietudine è il sospetto che la mentalità delle gerarchie cattoliche di oggi non sia poi così diversa da
quella dei loro predecessori medievali.
Mancano oggi il rogo, la castrazione, la
tortura, ma la condanna nei confronti degli omosessuali resta.
Sapevamo già da tempo, e quest’ultima
occasione ce lo conferma, che una delle
preoccupazioni principali del Papa è la difesa della famiglia fondata sul matrimonio
tra uomo e donna, funzione naturale associata al progetto di Dio, negando il quale
“scompaiono anche le figure fondamentali dell’esistenza umana: il padre, la madre,
il figlio; cadono dimensioni essenziali dell’essere persona umana”.
Dove, come e quando Benedetto abbia visto cadere le figure fondamentali dell’esistenza umana, non è dato sapere. Di fatto
non sono cadute e non cadranno. Infatti,
come si può non tenere presente che una
persona omosessuale può essere padre,
può essere madre e sicuramente è figlio?
La persona omosessuale non è estranea alla dinamica naturale padre-madre-figlio:
ne è, anzi, parte integrante, in modo profondamente inclusivo.
Padri o madri, poi, si può esserlo, come atto d’amore, anche in caso di adozioni da
parte di coppie composte da persone dello
stesso sesso, o nei casi di fecondazione eterologa, naturalmente nei Paesi dove ciò sia
consentito dalla legge. Per non parlare di
quegli uomini, sempre più numerosi, che
sono padri in seguito ad una relazione con
una donna, e allo stesso tempo conducono
da omosessuali la loro vita in modo del
tutto naturale. Ogni singolo individuo è
persona umana e non smette di esserlo per
il solo fatto che è omosessuale. Tutti indistintamente sono portati a cercare e vivere
relazioni d’amore, possibilmente durature
e ne sperimentano insieme le gioie e le difficoltà. Ciò accade anche nelle diverse modalità di unione che sono state conquistate
dalla modernità. L’errore, a mio avviso,
consiste nel credere che essere uomo-maschio e donna-femmina coincida necessariamente con l’identità di genere eteroses-
Notizie dal Mondo
della ricerca
A cura di M. Cernuschi
QUAD
TENOFOVIR IN MENOPAUSA
Si tratta di un altro regime a pillola unica, contenente elvitegravir, cobicistat e Truvada, in via di commercializzazione. La sua efficacia si è dimostrata non
inferiore ad Atripla e ad atazanavi/r più Truvada a 48
settimane. La riduzione della funzionalità glomerulare (renale) che si evidenzia nelle prime settimane
di terapia non sembra peggiorare nel tempo (dati a
96 settimane).
Farmaco molto efficace, ben tollerato soggettivamente, pratico da assumere. Va valutata sempre
molto bene la possibilità di danno renale, vista l’associazione di due molecole potenzialmente nefrotossiche (anche se la loro tossicità non sembra avere
gli stessi target).
Molti studi sono stati effettuati sul rapporto osteopenia/utilizzo di tenofovir. Recentemente è stato elaborato dall’Università di Modena uno studio che descrive la
situazione nelle donne in menopausa. La Clinica Metabolica ha studiato la densità delle ossa della colonna
lombare in 55 donne con infezione da Hiv, confrontando i risultati di chi era in terapia con tenofovir rispetto
a chi non lo era. I due gruppi non mostravano differenze significative, se non nei primi anni di menopausa.
Secondo i ricercatori, quindi, l’unico periodo in cui la
densità delle ossa della colonna lombare delle donne
peggiora in terapia con tenofovir è quello del periodo
iniziale di menopausa.
Da confrontare con casistiche più numerose.
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12-02-2013
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UNA BUONA
OCCASIONE
PER LE
AZIENDE
suale. In realtà, al di là della pulsione biologica procreativa, presente in modo fondante nella specie umana, eterosessualità
e omosessualità sono solo orientamenti,
non identità naturali. Orientamento del
tutto naturale è quello omosessuale come
quello eterosessuale. Le identità sessuali
esistono, semmai, solo nella sfera culturale
antropologica, non esistono in natura. L’identità biologica e i caratteri fisici non
esauriscono tutte le possibilità della sessualità umana.
Come proclama l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’omosessualità è una variante naturale della sessualità umana.
Tuttavia i diritti all’esistenza, alla sicurezza
e alla libertà della persona omosessuale
(valori sacri per tutti) devono necessariamente superare la dimensione famigliare e
quella della relazione di coppia, e investire
quella dell’individuo nella società democratica contemporanea, anche a costo della sua solitudine. Questi principi sono facilmente rintracciabili nella Dichiarazione
Universale dei Diritti dell’Uomo, che dichiara, all’articolo 1, che “tutti gli esseri
umani nascono liberi ed eguali in dignità e
diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.
Sancisce inoltre agli articoli 2, 3 e 7, che
“ad ogni individuo spettano tutti i diritti e
tutte le libertà enunciate nella presente
Dichiarazione, senza distinzione alcuna,
per ragioni di razza, di colore, di sesso, di
lingua, di religione, di opinione politica o
di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. (…) Tutti sono eguali dinanzi alla
legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte
della legge. Tutti hanno diritto ad una
eguale tutela contro ogni discriminazione
che violi la presente Dichiarazione come
contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione”.
Gli operatori di pace tengano conto di
quanto riportato qui sopra.
Ma c’è un’ultima cosa di cui vorrei parlare
ed è la teoria transgender. Tale teoria (che
vuol dire attraversatore di generi, transitare tra i generi), è stata attaccata dal Papa
perché svaluterebbe i valori della
famiglia: “La manipolazione della natura,
che oggi deploriamo per quanto riguarda
l’ambiente, diventa qui la scelta di fondo
dell’uomo nei confronti di se stesso”. Nel
mirino della morale cattolica è, in questo
caso, l’insieme delle teorie moderne che
distinguono l’identità sessuale biologica
dall’identità sessuale come costruzione di
sé culturale e sociale. Ora, affermazioni come “manipolazione della natura” o “il matrimonio di uomo e donna” come dato naturale, suscitano indubbiamente qualche
perplessità.
Infatti, proprio su questo punto emerge
un’altra questione, quella del concetto di
natura: cosa è naturale e cosa è innaturale
per la morale cattolica?
In occasione di un viaggio in Africa, il Pontefice parlando del grave problema della
diffusione dell’Aids in quel continente, ha
indicato la castità come solo mezzo di prevenzione dell’infezione da Hiv.
Ma la castità, bisogna ricordarlo, è un
comportamento innaturale. L’essere umano diventa maturo sessualmente intorno
all’età di tredici anni. Questo vuole la natura e non altro. Solo che la morale cattolica blocca tutto. I giovani (ma non solo loro), se seguissero questa morale, non potrebbero vivere la propria sessualità in modo naturale perché ogni rapporto prematrimoniale è considerato peccato, e d’altra
parte non potrebbero neanche fare ricorso
alla masturbazione. Si deve attendere il
grande incontro con l’uomo o la donna
della propria vita e finalmente godere delle gioie della sessualità, ma solo e per sempre con la stessa persona. E attenzione: i
rapporti devono essere orientati alla procreazione. Ogni forma di prevenzione della gravidanza meccanica o chimica è bandita, così al culmine del rapporto non resta
al maschio che “saltare il fosso” all’ultimo
momento. Cosa c’è di naturale in tutto
questo? Ci spieghino i cattolici questa contraddizione. La natura non può essere benigna in un caso e maligna in un altro a seconda delle strategie di una morale incoerente. Se la natura viene presa a modello
di valore (tanto più perché è inscritta nel
progetto di Dio), allora lo è sempre e in
ogni caso.
Il Medio Evo è finito storicamente da molto tempo, ma nell’immaginazione tenebrosa dei fondamentalisti non lo è. Le cose
sono cambiate in meglio per la fortuna e
la felicità di tutti gli uomini e le donne liberi, giusti e pacifici. I fondamentalisti se
ne facciano una ragione e la smettano di
essere una minaccia alla pace.
EVIPLERA
pretrattati. La tollerabilità è molto buona, in
particolare non sembra provocare alterazioni metaboliche, così come l’efficacia.
In Italia sta iniziando la distribuzioni in alcuni centri come “accesso allargato”, ossia per
pazienti che non hanno altre opzioni terapeutiche. La commercializzazione probabilmente avverrà nel 2014, anche in associazione nella stessa compressa con Kivexa.
stesso backbone. Queste persone sono state
seguite per un minimo di 5 anni. La terapia è
risultata comunque efficace; ridotte le alterazioni metaboliche eventualmente presenti (in
particolare l’ipertrigliceridemia); nessun caso
di grave tossicità epatica. Come dire: gallina
vecchia fa buon brodo (e costa meno…).
NEVIRAPINA
Sono stati recentemente pubblicati i risultati
dello studio STaR, che confrontava efficacia e
tollerabilità di due regimi antiretrovirali
“monopillola”: Atripla (efavirenz, tenofovir
ed emtricitabina), già in commercio da alcuni anni e Eviplera (rilpivirina, tenofovir ed
emtricitabina), in via di commercializzazione. I dati presentati, a 48 settimane dall’inizio della terapia, dimostrano efficacia sovrapponibile con effetti collaterali, principalmente a livello neuropsichiatrico, superiori nel gruppo che assumeva Atripla.
Sono stati recentemente pubblicati i risultati
dello studio STaR, che confrontava efficacia e
tollerabilità di due regimi antiretrovirali
“monopillola”: Atripla (efavirenz, tenofovir
ed emtricitabina), già in commercio da alcuni anni e Eviplera (rilpivirina, tenofovir ed
emtricitabina), in via di commercializzazione. I dati presentati, a 48 settimane dall’inizio della terapia, dimostrano efficacia sovrapponibile con effetti collaterali, principalmente a livello neuropsichiatrico, superiori nel gruppo che assumeva Atripla.
DOLUTEGRAVIR
Si tratta di un inibitore dell’integrasi (della
casa farmaceutica ViiV) di recente sviluppo,
efficace su ceppi di Hiv multiresistenti (raltegravir compreso). Diversi studi ne hanno mostrato l’efficacia, sia in pazienti naive che in
Perché tenere FONDI DI
MAGAZZINO o
PRODOTTI DI SECONDA
SCELTA ad ammuffire in
deposito?
Meglio destinarli a una
buona causa. Per esempio
donandoli ad ASA che li
metterà in vendita nel
Basar, mercatino
organizzato ogni mese
come importante fonte
di finanziamento per
l’associazione. Oltre ad
aggiungere un plus
all’immagine aziendale, i
produttori e i
Flavio Angiolini commercianti potranno
usufruire delle detrazioni
fiscali previste dalla legge
per le donazioni di
denaro o di prodotti alle
onlus.
Come si fa a donare
Associarsi ad ASA Onlus
merci e prodotti? Potete
nel 2013 costa meno:
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sede, dal lunedì al
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sostenerci e partecipare
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SOSTIENI
ASA ONLUS
Questo “vecchio” antiretrovirale si sta dimostrando probabilmente meglio di quanto non
dipinto fino ad oggi. Nelle varie linee guida
non è più tra i farmaci fortemente raccomandati e viene sconsigliato per diversi gruppi di
pazienti (coinfetti, persone con CD4 >400). In
un piccolo studio condotto in Germania 84 pazienti in terapia con IP più backbone, con viremia negativa da almeno 12 mesi, sono stati
passati ad una terapia con nevirapina più lo
EVIPLERA
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12-02-2013
10:27
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Scritture
MEGLIO DIRLO
O MEGLIO NON DIRLO?
NEL DUBBIO STO DA SOLO...
Qualche settimana fa ho conosciuto un ragazzo in una chat. Per un po’ di tempo ci
siamo soltanto osservati sulle foto dei reciproci profili e abbiamo avuto uno scambio
di idee, quasi costante, attraverso l’opzione messaggi. In un secondo momento abbiamo preso contatto e ci siamo visti in diretta su Skype. Evento felice quest’ultimo
perché il ragazzo, che qui chiamerò Luca,
ha un sorriso molto bello, impossibile da
cogliere nella staticità di una fotografia.
Alla conoscenza su skype sono seguite lunghe comunicazioni telefoniche.
Luca abita in un paesino sulla costa di una
regione dell’Italia meridionale. Lavora, vive con i suoi genitori, quindi non è libero
di ospitare. Io vivo a Milano, sono libero e
da bravo single posso ospitare chi mi pare,
quando voglio. Parlando con Luca di un
nostro eventuale incontro ravvicinato, abbiamo ovviamente stabilito che questo incontro, se ci sarà, avverrà necessariamente
a casa mia, a Milano. Ma quando? Solo
quando lui avrà le prossime ferie, una settimana, tra qualche mese.
Quindi io dovrei ospitare uno sconosciuto
per una settimana a casa mia, non c’è alternativa.
A parte l’aspetto allettante dell’idea, ci sono alcune questioni che già mi mettono in
uno stato d’ansia. Per esempio, a seguito
di una sua dichiarazione di odio nei confronti del freddo milanese, ha detto che se
farà freddo dormiremo abbracciati. L’idea
è molto simpatica ma io, abituato a dormire solo, per una settimana perderei il sonno. Lo so anche grazie a un’esperienza recente, un’avventura estiva durata qualche
settimana ma molto intensa, questa volta
ospite io nella città di un amico-amante.
Dormire tutte le notti con questo ragazzo
mi piaceva, eccome, ma mi procurava anche una forma di inquietudine, e il costo
era elevato in termini di insonnia. Di giorno facevamo i turisti nella sua bellissima
città, ma lo sforzo per mantenermi efficiente era notevole.
Devo anche aggiungere di aver scoperto in
quest’ultima occasione una nuova inquietudine che qui chiamerei disagio della felicità; ma questo è un altro discorso.
A proposito dell’insonnia, voi direte: ma
come sei noioso! Ti preoccupi per una simile inezia, invece di abbandonarti e godertela! Il fatto è che questo piccolo disagio
nasconde, non troppo bene, un altro disagio, molto più serio, e noto a molti di noi,
e che mi offre l’alibi per una mia possibile
fuga. La questione è: dire o non dire a Luca della mia sieropositività? Se lo dico rischio di perdere un’occasione qualora Luca
dovesse spaventarsi, rifiutare l’idea di entrare in intimità con me e battere in ritirata. Il vantaggio in questo caso, enorme per
la mia coscienza, sta nella prova di onestà
nei suoi confronti e nella serenità che ne
deriverebbe.
Se invece non faccio il coming out della
sieropositività e lui viene a stare qui da me
per una settimana, magari mi diverto, ma
mi metto anche nei guai, in primo luogo
perché non mi sentirei in pace, poi perché
mi ritroverei a fare salti mortali per nascondere i farmaci o altre tracce che potrebbero tradire la mia condizione sierologica. Purtroppo devo assumere una discreta quantità di farmaci due volte al giorno
a stomaco pieno, colazione e cena. Dovrei
nascondere delle dosi, sufficienti per una
settimana, in bagno, per esempio. Uno
stress e un senso di falsità a dir poco imbarazzanti.
Ora, davanti a tutto ciò, ho la tentazione,
forse un po’ vile, di non incoraggiare Luca
a raggiungermi a Milano. Così non mi
prendo la responsabilità di una scelta un
po’ penosa, mi godo la mia beata solitudine e buona notte!
In realtà non so cosa farò e non so cosa farà Luca; la parte che manca a questo racconto è quella che non posso riferire perché deve ancora accadere.
Le persone sieropositive sono (o si sentono?) emarginate nella società, nel posto di
lavoro, nelle relazioni interpersonali? La
mia sensazione è che, per difendersi dal rischio dell’emarginazione, la strategia
adottata dalla maggior parte delle persone Hiv positive sia quella dell’auto-censura. Vale a dire: non mi rivelo fino a quando
non si renda veramente necessario e solo a
certe condizioni. Ma questa è solo una mia
sensazione.
L’auto-censura è o no una forma di autodiscriminazione? E, soprattutto, è vero o
no che anche nell’ambiente gay i sieropositivi sono costretti a nascondersi? O piuttosto si nascondono per scelta, per semplificarsi la vita, poiché credono che venuto
meno il senso di morte degli anni passati,
sia più utile godersi la vita e le gioie della
sessualità senza troppe preoccupazioni?
Comunque sia il problema dello stigma
non sembra superato.
A fare da contrappeso al disagio del coming out c’è la prova vivente di molte coppie discordanti (un partner hiv-positivo e
uno hiv-negativo) per le quali la sieropositività non costituisce un problema per il
partner hiv-negativo. Queste coppie normalmente vivono e praticano una sessualità responsabile, e semmai i problemi di
queste persone è quello ad esempio dell’usura della passione amorosa a seguito di
una lunga convivenza, o dell’infedeltà, o
di scontri epocali su temi scottanti come:
vuoi mettere la mia carbonara con le tue
insulse minestrine di verdure, e come detesto l’aria condizionata, non capisco come
fai a sopportare tutto quel gelo, ecco, ti sei
servito il vino e a me non hai pensato, e tu
non vedi come sei ingrassato e poi sappi
che domani non ho proprio voglia di andare da quella tua amica, eccetera.
Proprio come accade alle coppie “normali”.
Ora vorrei lanciare un appello a tutte le
persone Hiv positive, compreso me stesso:
si dovrebbe avere più coraggio e disinvoltura nel dichiararsi: solo così potremo sperare di rendere la sieropositività una condizione normale e accettabile. Ma gli appelli possono essere nobili mentre la realtà
resta prosaica e complicata.
Nella selva dei pro e dei contro non riesco
a districarmi, per il momento.
Davide
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Si tratta di un mini-portale completamente dedicato
alla somministrazione del test HIV a Milano e Provincia,
che permette di individuare tutte le sedi presenti sul territorio. La pagina iniziale presenta infatti una
mappa della città e della provincia, suddivisa in zone di diverso colore.
Basta cliccare con il mouse su una di esse per vedere in dettaglio tutte le strutture presenti in
quell’area, sia pubbliche che private, ciascuna con le informazioni necessarie per accedervi: mappa
stradale, orari, documenti richiesti ed eventuale presenza di un servizio di counselling.
Se hai ancora dubbi, chiamaci: ASA risponde al numero 02/58107084 da lunedì a venerdì (ore 10 - 18).
6 • OTTOBRE - DICEMBRE 2012 • NUMERO 5-6 • ANNO XXI • EssePiù
EssePiu?_2012_5-6:EssePiù
12-02-2013
10:27
Pagina 7
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EssePiu?_2012_5-6:EssePiù
12-02-2013
10:27
Pagina 8
Le attività
dell’ASA
• ASA Mobile: servizio di accompagnamento rivolto a persone sieropositive che devono recarsi in
ospedale per visite o cure in day hospital.
• Centralino informativo: 02/58107084, con il coordinamento dell’ISS/Ministero della Salute (progetto
Re.Te.AIDS), dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 18.
• Counselling vis-à-vis e consulenza psicologica per
persone sieropositive, partner e parenti.
• Internet:
oltre
al
sito
istituzionale
www.asamilano.org, visita i nostri siti
www.testami.it, il portale completamente dedicato alla somministrazione del test HIV a Milano
e Provincia; www.schivami.it, il sito di e-learning
per conoscere tutte le regole della prevenzione
dedicato agli studenti (ma non solo); facebook,
per simpatizzare con noi ed essere sempre aggiornati su tutte le nostre iniziative
• Gruppo The Names Project: decorare, ricamare, dipingere una coperta per ricordare un affetto perduto e superare il dolore insieme agli altri. Le coperte sono esposte ogni anno in occasione delle celebrazioni della Giornata Mondiale contro l’AIDS.
• International Aids Candlelight Memorial, fiaccolata commemorativa in memoria delle vittime
dell’Aids, ogni anno a primavera;
• Gruppo carcere: iniziative di informazione e prevenzione nel carcere di San Vittore.
• Banchetti: informazione e prevenzione nei luoghi di aggregazione.
• EssePiù: bimestrale di informazione e riflessione
rivolto a persone sieropositive e a quanti desiderino saperne di più.
• bASAr: mercatino di beneficenza per la raccolta
fondi a sostegno delle attività dell’Associazione:
ogni secondo sabato del mese dalle 10.00 alle
18.00, presso la sede di Via Arena 25 a Milano;
• Asta permanente su eBay: nell'area Aste di beneficenza vendita settimanale di capi di abbigliamento e oggetti dell'Asa per raccogliere fondi a
sostegno di progetti e attività.
• HIV a Quattr’Occhi: serata informativa a cadenza
mensile completamente dedicata a chi ha scoperto
da poco di essere sieropositivo, e vuole saperne di
più (sul virus, sulle terapie, sulla vita di tutti i giorni) ma anche a chi, magari sieropositivo da più
tempo, ha voglia di ricevere informazioni da qualcuno che non sia un infettivologo o uno psicologo.
PER MAGGIORI INFORMAZIONI SULLE NOSTRE
ATTIVITÀ: tel 02/58107084; mail:
[email protected] – facebook: Asa Onlus
Voglia di
scrivere?
Voglia di scrivere?
Chissà quante volte ti sei trovato a
riflettere sulla tua esperienza o su
quella di persone che ti sono vicine.
Pensieri che si insinuano nella mente e
aiutano a scoprire aspetti nascosti e
sorprendenti di sé e degli altri. Se hai
voglia di scrivere e di raccontare,
mandaci un breve articolo da
pubblicare su EssePiù. E non
preoccuparti della forma: se non hai
confidenza con la scrittura, la
redazione può dare... un tocco finale
alle tue riflessioni. Indirizzo e-mail:
[email protected]
Il piacere
di dare
il piacere
di comprare
LE DATE DEL bASAr
9 MARZO
11 MAGGIO
DALLE ORE
10,30
13 APRILE
8 GIUGNO
ALLE
18,00
Il bASAr è un mercatino dell’usato che viene
organizzato per finanziare l’associazione. Puoi
trovarci un po’ di tutto: libri nuovi e usati, oggetti
per la casa, vestiti usati e nuovi, borse, cappelli,
scarpe a prezzi davvero contenuti. Ma oltre a chi
trova qualcosa di utile da noi, il nostro
mercatino necessita di generosi donatori: non
gettare i libri che non leggi più, gli oggetti che
vorresti sostituire, gli abiti che non metti da
tempo; sostieni invece l’associazione e regalali al
bASAr chiamando
la segreteria allo 02/58.10.70.84
o inviando una mail a [email protected].
Progetto
Externa
Con il contributo di ViivHealthcare
‘EXTERNA’ è lo sportello di counselling settimanale, presso l’ospedale
San Raffaele - Centro San Luigi per la
Cura e la Ricerca per le patologie HIV
correlate (Via Stamira D’Ancona 20 –
Milano). Un operatore è a disposizione dei pazienti che desiderino confrontarsi e ricevere supporto.
Per informazioni: 02/58107084
(lunedì-venerdì, ore 10 - 18).
Corsi e attività
ASA
CORSO DI YOGA
Mercoledì e Giovedì ore 19,00
MASSAGGI SHIATSU
Su appuntamento
PER INFORMAZIONI
lun/ven dalla ore 10 alle ore 18
tel. 02-58.10.70.84
www.asamilano.org [email protected]
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