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Studio di Impatto Ambientale - Home Valutazione degli effetti

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Studio di Impatto Ambientale - Home Valutazione degli effetti
SOMMARIO
1.
PREMESSA............................................................................................................. 5
2.
METODOLOGIA GENERALE DELLO STUDIO .............................................................. 9
2.1.
NORMATIVA NAZIONALE ................................................................................. 10
2.1 NORMATIVA REGIONALE...................................................................................... 11
2.2.
CONTENUTI DELLO STUDIO ............................................................................ 11
3 .QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO ........................................................... 13
3.1 Strumenti di programmazione e pianificazione comunali e comprensoriali .............. 14
3.1.2 Assetto normativo generale dell’area Parco ...................................................... 18
Area SIC/ZPS “Gravina di Matera” con ubicazione dell’area interessata ........................... 21
3.2 Piano strutturale della provincia di Matera ............................................................ 22
3.3 Il Piano Regolatore del Comune di Matera ............................................................. 23
3.4
Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico .......................................................... 23
3.5 Vincoli................................................................................................................ 23
3.6 Descrizione dei rapporti di coerenza del progetto con gli obiettivi degli strumenti
pianificatori. .............................................................................................................. 24
4.QUADRO PROGETTUALE ............................................................................................ 25
4.1
Descrizione della cava allo stato attuale ............................................................ 25
4.1.1 Cronistoria della cava.................................................................................... 25
4.1.2. Stato attuale dei luoghi ................................................................................. 26
4.1.3. Ciclo di lavorazione, impianti e automezzi ........................................................ 27
4.2.MISURE-SALVAGUARDIA-SALUTE E SICUREZZA LAVORATORI ................................. 30
4.3 PRODUZIONE MEDIA ANNUA ............................................................................... 31
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
SEDA srl
Progetto
PROGETTO DI AMPLIAMENTO VOLUMETRICO FINALIZZATO AL RIPRISTINO
AMBIENTALE E SISTEMAZIONE FINALE DELLA CAVA DI INERTI CALCAREI SITA
IN C.DA ALVINO
Data
Luglio 2012
Pag. 1
4.3.1 SPECIFICA DELLE VOCI CONTO ECONOMICO..................................................... 32
4.4 Sintesi delle nuove richieste di Progetto ............................................................... 33
4.5
Descrizione delle soluzioni progettuali considerate ............................................. 33
4.5.1 Motivazione della soluzione progettuale prescelta ............................................. 33
4.5.2
Descrizione del Progetto ............................................................................... 34
4.5.2.1 Caratteristiche del Progetto e piano di coltivazione ......................................... 34
4.5.3
SISTEMAZIONE FINALE DELL’ AREA DI CAVA................................................. 36
5. QUADRO AMBIENTALE ............................................................................................. 43
5.1
Suolo , sottosuolo, ambiente idrico .................................................................. 43
5.1.1
Caratteri geologici ........................................................................................ 43
5.1.2
CARATTERI PEDOLOGICI ............................................................................. 50
5.2
CARATTERI PAESAGGISTICI ........................................................................... 54
5.3
Fauna ............................................................................................................ 57
5.4
Caratteri Vegetazionali..................................................................................... 61
5.5
RUMORE ........................................................................................................ 68
5.6 ATMOSFERA ...................................................................................................... 73
5.7 Salute pubblica .................................................................................................. 85
6.
NATURA 2000 – VALUTAZIONE DI INCIDENZA ....................................................... 88
6.1
QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO .......................................................... 91
6.2
Dimensioni e/o ambito di riferimento ................................................................ 94
6.3
DESCRIZIONE
DEL
SITO
NATURA
2000
E
DELL’AMBIENTE
NATURALE
DIRETTAMENTE INTERESSATO .................................................................................. 94
6.4 DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE NATURALE ......................................................... 102
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
SEDA srl
Progetto
PROGETTO DI AMPLIAMENTO VOLUMETRICO FINALIZZATO AL RIPRISTINO
AMBIENTALE E SISTEMAZIONE FINALE DELLA CAVA DI INERTI CALCAREI SITA
IN C.DA ALVINO
Data
Luglio 2012
Pag. 2
6.4.1
CARATTERISTICHE PAESAGGISTICO-AMBIENTALI ....................................... 103
6.4.2 TIPOLOGIE AMBIENTALI E DI VEGETAZIONE ................................................. 105
6.5. FAUNA ............................................................................................................ 107
6.6
INFORMAZIONI SULLO STATUS LEGALE E STATUS ECOLOGICO DELLE SPECIE
FAUNISTICHE PRESENTI NEL SIC-ZPS GRAVINE DI MATERA (cod.IT9220135). ............ 110
6.6.1
Interferenze sulle componenti abiotiche ....................................................... 115
6.6.2
. Interferenze sulle componenti biotiche .................................................... 116
6.6.3
Connessioni ecologiche............................................................................... 117
6.6.4
Descrizione delle misure di mitigazione e attenuazione proposte che si intendono
adottare per ridurre o eliminare le interferenze sulle componenti ambientali allo scopo di
garantire la coerenza globale con i siti di Rete "Natura 2000" ................................... 118
6.6.5
Azioni di mitigazione agli impatti più significativi. .......................................... 121
6.7 Elenco di specie autoctone che è possibile utilizzare in fase di ripristino della cava. 123
6.8
NOTE CONCLUSIVE ....................................................................................... 125
7. VALUTAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE ............................................................. 126
7.1 METODOLOGIA ................................................................................................. 126
7.1.1
Lista delle componenti e dei fattori con relative descrizioni ............................ 128
7.2 ELABORAZIONE DATI ....................................................................................... 132
7.3
8.
Stima degli impatti ........................................................................................ 140
ALLEGATI .............................................................................................................. 1
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
SEDA srl
Progetto
PROGETTO DI AMPLIAMENTO VOLUMETRICO FINALIZZATO AL RIPRISTINO
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Pag. 3
ALLEGATI
Piano di monitoraggio
Carta dell’uso del suolo
Carta della vegetazione
Carta del degrado
Carta del valore ambientale
Carta della sensibilità
Carta dello spostamento trofico del grillaio
Carta dell’uso del suolo ampliata
Carta dell’inquadramento territoriale
Legende
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
SEDA srl
Progetto
PROGETTO DI AMPLIAMENTO VOLUMETRICO FINALIZZATO AL RIPRISTINO
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Pag. 4
1. PREMESSA
Il presente documento costituisce lo Studio di Impatto Ambientale comprensivo di Studio per
la Valutazione di Incidenza Ambientale inerente il progetto
di ampliamento volumetrico
finalizzato al ripristino ambientale e sistemazione finale di una cava di inerti calcarei della
quale risulta titolare la società Seda srl ubicata in c.da Alvino in agro di Matera
Il progetto insiste all’interno delle concessioni minerarie da tempo rilasciate al soggetto
proponente che, nel corso degli anni, ha sviluppato il cantiere estrattivo in conformità al
progetto di coltivazione approvato dagli enti preposti.
Muovendo a partire dal presupposto che detta concessione è in fase di scadenza
e dalla
constatazione che il giacimento minerario in esame risulta tecnicamente ancora ben
sfruttabile e che i progetti di recupero ambientale ai quali si sta attenendo nell’ambito della
gestione dell’ area in concessione darebbero origine ad un assetto finale del territorio
disorganico e disomogeneo, il soggetto proponente ha ritenuto opportuno implementare un
nuovo progetto di estrazione e recupero ambientale in grado di armonizzare e ottimizzare le
modalità di coltivazione dell’area di cava, dando così origine ad un unico programma di
recupero volto alla creazione di un assetto territoriale organico, omogeneo e armonico,
senza dubbio caratterizzato da più elevati livelli di pregio ecologico, paesaggistico, minerario
e ambientale.
In considerazione delle specificità tecniche del progetto in esame e delle peculiarità del
contesto territoriale e ambientale interessato, l’analisi complessiva della compatibilità
ambientale del progetto stesso viene desunta ed evidenziata da una serie di documenti che,
compendiati all’interno del presente Studio di Impatto Ambientale, ne costituiscono il naturale
supporto e contorno imprescindibile per una lettura organica e completa delle varie
tematiche ambientali analizzate e verificate.
Ciò ha determinato, di fatto, la necessità di integrare la redazione dello Studio per la
valutazione di Impatto Ambientale con elaborati specialistici di approfondimento di alcune
tematiche ambientali prioritarie inserite nello studio per la valutazione di incidenza,
predisposto in virtù della presenza dell’area naturale protetta di Importanza Comunitaria
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
SEDA srl
Progetto
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(SIC direttiva 92/43/CEE) e Zona a Protezione Speciale (ZPS direttiva 74/409/CEE)
denominata “Gravina di Matera” con Cod. IT9220135,inserito nel presente documento.
La documentazione predisposta a corredo del SIA si compone, pertanto, di documenti
specialistici in materia di impatto acustico, di impatto atmosferico e di impatto sulle
componenti biotiche e abiotiche.
Con l’obiettivo di risolvere le problematiche sopra elencate, si è pertanto predisposto il
progetto di coltivazione i cui tratti essenziali prevedono:
¨ l’impostazione della coltivazione per “fette orizzontali”, con ribassi progressivi atti a ridurre
al minimo le possibili interferenze nelle attività di cava;
¨ la realizzazione di scarpate finali con pendenze uniformi e regolari, senza criticità puntuali
che interrompano in maniera innaturale i versanti ;
L’ottimizzazione del progetto di coltivazione apporta pertanto notevoli migliorie alla
configurazione della cava durante le fasi intermedie e finali della coltivazione, al fine di
consentire uno sfruttamento più razionale del giacimento e permettere una fruizione del sito
in termini naturalistici sia in fase estrattiva che a fine coltivazione. Si sottolinea inoltre che il
progetto non comporterà espansioni in nuove aree esterne a quelle attualmente interessate
dai lavori di estrazione mineraria.
Il nuovo progetto proposto, cronologicamente suddiviso in quattro fasi quinquennali (per
una durata complessiva di 20 anni) individua le future fasi di coltivazione e ripristino
,
valorizzazione delle lavorazioni e del giacimento, da un lato, e di mantenimento (se non
miglioramento) degli standard e della sostenibilità ambientale dall’altro.
Attraverso un differente approccio gestionale originato esclusivamente dall’esperienza finora
acquisita nell’ambito della coltivazione delle cave, l’ottimizzazione progettuale prevede,
rispetto ai piani attualmente autorizzati, una diversa articolazione delle fasi di estrazione e
ripristino delle aree che, nel suo complesso, non comporterà alterazioni al processo
produttivo realizzato e certamente darà origine ad un migliore assetto dei luoghi al termine
della vita della cava stessa.
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
SEDA srl
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La constatazione della necessità di adeguamento del piano di coltivazione e ripristino della
cava ha rappresentato e concretizzato un’occasione ed un’opportunità per una nuova
pianificazione e programmazione delle attività ancor più attenta alle tematiche ambientali e
supportata da una ancor più convinta consapevolezza dell’importanza che dette tematiche
ricoprono nell’ottica di una migliore e più sostenibile coesistenza territoriale fra attività
industriali, da un lato, e tutela, valorizzazione e salvaguardia dei luoghi, dall’altro, in un’ottica
di fruibilità per la collettività.
In tal senso, le linee di sviluppo della gestione dell’area di cava in progetto concretizzano
l’idea e la volontà di realizzare il giusto sfruttamento del giacimento in grado di perseguire, al
contempo, il massimo contenimento dei fattori di impatto nei confronti dell’ambiente
circostante.
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
SEDA srl
Progetto
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Pag. 7
– Stralcio della cartografia IGM in scala 1:25.000 con ubicazione dell’area
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Proponente
SEDA srl
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Pag. 8
2. METODOLOGIA GENERALE DELLO STUDIO
La metodologia del presente SIA ha seguito le indicazioni della legislazione di settore
richiamata al precedente paragrafo. Il livello di approfondimento dei singoli aspetti trattati è
stato dettato dalla significatività attribuita agli impatti previsti in conseguenza della
realizzazione del progetto.
Il SIA ha pertanto inizialmente valutato quali azioni di progetto potessero costituire potenziali
fattori di impatto sulle diverse componenti ambientali. Si è quindi proceduto con l’analisi della
qualità delle componenti ambientali interferite e con la valutazione degli impatti,
distinguendone la significatività ed approfondendo lo studio in base ad essa. Per gli impatti
ritenuti maggiormente significativi si è inoltre fatto uso di specifici strumenti di analisi i cui
risultati sono riportati in appositi elaborati allegati al presente studio. Per la valutazione della
compatibilità del Progetto sono state infine prese in considerazione le possibili azioni volte a
ridurre o compensare gli impatti.
L’analisi della qualità delle componenti ambientali interferite e la valutazione degli impatti
sulle medesime è stata effettuata prendendo in considerazione il territorio nel quale è
collocato il progetto sia a livello di area vasta sia a livello di area ristretta così definite:
—
area ristretta: include tutte le aree del complesso estrattivo;
—
area vasta: comprende le superfici entro un raggio di 2,5 km con baricentro
coincidente con quello dell’area ristretta.
La definizione del territorio incluso nelle aree di studio sopra descritte è stata dettata dalla
necessità di valutare gli eventuali impatti dell’intervento in progetto come cumulativi con
quelli delle attività viciniori. Sempre nell’ottica di considerare l’impatto cumulativo delle attività
in progetto con le altre attività presenti nell’area di studio, la valutazione complessiva e finale
dello stato delle componenti ambientali analizzate ha tenuto conto del fatto che alcune
componenti
ambientali
sono
maggiormente
sensibili
all’impatto
in
quanto
già
alterate/influenzate.
Per la redazione del SIA sono state esaminate le seguenti fonti di informazioni:
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
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Pag. 9
—
documenti ufficiali dello Stato, della Regione Basilicata, della Provincia di Matera,
del Comune di Matera, nonché di loro organi tecnici;
—
analisi di banche dati di università, enti di ricerca, organizzazioni scientifiche e
professionali di riconosciuta capacità tecnico-scientifica;
—
articoli scientifici pubblicati su riviste di riferimento;
—
documenti relativi a studi e monitoraggi pregressi circa le caratteristiche
qualitative dell’ambiente interessato dalla cava e di un intorno significativo della
stessa.
Inoltre nell’ambito del SIA sono state condotte apposite indagini di campo in sito volte
soprattutto all’acquisizione di dati e informazioni sulla flora ,fauna e atmosfera.
2.1.
NORMATIVA NAZIONALE
Legge 8 luglio 1986, n. 349 - Istituzioni del Ministero dell’ambiente e norme in materia di
danno ambientale.
¨ Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377 Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all'art. 6 della legge 8
luglio 1986, n. 349, recante istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di
danno ambientale.
¨ Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988 - Norme tecniche per la
redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità di
cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, adottate ai sensi dell'art. 3 del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988, n. 377.
¨ Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre 1999 – “Atto di indirizzo e
coordinamento che modifica ed integra il precedente atto di indirizzo e coordinamento per
l’attuazione dell’art. 40 comma 1 della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente
disposizioni in materia di valutazione dell’impatto ambientale”.
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
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¨ Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 - Norme in materia ambientale (in base al Decreto
Legge 300/2006 “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative” pubblicato in G.U. del
28/12/2006, la parte seconda del D.Lgs. 3/4/2006 n. 152 relativa, tra l’altro, alle procedura
per la VIA entrerà in vigore il 31 luglio 2007).
¨ Testo coordinato del Decreto Legge 12 maggio 2006, n.173
¨ Decreto Legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 – Ulteriori disposizioni correttive ed integrative
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale
¨ Decreto Legislativo 29 Giugno 2010 n° 128 - Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo
3 aprile 2006 n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della
legge 18 giugno 2009 n. 69
2.1 NORMATIVA REGIONALE
La legge regionale n.47 del 14 dicembre 1998 disciplina la Valutazione di impatto ambientale
con norme per la tutela dell’ambiente.
2.2. CONTENUTI DELLO STUDIO
Il presente SIA, redatto ai sensi della L.R. 47/98 ed in conformità alle indicazioni contenute
nella normativa di riferimento nazionale, è finalizzato ad illustrare le caratteristiche
dimensionali e tecniche del progetto, inquadrare lo stesso nella legislazione di settore
vigente e a valutare gli impatti legati alla sua realizzazione.
Il presente SIA è stato pertanto suddiviso nel modo seguente:
* descrizione del progetto in relazione alla legislazione, alla pianificazione ed alla
programmazione di riferimento vigenti e descrizione delle finalità e delle motivazioni
strategiche del progetto stesso (Quadro programmatico);
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*descrizione delle caratteristiche tecnologiche e dimensionali del progetto, dei principali
criteri assunti in fase di progettazione e delle motivazioni delle scelte progettuali effettuate
anche in relazione alle condizioni attuali della cava (Quadro progettuale);
* valutazione dei potenziali effetti che il Progetto può determinare sull’ambiente, con
riferimento alla qualità attuale delle componenti ambientali potenzialmente interferite, e
descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e compensare gli impatti, con particolare
attenzione al Sito di Importanza Comunitaria all’interno del quale è ubicata la cava (Quadro
ambientale).
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3 .QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO
Il quadro di riferimento programmatico per lo studio di impatto ambientale fornisce gli
elementi conoscitivi sulle relazioni tra l'opera progettata e gli atti di pianificazione e
programmazione territoriale e settoriale.
Il quadro di riferimento programmatico in particolare comprende:
la descrizione delle motivazioni del progetto in relazione agli stati di attuazione degli
strumenti pianificatori in cui è inquadrabile il progetto stesso;
la descrizione dei rapporti di coerenza del progetto con gli obiettivi perseguiti dagli
strumenti pianificatori rispetto all'area di localizzazione, con particolare riguardo all'insieme
dei condizionamenti e vincoli di cui si è dovuto tenere conto nella redazione del progetto e in
particolare le norme tecniche ed urbanistiche che regolano la realizzazione dell'opera, i
vincoli paesaggistici, naturalistici, architettonici, archeologici, storico-culturali, demaniali ed
idrogeologici eventualmente presenti, oltre a servitù ed altre limitazioni di proprietà.
Per la tipologia di opera in oggetto il quadro di riferimento programmatico terrà conto dei
seguenti atti di programmazione e di pianificazione:
Eventuali strumenti di programmazione;
Piani regionali e provinciali;
Piani regionali e di vasta area per la salvaguardia e il risanamento ambientale;
Piani territoriali e paesistici;
Strumenti urbanistici locali.
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
SEDA srl
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3.1
STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE E PIANIFICAZIONE COMUNALI E
COMPRENSORIALI
3.1.1 Il Parco Regionale Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupesti del Materano
L’intervento in progetto ricade in agro del Comune di Matera in C.da “Alvino”, all’interno
del Parco Regionale della Murgia Materana.
Il Parco è stato istituito il 4 aprile del1990 con la L.R. n.3, l’istituzione dell’Ente di
Gestione è avuta con la L.R. n.2 del 07 gennaio 1998. In ultimo è stato approvato il Piano
Regolatore del Parco con Delibera del Consiglio Regionale n.927 del 15/02/2005
e
successiva modifica approvata con delibera del Consiglio Regionale n. 108 del 29 marzo
2011,
La perimetrazione del Parco ricalca sostanzialmente quella individuata dalla L.R. 11/90,
con alcune integrazioni così individuate:
− Inclusione nel perimetro del Parco dell’area dell’Ofra. Il confine “certo” del Parco è la
strada comunale Cappuccini/Ofra;
− Inclusione nel perimetro del Parco dell’intera area delle cave de La Vaglia, includendo
sia la chiesa omonima (a valle), sia il complesso delle “aie di Colangiuli” e del Mulino
Alvino (a monte);
− Inclusione nel perimetro del Parco (Gravina di Picciano/Bradano) dell’area e delle
masserie di “S. Lucia di Ridola” in C.da “Tre confini”.
3.1.1 Zonizzazione del Parco
La zonizzazione del Parco è stata definita sulla base di una scala di valori che tiene
conto
delle
qualità
geo-morfologiche,
naturalistiche,
paesaggistiche,
antropiche
caratterizzanti il territorio del Parco, avendo quale elemento e/o criterio basilare di
riferimento, trattandosi di zonizzazione a carattere prevalentemente naturalistico-ambientale,
le connotazioni geo-morfologiche e naturalistiche fondamentali:
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
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− Riserva integrale:
Le “Forre” della Gravina con relativa vegetazione rupestre ed igrofila, aree di
nidificazione di rapaci e strutture dell’abitat rupestre;
− Protezione integrale:
Gli altipiani e i terrazzi murgici, nella loro specifica caratterizzazione a gariga-steppa o
con copertura vegetale a macchia o bosco antropiche dell’avifauna, caratterizzate da
pascoli con annesse strutture di servizi (cisterne, masserie ecc..)
− Zone di protezione:
I coltivi e le aree comunque dissodate, occupate da aziende rurali tuttora in attività e le
aree a macchia-gariga fortemente degradate per pressione antropica (zootecnica,
estrazione materiali lapidei).
Di seguito si riporta uno stralcio del P.R.G. del Parco con l’ubicazione dell’area interessata
dal progetto . L’area di cava rientra in parte nella zona di protezione ed in parte in riserva
generale.
In arancio "Zona di protezione"
Dott. Geol. Michele Colasurdo
In verde "Riserva generale
Proponente
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ZONA "A" RISERVA INTEGRALE
ZONA "B" RISERVA GENERALE
ZONA "C" ZONA DI PROTEZIONE
ZONA "D" ZONA DI CONTROLLO
AREE DI RIPRISTINO MORFOLOGICO
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Proponente
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Inquadramento urbanistico dal sito del parco delle chiese rupestri del Materano
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3.1.2 ASSETTO NORMATIVO GENERALE DELL’AREA PARCO
Norme di tutela
Conformemente alle prescrizioni delle vigenti leggi (L.R. 11/90, 28/94, L. n. 394/91), le “zone
omogenee” individuate sono soggette alle seguenti normative di tutela:
Zona riserva integrale
Nella zona di riserva integrale l’ambiente va conservato e ricostituito nella sua integrità: è
prescritta pertanto la conservazione e tutela di tutti gli elementi costituenti l’ambiente
(geografici, paesaggistici, vegetazionali, faunistici, storico/antropici eccL).
Non è pertanto consentito il pascolo, lo sfruttamento forestale, agricolo e minerario, gli scavi,
i sondaggi, terrazzamenti e costruzioni di qualsiasi genere, qualsiasi lavoro che comporti
modifiche all’aspetto del terreno e della vegetazione, qualsiasi atto che provochi turbamento
alla fauna ed alla flora e/o introduzione di specie di vegetali o di animali.
Non è consentita alcuna trasformazione d’uso del suolo e degli eventuali manufatti che vi
insistono.
Sono consentiti solo interventi di “mantenimento” e “restauro” delle componenti ambientali ed
antropiche, da condurre su esplicita autorizzazione dell’Ente Parco.
Zone di riserva generale
Nelle zone di riserva generale l’ambiente va conservato nei suoi aspetti naturalistici e
storico/antropici.
Non sono pertanto consentite trasformazioni dell’uso del suolo, quali i disboscamenti, gli
spietramenti, l’estendimento degli eventuali coltivi esistenti. Sono consentite le attività agro –
silvo - pastorali preesistenti.
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
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Pag. 18
Non è consentito costruire nuove opere edilizie: fatte salve quelle scaturenti da necessità di
conservazione attiva e gestione dei manufatti preesistenti storicizzati (jazzi, masserie, casini
eccL).
Zone di protezione
Nelle zone di protezione l’ambiente va salvaguardato nelle sue componenti fondamentali e
ricondotto, ove possibile, alle sue connotazioni originarie e comunque non contrastanti con le
stesse.
Sono consentite le attività agro-silvo-pastorali e di trasformazione d’uso del suolo. Sono
altresì consentite costruzioni e trasformazioni edilizie, rivolte specificatamente alla
valorizzazione dei fini istitutivi del Parco.
Nell’ambito della zonazione e classificazione di cui sopra, il Piano individua una serie di
norme di tutela ad indirizzo naturalistico ambientale, di seguito citate:
norme di tutela paesaggistica;
norme sul recupero ambientale delle aree di cava;
norme per la tutela della flora;
norme di carattere agro-pastorale e norme di protezione della fauna;
norme per la tutela delle acque.
Ai sensi delle leggi in vigore, nel territorio del Parco non è consentito aprire nuove cave,
sono fatte salve le autorizzazioni esistenti, fino ad esaurimento delle coltivazioni ivi previste.
A coltivazione cessata le cave vanno recuperate, secondo progetto di ripristino allegato
all’autorizzazione ad esercitare la coltivazione di cava di cui alla L.R. 27.3.79 n. 12.
3.1.2.1. Rete Natura 2000 – Direttiva Habitat e Direttiva Uccelli
L’area interessata dal progetto nel complesso occupa una superficie di circa ha 30.17.85,
integralmente all’interno dell’area SIC/ZPS “Gravine di Matera” cod. IT9220135 con una
superficie complessiva di 5.674 ha.
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Area di cava in foto aerea 2006
Area di cava in foto aerea 2012
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Il progetto incide sulla superficie dell’area SIC/ZPS per il 0.52%. Tale superficie è già
interessata dai lavori di coltivazione e nessun’altra porzione di suolo sarà interessata
dai lavori medesimi.
Area SIC/ZPS “Gravina di Matera” con ubicazione dell’area interessata
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
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3.2 PIANO STRUTTURALE DELLA PROVINCIA DI MATERA
In accordo con la normativa regionale vigente e riprendendo le indicazioni del Piano
Strutturale Provinciale di Matera, l’Unità morfologica e Paesaggistico/Ambientale” del
territorio risulta essere il ”Tavolato Carbonatico del Materano”. Il territorio della “Cava della
Palomba si trova, pertanto, inserito all’interno di un Sistema Naturalistico Ambientale
articolato e strutturato, per il quale nel “Piano Strutturale provinciale di Matera (2003)”, in
accordo con il Regolamento d’Attuazione della L.R. n. 23/99 (Regione Basilicata, 2003), sono
individuate le tipologie e gli elementi ambientali .
Tre elementi prioritari: Turismo, Industria e Politiche del Territorio peri-urbano,
accompagnate da un sistema della formazione professionale, più flessibile, in grado cioè, di
leggere i fabbisogni espressi dal mondo produttivo e fornire con rapidità un offerta formativa
mirata, con maggiori standard qualitativi ovvero più rispondente alla dinamicità che
caratterizza l’attuale mercato del lavoro e delle professioni.
Matera si caratterizza per la presenza di un consistente patrimonio di risorse endogene,
molte delle quali già valorizzate e che costituiscono un punto di forza per lo sviluppo della
ruralità materana.
Architettura, cultura, storia, tradizione e ambiente si fondono e si plasmano sul territorio,
rendendolo unico per itinerari turistici da inserire in programmi di sviluppo integrato.
I Sassi di Matera sono sicuramente una delle mete turistiche più ambite dell’intero
Mezzogiorno anche grazie alle iniziative messe in campo negli ultimi dieci anni.
Ma non minore importanza rivestono le aree archeologiche e risorse naturalistiche,
paesaggistiche e culturali, quindi, sono un insieme di componenti fondamentali per rilanciare
una forma di turismo alternativo che trova un ulteriore elemento di positività nellapresenza,
sul territorio regionale, di ben 250 aziende agrituristiche, l’insieme delle quali costituisce un
sistema importante per la realizzazione di un’offerta di pacchetti turistici alternativi.
Dott. Geol. Michele Colasurdo
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3.3 IL PIANO REGOLATORE DEL COMUNE DI MATERA
Valgono le norme tecniche del Piano regolatore generale del 1999. La zona di interesse è
normata come Area AEDP/0 - Parco Regionale Archeologico-Storico-Naturale delle Chiese
Rupestri del Materano - Zona F - Area Unica.
3.4 PIANO STRALCIO PER L’ASSETTO IDROGEOLOGICO
La cava risulta ubicata al di fuori di aree di pericolosità idraulica e a rischio di piena. Lo
stesso dicasi per quanto riguarda la pericolosità geomorfologica.
3.5 VINCOLI
Dall’analisi dei vincoli, condotta sulla base dei documenti e delle elaborazioni grafiche
allegate agli strumenti di tutela e pianificazione territoriale, si evince che l’area di cava non è
interessata da vincolo archeologico.
L’area di cava risulta, inoltre,non soggetta a “Vincolo idrogeologico” (individuato ai sensi del
Regio Decreto 3267/1923, art.8, comma 1).
L’ulteriore cartografia consultata non evidenzia la presenza di zone perimetrate a rischio e a
pericolosità idraulica o geomorfologica all’interno dell’area di cava .
L’area di cava, come prima evidenziato , rientra nelle aree di interesse paesaggistico ai
sensi del D.Lgs. 42/04, art. 142, comma 1, lettera f (“i parchi e le riserve nazionali o regionali”
– in particolare, la Cava è localizzata all’interno del Parco Archeologico storico Naturale
delle Chiese Rupestri del Materano”).
Sull’area di progetto inoltre non sussistono vincoli demaniali, servitù di natura militare e/o
limitazioni di proprietà.
Infine, in riferimento alla natura e vocazione dei luoghi, essendo l’area già da lungo
tempo interessata dalle attività estrattive che, pertanto, oramai connotano in maniera
consolidata e condivisa la zona d’ambito, che risulta non isolata per tipologia di attività
all’interno dello stesso comune e in quelli limitrofi, si denota una convivenza equilibrata fra
Dott. Geol. Michele Colasurdo
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l’attività industriale e la natura e vocazione dei luoghi limitrofi interessanti da aree a tutela
naturalistica.
Il quadro vincolistico, opportunamente integrato e valutato, non risulta quindi ostativo
all’intervento oggetto del presente documento, relativo ad una realtà industriale già
consolidata e integrata con il patrimonio ambientale.
3.6 DESCRIZIONE DEI RAPPORTI DI COERENZA DEL PROGETTO CON GLI
OBIETTIVI DEGLI STRUMENTI PIANIFICATORI.
La realizzazione dell’opera dovrà tenere conto degli obblighi di natura tecnica e procedurali
derivanti dall’applicazione delle norme, di seguito riportate, finalizzate alla protezione dei
lavoratori dipendenti diretti o di imprese appaltatrici, delle popolazioni e dell’ambiente, oltre
alla salvaguardia delle cose.
Per quanto concerne il settore cave, si fa riferimento alla seguente normativa:
Legge regionale n.12 del 27/03/79 con modifiche apportate dalle LL.RR. n.18/80 e n.8/83.
Per ciò che concerne l’inquinamento acustico si rispetterà il D.L. 277/91 in funzione del
D.P.C.M. 01/03/91 .
Per la prevenzione infortuni e igiene del lavoro sarà applicato il D.L. 626/94 oltre al DPR
547/55 e 303/56 per quanto ancora in vigore, oltre alle norme e leggi connesse ed al già
citato D.L. 277/91.
L'attività è soggetta inoltre al R.D. n.1443 del 29-7-27 “Legge Mineraria” ed al D.P.R.
n.128/59 “Norme di polizia delle miniere e delle cave”.
L’area di cava è esterna alla perimetrazione dei Piani Territoriali Paesaggistici di Area Vasta.
La ditta ha ottenuto per l’impianto di lavorazione inerti l’autorizzazione alle emissioni in
atmosfera ai sensi del D.Lgs 152/06 con DD n.75AB/2008/D/246 del 26.02.2008.
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Proponente
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4.QUADRO PROGETTUALE
4.1
DESCRIZIONE DELLA CAVA ALLO STATO ATTUALE
Il sito è individuato in agro del comune di Matera in loc. Alvino, individuato in Catasto di
Matera con il foglio n. 79 e precisamente ricade internamente alle p.lle
n.
n.
n.
n.
n.
n.
122 di Ha 15.34,08
83 di Ha 11.74,38
87 di Ha 02.96,21
123 di Ha 00.00,74
102 di Ha 00.06,78
103 di Ha 00.05,66
della estensione complessiva dell’area di cava pari a Ha 30.17.85.
La stessa è raggiungibile in località “Alvino” a circa 10 km. dall’abitato di Matera e
posizionata sul versante destro della provinciale Matera – Ginosa; la sua posizione risulta
baricentrica rispetto agli abitati di Matera e Ginosa e Laterza in provincia di Taranto.
4.1.1
CRONISTORIA DELLA CAVA
L’ attività estrattiva è iniziata molto prima (anno 1972) dell’ entrata in vigore della Legge
Regionale 12/79 come si rileva da attestato rilasciato alla ditta Flace dal Distretto Minerario
di Napoli in data 24.07.1979. Con l’ entrata in vigore della L.R. 12/79 la ditta Flace ha
provveduto ad ottenere
l’autorizzazione alla coltivazione mineraria con D.G.R. n. 2359 del
26 aprile 1983.La stessa ditta, non avendo ultimato i lavori nei termini assegnati, ha chiesto ed ottenuto la
proroga per il prosieguo degli stessi con D.G.R. n. 2432 del 3 maggio 1988.Con
successiva
D.G.R.
n.
455
del
14
febbraio
1989
è
stato
autorizzato
l’ampliamento dell’ area di cava ed il trasferimento della relativa autorizzazione da ditta Flace
Giovanni, deceduto il 16.01.1989, a ditta Eredi Flace Giovanni & C. s.d.f.
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Con
altra
delibera
di
Giunta
Regionale
n.
1871
del
12
aprile
1990
l’autorizzazione è stata successivamente trasferita da ditta Eredi Flace Giovanni & C. a ditta
FINSEDA s.r.l. con sede in Gravina in Puglia in via Pietro Ianora n.32/A.Con D.G.R. n. 6794 del 21 ottobre 1991 la ditta Finseda è stata autorizzata
all’ampliamento ed alla coltivazione mineraria della cava di che trattasi.Con D.G.R. n. 3852 dell’ 8 giugno 1992 è stata concessa la variante di intestazione da ditta
Finseda s.r.l. a ditta SEDA s.r.l.La ditta ha chiesto tale variazione perché la Finseda aveva tra le altre attività anche quella di
finanziaria, mentre la SEDA ha, fra le altre, anche quella estrattiva.
Con successiva D.G.R. n. 7376 del 5 dicembre 1994 e D.G.R. n. 9807 del 30 dicembre 1997
la ditta SEDA srl, non avendo ultimato i lavori minerari nei termini previsti, è stata autorizzata
al prosieguo degli stessi.
In ultimo con la Determinazione Dirigenziale n. 48 del 23 gennaio 2001, già
precedentemente citata, la ditta SEDA è stata autorizzata al prosieguo dei lavori sempre
nella cava di che trattasi. Da come può rilevarsi da quanto suddetto l’ attività estrattiva è
iniziata molto tempo prima dell’ entrata in vigore della L.R. 12/79 ed i lavori si sono svolti
prevalentemente nella parte di superficie di cava confinante con la Strada Provinciale per
Ginosa. Inoltre nell’anno 2007 oltre all’ottenimento del rinnovo alla coltivazione, è stato
acquisito il parere sulla valutazione di incidenza con DD 75AB/2007/D522 del 23.04.2007
nonché l’autorizzazione paesaggistica con DD n. 2007/D1060 del 30.08.2007.
4.1.2. STATO ATTUALE DEI LUOGHI
Lo stato di fatto attuale
illustrato nella tavola “ Stato di fatto “
del documento
progettuale,tale elaborato grafico riporta il rilievo topografico effettuato nel giugno 2012.
L’ambito, delimitato da recinzione metallica di altezza minima 2,0 m, è attualmente
caratterizzato da un’unica fossa, che occupa approssimativamente la quasi totalità della
superficie totale autorizzata, alla quale si accede dal varco principale sula SP Matera Ginosa
mediante un'unica carrabile che conduce a fondo scavo nell’area di cava.
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Proponente
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Il fondo cava si trova ad una quota altimetrica piuttosto costante sui 420.00 mt slm. ed è
privo di aree impermeabilizzate o pavimentate, per buona parte privo di vegetazione e in
parteoggetto di ripristino (inerbimento e/o piantumazione nell’area sud est).
Le scarpate esistenti in parte risultano già interessate dall’attecchimento di piante spontanee
ed interessate da una colorazione grigiastra ed in parte interessata da roccia nuda in quanto
ancora in fase di coltivazione.Nella parte centrale laterale è presente una limitata
depressione ospitante un piccolo specchio d’acqua temporaneo
4.1.3. CICLO DI LAVORAZIONE, IMPIANTI E AUTOMEZZI
L’area Est/Nord est è occupata dalle seguenti strutture ed impianti:
— Uffici
— Ricovero automezzi
— Officina
— Servizi igienici e spogliatoi
— Pesa
— Impianto di frantumazione (con adiacente pozzo di derivazione acqua)
— Tramogge di carico
— Nastri trasportatori.
Il processo produttivo è costituito, schematicamente, dalle seguenti fasi:
— Escavazione dell’inerte grezzo utilizzando una pala gommata e/o un escavatore;
— trasporto con automezzi dumper alla tramoggia di carico;
— trasporto con nastro trasportatore;
— selezione – vagliatura – lavaggio – stoccaggio;
— operazioni di carico con pala gommata;
— pesatura e bollettazione.
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In cava sono presenti:
•
Escavatore Case 9046HD completo di demolitore idraulico Montalbert V55;
•
•
•
Compressore Ingersol 12 Bar completo di perforatrice Fraste Multidrill;
Escavatore Komatsu PC450 L8 .
Escavatore PMI 822
Particolare impianto di frantumazione
Prodotto finito
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Su piazzale sono presenti i seguenti mezzi:
1 Pala Caterpillar 936
1 Pala Caterpillar 966
Per il trasporto sono presenti:
1 Dumper Perlini 255
2 Dumper Perlini T15
I suddetti mezzi garantiscono le quantità necessarie ed occorrenti per soddisfare le richieste
del mercato. Il ciclo di lavorazione è impostato su turni giornalieri di 8 ore per 5 giorni
lavorativi a settimana. .Il materiale ottenuto dalle fasi precedenti viene caricato mediante
escavatore cingolato su dumper con capacità a colmo di 26 mc e trasportato sino al frantoio
ubicato su un piazzale a quota 450 m s.l.m., dove subisce la frantumazione primaria.
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4.2.MISURE-SALVAGUARDIA-SALUTE E SICUREZZA LAVORATORI
Per la sicurezza degli addetti ai lavori l’ abbattimento del materiale avviene dall’ alto verso il
basso. Durante l’ abbattimento del materiale l’ altezza del fronte di cava non supera mai
quella del braccio del mezzo meccanico per evitare pericolosi ingrottamenti che potrebbero
causare pericolo ai manovratori ed agli operai. Tutti i lavoratori sono muniti ed usano elmetto
e scarpe antinfortunistiche e mascherine antipolvere.
Gli stessi operai sono sottoposti regolarmente a visite mediche così come prescritte dalle
norme vigenti in materia. Nel cantiere esistono idonee strade percorribili agevolmente in
caso evacuazione forzata degli operatori ed operai.
L’impianto di selezione e frantumazione del materiale è fornito di un impianto di abbattimento
polveri (A.P. FOAM) che impedisce alle particelle sottili di liberarsi nell’atmosfera,
migliorando la vivibilità in cantiere e rispettando l’ambiente , si allega a tal proposito un
depliant dell’impianto di abbattimento polveri.
Tutti i nastri trasportatori sono coperti e tutte le zone di carico del materiale, in particolar
modo nei mesi più caldi, innaffiate con impianti a pioggia fissi e mobili.
Tutte le cabine delle macchine utilizzate per l’abbattimento del materiale sono insonorizzate
e dotate di impianto di climatizzazione dell’aria, gli stessi i mezzi vengono regolarmente
controllati e revisionati per evitare eventuali incendi che possono svilupparsi a bordo ad
evitare qualsiasi eventuale pericolo che potrebbe causare danno agli addetti.
Non ci sono scarti nelle lavorazioni, dal momento che l’impianto macina e seleziona
praticamente tutto il materiale estratto.
Il materiale di scotico, date le caratteristiche della murgia, risulta in quantità irrisoria, tanto da
non tenerne conto, e quel poco viene accantonato in alcune zone che non interferiscono con
l’ attività di estrazione.Comunque per quel che riguarda la sicurezza sul cantiere il tutto è stato ben descritto ed in
modo dettagliato nel DSS (Documento di Sicurezza e Salute) già in possesso dell’ Ufficio
Geologico, perché già allegato alla precedente autorizzazione.-
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4.3 PRODUZIONE MEDIA ANNUA
La produzione media annua, come già specificato in precedenza, risulta in mc 175.000, che
per il momento è più che sufficiente per sostenere le richieste di mercato.
Nel caso di ulteriori richieste di mercato, la ditta ha potenzialità tali da poterle soddisfare
agevolmente investendo anche in uomini e mezzi
IMPEGNI FINANZIARI
CONTO ECONOMICO
Importo €uro
A) Valore della Produzione
Ricavi delle vendite e delle prestazioni
1 1.284.290,00
Totale della produzione
1.284.290,00
B) Costi della Produzione
a Materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci 2
407.222,00
b Per servizi
3
113.643,00
c Per godimento di beni terzi
4
114.813,00
Sub Totale
635.678,00
d Per il personale
1) salari e stipendi
271.786,00
2) oneri sociali
105.869,00
3) trattamento di fine rapporto
Sub Totale
25.031,00
5
402.606,00
e Ammortamento e svalutazioni
1) Variazione materie prime
2.794,00
2) ammortamento delle immobilizzazioni materiali 6
41.111,00
3) ammortamento spese ripristino ambientale
7
39.341,00
8
39.665,00
f Oneri diversi di gestione
Sub Totale
122.861,00
Totale Costi di produzione
1.151.225,00
Differenza tra valore e costi di produzione (A-B)
164.723,00
UTILE DELL’IMPRESA
123.137,00
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Al momento la ditta continua regolarmente a produrre in base ad una estrazione
di mc. 175.000 annui, ma, come già detto in precedenza, nel caso in cui il mercato
dovesse incrementare la richiesta di materiale, la ditta, data anche la sua solidità
economica, non ha e non avrà difficoltà ad aumentare la produzione impegnando altri
uomini e mezzi.
4.3.1 SPECIFICA DELLE VOCI CONTO ECONOMICO
La voce (1)
si riferisce al totale delle vendite realizzate e precisamente ai seguenti tipi di
materiali:
•
•
•
Sabbia
Ghiaia
Pietrame
La voce (2) contiene le spese per l’ acquisto di materiale necessario per lo svolgimento dell’
attività produttiva e si riferisce all’ acquisto di materiale di consumo, carburanti e lubrificanti;
La voce (3) contiene le spese per la manutenzione e riparazione (automezzi ed impianto di
lavorazione), le spese per le utenze energetiche (Enel), i costi sostenuti per le lavorazioni
eseguite da terzi, compensi erogati a professionisti per consulenze tecniche;
La voce (4) comprende le spese per canoni laesing riferiti a contratti per l’acquisizione di
escavatori necessari per lo svolgimento del ciclo produttivo aziendale;
La voce (5) comprende le spese salari e stipendi, contributi conto ditta, indennità di
licenziamento e si riferisce ad un organico medio di dipendenti (operai ed impiegati) pari a 9
unità;
La voce (6) comprende la quota annuale degli ammortamenti affettuati su tutti i beni
strumentali (automezzi, macchinari operatori ed impianti, attrezzatura generica e specifica,
attrezzatura varia e minuta, macchine elettroniche d’ ufficio, mobile ed arredi);
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La voce (7) comprende la quota annuale di ammortamento per le spese da sostenersi per il
ripristino ambientale dell’ intera area di cava. Tale importo viene ammortizzato per un
periodo di 20 anni, pari alla durata presunta del completamento del progetto.
La voce (8) comprende le spese sostenute dall’ azienda per imposte accisa, spese
indennizzi usura automezzi ed altre varie.-
4.4 SINTESI DELLE NUOVE RICHIESTE DI PROGETTO
Il Progetto prevede l’estrazione di circa 3.540.000 mc di inerte calcareo. L’ampliamento della
Cava consentirebbe il proseguimento delle attività di coltivazione per ulteriori 20 anni.
Inoltre il progetto prevede la realizzazione degli interventi di recupero ambientale della cava,
contestualmente all’attività estrattiva.
4.5 DESCRIZIONE
DELLE
SOLUZIONI
PROGETTUALI
CONSIDERATE
4.5.1 MOTIVAZIONE DELLA SOLUZIONE PROGETTUALE PRESCELTA
Per quanto riguarda le alternative di localizzazione della cava, vista la presenza della cava
attuale dal 1972 , non è stata presa in considerazione la possibilità di ubicare l’attività
di estrazione presso un nuovo sito.
L’alternativa zero è stata scartata in quanto comporterebbe l’interruzione di un’attività
industriale in corso da 40 anni, che costituisce un importante contributo all’economia locale.
La soluzione progettuale scelta è la seguente, sostenuta dalle seguenti motivazioni:
• le attività di estrazione sono effettuate in un’area già sfruttata (dal 1972) e, pertanto,
non è necessaria l’occupazione di suolo che ad oggi non sia già stato interessato
dall’attività ;
• i costi di estrazione sono ridotti in quanto sarà utilizzata un’area già oggetto di
coltivazione che non necessita di opere accessorie, quali strade di accesso, per
poter essere sfruttata;
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• bassa entità dell’impatto delle attività di cava sulle componenti ambientali interferite
per i motivi riportati ai punti precedenti;
• bassa entità dell’impatto delle attività di cava sul paesaggio grazie al metodo di
coltivazione impiegato che prevede la realizzazione di gradoni di inclinazione tale da
consentire l’ottenimento di una configurazione finale con morfologia simile a quella
naturale;
•
alla realizzazione degli interventi di recupero contestuali alla coltivazione.
4.5.2 DESCRIZIONE DEL PROGETTO
4.5.2.1
CARATTERISTICHE
DEL
PROGETTO
E
PIANO
DI
COLTIVAZIONE
Il progetto è riferito sostanzialmente all’ampliamento volumetrico nella cava di calcare tenuta
in esercizio dalla Ditta SEDA s.r.l., autorizzata al prosieguo dei lavori con Determinazione
Dirigenziale n. 1564 del 5/11/2007 ed ha ottenuto autorizzazione paesaggistica con D.D.
n.1060 del 30 08.2007.
Il progetto di ampliamento volumetrico prevede interventi all’interno dell’area di cava già
autorizzata con D.G.R. n. 6794 del 21 ottobre 1991, senza utilizzare ulteriori superfici
oltre il limite di cava già autorizzato, con la creazione di ulteriori due ripiani a partire da
quota 420, già autorizzata, a terminare a quota 400 .Quindi si prevede la riprofilatura dei
gradoni attuali, l’abbassamento del piazzale della cava attuale fino alla quota di 400 mt slm
mediante la realizzazione di ulteriori 2 gradoni e la gradonatura di una scarpata subverticale
su un’area ben individuata con la messa in posto di riporto di natura calcarea.
Allo stato attuale la cava è impostata su un fronte esteso in direzione est ovest - sud . Il
piazzale di cava è situato alla quota minima di circa 422.50 m s.l.m., con tre piazzali a quote
diverse. I gradoni dell’area di coltivazione si sviluppano dall’area del piazzale sino alla quota
di circa 436,54 m s.l.m.
Lo scavo inizia dalle zone topograficamente più alte procedendo verso il basso secondo il
metodo “a gradoni discendenti”. Questa metodologia consente un efficace recupero
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ambientale dei gradoni posti alle quote più elevate, e già oggetto di coltivazione,
contestualmente alla coltivazione di quelli sottostanti.
Il progetto prevede per tutti i gradoni una geometria finale con le seguenti caratteristiche:
altezza media: 13 m;
pedata media: 9 m;
inclinazione media dei fronti: 60°.
Si prevede l’utilizzo delle vie di carreggio esistenti.
Per quanto concerne i collegamenti tra un livello di coltivazione e l’altro, il progetto prevede
la realizzazione di rampe interne di larghezza pari a quella dei gradoni, con pendenza
compresa tra il 10 ed il 15%.
La quota prevista per i gradoni è la seguente:
453 m s.l.m.;
443 m s.l.m.;
428 m s.l.m.;
414 m s.l.m.
400 m s.l.m.
In riferimento a un progetto industriale di durata pari a circa 20 anni, il piano di coltivazione è
stato sviluppato per fasi di circa 5 anni ciascuna:
� prima fase: 5 anni;
� seconda fase: 5 anni;
terza fase: 5 anni
� quarta fase: 5 anni.
Per il dettaglio della geometria della cava e delle fasi di coltivazione, si rimanda agli elaborati
del Progetto di coltivazione (planimetrie e sezioni).
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Fase 1
Termina il 31.05.2017 alla quota 423.95 con estrazione di mc 845.431
Inizia la I fase di sistemazione
Fase 2
Termina il 30.09.2022 alla quota 417 con estrazione di mc 890.000
Inizia la II fase di sistemazione
Fase 3
Termina il 28.23.2028 alla quota 409 con estrazione di mc 910.000
Inizia la III fase di sistemazione
Fase 4
Termina il 30.06.2033 alla quota 400 mc con estrazione di mc 894.225
Sistemazione finale 30.06.2034
4.5.3 SISTEMAZIONE FINALE DELL’ AREA DI CAVA
L’intervento principale di mitigazione degli impatti è il recupero ambientale dell’area della
cava.
L’indispensabile risistemazione del sito estrattivo si impone perciò non soltanto al termine
dell’attività ma durante le fasi stesse della coltivazione e lo stesso progetto di ripristino
diviene così parte integrante e di estrema importanza del progetto di estrazione. I lavori di
recupero consentiranno e rappresenteranno, perciò, non soltanto la ricomposizione
paesaggistica del sito che verrà interessato dalle operazioni di scavo, ma un’occasione per
rimediare in modo positivo alla modificazione delle caratteristiche naturali dei luoghi operata
nei diversi anni di coltivazione.
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
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Non potendo certamente restituire totalmente l’area alle sue forme originali occorrerà
certamente adottare una tipologia di recupero che comunque cerchi quanto meno di
assegnare una morfologia di inserimento nel paesaggio circostante quanto più consona e
possibile e similare a quella attuale, attraverso il rimodellamento continuo e contestuale alle
fasi di coltivazione.
Sulla base del progetto di ampliamento e sistemazione approvato nel 1991 si evince che la
riprofilatura delle scarpate è sub verticale in consonanza con le scarpate finali della’area ex
Flace.
Sfruttando la possibilità di ampliamento volumetrico in profondità e consentendo
l’esecuzione di ulteriori 2 gradoni si permette di diminuire l’angolo di inclinazione delle
scarpate di contorno.
Sulle pedate sarà innanzitutto sparso del terriccio con l’ausilio di un mezzo meccanico. La
terra proviene dalle operazioni di sbancamento effettuate sulla superficie pedologica. Lo
spessore medio del suolo sarà di circa 0,40 m.
In seguito alla fase di rimodellamento morfologico, gli interventi di recupero naturalistico da
attuare nel settore pianeggiante alla base dell’area di cava dovranno prevedere le seguenti
operazioni:
a) riporto di "terreno vegetale" sul sito per uno spessore medio non inferiore a 40 cm.;
b) arricchimento del letto di semina/piantagione con sostanza organica ed elementi nutritivi
(fertilizzanti organici, stallatico maturo, compost di qualità setacciato e privo di materiali
estranei quali vetro, plastica, rifiuti metallici, ecc.).
c) realizzazione di buche per la piantagione di specie arboree: dimensioni pari a 0,8x0,8x0,8
m.; distanza tra buche pari a 10 m.;
Successivamente alla fase di preparazione del terreno saranno effettuate piantagioni con le
seguenti specie vegetali:
a) specie arboree: Specie % sul totale
Pyrus amygdaliformis 50
Olea europea var. sylvestris 50
Sulle pedate dei gradoni si effettuerà uno spargimento manuale di miscele di sementi di
specie coerenti con le condizioni ecologiche dell’area (prevalenza di specie erbacee perenni
ad alto potere aggrappante ed elevata capacità di rigenerazione).
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La semina sarà effettuata a spaglio e i semi scelti tra le seguenti specie:
•
Piante erbacee
Anthemis hydruntina
•
•
Asyneuma limonifolius
•
Campanula versicolor
•
Aurinia saxatilis
•
Capparis spinosa
Centhranthus ruber
•
Centaurea centaurioides
•
•
Centaurea apula
Centaurea centaurioides
•
•
Centhranthus ruber
•
Dianthus garganicus
•
Erysimum cheiri
•
Dictamnus albus
Helichrysum italicum
•
Hermodactylus
•
Hyosciamus albus
•
•
Iris collina
•
Iris pseudopumila
•
Leopoldia comosa
•
Linum tommasinii
•
Malope malacoides
•
•
•
Malva sylvestris
Matthiola fruticulosa
•
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tuberosus
Narcissus tazetta
Origanum heracleoticum
Proponente
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•
Paeonia mascula
•
Salvia argentea
•
Salvia officinalis
•
Satureia cuneifolia
•
Satureia montana
•
•
Tussilago farfara
•
Tulipa sylvestris
Thymus spinulosus
Saranno piantumate inoltre sui gradoni, in modo sparso, le seguenti specie arbustive :
(Specie % sul totale )
Pistacia lentiscus 50
Cistus monspeliensis 30
Myrtus communis 20
Per la piantagione degli arbusti si formeranno 300 buche di dimensioni pari a 0,5x0,5x0,5
m.
Inoltre su un’area limitata della cava ( ex Flace), alla base delle scarpate già esistenti e non
più cavabili sarà posto in opera del terreno di riporto di natura calcarea (abbancato a strati)
per un’altezza max di 10 metri per poter permettere di “gradonare” la parete esistente con la
creazione di un gradone artificiale, sulla pedata del quale sarà sparso il terreno vegetale e
piantumate le essenze di pinus sp. che già hanno ben attecchito naturalmente in altre aree
della cava.
Alla base dei punti di confluenza di due impluvi con il fondo cava di progetto sarà steso uno
stato di circa 50 cm di argilla che consentirà l’accumulo di acqua con la neoformazione di
due piccoli bacini a servizio della fauna ormai stanziale nell’area di cava nonché come
nutrimento per le piante che potranno attecchire sulle stesse aree.
Considerato l’andamento morfologico del perimetro di estrazione, la profilatura del versante
che si intende realizzare, non richiederà dei riporti di materiale detritico ma sarà diretta
conseguenza delle mobilitazioni dei volumi che verranno estratti.
Dott. Geol. Michele Colasurdo
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Gli unici riporti da effettuarsi avverranno contestualmente alla coltivazione, e saranno
finalizzati alla realizzazione di uno strato che funga da idoneo supporto delle colture e delle
specie arboree che si intende impiantare. All’uopo verranno immessi sull’area di coltivazione,
a lotto di estrazione ultimato, orizzonti di terreno umico mobilitato ed accumulato in
precedenza, all’interno del perimetro di cava, per consentire le operazioni di estrazione. Tale
operazione favorirà lo sviluppo dei processi pedogenetici con conseguente creazione di
nuovo humus; i materiali che saranno utilizzati per la sistemazione dell’intervallo organico
finale, essendo per lo più costituiti da quelli estratti all’interno del sito stesso e accantonati
momentaneamente in quanto non idonei ai fini preposti, consentiranno un recupero che
garantirà, a tutti gli effetti, un pieno reinserimento delle aree coltivate. Sulle stesse, infatti,
attecchiranno rapidamente le specie che si intenderanno impiantare e l’area verrà restituita
certamente al suo contesto ambientale.
Le attività maggiormente diffuse nella zona, oltre a quelle industriali proprie dell’attività
estrattiva (sono presenti due importanti società che operano in questo settore), sono
rappresentate da un’agricoltura di sussistenza mentre risultano del tutto assenti quelle
connesse al commercio e al turismo. Di conseguenza, appare chiaro come il sito in oggetto
mostri una naturale propensione ad essere utilizzato come ambito estrattivo accompagnato
da un graduale recupero ambientale.
Il recupero proposto, prevedendo l’immissione di
materiale humico ricco di materia organica, disposto al di sopra delle superfici pianeggianti
dei gradoni, consentirà di far aumentare la produttività dei suoli che, oltre a risultare
rigenerati e ricchi di nutrienti, saranno in grado di immagazzinare e trattenere maggiori
quantità d’acqua.
Periodo di piantagione
Per la messa a dimora delle essenze arbustive sarà preferibile scegliere come periodo il
tardo autunno.
La preparazione delle buche per l’impianto dovrà essere effettuata in modo da avere delle
dimensioni doppie rispetto a quelle della zolla e dovrà prevedere una leggera concimazione
organica sul fondo, che non venga, però, a contatto con le radici.
Subito dopo l’impianto si dovrà provvedere ad adeguata bagnatura ed al tutoraggio delle
essenze.
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Per la realizzazione della semina è preferibile attendere l’inizio del periodo vegetativo,
facendo attenzione a non posticipare troppo le operazioni, date le caratteristiche climatiche
del sito.
L’esigenza di uniformare le caratteristiche
paesaggistiche e cromatiche, mutate
dall’interruzione brusca della superficie topografica e dalla colorazione bianco grigiastra
posta a nudo in seguito agli scavi, suggerisce l’opportunità di procedere ad un razionale
recupero che celi l’intervento anche se attualmente le scarpate presenti, relitto degli scavi
avvenuti in passato, sembrano essere interessati dall’attecchimento di piante spontanee .
C’è da sottolineare che la vegetazione esistente su aree
interessate in passto dalla
coltivazione di cava resterà in sito quindi non sarà interessata dai lavori di coltivazione.
Gli interventi di recupero ambientale sono stati quindi finalizzati alla scelta di quelle
associazioni vegetali che rispondevano meglio ai seguenti presupposti:
evitare il cosiddetto “inquinamento vegetale” attraverso l’utilizzo di specie non tipiche della
zona o caratteristiche di altri ambienti;
appartenere agli stadi dinamici della serie della macchia mediterranea;
facilitare l'attecchimento;
avere bassi costi di gestione.
L'intervento svolgerà quindi le seguenti funzioni:
a) biotecnica, poiché deve proteggere il terreno dall’erosione superficiale ;
b) ambientale, poiché deve impedire l’ingresso di specie vegetali non
desiderate;
c) faunistica, poiché deve favorire la creazione di condizioni favorevoli alla
microfauna;
d) estetica e paesaggistica, poiché deve favorire l’inserimento dell’opera nel
contesto ambientale.
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Quindi, sarà quindi realizzata una corretta miscela di sementi che costituirà rapidamente un
cotico erboso, capace di automantenersi. Inoltre, secondo uno schema di impianto casuale,
saranno piantate associazioni di piante arbustive in più punti sui ripiani secondo uno
schema irregolare e casuale. E’ prevista la piantumazione di circa 300 esemplari in gruppi da
3 piante.
Solo dove le scarpate risultano particolarmente ripide, come ad esempio in adiacenza ai
canali naturali di scolo,ove già allo stato attuale questi si presentano ripidi e senza
vegetazione,qui non sarà eseguita l’operazione di semina e distribuzione del terreno
vegetale determinando una situazione molto simile all’attuale in adiacenza alle incisioni.
I procedimenti di coltivazione innanzi descritti ed individuati secondo i lotti, saranno seguiti
dal recupero ambientale, rispettando la seguente cronologia:
FASE A
RIPORTO DI TERRENO VEGETALE
E SEMINA MISCELA DI
SEMENTI;
FASE B
MESSA A DIMORA DI ARBUSTI e ALBERI
FASE C
FASE DI AFFERMAZIONE DELLA VEGETAZIONE AUTOCTONA
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5. QUADRO AMBIENTALE
•
descrizione dell’attuale qualità delle componenti ambientali potenzialmente
interferite dal progetto;
•
stima della significatività degli impatti sulle diverse componenti ambientali
interferite;
•
valutazione degli impatti significativi e considerazioni sugli impatti ritenuti non
significativi;
•
descrizione delle misure di carattere tecnico e/o gestionale adottabili al fine di mi
nimizzare gli impatti;
5.1
5.1.1
SUOLO , SOTTOSUOLO, AMBIENTE IDRICO
CARATTERI GEOLOGICI
Gran parte del territorio del Parco ricade nella porzione lucana della Murgia di Matera Laterza (Murgia materana). Si tratta di un limitato altopiano calcareo posto a cavallo fra
le regioni Puglia e Basilicata, geograficamente isolato dalle Murge propriamente dette,
ma con caratteri geologici simili e con una storia evolutiva sostanzialmente uguale .I più
antichi terreni affioranti nell'area materana appartengono alla formazione del Calcare di
Altamura (Cretaceo superiore). Tale formazione affiora estesamente nelle aree più
elevate della Murgia materana, ma si rinviene sui bordi di quest'ultima anche a quote
basse, in particolare nella parte inferiore dei versanti della Gravina di Matera e delle
incisioni più importanti. Rocce appartenenti al Calcare di Altamura affiorano anche nella
parte bassa di alcuni tratti delle gravine del Bradano e di Picciano . I caratteri della
formazione sono visibili, oltre che lungo le incisioni, anche nelle numerose "cave di
pietra", da cui si estraggono materiali utilizzati nel campo delle costruzioni. Questa
formazione é caratterizzata in prevalenza da calcari micritici laminati e da calcari con
abbondanti resti di rudiste (BOENZI et alii, 1971); nell'area studiata é possibile
riconoscere la presenza anche di brecce intraformazionali e livelli con liste di selce
(TROPEANO, 1990).
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Lo studio dei caratteri sedimentologici e paleontologici dei calcari cretacei appartenenti
al Calcare di Altamura ha permesso di stabilire che tali rocce, al momento della
sedimentazione, erano costituite da fanghi carbonatici che si depositavano in un esteso
ambiente marino, poco profondo (50 - 150 m), definito in geologia "piattaforma
carbonatica" ed in questo caso denominata Piattaforma carbonatica apula (D'ARGENIO,
1974).Alla fine del Cretaceo e durante la prima parte del Terziario (cioè a partire da circa
65 milioni di anni fa) i calcari della Piattaforma apula sono stati interessati da effetti
tettonici che ne hanno determinato l'emersione e successivamente la suddivisione in
blocchi (PIERI, 1980). E' da Questo momento che si sono delineati i principali caratteri
morfologici che contraddistinguono le Murge e l'area materana. I blocchi cretacei più
sollevati costituiscono l'ossatura delle Murge, che rappresenta un altopiano poco elevato
allungato in direzione WNW-ESE Uno dei blocchi cretacei più sollevati costituisce la
Murgia di Matera – Laterza.
I bordi dell'Horst sono raccordati tramite nette scarpate alle aree coperte dai terreni pliopleistocenici, più teneri ed erodibili. Questi sono sedimenti che appartengono alla
successione della Fossa bradanica. Sui margini murgiani la successione è rappresentata
dal basso dai seguenti termini: Calcarenite di Gravina, Argille subappennine, Sabbie di
Monte Marano e Conglomerato di Irsina; tali sedimenti si sono accumulati sui calcari
cretacei a partire dal Pliocene, quando si é verificata la trasgressione regionale durante
la quale il mare ha sommerso estese aree carbonatiche.
Il primo deposito trasgressivo sui calcari che attualmente costituiscono il substrato
profondo nell'area della Fossa bradanica, come detto é rappresentato dalla Calcarenite
di Gravina costituita da depositi sabbiosi di mare poco profondo, caratteristici di ambiente
litorale e di piattaforma. La Calcarenite di Gravina, che praticamente borda le Murge e ne
seppellisce i margini, a livello regionale é caratterizzata in prevalenza da calcareniti
bioclastiche, cioè sabbie calcaree più o meno cementate, costituite per la. maggior parte
da frammenti di fossili. In prossimità del contatto con il substrato cretaceo si possono
rinvenire anche livelli di conglomerati e microconglomerati calcarei. Nell'area studiata la
Calcarenite di Gravina affiora estesamente sui bordi della Murgia materana, con spessori
anche superiori a 50 metri nei rioni "Sassi" di Matera.
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Caratteri morfologici e reticolo idrografico
I caratteri geologici illustrati rappresentano una base conoscitiva necessaria per definire
le principali tappe evolutive dell'area murgiana del Parco e per comprendere come tale
evoluzione abbia portato all'attuale quadro morfologico.
Lo stretto rapporto fra geologia, intesa come caratteri litologicí e strutturali, e paesaggio,
appare evidente anche in questo caso dove la struttura ad Horst formatasi nei calcari
cretacei ha infatti determinato il carattere di alto morfologico
della Murgia di Matera -
Laterza, che si erge aspra sul circostante paesaggio collinare modellato su terreni
pliopleistocenici più facilmente erodibili.
Caratteri morfologici
L'aspetto ancestrale più evidente, e determinante anche per l'evoluzione geomorfologica
quaternaria,è il carattere di altopiano isolato che assume la Murgia di Matera – Laterza
caratterizzato sulla sommità da estese aree subpianeggianti.
Altri importanti elementi morfologici, in gran parte ereditati dalla storia terziaria dei calcari,
sono rappresentati dalle nette scarpate che delimitano l'Horst verso la Fossa bradanica
verso il Graben di Viglione.
Elementi paleomorfologici minori, ma molto significativi, sono dati da. alcune incisioni. Si
tratta. di lame, di modesto sviluppo, che interessano i ripiani. Alcune di queste, osservabili
sul versante settentrionale dell'Horst ed in particolare sui fianchi del Serrone Trasanello e sul
ripiano di Capitolo, sono colmate dai depositi marini pliopleistocenici (Calcarenite di
Gravina). Ciò dimostra che sugli antichi ripiani calcarei si era sviluppato un reticolo
idrografico forse in parte riesumato in tempi quaternari.
Altre forme che possono aver avuto un intenso sviluppo durante la lunga fase di
continentalità prepliocenica sono quelle legate al carsismo. Sulla Murgia di Matera - Laterza
però, a differenza delle- vicine Murge, le forme carsiche sembrano poco rappresentate. Per
le forme di superficie viene rilevata la presenza di alcune piccole doline del tipo a scodella e
piccolissime aree caratterizzate da campi carreggiati .
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Il reticolo oggi osservabile nelle aree calcaree è di tipo angolare, caratteristico di regioni
in cui sono presenti rocce molto fratturate. Lunghi tratti della Gravina di Matera e degli altri
solchi principali sono incisi secondo la direzione preferenziale NW-SE; tratti della Gravina a
minore sviluppo e numerosi piccoli affluenti sono orientati grosso modo NE-SW, cioè a 90°.
In particolare la Gravina di Matera. è un'incisione profondamente incassata in rocce
calcaree con pareti ripide, variamente inclinate, che si elevano per diverse decine di metri dal
fondovalle. La parte superiore delle pareti è subverticale mentre la parte bassa è meno
inclinata ed è spesso coperta da brecce di versante più o meno cementate e/o da detrito di
falda. Alla sommità la distanza fra le pareti è notevole e in molti casi supera il centinaio di
metri.
Si possono distinguere nella Gravina due tipi di tratti: quelli grosso modo rettilinei e quelli
sinuosi con anse di meandro; i tratti rettilinei, lunghi generalmente alcune centinaia di metri,
hanno versanti con profili simmetrici; le anse invece presentano versanti con profili
asimmetrici.
Sulla Gravina si affacciano numerose valli sospese . Fra queste anche i cosiddetti
"graviglioni' le incisioni sui cui versanti si é sviluppato tutto il particolare tessuto urbano degli
storici rioni "Sassi" di Matera e che sono proprio due valli sospese sul Torrente Gravina di
Matera all'altezza del locale contatto fra il Calcare di Altamura e la Caicarenite di Gravina.
In riferimento alla permeabilità, sia quella primaria che quella secondaria (per
fratturazione e dissoluzione) queste fanno sì che gli apporti meteorici abbiano un drenaggio
essenzialmente ipogeo, raggiungendo il livello di falda per infiltrazione, dopo una
temporanea permanenza nella rete superficiale. Un esame idrografico generale, mostra un
reticolo superficiale piuttosto sviluppato, a testimonianza di una generale medio alta
permeabilità per fessurazione. La mancanza di sorgenti e di corsi d’acqua a carattere
perenne è evidentemente dovuta, oltre che a fattori climatici, ai caratteri geologico-litologici
dell’area.
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I calcari che costituiscono gran parte delle Murge sono, a seconda dei luoghi, più o meno
permeabili per fessurazione e carsismo (vedi Carta della Permeabilità), per cui l’infiltrazione
e la circolazione delle acque in profondità può prodursi sia in maniera concentrata che
diffusa, mentre solo dopo forti piogge le acque possono scorrere in superficie per brevi
periodi, generalmente incanalate lungo le “lame”.
All’interno della formazione dei Calcari di Altamura non si rinviene, almeno nella
situazione locale, una falda superficiale, mentre è presente la falda profonda, il cui regime
non è molto variabile in quanto non è legato direttamente alle precipitazioni meteoriche.
La sua profondità è tale da poter ritenere che il suo regime e la sua alimentazione non
possano subire alcuna interferenza dall’attività estrattiva che si andrà ad impiantare.
Il livello di falda si rinviene a discreta profondità (circa - 250 mt) rispetto al piano
campagna, per cui si ritiene che l'attività di coltivazione non possa pregiudicare la qualità e
l'andamento della falda.
Indagine sismica passiva con metodologia Re.Mi.
Di seguito sono esaminati i caratteri di sismicità della zona sulla base della normativa
sismica che fa riferimento alla Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n.3274 del
20.3.2003 pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n.105 del
8.5.2003 dal titolo “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica
del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica” ed al T.U.
Norme Tecniche per le Costruzioni del 14 settembre 2008.
A tal proposito si è resa necessaria la caratterizzazione sismica della zona in esame, al
fine di verificare le caratteristiche di tale area alla luce della normativa vigente.
Si precisa che l’area in oggetto, ricade nel territorio del Comune di Matera classificato
come zona 3.
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Per la definizione della categoria sismica dei terreni fondazionali è stata condotta
un’indagine sismica passiva con metodologia Re.Mi (Refraction microtremor) col fine di
determinare la Vs30 del sito e di classificare i terreni di fondazione.
Va ricordato che per la caratterizzazione di un sito l’O.P.C.M 3274 richiede la
determinazione della Vs30, dove per Vs30 s’intende la media pesata delle velocità delle
onde S negli strati fino a 30 metri di profondità dal piano di posa della fondazione, calcolata
secondo la seguente relazione:
Vs 30 =
30
hi
∑
i =1, N V si
Nel caso in esame, l’esecuzione dell’indagine sismica “passiva” con metodologia Re.Mi.
(Refraction Microtremor) pur non consentendo di distinguere eventuali superfici di
discontinuità e di verificare l’effettivo stato fisico-meccanico globale del sottosuolo lungo la
direttrice investigata, consente di calcolare tale importante parametro (Vs30).
L’indagine sismica “passiva” con metodologia Re.Mi. permette, infatti, di valutare la
velocità media delle onde S relativamente al volume di suolo sotteso dallo stendimento
realizzato.
Questa metodologia d’indagine si fonda sull’analisi delle onde superficiali di Rayleigh che
rappresentano un particolare tipo di onde che si trasmettono sulla superficie della crosta
terrestre e sono il risultato dell’interferenza tra le onde di pressione (P) e le onde di taglio (S).
L’analisi dei microtremori prodotti dal rumore ambientale permette di discriminare con
buona approssimazione le Onde di Rayleigh da altri tipi di onde sismiche e quindi permette il
riconoscimento delle velocità di fase libera rispetto a quelle apparenti.
La registrazione dei microtremori è stata eseguita con un sismografo Mod. PASI 16SG24
con risoluzione a 24 bit, come sensori di misura si è utilizzato un set di 24 geofoni da 4.5 Hz,
il tempo di acquisizione è stato di 32 secondi con intervallo di campionamento di 2
millisecondi per un totale di 16000 campioni acquisiti.
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Per una più corretta analisi dei dati sono state effettuate 10 misurazioni distinte, lungo lo
stesso allineamento, che sono state sommate tra loro in modo da migliorare il segnale
risultante.
La registrazione è stata effettuata con n.24 canali, i geofoni sono stati spaziati di 2.0 m
l’uno dall’altro.
Di seguito si riportano il grafico Lentezza-Frequenza con il relativo picking (Fig.5) e la
rispettiva curva di dispersione Periodo-Velocità (Fig.6) ottenute dall’analisi dei dati registrati
in campagna, eseguita con il software di inversione SeisOpt Re.Mi. della Optim.
Fig. 5 - Grafico lentezza-frequenza Re.Mi.
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Fig. 5 - Curva di dispersione Re.Mi.
L’analisi dei dati ha consentito di stimare un valore di Vs30 pari a 1.241,0 m/s con scarto
quadratico medio di circa 19,9 m/s lungo lo stendimento realizzato.
Sulla base della definizione di tale parametro è possibile annoverare, il suolo indagato,
nella categoria A.
5.1.2
CARATTERI PEDOLOGICI
UNITÀ 13.1
Suoli dei calcari duri (calcari di Altamura), su superfici da sub-pianeggianti a debolmente
acclivi, raccordate da brevi versanti moderatamente acclivi o acclivi. Si sono sviluppati in un
altopiano interrotto da incisioni a morfologia più accidentata, che in alcuni casi assumono
l'aspetto di vere e proprie valli carsiche, profonde e con pareti a picco (gravine). Gli
affioramenti rocciosi sono frequenti, e le quote variano da 80 a 519 m s.l.m. Questa unità
cartografica ha 2 delineazioni e una superficie totale di 5.445 ha. L'uso del suolo è in
prevalenza a pascolo, e le aree agricole, costituite da seminativi e rari oliveti, sono
subordinate.
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I suoli hanno profilo differenziato per lisciviazione e rubefazione. I più diffusi sono i suoli
Trasano sottili o molto sottili, mentre i suoli Trasano moderatamente profondi si rinvengono
in aree di accumulo, a valle delle superfici più erose, o in corrispondenza degli avvallamenti
del reticolo idrografico minore (lame). La presenza dell'orizzonte argillico non è sempre
evidente: in questo caso i suoli sono da classificare tra gli Inceptisols, mentre dal punto di
vista funzionale le differenze non sono significative.
Suoli prevalenti
Suoli Trasano sottili o molto sottili (TRA1)
Suoli da sottili a molto sottili per la presenza del substrato roccioso costituito da calcari duri
fessurati.
Hanno un colore bruno rossastro, e presentano un orizzonte argillico, discontinuo e di
limitato spessore, frequentemente localizzato all'interno delle fratture della roccia.
Hanno tessitura franco argillosa o argillosa, e sono molto scarsamente calcarei per la
presenza di minuti frammenti rocciosi; il loro contenuto in scheletro è in genere scarso o
comune. Sono a reazione neutra e con un alto tasso di saturazione in basi. Ben drenati,
hanno una moderata permeabilità.
Classificazione Soil Taxonomy: Lithic Ruptic-Inceptic Haploxeralfs loamy, mixed,
superactive, thermic.
Classificazione WRB: Leptic Luvisols.
Suoli Trasano moderatamente profondi (TRA2)
Questi suoli, simili ai precedenti, presentano il contatto con la roccia calcarea a profondità
variabile tra 50 e 100 cm. L'orizzonte argillico è più continuo, ed è in genere localizzato alla
base del profilo e nelle fratture della roccia. Per gli altri caratteri, questi suoli sono simili ai
precedenti.
Classificazione Soil Taxonomy: Typic Haploxeralfs fine loamy, mixed, superactive,
thermic.
Classificazione WRB: Chromic Luvisols
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Profilo rappresentativo dei suoli Trasano sottili o molto sottili
Da Carta pedologica Regionale
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Impatti previsti
Non sono da rilevarsi problematiche relative alla stabilità delle scarpate né l’assetto
generale del’area subirà modificazioni in negativo.
Mitigazioni adottate e loro efficacia
Pur in presenza di materiali di buone caratteristiche meccaniche,con il proseguo dei
lavori di coltivazione è necessario rispettare le seguenti prescrizioni, necessarie a
rendere più sicura l’area della cava stabilizzando i fronti di scavo e riporto.
1. limitare le pendenze finali delle scarpate ad un’inclinazione pari od inferiore a 60°
sull’orizzontale;
2. procedere, con gli sbancamenti, per fasce orizzontali a scendere dall’alto verso il
basso, anche ai fini della sicurezza delle maestranze, per non dover operare sotto fronti
di scavo di altezza e inclinazione troppo elevate;
3. escludere, al piede del settore sud, caratterizzato attualmente da pendenze
elevate, la presenza di personale in concomitanza di scrosci di pioggia, con successiva
ripresa dell’attività solo dopo un’attenta ispezione visiva di controllo;
4. accertare che i materiali da utilizzare per la formazione dei rilevati caratteristiche
meccaniche tali da garantire un adeguato grado di resistenza al taglio.
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5.2 CARATTERI PAESAGGISTICI
La cava oggetto di valutazione si trova lungo il margine orientale del SIC-ZPS Gravine di
Matera, nella parte rappresentata da un altopiano calcareo con una quota media sul livello
del mare di 450 m., questo altopiano rappresenta la naturale prosecuzione verso occidente
delle più estese Murgie Pugliesi.
Tutta l’area è interessata da profonde incisioni della roccia calcarea dovute all’azione
erosiva dell’acqua che ha scavato queste forre, probabilmente lungo direttrici già
determinate da linee di faglia.
La murgia materana appartiene alla zona pedoclimatica delle terre rosse, le quali
ricoprono i calcari cretacei con un profilo di scarso spessore, raramente superiore ai 30 cm.
La terra rossa si accumula a causa degli agenti atmosferici nelle fratture della roccia,
nelle depressioni e nelle vallette, le quali costituiscono, in molti casi , l’unica risorsa di suolo
per la vegetazione che si adatta alle difficili condizioni pedoclimatiche di questa zona.Il
clima è in generale di carattere mediterraneo con estati calde e alquanto asciutte e inverni
miti e relativamente umidi, mentre delle due stagioni di passaggio, l’autunno appare più
stabile e mite della primavera.
La grande eterogeneità morfologica del territorio, determina insieme alle condizioni di
esposizione, la presenza di diversi microclimi localizzati, i quali determinano la
diversificazione delle tipologie vegetazionali e severi adattamenti delle specie che
selezionano e creano polimorfismo nelle piante interessando l’habitus, le dimensioni, la
tomentosità, le forme pulvinate, reptanti, ecc.
Il diagramma ombrotermico (climogramma), mostra l’impronta tipicamente mediterranea
del clima della Murgia Materana, con un lungo periodo secco di quattro mesi che va da
giugno a settembre; questo andamento climatico è in pieno accordo con l’elevata presenza
di specie sclerofille, con larga presenza di specie più mesofile, giustificate dalla presenza di
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inverni più freschi ed estati meno aride rispetto alla condizione tipica della fascia di
vegetazione termofila costiera.
Stima degli impatti Paesaggio
La posizione della cava determina un impatto visivo contenuto dovuto alla morfologia
del territorio. L’impatto paesaggistico è estremamente ridotto a causa della posizione della
cava che impedisce pertanto l’osservazione della stessa da punti di vista o singolarità di
importanza pubblica se non dai settori posti in prossimità della medesima. La visione è
radente data la presenza di un’estesa pianura antistante sulla quale sono presenti elementi
arborei e arbustivi che mitigano la visibilità. Di conseguenza le modificazioni paesaggistiche
di rilievo sono legate solo alla presenza degli scavi osservabili dalle aree immediatamente
confinanti con la cava e localizzate sul lato E verso la ex S.P- per Ginosa. Considerando
comunque la localizzazione dell’opera e quindi la difficile osservazione della stessa dagli
altri settori contermini, ne risulta un impatto tuttavia trascurabile; l’angolo solido di visione da
punti di visuale pubblica è infatti estremamente ridotto a causa della morfologia del settore e
del mascheramento naturale offerto dalla vegetazione presente che in un ambito
pianeggiante come quello in questione, mitiga sensibilmente la visibilità con coni visivi ridotti
e saltuari.
La forma di impatto più diffusa della cava, è dovuta in generale al contrasto cromatico
tra le pareti nude della cava e le zone vegetate circostanti. In ogni caso si osserva che il
recupero ambientale contestuale alle fasi di coltivazione attenuerà il disturbo. La visibilità
della cava è comunque rivolta verso il lato E con un angolo di visione massimo e non
continuo, lungo la strada provinciale . In effetti dal settore N (ad esempio dalla SS 7 Appia)
non è possibile scorgere le attività in quanto mascherate dalla morfologia dei luoghi
(crinale). Ma anche l’andamento della tratta stradale della S.P. per effetto delle curvature e
delle fasce di vegetazione adiacenti alla viabilità, impedisce di fatto una visibilità continua
nell’angolo di visione indicato.
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.Al fine di ottenere il miglior inserimento nel paesaggio, in fase finale si cercherà di sviluppare
un’azione positiva nella ricerca della massima varietà morfologica della superficie rimodellata
così come esplicitato precedentemente nella sezione del recupero ambientale. Nello
specifico possono saranno quindi essere previste operazioni di scavo e recupero ambientale
da attuare in maniera contemporanea o con minimo sfasamento; mimetizzazione;
minimizzazione e differenziazione delle altezze dei gradoni; variazione delle orizzontalità
delle pedate; variabilità degli spessori dei riporti terrigeni sulle pedate. In fase finale, a
seguito degli interventi di recupero ambientale, la visibilità e l’impatto delle attività risulterà
minimo o nullo.
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5.3 FAUNA
L’importanza avifaunistica dell’area va oltre i confini regionali assumendo il ruolo di sito
importante per la protezione di specie quali il Grillaio (Falco naumanni), il Biancone
(Circaetus gallicus), il Lanario (Falco biarmicus), il Capovaccaio (Neophron percnopterus), il
Gufo reale (Bubo bubo). In generale, le gravine di Matera, insieme alle Gravine dell’arco
ionico presentano una elevata diversità di specie di rapaci, sia diurni che notturni, quali
Gheppio (Falco tinnunculus), Barbagianni (Tyto alba), Civetta (Athena noctua), Gufo comune
(Asio otus), Assiolo (Otus scops).
Gli ambienti rupicoli delle gravine ospitano numerose altre specie quali il Corvo imperiale
(Corvus corax), la Ghiandaia marina (Coracias garrulus), il Passero solitario (Monticola
solitarius),
la
Monachella
(Oenanthe
hispanica),
lo
Zigolo
capinero
(Emberiza
melanocephala).
Gli aspetti faunistici relativi alla classe del Mammiferi sono meno evidenti rispetto alla
componente avifaunistica, comunque sono rilevabili nell’area specie assenti o rare nelle altre
aree regionali. Di particolare interesse sono la presenza dell’Istrice (Hystrix cristata) e la
presenza estremamente rara del Gatto selvatico (Felis silvestris). Il contesto ambientale
ancora in buono stato rende possibile la presenza di numerose altre specie di mammiferi
come la Faina (Martes foina), la Donnola (Mustela nivalis), il Tasso (Meles meles), la Volpe
(Vulpes vulpes). Mancano totalmente specie di grandi dimensioni ad eccezione del Cinghiale
(Sus scrofa) frutto di vecchi ripopolamenti a scopo venatorio in aree limitrofe.
Scarsissimi sono i dati relativi alla componente microteriologica. Di rilievo sono la
presenza del Rinolofo di Mehely (Rinolophus mehelyi) che ha nella confinante Puglia
meridionale una delle poche e più importanti aree di distribuzione dell’Italia peninsulare, e del
Moscardino (Muscardinus avellanarius).
Vi è una generale carenza di informazioni sulla ricchezza e composizione della fauna a
mammiferi dell’area, soprattutto per ciò che riguarda la componente microteriologica.
Le conoscenze erpetologiche sono certamente le più complete, ed evidenziano come
l’area in questione sia molto ricca. Particolarmente interessanti sono la presenza di specie di
origine balcanica come il Geco di Kotschy (Cyrtodactylus kotschyi) ed il Colubro leopardino
(Elaphe situla).
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Un aspetto particolarmente interessante, che determina la creazione di numerose nicchie
ecologiche, è rappresentato dalla formazione di un spiccato gradiente termico all’interno
delle gravine. Questo fa sì che procedendo dal margine superiore al fondo della gravina si
susseguono comunità vegetali che richiedono un diverso grado di umidità, e che da luogo sul
fondo alla formazione di una vegetazione più mesofila. Questi ambienti, caratterizzati nei
mesi più piovosi, dalla presenza di raccolte di acqua temporanea, sono, il rifugio ideale di
numerose specie di anfibi altrimenti rari, come l’Ululone appenninico (Bombina pachypus), il
Tritone italico (Triturus italicus), la Raganella italiana (Hyla intermedia) e rettili come la Biscia
dal collare (Natrix tessellata).
L’area della murgia materana è un’area essenziale per l’alimentazione del Grillaio
(Falco naumanni), senza dubbio la specie di maggior interesse conservazionistico.
L’area della cava oggetto dell’intervento si annovera tra queste ma è di secondaria
importanza.
In ogni caso l’intervento di recupero così come previsto non appare
capace di condizionare la stessa area della cava in senso negativo.
Di seguito si forniscono alcune informazioni circa l’area di alimentazione di questo
importante falco migratore.Essenzialmente insettivoro cattura le diverse prede a seconda
della loro disponibilità locale . Caccia in gruppo catturando le prede in volo o dopo una breve
picchiata da un punto di osservazione. In Europa studi condotti in Spagna, Francia, Italia e
Grecia hanno evidenziato l'importanza trofica degli invertebrati con Ortotteri e Coleotteri quali
prede principali. Tra i vertebrati sono stati catturati essenzialmente piccoli mammiferi.
Frequenta aree aperte, calde, secche, semi-steppiche generalmente al disotto dei 1.000
metri, evitando le aree umide e forestate e le aree coltivate intensivamente in quanto
necessita di elevate densità di insetti di grosse dimensioni. In parte dell'areale occupa anche
aree urbanizzate utilizzate per la nidificazione.In Italia vive in ambienti aperti, zone stepposocerealicole, con ampie distese di pascoli, praterie, ambienti rocciosi, con scarsa copertura
arborea e arbustiva (Massa, 1992).
urbani
nelle
sole
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colonie
Frequenta durante la riproduzione anche ambienti
presenti
in
Puglia
e
Basilicata
(Palumbo,
1997).
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La popolazione lucana e pugliese frequenta l'area delle Murge e delle Gravine dell'arco
ionico. L'altopiano murgiano si caratterizza per la presenza di ampie distese di calcare
affiorante in cui domina una vegetazione erbacea substeppica o basso-arbustiva. La
vegetazione substeppica, con vaste zone di transizione verso la classe fitosociologica TheroBrachypoietea, è classificabile nell’ordine Festuco-Brometalia. Il paesaggio carsico è
caratterizzato da notevoli forme di erosione (aree carsiche, campi carreggiati, ecc.) e da
doline imbutiformi localmente note come “puli” derivanti sia da fenomeni erosivi superficiali
che da sprofondamento della volta di cavità sotterranee. L’intero sito è stato in passato
interessato dalla transumanza che ha lasciato vistose tracce, oltre che nella quasi assenza di
bosco, anche nei numerosi manufatti (jazzi e masserie) di interesse storico
L'area della murgia lucana e pugliese rappresenta il sito di maggior importanza come
area trofica per la popolazione di Grillaio della penisola italiana. Migliaia di coppie dipendono
per la loro alimentazione da questo sito.
L'area delle Gravine dell'arco ionico (compreso quindi quella di Matera) si caratterizza
per la presenza di numerosi canyon naturali originatisi per l’erosione dei corsi d’acqua che si
sono sovrimposti alla crosta terrestre lungo la scarpata della murgia. Oggi le gravine
costituiscono degli ambienti di rifugio per numerose specie faunistiche e floristiche. Le pareti
calcaree ospitano rare specie rupicole endemiche o di elevato interesse fitogeografico
appartenenti alla alleanza fitosociologica Campanulion versicoloris. Numerose sono le
specie di notevole rarità presenti quali ad esempio: Centaurea centaurium, Dictamus album
Arum apulum, Ophrys tarentina, Ophrys holoserica subsb. parvimaculata e Ophys
oxyrrhinchos subsp. celientis.
In generale quest'area si può considerare di secondaria importanza come area trofica
per la popolazione di Grillaio.
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Impatti previsti
L’impatto sulla componente faunistica risulta prevalentemente legato a fenomeni di
disturbo, piuttosto che alla perdita diretta di esemplari. Si ipotizza che nessun impatto derivi
dalla fase di ampliamento della cava né dalle attività di sistemazione interne perché non
presentano impatti significativi per l’assenza di specie di fauna di interesse in questo luogo
già sfruttato e privo di vegetazione.Gli impatti indiretti sono riconducibili al disturbo anche su
larga scala derivante dalla produzione di rumore, polveri e aumento della presenza
antropica. In fase di esercizio, allontanate le specie faunistiche dal luogo specifico, le polveri
prodotte saranno circoscritte all’area di intervento, verranno intercettate dalla vegetazione
circostante e dilavate con le precipitazioni per cui la loro dispersione non incide in modo
significativo sulla fauna locale. Tuttavia, in questa fascia di probabile interferenza, il rumore è
già stato presente in questi trent’anni di attività della cava per cui con l’ampliamento della
nuova porzione non vi saranno aggiunte o sovrapposizioni. Sicuramente quindi le specie
faunistiche gravitanti su questo territorio sono abituate a questo genere di attività, mentre le
specie più elusive, che necessitano di ambienti indisturbati hanno già trovato altrove le
condizioni ottimali. Con il ripristino ambientale le condizioni naturali verranno ristabilite per
cui si assisterà sicuramente ad una progressiva ricolonizzazione delle superfici di cava
Corridoi faunistici
L’attività di cava di per se
non interferirà sui corridoi faunistici. Lungo i versanti
in
sistemazione, gli interventi di ripristino ambientale previsti porteranno le specie faunistiche a
riappropriarsi delle superfici attualmente denudate dall’attività di cava.
Mitigazioni adottate e loro efficacia
Al fine di creare il minor disturbo possibile alla fauna locale, durante l’approntamento del
cantiere si dovrà verificare che nell’area non vi sia la cova di specie rare sensibili al disturbo.
Vi sarà poi un attenta organizzazione delle movimentazioni dei macchinari da effettuarsi solo
all’interno delle aree perimetrate. In fase di esercizio non si prevedono specifiche misure di
minimizzazione fatte salve quelle già citate per ridurre polveri, fumi e rumore.
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5.4 CARATTERI VEGETAZIONALI
Il territorio circostante la cava risulta ancora diffusamente interessato da attività
antropiche . Al di fuori delle aree urbanizzate, il territorio è prevalentemente utilizzato per
attività agricole con colture arborate di olivo e seminativi di cereali. Molto diffuso è il pascolo
per bovini e ovi-caprini.
Le attuali superfici forestali ancora presenti sul territorio sono il Bosco di Lucignano ed il
Bosco del Comune, residui di foreste ben più estese di cui rimangono solo i toponimi (Selva
La Bruna, Selva dell’Annunziata, Selva Sant’Andrea, Selva Malvezzi, Cristo la Selva, Bosco
Venusio, ecc.,). Nel corso dell’ultimo millennio il territorio è stato profondamente modificato
dalle attività umane e la stessa città di Matera è il risultato di questa profonda interazione tra
l’uomo e le caratteristiche di una ambiente fortemente condizionato da una diffusa aridità
climatica ed edafica..
L'intenso e millenario uso del territorio con pratiche agro-pastorali ha profondamente
modificato l'originario assetto paesaggistico che attualmente risulta caratterizzato da estese
superfici a pascolo che occupano coltivi abbandonati e cespuglieti con specie della macchia
mediterranea che progressivamente invadono pascoli e coltivi non più utilizzati o si
affermano negli stadi di post-incendio frequenti nelle aree ancora boscate.
Gli habitat in migliore stato di conservazione sono localizzati nelle inaccessibili pareti
delle forre e delle gravine. Gli aspetti vegetazionali che connotano il Parco della Murgia
Materana sono il risultato dell’evoluzione dell’habitat, in cui le variazioni climatiche e
l’intensa antropizzazione, hanno nel tempo modificato il paesaggio agro-silvo pastorale.
L’altopiano murgico si caratterizza per la presenza di specie forestali tipicamente Xerofile
ed Eliofile, in grado di sopravvivere a condizioni climatiche caldo-aride con lunghi periodi
siccitosi. Il paesaggio murgiano presenta per queste particolari condizioni e per la capacità
delle stesse specie ad affrancarsi a condizioni di vita precarie, tre diversi ecosistemi forestali
che testimoniano il continuo modificarsi di un ambiente apparentemente arido e privo di vita.
Si alternano tre particolari biocenosi: la Foresta Mediterranea, la Macchia Mediterranea e la
Gariga o pseudosteppa.
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La Foresta Mediterranea distribuita negli ultimi due importanti lembi naturali di Lucignano
e del Comune a testimonianza della presenza sul territorio murgiano di popolamenti forestali
misti a prevalenza di specie Quercine. La Foresta Mediterranea, appartenente alla fascia
fitoclimatica del Lauretum sottozona calda si connota dalla successione vegetazionale OleoLentisceto caratterizzata dalla presenza di specie arboree di particolare pregio quali il Fragno,
il Leccio, l’Acero, il Bagolaro, Orniello, Quercia Castagniaia che rappresentano gli elementi di
maggior interesse del popolamento forestale mediterraneo.
La macchia mediterranea
Per la Macchia mediterranea si distinguono due situazioni differenziate dalla copertura e
struttura e dalla localizzazione topografica:
La vegetazione della macchia mediterranea a prevalenza di sclerofille sempreverdi; è
ancora presente su limitate superfici residuali localizzate prevalentemente lungo il bordo
della gravina (vedi allegati cartografici).
Si tratta di vegetazione arbustiva di origine secondaria derivata dalla progressiva
rarefazione delle formazioni forestali di querce quali il fragno (Quercus troiana), la quercia
virgiliana (Quercus virgiliana) e la coccifera (Quercus coccifera) caratteristiche di relittuali
formazioni forestali presenti in aree limitrofe alla città di Matera.
In relazione alla copertura ed alla struttura questa vegetazione è osservabile in due
aspetti caratterizzati anche dalla presenza di specie particolari:
Il primo aspetto è caratterizzato da valori di copertura medio elevati (> del 50%), mentre
l’altezza degli arbusti dominanti non supera in genere i 4-5 m e si rinviene in condizioni di
limitato disturbo antropico dovuto spesso alla localizzazione in stazioni poco accessibili o ad
elevata rocciosità.
La macchia si presenta a prevalenza di lentisco (Pistacia lentiscus), alaterno (Rhamnus
alaternus), fillirea (Phyllirea latifolia), anagiride (Anagyris fetida), ginestre (Spartium junceum,
Coronilla emerus ssp. emeroides, ), olivo selvatico (Olea europea var.sylvestris), terebinto
(Pistacia terebinthus).
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Nel secondo aspetto la vegetazione di macchia si presenta generalmente destrutturata
ed impoverita nel numero di specie, con copertura rada (< 50%) ed altezza degli arbusti
variabile da 0,50 cm a 1-2 m.
La presenza di specie pirofile quali i cisti (Cistus creticus ssp.eriocephalus, C. salvifolius,
C. monspeliensis) segnala la frequenza degli incendi, mentre su terreni subpianeggianti, ma
ad elevata rocciosiosità affiorante si differenziano aspetti di gariga con cespugli di bassa
taglia di specie xerofile aromatiche quali Satureja cuneifolia , Teucrium polium, Thymus
spinulosus , Helichrysum italicum, Satureia montana, Rosmarinus officinalis. Nelle scarpate
detritiche alla base delle rupi si localizzano addensamenti ad Euphorbia wulfenii, camefita
cespitosa, investante in quanto rifiutata dagli animali al pascolo a causa dell’abbondante
secrezione di lattice tossico.Per entrambe le tipologie di macchia mediterranea viene indicata
l’attuale localizzazione nel territorio circostante la “cava della Palomba”.
La presenza di un vegetazione arboreo-arbustiva, anche se in superfici ridotte e residuali
ha un significato di grande importanza per il ruolo di nuclei preforestali di ricostituzione degli
ambienti boschivi attualmente estremamente ridotti nel territorio materano in seguito ai tagli
ed agli incendi.
Altrettanto importante risulta la funzione di mantenimento della biodiversità nelle siepi di
biancospino (Crataegus monogyna), rose (Rosa sp.pl.), prugnolo selvatico(Prunus spinosa),
rovi (Rubus ulmifolius), asparago selvatico (Asparagus acutifolius), sparse lungo il pianoro
ancora parzialmente occupato da coltivi.
Vegetazione dei pascoli
La tipologia vegetazionale arealmente più diffusa nell’intorno della cava è rappresentata
da praterie aride seminaturali (xerobrometi) di origine secondaria ricavate dai diradamenti
delle foreste e della macchia mediterranea e mantenuti dall’uso agro-pastorale dei terreni.
Pascolo per ovi-caprini e bovini durante tutto l’anno, ripetutamente percorse da incendi e
localmente sottoposte a spietramento, queste praterie mantengono tuttavia un elevato valore
biogeografico per la presenza di molte specie endemiche rare o con stazioni disgiunte
dall’areale principale.
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In situazioni di minore disturbo o dove sono presenti affioramenti rocciosi si differenziono
aspetti di mosaico dinamico con le garighe e la macchia mediterranea caratterizzati da
cespugli a pulvino di Euphorbia spinosa, timo (Thymus spinulosum), origano (Origanum
heracleoticum), issopo greco (Micrometria greca), santoreggia montana (Satureia montana).
In presenza di pascolo pesante, su terreni meno petrosi o più umidi per accumulo di
suolo e nitrati, le praterie subiscono fenomeni di degradazione della composizione floristica e
del cotico erboso, evidenziata dall’abbondanza di specie nitrofile (Ballota nigra, Urtica
dioica), infestanti e spinose (Asphodelus microcarpus, Carduus nutans, Eryngium
campestre, Scolymus hispanicus, Asphodeline liburnica, A. lutea). Queste specie non
appetite dal bestiame, in tempi relativamente brevi tendono a prevalere sulle altre,
sostituendosi alla originarie e caratteristiche specie del pascolo.
Le praterie aride rappresentano il tipo di vegetazione attualmente più diffuso e
caratteristico della Murgia Materna per l’originalità della composizione floristica, molto
diversa da quella delle circostanti colline argillose della Basilicata e da quella delle pianure
pugliesi, così estesamente coltivate ed antropizzate. Di grande interesse naturalistico ed
antropologico, questi ambienti devono l’attuale assetto ecosistemico al risultato dell’equilibrio
raggiunto nel corso del tempo tra le condizioni edafoclimatiche e le attività agro-silvopastorali delle popolazioni locali.
Vegetazione rupestre
Sugli affioramenti rocciosi dei versanti che degradano nella Gravina sono presenti
fitocenosi caratterizzate da casmofite che presentano adattamenti morfofisiologici alle
condizioni ambientali particolarmente selettive di questi habitat.
Nel territorio circostante la “Cava della Palomba” la flora rupestre si caratterizza per la
presenza di Aurinia saxatilis ssp. megalocarpa e Centaurea apula che colonizzano con densi
popolamenti anche antichi muri a secco, macereti e tumoli di pietre provenienti dallo
spietramento dei campi.
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Gli ambienti rupestri si caratterizzano per le condizioni particolarmente conservative, in
quanto l’inaccessibilità dei luoghi e la scarsa antropizzazione favoriscono la protezione del
popolamento floro-faunistico che all’interno di questo territorio si presenta ovunque i buono
stato di conservazione.
Vegetazione delle zone umide
Lungo il torrente che scorre nella Gravina sono osservabili fitocenosi di piante igrofile che
segnano la linea di scorrimento anche nei periodi si siccità estiva.
Si tratta di popolamenti paucuspecifici di idrofite a sviluppo prevalentemente invernale e
primaverile (Apium nodiflorum, Nasturtium officinale, Veronica anagallis-aquatica, ecc.,) alle
quali localmente si associano elofite quali le cannuccie (Phragmites australis) e la lisca
(Typha latifolia).
Rarefatta e frammentaria risulta la vegetazione ad alberi e arbusti ripariali ridotta ad
addensamenti di salice bianco (Salix alba) con qualche sporadico esemplare di sambuco nero
(Sambucus nigra).
L’attuale stato di degradazione degli ambienti umidi della Gravina ha cause soprattutto nella
notevole antropizzazione di ambienti limitrofi, dovuta sia all’urbanizzazione incalzante che al
carico di pascolo
La gariga
La Gariga, in cui le specie erbacee costituiscono un unicum di particolare interesse floristico è
costituita principalmente da graminacee a vegetazione invernale. Nelle Garighe il pascolo
intenso è indicato dalla frequenza degli Asfodeli e da una caratteristica grande ombrellifera: la
Ferula. Le garighe presenti in tutta l’area del Parco sono caratterizzate da un alto "indice di
sassossità" con roccia affiorante e suoli scarsi costituiti da sottili tasche di terra rossa o bruna.
Esse sono caratterizzate da una vegetazione spiccatamente eliofila e xerofila costituita per lo
più da bassi arbusti ascrivibili alle sclerofille microfilliche, con foglie aromatiche, ridotte e
lineari.
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Esistono diversi tipi di garighe che sfumano le une nelle altre, a seconda del substrato geologico e
del grado di evoluzione, e si confondono in modo pressoché continuo con gli stadi di vegetazione,
come le formazioni rupestri o la macchia bassa.
La vegetazione naturale, nei dintorni della cava, si presenta poco rappresentativa in quanto la
zona è intensamente sottoposta a sfruttamento agro-zootecnico.
Persistono però nelle immediate vicinanze dell’area di cava ex coltivi in cui si nota un’evoluzione
della flora erbacea spontanea, con la presenza sporadica di esemplari arboreo-arbustivi di
Perastro (pyrus amygdaliformis) e di ginepro rosso (Juniperus oxycedrus).
Lo stato di evoluzione di questi ambienti, è ancora di basso grado, ma sicuramente, se non
soggette ad ulteriori pressioni, queste zone si evolveranno formando matorral di ginepro indotti
dalla selezione da parte del bestiame pascolante.
Alcune zone, in particolare quelle a valle di terreni sfruttati per il pascolo, sono interessate da
vegetazione di origine antropica caratterizzate da una spiccata nitrofilia, e dominate dal romice
(rumex spp.).
Assetto vegetazionale
Dai sopraluoghi effettuati dal gruppo di lavoro, secondo quanto già dichiarato nella Valutazione di
Incidenza Ambientale, nella superficie interessata dall’attività di ampliamento non sono emerse
emergenze floristiche di nota. Il progetto di ricomposizione ambientale che prevede la ricostruzione
della superficie forestata mediante la posa di piante locali andrà a ripristinare l’esatto assetto
vegetazionale dello stato di fatto. Nelle aree contermini, durante l’attività di cava, le emissioni di
polveri potranno determinare un deperimento momentaneo delle specie direttamente a contatto coi
luoghi di lavorazione.
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Mitigazioni adottate e loro efficacia
Come già evidenziato nel soprastante paragrafo il progetto di ricomposizione ambientale, così
come studiato, permetterà, subito nel giro di qualche anno il rinverdimento delle pedate e delle
aree interessate dalla sistemazione e in 12- 15 anni di riportare l’area manomessa dall’attività di
cava alle condizioni naturali previste nel progetto di sistemazione finale.
Preme qui sottolineare alcune modalità operative, già riportate nel Q. Progettuale,
necessarie alla buona riuscita della mitigazione:
•
Per favorire lo sviluppo di un sicuro strato vegetativo, si intende procedere, dopo aver
preparato la superficie da rinverdire, in tutte le fasi di sfruttamento, con un leggero
substrato di terreno vegetale reperito da scavi in zona, con una prima consistente
pacciamatura con foraggi e fiorume reperibili in loco.
Le operazioni di impianto saranno così regolate:
• apertura manuale di buche nel terreno di circa 40*40 cm;
• il sesto e la distanza d’impianto possono essere irregolari, tuttavia sarà necessario
garantire un’adeguata copertura convenzionale;
• messa a dimora delle piantine badando a rispettare il più possibile l’integrità delle
porzioni terminali delle radici (parti sottili);
• copertura completa delle radici e adeguato compattamento del terreno sopra le stesse, in modo
da evitare discontinuità tra radichette e substrato.
Attuate queste misure previste dal progetto, per permettere la reale efficacia dell’intervento di
ricomposizione, l’intero ecosistema ricostruito deve essere controllato ed assistito per renderlo nel
giro di pochi anni autonomo. Gli interventi di manutenzione devono:
•
permettere alle piante di superare le difficoltà dell’insediamento;
•
permettere la creazione di una sufficiente riserva minerale ed organica tale da sostenere
lo sviluppo vegetale;
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•
riavviare i diversi cicli che caratterizzano la fertilità;
•
indirizzare le prime fasi evolutive verso l’obiettivo prescelto.
5.5 RUMORE
Preliminarmente alla stesura della caratterizzazione acustica del sito in oggetto , si è resa
indispensabile una conoscenza approfondita dell'ambito, oggetto di indagine sotto una serie
di profili.
Per realizzare una mappatura delle condizioni acustiche è risultato indispensabile acquisire
un adeguato numero di informazioni collaterali relative al territorio nel quale si è andato ad
operare.
Gli elementi territoriali
a cui si è fatto soprattutto riferimento sono di natura
morfologica, urbanistica e funzionale.
Per quanto riguarda i primi si fa osservare come l'orografia giochi un ruolo di primo piano
nella propagazione delle onde sonore, per cui le aree d'influenza delle diverse sorgenti
possono estendersi in modi alquanto diversi rispetto a quelli teoricamente prevedibili.
La campagna di misure è stata strutturata al fine di acquisire dati acustici relativi al territorio
e la programmazione dei rilievi fonometrici è stata progettata riferendosi a particolari sorgenti
sonore e relativamente all'insediamento complessivo.
La scelta delle postazioni di indagine è stata effettuata tenendo presente l'influenza delle
sorgenti sonore orientate e/o tenendo in considerazione i possibili recettori, dislocati sul
raggio di orientazione delle sorgenti, in ambiente esterno.
I rilievi sono stati eseguiti durante il periodo diurno, in ambiente esterno, scegliendo delle
postazioni, nel circondario e all'interno di ogni singola zona operativa, sottoposte a processo
e traffico veicolare di automezzi da lavoro.Inoltre, in genere, ove possibile, la strumentazione
è stata installata tenendo conto dell'utilizzo degli spazi da parte degli operatori .
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Normativa di riferimento e zonizzazione
La normativa di riferimento in materia è costituita dalla Legge del 26 Ottobre 1995 n. 447
"Legge quadro sull'inquinamento acustico" e dal D.P.C.M. 14/11/97 "Determinazione dei
valori limite delle sorgenti sonore" .
Inoltre, nel caso in cui comuni non abbiano provveduto alla classificazione del proprio
territorio nelle sei classi di appartenenza, si applicano i limiti di cui all’art. 6, comma 1 del
D.P.C.M. 1° Marzo 1991:
Limite Diurno
Limite Notturno
Leq (A)
70
65
60
Leq (A)
60
55
50
70
70
Zonizzazione
Tutto il Territorio Nazionale
Zona A (decreto ministeriale n. 1444/68) (*)
Zona B (decreto ministeriale n. 1444/68) (*)
Zona esclusivamente Industriale (decreto
ministeriale n. 1444/68) (*)
(*)Zone di cui all’art. 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444
La strada provinciale che collega Matera a Ginosa è interessata da intenso traffico veicolare.
Nel territorio in cui sorge la cava, il comune di Matera non ha ancora provveduto alla
classificazione dell’area nelle sei classi di appartenenza, e pertanto si applicano i seguenti limiti:
Limite Diurno
Limite Notturno
Leq (A)
70
Leq (A)
60
Zonizzazione
Tutto il Territorio Nazionale
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Rilevazioni fonometriche
Acquisite tutte le informazioni utili sulla sorgente specifica, sulle caratteristiche del
disturbo nonché sulle condizioni ambientali, sono stati individuati i punti di misura più
esposti, nella fattispecie:
−
Esterno Cava ;
−
Strada Provinciale per Ginosa.
La campagna di misure è stata strutturata al fine di acquisire dati acustici relativi al territorio
e la programmazione dei rilievi fonometrici è stata progettata riferendosi a particolari sorgenti
sonore e relativamente all'insediamento complessivo.
La scelta delle postazioni di indagine è stata effettuata tenendo presente l'influenza delle sorgenti
sonore orientate e/o tenendo in considerazione i possibili recettori, dislocati sul raggio di
orientazione delle sorgenti, in ambiente esterno.
I rilievi sono stati eseguiti durante il periodo diurno, in ambiente esterno, scegliendo delle
postazioni, nel circondario e all'interno di ogni singola zona operativa, sottoposte a processo , e
traffico veicolare di automezzi da lavoro.Sulla base del tipo di situazione acustica da valutare, si è
ritenuto di effettuare la rilevazione del rumore mediante analizzatore portatile di frequenza
BRUEL & KJAER tipo 2236, collegato al microfono tipo 4188.
Detta strumentazione effettua:
analisi in 1/1 d'ottava conforme alla normativa IEC 225-1966;
ponderazioni standard conformi alla normativa IEC 651 e 804 tipo 1:
la strumentazione è stata collegata a microfono tipo 4188 che soddisfa alle norme IEC 651
TIPO 1.
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• Calibrazione
La calibrazione della strumentazione sopra descritta è stata effettuata tramite calibratore di
livello acustico tipo 4231 della BRUEL & KJAER.Detta sorgente sonora di dimensioni
tascabili indicata per la calibrazione di fonometri ecc., adatta a microfoni da ½ e 1",produce
un livello sonoro di 94 dB rif. 20 µPa a 1 KHz. Precisione di calibrazione ± 0.3 dB a 23°C; ±
0.5 dB da 0 a 50°C;
Tutte le misure sono state arrotondate a 0,5 dB(A). Le misure sono state effettuate secondo
quanto previsto dalla norma UNI 9884 per ciò che concerne le misure in esterno.
Il microfono durante le operazioni di rilievo è stato collocato nello spazio fruibile e ad un
altezza tale da ridurre , l'influenza del terreno e di ostacoli bassi e in modo da caratterizzare
completamente la rumorosità, tenendo conto della posizione delle sorgenti rispetto al
ricevitore, e della eventuale presenza di ostacoli, ecc.
Tali misure sono state eseguite in assenza di precipitazioni atmosferiche, di nebbia e/o neve;
la velocità del vento è sempre stata inferiore a 5 m/s. Il microfono è stato munito di cuffia
antivento.
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Grafico dei livelli Sonori
80
70
60
50
Valori in
40
dB(A)
30
20
10
0
1 2
3 4
5 6
7 8
9 10 11 12 13 14 15
N°misura
Analisi dei risultati
Dall’analisi delle misure effettuate nei relativi periodi di osservazione e nelle condizioni
sopra descritte, scaturisce quanto segue:
La media del livello sonoro equivalente all’interno della cava, relativo a tutto il periodo di
osservazione è di 55,7 dB(A). Il valore minimo misurato è pari a 35 dB mentre il massimo è
pari a 71 dB. Il valore più alto riguarda il punto n. 10 posto nelle vicinanze dell’impianto di
frantumazione e nei pressi della strada provinciale. Del resto tutti gli altri valori sono
accettabili considerando che quelli più alti sono in adiacenza alla strada provinciale e non
interessano le aree di frequentazione delle specie censite .
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In allegato sono riportati i grafici e i rapporti di prova relativi al fenomeno acustico
esaminato.
In relazione alle operazione di cantiere, le attività che costituiscono possibili fonti di
inquinamento acustico sono schematizzate nella tabella seguente:
Contributo al rumore
MACCHINE
(%)
Scavatrici, ruspe
11
Autocarri,
22
Compressori
10
Impianto di frantumazione
37
Martelli pneumatici, attrezzi pneumatici perforatrici
20
Come per tutte le attività legate alla fase di cantiere, si tratta di impatti reversibili, in
quanto strettamente legati al periodo della durata dei lavori.
5.6 ATMOSFERA
L'approccio dello studio del potenziale inquinamento atmosferico segue i passi dello
schema generale di azione di ogni inquinante: l'emissione da una fonte, il trasporto, la
diluizione e la reattività nell'ambiente e infine gli effetti esercitati sul bersaglio, sia vivente che
non vivente. Partendo dunque da questo schema, si individuano nel seguito gli elementi da
prendere in considerazione per la caratterizzazione della componente, individuando i
seguenti impatti attesi:
−
emissioni di polveri;
−
emissioni
in
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atmosfera
da
flusso
veicolare
dei
mezzi
di
cantiere.
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a) Emissioni di polveri
b) Gli impatti sull'aria connessi alla presenza degli interventi di cantiere sono dovuti
principalmente alle emissioni di polveri e sono collegati in generale alle lavorazioni
relative alle attività di scavo (a cui sono legate le fasi di movimentazione dei
materiali), allo stoccaggio e alla macinazione delle materie prime che in determinate
circostanze possono causare il sollevamento di polvere (originata dalle suddette
attività).Gli impatti sulla componente aria riguardano le seguenti emissioni:
−
Movimentazione terre aree di scavo e di cantiere: PTS.
−
Macchine operatrici di cantiere : NOX, PM, COVNM, CO, SO2.
b) Emissioni in atmosfera da flusso veicolare dei mezzi di cantiere
L'analisi dell'impatto sull'inquinamento atmosferico generato dalla presenza di flusso
veicolare dovuto alla circolazione dei mezzi di cantiere è quella tipica degli inquinanti a breve
raggio. Tecnicamente vengono definiti inquinanti a breve raggio quei composti ed elementi
che, fuoriusciti dagli scappamenti dei motori, causano effetti limitati nello spazio e nel tempo;
essi comprendono, principalmente l'ossido di carbonio, i composti del piombo, gli idrocarburi
e le polveri. Gli inquinanti a lungo raggio sono invece quelli il cui effetto dannoso viene a
realizzarsi grazie ad una diffusione atmosferica su larga scala ed una serie di complessi
fenomeni chimico-fisici che ne alterano le caratteristiche iniziali.
Gli impatti sulla componente aria dovuti al flusso veicolare riguardano le seguenti emissioni:
NOX, PM, COVNM, CO, S02
È bene però sottolineare che si tratta di un impatto temporaneo legato alla durata del
cantiere e, quindi, facilmente reversibile.La misurazione delle polveri emesse durante le
attività di cantiere è stata effettuata da Hydrolab srl in 7 punti differenti all’esterno dell’area di
cava. I dati climatici registrati al momento alla stazione meteorologica di Telespazio sono i
seguenti:
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date
time,
press,
temp,
hum,
vel.vento dir. vento
07-12-2006 12:00:02, 958.76, +12.39, 91.30, 02.83, 189.77
07-12-2006 12:10:00, 958.66, +12.41, 92.04, 02.45, 163.39
07-12-2006 12:20:01, 958.67, +12.55, 92.48, 02.08, 154.67
07-12-2006 12:30:01, 958.68, +12.55, 92.56, 01.66, 136.92
07-12-2006 12:40:01, 958.64, +12.43, 92.91, 01.45, 169.58
07-12-2006 12:50:01, 958.58, +12.50, 92.99, 01.96, 178.18
07-12-2006 13:00:02, 958.58, +12.49, 93.04, 02.66, 164.84
07-12-2006 13:10:01, 958.56, +12.11, 92.70, 03.71, 170.52
07-12-2006 13:20:01, 958.70, +11.90, 93.13, 03.26, 164.33
07-12-2006 13:30:00, 958.79, +11.76, 93.25, 03.58, 181.16
07-12-2006 13:40:01, 958.87, +11.65, 93.47, 04.16, 185.09
07-12-2006 13:50:00, 958.92, +11.68, 93.50, 03.38, 173.18
07-12-2006 14:00:02, 958.95, +11.76, 93.71, 03.02, 160.32
07-12-2006 14:10:01, 958.96, +11.84, 93.70, 01.67, 166.34
07-12-2006 14:20:00, 959.00, +11.79, 93.77, 01.26, 162.20
07-12-2006 14:30:01, 959.04, +11.78, 93.85, 01.31, 151.92
07-12-2006 14:40:01, 959.05, +11.83, 93.86, 01.63, 150.76
07-12-2006 14:50:01, 958.99, +11.77, 93.96, 02.03, 163.11
07-12-2006 15:00:02, 958.86, +11.79, 94.05, 02.05, 157.64
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I valori misurati , presenti nei certificati in allegato, risultano molto bassi e oscillano tra
0,5. e 0,9 mg/mc. E’ stata utilizzata una pompa aspirante con flusso regolabile, filtri in esteri
misti di cellulosa con porosità di 0.45 micon e portafiltro in acciaio.
Infatti, allo scopo di minimizzare le emissioni di polveri nella cava, sono stati adottati i
provvedimenti di seguito elencati:
•
Realizzazione di una copertura con tettoia metallica del frantoio primario;
•
Copertura con telone per il vaglio dello stabilizzato e per il vaglio principale;
•
Copertura dei nastri;
•
Realizzazione di un impianto fisso per la irrorazione con acqua nebulizzata dei
principali punti di emissione di polveri ed in particolare di: frantoio
primario,cumulo grande,vaglio principale,mulino breccione,cumuli di materiale
finito.
•
Sistema abbattimento polveri con impianto fisso per irrorazione aree di cava che
in particolari condizioni
( transito automezzi,ventosità) possono dar luogo a
polverosità.
Per mezzo di tali provvedimenti si garantisce, da una parte, la minimizzazione delle
emissioni di polveri in esterno per le operazioni di frantumazione e vagliatura;
dall’altra, mediante irrorazione con acqua nebulizzata con aggiunta di additivo Nalco
(microschiuma) per mezzo di aria compressa, si mantiene un elevato tenore di
umidità del materiale evitandone il trasporto.
Esemplificazione dell’azione di minimizzazione polverosità
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Schema unità abbattimento polveri
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Punti di misura delle polveri
Cenni di climatologia
Il clima dell’area interessata, in generale ha carattere sostanzialmente "mediterraneo"
con estati calde ed asciutte e inverni miti e relativamente umidi mentre per le due stagioni di
passaggio si osserva un’autunno stabile e piuttosto mite e piovoso rispetto alla primavera. Il
tepore degli inverni, le precipitazioni scarse, la ventosità e lo splendore e la luminosità del
cielo anche nel cuore dell'inverno sono le caratteristiche climatiche comuni un po' a tutta la
Murgia. I venti umidi provengono da sud-est (scirocco) e da sud-ovest (libeccio), ma non
mancano le giornate invernali in cui i venti di nord e nord-est, gelidi, secchi e violenti,
investono le località della Murgia provocando bruschi abbassamenti di temperatura. La
tramontana e lo scirocco, nel loro alternarsi, sono a loro volta importanti fattori per la
vegetazione. La prima con effetti piuttosto negativi per il disseccamento delle gemme, il
secondo in generale positivo perché apportatore di umidità.
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Fenomeno molto comune sono diventate le nebbie soprattutto nella stagione autunnoinvernale e che durante i periodi di siccità si configurano come vere e proprie piogge occulte.
La neve è abbastanza rara e comunque effimera. L'influenza del clima atlantico con i suoi
periodi di piogge si fa sentire soprattutto nel semestre ottobre-marzo. La grande eterogeneità
di ambienti nonché l'asprezza del profilo orografico del territorio murgiano determinano, sia
per le diverse esposizioni dei pianori e dei versanti delle gravine, sia per i giochi di correnti
locali nelle gravine notevoli differenze di temperature e di umidità, tali da creare diversi tipi di
sottoclimi e microclimi. Tutto questo non fa altro che sottoporre gli apparati biologici delle
piante a severi adattamenti che selezionano e creano polimorfismo nelle piante che
interessano l'habitus, le dimensioni, la tormentosità, le varie forme pulvinate, reptanti eccL
A causa della diffusa ventosità presente un po' in tutte le stagioni, la forma pulvinata è il tipo
di adattamento più diffuso ed interessa piante quali il lentisco, l'euforbia spinosa, il timo
arbustivo, la santoreggia montana, l'elicriso italico ecc. Dai dati dell'Ufficio Idrografico dello
Stato relativi ai periodi 1931-41 e 1951-69 si ricava che le precipitazioni sono mediamente
pari a 588,3 mm e distribuite in 75,3 giorni piovosi, con due picchi stagionali: uno nel mese di
novembre con mm 74,9 di pioggia ed uno nel mese di gennaio con 62,3 mm di pioggia.
Durante l'estate (eccezion fatta per alcuni scrosci improvvisi, di breve durata e a carattere
temporalesco), le precipitazioni sono quasi inesistenti, risultando di appena 28,5 mm. Il
valore della temperatura media del trentennio considerato è di 15,0 °C, con una media
massima di 25,3 °C nel mese di luglio e una media minima di 6,5 °C registrata nel mese di
gennaio. Dalla elaborazione dei dati relativi ai valori medi delle temperature e delle
precipitazioni del trentennio considerato, è stato ricavato il diagramma ombrotermico
secondo Bagnouls e Gaussen (Fig. 15).
Dall’osservazione del grafico si evince l'impronta tipicamente mediterranea del clima
della Murgia Materana, con un lungo periodo secco che mostra una durata di quattro mesi e
va all'incirca dalla prima decade di giugno fino a circa metà settembre. Normalmente il
massimo di temperatura si ha in luglio, il minimo in gennaio, mentre il massimo di piovosità è
in novembre, con un minimo in luglio e agosto
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– Diagramma omrometrico (climogramma).
La mappa mostra il numero di giorni in cui la temperatura ha superato i 34°
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La mappa mostra la distribuzione delle piogge cumulate
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Per quanto riguarda la ventosita occorre segnalare la presenza di venti periodici come il
maestrale vento tipicamente fresco, lo scirocco, vento notoriamente caldo; non mancano
ilgrecale e la tramontana. I venti che dominano in modo prevalente lo scenario di Ginosa
sono quelli che soffiano da Nord- Nord Ovest e da Sud-Sud Est come si evince chiaramente
dalla tabella qui riportata.
Impatti previsti
Le interferenze sulla componente ambientale “atmosfera” generate nella preparazione e
sfruttamento della nuova superficie di cava sono riconducibili alle emissioni prodotte dagli
scarichi dei mezzi impegnati nei lavori e alle interferenze (polveri) generate nella fase di
cantiere e lavorazione. Terminata la fase del cantiere, le interferenze cagionate,
sono quindi essenzialmente quelle che già si sono verificate negli ultimi trent’anni diattività
della cava, non sono in progetto modifiche riguardo alle modalità di sfruttamento della cava
rispetto agli anni passati. Di seguito si procede con le considerazione di dettaglio.
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Polveri
La produzione di polveri è di difficile quantificazione. Essa è essenzialmente dovuta alla
movimentazione del materiale lavorato e al traffico veicolare pesante. I fattori climatici da
considerare sono specificatamente il vento per la dispersione delle polveri e la piovosità
stagionale, mentre tra gli aspetti fisici possiamo considerare l’effetto barriera che può essere
esercitato dalla vegetazione adiacente.
Il fenomeno della dispersione delle polveri nell'atmosfera sarà circoscritto e interesserà gli
ambiti più prossimi alla cava .
In conclusione, vista la modesta ventosità che impedisce alle polveri di propagarsi su medie
o lunghe distanze, la consistente piovosità/nevosità che inumidisce il materiale estratto e il
ridotto numero di camion transitante, si può considerare l’impatto cagionato su questa
componete circoscritto e basso.
Nelle zone direttamente contermini la cava la vegetazione, che promuove l’effetto barriera
evidenziato sopra, potrà subire una passeggera riduzione della capacità di fotosintesi con
conseguente momentaneo deperimento solo nei periodi siccitosi di attività della cava.
Oltre alle misure di mitigazione specifiche già previste in materia di riduzione
dell’inquinamento alla fonte (silenziatori dello scarico, utilizzo di camion con carichi protetti,
macchine i cui livelli di emissione siano certificati (marchio CE) ecc...), verrà curata al
massimo l’efficienza e il controllo dei mezzi di trasporto che dovranno essere tenuti puliti al
fine di evitare la formazione di nubi polverose, inoltre sarà sempre mantenuta bassa la
velocità dei mezzi nell’area di cava e lungo la viabilità esterna.
Contro la creazione di un sostanziale disturbo dato da rumore e vibrazioni,
considerando i risultati delle analisi, attualmente, non risultano necessari, in relazione ai limiti
di legge, ulteriori interventi di prevenzione o di mitigazione. La limitazione della velocità dei
mezzi su strada e le presenza di una barriera di vegetazione arborea sono già delle misure
molto idonee alla mitigazione.
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Fumi e odori
Le uniche emissioni di fumi e odori sono quelle relative al processo di combustione all’interno
dei motori che in fase di cantiere sono relative alle motoseghe, ai trattori e alle pale
meccaniche mentre in fase di esercizio alla pala, escavatore, vaglio e mezzi di
trasporto.Concentrazione e tipologia delle emissioni inquinanti dipendono dal tipo di
combustibile impiegato, dal tipo di motore e dal modo d’uso del veicolo e dalle variazioni del
flusso di traffico indotte dall’attività estrattiva.
Considerando il parco macchine necessario allo sfruttamento della cava e al modesto
transito di camion che trasportano il materiale estratto a destinazione lungo la SP, l’impatto
relativo a questa componente è da ritenersi basso.
5.7 SALUTE PUBBLICA
La trattazione di questo capitolo è richiesta in modo esplicito quando si valutano opere la cui
esecuzione e funzionamento comportino probabili interferenze sulla salute dei cittadini. Tra
gli impatti, quelli che potrebbero destare preoccupazione per un’attività di cava in generale
sono legati a:
- inquinamento atmosferico (disturbi da sostanze chimiche aerodisperse e da polveri sottili);
- inquinamento acustico (disturbi psichici da rumore);
- inquinamento catena alimentare (acqua e suolo con ripercussioni indirette su
alimenti vegetali e animali);
- rischio di incidenti (esplosioni, incendi, inondazioni ecc..).
Secondo quanto dichiarato nel quadro progettuale e in base a quanto asserito neicapitoli
precedenti di codesto quadro ambientale, durante l’attività pregressa degli ultimi trent’anni e
in quella di progetto si è riscontrato che:
A) si tratta di opere di escavazione e rimodellamento geomorfologico in continuità con un
ambito estrattivo esistente;
B) le attività sono concentrate solo nelle ore diurne a seconda del fabbisogno del materiale
nel comprensorio;
C) il transito dei mezzi di trasporto degli inerti, quantificato in media in circa 15
camion al giorno è molto ridotto e poco significativo;
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D) dall’analisi degli impatti sulla qualità dell’aria, le emissioni di polveri nell’atmosfera non
sono in grado di raggiungere bersagli sensibili.
E) dall’analisi dell’impatto sul rumore, le emissione sonore, non sono tali da
raggiungere siti sensibili..
F) dall’analisi dell’impatto sulla componente idrica non sono emersi fattori che
portano impatti alla salute pubblica.
Riassumendo quindi, per l’intero periodo di realizzazione delle opere, non è previsto
l’apporto di nuove fonti di rischio per la salute pubblica, in quanto è già presente un polo
estrattivo funzionate.
Per i motivi sopra esposti si esclude ogni probabile rischio per la salute pubblica determinato
dal proseguo dell’attività di cava.
Gli impatti che verranno descritti in questo paragrafo si riferiscono alla sicurezza delle
maestranze impegnate nel cantiere e nella cava e nei pericoli derivanti da incidenti fortuiti.
La salute umana per quanto concerne l’ambito strettamente lavorativo è garantita dalla
normativa di riferimento attualmente in vigore, la cui attuazione è obbligo di ogni datore di
lavoro e di ogni lavoratore. I sistemi di estrazione degli inerti sono tali da garantire la pubblica
sicurezza in quanto non sono previste operazioni pericolose come le esplosioni e non sono
utilizzati prodotti chimici per le lavorazioni.
Tuttavia è opportuno elencare in linea concettuale i rischi potenziali per la salute umana
derivanti dalle attività di ampliamento e messa in pristino della cava, relativi in particolare
all’uso dei macchinari, delle attrezzature e delle sostanze.
I fattori di rischio, per l’uso di macchine ed attrezzature, sono quelli che avvengono per
carenza delle necessarie precauzioni, si riferiscono ad esempio al ribaltamento del mezzo,
caduta della tramoggia di carico, alla caduta di materiali dall’alto, caduta dal fronte,
smottamento o frana, urto contro ostacoli durante il moto, investimento, incidenti stradali,
schiacciamento, polveri, rumore, vibrazioni, fumi di combustione dei motori, incendio. Le
sostanze che possono avere effetti negativi sulla salute e sicurezza degli addetti sono
costituite da carburanti e lubrificanti destinati solo ai mezzi presenti in cava.
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Per la minimizzazione degli effetti, peraltro esclusi, sulla salute umana, valga quanto già
prescritto nelle singole componenti ambientali in particolare per aria, acqua e geologia,
nonché il rispetto delle leggi per la sicurezza dei lavoratori. In aggiunta si ricorda che nei
periodi di attività della cava non sarà consentito l’accesso alle aree di cantiere ai non addetti
ai lavori tramite la presenza di recinzioni, cancelli e segnaletica. I pericoli di inquinamento
delle falde o dell’atmosfera sono minimizzati grazie alla manutenzione dei mezzi d’opera, dei
serbatoi di carburante e dall’applicazione delle procedure standardizzate di sicurezza.
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6. NATURA 2000 – VALUTAZIONE DI INCIDENZA
Per incarico conferitomi dalla Soc. SEDA S.r.l. di Gravina di Puglia, nell'ambito delle
procedure di richiesta
dl’autorizzazione all’ampliamento volumetrico dell’attività di
coltivazione di inerti calcarei nella Cava di c.da Alvino in agro del Comune di Matera, di
proprietà della stessa ditta, è stato eseguito uno studio per la valutazione di incidenza. In
particolare l’area rientra all’interno del confine del Parco Regionale della Murgia Materana,
ed è inserita nei siti Natura 2000 come Sito di Importanza Comunitaria (SIC direttiva
92/43/CEE) e Zona a Protezione Speciale (ZPS direttiva 74/409/CEE) denominata “Gravine
di Matera” con Cod. IT9220135.
Per favorire una migliore gestione del patrimonio naturale, l'UE ha adottato una politica di
conservazione della natura sul proprio territorio al fine di prevedere e prevenire le cause
della riduzione o perdita della biodiversità.
La "Strategia comunitaria per la diversità biologica" mira ad integrare le problematiche
della biodiversità nelle principali politiche settoriali quali: agricoltura, turismo, pesca, politiche
regionali e pianificazione del territorio, energia e trasporti. Nella strategia peraltro viene
sottolineato come siano importanti:
−
la completa attuazione delle direttive "Habitat" e "Uccelli selvatici";
−
l'istituzione e l'attuazione della rete comunitaria NATURA 2000,
Lo scopo della direttiva "Habitat" è quello di contribuire a salvaguardare la biodiversità
mediante la conservazione degli habitat naturali e semínaturali nonché della flora e della
fauna selvatica nel territorio comunitario.
Gli Stati Membri hanno provveduto a individuare e proporre i Siti di Importanza
Comunitaria (SIC), intesi come aree destinate a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat
naturale e seminaturale o una specie della flora e della fauna selvatica.
Attualmente la Rete Natura 2000 è quindi composta da due tipi di aree: le Zone di
Protezione Speciale ZPS, previste dalla Direttiva "Uccelli", e i Siti di Importanza Comunitaria
proposti dagli Stati Membri (SIC).
Dott. Geol. Michele Colasurdo
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In Italia il progetto "Bioitaly " ha provveduto ad individuare su tutti i territori regionali le
Zone di protezione Speciale (ZPS) e i proposti Siti di Importanza Comunitaria (SIC) che
contribuiranno alla Rete Natura 2000.
La presente relazione ha l'obiettivo di valutare le possibili incidenze ambientali provocate
dall'attuazione del progetto sul Sito Natura 2000 ed è stata redatta in conformità a quanto
previsto dal D.P.R. 357/97 allegato G e dal D.P.R. 120/03 (art. 6).
La tipologia degli elaborati richiesti, per la Valutazione di Incidenza è riportata
nell'allegato G al DPR 357/97 ed è di seguito descritta.
Le caratteristiche dei progetti debbono essere descritte con riferimento in particolare alle
tipologie delle azioni e/o opere:
−
alle dimensioni e/o ambito di riferimento;
−
alla complementarietà con altri piani e/o progetti;
−
all'uso delle risorse naturali;
−
alla produzione di rifiuti;
−
all'inquinamento e disturbi ambientali;
−
al rischio di incidenti per quanto riguarda, le sostanze e le tecnologie utilizzate.
Le interferenze di piani e progetti debbono essere descritte con riferimento al sistema
ambientale considerando:
−
componenti abiotiche;
−
componenti biotiche;
−
connessioni ecologiche.
Le interferenze debbono tener conto della qualità, della capacità di rigenerazione delle
risorse naturali della zona e della capacità di carico dell'ambiente naturale.Nella presente
relazione
per
la
Valutazione
di
Incidenza
l'approccio
metodologico
seguito
per
l'individuazione e la quantificazione delle incidenze è quello indicato nei documenti ufficiali
elaborati dalla Commissione UE - DG Ambiente.In particolare i documenti di riferimento sono
stati: "La gestione dei siti della rete Natura 2000 - Guida all'interpretazione dell'art. 6 della
Direttiva Habitat 92/43/CEE" (Aprile 2000) e la "Guida metodologica alle disposizioni
dell'artico 6, paragrafi 3 e 4 della direttiva "Habitat" 92/43/CEE" (Novembre 2001). Sono stati
valutati:
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−
la possibilità o meno di impatti, anche cumulativi, su di un ecosistema rientrante tra quelli
sensibili;
−
il possibile degrado del sistema e possibili impatti sulle componenti ambientali;
−
le possibili perturbazioni con riguardo alle specie animali e vegetali prioritarie;
−
le possibili misure mitigative degli impatti.
Orientativamente, gli aspetti che sono stati valutati si sono riferiti alle seguenti indicazioni.
a) Con riferimento all'ubicazione:
−
quali siano le caratteristiche fisiche, naturali e antropizzate del luogo ove si colloca
l'intervento;
−
quali siano gli usi territoriali;
−
quali siano le disposizioni date dalla pianificazione territoriale;
−
quali siano gli elementi importanti dal punto di vista conservativo, paesaggistico, storico,
culturale o agricolo;
−
quali possano essere gli effetti combinati con altre fonti di disturbo presenti sul territorio.
b) Con riferimento alle potenziali fonti di impatto:
−
quali scarichi, rifiuti solidi, sottoprodotti, emissioni, rumori;
−
quali saranno le caratteristiche di accesso e traffico;
c) Con riferimento all'habitat e alle specie (sulla scorta della mappa e della scheda
descrittiva del sito):
−
quali siano gli habitat della rete Natura 2000 interessati;
−
quale influenza possa esserci sull'area SIC;
−
quali siano le specie animali e vegetali prioritarie presenti;
−
quale sia il livello di importanza ai fini della rete Natura 2000;
−
quali possano essere i motivi di perturbazione sulle specie floristiche e/o faunistiche
presenti;
d) Con riferimento alle modalità di mitigazione e di controllo:
−
misure per ridurre, evitare o mitigare eventuali effetti negativi significativi.
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6.1
QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
Di seguito è riportato il quadro normativo di riferimento per il comparto Fauna, Flora
ed ecosistemi naturali, facendo specifico richiamo al sistema della Rete Natura 2000
costituita dai proposti Siti di Importanza Comunitaria e dalle Zone di Protezione
Speciale.
Normativa comunitaria
La Direttiva 79/409/CEE, cosiddetta Direttiva Uccelli Selvatici" concernente la
conservazione degli uccelli selvatici, fissa che gli Stati membri, compatibilmente con le loro
esigenze economiche, mantengano in un adeguato livello di conservazione le popolazioni
delle specie ornitiche. In particolare per le specie elencate nell'Allegato l sono previste
misure speciali di conservazione, per quanto riguarda l'habitat, al fine di garantirne la
sopravvivenza e la riproduzione nella loro area di distribuzione. L'art. 4 infine disciplina la
designazione di Zone di Protezione Speciale (ZPS) da parte degli Stati Membri, ovvero dei
territori più idonei, in numero e in superficie, alla conservazione delle suddette specie.
Complementare alla "Direttiva Uccelli Selvatici" è la Direttiva 92/43/CEE, cosiddetta
"Direttiva Habitat" relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora
e della fauna. Tale direttiva, adottata nello stesso anno dei vertice di Rio de Janeiro
sull'ambiente e lo sviluppo, rappresenta il principale atto legislativo comunitario a favore della
conservazione della biodiversità sul territorio europeo.
La direttiva, infatti, disciplina le procedure per la realizzazione dei progetto di rete Natura
2000, i cui aspetti innovativi sono la definizione e la realizzazione di strategie comuni per la
tutela dei Siti costituenti la rete (ossia i pSIC e le ZPS). Inoltre agli articoli 6 e 7 stabilisce che
qualsiasi piano o progetto, che possa avere incidenze sui Siti Natura 2000, sia sottoposto ad
opportuna Valutazione delle possibili Incidenze rispetto agli obiettivi di conservazione del
sito.
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Normativa nazionale
Lo stato italiano ha recepito la "Direttiva Habitat"con il D.P.R. n. 357 dell'8 settembre
1997. In seguito a tale atto le Regioni hanno designato le Zone di Protezione Speciale e
hanno proposto come Siti di Importanza Comunitaria i siti individuati nel loro territorio sulla
scorta degli Allegati A e B dello stesso D.P.R.. L'elenco dei pSIC e delle ZPS, individuate ai
sensi delle direttive 92143/CEE e 791409/CEE è stato approvato con il D.M. Ambiente 3
aprile 2000. IL D.P.R. 357/97 inoltre all'art. 5 disciplina la procedura di Valutazione di
Incidenza (VI) e l'allegato G definisce i contenuti della relazione per la VI.
Il recente D.P.R. n.120 del 12 marzo 2003, costituisce il regolamento recante modifiche
ed integrazioni al D.P.R. 357/97; esso adegua la normativa nazionale alle disposizioni
comunitarie tenuto conto di una procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea
contro lo Stato italiano, per la non corretta trasposizione nella normativa nazionale della
direttiva Habitat. L’art. n.6 del D.P.R. 120/03, stabilisce che gli studi volti ad individuare e
valutare le incidenze sui Siti Natura 2000, siano svolti secondo gli indirizzi dello stesso
Allegato Gal precedente D.P.R. 357/97.
Normativa regionale
La Regione Basilicata con la L.r. n.28 del 28/06/94 “Individuazione, classificazione,
istituzione, tutela e gestione delle aree naturali protette in Basilicata” si è adeguata al dettato
della legge n.394/91 “Legge quadro sulle aree protette”.
Per le aree regionali protette, all’interno delle quali sono individuati la magior parte dei siti
di importanza comunitaria, la Regione Basilicata garantisce il recepimento degli obiettivi della
Direttiva Habitat e della Direttiva Uccelli. In particolare la Regione con la legge n.2 del
9/01/95 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”
ha adeguato la propria normativa alla Legge 157 del 11/02/92 “Norme per la protezione della
fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” con la quale lo Stato Italiano ha
recepito la Direttiva Uccelli.
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Nell’area in oggetto, per le specie di particolare importanza biogeografia (rare,
endemiche, vulnerabili, a rischio, si fa riferimento a quelle presenti nelle liste delle specie
protette nazionali e regionali riportate dal D.G.R. della Regione Basilicata del 18/03/2005.
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6.2 DIMENSIONI E/O AMBITO DI RIFERIMENTO
L’intervento in progetto ricade in agro del Comune di Matera, all’interno dell’area del
Parco della Murgia Materana in C.da Alvino.
Riguardo alla tipologia dell’area interessata dal progetto si evidenza che la zona su cui
ricade la cava è interessata da diverse attività antropiche. In particolare il progetto si
sviluppa in adiacenza alla SP 18 Matera Ginosa, di fronte ad una cava di calcare ormai
non più attiva, adiacente ad una struttura per il ricovero e pascolo recintato di bovini.
L’analisi dell’uso del suolo, realizzata con rilievi diretti ed osservazione di foto aeree, ha
evidenziato che le principali attività antropiche sono rappresentate da quella agricola, ed
alcune attività di tipo agro – pastorale e industriale di cui la principale è rappresentata
dal cementificio posto a circa 4.0 Km ad est dell’area in oggetto.
L’area interessata dal progetto nel complesso occupa una superficie di circa ha
30.17.85, integralmente all’interno dell’area SIC/ZPS “Gravine di Matera” cod.
IT9220135 con una superficie complessiva di 5.674 ha.
Il progetto incide sulla superficie dell’area SIC/ZPS per il 0.52%. Tale superficie è già
interessata dai lavori di coltivazione e nessun’altra porzione di suolo sarà
interessata dai lavori medesimi .
6.3 DESCRIZIONE DEL SITO NATURA 2000 E DELL’AMBIENTE NATURALE
DIRETTAMENTE INTERESSATO
Sito Bioitaly: Gravine di Matera
Comune/i: Matera, Montescaglioso
1T9220 135 tipo: C; SIC, ZPS
Superficie: 5674 ha
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I siti Bioitaly comprendono aree naturali e seminaturali della Rete Natura 2000 per le quali
è riconosciuto un elevato valore biologico e naturalistico.
Queste aree sono state individuate allo scopo di conservare la biodiversità degli habitat, della
flora e della fauna attraverso l’istituzione di Zone a Protezione Speciale (ZPS) secondo la
Direttiva CEE “Uccelli” (79/409 Cee) e Siti di Importanza Comunitaria (SIC) secondo la
Direttiva CEE “Habitat” (92/43 Cee).
Le zone ZPS sono a protezione speciale per l’ornitofauna in quanto territori di riproduzione,
muta, svernamento e stazioni sulle rotte migratorie.
Le zone SIC sono destinate alla conservazione e ripristino degli habitat (92/43 Cee, allegato I)
e alla tutela delle specie a rischio, rare e vulnerabili della flora e fauna selvatiche (92/43 Cee,
allegati II e IV).
Descrizione generale: Tavolato carbonatico con presenza di forre e gravine di origine
carsica e tettonica, sul cui fondo scorrono corsi d’acqua a prevalente flusso stagionale.
Ambienti rupestri, macchia mediterranea e formazioni forestali residue di caducifoglie e
sempreverdi, si alternano a pascoli aridi e terreni agricoli ottenuti dallo spietramento di
superfici sommitali subpianeggianti.
Sito di importanza floro-faunistica per la presenza di numerose specie rare ed a carattere
endemico.
Impatti ed attività: Attività antropiche diffuse e non controllate quali cave, discariche abusive,
spietramento, abusivismo e speculazione edilizia, provocano condizioni di degrado
generalizzato.
Stato di Protezione: Parco Regionale
Problematiche di conservazione: Mancanza di dati ambientali di base ed assenza di
progetti di conservazione con pericolo di dilatazione incontrollata delle attività. antropiche ed
alterazione irreversibile del microclima delle gravine.
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Significatività del sito: Canyon di roccia calcarea scavato in un altopiano, le gravine
presentano grotte, elementi vegetazionali e faunistici unici che un tempo abitavano i territori
circostanti.
Sito significativo per la presenza di rapaci: il lanario, Falco biarmicus, il grillaio, F. naumanni, il
falco pellegrino, F peregrinus, il capovaccaio, Neophron percnopterus .
GESTIONE DEL SITO: Fondamentale è la raccolta di dati ambientali di base per poter
elaborare dei progetti di conservazione. La chiusura delle fessure nei muri, buche e aperture
di soffitte con la ristrutturazione dei Sassi preclude gradualmente al grillaio la possibilità di
trovare siti idonei alla nidificazione. E’ possibile intervenire con un appropriato regolamento
edilizio e, in parte, con nidi artificiali in legno e terracotta.
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SPECIE E TIPI DI HABITAT DI INTERESSE COMUNITARIO PRESENTI NEL SITO
Direttiva “Uccelli” 79/409/CEE; allegato 1 (12specie)Specie per cui sono previste
misure speciali di conservazione per quanto riguarda l’habitat e per garantire la
sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione
(79/409/CEE; allegato 1)
Alcedo atthis (Linnaeus, 1758) martin pescatore, Anthus campestris Linnaeus, 1758
calandro, Bubo bubo (Linnaeus, 1758) gufo reale, Caprimulgus europaeus Linnaeus, 1758
succiacapre, Circaetus gallicus Gmelin, 1788) (biancone, Columba livia Gmelin, 1789
piccione selvatico, Coracias garrulus Linnaeus, 1758
ghiandaia marina, Dendrocopos
major (Linnaeus, 1758) picchio rosso maggiore, Falco biarmicus Temminck, 1825 lanario,
F naumanni Fleischer,1818 grillaio, F peregrinus Tunstall, 1771 pellegrino, Lanius collurio
Linnaeus, 1758 averla piccola, Milvus migrans (Boddaert,1783) nibbio bruno, M. milvus
(Linnaeus, 1758) nibbio reale, Neophron percnopterus (Linnaeus, 1758) capovaccaio.
Direttiva “Habitat” 92/43/CEE Allegato I:
Tipi di habitat naturali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione
di aree speciali per la conservazione (92/43/CEE Allegato I); gli habitat prioritari sono indicati
con *;
6310 Dehesas con Quercus spp. sempreverde
Specie animali e vegetali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la
designazione di zone speciali per la conservazione (92/43/CEE Allegato II)
Stipa austroitalica Martinovsky, Barbastella barbastellus (Schreber, 1774) barbastello,
Miniopterus schreibersii (Natter in Kuhl, 1819) (miniottero), Myotis blythi (Tomes, 1857)
(vespertilio di Blith), Myotis capaccinii ,(Bonaparte, 1837) (vespertilio di Capaccini), Myotis
myotis (Borkhansen, 1797) (vespertilio maggiore), Bombina variegata (Linnaeus, 1758)
(ululone a ventre giallo), Triturus cristatus carnifex (Laurenti, 1768). Elaphe
quatuorlineata (Lacépède,1789) (cervone), Emys orbicularis (Linnaeus, 1758) testuggine
d’acqua, Elaphe situla (Linnaeus, 1758) (colubro leopardiano), Testudo hermanni Gmelin,
1789 testuggine comune.
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Specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione
rigorosa (92/43/CEE Allegato IV);
*Barbastella barbastellus (Schreber, 1774) barbastello,* Miniopterus schreibersii (Natter
in Kuhl, 1819) (miniottero),*Myotis blythi (Tomes, 1857) (vespertilio di Blith), *Myotis
capaccinii ,(Bonaparte, 1837) (vespertilio di Capaccini),*Myotis myotis (Borkhansen, 1797)
(vespertilio maggiore), *Bombina variegata (Linnaeus, 1758) (ululone a ventre giallo),
*Triturus cristatus carnifex (Laurenti, 1768),
*Elaphe quatuorlineata (Lacépède,1789)
(cervone),* Emys orbicularis (Linnaeus, 1758) testuggine d’acqua, *Elaphe situla
(Linnaeus, 1758) (colubro leopardiano),
*Testudo hermanni Gmelin, 1789 testuggine
comune. *Hystrix cristata, Linnaeus, 1758 istrice ; *Hyla arborea, (Linnaeus, 1758)
raganella ; *Triturus italicus,(Peracca, 1898)tritone italiano,
Specie di fauna di interesse comunitario presenti:
Alcedo atthis (Linnaeus, 1758) martin pescatore, Anthus campestris Linnaeus, 1758
calandro, Apus apus (Linnaeus, 1758)rondone ; Bubo bubo (Linnaeus, 1758) gufo reale,
Buteo buteo (Linnaeus, 1758) poiana, Calandrella brachydactyla (Leisler, 1814)
calandrella, Caprimulgus europaeus Linnaeus, 1758 succiacapre, Circaetus gallicus
Gmelin, 1788) (biancone, Columba livia Gmelin, 1789 piccione selvatico, Coracias garrulus
Linnaeus, 1758 ghiandaia marina, Cuculus canorus Linnaeus, 1758 cuculo, Dendrocopos
major (Linnaeus, 1758) picchio rosso maggiore, Falco biarmicus Temminck, 1825 lanario,
F naumanni Fleischer,1818 grillaio, F peregrinus Tunstall, 1771 pellegrino, Gallinula
chloropus (Linnaeus, 1758) gallinella d’acqua, Hirundo rustica Linnaeus, 1758 rondine,
Lanius collurio Linnaeus, 1758 averla piccola, L. senator Linnaeus, 1758 averla capirossa,
Melanocorypha calandra (Linnaeus, 1766) calandra, Milvus migrans (Boddaert,1783)
nibbio bruno, M. milvus (Linnaeus, 1758) nibbio reale, Neophron percnopterus (Linnaeus,
1758) capovaccaio, Oriolus oriolus Linnaeus, 1766 rigogolo, Otus scops (Linnaeus, 1758)
assiolo, Picus viridis Linnaeus, 1758 picchio verde, Sylvia melanocephala Gmelin, 1789
occhiocotto.
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CHIROTTERI
Barbastella barbastellus (Schreber, 1774) barbastello, Miniopterus schreibersii (Natter in
Kuhl, 1819) (miniottero), Myotis blythi (Tomes, 1857) (vespertilio di Blith), Myotis capaccinii
,(Bonaparte, 1837) (vespertilio di Capaccini), Myotis myotis (Borkhansen, 1797) (vespertilio
maggiore),
ANFIBI
Bombina variegata (Linnaeus, 1758) (ululone a ventre giallo), Triturus cristatus carnifex
(Laurenti, 1768).
RETTILI
Elaphe quatuorlineata (Lacépède,1789) (cervone), Emys orbicularis (Linnaeus, 1758)
testuggine d’acqua, Elaphe situla (Linnaeus, 1758) (colubro leopardiano),
Testudo
hermanni Gmelin, 1789 testuggine comune.
Altre specie importanti di fauna :
Hystrix cristata, Linnaeus, 1758 istrice ; Lepus capensis Linnaeus, 1758 lepre sarda, Martes
foina, (Erxleben, 1777) faina ; Meles meles, (Linnaeus, 1758) tasso Mustela nivalis, Linnaeus,
1766 donnola ; Hyla arborea, (Linnaeus, 1758) raganella ; Triturus italicus,(Peracca,
1898)tritone italiano,
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Specie della flora caratteristiche del sito
(*) Lista Rossa Regionale e D.P.R. 55 del 18/03/05
Acinos suaveolens (S. et S.) Don.,
Aegilops geniculata Roth,
Alkanna tinctoria (L.) Tousch,
(*) Anthemis hydruntina Groves,
Anthyllis vulneraria L. ssp. praepropera (Kerner).
Asphodeline lutea (L.) Rchb,
Asphodelus microcarpus Viv.,
Aurinia saxatilis L., ecc.
Bromus erectus Hudson
Bromus tectorum L.
Carduus nutans L.,
Centaurea apula Ten.,
Dactylis hispanica Roth,
Dasypyrum villosum (L.) Borbas,
Eryngium campestre L.,
Erysimum crassistylum Presl.,
Euphorbia helioscopia L.
Ferula communis L.,
Fumana thymifolia (L.) Spach,
Helianthemum jonium Lacaita,
Hordeum murinum L.,
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Lagurus ovatus L.,
(*) Linum tommasinii Rchb.,
Marrubium vulgare L.,
Onopordon illyricum L.,
(*) Ophrys incubacea Bianca
Papaver rhoeas L.
Poa bulbosa L.,
Satureja cuneifolia Ten.,
Scabiosa pseudisetensis (Lacaita) Pign.,
(*) Serapias parviflora Par.
Teucrium polium L.,
Thapsia garganica L.,
Thymus spinulosus Ten.,
Urospermum dalechampii (L.) Schmidt,
Il territorio circostante la cava risulta ancora diffusamente interessato da attività antropiche
di medio impatto (pascolo, coltivi), che hanno consentito la conservazione di ambiti di
elevato ed valore naturalistico per quanto riguarda le peculiarità paesaggistiche e le
caratteristiche del popolamento floro-faunistico.
Tale situazione trova conferma nella presenza del sito Bioitaly “SIC, ZPS IT9220 135
Gravine di Matera”, candidato a far parte della Rete Natura 2000 in quanto di verificata e
riconosciuta importanza a livello internazionale per la conservazione di specie animali e
vegetali e dei loro habitat di pertinenza (Direttiva “Uccelli” 79/409/CEE; Direttiva “Habitat”
92/43/CEE).
In accordo con la normativa regionale vigente e riprendendo le indicazioni del Piano
Strutturale Provinciale di Matera, l’Unità morfologica e Paesaggistico/Ambientale” del
territorio risulta essere il ”Tavolato Carbonatico del Materano”.
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6.4 DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE NATURALE
L’orografia della zona è in gran parte determinata dall’andamento della roccia calcarea.
La cava, è ubicata lungo la strada Matera-Ginosa ed interessa la parte basale di una piccola
collina.
La vegetazione naturale, nei dintorni della cava, si presenta poco rappresentativa in
quanto la zona è intensamente sottoposta a sfruttamento agro-zootecnico.
Lungo il bordo della cava, poche sono le zone in cui la vegetazione naturale, non ha
subito, nel corso degli ultimi secoli, modificazioni dovute alla coltivazione e/o al pascolo del
bestiame.
Persistono però nelle immediate vicinanze dell’area di cava, ex coltivi in cui si nota
un’evoluzione della flora erbacea spontanea, con la presenza sporadica di esemplari
arboreo-arbustivi di Perastro (pyrus amygdaliformis) e di ginepro rosso (Juniperus
oxycedrus).
Lo sviluppo di formazioni con dominanza di ginepri ed in particolare di ginepro rosso
(Juniperus oxycedrus) e ginepro fenicio (Juniperus phoenicea) porta all’individuazione di un
nuovo habitat di interesse comunitario denominato “Matorral arborescenti di Juniperus spp.”
codice 5230.
Lo stato di evoluzione di questi ambienti, è ancora di basso grado, ma sicuramente, se
non soggette ad ulteriori pressioni, queste zone si evolveranno formando matorral di ginepro
indotti dalla selezione da parte del bestiame pascolante.
Per quanto riguarda questa specie, gli studi indicano che il pulviscolo atmosferico
potrebbe influenzare negativamente l’impollinazione e quindi la sua riproduzione e diffusione
nel territorio. Le attività antropiche che determinano un aumento del pulviscolo atmosferico
creerebbero perciò interferenze negative all’esistenza di queste specie.
Alcune zone, in particolare quelle a valle di terreni sfruttati per il pascolo, sono
interessate da vegetazione di origine antropica caratterizzate da una spiccata nitrofilia, e
dominate dal romice (rumex spp.).
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6.4.1 CARATTERISTICHE PAESAGGISTICO-AMBIENTALI
La cava oggetto di valutazione si trova lungo il margine orientale del SIC-ZPS Gravine di
Matera, nella parte rappresentata da un altopiano calcareo con una quota media sul livello
del mare di 450 m., questo altopiano rappresenta la naturale prosecuzione verso occidente
delle più estese Murgie Pugliesi.
Tutta l’area è interessata da profonde incisioni della roccia calcarea dovute all’azione
erosiva dell’acqua che ha scavato queste forre, probabilmente lungo direttrici già
determinate da linee di faglia.
La murgia materana appartiene alla zona pedoclimatica delle terre rosse, le quali
ricoprono i calcari cretacei con un profilo di scarso spessore, raramente superiore ai 30 cm.
La terra rossa si accumula a causa degli agenti atmosferici nelle fratture della roccia,
nelle depressioni e nelle vallette, le quali costituiscono, in molti casi , l’unica risorsa di suolo
per la vegetazione che si adatta alle difficili condizioni pedoclimatiche di questa zona.
Il clima è in generale di carattere mediterraneo con estati calde e alquanto asciutte e
inverni miti e relativamente umidi, mentre delle due stagioni di passaggio, l’autunno appare
più stabile e mite della primavera.
La grande eterogeneità morfologica del territorio, determina insieme alle condizioni di
esposizione, la presenza di diversi microclimi localizzati, i quali determinano la
diversificazione delle tipologie vegetazionali e severi adattamenti delle specie che
selezionano e creano polimorfismo nelle piante interessando l’habitus, le dimensioni, la
tomentosità, le forme pulvinate, reptanti, ecc.
Il diagramma ombrotermico (climogramma), mostra l’impronta tipicamente mediterranea
del clima della Murgia Materna, con un lungo periodo secco di quattro mesi che va da
giugno a settembre; questo andamento climatico è in pieno accordo con l’elevata presenza
di specie sclerofille, con larga presenza di specie più mesofile, giustificate dalla presenza di
inverni più freschi ed estati meno aride rispetto alla condizione tipica della fascia di
vegetazione termofila costiera.
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Tab. 1 - Sistema Naturalistico Ambientale del territorio del SIC-ZPS Gravine di Matera Cod.
IT9220135
Tipologia ambientale
Corridoi
di
Continuità
Elemento ambientale
•
SISTEMA GEOLITOLOGICO,
DELLE GRAVINE
•
•
sito Bioitaly (SIC e ZPS)
Parco Regionale archeologico – storico -naturale “Chiese
Rupestri del Materano”
lembi residui di foreste con specie subendemiche
(Quercus
troiana),
emergenze
geomorfologiche
caratteristiche dell’unità di paesaggio quali i morfotipi
rupestri;
MORFOLOGICO E
NATURALISTICO
Ambientale
•
Areali di Valore
•
EMERGENZE
STORICHE,
ARCHEOLOGICHE.
ARTISTICHE,
ARCHITETTONICHE,
•
cave di pietra;
•
DISCARICHE ABUSIVE NELLE CAVE DIMESSE E NELLA GRAVINA.
•
•
•
•
insediamenti rurali abbandonati;
terreni percorsi da incendio;
terreni soggetti alla pratica dello spietramento
terreni soggetti ad eccessivo carico di pascolo
•
BUFFERING AREAS INTORNO ALLE ZONE URBANIZZATE E/O
INDUSTRIALIZZATE.
•
territori considerati come Corridoi ecologici ed Areali di
valore all’interno e/o in prossimità dei quali vengono
svolte, anche in modo non continuativo, attività
considerate fattori di rischio, instabilità e degrado di cui
ai punti precedenti.
terreni percorsi da incendio
Areali di Rischio
Areali di Abbandono e Degrado
Areali di Conflittualità
Areali di Frattura della continuità •
morfologico-ambientale
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6.4.2 TIPOLOGIE AMBIENTALI E DI VEGETAZIONE
Pseudosteppa: Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli
Codice Direttiva “Habitat” 62.
Gli ambienti circostanti la cava sono caratterizzati da una vegetazione naturale e
seminaturale, riferibile a due tipologie di Habitat elencate nell’allegato I della Direttiva 92/43
CEE, e precisamente: “Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei TheroBrachypodietea”, codice Habitat *6210 e “Formazioni erbose secche seminaturali e facies
coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia)” codice Habitat 6220.
Caratterizzazione ecologica e fisica
I siti di queste tipologie sono dominati da vegetazione erbacea annuale.
Tra le graminacee più frequenti si trovano Brachypodium ramosum, Brachypodium
dystachium, Stipa sp. pl. e Vulpia sp. pl.; sono frequenti anche le leguminose (Scorpiurus
muricatus, Coronilla scorpioides, Trifolium campestre, Medicago sp.pl.) e altre specie, come
Reichardia picroides, Hypochoeris achyrophorus, Linum strictum, eccetera.
In questi siti, che sono legati alla presenza di affioramenti rocciosi carbonatici, si trova una
vegetazione mediterranea erbacea terofitica, riferibile alla Thero-Brachypodietea ma anche
alla Lygeo-Stipetea e alla Tuberarietea guttatae (Brachypodietalia distachi); spesso tali
fitocenosi si presentano in contatto con ampelodesmeti e con cenosi camefitiche riferibili alla
Rosmarinetea.
I siti del gruppo sono interessati da clima tipicamente mediterraneo. La vegetazione è
frequentemente interessata da episodi di disturbo, soprattutto costituiti da incendi.
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Consumi di risorse idriche
La lavorazione degli inerti nell’ambito dell’attività di cava comporta l’utilizzo di un impianto nel
quale viene introdotta acqua . L’acqua utilizzata proviene dalla rete di Acquedotto Lucano.
Indicatori
Sono indicatori di uno stato di buona conservazione:
•
la ricchezza di specie;
•
la presenza di elementi seriali prossimi alla tappa matura;
•
un basso numero di specie cosmopolite (<10% della flora in un popolamento
elementare);
•
un basso valore di copertura di specie nitrofile;
•
la presenza di Uccelli tipici di steppe aride, quali Coturnice e Calandra.
Possibili minacce
•
Localizzati fenomeni di degradazione del suolo per compattazione, dovuti a calpestio.
•
Localizzati fenomeni di degradazione del suolo per erosione (idrica incanalata).
•
Pascolo non controllato.
•
Incendio.
Indicazioni per la gestione
Poiché si tratta di siti caratterizzati prevalentemente da fitocenosi a carattere secondario,
nella maggior parte dei casi è auspicabile che vengano mantenuti i processi e gli usi che ne
hanno determinato la presenza. Le zone con copertura vegetale di questo tipo, dovrebbero
essere destinate all’evoluzione spontanea, verso termini più maturi delle diverse serie di
vegetazione.
Per quanto riguarda il pascolo è essenziale che nel sito venga predisposto un piano di uso
compatibile, capace d’integrare l’esigenza produttiva con la conservazione della biodiversità.
Nelle zone soggette a rischio di compattazione del suolo, occorre regolare opportunamente il
traffico veicolare e pedonale e nelle zone interessate da fenomeni di erosione occorre ridurre
al minimo le azioni che li possano innescare, come l’apertura di nuove strade.
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Coltivi
Nella zona pianeggiante, intorno al bordo della cava, sono presenti superfici coltivate;
occupate prevalentemente da seminativi a ciclo annuale e qualche sporadico pino (Pinus
spp.).
Alcuni dei coltivi presenti in zona, appaiono in stato di abbandono relativamente recente,
evidenziando un’evoluzione solo iniziale con la presenza di specie erbacee spontanee e
alcuni isolati esemplari di ginepro (Juniperus oxycedrus) e perastro (Pirus amygdaliformis).
6.5. FAUNA
L’importanza avifaunistica dell’area va oltre i confini regionali assumendo il ruolo di sito
importante per la protezione di specie quali il Grillaio (Falco naumanni), il Biancone
(Circaetus gallicus), il Lanario (Falco biarmicus), il Capovaccaio (Neophron percnopterus), il
Gufo reale (Bubo bubo). In generale, le gravine di Matera, insieme alle Gravine dell’arco
ionico presentano una elevata diversità di specie di rapaci, sia diurni che notturni, quali
Gheppio (Falco tinnunculus), Barbagianni (Tyto alba), Civetta (Athena noctua), Gufo comune
(Asio otus), Assiolo (Otus scops).
Gli ambienti rupicoli delle gravine ospitano numerose altre specie quali il Corvo imperiale
(Corvus corax), la Ghiandaia marina (Coracias garrulus), il Passero solitario (Monticola
solitarius),
la
Monachella
(Oenanthe
hispanica),
lo
Zigolo
capinero
(Emberiza
melanocephala).
Gli aspetti faunistici relativi alla classe del Mammiferi sono meno evidenti rispetto alla
componente avifaunistica, comunque sono rilevabili nell’area specie assenti o rare nelle altre
aree regionali. Di particolare interesse sono la presenza dell’Istrice (Hystrix cristata) e la
presenza estremamente rara del Gatto selvatico (Felis silvestris). Il contesto ambientale
ancora in buono stato rende possibile la presenza di numerose altre specie di mammiferi
come la Faina (Martes foina), la Donnola (Mustela nivalis), il Tasso (Meles meles), la Volpe
(Vulpes vulpes). Mancano totalmente specie di grandi dimensioni ad eccezione del Cinghiale
(Sus scrofa) frutto di vecchi ripopolamenti a scopo venatorio in aree limitrofe.
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Scarsissimi sono i dati relativi alla componente microteriologica. Di rilievo sono la presenza
del Rinolofo di Mehely (Rinolophus mehelyi) che ha nella confinante Puglia meridionale una
delle poche e più importanti aree di distribuzione dell’Italia peninsulare, e del Moscardino
(Muscardinus avellanarius).
Le componente erpetologica, evidenzia come l’area in questione sia molto ricca di specie
particolarmente interessanti, alcuni esempi sono rappresentati dalla presenza di specie di
origine balcanica come il Geco di Kotschy (Cyrtodactylus kotschyi) ed il Colubro leopardino
(Elaphe situla).
Un recente studio dell’Università di Bari in collaborazione con l’Ente Parco della Murgia
Materana sulla macro-entomofauna del Parco, ha permesso di determinare 403 specie
appartenenti a 15 ordini (vedi figura) e 105 famiglie.
L’elevato numero di specie campionate evidenzia l’assoluto rilievo della componente
entomologica, a cui si associa di conseguenza un elevato grado di biodiversità, dandoci
inoltre indicazioni riguardo l’originale assetto fitocenotico dell’area in questione.
ORTHOPTERA
6%
HYMENOPTERA
8%
ODONATA
3%
ALTRI
2%
LEPIDOPTERA
27%
COLEOPTERA
39%
DIPTERA
6%
NEUROPTERA
2%
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RHYNCHOTA
7%
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La presenza del cerambicide della quercia (Cerambix cerdo) attesta la presenza in
passato, di ampie formazioni boschive di leccio, a cui il coleottero ed in particolare le sue
larve xilofaghe sono intimamente legate.
Formazioni a dominanza di leccio sono ancora presenti in forma residuale nel territorio del
Parco ed in particolare sono diffuse nelle zone meno accessibili (gravine, scarpate, impluvi)
si constata inoltre, la presenza di quattordici specie di Carabidi (Carabus violaceus, Calathus
cinctus Motschulsky, Calathus fuscipes fuscipes, Calosoma sycophanta, Carabus coriaceus
coriaceus, Carabus morbillosus morbillosus, Cicindela campestris campestris, Cychrus
italicus, Cymindis axillaris, Harpalus affinis, Harpalus rubripes, Laemostenus cimmerius
cimmerius, Pterostichus melas italicus, Trechus subnotatus), considerati a livello
internazionale uno dei gruppi di bioindicatori più affidabili della qualità complessiva
dell’ambiente.
I carabidi si ritrovano in foreste, su suoli nudi o comunque con vegetazione erbacea o
arborea poco densa, ed in habitat come pascoli, praterie e steppe, questa varietà di nicchie
ecologiche occupate dai vari gruppi tassonomici appartenenti alla famiglia dei carabidi, ci
permette di indicare il territorio considerato ad alto pregio naturalistico.
Un aspetto particolarmente interessante, che determina la creazione di numerose nicchie
ecologiche, è rappresentato dalla formazione di uno spiccato gradiente termico ed
igrometrico all’interno delle gravine. Questo fa sì che procedendo dal margine superiore al
fondo della gravina si susseguono comunità vegetali ed animali che richiedono condizioni
edafo-climatiche differenti, dando luogo sul fondo, alla formazione di una vegetazione più
mesofila e rendendo possibile la vita di organismi animali che occupano nicchie ecologiche
differenti.
Questi ambienti, caratterizzati nei mesi più piovosi, dalla presenza di raccolte di acqua
temporanea, sono, il rifugio ideale di numerose specie di anfibi altrimenti rari, come l’Ululone
appenninico (Bombina pachypus), il Tritone italico (Triturus italicus), la Raganella italiana
(Hyla intermedia) e rettili come la Biscia dal collare (Natrix tessellata), questi temporanei
ristagni d’acqua permettono anche la vita di numerosi invertebrati che conducono tutto il ciclo
vitale o parte di esso nell’acqua o a stretto contatto con essa.
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6.6
INFORMAZIONI SULLO STATUS LEGALE E STATUS ECOLOGICO DELLE
SPECIE FAUNISTICHE PRESENTI NEL SIC-ZPS GRAVINE DI MATERA
(COD.IT9220135).
Le informazioni in tabella fanno riferimento alle seguenti normative:
-
Direttiva CEE 92/43 “Habitat” (all. I, e IV)
-
Direttiva CEE 79/409 “Uccelli”
-
Convenzione di Berna ratifica CEE 82/72 sulla conservazione della vita selvatica e
l’ambiente naturale in Europa (all. II e III)
-
Status – composizione fenologica della fauna presente nella ZPS (fenologia da
applicare all’avifauna, per tutti gli altri verrà segnalato convenzionalmente “SB”).
Legenda (fenologia): B=nidificante (Breeding), viene indicato anche se la spece è
sedentaria; S=Sedentaria (Sedentary), viene sempre abbinato a B; M=migratrice
(Migratory), in questa categoria sono incluse anche le specie dispersive e quelle che
compiono erratismi di una certa portata; W=Svernante (Wintering), in questa
categoria sono incluse anche specie la cui presenza non sembra assimilabile a un vero e
proprio svernamento; Reg=Regolare (Regular), viene normalmente abbinato solo a
“M”; Irr=Irregolare (Irregular), viene abbianto a tutti i simboli; Par=Parziale
(Partial), viene abbinato a “SB” per indicare specie con popolazioni sedentarie e
migratrici, se abbinato a “W” indica che lo svernamento riguarda solo una parte della
popolazione migratrice; ?=può seguire ogni simbolo e significa dubbio.
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Dir.
Dir.
Dir.
Uccelli all. Habitat all. Habitat all.
I
II
IV
Convenzione
Convenzione
di Berna all.
di Berna all.
II
III
STATUS
Mreg,
Nitticora
(Nycticorax
nycticorax)
Mreg
Sgarza
ciuffetto
(Ardeola ralloides)
Mreg
Falco
pecchiaiolo
(Pernis apivorus)
Mreg, B
Nibbio bruno
(Milvus migrans)
SB, Mreg,
Nibbio reale
Wpar
(Milvus milvus)
Mreg, B
Capovaccaio
(Neophron
percnopterus)
Mreg, B
Biancone
(Circaetus gallicus)
Mreg, B,
Grillaio
Wpar
(Falco naumanni)
Mirr
Falco cuculo
(Falco vespertinus)
SB
Lanario
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(Falco biarmicus)
SBirr
Pellegrino
(Falco peregrinus)
Mreg, B,
Occhione
W
(Burhinus
oedicnemus)
SB
Gufo reale
(Bubo bubo)
Mreg, B
Succiacapre
(Caprimulgus
europaeus)
SB, Mreg,
Martin
W
pescatore
(Alcedo atthis)
Mreg, B
Ghiandaia
marina
(Coracias garrulus)
SB
Calandra
(Melanocorypha
calandra)
Mreg, B
Calandrella
(Calandrella
brachydactyla)
Mreg,
Tottavilla
B?,Wpar
(Lullula arborea)
Mreg, B
Calandro
(Anthus campestris)
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Mreg, B
Averla piccola
(Lanius collurio)
Mreg, B
Averla
cenerina
(Lanius minor)
SB
Testuggine di
Hermann
Testudo hermanni
SB
Testuggine
palustre
Emys orbicularis
SB
Rospo
smeraldino
Bufo viridis
SB
Biacco
Coluber viridiflavus
SB
Cervone
Elaphe quatorlineata
SB
Colubro
leopardino
Elaphe situla
SB
Natrice
tassellata
Natrix tessellata
SB
Tritone
italiano
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Triturus italicus
SB
Carabo
varioloso
Carabus variolosus
SB
Capricorno
maggiore
Cerambyx cerdo
SB
Arge
Melanargia arge
SB
Zerinzia
Zerynthia polyxena
SB
Saga
Saga pedo
SB
Cervo volante
Lucanus cervus
Hystrix cristata
SB
Meles meles
SB
Martes foina
SB
Felis silvestris
SB
TOTALE
SPECIE
40
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Nell’area del Parco della Murgia Materana si constata la presenza di ben 22 specie di Uccelli
presenti in allegato I della Direttiva "Uccelli". Tra queste, due specie, Lanario e Grillaio,
sono considerate prioritarie. Diciassette specie sono nidificanti, Nibbio bruno, Nibbio reale,
Capovaccaio, Biancone, Grillaio, Lanario, Occhione, Gufo reale, Succiacapre, Martin
pescatore, Ghiandaia marina, Calandra, Calandrella, Totavilla, Calandro, Averla piccola e
Averla cenerina, mentre due, Falco pecchiaiolo e Pellegrino sono migratori e/o svernanti.
Sono presenti ancora, cinque specie di rettili, due di anfibi, sei di insetti, quattro mammiferi,
elencati negli allegati della Direttiva “Habitat” e venti specie di uccelli, sei di rettili, due
anfibi, quattro insetti e due mammiferi elencati negli allegati della Convenzione di Berna.
La cospicua presenza di specie, protette da queste fondamentali norme finalizzate alla
protezione dell’Ambiente, impone, in questi territori, un’attenta analisi del rischio di perdita di
biodiversità, in quanto un singolo fattore di disturbo, potrebbe, in particolari condizioni portare
alla scomparsa definitiva da questo territorio di taxon compresi negli allegati suddetti.
6.6.1 INTERFERENZE SULLE COMPONENTI ABIOTICHE
L'area, già notevolmente antropizzata, è inserita in un contesto che appare notevolmente
caratterizzato dalla presenza di infrastrutture pubbliche e private.
Non si prevede una sottrazione di suolo oltre quella già sottratta in passato interessante
aree comunque non occupate da habitat prioritari .
Per quanto concerne la componente aria non si avrà un aumento della polverosità nelle fasi
di lavoro in quanto l’azienda è già dotata di impianti di abbattimento polveri .
Non vi sarà alcuna interferenza sulla componente acqua.
In relazione alle opere previste in questo progetto si può asserire che non vi saranno
interferenze significative sul suolo, sul sottosuolo e sulle falde idriche sotterranee in quanto
site a profondità di circa 250 mt.
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6.6.2 .
INTERFERENZE SULLE COMPONENTI BIOTICHE
Vegetazione
La grande varietà di habitat e la conseguente biodiversità di specie animali e vegetali, di cui
molte endemiche, rare, vulnerabili ed a rischio di estinzione, è indicatrice della lunga
continuità ecologica di questo territorio che tuttavia ha subito notevoli interventi di
trasformazione dell’assetto territoriale.Il ripristino ed il mantenimento di questi habitat, in
condizioni di stabilità idrogeologica, non presentano particolari problemi, in quanto la
maggior parte delle specie hanno rapida velocità di accrescimento e di propagazione
vegetativa. Attualmente il disturbo causa di degradazione e regressione di questi habitat,
viene provocato dal pascolo intenso e dai periodici incendi che si verificano nei periodi più
aridi e che vengono appiccati alle formazioni arbustive a copertura più elevata allo scopo di
effettuare diradamenti da utilizzare come pascoli.
Non si avrà interferenza diretta e indiretta sulle specie indicate nella scheda identificativa del
sito di interesse comunitario se comunque saranno rispettate le indicazioni e i divieti elencati
nei paragrafi successivi che riguardano in particolare metodologie di scavo e di
movimentazione.
Fauna
L'area della murgia lucana e pugliese rappresenta il sito di maggior importanza come area
trofica per la popolazione di Grillaio della penisola italiana. Migliaia di coppie dipendono per
la loro alimentazione da questo sito. La disponibilità di siti di nidificazione rappresenta un
fattore limitante importante nel controllo della dinamica di popolazione e del successo
riproduttivo degli uccelli rapaci . La nidificazione in habitat urbano determina un diverso
rapporto tra costi e benefici rispetto ad un habitat naturale o semi-naturale . Per il Grillaio i
benefici di nidificare nei centri urbani consisitono, essenzialmente, nella maggiore
disponibilità di cavità per nidificare e in una minore probabilità di essere predati al nido. I
costi sono, invece, attribuibili al maggiore dispendio energetico per procurarsi il cibo a causa
della non coincidenza tra habitat trofico e riproduttivo .
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Nell'area di diffusione della popolazione apulo-lucana le colonie sono situate esclusivamente
in aree urbane (colonie sinantropiche) legando fortemente la disponibilità di siti di
nidificazione alle attività umane. In particolare è stato possibile evidenziare come la causa
principale che determina perdita di siti di nidificazione sia rappresentata dall'attività di
ristrutturazione di tetti e solai e chiusura delle cavità murarie riguardanti, in particolare, le
vecchie costruzioni dei centri storici.
Si ritiene, in generale, che quest'area si può considerare di secondaria importanza come
area trofica per la popolazione di Grillaio.
6.6.3 CONNESSIONI ECOLOGICHE
La rete ecologica si configura come un sistema di connessione naturale e ambientale il cui
fine è quello di legare tra loro ambiti territoriali provvisti di maggiore naturalità, recuperando
tutti quegli ambienti superstiti e dispersi nel territorio che hanno mantenuto una struttura
originaria, meglio integrata con la comunità locale. In vista di ciò bisogna sempre evitare che
le opere costituiscano un effetto barriera per poter conservare un sistema ecologico
completo.
L’allocazione e la coltivazione della cava ha interrotto gli habitat agricoli
nonché l’habitat
trofico di alcune specie animali. Nel caso in questione si possono individuare le seguenti
situazioni di disturbo della connetività ecologica:
a) presenza di barriere artificiali continue costituite da manufatti lineari; è il caso della strada
provinciale;
b) presenza di barriere puntuali artificiali entro una matrice naturale continua
o presenza di
aree naturali di varia geometria entro una matrice a bassa permeabilità che può essere la
stessa cava;
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L’impatto non dovrà essere inteso in termini di riduzione degli habitat, in quanto
l’intervento ricadrà in aree già interessate dalla coltivazione di cava ma dovrà essere inteso
soprattutto in termini di disturbo che potrà arrecare indirettamente sugli habitat contermini.
Si ritiene, sulla base del progetto di sistemazione dell’area di cava, la continuità laterale tra
gli stessi ambienti e gli stessi habitat non sarà interrotta, quindi il grado di interconnessione e
interscambio non sarà intaccato.
6.6.4
DESCRIZIONE
DELLE
MISURE
DI
MITIGAZIONE
E
ATTENUAZIONE PROPOSTE CHE SI INTENDONO ADOTTARE PER
RIDURRE O ELIMINARE LE INTERFERENZE SULLE COMPONENTI
AMBIENTALI ALLO SCOPO DI GARANTIRE LA COERENZA GLOBALE
CON I SITI DI RETE "NATURA 2000"
Sulla base di quanto scaturito dallo studio delle interferenze sulle componenti biotiche e
abiotiche è possibile descrivere le misure di salvaguardia (attenuazione e mitigazione ) in
riferimento agli habitat e alle specie per i quali il SIC è stato designato e alla integrità del sito
stesso.
La dimensione relativamente modesta dell’area della cava, non permette di analizzare una
specifica comunità faunistica.
Vi è però da riferire che la zona della cava rientra all’interno del contesto delle aree trofiche
per l’alimentazione di alcune specie di uccelli ed in particolare del Grillaio (Falco naumanni).
La dimensione relativamente limitata della cava e la sua collocazione, non la rendono di
primaria importanza per le attività trofiche del falco grillaio, a causa dell’intenso sfruttamento
agricolo della zona e della presenza nelle immediate vicinanze di infrastrutture lineari quali
una linea elettrica dell’alta tensione e la strada Matera – Ginosa.
Per quanto riguarda la fauna, l’attività di estrazione di materiale calcareo potrebbe
impattare negativamente tramite la produzione di rumore derivante dalle attività di cava e di
frantumazione del materiale cavato, per cui il livello di rumore prodotto sarà rilevato e
monitorato al fine di mantenerlo nell’ambito di livelli accettabili.
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La frantumazione del materiale calcareo potrebbe essere motivo di incidenza, a causa
delle polveri che si liberano nell’atmosfera.
A tal proposito bisogna sottolineare che l’impianto di frantumazione è ubicato nella zona
più prossima alla strada, per cui è abbastanza distante dalle zone occupate da habitat
prioritari appartenenti al SIC – ZPS.
Minacce e fattori limitanti attuali
Categorie faunistiche
su cui agiscono
Spietramento degli habitat steppici
Uccelli,
invertebrati
terrestri
Abbandono della pastorizia
Uccelli,
invertebrati
terrestri
Impianto di vigneti
Uccelli, mammiferi
Riforestazione naturale e artificiale
Uccelli,
mammiferi,
invertebrati
Pesticidi ed altri agenti inquinanti
Uccelli, mammiferi, anfibi e
rettili, invertebrati terrestri
Caccia e bracconaggio
Uccelli, mammiferi
Illuminazione notturna
Invertebrati terrestri
Urbanizzazione e sviluppo industriale
Uccelli,
invertebrati
terrestrii
Ristrutturazione dei centri storici
Uccelli
Disturbo e distruzione dei dormitori
Uccelli
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Polverosità
Anfibi e rettili, invertebrati
terrestri
Produzione di rumore
Uccelli, mammiferi, anfibi e
rettili
Incendi
Mammiferi, anfibi e rettili,
invertebrati
Gestione forestale
Invertebrati terrestri
Catture, collezionismo
Uccelli,
anfibi
e
rettili,
invertebrati terrestri
Elettrocuzione e collisione contro i cavi Uccelli
elettrici
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6.6.5
•
AZIONI DI MITIGAZIONE AGLI IMPATTI PIÙ SIGNIFICATIVI.
Già la polverosità indotta dal macchinario frantumattore di materiale calcareo
mediante l’installazione di sistemi di abbattimento delle polveri dà buoni risultati ma
risulta importante il successivo buono stato di efficienza del macchinario stesso.
L’efficacia dell’azione sarà assicurata dal monitoraggio periodico nelle aree esterne
alla cava ( 2 volte all’anno) dell’entità delle polveri emesse. Nel caso i sistemi di
abbattimento non risultassero adeguatamente efficienti, la frantumazione del
materiale non dovrà avvenire in giornate particolarmente ventose.
•
Impiego dell’illuminazione notturna nelle zone aperte solo in misura strettamente
necessaria in quanto costituisce motivo di forte disturbo e danno per la fauna
notturna e migratoria. A tale scopo è necessario adottare misure di mitigazione che
prevedono l’utilizzo di lampade schermate con reti che diminuiscano i danni per
l’entomofauna notturna (Lepidotteri, Coleotteri ed Imenotteri) attratta dalla forte luce e
adottare fari direzionati solo sulle zone da illuminare.
•
Evitare di produrre elevati livelli di emissioni rumorose ( ad esempio con l’aumento di
mezzi meccanici rispetto alla norma) durante i mesi da Aprile a Settembre, periodo in
cui il falco grillaio torna dai siti di svernamento per la stagione riproduttiva. Eseguire la
migrazione del rumore almeno 1 volta all’anno nei punti già indagati e indicati in
allegato.
•
Sarebbe opportuno, in fase di ripristino della cava, favorire la creazione di raccolte
temporanee di acqua in continuità con gli impluvi sfocianti nell’area di cava ed ormai
interessati dal taglio della parete sud della cava stessa, in modo da creare habitat
ideali per la vita di anfibi rettili ed invertebrati.
•
divieto assoluto di allargamento della superficie interessata dalla cava.
•
limitare l’accesso veicolare alla cava utilizzando la viabilità interna già esistente,
evitando la costituzione di nuove strade e/o percorsi al di fuori dell’area di cava.
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•
bagnare le strade presenti all’interno della cava durante la fase di esercizio dei mezzi,
ed in particolare durante i periodi più caldi dell’anno, tutte le volte necessarie affinché
i mezzi non producano polverosità, che si andrebbe a sommare a quella prodotta
dalla macchina frantumatrice di materiale calcareo.
•
riutilizzare in sito il terreno vegetale rimosso in fase di scavo.
•
Evitare di formare di gradini morfologici all’intersezione tra l’area di cava e i due
canali laterali. Queste zone rivestiranno il ruolo di tramite di connessione ecologica.
•
In fase di ripristino ambientale utilizzare solo specie vegetali autoctone e di
provenienza locale, evitando l’introduzione di specie aliene a comportamento
infestante (es.: ailanto, robinia, agave, ecc.)
•
Divieto assoluto di utilizzazione di cariche esplosive.
•
Divieto di effettuare riparazioni ai mezzi meccanici all’interno dell’area di cava
Impatti potenziali, entità e mitigazioni
Sulla base della relazione descrittiva delle caratteristiche ambientali e degli habitat presenti
nel territorio circostante la cava viene di seguito riportata una valutazione qualitativa dei
potenziali impatti sul sistema ambientale al fine di potere controllare, modificare e
minimizzare le possibili incidenze sul sito.
Tali analisi e valutazioni sono sintetizzate in tabelle (1,2), di seguito riportate.
Nell’ultima tabella (tab. 2) sono inoltre riportate possibili mitigazioni agli impatti più
significativi.
Nella tabella 1 vengono evidenziate le tipologie di impatto predefinite dal progetto sulle
principali
componenti
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abiotiche
dell’ambiente
(Aria,
Acqua,
Suolo,
Paesaggio).
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6.7
ELENCO DI SPECIE AUTOCTONE CHE È POSSIBILE UTILIZZARE IN
FASE DI RIPRISTINO DELLA CAVA
Piante arboree
Piante arbustive
Piante erbacee
Arbutus unedo
Anagyris fetida
Anthemis hydruntina
Celtis australis
Arbutus unedo
Asyneuma limonifolius
Cornus mas
Cornus mas
Campanula versicolor
Cercis siliquastrum
Crataegus monogyna
Aurinia saxatilis
Ficus carica
Juniperus phoenicea
Capparis spinosa
Olea europea
Pistacia terebinthus
Centhranthus ruber
Prunus armeniaca
Pistacia lentiscus
Centaurea centaurioides
Prunus dulcis
Rhamnus alaternus
Centaurea apula
Punica granatum
Cistus creticus
Centaurea centaurioides
Pyrus amygdaliformis
Cistus monspeliensis
Centhranthus ruber
Quercus ilex
Cistus salvifolius
Dianthus garganicus
Quercus trojana
Coronilla emerus
Erysimum cheiri
Quercus virgiliana
Coronilla valentina
Dictamnus albus
Tamarix gallica
Myrtus communis
Helichrysum italicum
Ziziphus jujuba
Rosmarinus officinalis
Hermodactylus tuberosus
Thymus capitatus
Hyosciamus albus
Iris collina
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Iris pseudopumila
Leopoldia comosa
Linum tommasinii
Malope malacoides
Malva sylvestris
Matthiola fruticulosa
Narcissus tazetta
Origanum heracleoticum
Paeonia mascula
Salvia argentea
Salvia officinalis
Satureia cuneifolia
Satureia montana
Tussilago farfara
Tulipa sylvestris
Thymus spinulosus
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Proponente
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6.8 NOTE CONCLUSIVE
In considerazione di quanto precedentemente espresso si ritiene non sia prescrivibile
l’attuazione di misure di compensazione in quanto non si prevedono incidenze significative
sul sito di interesse comunitario.
Le azioni di progetto previste riguardano l ampliamento volumetrico in proiezione dell’area
già autorizzata finalizzata al ripristino ambientale dell’area di cava stessa senza aggiunta di
nuove superfici; tali azioni non interesseranno alcuna porzione di habitat in aggiunta alla
superficie già scarificata quindi non saranno perse ulteriori superfici di habitat. Le azioni non
arrecheranno disturbi all’assetto generale del sito. Quindi le misure di mitigazione previste
consentono di salvaguardare l’area da azioni indotte di nocumento al sito.
In conclusione, sulla base di quanto fin qui esplicitato, nel rispetto di quanto espresso
riguardo alle azioni di mitigazione proposte e in considerazione delle superfici interessate dal
progetto, si ritiene che l’area pSIC/ZPS
contrassegnata con il codice IT9220 135 tipo: C e
denominata Gravine di Matera, resterà salvaguardata
in riferimento agli habitat e alle
specie per i quali il sito è stato designato e alla integrità del sito stesso,
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7. VALUTAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE
7.1 METODOLOGIA
Verrà di seguito adottata una metodica di analisi mirata ad individuare esclusivamente gli
impatti dell'opera sull'ambiente circostante e non verranno volutamente considerati i notevoli
impatti socio-economici (estremamente positivi) in quanto si è voluto dimostrare come anche
senza controbilanciare gli eventuali impatti negativi sull'ambiente (con i riflessi positivi in
termini di occupazione, indotto, ecc.) l'opera abbia un basso impatto sullo stesso e abbia
quindi tutti i requisiti per essere realizzata, in funzione anche del fatto che alla realizzazione
di nuove linee produttive sono legate le intenzioni e le possibilità di espansione futura della
SEDA srl sul territorio in considerazione.L'ambiente è stato suddiviso in componenti secondo
una struttura gerarchica nella quale, al vertice, si possono individuare gli aspetti più sintetici
e, scendendo nella scala, quelli più disaggregati.In particolare, sono stati individuati tre livelli
gerarchici di scomposizione, definiti, dall'alto in basso, "categorie", "componenti" e "fattori".
Con il termine di "categoria" si è inteso di definire una prima scomposizione di massima
dell'Ambiente in termini molto aggregati. Le "categorie" prese in esame, tenendo conto degli
elementi fisici, antropici e naturali del territorio in esame sono quella chimico-fisica, quella
biologica e quella estetica.Con il termine "componente" si è definita una prima
disaggregazione delle "categorie".Con "fattore" si definiscono le caratteristiche del
"componente", misurabili o che si prestino ad essere analizzate.Si è quindi scelto un
approccio tramite la metodologia delle "matrici a livelli di correlazione variabile" in quanto ha
consentito di considerare contemporaneamente fattori di diversa natura, ambienti antropici,
ecc. oltre ad offrire ottimi risultati nella fase interpretativa degli stessi, in quanto ha permesso
di realizzare un "package verticale" con il quale impostare i dati, risolvere le matrici e
presentare i risultati in forma grafica.
L'utilizzo della metodologia delle "matrici a livelli di correlazione variabile" è stata possibile
solo dopo l'individuazione delle "componenti" (atmosfera, suolo, sottosuolo, vegetazione,
ambiente idrico, ecc.) e dei "fattori" (temperatura dell'aria,precipitazioni, umidità dell'aria,
ventosità,
ecc.).In
Dott. Geol. Michele Colasurdo
particolare
la
metodologia
utilizzata
ha
permesso
di
Proponente
SEDA srl
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:
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a) mettere in relazione le due liste di controllo (costituite rispettivamente una dalle
"componenti" e l'altra dai "fattori") ;
b) conseguentemente di stimare l'entità dell'impatto elementare dell'opera da realizzare su
ogni "componente ambientale".
Per un corretto uso delle matrici è necessario procedere all'attribuzione delle magnitudo,
indicate nel seguito come m, M e P, (m = magnitudo minima, M = magnitudo massima, P =
magnitudo propria).
Pertanto per ottenere un range di valori, da utilizzare come metro di confronto tra l'impatto
esercitato dall'opera in progetto sull'ambito ambientale e territoriale interessato, si sono
determinati i valori di magnitudo minima e massima. Quindi con l'assegnazione del valore di
magnitudo propria (P) si è proceduto alla determinazione dell'impatto elementare dell'opera
da realizzare sul sistema ambientale e territoriale interessato.
La metodologia prescelta nel caso della cava in studio è una analisi quantitativa di stima
globale alquanto attendibile, significativa e sintetica: trattasi di Matrici e Livelli di Correlazione
Variabili elaborati tramite il programma VIA 100 X 100 .
La modalità scelta utilizza una matrice con livelli di correlazione variabili e con sommatoria
dei valori d'influenza stabilita di volta in volta. Questa metodologia richiede attenta analisi
delle componenti e dei fattori. Dopo aver operato la scelta delle componenti da analizzare e
dei fattori da prendere in esame (scelta alla base dello Studio di Impatto Ambientale),si è
individuato l'intervallo delle magnitudo minima e massima possibili onde attribuire ad ogni
fattore la magnitudo relativa al caso in esame.
Dopo questa fase preliminare sono state evidenziate per ogni componente i diversi fattori
incidenti, nonché il relativo livello di correlazione.
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
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Il range dei valori entro il quale scegliere la magnitudo da attribuire all'effetto che i fattori
avranno sulla componente ambientale, onde consentire una maggiore leggibilità dei dati e
dei risultati, nel presente studio è l'intervallo (1 - 10).L'influenza di un fattore su una
componente può essere nulla (in assenza di correlazione) o massima (nel caso di stretta
correlazione) e tra i due casi estremi si può avere tutta una serie di livelli intermedi (livelli di
correlazione) che esprimono valori d'influenza di diverso peso.Nella scelta della metodologia
per la determinazione degli impatti si è tenuto presente (e potrebbe erroneamente ritenersi
un limite) del fatto che con l'utilizzo delle matrici a livello di correlazione variabile non è
possibile stimare gli impatti positivi generati dall'opera in esame ( nel caso in esame :
aumento dell'occupazione, aumento del benessere socio-economico, aumento del valore
aggiunto in Basilicata, capacità di porre l'area in situazione di competitività rispetto ai mercati
nazionali, ecc.).
7.1.1
LISTA DELLE COMPONENTI E DEI FATTORI CON RELATIVE
DESCRIZIONI
LISTA DELLE COMPONENTI
L'opera in progetto influenzerà le seguenti componenti ambientali :
1. ATMOSFERA
2. SUOLO
3. SOTTOSUOLO
4. AMBIENTE IDRICO SUPERFICIALE
5. AMBIENTE IDRICO SOTTERANEO
6. VEGETAZIONE
7. ECOSISTEMI
8. PAESAGGIO
9. FAUNA
10.RUMORI
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LISTA DEI FATTORI
l. Modifiche pedologiche
2. Modifiche morfologiche
3.Caratteristiche geologiche e geotecniche
4. Stabilità dell’area
5. Drenaggio superficiale
6. Modificazioni della vegetazione
7. Perdita di habitat
8. Disturbo antropico generalizzato
9. Frammentazione del mosaico eco sistemico
10. Incidenza della visione e/o percezione
11. Distanza da insediamenti abitativi
12. Modifica nell'uso della rete stradale
13. Luminosità notturna del cantiere
14. Produzione di rumore
15. Produzione di polveri
16. Produzione di rifiuti
17. Riduzione attrattività turistica
18. Modifiche climatiche
19. Modifiche idrogeologiche
20. Modifiche chi-fis-biologiche acque superficiali
21. Modifiche chi-fis-biologiche acque sotterranee
22. Alterazione dello skyline
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23. Vicinanza a elementi naturali
24. Aumento del flusso del traffico
25. Produzione di radiazioni
26. Costi ambientali sistemazione/ dismissione
27. Gestione cava
In funzione delle problematiche sollevate nel progetto in oggetto si è deciso dl considerare 4
livelli di correlazione, con relativi fattori moltiplicativi (A = 2B, B = 2C, C = 2D, D =1) e
sommatoria dei livelli di influenza uguale a 10 (A + B + C + D=10). In fase di attribuzione dei
livelli di correlazione è stata individuata la seguente connessione tra “livello di correlazione” e
"giudizio di attribuzione".
A = ELEVATO
B = MEDIO
C = BASSO
D = MOLTO BASSO
La fase di calcolo è consistita nello sviluppo dei sistemi di equazione relativi ad ogni
componente, considerando ogni sistema equazionale composto da:
- FATTORE MOLTIPLICATIVO
- LIVELLO DI CORRELAZIONE
- INFLUENZA COMPLESSIVA DEL VALORE.
L'impatto elementare si è ottenuto cosi dalla sommatoria dei prodotti tra l’influenza ponderale
di un fattore e la magnitudo relativa, analiticamente:
ie = E ni (IpixPi)
in cui:
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ie = impatto elementare su una componente
IPi = influenza ponderale del fattore su una componente
Pi = magnitudo propria del fattore.
Si è poi sostituito (nell'equazione) il valore della magnitudo propria (elaborazione secondo
ipotesi potenziale) dapprima con la "magnitudo minima tendenziale" (elaborazione secondo
ipotesi ottimistica) e poi con la 'magnitudo massima tendenziale' (elaborazione secondo
ipotesi pessimistica) ottenendo cosi il relativo valore di impatto elementare minimo e
massimo.
Ciò ha consentito di appurare se l’impatto generato dall’opera in esame si avvicinasse a
livelli rilevanti di soglia (attenzione, sensibilità o criticità).
Contemporaneamente ciò ha permesso di considerare gli impatti generati dall’opera sia da
un punto di vista ottimistico che pessimistico e ciò ha consentito di prendere
automaticamente, in dovuta considerazione, le varie correnti di giudizio espresse da esperti
del settore. Per la rappresentazione dei risultati si è usato sempre un software che utilizza
una rappresentazione ad istogramma di facile ed immediata rappresentazione.
Analizzando i risultati si nota come tutte le componenti mostrano valori d’impatto mediobassi. Ciò è dovuto alla moltitudine di aspetti interessati e generalmente in maniera non
significativa.
Dott. Geol. Michele Colasurdo
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7.2 ELABORAZIONE DATI
Una volta individuate le "componenti ambientali" ed i “fattori ambientali” con i relativi gradi di
magnitudo (m, mt, P, M, Mt) sono stati individuati per ogni componente i livelli di correlazione
(A, B, C, D)
e la loro influenza globale; è stata inoltre assegnata l’influenza complessiva
(10). Si è passato quindi allo sviluppo delle matrici utilizzando un software capace di
calcolare gli impatti elementari mediante lo sviluppo di una matrice con 4 livelli di
correlazione ed a sommatoria variabile.
Indici dei livelli di correlazione
A=2B B=2C C = 2D D= 1
STIMA DEI FATTORI
l. Modifiche pedologiche
La realizzazione del progetto sottrarrà del suolo all’area ma questo sarà ricostituito al
termine della vita della cava. Comunque in questa fase non sarà intaccato alcun lembo di
suolo in quanto l’area risulta già scarificata.
m =1 M=5
P=2
2. Modifiche morfologiche
La realizzazione delle opere previste, rispetto alla situazione attuale, contribuirà a rendere
l’area meglio inserita nel contesto ambientale proprio. Infatti, rispetto al progetto di
ripristino originario, la nuova sistemazione dell’area con pareti meno ripide tenderà a
conformare l’area di cava al contesto ambientale circostante.
m =1
M = 10
P=4
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3.Caratteristiche geologiche e geotecniche
I caratteri geologici e geotecnici dei terreni ospitanti la cava non subiranno variazioni in
quanto questi risultano possedere ottimi parametri che con l’intervento in progetto non
subiranno variazioni.
m =1
M = 10
P=2
4. Stabilità dell’area
I caratteri geologici e geotecnici dei terreni ospitanti la cava possiedono ottimi parametri
geomeccanici ed in termini di stabilità dei fronti, vista la situazione degli stessi dopo anni di
coltivazione ed i risultati dell’analisi di stabilità condotta, non si prevedono variazioni in
termini negativi.
m =1
M = 10
P=2
5. Drenaggio superficiale
I terreni costituenti l’area di cava sono abbastanza permeabili, infatti le acque di scolo già
attualmente permeano abbastanza bene i terreni. Le opere previste non influiranno sul
normale deflusso delle acque in quanto già attualmente le acque di corrivazione hanno un
normale e regolare deflusso senza opere di sorta.
m =1
M = 10
P=4
6. Modificazioni della vegetazione
La cava andrà ad incidere sulla vegetazione circostante (molto scarsa) tramite l’emissione di
polvere durante il periodo estivo . Comunque i sistemi di abbattimento polveri utilizzati
consentiranno di non incidere sulla vegetazione. La piantumazione inoltre di essenze
autoctone darà valore aggiunto all’area ripristinata.
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m =1
M = 10
P=3
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7. Perdita di habitat
Non vi sarà perdita di superfici con habitat importanti anzi, rispetto alla situazione attuale,
nessuna nuova superficie diversa da quella già autorizzata sarà interessata dall’ampliamento
che è solo volumetrico.
m =1
M = 10
P=3
8. Disturbo antropico generalizzato
Il disturbo arrecato è in relazione alla movimentazione di mezzi e persone nell’ambito
dell’area di cava su un’area già infrastrutturata dove da anni insiste l’impianto inserito
nell’ambito murgiano.
m =1
M = 10
P=3
9. Frammentazione del mosaico ecosistemico
La presenza della cava su un’area esterna al parco delle chiese rupestri del materano non
frammenterà o sarà di ostacolo al mosaico eco sistemico in quanto la posizione e la
conformazione della cava non influisce sulla distribuzione e presenza di specie animali e
vegetali.
m =1
M = 10
P=3
10. Incidenza della visione e/o percezione
L’unica posizione di visuale da cui è possibile osservare un tratto dell’area di cava e dalla SP
per Ginosa. Sulla base del progetto qui proposto non vi sarà alcuna alterazione della
percezione del sito rispetto alla situazione già approvata.
m =1
M = 10
P=4
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11. Distanza da insediamenti abitativi
L’area di cava è distante circa 7 Km in linea d’aria da Matera mentre a circa 150 mt è
presente una masseria con relativa abitazione. La masseria e l’abitazione sono comunque a
quota inferiore rispetto alla cava e non risentono delle azioni che di svolgono all’interno.
m =1
M = 10
P=4
12. Modifica nell'uso della rete stradale
La rete stradale sia statale che provinciale non riceve modifiche in quanto già normalmente
trafficata da messi di cantiere.
m =1
M = 10
P=2
13. Luminosità notturna del cantiere
Non vengono osservati turni di lavoro notturni né il cantiere è illuminato.
m =1
M = 10
P=2
14. Produzione di rumore
Il rumore è provocato dai mezzi di lavoro e dagli impianti di frantumazione. I valori
comunque sono al di sotto dei limiti tabellari di legge. Vedi paragrafo su rumore
m =1
M = 10
P=5
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15. Produzione di polveri
Le polveri sono generate dall’impianto di frantumazione ma questo è opportunamente
servito da un impianto di abbattimento che da ottimi risultati. Solo in periodi di forte vento
viè la possibilità che le polveri siano innalzate dai piazzali di lavoro.
m =1
M = 10
P=6
16. Produzione di rifiuti
Verranno prodotti rifiuti rinvenienti dall’esercizio delle macchine che verranno smaltiti,
secondo le norme, da ditte esterne e/o consegnate al consorzio obbligatorio Oli esausti.
m =1
M = 10
P=3
17. Riduzione attrattività turistica
L’area non è inserita in un percorso turistico né questa zona rientra nei percorsi predisposti
dall’Ente Parco. Infatti in questi anni di attività non ha per niente influito sull’attività
ricettiva.
m =1
M = 10
P=2
18. Modifiche climatiche
La cava e la sua attività non influenzerà i parametri agro meteorologico della zona.
m =1
M = 10
P=2
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19. Modifiche idrogeologiche
Non modificando l’assetto strutturale dell’area e rimanendo a quote sufficientemente
distanti dalla falda sotterranea, si può asserire che l’impatto sui caratteri idrogeologici è
nullo.
m =1
M = 10
P=2
20. Modifiche chi-fis-biologiche acque superficiali
Le acque superficiali di origine meteorica non subiranno variazioni nel loro percorso. I due
impluvi laterali continueranno a scaricare sul fondo cava e quindi le acque saranno assorbite
dal terreno come stesso. Solo su due piccole aree sarà steso uno strato di argilla per
permettere la formazione di piccoli stagni utili alla fauna del sito.
m =1
M = 10
P=3
21. Modifiche chi-fis-biologiche acque sotterranee
Non avendosi modifiche dal punto di vista dell’assetto idrogeologico e considerata la
profondità della falda idrica, le azioni indotte dall’ampliamento volumetrico nono
arrecheranno modifiche alle acque sotterranee.
m =1
M = 10
P=3
22. Alterazione dello skyline
Lo skyline non subirà modifiche perché l’ampliamento volumetrico è in profondità non in
estensione bidimensionale.
m =1
M = 10
P=2
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23. Vicinanza a elementi naturali
La presenza della cava su un’area esterna al parco delle chiese rupestri del materano non
frammenterà o sarà di ostacolo al mosaico eco sistemico né esistono nell’immediato intorno
elementi naturali di spicco.
m =1
M = 10
P=3
24. Aumento del flusso del traffico
Non sono previsti aumenti del flusso del traffico in quanto l’attività estrattiva rappresenterà
la continuazione di quella attualmente in atto . Comunque la movimentazione esterna dei
camion rappresenta un pericolo maggiore per la strada ma questo è scongiurato da apposita
segnaletica e mai sono stati registrati incidenti sul tratto di strada impegnato.
m =1
M = 10
P=3
25. Produzione di radiazioni
Non sono prodotte radiazioni
m =1
M = 10
P=2
26. Costi ambientali sistemazione/ dismissione
Le opere di sistemazione ambientale sono più corpose rispetto a quelle preventivate nel
progetto iniziale in quanto vi sarà una diversa inclinazione delle scarpate con aumento dei
gradoni finali. Inoltre sarà risistemata una parete ripida nell’area della prima autorizzazione
e create le condizioni per la neoformazione di due piccoli stagni. La dismissione dell’impianto
prevede solo lo smontaggio dello stesso e trasferimento in altri siti. Comunque sono costi
che influiranno sul budget aziendale.
m =1
M = 10
P=5
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27. Gestione cava
Vista l'attenzione posta dall'azienda riguardo gli aspetti della sicurezza, infortunistica,
abbattimento polveri ed ecologia da oltre 30 anni, si ritiene che ciò che possa influire in
maniera positiva sulla determinazione degli impatti, generando direttamente il minore
impatto possibile.
m =1
M = 10
P=7
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7.3
STIMA DEGLI IMPATTI
Impatti in fase di esercizio
Al fine di riassumere i potenziali impatti sull’idrologia superficiale e sotterranea, si
consideri che nelle condizioni ex ante dell’ambiente idrico si può definire:
Assenza di corsi d’acqua all’interno dell’area di cava;
Assenza di ruscellamento concentrato all’interno dell’area di cava;
Assenza di falde subsuperficiali e profonde potenzialmente intercettabili con gli
scavi
��Assenza di manifestazioni sorgentizie
L’impatto delle opere sull’ambiente idrico superficiale e sotterraneo sarà pertanto minimo è
di natura prevalentemente diretta e indiretta e parzialmente o totalmente reversibile.
Potrebbero infatti al minimo essere riferibili:
Potenziale deposizioni di polveri in ambiente idrico dovuti alle attività di scavo e
trasporto su piste e strada e alla movimentazione di materiali;
Fenomeni di dilavamento dei materiali stoccati nei piazzali .
Gli impatti sulle modificazioni chimico – fisiche delle acque non risultano
significativi e comunque potrebbe trattarsi di aspetti confinati all’interno della cava.
La modificazione dei parametri fisici delle acque superficiali dovuta all’attività di
cava è quindi lieve o impercettibile e legata unicamente alle acque interne superficiali della
cava.
Anche per ciò che concerne la deposizione di polveri direttamente sull’ambiente
idrico, si osserva che l’impatto può essere definito trascurabile considerata la modesta
attività di escavazione.
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
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Non è prevista la realizzazione di vasche per la raccolta delle acque di prima pioggia
in quanto non vi sono possibilità di contaminazione nei piazzali; le manutenzioni dei mezzi
così come tutte le operazioni di pulizia etc. avverranno in totale sicurezza in capannoni.
La modifica delle falde profonde è comunque non motivabile per effetto
dell’isolamento delle stesse da parte dei livelli impermeabili di coltivazione.
La cava si sviluppa in un settore che morfologicamente si presta al mascheramento per tutto
il settore E mentre si mantiene aperta la visibilità con un angolo di visione basso in
corrispondenza della S.P. Matera Ginosa.
La soluzione di recupero finale mediante la messa a dimora di specie vegetali permette
l’armonioso inserimento nel paesaggio circostante.
Impatti in fase finale e di recupero ambientale e di dismissione del cantiere
Gli impatti collegati alla fase di dismissione sono gli stessi descritti per la fase di
esercizio con costante diminuzione degli stessi a seguito dell’attuazione dei ripristini.
Sulla base di quanto constatato in campo e sintetizzato nei precedenti capitoli si può
affermare che i lavori progettati di ampliamento e di ripristino ambientale della cava Seda
sono conformi in linea di massima ai principi prefissati di salvaguardia e tutela dei valori
paesaggistici ed ambientali dell’area.
Le azioni relative al proseguimento dell’attività cavatoria mediante l’ampliamento
volumetrico agiscono su quasi tutte le componenti. Tali impatti tuttavia sono di
breve durata, si risolvono in qualche anno, terminano con la fine dei lavori, sono per lo più
reversibili e hanno un’estensione esclusivamente locale.
Rispetto alla mitigabilità degli impa tti quasi tutti gli impatti risultano mitigabili.
Le azioni che hanno prodotto effetti più incisivi sulle componenti ambientali ovvero la
produzione di polveri sul comparto ecosistemico e i movimenti terra sul profilo del versante
e sulla qualità paesaggistica sono interamente mitigabili nel giro di pochi anni.
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Le uniche interferenze di carattere irreversibile sono quelle fisiologicamente intrinseche al
prelievo del materiale e quindi al consumo di risorse naturali.
Considerando quindi che gli impatti sull'ambiente sono estremamente contenuti, che
l'intervento ha notevoli potenzialità socio – economiche, che il ripristino ed il recupero
ambientale da realizzarsi a fine coltivazione è da ritenersi migliorativo dal punto di vista
paesaggistico, diventa senz'altro auspicabile che tale intervento possa realizzarsi.
Perchè ciò sia validato, al fine di stabilire durante il periodo d’esercizio lo stato dei luoghi
su cui si esprime l’azione dell’intervento di progetto, e, al termine, l’efficienza degli
interventi di ripristino, devono essere periodicamente compiute alcune verifiche sullo stato
dell’ambiente mediante un piano di monitoraggio a lungo termine. Queste permetteranno
di modulare al meglio le azioni collegate all’esecuzione del progetto e di procedere, ove
necessario, al pronto recupero degli insuccessi di ricomposizione ambientale attraverso
interventi ordinari di gestione del lungo periodo, sia di integrazione che di aggiustamento.
In conclusione quindi si può sostenere che i benefici che il progetto in questione
mira ad ottenere possono essere bilanciati solamente dalle azioni di minimizzazione
proposte e, dai monitoraggi che permetteranno di rendere ambientalmente
compatibile l’attività estrattiva .
Pomarico li Luglio ’12
il tecnico
Dr Michele Colasurdo
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8. ALLEGATI
ALLEGATO I PIANO DI MONITORAGGIO
- RUMORE
- POLVERI
- RIPRISTINO
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Pag. 1
In generale, al fine di valutare durante il periodo d’esercizio lo stato dei luoghi su cui si
esprime l’azione dell’intervento di progetto , devono essere periodicamente compiute
alcune verifiche sullo stato dell’ambiente. Queste permetteranno di modulare al meglio le
azioni collegate all’esecuzione del progetto e di procedere dove necessario al pronto
recupero degli insuccessi di ricomposizione ambientale.
La responsabilità dei monitoraggi è a carico della Seda srl con supervisione anche del
direttore della cava.
Gran parte dei rilievi e sicuramente la parte di elaborazione dati sarà affidata a
professionisti specializzati, capaci di fornire il trend di evoluzione inerente lo stato
dell’ambiente.
Inquadramento territoriale
Per realizzare una mappatura delle condizioni acustiche è risultato indispensabile acquisire
un adeguato numero di informazioni collaterali relative al territorio nel quale si è andato ad
operare.
Gli elementi territoriali a cui si è fatto soprattutto riferimento sono di natura morfologica,
urbanistica e funzionale.
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Pag. 2
Per quanto riguarda i primi si fa osservare come l'orografia giochi un ruolo di primo piano
nella propagazione delle onde sonore, per cui le aree d'influenza delle diverse sorgenti
possono estendersi in modi alquanto diversi rispetto a quelli teoricamente prevedibili.
La campagna di misure è stata strutturata al fine di acquisire dati acustici relativi al
territorio e la programmazione dei rilievi fonometrici è stata progettata riferendosi a
particolari sorgenti sonore e relativamente all'insediamento complessivo.
La scelta delle postazioni di indagine è stata effettuata tenendo presente l'influenza delle
sorgenti sonore orientate e/o tenendo in considerazione i possibili recettori, dislocati sul
raggio di orientazione delle sorgenti, in ambiente esterno.
I rilievi sono stati eseguiti durante il periodo diurno, in ambiente esterno, scegliendo
delle postazioni, nel circondario e all'interno di ogni singola zona operativa, sottoposte a
processo , e traffico veicolare di automezzi da lavoro.
Inoltre, in genere, ove possibile, la strumentazione è stata installata tenendo conto
dell'utilizzo degli spazi da parte degli operatori .
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Pag. 3
STRUMENTAZIONE UTILIZZATA
Sulla base del tipo di situazione acustica da valutare, si è ritenuto indicare la seguente attrezzatura
per rilevare il rumore:
• analizzatore portatile di frequenza BRUEL & KJAER tipo 2236, collegato al microfono tipo
4188
Detta strumentazione effettua:
• analisi in 1/1 d'ottava conforme alla normativa IEC 225-1966;
• ponderazioni standard conformi alla normativa IEC 651 e 804 tipo 1:
• la strumentazione è stata collegata a microfono tipo 4188 che soddisfa
alle norme IEC 651 TIPO 1.
• Calibrazione
La calibrazione della strumentazione sopra descritta è stata effettuata tramite calibratore di
livello acustico tipo 4231 della BRUEL & KJAER. Detta sorgente sonora di dimensioni tascabili
indicata per la calibrazione di fonometri ecc., adatta a microfoni da ½ e 1":
• produce un livello sonoro di 94 dB rif. 20 µPa a 1 KHz. Precisione di calibrazione ± 0.3 dB a
23°C; ± 0.5 dB da 0 a 50°C;
• alimentazione tramite batterie interne (1xIEC 6LF22/9 V).
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METODOLOGIA DI ACQUISIZIONE DATI
I metodi per rilevare il rumore in zone lavorative dipendono dalle informazioni o dalle ipotesi
riguardanti le principali sorgenti di rumore interne ed esterne all'area di lavoro in oggetto.
Se una zona è sottoposta al rumore proveniente da una singola sorgente "forte", il rumore in
quell'area può essere misurato prendendo in considerazione unicamente quella sorgente.
Nel caso il rumore sia provocato da molte sorgenti locali, i contributi di ciascuna di esse possono
essere rilevati e quindi combinati assieme. Nel nostro caso considerate le premesse sul tipo di
indagine che si vuole effettuare si richiede un modello che prenda in esame, il rumore dovuto a
sorgenti locali più o meno distanti, definite. A ciò si deve aggiungere il contributo delle sorgenti
ambientali distribuite nelle vicinanze, tipo strade comunali a media circolazione .
L'uso di strumentazione ad alta affidabilità consente pertanto un rapido controllo della rumorosità
in punti baricentro delle opportune zone. Visto che, nella normativa non sono presenti indicazioni
sulla definizione della durata dei rilevi, la stessa è stata scelta in modo da ottenere un valore
rappresentativo.
Il tempo di misura sarà di 10 min per la maggior parte di essi. Infatti, sia nel caso di sorgenti
mobili variabili nel tempo e in intensità, che nel caso di sorgenti costanti, il suddetto tempo di
osservazione del fenomeno risulta tale da ottenere un valore fisso sul display della strumentazione
e sufficiente a normalizzare anche le emissioni temporanee con livelli anomali. La calibrazione del
fonometro, si effettuerà in tutti i rilievi ed è risultata entro i limiti della normativa. Le misure
saranno effettuate secondo quanto previsto dalla norma UNI 9884 per ciò che concerne le misure
in esterno. Il microfono durante le operazioni di rilievo saràcollocato nello spazio fruibile e ad un
altezza tale da ridurre , l'influenza del terreno e di ostacoli bassi e in modo da caratterizzare
completamente la rumorosità, tenendo conto della posizione delle sorgenti rispetto al ricevitore, e
della eventuale presenza di ostacoli, ecc.
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Tali misure si eseguiranno in assenza di precipitazioni atmosferiche, di nebbia e/o neve; la velocità
del vento è sempre stata inferiore a 5 m/s. Il microfono sarà munito di cuffia antivento. I punti di
misura sono evidenziate in allegato mentre si effettueranno le misure come indicato in tabella.
STRUMENTAZIO
BRUEL & KJAER 2236
TEMPO DI RISPOSTA
F(fast)
DATA
MATERA - Cava Seda
DURATA DELLE MISURE
10 min.
NE
LOCALITA'
POSTAZIONE N°
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Ora /data
Tempo Risp
Leq (dBL)
Sel (dbC)
LepD (dBL)
L10 (dBL)
L50 (dBL)
L90 (dBL)
MaxL (dBL)
MinL (dBL)
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
SEDA srl
Progetto
PROGETTO DI AMPLIAMENTO VOLUMETRICO FINALIZZATO AL RIPRISTINO
stradina
cava
Ingresso
lavorazione
Traliccio
1° Valle
2° Valle
Martello ON
Spigolo con
Martello OFF
Ginosa
Matera
Sp
Ovile
masseria
NOTE
Direzione
MaxP (dbC)
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Data
Luglio 2012
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LEGENDA
TIPO
Response time
Livello continuo equivalente di pressione sonora
Leq (dBL)
A
LepD (dBL)
Livello giornaliero di esposizione personale
Livello
L10 (dBL)
eccede
il
10%
del
tempo
di
eccede
il
50%
del
tempo
di
eccede
il
90%
del
tempo
di
esposizione
Livello
L50 (dBL)
che
che
esposizione
Livello
che
L90 (dBL)
esposizione
Sovr
Apparecchio in sovraccarico
MaxL (dBL)
Massimo valore del segnale dall' ultimo reset
MinL (dBL)
Minimo valore del segnale dall' ultimo reset
MaxP (dbC)
Massimo di livello di picco dall' ultimo reset
Sel (dBA)
Livello di esposizione al suono
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Proponente
SEDA srl
Progetto
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Conclusioni
La ditta eseguirà il monitoraggio acustico al fine di verificare il rispetto dei limiti assoluti e
differenziali di immissione sonora presso i ricettori definiti nella Tavola Allegata.
Tale monitoraggio dovrà essere svolto a frequenza annuale da eseguirsi nel periodo
compreso tra il 15 Giugno ed il 30 giugno con consegna dei risultati entro il 20 luglio da
eseguirsi con le modalità prima descritte.
Livello di rumore ambientale
Il rilievo dovrà avvenire con l’attività di cava a regime.
Livello di rumore residuo
La misura dello stato di bianco dovrà essere svolta, a discrezione del tecnico competente in
acustica, secondo una delle seguenti modalità:
misure fonometriche di breve durata (e comunque per il tempo necessario per la
stabilizzazione del LAeq) nelle stesse postazioni di rilievo di cui sopra;
misure fonometriche di breve durata (e comunque per il temo necessario per la
stabilizzazione del LAeq), da effettuarsi presso almeno un ricettore prossimo alla viabilità
veicolare esterna e presso un ricettore isolato al fine di caratterizzare il clima acustico in
assenza dell’attività di cava.
Si precisa che la misura del livello di rumore residuo dovrà avvenire nella stessa giornata in
cui è stato effettuato il rilievo del rumore ambientale, nell’ora di pausa dell’attività di cava o
fermando temporaneamente le stesse.
Proponente
Dott. Geol. Michele Colasurdo
Progetto
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MONITORAGGIO POLVERI
Il metodo prevede la determinazione delle polveri totali mediante raccolta delle stesse su di
un filtro in esteri misti di cellulosa della porosità di 0,47 µm e del diametro di 25 mm per
differenza di pesata tra il peso del filtro preventivamente condizionato in stufa per due ore a
105 °C e in essiccatore per 0,5 ore ed il peso dello stesso dopo il campionamento e
condizionato nella stessa maniera.
La concentrazione finale sarà determinata dividendo tale differenza di peso per il volume di
aria ambiente aspirato in fase di campionamento.
Il campionamento sarà effettuato mediante pompa aspirante per alti, medi ed bassi flussi
fornita mod ZB 1 della Zambelli munita di contatore volumetrico e indicatore della velocità
di flusso ed indicatore della temperatura ambiente.
Il tempo di campionamento per ciascun punto sarà congruo per lo scopo della
determinazione.Il filtro, durante la fase di campionamento sarà posto in apposito portafiltro
in acciaio prodotto sempre dalla Zambelli.Al termine di ogni campionamento, il filtro
opportunamente identificato, sarà posto in apposito contenitore in polietilene e sarà
appositamente annotato il volume di aeriforme aspirato e della temperatura ambiente.
La determinazione analitica sarà fatta in laboratorio mediante bilancia analitica della Mettler
Toledo, preventivamente e appositamente tarata.
I punti di monitoraggio sono indicati nella foto planimetria allegata.
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La ditta eseguirà il piano di monitoraggio delle polveri con frequenza annuale in due
giornate non consecutive da eseguirsi nel periodo compreso tra il 15 giugno ed il 30 giugno
con consegna dei risultati entro il 20 luglio. In particolare deve essere effettuato il
monitoraggio del particolato nelle
postazioni di prelievo già disposte, in condizioni
particolarmente critiche sia per la distanza dalle sorgenti che per le direzioni prevalenti del
vento, per l’esecuzione dello studio per la valutazione di incidenza . Le postazioni di prelievo
potranno comunque essere modificate qualora insorgessero condizioni particolari.
Qualora si verificassero superamenti dei limiti di legge per la componente atmosferica , o
intervenissero circostanze critiche per tali componenti, potranno essere richieste ulteriori
campagne di misura e adeguati sistemi di mitigazione
RIPRISTINO
Al
fine
di
garantire
la
riuscita
delle
azioni
di
ricomposizione
è
necessario
controllare(monitorare) l’evolversi del complesso vegetale che si è creato. Le prime verifiche
di efficienza saranno eseguite di pari passo con l’andamento di attività di cava nei lotti
progressivamente ricostituiti e si riferiscono al controllo de:
• la continuità della copertura di terreno vegetale con pacciamatura e concimazione
• la germogliazione del cotico erbaceo in tutto il versante ricostituito
• l’attecchimento delle piantine forestali
Successivamente, oltre il quinto anno previsto per l’attività della cava, i monitoraggi sulla
buona riuscita della sistemazione ambientale si protrarranno per i successivi anni a cadenza
triennale.
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