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La carica elettrica

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La carica elettrica
Capitolo
X
La carica elettrica
1. Separazioni di carica
Quali esperimenti possiamo fare per rivelare delle interazioni elettriche?
Tagliamo un pezzetto di scotch lungo sei o sette centimetri, e ripieghiamone una
estremità in modo che lo si possa prendere senza che si appiccichi alle nostre dita.
Stendiamolo quindi su di una superficie liscia, come quella di un oggetto di plastica
o di vetro, e dopo averlo strappato velocemente, attacchiamolo ad un supporto in
modo che una estremità risulti libera. Possiamo ad esempio appiccicarlo su di una
matita come se fosse una bandierina e poi posare la matita in un portapenne
lasciando il nastro adesivo libero di sventolare. E’ mutata qualche proprietà fisica
del nostro di scotch? Scopriamolo attraverso alcune osservazioni.
Primo esperimento: prendiamo un altro pezzetto di scotch e trattiamolo in modo
identico, tirandolo via dalla stessa superficie liscia ed incollandolo su di un’altra
matita: impugnando le aste delle due matite ed avvicinando le nostre bandierine di
scotch, i pezzetti di nastro adesivo si respingeranno. In modo più o meno evidente, a
seconda del materiale della superficie, il fenomeno della repulsione si manifesterà. Si
tratta di un effetto inatteso: una interazione a distanza che non ha nulla che vedere con
la forza di gravità, ma che dipende da qualche nuova proprietà che i pezzetti di
scotch sembrano avere acquisito grazie alllo strappo.
Secondo esperimento: questo è un po’ più articolato: creiamoci due nuovi pezzetti di
scotch sempre provvisti di impugnatura, ed incolliamoli l’uno sull’altro: la faccia
appiccicosa del primo sul dorso del secondo, Separiamo, con uno strappo veloce, i due
pezzetti di scotch, e facciamone due bandierine con le matite come prima. Adesso,
avvicinando le bandierine, osserveremo che la situazione è mutata: i pezzetti di
nastro adesivo tenderanno ad attirarsi l’un l’altro. Utilizziamo le nuove bandierine
come rivelatori, le chiameremo A e B, e prendiamo uno qualunque dei nastri adesivi
1
precedenti avvicinandolo in successione a ciascuna delle due. Quello che
sperimentiamo è che l’interazione non è mai la stessa nei due casi: se respinge la A
allora attira la B e viceversa.
Cosa facciamo ai pezzetti di scotch quando li strappiamo?
Normalmente quando due oggetti si toccano, la superficie di effettivo contatto è molto
piccola a causa delle asperità che caratterizzano, a livello microscopico, anche i
contorni che ci appaiono lisci. Ciò che facciamo ai pezzetti di nastro adesivo quando
li stacchiamo dal tavolo è semplicemente esporli ad un contatto molto ravvicinato su
di un’area molto grande, pari all’intera loro superficie, e che questo contatto
permetta il passaggio di qualcosa dalla (o verso la) superficie di contatto. Proviamo a
prendere un’ altra coppia di oggetti per i quali sia semplice aumentare la regione di
contatto: un panno di lana ed una penna di plastica.
Terzo esperimento: strofinando il panno di lana contro la bacchetta della penna per
qualche secondo moltiplicheremo le porzioni di superficie dei due oggetti che vengono a
toccarsi. Al termine dell’operazione accostiamo la penna in sequenza ai nostri due
rivelatori A e B: ancora una volta uno sarà attratto e l’altro respinto. Se però
accostiamo il panno di lana osserveremo che il rivelatore che prima era attratto dalla
penna ora è respinto dalla lana e viceversa. L’esperienza si può ripetere praticamente
con molte coppie di materiali differenti, l’unico limite è la difficoltà di mettere in
evidenza l’effetto: in qualche caso occorrono degli accorgimenti.
Quale aspetto appare rilevante in questo esperimento?
Sicuramente possiamo trarre una importante conclusione:
nessun oggetto strofinato attrae o respinge contemporaneamente entrambe le strisce
Un oggetto che acquista la proprietà di interagire a distanza in seguito al contatto
ravvicinato fra superfici, dovuto ad esempio ad uno strofinio, viene detto un
oggetto carico o anche elettrizzato. La riflessione evidenziata in precedenza permette
di affermare che esiste più di uno stato di carica: ad esempio i due pezzetti di scotch
dei rivelatori si portano in due stati di carica differenti. Ma al contempo possiamo
ritenere che non ce ne siano più di due perché solo due sono i comportamenti
osservati negli oggetti portati in uno stato di carica: attrazione del rivelatore A e
repulsione del rivelatore B oppure attrazione di B e repulsone di A.
Come possiamo riassumere i riisultati di queste osservazioni?
Proviamo a formulare un modello di funzionamento della realtà:
 Esistono due differenti stati di carica e qualunque oggetto può essere
portato in ciascun dei due.
 Oggetti nello stesso stato di carica si respingono, oggetti in stato di carica
differente si attraggono
 Strofinando o ponendo a contatto fra loro una coppia di oggetti scarichi non
metallici, questi si portano in stati di carica diversi.
2
Sulla base di analoghe osservazioni, nel XVIII secolo lo scienziato americano
Benjamin Franklin (1706-1790) suggerì i nomi di positivo e negativo per i due stati di
carica, in particolare:
Definizione operativa di stato di elettrizzazione
Positivo: lo stato di elettrizzazione in cui si porta del vetro strofinato con la seta
Negativo: lo stato di elettrizzazione in cui si porta la gomma1 strofinata con la lana
Come vedremo infatti, per gli stati di carica vale un’algebra analoga a quella dei
numeri relativi, e questo permette di attribuire un segno della carica.
Quale differenza c’è fra le cariche positive e quelle negative?
Convenzionalmente diciamo carica positivamente una bacchetta di vetro che sia stata
strofinata con un panno di seta: si tratta di una scelta ad arbitrio che non ha alcuna
profondità di contenuto, soltanto un nome insomma. Di conseguenza tutto ciò che
viene attratto dalla bacchetta positiva, come ad esempio il panno di seta con cui è
stata strofinata, lo diremo carico negativamente. Chiaramente anche la stessa bacchetta
di vetro può essere caricata negativamente: ad esempio strofinandola con della
pelliccia. Difatti la reciproca tendenza di una coppia di materiali strofinati fa sì che
uno dei due si porti in uno stato piuttosto che nell’altro, ma qualunque sostanza può
indifferentemente essere caricata positivamente oppure negativamente. Ad esempio
i materiali plastici di uso comune come il PVC delle bottiglie da bibita, oppure il
moplen con cui sono fatte bacinelle e secchi hanno una tendenza a caricarsi
negativamente se strofinati con della lana, ma possono comunque essere caricati
positivamente per altre vie.
2. Conservazione della carica
Quale modello spiega i fenomeni sopra descritti?
L’interpretazione risulta chiara nel quadro delle scoperte dei primi trent’anni del
Novecento. Sappiamo che gli atomi che compongono la materia sono costituiti da
particelle più elementari, protoni e neutroni nel nucleo ed elettroni all’esterno, per le
quali lo stato di carica risulta essere una proprietà intrinseca, che non può cioè essere
loro conferita né modificata come facciamo invece con gli oggetti macroscopici.
Secondo la convenzione sopra stabilita, i protoni risultano essere portatori di carica
positiva mentre i neutroni sono privi di carica elettrica. Gli elettroni, distribuiti
attorno al nucleo in ugual numero rispetto ai protoni, sono invece caratterizzati da
una carica negativa. Negativo e positivo - lo ricordiamo - sono delle denominazioni
1
Oppure l’ambra, in greco ambra=elektron.
3
per due stati del tutto simmetrici, ed in effetti non vi è nulla di profondo nel dire che
un elettrone è negativo: è solo un modo sintetico di affermare che esso viene attratto
da un panno di lana che sia stato strofinato su della plastica. La carica è quindi una
proprietà elementare, che non può essere spiegata in termini di fenomeni più
semplici perché non vi è nulla di più semplice di essa. Seguiremo pertanto il
percorso di definire operativamente una grandezza fisica che misuri la carica e la
useremo per spiegare fenomeni più complessi.
Quanta carica possiede complessivamente un atomo?
L’atomo, nella suo stato naturale, è un sistema neutro, cioè si comporta come se fosse
privo di carica elettrica: negli atomi di un materiale posto di fronte ad un oggetto
carico, le reazioni di segno opposto dei suoi protoni e dei suoi elettroni si cancellano
a vicenda. Questa compensazione, che giustifica i nomi di positivo e negativo presi a
prestito dall’algebra, consente di concludere che l’atomo deve contenere uno stesso
quantitativo di carica di entrambi i segni. Essendo il numero degli elettroni uguale a
quello dei protoni, ciò comporta una uguaglianza fra la carica positiva associato a
ciascun protone e la carica negativa di ciascun elettrone.
In quali condizioni l’atomo non è più neutro?
E’ possibile, a seconda delle sostanze, estrarre uno o più elettroni da un atomo, con
il risultato di produrre quello che viene detto uno ione, nel quale il quantitativo di
carica non è più uguale per i due segni. Alla base dei fenomeni di elettrizzazione
descritti nel paragrafo precedente vi è semplicemente uno spostamento di elettroni
da un materiale ad un altro. Gli atomi costituenti la materia sono infatti incastonati
in delle posizioni prefissate, distribuite in una struttura regolare: possiamo figurarci
una rete metallica in tre dimensioni e visualizzare gli atomi nei punti di incrocio.
Una tale struttura prende il nome di reticolo cristallino ed è tenuta su dall’attrazione
dei nuclei atomici verso i propri elettroni e quelli degli atomi circostanti, così che le
cariche negative, leggere, fungono da collante per i nuclei positivi che sono molto
più pesanti. Quando le superfici di due materiali differenti sono poste a contatto
ravvicinato, accade sempre che esse aderiscano leggermente. Nel caso del nastro
adesivo l’effetto è particolarmente vistoso per la particolare composizione chimica
della colla, tuttavia qualunque sostanza potrebbe fungere da colla: è sempre vero che
qualche elettrone degli atomi della prima sostanza venga in qualche modo rubato
per formare legami chimici con gli atomi della seconda. In questo modo si viene a
creare una separazione di carica: un eccesso di elettroni in una delle due superfici, e
quindi una carica complessivamente negativa, e dei protoni che rimangono più
esposti nell’altra, privati come sono degli elettroni più esterni degli atomi, e quindi
un eccesso di carica positiva.
Un oggetto elettrizzato positivamente ha un ammanco di elettroni, un oggetto carico
negativamente ha un eccesso di elettroni.
Finché le due superfici rimangono in contatto, la distanza ravvicinata fa in modo che
si abbia cancellazione degli effetti delle cariche opposte su grande distanza, proprio
come quando gli elettroni sono dentro agli atomi e da fuori non ci accorgiamo di
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nulla. Ma nel momento in cui li separiamo, quando cioè strappiamo via i pezzetti di
scotch è come se facessimo a pezzetti gli atomi che hanno ceduto gli elettroni ed
incontriamo una certa resistenza alla nostra azione. Ne risultano due oggetti
ciascuno con uno squilibrio di carica: è come avere una parte dell’atomo a destra ed
un’altra a sinistra, gli effetti delle forze che prima lo tenevano insieme ora sono
percepibili anche a distanza macroscopica. Le forze di attrazione che i due pezzetti
di scotch separati ora manifestano sono un debole residuo delle enormi forze che
tengono insieme la materia.
La cosa funziona ugualmente bene con qualunque coppia di materiali?
No, l’effetto dipende dalle caratteristiche chimiche, cioè dalla reciproca tendenza
degli atomi delle due sostanze scelte a sottrarsi elettroni, ad esempio gli atomi della
plastica di una penna hanno grande tendenza a rubare elettroni da quelli della lana.
Vi sono poi materiali che hanno molta meno capacità di sottrarsi elettroni: è un po’
come se gli elettroni cercassero una posizione più comoda – in termini di energia spostandosi da un materiale all’altro, e lo spostamento ha luogo solo se l’altra
sostanza ha realmente una sistemazione migliore da offrire. Se poi si pongono a
contatto due sostanze uguali non ha luogo nessuna elettrizzazione: è perfettamente
indifferente per gli elettroni rimanere dove sono o passare sull’altra superficie. Per
convincersene basta ripetere l’esperimento incollando i pezzetti di nastro adesivo
con i due lati appiccicosi a contatto: non si verifica alcun fenomeno di repulsione od
attrazione. Infatti è il contatto fra due sostanze differenti, lo strato di colla ed il dorso
del nastro, ad originare il fenomeno di separazione della carica.
E a cosa serve lo strofinio?
Chiaramente l’effetto è tanto più vistoso quanto maggiore è la superficie di contatto
coinvolta: lo strofinio ha lo scopo di aumentare le parti che entrano in contatto. Ad
esempio, normalmente l’aria non è in grado di elettrizzare un oggetto perché
rispetto alla superficie totale le molecole che realmente si toccano sono poche, ma se
prendiamo un palloncino e lo strofiniamo in aria, cioè lo muoviamo avanti ed
indietro possiamo conferirgli una certa carica in eccesso. Analogamente possiamo
elettrizzarlo strofinandolo sui nostri capelli, sui nostri vestiti e così via.
Quali leggi governano il trasferimento di carica?
Questa interpretazione dei fenomeni di elettrizzazione in termini di una migrazione
microscopica di elettroni rende semplice la comprensione delle seguenti due leggi
fondamentali.
Quantizzazione della carica elettrica: in un processo di elettrizzazione non si può
conferire ad un corpo un quantitativo di carica a piacere, ma solamente un valore
che sia multiplo intero, positivo oppure negativo, di quella di un elettrone.
Pensando il processo di elettrizzazione come un semplice trasferimento di particelle
cariche da un corpo ad un altro, ovvero ad una migrazione di elettroni (ma in alcuni
casi, anche di ioni positivi) appare evidente che un tale spostamento può essere fatto
solo in termini di un numero intero di particelle, e quindi di un multiplo intero della
5
carica fondamentale. In verità si tratta di una proprietà ben verificata anche a livello
della particelle elementari: se non tentiamo di scomporre la materia in pezzetti più
piccoli di quelli che costituiscono un nucleo atomico, tutte le particelle conosciute
hanno valori di carica che sono uguali o multipli positivi o negativi della carica di un
elettrone. Nel seguito indicheremo con  e la carica di un elettrone ( e quindi  e
sarà quella ad esempio di un protone).
Conservazione della carica elettrica: in un processo di elettrizzazione la carica non
viene mai creata, ma solo trasferita, ed il suo quantitativo totale non cambia mai.
E’ infatti chiaro che lo squilibrio di carica che dà luogo ai fenomeni macroscopici di
elettrizzazione di un corpo non crea dal nulla le cariche elettriche ma semplicemente
le ridistribuisce: lo spostamento di carica è anche uno spostamento di massa. In altri
termini, alla manifestazione di una carica positiva in un oggetto deve corrispondere
la manifestazione di una carica negativa in un altro, di modo che la carica
complessiva dell’Universo resti costante. Più in dettaglio, in qualunque sistema nel
quale non entri né esca materia si conserva l’ammontare complessivo di carica: ad
esempio è questo il caso del sistema costituito da due oggetti posti a contatto.
Qual è l’unità di misura della carica elettrica?
Come vedremo, la carica si misura con uno strumento detto elettroscopio. Tuttavia
per motivi di natura tecnica, risulta più preciso misurare, su scala macroscopica, la
presenza di cariche in movimento piuttosto che rivelarlequando stanno ferme.
Pertanto, nel Sistema Internazionale, l’unità di carica non è una grandezza
fondamentale, ma derivata da quella dell’unità di corrente, che misura invece il
passaggio di cariche attraverso un conduttore. Si tratta di un processo al contrario,
un po’ come se misurassimo il tempo a partire dalla velocità e dallo spazio. L’unità
di misura che viene così definita prende il nome di Coulomb2 e si indica con la lettera
C maiuscola. Per il momento possiamo dare una definizione alternativa di Coulomb
come una carica pari a quella di 6.25  1018 elettroni cambiata di segno:
1 Coulomb  6.25  1018 elettroni
ma non possiamo giustificare ora il perché proprio questo numero di elettroni e non
un altro. Va detto comunque che in ogni caso avremmo potuto anche pensare di
adottare la carica dell’elettrone come unità di misura, ma per gli scopi pratici su scala
macroscopica essa risulta troppo piccola. Invertendo la definizione precedente si ha:
e  1.6  1019 C
Charles Augustin de Coulomb (1736-1806), scienziato francese. A lui si deve la legge che esprime la
forza fra due corpi carichi puntiformi qui esposta, ricavata attraverso un apparato detto bilancia di
torsione.
2
6
Vicversa il Coulomb è un’unità molto grande per le esigenze pratiche: si pensi che
un fulmine trasporta 20  30 C , e quindi è usato molto il microCoulomb:
1C  10-6 C . Per indicare una misura di carica si adopera convenzionalmente la
sia la lettera maiuscola Q che quella minuscola, q .
3. Conduttori e dielettrici
Come possiamo elettrizzare un oggetto di metallo?
Gli oggetti di metallo sembrano essere refrattari all’ elettrizzazione per strofinio; per
quanto li si strofini o si appiccichino su di essi dei pezzetti di scotch per poi
strapparli, la loro interazione con i nostri rivelatori a bandierina è sempre e soltanto
quella caratteristica delle cose non elettrizzate, e cioè un effetto sempre attrattivo con
entrambe. Registriamo che l’esperimento di prima produce risultati diversi:
importanti informazioni possono essere estratte anche da questo tipo di osservazioni
in negativo. Se tuttavia dotiamo il metallo di un manico di plastica, con opportuni
accorgimenti possiamo riuscire ad elettrizzarlo portandolo in uno qualsiasi dei due
stati di carica a nostro piacimento. Un metallo carico possiede delle proprietà
differenti da quelle dei materiali considerati sinora: se posto a contatto con un altro
pezzo di metallo è in grado di elettrizzarlo, ma gli conferisce il suo stesso stato di
carica: i due pezzi di metallo dopo il contatto attirano o respingono le bandierine
elettrizzate nello stesso modo.
Da quali caratteristiche microscopiche nascono queste proprietà dei metalli?
Se dovessimo descrivere un metallo a qualcuno che non ne avesse mai visti,
probabilmente faremmo accenno alla sua lucentezza. Si tratta, in effetti, di una delle
sue caratteristiche più evidenti ed in realtà rappresenta l’aspetto esteriore della
particolare configurazione dei suoi atomi. Quel che chiamiamo metallo è una
sostanza in cui accade che l’ultimo, o gli ultimi due elettroni più esterni di ciascun
atomo si trovano nelle condizioni di essere solo debolmente legati al nucleo. Così,
quando l’atomo prende posto in un reticolo cristallino, la combinazione delle forze
attrattive da parte di tutti gli atomi circostanti in qualche modo rende gli elettroni
più esterni liberi dal loro atomo di origine. A seconda dei metalli allora, uno o due
elettroni per atomo cessano di orbitare attorno al loro nucleo ed in qualche modo
cominciano ad orbitare attorno all’intera struttura del reticolo. Essi saltano continuamente
da un atomo all’altro con una velocità consistente, imputabile sia allo stato di
agitazione termica che all’attrazione da parte dei nuclei positivi, dell’ordine delle
centinaia di km/h. Si tratta, tuttavia, del tipo di moto caratteristico dell’agitazione
termica: del tutto casuale e disordinato, a cui non corrisponde nessun movimento di
insieme. Possiamo figurarci i metalli come dei contenitori di “carica liquida”, in
perenne agitazione e libera di spostarsi al loro interno. Grazie alla sue interazioni con
la luce che incide sul materiale, il mare di elettroni è ben visibile, ed è proprio lui il
responsabile dell’apparenza lucido-argentata di sostanze come ferro, alluminio, dei
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riflessi e della brillantezza che diciamo, appunto, metallici, nell’ ottone, nel rame,
nell’oro e così via. La maggior parte degli elettroni interni però rimane al suo posto,
così che nel metallo convivono una struttura rigida, il reticolo, fatto di ioni positivi,
cioè nuclei atomici circondati dagli elettroni stabili, ed il mare di elettroni mobili. Il
mare di elettroni è analogo ad un fluido sia per la sua mobilità sia per la scarsa
compressibilità che lo caratterizza. Normalmente tali elettroni non possono
abbandonare il metallo: all’interno del reticolo essi sono liberi rimuoversi attratti
indifferentemente in tutte le direzioni da parte dei protoni del reticolo circostante,
ma ai bordi il reticolo cristallino termina e l’attrazione da parte degli ultimi ioni
positivi impedisce loro di fuoriuscire. Per poter uscire un elettrone dovrebbe
possedere una energia cinetica tale per cui il lavoro resistente dovuto all’attrazione
da parte dei protoni dello strato più esterno del reticolo non riesca a frenarli3.
 La Controfisica
Si faccia attenzione all’utilizzo del
termine carica, che può presentare
ambiguità: la presenza di cariche libere
in grado di spostarsi non significa che
il conduttore sia carico. A meno che
non si conferisca al conduttore un
eccesso di carica esso è comunque un
oggetto neutro, in cui cioè la quantità
di cariche positive eguaglia sempre
quella di cariche negative. Il termine
carico lo utilizziamo per caratterizzare
oggetti nei quali si ha uno squilibrio di
carica, cioè un eccesso di carica di uno
dei due segni.
Che differenza essite con le sostanze dette dielettirche?
Una struttura in cui tutte le cariche, anche le più esterne, siano confinate nelle loro
posizioni, vengono dette dielettriche (od isolanti), termine da contrapporsi a quello di
conduttori utilizzato per materiali che dispongono invece di cariche libera di
muoversi al loro interno. E’ proprio la mobilità dei portatori di carica la causa del
differente comportamento di un conduttore e di un dielettrico quando viene
conferita loro della carica in eccesso, sia essa positiva o negativa. Nel caso di un
dielettrico che venga caricato per strofinio, lo squilibrio di carica rimarrà localizzato
nella regione dove è stato creato. Accostando il dielettrico carico ad un altro oggetto,
per osservare un qualche effetto dovremo innanzitutto mettere in contatto la regione
dove la carica in eccesso è localizzata, ma in ogni caso i portatori di carica non
potranno spostarsi da dove sono confinati, e non ci sarà nessun transito di carica.
Conduttore: un materiale contenente particelle cariche che sono libere di muoversi
al suo interno
Dielettrico: un materiale in cui le particelle cariche all’ interno sono come
“congelate”, confinate in prefissate posizioni e non possono spostarsi
Esistono altri tipi di conduttori oltre ai metalli?
Nel caso dei metalli le particelle cariche dotate di mobilità sono costituite dal mare di
elettroni. Tuttavia esistono anche conduttori con portatori differenti: tipicamente nei
liquidi la conduzione è assicurata dalla presenza di ioni – positivi o negativi- liberi
di muoversi al loro interno, mentre nei gas, se opportunamente sottoposti all’azione
di agenti ionizzanti esterni, si originano sia elettroni che ioni liberi di spostarsi4.
3
Si potrebbe ad esempio riscaldare il metallo aumentando così l’energia cinetica degli elettroni, fino a
raggiungere quel valore di soglia che permette loro di vincere il lavoro resistente dei protoni. E’
quello che accade nel cosiddetto effetto termoionico, in cui un filamento metallico viene riscaldato al
punto in cui l’energia cinetica degli elettroni raggiunge il valore cosiddetto di estrazione e ciò consente
loro di abbandonare il reticolo creando così nel metallo uno squilibrio di carica.
4 Sono conduttori oltre ai metalli, le soluzioni saline, acide o basiche. Normalmente l’acqua distillata
conduce poco dato che solo una piccola percentuale di ioni H+ e OH- si trova dissociata a fungere
da portatore di carica, rispetto alle molecole intere. Tutti i materiali plastici, le porcellane, gli oli
minerali, l’aria stessa sono invece isolanti.
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In ogni caso, le proprietà conduttrici possono presentarsi entro un’ampia
gradazione, variabile con continuità dai conduttori buoni, con un gran numero di
portatori di carica per unità di volume, a quelli meno efficienti che presentano
proprietà parzialmente isolanti, fino al caso estremo del più efficace degli isolanti, il
vuoto, in cui si ha assenza totale di portatori di carica.
Perché i conduttori si caricano per contatto ma non per strofinio?
Un metallo cui siano conferite cariche in eccesso assomiglia un poco ad una vasca da
bagno piena di acqua alla quale sia stata aggiunta una goccia. In effetti mediamente
una sostanza metallica contiene 1024 elettroni liberi per centimetro cubo mentre
caricarlo positivamente o negativamente significa aggiungergli o sottrargli un
numero di elettroni che al confronto si rivela esiguo, dell’ordine di 1011 . Tuttavia
l’elevata mobilità loro consentita gli permetterà di distribuirsi entro tutta la sua
superficie, proprio come una goccia d’acqua non rimane confinata nel punto dove
cade ma contribuisce ad innalzare il livello di tutta la vasca. Se poniamo il
conduttore carico a contatto con un altro metallo, la mobilità dei portatori di carica
consente ora una ridistribuzione delle cariche fra i due oggetti. Questo spiega
perché osserviamo che due metalli posti a contatto si caricano dello stesso segno. E
spiega anche la difficoltà nel caricare un metallo per strofinio della sua superficie: il
contatto con il nostro corpo, conduttore5, offre alle cariche in eccesso, che si
depositano sul metallo, una via di fuga attraverso la nostra mano.
Dove si dispongono sul conduttore le cariche in eccesso?
All’interno dei conduttori le cariche negative in eccesso, libere di muoversi, si
respingono a vicenda in un mezzo sostanzialmente neutro, e quindi, sotto l’azione
della repulsione reciproca, tenderanno ad allontanarsi il più possibile le une dalle
altre finché non si arresteranno sulla superficie di contorno dall’attrazione
dell’ultima fila dei protoni del reticolo. Se poi offriamo loro una possibile via d’uscita
non esiteranno ad approfittarne. Per vincolare delle cariche in eccesso a stare su di
un metallo è necessario che esso sia a contatto solamente con materiali isolanti. La
differenza nella disposizione delle cariche in un dielettrico ed un metallo è
schematizzata in figura, dove vediamo le cariche su di un dielettrico localizzate e
quelle su di un conduttore, che si dispongono lungo tutta la superficie esterna6.
Meno intuitivo è forse il caso in cui l’eccesso di carica è positiva, cioè siamo in
presenza di un ammanco di elettroni (gli ioni del reticolo infatti non si possono
muovere). In questo caso vi sarà uno spostamento di elettroni in modo che una zona
neutra si addensi al centro, lasciando scoperti degli ioni positivi lungo tutto il
contorno.
eccesso di carica su
di un dielettrico
zona
neutra
eccesso di carica su
di un conduttore
zona
neutra
ioni esposti
Il nostro corpo è rivestito di un involucro isolante, la pelle, ma al suo interno è assimilabile ad una
soluzione salina, che ha proprietà conduttrici grazie agli ioni, positivi e negativi, in essa presenti
6 L’assenza di cariche internamente al conduttore è imputabile alle particolari proprietà delle
interazioni elettriche e verrà analizzata in dettaglio studiando il teorema di Gauss. E’ tuttavia intuitivo
che le cariche in eccesso di stesso segno, libere di muoversi tendano ad allontanarsi il più possibile le
une dalle altre per effetto della reciproca repulsione, finendo così per disporsi sullo strato più esterno
5
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Esempio 1
Due sfere conduttrici identiche sono cariche la prima con Q1  3  106 C e la
4 μC
3 μC
seconda con Q2  4  106 C . Esse sono poste a contatto: quanta carica si deposita
su ciascuna ?
1 μC
La prima sfera ha un eccesso di elettroni, la seconda un difetto: complessivamente
abbiamo un eccesso di elettroni pari a:
QTot  Q1i  Q2i  (3  106  4  106 ) C  1  106 C
Sappiamo che le cariche non sono né create né distrutte quindi la carica totale si deve
conservare anche dopo il contatto:
Q1f  Q2f  1  106 C
ed essendo le due sfere identiche non abbiamo motivo per giustificare una
distribuzione non simmetrica della carica fra di loro, ma per simmetria risulta:
1
Q1f  Q2f  QTot  0.5  106 C
2
Esempio 2
Due sfere conduttrici identiche sono cariche la prima con QAi  3  106 C e la
seconda con un quantitativo
QBi incognito. Esse sono poste a contatto e
successivamente si misura che sulla sfera B si è depositata una carica
QBf  2  106 C . Che carica si è depositata su A? Qual era la carica inizialmente
[R: 7  106 C ]
disposta su B?
Esempio 3
Una pallina di plastica, dopo essere stata strofinata, contiene uno squilibrio di carica
q  4.80  106 C . Quanti elettroni ha ceduto durante lo strofinio?
[R: 3.0  1013 ]
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4. I conduttori e l’induzione elettrostatica
Che succede avvicinando un conduttore carico ad uno neutro?
La presenza di portatori di carica liberi di muoversi all’interno dei conduttori fa sì
che l’avvicinamento di un corpo carico ad un conduttore scarico, senza che
intervenga alcun contatto fra i due, comporti una nuova distribuzione delle cariche.
Dentro al conduttore le cariche di segno opposto a quelle del corpo esterno si
addenseranno verso la regione che si affaccia più da vicino al corpo carico, mentre la
regione lontana risulterà di conseguenza più popolata da cariche dello stesso segno
di quelle esterne, come in figura. All’interno dei metalli, dove i portatori mobili di
carica sono gli elettroni, la regione positiva corrisponde ad uno svuotamento di
carica negativa, che lascia così esposti i protoni del reticolo. Questo fenomeno di
ridistribuzione della carica, che prende il nome di induzione elettrostatica, sposta
solamente la carica all’interno del conduttore, il quale, nel suo complesso, continua a
rimanere un oggetto neutro. Un apparato come quello in figura può aiutare a
mettere in evidenza l’effetto. Le sottili foglioline metalliche attaccate ai bordi del
conduttore si aprono tanto più quanto maggiore risulta la concentrazione di carica al
loro interno. Nel conduttore lontano da cariche esterne esse risultano parallele, ma
non appena si accosta della carica queste si separano, tanto nelle regioni vicine
quanto in quelle più lontane alla carica esterna. Nella regione centrale rimangono
parallele, a conferma del fatto che lì la configurazione di carica non risulta alterata ed
il conduttore continua ad essere neutro.
Quali effetti accompagnano il fenomeno dell’induzione?
(1) Se il corpo carico che viene accostato è a sua volta conduttore, risentirà della
nuova distribuzione di cariche da lui causata e subirà a sua volta il fenomeno
dell’induzione da parte delle stesse cariche che ha spostato e che si sono avvicinate.
(2) Il processo di induzione, come tutte le interazioni elettriche, dipende dalla
distanza: un maggiore avvicinamento del corpo carico che induce produce un più
vistoso fenomeno di induzione. Inoltre le cariche indotte sono di segno opposto a
quelle che le hanno prodotte e quindi vengono da queste sempre attratte,
indipendentemente dal segno originale dell’oggetto inducente.
(3) L’induzione elettrostatica può essere sfruttata per caricare un conduttore in modo
semplice, senza entrare in contatto con esso. Un dispositivo come quello in figura
consente ad esempio di separare la parte dove sono stare indotte le cariche positive
da quella dove sono state indotte cariche negative permettendo di ottenere alla fine
due conduttori carichi di segno opposto.
Esempio 4
Si hanno quattro sfere molto leggere, A, B, C e D rivestite di una vernice conduttrice
ed appese a dei fili isolanti. La prima di esse, A, viene caricata negativamente mentre
lo stato di carica delle altre non è noto. Si osserva che A attira B, C e D e che inoltre B
e C non mostrano alcun tipo di interazione fra loro. Da ultimo abbiamo anche che B
e C sono attratte da D. Dire quali sono i rispettivi stati di carica.
11
A
B
C
D
L’evidenza sperimentale che B,C e D siano attratte da A negativa può significare due
fatti: o che siano tutte cariche positivamente oppure che siano neutre ed attratte per
induzione. Poiché però B e C non interagiscono se ne deduce che esse sono neutre,
mentre D che attira a sua volta due oggetti neutri, per induzione, ed un oggetto
negativo, sarà carico positivamente.
Esempio 5
Con riferimento all’esempio precedente, si accosta C ad A senza che vi sia contatto,
e, contemporaneamente la si tocca con il nostro dito per un breve tempo. Una volta
allontanata C da A quali saranno le sue interazioni con le altre sfere?
[R: vedi in fondo]
Come funziona un elettroforo di Volta?
Si deve ad Alessandro Volta (1745-1827) l’idea del cosiddetto elettròforo di Volta, che
permette di caricare un conduttore con un ammontare arbitrariamente grande di
carica. L’elettroforo consta di una piattaforma dielettrica e di un disco metallico
provvisto di manico isolante. Si carica la piattaforma per strofinio, supponiamo
negativamente, e vi si poggia il disco metallico. Per induzione sul lato del disco
affacciato alla piattaforma si addenseranno cariche positive e negative sulla faccia
rivolta verso l’alto. Mentre si solleva con il manico il disco di metallo, basta toccare
con un dito la faccia superiore per scaricare la parte negativa, lasciandolo nel suo
complesso carico positivamente. Ripetendo l’operazione più volte si possono
depositare su di esso anche quantitativi molto grandi di carica
12
5. Gli isolanti e la polarizzazione dielettrica
Che succede accostando ai noatri rivelatori di scotch un oggetto non elettrizzato?
Il nostro intuito ci fa supporre che forse si tratta di una prova inutile, che nessun
tipo di interazione si dovrebbe manifestare in questo caso, invece si osserva che un
oggetto non elettrizzato attira sempre entrambi i rivelatori. Proviamo ad accostare il
nostro dito, una penna, qualsiasi cosa alle bandierine di scotch e vedremo che esse si
piegano verso l’oggetto attratte da esso. Un fenomeno analogo si verifica quando
con la bacchetta di plastica di una penna, opportunamente caricata tramite lo
strofinio con un panno di lana, attiriamo dei pezzetti di carta che non abbiano subito
alcun tipo di elettrizzazione. Anche il panno di lana ha acquistato la capacità di
attrarre i pezzetti di carta non elettrizzati, sebbene il suo stato di elettrizzazione sia
opposto rispetto a quello della bacchetta.
centro
cariche
negative
centro
cariche
positive
Un oggetto non elettrizzato viene sempre attratto da uno in stato di carica.
Cosa produce alle molecole dell’isolante la vicinanaza di un oggetto elettrizzato?
All’interno di un oggetto isolante non può avere luogo il fenomeno dell’induzione
vista l’impossibilità a muoversi dei portatori di carica. Tuttavia in talune sostanze le
molecole costituenti presentano una disposizione asimmetrica della carica positiva e
della carica negativa: è il caso, ad esempio, della molecola dell’acqua. In effetti gli
atomi che compongono la singola molecola presentano in generale tendenza diversa
ad attrarre a sé gli elettroni dell’intera molecola, proprietà detta elettronegatività.
Immaginiamo gli elettroni come una nube di carica distribuita attorno ai protoni:
essa andrà addensandosi verso l’atomo maggiormente elettronegativo, come è
l’atomo di ossigeno rispetto ai due atomi di idrogeno della molecola H2 O . Si dice
che le molecola di una tale sostanza presenta una polarità intrinseca: possiamo
raffigurare tali molecole come barrette con un estremo positivo ed uno negativo,
orientate in modo casuale. In presenza di un corpo carico, ad esempio
positivamente, le barrette, tenderanno a disporre la loro coda negativa verso di
esso. Si tratta di un processo localizzato, che non comporta spostamenti macroscopici
di carica come nel caso dell’induzione per i conduttori, ed al quale si oppone la
tendenza ad un orientamento disordinato a causa dell’agitazione termica. Solo
poche molecole si allineano completamente, ma l’effetto medio è percepibile anche
su scala macroscopica, sotto forma di una debole attrazione del dielettrico neutro da
parte di qualunque oggetto carico. L’attrazione si spiega con la minore distanza dal
corpo esterno carico che la coda carica di segno opposto di ciascuna molecola viene
ad avere. Questo fenomeno viene detto polarizzazione per orientamento.
E se le molecole hanno una distribuzione simmetrica della carica?
Molte molecole non presentano polarità intrinseca: il loro centro di simmetria delle
cariche positive coincide con quello della cariche negative. E’ questo ad esempio il
caso di tutte le molecole costituite da più atomi di uno stesso elemento: O2 , H 2 ,
oppure N2 , dove la nube elettronica non avrebbe motivo di addensarsi
13
O
H
H
maggiormente in prossimità di un atomo piuttosto che di un altro, essendo tutti gli
atomi uguali.Tuttavia la presenza di un corpo carico in prossimità ha l’effetto di
deformare leggermente la molecola, attirando a sé le cariche di segno opposto al suo.
Ha luogo un fenomeno di polarizzazione simile a quello per orientamento, e detto
polarizzazione per deformazione. L’esperienza dell’attrazione di piccoli pezzetti di carta
da parte di una penna di plastica carica si interpreta bene in termini di
polarizzazione della carta da parte della carica in eccesso presente sulla penna.
Qual è l’effetto complessivo della polarizzazione di un dielettrico?
L’effetto è semplice e visualizzabile unicamente nel caso in cui si abbia a che fare
con una sostanza che non cambi densità e composizione muovendosi al suo interno,
e che non abbia delle direzioni privilegiate (ad esempio l’allineamento di molecole
asimmetriche tutte lungo una direzione). In questo caso polarizzarla è del tutto
equivalente a creare uno strato di carica superficiale in prossimità dell’oggetto
esterno e nella zona più lontana da esso. Infatti nella regione interna anche se alcune
molecole si allineano, si tratta di una variazione locale, e l’effetto medio a grande
distanza è quello di un corpo che al centro rimane neutro e che si fa sentire solo
grazie allo strato di carica superficiale che si è venuto a creare. Se però si tratta di un
dielettrico non omogeneo, ci saranno cariche di polarizzazione anche all’interno e
non è possibile tracciare uno schema generico.
Come sfrutta i fenomeni di elettrizzazone una macchina fotocopiatrice?
Le fotocopiatrice o le stampanti laser contengono un cilindro di alluminio ricoperto
di selenio, un materiale isolante, che però diviene conduttore quando è illuminato.
pressione
4 a caldo
originale
fotocopia
foglio
3 toner
1
elettrizzazione
2
immagine
Il cilindro viene caricato positivamente (fase 1 in figura). Un’immagine del
documento creata da una lente viene proiettata sul cilindro (2). La luce che ha
illuminato il documento originale è stata riflessa solo là dove il foglio non era scritto,
e così le regioni illuminate, divengono conduttrici grazie alle proprietà del selenio, e
non possono più localizzare la carica e la disperdono. Abbiamo così un’immagine
14
del documento fatta di cariche positive localizzata sulle regioni di selenio rimaste
isolanti. Su di esse si fanno aderire delle particelle finissime, nere, di toner, caricate
negativamente (fase 3). Un foglio a forte carica negativa viene quindi premuto a
caldo sul deposito di toner (4), ottenendo così la fotocopia.
6. L’ elettroscopio e la misura della carica
Alla discussione qualitativa precedente vogliamo ora affiancare una procedura
che consenta, oltre che vedere l’elettrizzazione dei corpi, di misurarne gli effetti.
Misurare significa disporre innanzitutto di un valore di carica che venga assunto
come unità di quella misura. Dovremo poi essere in grado di confrontare due
cariche per stabilire quale di esse risulta maggiore e quale minore ed inoltre
dovremo poter dividere una carica in due o più parti uguali a nostro piacimento.
Come possiamo dividere un qualtitativo di carica in parti uguali?
Ci serviremo pertanto di sfere conduttrici che consentiranno alle cariche di migrare
facilmente dall’ una verso l’altra grazie al semplice contatto. Accostando due oggetti
conduttori, uno carico e l’altro neutro, in generale solamente una porzione di carica
si trasferirà dal primo verso il secondo. Quando poniamo a contatto due conduttori
l’estrema mobilità degli elettroni al loro interno fa si che possiamo pensare ad essi
come ad un unico oggetto. Pertanto se due sfere conduttrici, una piccola ed una
grande, si toccano, le cariche in eccesso, respingendosi, giungeranno fino alla
superficie esterna e così si disporranno, per la gran parte, sulla sfera più grande. Con
un ragionamento analogo possiamo concludere che, vista l’elevata simmetria, se
facciamo toccare due o più sfere uguali la carica in eccesso si ripartirà equamente fra
di loro. In tale modo possiamo suddividere su scala macroscopica, un dato
ammontare di carica in parti uguali piccole quanto si vuole.
Come possiamo confrontare fra loro i quantitativi di carica disposti sugli oggetti?
Per riuscirvi ci dobbiamo dotare di uno strumento come quello in figura detto
elettroscopio. Un pomello metallico è sormontato su di una struttura isolante e
termina con delle foglioline metalliche molto leggere, connesse al pomello stesso
attraverso una barra conduttrice. Quando carichiamo il pomello carichiamo anche le
foglioline, che tenderanno a separarsi di un angolo tanto più ampio quanto più
carica si addenserà su di esse. Il metodo più semplice per caricare un elettroscopio è
quello di porlo a contatto con un conduttore carico che trasferisca ad esso parte della
sua carica. Ma abbiamo già visto che questo trasferimento fra conduttori dipende
dalle reciproche dimensioni e potrebbe accadere ad esempio che un conduttore che
sia poco carico e sia di piccole dimensioni rispetto al pomello dell’elettroscopio,
trasferisca all’elettroscopio la stessa quantità di carica di un corpo conduttore con
molta più carica al suo interno e di grandi dimensioni rispetto al pomello
dell’elettroscopio. In questo modo la misura dell’angolo di separazione delle
15


foglioline non sarebbe proporzionale alla grandezza che si desidera misurare. Per di
più non sarebbe possibile misurare la carica contenuta su di un corpo isolante.
Un’alternativa è il processo di carica per induzione. Si accosta all’elettroscopio un
corpo carico, ad esempio negativamente, con l’effetto di indurre cariche positive sul
pomello dell’elettroscopio e conseguentemente cariche negative sulle foglioline, che
così si separano. Se tocchiamo il pomello con un dito, il nostro corpo conduttore
diventa tutt’uno con l’elettroscopio e le cariche negative saranno ora indotte non più
sulle foglioline ma nel punto più lontano da quelle positive sul pomello:
verosimilmente in prossimità dei nostri piedi. Staccando ora il dito dal pomello
stiamo così sottraendo all’intero sistema dell’elettroscopio delle cariche negative con
il risultato che una carica positiva netta si trova addensata nelle parti metalliche
dell’elettroscopio stesso, una carica proporzionale a quella del corpo inducente.
Come si può riprodurre sull’elettroscopio la carica esatta di un oggetto?
Per poter utilizzare l’elettroscopio come un effettivo strumento di misura si deve
riprodurre sull’elettroscopio stesso una quantità di carica uguale a quella in eccesso
presente sul corpo che si desidera misurare. Si può dimostrare e verificare
sperimentalmente che l’induzione dall’interno è sempre completa. Prendiamo un
dispositivo a forma di involucro metallico, come quello che in figura è sormontato
sull’elettroscopio al posto del pomello, detto pozzo di Faraday. Qualunque oggetto
carico venga posto dentro ne risulta una carica indotta sulla superficie interna
esattamente uguale a quella iniziale posseduta dall’oggetto inducente. Il fenomeno
non varia né spostando l’oggetto né ponendolo a contatto con la parete interna: lo si
può verificare osservando come l’angolo di cui deviano le foglioline rimane lo stesso.
In questo modo siamo certi di aver trasferito sull’elettroscopio l’intero ammontare di
carica del nostro oggetto, sia esso conduttore od isolante, e possiamo quindi
misurare attendibilmente la quantità di carica presente attraverso una opportuna
taratura della scala sulla quale varia l’angolo fra le foglie.
Esempio 6
Un filo conduttore collega a terra una sfera di metallo. Se un palloncino carico
positivamente si avvicina alla sfera, si dica cosa succede se: (1) il filo viene rimosso e
poi il palloncino lasciato andare, (2) il palloncino lasciato andare e poi il filo rimosso.
[R: vedi in fondo]
16
7. La legge di Coulomb
L’esperienza mostra che due corpi carichi puntiformi, posti nel vuoto a distanza
r, interagiscono con una forza diretta lungo la retta congiungente i due corpi,
attrattiva o repulsiva a seconda dei segni delle reciproche cariche, la cui intensità è
tanto maggiore quanto più le cariche sono vicine e tanto maggiore quanto maggiore
è il valore di ciascuna di esse:

|q q |
F  k 1 22
r
q1
Con q1 e q2 abbiamo indicato i valori delle rispettive cariche espressi in Coulomb,

mentre r ed F sono ovviamente espressi in metri e Newton. La costante di
proporzionalità k nel Sistema Internazionale vale k  8.99  109 Nm 2 / C 2 , e le sue
unità di misura sono quelle che occorrono per far tornare Newton al primo membro.
Rimarchiamo il fatto che la legge sopra esposta, detta legge di Coulomb, vale
esclusivamente per oggetti puntiformi. Un oggetto rigorosamente puntiforme è una
entità solo teorica: la condizione per applicare la legge di Coulomb va interpretata
nel senso che la distanza r fra gli oggetti coinvolti sia molto maggiore delle loro
dimensioni.
A quale tipo di oggetti non puntiformi si puà estendere la legge di Coulomb?
Una notevole proprietà delle forza elettrica che studieremo, fa sì che la legge di
Coulomb valga anche per oggetti carichi estesi nei quali le cariche siano distribuite
con simmetria rigorosamente sferica. Si può mostrare che se due sfere cariche, poste
ad una distanza che permetta di trascurare le possibili variazioni della distribuzione
di cariche sull’una ad opera dell’altra, interagiscono secondo la legge di Coulomb
dove al posto di r andrà inserita la distanza fra i centri7.
Cosa si può dire sulla direzione e e sul verso della forza di Coulomb?
Per avere una espressione della legge di Coulomb in termini vettoriali, che contenga
cioè anche informazioni sul verso della forza, dovremointrodurre il simbolo di
versore rˆ1 . Intenderemo con rˆ1 un vettore di modulo 1 orientato dalla prima carica,
q1 verso la seconda q2 , (cioè sempre uscente dalla carica della quale si vuol esprimere la
forza da essa esercitata) ed eliminando il modulo, si ottiene:

qq
F21  k 1 22 rˆ1
r
forza esercitata su q2 da q1
Va detto anche che nel momento in cui assumiamo che le cariche siano puntiformi, e che tutte le
loro proprietà possano essere individuate da una grandezza scalare q, anche solo da motivi di
simmetria si potrebbe dedurre che la loro interazione deve essere diretta lungo la congiungente, in
quanto in uno spazio vuoto con le sole due cariche in studio, non si potrebbe definire nessun’altra
direzione in modo univoco.
7
17
q2
r

F12

q2 F
21
q1

q1 F
12

F21
q2
La formula ora fornisce anche la direzione della forza che la carica q1 esercita su q2 .
Precisamente, se le due cariche hanno lo stesso segno, cioè se q1q2  0 , allora q1
esercita su q2 una forza che ha direzione rˆ1 , cioè uscente da q1 e quindi repulsiva.
Se invece q1q2  0 , cioè le due cariche hanno segno diverso, allora q1 esercita su q2
una forza che ha direzione rˆ1 , cioè entrante in q1 e quindi attrattiva. Useremo la


simbologia in cui F21 s’intende applicata su q2 mentre F12 applicata su q1 :

q2 F
21

F12 q 1

F12
carica che subisce
carica che esercita
Analogamente allora intenderemo con rˆ2 un vettore di modulo 1 orientato da q2
verso q1 , (cioè sempre uscente dalla carica di cui si vuol esprimere la forza che esercita):

qq
F12  k 1 22 rˆ2
r
forza esercitata su q1 da q2
Osserviamo infine che, come nell’esempio in figura dove q2  10q1 :


in base al principio di azione e reazione, è sempre e comunque F12  F21 anche se

F12
q1 e q2 sono molto differenti in valore.

F21
q1
q 2   10q1
Esiste un’altra formulazione della legge di Coulomb?
Allo scopo di semplificare alcune formule dell’elettromagnetismo, si paga il piccolo
prezzo di complicare un pochino l’espressione della legge di Coulomb, ponendo al
posto di k l’espressione:
1
k
40
il che è sempre possibile, ricordando che k  8.99  109 Nm 2 / C 2 , purché si ponga:
0 
2
1
12 C

8.85

10
4  8.99  109
Nm 2
valore che viene detto costante dielettrica del vuoto. La legge di Coulomb assume così
la nuova forma:

F 
1 | q1q2 |
40 r 2
Esempio 7
Calcolare l’intensità della forza con la quale un nucleo di un atomo di idrogeno (un
protone ed un neutrone) attira il suo elettrone, assumendo r  0.50  1010 m .
18
Sapendo che la carica dell’elettrone vale e  1.6  1019 C e che quella del
protone è uguale ed opposta, sostituendo nella legge di Coulomb abbiamo:
19 2

| (e )(e) |
)
9 (1.6  10
F k

8.99

10
N
2
10 2
r
(0.50  10 )

8.99  1.62
 1093820 N  9.2  108 N
0.502
Esempio 8
Due sfere conduttrici identiche A e B sono cariche: la prima con QAi  9.0  104 C
e la seconda con QBi  25  105 C e si trovano alla distanza r  45 m . Esse sono
poste a contatto e poi di nuovo portate a 45 metri di distanza. Considerando
puntiformi le sfere rispetto alla distanza coinvolta, si dica qual era l’intensità della
forza che agiva fra loro inizialmente, e quale l’intensità dopo il contatto.
[R: 1.0 N attrattiva , 0.50 N repulsiva ]
Esempio 9
Una pallina di massa m  4.00 g contenente un eccesso di carica positiva q , è
appesa ad un filo lungo L  35.0 cm . Quando le si avvicina a distanza
d  2.50 cm una seconda pallina contenente un eccesso di carica 2q , la prima
si solleva dello stesso tratto d dalla verticale. Quanto vale la carica q ?
4
[R: 9.35 10
C]
Esempio 10
Due blocchi della stessa massa sono uniformemente carichi, il primo ha una
carica Q ed il secondo una carica 3Q entrambe positive. La loro distanza è tale
che possiamo considerarli puntiformi. Sebbene i due blocchi si respingano per
effetto della reciproca repulsione elettrica l’attrito statico con il terreno, che ha
un coefficiente S  0.8 , li costringe a stare fermi. Per ciascuno dei due oggetti
disegnare il diagramma di corpo libero che riporti le forze che agiscono su di
esso. Si faccia però attenzione alla lunghezza dei segmenti che si usano per
raffigurare le forze: si usi un criterio di proporzionalità in modo che una forza
doppia sia rappresentata da un segmento di lunghezza doppia e forze uguali da
segmenti ugualmente lunghi.
[R: vedi in fondo]
19
L

FE
d
d
8. Il principio di sovrapposizione
Che succede alla forza di Coulomb quando le cariche sono più di due?
A completamento di quanto detto va enunciata l’altra fondamentale proprietà
dell’interazione elettrica, che va sotto il nome di principio di sovrapposizione. Nel caso
in cui si avesse a che fare con tre o più cariche puntiformi, vincolate a stare in
prefissate posizioni, ci si potrebbe chiedere se la presenza di q 3 accanto a q1 e q2
modifica la forza con la quale le altre due interagiscono quando essa non c’è.
L’esperienza mostra che questo non è vero ma anzi che vale una regola additiva degli
effetti: la forza che q2 e q 3 esercitano su q1 è pari alla somma vettoriale delle forze
che q2 eserciterebbe su q1 come se q 3 non ci fosse, e della forza che q 3 eserciterebbe
su q1 come se q2 non ci fosse.
Principio di sovrapposizione: in un insieme di tre o più cariche puntiformi, la forza
con la quale interagiscono due qualunque di loro può essere calcolata come se le
altre non ci fossero, e la forza risultante su una qualunque di esse è la somma
vettoriale di tutte le forze calcolate in questo modo.
q1
q2
Come agisce la forza di Coulombe entro un dielettrico?
Il principio di sovrapposizione permette di concludere che una coppia di cariche che
interagisse all’interno di un dielettrico, vedrebbe sovrapposta alla forza che ci si
aspetterebbe nel vuoto, una forza aggiuntiva, contrastante, dovuta alle cariche di
polarizzazione. Come si osserva in figura il segno delle cariche polarizzate attorno a
quella parte di superficie del dielettrico che si affaccia vicino alle cariche in esame è
sempre opposto a quello delle cariche stesse. L’effetto complessivo della loro forza si

sovrappone all’intensità F0 con la quale q1 e q2 interagiscono nel vuoto, e, vista la

loro distribuzione, l’apparenza è che fra q1 e q2 agisca una nuova forza Fr più

debole8 di F0 . Per semplicità, quando si vuole avere l’intensità della forza con cui
due cariche interagiscono dentro ad un dielettrico, tutto ciò viene riassunto
dividendo l’espressione della forza che abbiamo dalla legge di Coulomb, per una
costante adimensionale, maggiore di 1, caratteristica del materiale dielettrico in
esame. Tale costante r , detta costante dielettrica relativa vale poco più di 1 per
l’aria, e varia più o meno da 2 fino a 10 per i dielettrici più comuni (plastica,
ceramica, vetro etc). Ne risulta per la legge di Coulomb all’interno di un dielettrico:
Infatti, metre la zona centrale del dielettrico rimana neutra, tutt’intorno alla carica positiva si crea
uno strato negativo che respinge l’altra carica, e tutt’intorno a quella negativa uno strato positivo che
ha analogo effetto sulla prima carica. Ne risulta un indebolimento rispetto all’attrazione nel vuoto.
8
20

Fr 

F0
1 | q1q2 |

40r r 2
r
Esempio 11
Due cariche puntiformi sono vincolate a stare ad una distanza di 0.50 m ed hanno
valore Q1  6.5  106 C , Q2  5.5  106 C . Trovare la distanza x dalla posizione Q1
di Q1 alla quale deve essere posta una carica qualsiasi Q3 , positiva o negativa,
affinché essa stia in equilibrio.
[R: 26 cm ]
E’ intuitivo che la soluzione non dipenda né dal valore né dal segno di Q3 , visto che
x
Q2
Q3
x
una carica positiva viene respinta da entrambe le altre due, mentre una negativa
dello stesso valore assoluto ne viene attratta, ma ciò che cambia è solo il verso delle Q1
interazioni e non la loro intensità. Aumentando o diminuendo il suo valore l’effetto
non varia perché le due forze variano proporzionalmente ad esso. Il risultato è che
alla stessa distanza x alla quale si annullano i due effetti attrattivi si annullano anche
i due effetti repulsivi. Qui supponiamo che Q3 sia positiva, ottenendo:


1 | Q1Q3 |
1
| Q2Q3 |
| F31 |
,
| F32 |
2
40 x
40 (0.50  x )2
0.50  x


F32 Q F31
3
L’equilibrio si ha quando le due interazioni sono uguali, quindi:
1 | Q1Q3 |
1
| Q2Q3 |

 Q1 (0.50  x )2  Q2 x 2
2
40
40 (0.50  x )2
x
Estraendo la radice da ambo i membri abbiamo:
Q1 (0.50  x )  Q2 x
x

0.50 Q1
Q1  Q2

0.50 6.5  106
6.5  106  5.5  106
103  0.50 6.5
103  ( 6.5  5.5)
m
m  0.26 m  26 cm
Esempio 12
Tre cariche puntiformi sono vincolate ai vertici di un triangolo rettangolo i cui
cateti misurano 3.00 cm ciascuno, come in figura. I valori delle cariche sono
Q1  2.10  106 C , Q2  4.00  106 C , Q3  5.20  106 C . Si trovi l’intensità
della forza che complessivamente le altre cariche esercitano su Q2 , e se ne
individui la direzione (cioè le componenti oppure’angolo con un asse
coordinato).
[R: 173 N,  65.1 ]

Per il principio di sovrapposizione la carica Q2 subisce la forza F12 , attrattiva, da

parte di Q1 , come se Q3 non ci fosse, e la forza attrattiva F32 di Q3 come se Q1 non
ci fosse. Per il calcolo delle intensità si applica la legge di Coulomb:
21
Q2
Q1
Q3
Q2
Q2

| F21 |

4
1 | Q1Q2 |
| 2.10  106  (4.00 106 ) |
 8.99  109
N
2
40 r21
(3.00  102 )2
| 8.99  2.10  (4.00) | 9664

10
N  8.39  101 N  83.9 N
3.002

1 | Q2Q3 |
| 4.00  106  5.20  106 |
| F22 |
 8.99  109
N
2
40 r23
(3.00  102 )2  (3.00  102 )2
| 8.99  (4.00)  5.20 | 9664

10
N  10.4  101 N  104 N
2  3.002

La direzione della forza risultante F è la diagonale del parallelogramma che


ammette F21 e F23 come lati. Vi sono due vie per il calcolo: per componenti e

F23

F21
Q1
Q3
Q2
ˆ
73.5 x
tramite il teorema di Carnot.

(1) Calcolo per componenti: la direzione di un vettore si intende individuata quando
sono conosciute le sue componenti in un riferimento come quello in figura:
F21x  0 N , F21y  83.9 N
 157 ŷ


2
F23x  F32 cos  104
N  73.5 N
4
2


2
F23y   F23 sin  104
N  73.5 N
4
2
Sommandole otteniamo le componenti della risultante:
Fx  F12x  F32x  0 N  73.5 N  73.5 N
Q2

F21

F23

Q3

F
Q1
Fy  F12y  F32y  83.9 N  73.5 N  157 N

dal teorema di Pitagora si ha il modulo si F :

F  Fx2  Fy2  73.52  (157)2 N  30051 N  173 N
mentre l’angolo  , negativo perché antiorario a partire dall’asse delle x , vale:
Fy
157 N
tan  

 2.15    arctan(2.15)  65.1
Fx
73 N

(2) Con il teorema di Carnot si ottiene l’intensità della risultante:





| F |2 | F21 |2  | F23 |2 2 | F21 || F23 | cos(   )

ed essendo   risulta:
4

3
| F | (83.9 N)2  (104 N)2  2  (83.9 N)  (104 N) cos   173 N
4
d
q1
d
q2
q3
Esempio 13
Si hanno tre cariche puntiformi vincolate a stare ferme allineate. Risulta
d  28.0 cm , q1  1.50  105 C , q2  3q , q 3  4q . Trovare il verso e
l’intensità della forza elettrostatica esercitate su q1 e su q2 . Come camba la
forza su q2 se d viene triplicato?
[R: 25.8 N, 232 N, 232
9 N tutte verso destra]
22
Esempio 14
Quattro cariche sono vincolate a stare negli estremi di un quadrato di lato
a  26.0 cm , di valori come in figura. Sapendo che q1  q  1.40 μC , si trovino la
direzione e l’intensità della forza risultante su q2 e su q 3 .


[R: F2  1.40  10-3 N , 2  165 , F3  1.78  103 N , 3  76.3 ]
Esempio 15
Due palloncini di forma approssimativamente sferica con raggio r  0.100 m , sono
pieni di un gas più leggero dell’aria. Le loro superfici vengono caricate
negativamente per strofini, in modo che su ciascuno di essi si depositi una carica di
Q  3.20  106 C , e poi vengono legati in terra come indicato in figura. Si
osserva che i due fili formano un angolo  tale che tan( / 2)  0.300 . Calcolare la
distanza d fra i centri dei due palloncini. Si assuma per la densità dell’aria
  1.29 kg/m 3 e si trascuri il peso dei palloncini, sapendo che verso l’alto agisce

la spinta di Archimede A pari al peso dell’aria spostata.
[R: 0.695 m ]
Esempio 16
Due palline isolanti sono appese a dei fili di massa trascurabile, come in figura.
Ognuna ha una massa di m  0.200 g ed una carica ignota q , uguale a quella
dell’altra ma di segno opposto. In seguito all’attrazione i fili formano un angolo di
15.0 con la verticale, e la distanza fra i centri vale d  3.50 cm . Trovare l’intensità
della forza su ogni pallina, la carica sulle palline e la tensione dei fili.
[R: 5.26  104 N , 0.847  108 C , 2.03  103 N ]
q 2  q 1
a
q 3   2q1
a
q1
q 4   3q 1
d
α
15.0
15.0
d
Esempio 17
Un palloncino sferico, pieno di aria, ha una massa di m  4.00  103 kg ed è
carico di una quantità Q1  1.50  106 C . Esso è appeso al soffitto in modo in

cui possa orbitare attorno ad una carica puntiforme negativa Q2 ancorata al
pavimento come in figura. Sapendo che l’angolo che il filo forma con la
verticale è   45.0 , che il filo è lungo a  2.50 m e che il palloncino compie
30 giri in un minuto, trovare il valore di Q2 .
[R: 8.92  105 C ]
23
a
Q1
Q2
Soluzioni
Esempio 2
Essendo identiche:
1
QAf  QBf  2  106 C  QTot da cui QTot  4  106 C .
2
e quindi anche all’inizio:
QBi  QTot  QAi  (4  106  3  106 ) C  7  106 C
Esempio 3
Per rispondere è sufficiente dividere l’eccesso di carica per quella di un elettrone:
4.80  106 C
 3.0  1013 elettroni
19
1.6  10
C
Esempio 5
Quando accostiamo C neutro ad A negativo e tocchiamo con un dito C diventiamo
tutto un unico conduttore con esso e quindi verso il lato di C a ridosso di A si
addensano cariche positive mentre nel punto più lontano, cioè nei nostri piedi quelle
negative. Quando stacchiamo il dito C resterà carica positivamente, pertanto attirerà
A, respingerà D ed attirerà B per induzione.
Esempio 6
Quando il palloncino è accostato sulla porzione di sfera rivolta ad esso sono indotte
cariche negative, mentre la carica positiva in eccesso sulla regione opposta si porta il
più lontano possibile dal palloncino e cioè a terra, grazie al filo. (1) Se in questo
istante il filo è rimosso la sfera si trova quindi ad avere un eccesso di carica negativa.
(2) Se in questo istante il palloncino è lasciato andare il fenomeno induttivo si
riequilibra e la sfera torna immediatamente ad essere neutra e così rimane anche
dopo il taglio del filo, che non ha alcun effetto sullo stato di carica.
Esempio 8
Prima del contatto le sfere hanno segno opposto qundi la forza è attrattiva e la sua
intensità vale:

Fin 
| 9.0  104  (25  105 ) |
1 | QAQB |
 8.99  109 
N
2
40
r
452
 1.0  10945 N  1.0 N
Dopo il contatto, la carica totale, che si conserva, si ripartisce in modo uguale
essendo le due sfere identiche:
1
QAf  QBf  9.0  104  25  105  C  3.3  104 C
2

(3.3  104 )2
Ffin  8.99  109
N  0.50 N
452
24
Esempio 9
Il triangolo delle forze e quello che ha per ipotenusa il filo sono simili, quindi si ha:

FE
d

2
mg
L d2

d  mg
2.50  102  4.00  103  9.81
FE 

N  2.80  105 N
2
2
2
2
L d
35.0  0.0250
che uguagliata all’espressione della legge di Coulomb dà:

q (2q )
FE  k
 2.80  105 N
2
d

FE
2.80  105
q d
 2.50  102
C  9.35  104 C
2
2
Esempio 10
(1) Su entrambi i corpi agisce la gravità, che a parità di massa avrà la stessa intensità,
quindi i due vettori della gravità hanno la stessa lunghezza.
(2) Poiché non c’è accelerazione nella direzione verticale, il piano di appoggio deve
esercitare una forza vincolare diretta verticalmente ed uguale ed opposta alla 
gravità: anche in questo caso i due vettori sono uguali per entrambi i blocchi ed FE
uguali ai vettori della gravità.
(3) Il blocco di sinistra è respinto dalla repulsione elettrica delle blocco di destra e
viceversa. Le due forze sono ovviamente uguali, come prevede il terzo principio
della dinamica. Chi fosse tentato di fare una delle due lunga il triplo dell’altra pensi

che entrambe le intensità sono ottenute dalla stessa formula: FE  k q1q2 / r 2

mg

T

FE
L
L2  d 2

T

FE
d
d

mg

N

N

A

FE

A

W

W
(4) Il fatto che i blocchi siano fermi implica un attrito esattamente uguale alla forza
elettrica e quindi un attrito che è lo stesso per i due blocchi. Tuttavia è noto che
l’attrito statico fra due superfici varia da zero fino ad un valore massimo, pari al
prodotto di S per la componente normale al piano della forza vincolare. Non
sappiamo se qui si sia in condizioni di massimo attrito, tuttavia dato che
S  0.8  1 anche nel caso massimo, la forza di attrito deve essere minore della
forza normale, quindi disegneremo attrito e forza elettrica uguali fra loro ma più
corti della forza vincolare e della gravità.
Esempio 13
La forza su q1 si calcola applicando il principio di sovrapposizione e considerando
di volta in volta prima le coppie q1 , q2 come se q 3 non ci fosse, e poi q1 , q 3 come se


q2 non ci fosse. Dopo sommeremo i due contributi:
F
F
13
12


| q(3q ) | 3kq 2
3kq 2
ˆ
F12  k

F

x
12
q1
d2
d2
d2
2
2


| q (4q ) |
4 kq
kq
F13  k

F13   2 xˆ
2
2
(2d )
4d
d
Scegliendo un asse delle ascisse orientato verso destra abbiamo:
3kq 2 kq 2
2kq 2
F1x  F12x  F13x  2  2  2 d
d
d
d
25

F21

F23
q2
q3
Calcolando il fattore kq 2 / d 2 otteniamo:
kq 2
8.99  109  1.502  1010
8.99  1.502


 109102  25.8 N
2
1 2
d2
2.80
2.80  10 

kq 2
 2  25.8 N  51.6 N
cioè: F1  5.16 xˆ
2
d


3kq 2
Per q2 abbiamo F21  F12   2 xˆ per la terza legge della dinamica, ed inoltre:
d
2

| (3q )(4q ) | 12kq
F23  k

d2
d2
3kq 2 12kq 2
9kq 2
F2x  F21x  F23x   2 

 9  25.8  232 N
d
d2
d2

cioè F2  232 xˆ
F1x  2

1
Triplicando d il fattore d 2 a denominatore riduce F2 ad del valore precedente.
9

F24

F23

F34
q

F32
 2q

F21
Calcoliamo le componenti in un sistema di coordinate come in figura, sapendo che
sin 45  cos 45  2 / 2 :

F31
a
a 2
F21x  0 , F21y  
kq 2
;
a2
2kq 2
, F23y  0 ;
a2
3kq 2
3kq 2 2
 2 cos 45  2
2
a
a
F23x  
3kq 2
3kq 2 2
sin
45



F24y
a2
a2 2
Da cui sommando si ottiene:
2kq 2 3kq 2 2
kq 2 
2 

F2x  0  2  2
 2 2  3
2
2 
a
a
a 
F24x  
 3q
q
Esempio 14
Calcoliamo l’intensità della forza su q2 :

| q  q | kq 2 
| q  (2q ) | 2kq 2 
| q  (3q ) | 3kq 2
F21  k

;
F

k

;
F

k
 2
24
23
2
a2
a2
a2
a2
a
 2a 
F2y  
kq 2
3kq 2 2
kq 2

0


a2
a2 2
d2
 2

3

 2  1
Calcoliamo il fattore comune kq 2 / a 2 :
kq 2
8.99  109  (1.40  106 )2
8.99  1.402

N

 109122 N  3.27  104 N ,
2
1 2
a2
2.60
2.60 10 
kq

F2
a
2
2
 32
inserendo si ha pertanto:
kq 2 
2 
  3.27  104  (4.12)  1.35  103 N
F2x  2 2  3
2  1 ŷ
2 
a 
2

kq
d
2
2
15.2
2 
3
2
2  x̂
F2y 

kq 2  2
3
 1  3.27  104  (1.12) N  3.67  104 N
2 

a  2


F2  F22x  F22y  (1.35  103 )2  (3.67  104 )2 N 
26
 [(13.5)2  (3.67)2 ] 108 N  1.40  10-3 N
Per l’angolo dovremo prima calcolare il valore dell’arco che ha per tangente
F2y / F2x , ma poi si deve aggiungere 180° al valore dato dalla calcolatrice visto che

F2x  0 ed F2y  0 quindi il vettore F ha la testa nel secondo quadrante:
tan 2 
F2y
F2x

kq 2
a2
 2

3

 2  1
2


2  3 2 

2 
kq
a2
3 2 2
 0.271
4  3 2

2  180  tan1(0.271)  180  15.2  165
Calcoliamo ora l’intensità della forza su q 3 :

| 2q  q | kq 2 
| 2q  (q ) | 2kq 2 
| 2q  (3q ) | 6kq 2
F31  k
 2 ; F32  k
 2 ; F34  k
 2
2
2
a
( 2a )
a
a
a
a2
Da cui, proiettando sugli assi e sommando, come nel caso precedente, si ottiene:



kq 2 2 2kq 2
kq 2 
2 

F3x   F31 cos  F32   2
 2  2 2 
4
2 
a 2
a
a 



kq 2 2 6kq 2
kq 2 
2 

F3y   F31 sin  F34   2
 2  2 6 
4
2 
a 2
a
a 

kq 2
F3  2
a
2 
2   6 
2
2
2
2
2
F3y
F3x


2 
  4.09
2
2
kq 2
6 22
a2
2
kq
a2
kq
2
a2
6  22  yˆ

 (3.27  104  5.45) N  1.78  103 N

Il vettore F3 ha la testa nel primo quadrante visto che F3x  0 ed F3y  0 quindi:
tan 3 

F
3  tan1 (4.09)  76.3
Esempio 15

Vista la simmetria del problema, la forza elettrica FE fra i due palloncini deve essere
diretta orizzontalmente e all’equilibrio bilanciata dalla componente orizzontale della


tensione T del filo. Verticalmente avremo la spinta di Archimede A diretta verso
l’alto, d’intensità pari al peso dell’aria spostata:

4
A  ariaVg  aria r 3g
3
bilanciata dalal componente verticale della tensione. Scriviamo la legge di Newton in

direzione verticale e ricaviamo T :

A



 Vg

4 r 3g aria
Ay  Ty  A  T cos  0  T 
 aria

2
cos( 2) cos( 2) 3 cos( 2)
e sostituiamola nella condiizone di equilibrio in orizzontale:



1 Q2
4
sin( /2)
FEx  Tx   FE  T sin  0 
 r 3 aria g
2
40 d 2
3
cos( /2)
27
kq
2
a2
2  22  x̂
e tenendo conto che
Q2
3


40 4gr 3 aria tan( /2)
d
 8.99  109 

sin( / 2)

 tan  0.300 possiamo ricavare:
cos( / 2)
2
3  (3.20  106 )2
m
50.24  9.81  0.100 3  1.29  0.300
8.99  (3.20)2
10926 m 
50.24  9.81  0.1003  1.29  0.300
 483  103 m  48.3  102 m  6.95  101 m  0.695 m


T 15.0
15.0 T


FE FE

mg

mg
Esempio 16
Per il principio di azione e reazione la forza elettrica è la stessa su entrambe le
cariche. La simmetria di tutto l’apparato impone poi che siano le stesse tanto la
carica quanto la tensione sui due fili. In direzione verticale abbiamo:

T cos15.0  mg  0 da cui:

T 
mg
0.200  103  9.81

N  2.03  103 N .
cos 15.0
0.966
In direzione orizzontale, scegliendo la pallina a destra:


T sin15.0  FE  0 da cui:


FE  T sin 15.0  2.03  103 N  0.259  5.26  104 N .


Uguagliando questo risultato all’espressione fornita dalla legge di Coulomb:

kq 2
 FE  5.26  104 N si arriva a:
2
d

FE d 2
(5.26  104 )(3.50  102 )2
5.26  3.502 449
q

C
10

9
k
8.99
8.99  10
 7.17  1017 C  0.717  1016 C  0.847  108 C

T
Esempio 17


La forza elettrica FE che Q2 esercita su Q1 deve, assieme alla componente

orizzontale della tensione T del filo, fornire la forza centripeta affinché Q1

FE

mg
compia 30 giri al minuto, su di un’orbita il cui raggio vale:
r  a sin 45  1.77 m .
Fotografando il moto sul piano del foglio, si ha lungo l’asse verticale:


T cos   mg  0 
T  mg / cos  .
2


v
Sull’asse orizzontale abbiamo: T sin   FE  m
.
r
Ricaviamo ora la velocità: sapendo che 30 giri al minuto sono 0.5 giri in un
secondo, il che corrisponde ad un periodo di 2 secondi (valori esatti), basterà
28
dividere la lunghezza 2r di un giro per 2 secondi ed avere che

2r
v 
 r m/s . Sostituendo abbiamo:
2


sin 
 2r 2
mg
 FE  m
 FE  m(2r  g tan )
cos 
r

3
FE  4.00  10 (3.142  1.77  9.81 tan 45.0)  3.06  102 N
che uguagliata all’espressione della legge di Coulomb e risolta rispetto a Q2 :

r 2 FE
12.56  1.772  3.06  102
Q2  

C
kQ1
8.99  109  1.50  10 -6

12.56  1.772  3.00
 10926 C  8.92  105 C
1.50  8.99
29
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