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CAMPANO GIANNANTONIO (1429-1477

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CAMPANO GIANNANTONIO (1429-1477
PERSONAGGI ILLUSTRI IN TERRA D’ABRUZZO
CAMPANO GIANNANTONIO
(1429-1477)
Ecclesiastico
Proveniente da una famiglia contadina, Giannantonio De Tollis, detto il
Campano, vide i natali a Cavelle, nel feudo di Galluccio in provincia di Caserta,
nel 1429.
All’età di tre anni perse la madre Gioviniana e, dopo il decesso del padre
avvenuto nel 1454, fu affidato in custodia, insieme ai suoi tre fratelli, agli zii.
In Campania, a Sessa Aurunca, dove rimase fino al 1447, ricevette i primi
insegnamenti. Dal “Frammento” autobiografico sappiamo che venne accolto
come istitutore dalla nobile famiglia Pandoli di Venafro con la quale rimase dal
1448 al 1452. Nella città partenopea partecipò attivamente alle lezioni di Nicola
Rainaldi, medico sulmonese, insegnante di logica e medicina all’Università di
Bologna, di Padova e di Perugia. Il Rainaldi fu una personalità importante nella
vita del Campano, avendo instaurato con lui un rapporto di stima, cordialità e di
amicizia.
Successivamente si trasferì a Perugia dove si dedicò, nonostante i primi corsi
filosofici seguiti a Napoli, agli studi universitari con indirizzo letterario.
In questa città entrò in contatto con i dotti del tempo con i quali instaurò rapporti
di amicizia: in particolare si ricorda il legame con il greco Demetrio Calcondila.
Ancora studente venne chiamato come precettore della famiglia Baglioni. Nello e
Pandolfo Baglioni furono non solo i protettori ma anche amici e grandi estimatori
di Giannantonio.
Per loro compose orazioni e discorsi (famosa è l’orazione funebre scritta per la
morte di Nello, mentre a Pandolfo dedicò i tre libri “De ingratitudine fugienda”).
Grazie a queste amicizie il Campano ottenne la cattedra di Retorica presso lo
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Studio perugino, incarico che gli permise di guadagnare, dal 1455 al 1459,
cinquanta fiorini annui. Nel 1457 Perugia fu contaminata dalla peste e
Giannantonio si trasferì a Monte del Lago dove scrisse le riflessioni “De
felicitate Thrasimeni”. Tornato a Perugia venne consacrato come storiografo
grazie alla stesura della biografia di Braccio di Montone “Vita et res gestae
Bracii Fortebracii”. Istaurò una profonda e lunga amicizia con Giacomo
Ammannati, nipote di papa Pio II. Grazie a quest’ultimo divenne prima
segretario del cardinale di Bologna Filippo Calandri e poi, dal 1460, segretario
del nuovo cardinale Alessandro Oliva. Nel 1462, dopo l’orazione funebre
dedicata a Pandolfo e a Niccolò Baglioni (assassinati ad opera di Braccio), Pio II
gli concesse due benefici nel regno di Napoli e poi gli garantì la nomina a
vescovo di Crotone con il beneplacito di Re Ferdinado I e l’assenso del Principe
di Taranto Giovanni Antonio Orsini. Dopo la morte di Alessandro Oliva,
Giannantonio venne nominato vescovo di Teramo, nella cui diocesi rimase dal
1465 al 1468 e dal 1474 al 1477. Fu un vero estimatore della città abruzzese,
amante del suo clima mite e delle bellezze architettoniche che vantava in ogni
occasione, anche nella corrispondenza intrattenuta con l’amico Ammannati.
Nelle lettere descriveva nei minimi particolari la sua posizione di vescovo ed i
benefici che ne derivano, dall’uso del titolo di principe al diritto di celebrare la
messa armato. Appena insediatosi nella città aprutina dovette affrontare la
problematica questione dei codici soprannaturali aumentandoli, rispetto ai sedici
fissati dal precedente vescovo, di sette unità. Chiuse, nonostante il malumore
della popolazione, il monastero di Santa Chiara di Teramo per poi riaprirlo due
anni dopo. Fu un ottimo conoscitore del territorio teramano sia interno che
costiero. Risiedette per lungo tempo nella chiesa di San Flaviano a Giulianova,
nuova sede cui dedicò alcuni versi (“Giulia”), anticamente apposti sulla porta
d’ingresso della città.
Nel 1464 in occasione della morte di papa Pio II, a Giannantonio e a tutti i
“cardinali pientini” venne consigliato di star lontano da Roma. Rientrato a Roma
si dedicò in qualità di produttore editoriale dei classici, prima nella stamperia di
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Ulrich Han e poi in quella di Filippo de Legnamine. Superati i problemi iniziali
con il nuovo papa, Paolo II, il Campano fece parte della legazione pontificia della
Dieta di Ratisbona, convocata da Federico III per affrontare la questione Turca.
Per tale occasione compose un discorso, che anche se non venne mai letto, ebbe
una grande diffusione.
Morto papa Paolo II nell’estate del 1471 venne eletto Sisto IV (Francesco Della
Rovere), amico del Campano il quale lo nominò governatore della città di Todi e
di Amelia. In Umbria venne spostato di città in città: si fermò anche a Foligno e
a Città di Castello. Proprio qui iniziò il suo periodo di decadenza. Nel risolvere la
guerra fra le fazioni cittadine, avendo espresso la sua contrarietà all’intervento
delle truppe papali, si alienò i favori pontifici, l’esonero dagli incarichi e
l’allontanamento dalla curia. In quegli anni partecipò e compose un’orazione
funebre per Battista Sforza, giovane moglie di Federico da Montefeltro. Durante
il soggiorno a Foligno iniziò la stesura della biografia dello stesso duca di
Urbino. Nel 1474 a causa dello scarso sostentamento finanziario tornò a Teramo
dove si dedicò, con molta probabilità, alla caccia e alla pesca. In occasione del
giubileo soggiornò a Roma e fu ospite del papa che lo spronò alla raccolta del
suo Epistolario. Durante uno degli spostamenti estivi verso Siena si ammalò
gravemente e morì il 5 luglio 1477.
Nel 1495 venne pubblicata la sua “Opera omnia” a cura di Michele Ferni e edita
da Eucharius Silber. L’opera, di cui se ne conserva una copia nel fondo bindiano
della biblioteca comunale di Giulianova, contiene: “Tractatus V”, “Orationes
XV”, “Epistolarium IX libri”, “Vita Pii”, “Historia Branchii”, “Epigrammatum
VIII” e la sua biografia.
Opere:
Indice tipologico delle principali opere:
• Opera omnia, a cura di Michele Ferni, edita da Eucharius Silber, 1495
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