SISTEMI DI MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI E
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SISTEMI DI MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI E
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA REGIONE SICILIANA Assessorato Regionale dell'Istruzione e della Formazione Professionale Dipartimento Regionale dell'Istruzione e della Formazione Professionale Unione Europea Fondo Sociale Europeo Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali SICILIA FONDO SOCIALE EUROPEO PROGRAMMA OPERATIVO 2007-2013 "Investiamo per il vostro futuro" UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI DIPARTIMENTO DI FISICA ED ASTRONOMIA Master Universitario di II livello in MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI E NON IONIZZANTI E RISCHIO AMBIENTALE PROGETTO CIP n. 2007.IT.051.PO.003/IV/12/F/9.2.14/1368 - CUP n. E65C10000850009 Direttore: Prof. Antonio Triglia SISTEMI DI MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI E ASPETTI APPLICATIVI DELLA NORMATIVA VIGENTE AI LABORATORI NAZIONALI DEL SUD MARIA CONSOLATA RAPISARDA Tutor: Dott G.A.P. Cirrone Dott. S. Gammino Dott. D. Rifuggiato Sig. S. Russo Dott. G. Cuttone I.N.F.N. Laboratori Nazionali del Sud Catania A.A. 2010-2011 Catania - luglio 2012 L’esperto è una persona che ha fatto in un campo molto ristretto tutti i possibili errori. Niels Bohr INDICE INDICE ELENCO DELLE FIGURE ELENCO DELLE TABELLE SOMMARIO RINGRAZIAMENTI vi vii viii ix INTRODUZIONE 1 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI 3 1.1. La caratterizzazione delle radiazioni ionizzanti ........................ 3 1.2. I sistemi di rivelazione............................................................... 9 1.2.1. I rivelatori a gas ................................................................... 14 1.2.2. I rivelatori a scintillazione ................................................... 18 1.2.3 I rivelatori a stato solido ....................................................... 22 1.2.4 Rivelatori di neutroni ............................................................ 22 1.3. Applicazioni .............................................................................. 25 1.3.1 Dosimetria ambientale .......................................................... 25 1.3.2 Dosimetria personale ............................................................ 26 1.5. Sorgenti artificiali di radiazioni ai LNS .................................... 29 2. LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI 31 2.1. La radioprotezione .................................................................... 31 2.1.1. I principi della radioprotezione ........................................... 32 2.2. Rischi da radiazione .................................................................. 33 2.2.1. Esposizione esterna ............................................................. 33 2.2.2. Esposizione interna .............................................................. 35 2.3. Il D.lgs 241/2000 ....................................................................... 37 2.3.1. Classificazione delle aree .................................................... 38 2.3.2. Classificazione dei lavoratori .............................................. 39 2.4. Applicazioni del D.lgs 230/2000 ai LNS .................................. 41 2.4.1. Sistemi di controllo: rivelatori fissi e portatili ..................... 42 2.4.2. Classificazione delle sale ai fini radio protezionistici ......... 42 2.4.3. Monitoraggio della dose al personale .................................. 46 v INDICE 3. MISURE DI ATTIVAZIONE E CONTAMINAZIONE 49 3.1. Sorveglianza fisica nel progetto FRIBs..................................... 51 3.2. Strumentazione utilizzata .......................................................... 52 3.3. Misure e dati sperimentali ........................................................ 53 CONCLUSIONI 62 BIBLIOGRAFIA 63 APPENDICE A PRINCIPALI DEFINIZIONI 64 ELENCO DELLE FIGURE FIGURA 1.1. Spettro caratteristico di un beta emettitore ....................... 5 FIGURA 1.2. Fattore di ponderazione in funzione del LET e dell’energia dei neutroni ................................................... 8 FIGURA 1.3. a) La grandezza FWHM. b) la separazione dei picchi, la risoluzione ...................................................................... 11 FIGURA 1.4. Funzione di risposta degli elettroni ................................ 12 FIGURA 1.5. Funzione di risposta dei fotoni ....................................... 13 FIGURA 1.6. Curva caratteristica dei rivelatori a gas .......................... 16 FIGURA 1.7. Fattore di ponderazione in funzione del LET e Curva dei livelli di energia potenziale per lo stato eccitato e per lo stato fondamentale negli scintillatori.............................. 21 FIGURA 1.8. Confronto tra uno spettro di un rivelatore al Ge e uno scintillatore NaI(Tl) ........................................................ 23 FIGURA 1.9. Penne dosimetriche ......................................................... 26 FIGURA 1.10. Dosimetri TLD ............................................................... 26 FIGURA 1.11. Dosimetri film badges .................................................... 27 FIGURA 2.1. Irraggiamento esterno ........................................................... 32 vi INDICE FIGURA 2.2. Irraggiamento interno e contaminazione ............................. 33 FIGURA 2.3. Planimetria del laboratorio.............................................. 41 FIGURA 2.4. Segnaletica utilizzata per la radioprotezione .................. 44 FIGURA 3.1. Lay-out FRIBs ai LNS. ................................................... 52 FIGURA 3.2. Dipendenza della risposta del rivelatore al variare dell'energia, normalizzata al 137Cs ................................... 53 FIGURA 3.3. Foto del rivelatore GM 44-9 Ludlum ................................ 54 FIGURA 3.4. Foto rivelatore TOL/F, camera a ionizzazione ............... 55 FIGURA 3.5. Risposta in energia del TOL/F ........................................ 55 FIGURA 3.6. Grafisi delle dosi ambientali rilevate nelle sale sperimentali ..................................................................... 57 FIGURA 3.7. Spettro del targhet di FRIBs ........................................... 58 FIGURA 3.8. Spettro del targhet di FRIBs ........................................... 59 FIGURA 3.9. Spettro della limatura della faraday cup ......................... 60 ELENCO DELLE TABELLE TABELLA 2.I. Quadro riassuntivo dei limiti di dose ......................... 40 TABELLA 2.II. Stati operativi in cui si può trovare una sala sperimentale ............................................................... 46 TABELLA 3.I. Reazioni di frammentazione ottenute con diversi fasci di ioni radioattivi nell’esperimento FRIBs ................. 51 TABELLA 3.II. Valori misurati nei punti di riferimento ..................... 58 vii SOMMARIO Sommario La radioprotezione e il monitoraggio delle radiazioni ionizzanti sono di fondamentale importanza in un laboratorio di fisica nucleare come il Laboratorio Nazionale del Sud. Durante l’attività di stage è stato possibile seguire le tante attività che si svolgono nella struttura inquadrandole sotto l’aspetto radioprotezionistico e sottolineando di volta in volta i vari aspetti applicativi della normativa vigente in Italia in materia di radioprotezione. La valutazione dell’esposizione umana alle radiazioni ionizzanti e non ionizzanti nel territorio e negli ambienti di lavoro ha acquistato sempre maggiore rilevanza e ha permesso di sviluppare sia nell’ambito sanitario che in quello industriale e della ricerca scientifica programmi e protocolli di protezione mediante l’applicazione delle norme e delle procedure di monitoraggio ambientale. Nell’elaborato, partendo da una descrizione degli strumenti di misura utilizzati per il monitoraggio ambientale e personale, si focalizza l’attenzione sulla problematica dell’attivazione dei materiali che costituiscono l’assetto sperimentale. Le misure sono importanti per valutare la dose al corpo e alle estremità allo scopo di garantire ai lavoratori livelli di dose che rispettino i parametri previsti dalla legge. Si comprende perciò la complessità di valutazioni da fare per sviluppare un programma di protezione per garantire l’accesso sicuro alle sale, dopo che è stato bloccato il fascio prodotto dagli acceleratori o quando si deve progettare l’assetto di un nuovo esperimento. viii RINGRAZIAMENTI Ringraziamenti Si ringraziano il direttore e tutor didattico Dott. G. Cuttone per aver reso possibile lo stage ai Laboratori nazionali del Sud, il Dott. S. Gammino, il Dott. D. Rifuggiato, il Dott. G.A.P. Cirrone e Dott. Salvo Russo per aver coordinato le attività di stage. Un ringraziamento va a tutto il personale del laboratorio che con umanità e garbo ha reso interessante e vivace tutto il periodo di permanenza nella struttura e ha saputo trasmettere e comunicare con vero senso di amicizia e cordialità l’entusiasmo e la passione che ogni giorno mettono in ogni attività che svolgono. Le tecniche che utilizzano, la strumentazione che hanno a disposizione e gli esperimenti che svolgono sono state descritte e illustrate nei minimi particolari dando l’occasione di svolgere un periodo di formazione proficuo e appassionante. La realizzazione di questa tesi è stata possibile grazie alla disponibilità del tutor aziendale e responsabile del servizio di radioprotezione dei LNS-INFN-Catania Dott. Salvo Russo che ha permesso di effettuare le misure di contaminazione e ha reso disponibili i dati delle misure durante le attività di stage. Per la vicinanza e supporto costante un ringraziamento particolare al Prof. S. Romano che è stato sempre un punto di riferimento per consigli e chiarimenti. ix INTRODUZIONE INTRODUZIONE È opportuno adottare sistematicamente efficaci misure protettive che riguardano l’isolamento delle sorgenti radioattive e l’adozione di pratiche, comportamenti, soluzioni progettuali, costruttive e tecnologiche atti a ridurre l’esposizione della popolazione alle radiazioni ionizzanti. Ed è proprio questo lo scopo principale della radioprotezione. La determinazione dei criteri e delle procedure da applicare è oggetto di studio da parte di numerosi organismi nazionali e internazionali, fra i quali il più autorevole è la International Commission for Radiological Protection (ICRP). In seguito ad una approfondita e permanente analisi di tutti gli studi scientifici condotti, l’ICRP emana periodicamente una serie di raccomandazioni la cui indiscussa autorevolezza è dimostrata dal fatto che dette indicazioni sono puntualmente recepite nella normativa internazionale e nazionale sulla radioprotezione. Quella della ricerca scientifica e tecnologica costituisce un’area di estesa applicazione delle radiazioni, sia come argomento di studio sia come strumento di indagine. I fenomeni e le reazioni nucleari sono argomento di studio nella fisica nucleare e subnucleare fondamentale, con particolare riferimento alle ricerche sulla composizione intima della materia, per le quali si fa uso estensivo di acceleratori e rivelatori di grandi dimensioni. Il presente lavoro si articola in tre capitoli e un’appendice. Nel primo capitolo vengono descritte le radiazioni ionizzanti evidenziando i processi di decadimento da cui si originano e la loro interazione con la materia. Si analizzano anche le principali caratteristiche dei rivelatori e si focalizza l’attenzione sui principi di funzionamento dei principali dispositivi che si utilizzano per il monitoraggio delle radiazioni ionizzanti. Nell’ultima parte si presentano le sorgenti artificiali al laboratorio Nazionale del Sud. Il secondo capitolo è dedicato alla radioprotezione e ai principi su cui si fonda e a seguire vengono analizzate le modalità di esposizione ai campi di radiazione sia esterna che interna. La parte centrale del capitolo verte sulla normativa vigente in Italia, D.lgs 241/2000 con la 1 INTRODUZIONE conseguente classificazione delle aree e del personale dei laborator Nazionali del Sud. Nel terzo capitolo vengono esaminate le problematiche legate alla valutazione del rischio di esposizione alle radiazioni ionizzanti, con particolare riferimento alla prassi che viene svolta nel laboratorio e che è stato possibile mettere in atto durante lo stage in occasione dell’esperimento FRIBs. Si riportano,a chiusura del capitolo, le conclusioni del lavoro svolto. Infine, nell’appendice sono elencate le principali definizioni. 2 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI 1. MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI 1.1 La caratterizzazione delle radiazioni ionizzanti Le radiazioni ionizzanti sono in grado di ionizzare direttamente e indirettamente la materia con cui interagiscono, esse cedono energia agli atomi e alle molecole del mezzo in modo che tutta l’energia della particella α, β, di un fotone X o γ sia ceduta alla materia. La radiazione così assorbita può dare ionizzazione, o eccitazione degli atomi e delle molecole che così riescono a passare dallo stato fondamentale allo stato eccitato. Le energie di soglia dei due processi per gli elettroni meno legati sono dell’ordine di alcuni eV[1]. Le particelle cariche (protoni, elettroni, particelle α) sono direttamente ionizzanti, le particelle elettricamente neutre (neutroni e fotoni tra cui raggi x e γ) sono indirettamente ionizzanti. Le particelle α Una particella α è formata da due protoni e due neutroni strettamente legati mediante forze nucleari, esse sono emesse da nuclei pesanti durante il decadimento α, in cui un nucleo con numero di massa A e numero atomico Z si trasforma nel nucleo con A-4 e Z) [2] 2 emettendo la particella α ( Le particelle α interagiscono direttamente con i campi elettrici atomici del mezzo che attraversano, e grazie alla notevole carica elettrica ionizzano densamente il mezzo (cioè producono un numero elevato di coppie elettrone/ione per unità di percorso). L’elevata inerzia, dovuta alla grande massa (circa 8000 masse elettroniche) fa sì che il loro 3 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI percorso sia rettilineo. Il percorso massimo di una particella alfa è di qualche cm in aria o di qualche mm in tessuto. Per avere un’idea, un foglio di carta può bastare per fermare tutte le particelle alfa emesse da un radioisotopo naturale, con energie tipiche non superiori a 7,5 MeV. Le sorgenti α esterne al corpo non possono penetrare lo strato corneo della pelle (70µm), ma sorgenti interne al corpo producono un notevole danno biologico. Infatti gli isotopi più radiotossici sono proprio gli alfa emettitori [3]. Le particelleβ Esistono sia particelle β− che β+ che vengono espulsi dai nuclei di radioisotopi sia naturali sia artificiali che si trasformano per decadimento beta, un’interazione in cui il nucleo padre emette, oltre all’elettrone β−, una particella chiamata antineutrino[2]. In questo caso la reazione è in cui L’energia di decadimento viene in questo caso ripartita tra le due particelle uscenti e da ciò deriva il fatto che i β emessi da una certa sorgente hanno energie diverse, a partire da zero (caso in cui tutta l’energia va al neutrino) ad un valore massimo (caso in cui tutta l’energia va all’elettrone).Come si vede in figura 1.1 l’energia massima raggiunta nell’emissione è una costante per un dato β emettitore. Alcuni emettitori β sono il trizio (3H), il fosforo 32 (32P), il carbonio 14 (14C), lo stronzio 90 (90Sr) e gran parte dei frammenti di fissione. Se invece di un elettrone negativo il nucleo emette un elettrone positivo, cioè un positrone, si parla di decadimento β+ e la terza particella prende il nome di neutrino. La reazione è 4 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI dove Figura 1.1: spettro caratteristico di un beta emettitore Il percorso dei beta in un mezzo è estremamente frastagliato a causa delle innumerevoli diffusioni contro gli elettroni orbitali degli atomi del mezzo. Il loro percorso massimo è, a pari energia, molto più grande di quello delle particelle α. I beta da sorgenti esterne al corpo possono oltrepassare lo strato corneo della pelle, quindi danneggiarne lo strato sensibile sottostante, quando la loro energia è superiore a 70 keV. Il percorso massimo delle particelle β aumenta all’aumentare della loro energia e al diminuire della densità del materiale attraversato[1]. Per assorbire i raggi β da sorgenti con perdite di energia modeste, dunque occorrono spessori dell’ordine di qualche centimetro in plastica, qualche metro in aria, oppure pochi millimetri in metallo. 5 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI La radioattività quindi rappresenta un cambiamento dell’atomo che per un processo puramente statistico decade e si trasforma in un elemento che a sua volta potrà essere stabile o ancora instabile. Se si indica con NP(t) il numero di atomi radioattivi presenti nel campione al tempo t, supponendo i decadimenti indipendenti, il numero di atomi che decadranno in un intervallo di tempo dt è proporzionale a NP(t) e dato da dove il segno negativo sta ad indicare che NP(t) decresce con il tempo e λ ( detta costante di decadimento), caratteristica di ogni nuclide radioattivo, esprime la probabilità che si verifichi una transizione nucleare spontanea nell’unità di tempo [2] . Dalla costante di decadimento i ottiene la vita media τ che corrisponde all’intervallo di tempo nel quale il radionuclide si riduce di un fattore e. se si considera la riduzione del radionuclide di un fattore 2, allora si parla di tempo di dimezzamento T1/2. La precedente relazione integrata nel tempo diventa Si definisce attività del campione I raggi γ o X La radiazione fotonica non ionizza direttamente la materia, i raggi γ o X infatti interagendo con gli atomi del mezzo inducono la ionizzazione del mezzo tramite elettroni secondari[1]. Le modalità di interazione dei fotoni con la materia sono tre: effetto fotoelettrico, effetto Compton e produzione di coppie elettrone-positrone. La loro importanza relativa varia al variare dell’energia dei fotoni e del numero atomico del mezzo. Proprio perché non sono direttamente ionizzanti, i raggi γ o X sono molto più penetranti delle particelle α e β. 6 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI La legge che determina l’assorbimento dei fotoni in un mezzo, analogamente alla legge del decadimento radioattivo, è di tipo statistico. Si basa sull’assunzione che, per un fotone, la probabilità di assorbimento per unità di percorso dipende solo dall’energia del fotone e dal numero atomico del mezzo. La legge che descrive il comportamento macroscopico di un fascio di fotoni è quindi esponenziale: φ rappresenta la fluenza di fotoni, ovvero il numero di fotoni per unità di superficie e in particolare: φ0 è la fluenza di fotoni iniziale, e φ(x) la fluenza di fotoni dopo lo spessore x dell’assorbitore con coefficiente di attenuazione dato da µ. In analogia al decadimento radioattivo, la legge di assorbimento dei fotoni dice che spessori uguali riducono il flusso sempre della stessa percentuale. Lo spessore che riduce flusso di fotoni al 50% è una costante caratteristica di un dato radionuclide, ed è chiamato spessore emivalente, SEV (o spessore di dimezzamento) che è utile come parametro per il calcolo delle schermature in ambito radioprotezionistico. I neutroni I neutroni vengono prodotti mediante reazioni nucleari del tipo (α,n) (d,n) (p,n) (γ,n) e in base alla loro energia si classificano in neuroni termici ( 0,001-0,1 eV); lenti (0,1-1000 eV); intermedi (1 KeV500 KeV); veloci(500 KeV- 1MeV) e relativistici(10 MeV- >100 MeV)[3]. Sono di nostro interesse i neutroni veloci che interagiscono con i tessuti corporei con diffusione elastica con nuclei di idrogeno. La dose assorbita è dunque dovuta ai nuclei di idrogeno diffusi elasticamente, su tragitti brevi e hanno forte densità lineare di ionizzazione e quindi elevato fattore di ponderazione Q, che permette di calcolare la dose equivalente . 7 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI Questo comportamento dei neutroni fa si che sia complesso rilevarli anche perché il campo di radiazione dei neutroni si sovrappone al campo di radiazione dei raggi gamma che hanno un Q diverso, pertanto si devono separare i due contributi per poter fare valutazioni di dose. Figura 1.1: fattore di ponderazione in funzione del LET e dell'energia dei neutroni[4] 8 CAPITOLO 1 1.2 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI I sistemi di rivelazione Il principio di funzionamento di tutti i rivelatori di particelle è il trasferimento di tutta o di una parte dell’energia della radiazione alla massa del rivelatore, dove è convertita in una grandezza misurabile. Nei gas la produzione di ioni da origine ad un segnale elettrico, negli scintillatori sono invece le transizioni energetiche molecolari a indurre l’emissione di luce poi convertita in segnale elettrico processati da opportuni circuiti elettronici. Oltre a rivelare la “presenza” di una radiazione, la maggior parte dei rivelatori è anche in grado di fornire informazioni sulla energie della radiazione infatti in alcuni dispositivi la ionizzazione prodotta dalla radiazione è proporzionale all’energia che essa deposita nel volume sensibile se il rivelatore è sufficientemente grande da assorbire completamente la radiazione. In genere il segnale di uscita ha la forma di un impulso di corrente, la ionizzazione totale è legata alla carica elettrica contenuta nell’impulso secondo la relazione[4]: La forma dell’impulso è una caratteristica del rivelatore e dell’elettronica associata, se questa non cambia da un evento all’altro, l’integrale è direttamente proporzionale all’ampiezza del segnale pertanto la relazione esistente tra l’energia della radiazione e l’integrale o l’ampiezza del segnale di uscita è la “risposta” del rivelatore. In generale si scelgono rivelatori con risposta lineare, anche se questa è comunque funzione del tipo di particelle rivelate e del loro range di energia. Tante sono le caratteristiche che contraddistinguono un rivelatore e che ne determinano la destinazione d’uso più appropriata. 9 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI Sensibilità'. La sensibilità di un rivelatore è la capacità di produrre in uscita un segnale utilizzabile per una data radiazione e per un dato intervallo di energia. Relativamente ad una particolare radiazione e in un determinato intervallo di energia, essa dipende dal numero di atomi ionizzati per quella radiazione nella massa sensibile del rivelatore, dalla massa totale attiva e dal materiale di protezione che racchiude il volume attivo. La particella carica incidente converte tutta o parte della sua energia prevalentemente sotto forma di ionizzazione primaria e in minor parte come ionizzazione secondaria, pertanto, se essa è altamente ionizzante, per ottenere una buona sensibilità dello strumento sono sufficienti anche materiali con bassa densità e volumi relativamente modesti così come avviene nei rivelatori a gas. Per le particelle neutre, poiché la ionizzazione è il prodotto del processo secondario, è invece necessario, in genere, avere alta densità' oppure grandi volumi, come nel caso dei neutroni. Il segnale conseguente alla ionizzazione prodotta deve essere almeno superiore al livello di rumore, sempre presente in qualsiasi rivelatore, inoltre si richiede che la radiazione incidente penetri all'interno della massa sensibile perciò il rumore intrinseco e lo spessore del materiale con cui è costruito il contenitore del volume attivo costituiscono un limite inferiore all'energia che può' essere rivelata. Risoluzione energetica La capacità del rivelatore di distinguere tra valori di energia prossimi tra loro è la risoluzione energetica. L’interazione della radiazione con la materia a livello microscopico infatti coinvolge processi di tipo stocastico ed è inevitabile una fluttuazione nel numero e nel tipo di eccitazioni e di ionizzazioni nel mezzo: pertanto la risposta ad una radiazione monocromatica è meglio rappresentata da una gaussiana. La risoluzione è espressa dalla larghezza a metà altezza FWHM (Full Width Half Maximum) del picco, dipende dall’energia ed è caratteristica di particelle cariche pesanti. 10 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI a) b) Figura1.2: a) La grandezza FWHM; b) la separazione dei due picchi dipende dalla risoluzione [4] Funzione di risposta. La funzione di risposta del rivelatore al tipo di radiazione rappresenta lo spettro di ampiezza di impulso prodotto dal rivelatore quando le particelle incidenti sono monocromatiche. La risposta ideale dovrebbe avere la forma di una riga ossia una funzione dell'energia E della particella senza alcuna larghezza ( ߂E=0 ), 11 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI simile ad una delta di Dirac, la cui ampiezza e' una misura, attraverso opportuni fattori di conversione, dell'energia della particella. Sfortunatamente non e' cosi e la risposta e' piuttosto complicata e dipende da molti fattori: il tipo di radiazione incidente che condiziona fortemente le differenti interazioni attraverso le quali la radiazione stessa rilascia la sua energia; il modo di realizzare il rivelatore e la geometria del rivelatore. Quindi la risposta non sempre ha forma gaussiana, ma se si considerano elettroni, questi in alcuni casi potranno subire deflessioni a grossi angoli ed uscire dal rivelatore senza avervi depositato tutta la propria energia. In questo caso la funzione di risposta presenterà una “coda” nella zone dello spettro a bassa energia, lo stesso effetto è prodotto nel caso che l’elettrone perda energia per irraggiamento ed il fotone di bremsstrahlung generato sfugga al rivelatore . Se le particelle incidenti sono fotoni, la funzione di risposta è ancora più complicata. Risulta chiaro che il rivelatore “vede” il fotone attraverso gli elettroni da esso generato per interazione fotoelettrica, compton o produzione di coppie. Figura 1. 3: funzione di risposta per gli elettroni[4] 12 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI Per energie di fotone elevate, dove è possibile anche la produzione di coppie, lo spettro presenta, nella parte continua dovuta all’effetto compton, due picchi ad energia Eγ – mec2 e Eγ -2 mec2 legati alla fuga dal rivelatore di uno o entrambi i fotoni di annichilazione del positrone. Figura 1.4: funzione di risposta dei fotoni La forma dello spettro riflette le diverse interazioni che avvengono nel rivelatore. Risposta temporale. Un’altra caratteristica importante dei rivelatori è la loro risposta temporale, ossia il tempo impiegato dal rivelatore per formare il segnale dopo l’arrivo della radiazione. Per una buona temporizzazione è necessario che il segnale venga formato molto velocemente ed abbia un tempo di salita estremamente rapido. La durata del segnale è importante per determinare il tempo morto del rivelatore. 13 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI Tempo morto Il tempo durante il quale il rivelatore rimane insensibile alla rivelazione di un nuovo evento o lo rivela distorto (fenomeno dell’impilamento, o“pile-up”) è detto tempo morto ed è dovuto al tempo che la registrazione di un evento richiede. Il rivelatore rimane insensibile per questo tempo, ciò implica che, se un secondo evento non dista temporalmente dal primo per più del tempo morto, non viene registrato. E’ evidente che se siamo interessati ad una qualsiasi misura di intensità di radiazione è importante conoscere il tempo morto per poter correggere opportunamente la misura. Efficienza Si definiscono due tipi di efficienza: l’efficienza totale e l’efficienza intrinseca. L’efficienza totale è definita come la frazione di eventi emessi dalla sorgente che viene registrata dal rivelatore. Questa è una funzione della geometria rivelatore-sorgente e della probabilità di interazione della radiazione nel volume sensibile. L’efficienza totale può essere fattorizzata in due termini: l’efficienza intrinseca e l’efficienza geometrica o accettanza. L’efficienza intrinseca rappresenta quindi la frazione di eventi registrati tra quelli che sono diretti nel rivelatore e l’efficienze intrinseca è una funzione del tipo di radiazione, della sua energia e del tipo di materiale di cui è composto il rivelatore. 1.2.1 I rivelatori a gas I rivelatori a gas sono dispositivi che sfruttano la ionizzazione prodotta dal passaggio di un fotone o di una particella carica in un gas; in tale processo un elettrone viene rimosso da un atomo o da una molecola in modo da creare una coppia elettrone-ione positivo. 14 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI Essi sono costituiti da un contenitore riempito con un gas facilmente ionizzabile. Il rivelatore ha un componente che funge da catodo e uno che mantenuto ad un potenziale +V0 rispetto al catodo, funge da anodo. Se una radiazione penetra nel rivelatore sarà creato un certo numero di coppie ione-elettrone, sia direttamente, se la radiazione è una particella carica, che indirettamente attraverso radiazioni secondarie, se la radiazione è neutra e il numero medio di coppie create è proporzionale all'energia depositata nel dispositivo. Sotto l'azione del campo elettrico, gli elettroni vengono accelerati verso l'anodo e gli ioni verso il catodo formando un segnale in uscita che dipende dal potenziale applicato, come si nota dalla figura. Nella regione A non tutte le cariche prodotte vengono raccolte in quanto, a causa del piccolo valore del campo elettrico, il processo di ricombinazione delle varie coppie ione-elettrone è notevole. Aumentando la differenza di potenziale applicata il tempo a disposizione per la ricombinazione diminuisce, perché aumenta la componente della velocità delle coppie lungo la direzione del campo; questo crea un aumento della carica raccolta. Nella regione B, chiamata di saturazione o di camera a ionizzazione, gli effetti della ricombinazione diventano trascurabili e la carica raccolta è tutta quella prodotta. Nelle regioni C e D il campo elettrico è sufficientemente intenso da far acquistare agli elettroni primari prodotti energia cinetica sufficiente a ionizzare gli atomi del gas producendo, così, una moltiplicazione a valanga di ioni. La ionizzazione secondaria è ancora strettamente dipendente da quella primaria ed è in questa regione che lavorano i contatori proporzionali. Nella regione E, detta di Geiger-Muller, la carica raccolta non è più proporzionale alla ionizzazione primaria; oltre alla ionizzazione si hanno altri fenomeni quali l'eccitazione seguita da emissione di luce visibile e ultravioletta; questo produce un impulso costante in un certo 15 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI intervallo del potenziale applicato, indipendentemente dal tipo di particella incidente. Nella regione F non è più possibile nessun tipo di rivelazione: l'impulso in uscita non dipende più dalla radiazione incidente, poiché avviene una scarica in presenza o meno di radiazione. Figura1. 5: curva caratteristica dei rivelatori a gas [5] Camere a ionizzazione. Le camere ad ionizzazione operano nella regione di saturazione in cui il numero di ioni formati per unità di percorso è funzione della densità del gas, occorre usare alte pressioni di gas affinché il libero cammino medio nella camera sia inferiore alle dimensioni della stessa. Possono essere adoperate come rivelatori di impulsi singoli se il flusso di particelle incidenti è molto elevato, ma possono essere d'altra parte utilizzate per la misura del flusso di radiazione misurando la corrente anziché gli impulsi dovuti alle singole particelle. 16 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI Contatore proporzionale Quando il valore del campo elettrico in un contatore a gas aumenta al di sopra di un certo valore, l’impulso in uscita da rivelatore inizia ad aumentare, pur rimanendo proporzionale alla ionizzazione iniziale, legata all’energia cinetica delle particelle rivelate: un rivelatore che opera in queste condizioni è detto contatore proporzionale. Il grande vantaggio di questo rivelatore è che permette di rivelare anche una ionizzazione iniziale molto bassa, al limite anche una singola coppia di ioni. Poiché vicino all’anodo il campo elettrico aumenta rapidamente, gli elettroni che si avvicinano acquistano molta energia cinetica, così da produrre per collisione ioni ed elettroni secondari, a loro volta accelerati ed in grado di ionizzare ulteriormente il gas. Sono generati anche fotoni che a loro volta producono elettroni per effetto fotoelettrico sulle pareti o nel volume del gas. Chiamiamo n il numero di elettroni prodotti nella ionizzazione primaria dalla radiazione incidente; ciascuno di essi ha una probabilità P di generare m elettroni secondari (m essendo il fattore di moltiplicazione). Il numero medio di elettroni secondari generati sarà allora: k = mP. Il fattore di moltiplicazione è funzione del tipo di gas di riempimento, della pressione e della tensione applicata. Il gas di riempimento è di solito un gas nobile (es: argon) con aggiunta di piccole quantità (10%) di molecole complesse capaci di assorbire i fotoni prodotti senza ionizzarsi a loro volta. Per utilizzare i contatori proporzionali per la rivelazione di raggi X o fotoni occorre avere gas ad alta pressione, per rivelare invece particelle alfa o beta di bassa energia occorre avere finestre molto sottili e quindi pressioni del gas pari a quella atmosferica. In alcuni casi addirittura non vi sono finestre di ingresso ed il gas di riempimento viene flussato tra gli elettrodi. Mentre le camere ad ionizzazione lavorano al centro della zona del “plateau”, i contatori proporzionali operano in genere verso la zona mediana della regione di proporzionalità: in questo caso la stabilità di tensione è ovviamente più importante in quanto una sua variazione si ripercuote sul valore del fattore di moltiplicazione e quindi sulla funzione di risposta del rivelatore. 17 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI Contatore di Geiger-Muller Se la tensione di polarizzazione aumenta fino si ha una scarica che si propaga anche lungo l’asse del contatore cilindrico: è questo il fenomeno della valanga che determina un segnale elettrico grande (quindi facilmente leggibile), ma ch ha perso la proporzionalità con la ionizzazione iniziale. Il contatore Geiger quindi non può essere usato per spettroscopia, ma soltanto per misure di intensità di campi di radiazioni. La scarica si propaga lungo il filo anodico alla velocità di 107 cm/s e gli elettroni vengono raccolti in tempi brevissimi (≈ 10-9 s). gli ioni positivi si muovono più lentamente e stazionano per tempi più lunghi attorno al filo, dando origina e duna carica spaziale che fa diminuire il campo elettrico ed interrompe la scarica. L’effetto di “quenching” (raffreddamento, estinzione) è ottenuto miscelando il gas nobile argon (90%) con gas poliatomici, le cui molecole sono in grado di assorbire energie senza a loro volta ionizzarsi. Anche se l’impulso di uscita è molto veloce, i contatori Geiger hanno un tempo morto dell’ordine di 10÷100 µs dovuto all’effetto del “quenching” e pertanto va utilizzato con cautela in presenza di alte velocità di conteggio[5]. 1.2.2 I rivelatori a scintillazione I rivelatori a scintillazione sono senza dubbio tra i più diffusi rivelatori di particelle usati oggi in fisica nucleare. Sono basati sulla proprietà di alcuni materiali di emettere luce quando eccitati o ionizzati dalla radiazione incidente. Gli scintillatori organici o inorganici sono sempre accoppiati ad un sistema di amplificazione, un fotomoltiplicatore (PM o PMT), in grado di convertire il debole segnale ottico in un segnale elettrico che poi può essere processato ed analizzato e che contiene l’informazione sulla radiazione misurata. La radiazione interagisce nello scintillatore e causa emissione di luce che è trasmessa al fotomoltiplicatore dove è convertita in una debole corrente di fotolettroni, poi ulteriormente amplificata. L’insieme 18 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI rivelatore-PM deve essere completamente isolato dalla luce ambientale, tramite un recipiente sigillato e inoltre, per avere la massima raccolta di fotoni, tutte le pareti del rivelatore, ad eccezione di quella che si affaccia sul PM, devono essere ricoperte da un materiale altamente riflettente. Scintillatori organici Sono principalmente idrocarburi della serie aromatica tra cui l’antracene e molti materiali plastici, la loro caratteristica migliore è il rapidissimo tempo di decadimento (qualche nanosecondo). La luce di scintillazione in questi composti nasce da transizioni energetiche degli elettroni covalenti degli orbitali “π- molecolari”. Tra gli scintillatori organici ricordiamo l’antracene , lo stilbene e molti materiali plastici.Alcuni scintillatori organici possono essere allo stato liquido: in questo caso il campione radioattivo viene disciolto all’interno dello scintillatore e si evita così qualsiasi spessore morto tra rivelatore e sorgente, massimizzando inoltre l’angolo solido di accettanza che in questa geometria vale 4π. Gli scintillatori organici hanno l’ulteriore vantaggio del loro basso costo e della semplicità di utilizzo, tuttavia la limitazione maggiore è la scarsa risoluzione energetica dovuta ad una bassa resa di luce, che li rende poco adatti per la rivelazione di fotoni. Scintillatori inorganici Gli scintillatori inorganici sono cristalli di alogenuri alcalini con aggiunta di piccole percentuali di “attivatori” come NaI(Tl), CsI(Tl), KI(Tl), LiI(Eu) e il CsF2. Fra i materiali non alcalini ricordiamo soprattutto il Bi4Ge3O12 (noto come BGO), il BaF2, il ZnS(Ag). Il meccanismo di luminescenza è un fenomeno legato alla struttura a bande dei cristalli. In un cristallo puro il passaggio di una particella ionizzante può provocare il passaggio di un elettrone dalla banda di valenza alla banda di conduzione pertanto l’elettrone dopo un certo tempo tornerà alla banda di valenza, con relativa emissione di un fotone. Il processo però è inefficiente, ed in più i fotoni sarebbero emessi nell’ultravioletto, che è una regione di scarsa efficienza per i fotocatodi 19 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI dei fotomoltiplicatori perciò, per aumentare la probabilità di emissione di fotoni ottici durante il meccanismo di diseccitazione, la struttura delle bande viene modificata mediante l’introduzione di apposite impurezze,detti centri attivatori che danno origine a ulteriori livelli energetici, spazialmente localizzati, che si vanno a collocare all’interno della banda proibita. La particella ionizzante può trasferire sufficiente energia ad un elettrone da portarlo nella banda di conduzione , ma un’altra possibilità è invece che l’energia ceduta all’elettrone non sia sufficiente per portarlo nella banda di conduzione, cosicché esso rimane legato elettrostaticamente alla lacuna creando uno stato debolmente legato chiamato “eccitone”. L’eccitone si può muovere attraverso tutto il cristallo ma non contribuisce alla conduzione poiché la sua carica totale è nulla. Ci si aspetta che esistano tutta una serie di livelli energetici dell’eccitone che vanno ad occupare la banda proibita, immediatamente sotto la banda di conduzione del cristallo. Nello NaI(Tl) la larghezza della banda proibita è dell’ordine di 6÷8 eV e la banda degli eccitoni è ≈ 1 eV. L’eccitone durante la sua diffusione attraverso il cristallo può essere catturato da un centro attivatore, che a sua volta si disecciterà attraverso emissione di radiazione: la lunghezza d’onda del segnale luminoso non è quindi legata alle impurezze e non al cristallo che, per questo motivo, risulta trasparente ad essa. Il meccanismo può venire considerato da un altro punto di vista, esaminando la struttura dei livelli energetici. La curva AE della figura rappresenta l’energia potenziale dello stato fondamentale in funzione di una coordinata di configurazione, per esempio la distanza internucleare delle molecole del cristallo. La curva BE rappresenta l’andamento dell’energia potenziale per il primo stato eccitato. L’eccitazione del centro attivatore in seguito alla cattura di un eccitane è indicata dalla transizione AB. Il successivo decadimento di questo stato avviene per dissipazione termica con gli atomi vicine e porta il sistema da B a C. La transizione radiativa CD riporta il sistema nello stato fondamentale e tramite scambi termici si riporterà infine nella configurazione di energia minima A. 20 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI Figura 1.6: curva dei livelli di energia potenziale per lo stato eccitato e per lo stato fondamentale negli scintillatori[4] Lo spettro di emissione avrà quindi lunghezze d’onda maggiori dello spettro di assorbimento. Questo fatto risulta estremamente vantaggioso in quanto il cristallo risulta trasparente alla luce di diseccitazione (se venisse riassorbita non potrebbe essere rivelata dal fotomoltiplicatore) Inoltre questo porta lo spettro della luce dall’ultravioletto al visibile, in una zona dove la risposta dei fomoltiplicatori è molto migliore. Un problema che si presenta è il quenching, il processo di riduzione dell’emissione di fotoni da parte del sistema di scintillazione con conseguente riduzione dei cpm, esso può avere varie cause (quenching di colore, chimico…). Questo difetto va corretto per evitare risultati erronei dovuti a conteggi troppo bassi rispetto alla vera velocità di disintegrazione dell’isotopo presente nella sorgente esaminata. Gli scintillatori inorganici, rispetto a quelli organici, a parità di energia depositata dalla radiazione incidente emettono molta più luce 21 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI (quasi un ordine di grandezza) e presentano quindi una risoluzione nettamente migliore. Altro vantaggio, specie per la rivelazione di fotoni, è il loro alto numero atomico che li rende molto più efficienti. Un inconveniente che alcuni di loro presentano (soprattutto NaI e CsI ) è di essere molto igroscopici: è necessario quindi proteggerli rinchiudendoli in contenitori ermetici. Il BaF2 ed il BGO non sono invece possono essere manipolati senza particolari protezioni. 1.2.3 I rivelatori a stato solido Il funzionamento dei rivelatori a semiconduttore si basa sull’interazione della radiazione ionizzante crea coppie elettrone- lacuna all’interno del volume di un semiconduttore drogato.Nella zona di svuotamento le cariche prodotte possono essere raccolte per mezzo di un campo elettrico e trasformante in segnale. Il vantaggio degli apparati e semiconduttore è che l’energia media richiesta per ottenere una coppia elettrone lacuna è almeno 10 volte più piccola di quella necessaria in un rivelatore a gas, e questo si traduce in una risoluzione migliore. Inoltre i dispositivi a semiconduttore, data la loro maggiore densità, hanno potere frenante (particelle cariche) e coefficiente di attenuazione (fotoni) maggiori, e questo si traduce in maggiore efficienze di rivelazione. Altro vantaggio, nel caso di rivelazione di fotoni, è il numero atomico più elevato (Ge: Z=32) rispetto ai rivelatori a gas (Ar: Z=20). Per aumentare lo spessore della zona sensibile si inserisce tra la zona p e la zona n una zona di semiconduttori compensati (detti di tipo i) per i quali la concentrazione di donatori ed accettori sono le stesse. Questi rivelatori p-i-n hanno la zona priva di carica spaziale abbastanza ampia, dell’ordine di qualche centimetro ed un campo elettrico interno costante. Per ottenere questa zona compensata si diffonde nel cristallo (Ge o Si) del litioi(donatore) in un cristallo originariamente di tipo p. 22 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI Se la concentrazione di litio varia con continuità, si passa gradatamente da un materiale di tipo p ad un materiale di tipo n e la zona di svuotamento risulta sensibilmente più spessa. Per mantenere questo gradiente di concentrazione è necessario mantenere alla temperatura dell’azoto liquido questo tipo di rivelatori, indicati con il simbolo Ge(Li) o Si(Li): questo è appunto l’inconveniente maggiore. La realizzazione di cristalli anche di grosse dimensioni (volumi dell’ordine del litro) ad altissima purezza (meno di 10 atomi/cm3 di impurezze) permette di costruire rivelatori come l’High Purity Germanium (HPGe) che hanno l’enorme vantaggio di non dover essere tenuti continuamente a bassa temperatura: il raffreddamento è necessario solo se viene applicata la tensione di polarizzazione, che è dell’ordine di qualche migliaio di Volt. Nel grafico seguente è riportato il confronto tra la funzione di risposta di un rivelatore al Germanio ed un rivelatore NaI(Tl), si nota la notevole differenza in risoluzione energetica. Figura 1.7: confronto tra uno spettro di un rivelatore al Ge e uno scintillatore NaI(Tl) 23 CAPITOLO 1 1.2.4 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI Rivelatori di neutroni Per i neutroni termici i rivelatori sfruttano il principio di funzionamento dei contatori proporzionali riempiti da trifluoruro di boro (BF3) che possiede una elevata sezione d’urto per la reazione 10 B + 1n →7Li + 4He Per i neutroni veloci si possono utilizzare diversi rivelatori che permettono la misura di flusso, oppure della dose assorbita o direttamente la misura dell’equivalente di dose. I principali rivelatori per ciascuna categoria sono [3]: • il contatore proporzionale con moderatore, per misura della fluenza;si tratta di un contatore proporzionale al BF3 immerso in un moderatore di forma sferica. • camera a ionizzazione tessuto equivalente per misure di dose assorbita; il principio di funzionamento è quello già descritto nei paragrafi precedenti,ma per misure di neutroni si deve prendere un accorgimento usando un’ altra camera gemella che permetta di discriminare la radiazione gamma. • rem-counter per determinazioni di equivalente di dose;molto simile al contatore a BF3 in cui il moderatore è costituito da due strati di polietilene e con plastico borato ottenendo una buona risposta in energia. 1.3 Applicazioni 1.3.1 Dosimetria ambientale A seconda della radiazione da monitorare è opportuno operare con i dispositivi più idonei. In tutti i casi lo scopo delle misure fatte con i rivelatori, nell’ambito radioprotezionistico, è quello di fornire dati e 24 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI misure per proteggere i lavoratori contro le radiazioni esterne e interne, per limitare la diffusione di contaminazione radioattive negli ambienti di lavoro e dare informazioni utili per prevenire il rilascio di materiali radioattivi, in concentrazioni superiori alle massime permesse, nelle aree interne ed esterne del laboratorio. Per le radiazione alfa sono più adatti: i contatori proporzionali a finestra sottile e i rivelatori a semiconduttore (Silicio) a barriera superficiale. Per la radiazione beta si utilizzano: contatori proporzionali o scintillatori organici. In particolare, per radiazione beta di bassa energia (14C: Emax= 180 keV, 3H: Emax= 20 keV) vengono usati scintillatori liquidi o contatori proporzionali operanti a pressione atmosferica a flusso di gas (senza finestra). Le radiazione gamma necessitano di rivelatori con alto Z ed alta densità. I più usati sono NaI(Tl) e BGO che possono essere costruiti anche di grandi dimensioni per avere efficienza relativamente elevata anche per fotoni di alta energia. Se la risoluzione è un parametro fondamentale, il rivelatore migliore è il germanio, specie lo HPGe: in questo caso le dimensioni sono ridotte e l’efficienza risulta minore [3]. 1.3.2 Dosimetria personale I principi di funzionamento dei dosimetri sono quelli già esaminati per i rivelatori ambientali, ma con accorgimenti specifici. Esistono vari tipi di dosimetri: fotografici a piastrina (film badges), dosimetri ionometrici da tasca (penne dosimetriche) e dosimetri a termoluminescenza (TLD). I dosimetri ionometrici sono piccole camere a ionizzazione le cui pareti sono realizzate con plastici avente composizione equivalente a quella del tessuto di cui devono calcolare la dose assorbita; anche il gas di riempimento è costituito da una miscela equivalente al tessuto muscolare. Le pareti tessuto-equivalente hanno una composizione di C (78%), H2( 10%), O2 (5,2 %),N2 (3,5%) Ca (1,8 %) e F (1,7 %). 25 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI Il gas di riempimento solitamente è una miscela composta dal 64,4% di CH4, il 32,4% di CO2 e il 3,2 % di N2. Figura 1.8: penne dosimetriche Il funzionamento dei TLD si basa sul fenomeno della termoluminescenza di alcuni materiali (CaF2, LiF, BeO, etc) che, precedentemente irradiati, a seguito di un riscaldamento riescono ad emettere luce che risulta essere proporzionale alla dose assorbita Figura 1.9: dosimetri TLD 26 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI Nei film badge la misura di dose si effettua sfruttando la proprietà di alcune pellicole che si anneriscono se colpite da radiazioni ionizzanti. Per fotoni X e gamma e per radiazione beta il film utilizzato è costituito da uno strato di gelatina nel quale sono sospesi grani di AgBr. Occorre, dopo l’esposizione, effettuare uno sviluppo chimico con il quali si risale al valore della densità ottica, riconducibile alla dose. La ripetibilità della misura è considerata una preziosa caratteristica dei dosimetri a film dal punto di vista legale ,al contrario dei TLD in cui l’informazione si perde a seguito del riscaldamento. Figura 1.10: dosimetri film badges 27 CAPITOLO 1 MONITORAGGIO DELLE RADIAZIONI I dosimetri descritti sono tra i più utilizzati e rientrano tra quelli che presentano i requisiti principali: • l’intervallo di misura è compreso tra 0,1 mSv e 1-10 mSv; • la risposta è indipendente dall’intensità di dose e da fattori ambientali come la temperatura e l’ umidità • è trascurabile la sensibilità dello strumento a radiazione diversa da quelli in studio • l’accuratezza nella determinazione della dose non deve essere alterata dalla presenza di radiazione di diversa energia rispetto a quella utilizzata per la taratura. 1.4 Sorgenti artificiali di radiazione ai LNS Al laboratorio Nazionale del sud le sorgenti di radiazioni sono molteplici e di natura diversa: • Gli acceleratori di particelle, il TANDEM e il CICLOTRONE SUPERCONDUTTIVO che per il loro meccanismo di funzionamento producono fasci di particelle accelerate e come prodotto secondario i neutroni, radiazioni gamma di alta energia. • Le linee di trasporto del fascio e gli apparati sperimentali a loro volta diventano sorgenti di radiazione • Apparecchiature sottoposte ad alta tensione producono radiazione X • I bersagli attivati emettono radiazione beta e gamma • Le sorgenti e i materiali radioattivi che emettono radiazione alfa, beta, gamma e neutroni • I tubi a raggi x. 28 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI 2.1 La radioprotezione Gli effetti che si originano dai trasferimenti di energia tra le molecole e gli atomi a seguito dell’esposizione a radiazioni ionizzanti dipendono dal campo di irradiazione e sono sfruttati in svariati ambiti: dalla radioterapia alla medicina nucleare e comprende tutti i settori della ricerca scientifica in fisica nucleare. La radioprotezione, intesa come studio e prevenzione degli effetti dannosi delle radiazioni sull’organismo umano, è una disciplina che presenta vari aspetti. Se si considerano la fisica e la dosimetria delle radiazioni ionizzanti e le modalità d’irraggiamento, la radioprotezione stabilisce i principi e i criteri e determina gli obiettivi per limitare le dosi fissando degli standard appropriati. La protezione contro le radiazioni si attua utilizzando tecniche e dispositivi con cui si monitorano gli ambienti di lavoro. Il programma di radioprotezione di un’azienda va studiato e commisurato alle caratteristiche degli impianti e degli addetti. In ogni caso per ottenere un alto grado di qualità della radioprotezione è richiesta la ridondanza delle apparecchiature e delle linee di difesa. Ai laboratori nazionali del Sud, l’attività di ricerca sfrutta fasci di particelle accelerate dal ciclotrone superconduttivo e dal TANDEM che fatti incidere su determinati targhet inducono reazioni nucleari oggetto di studio. L’uso frequente di sorgenti sigillate e non sigillate, la presenza di targhet e linee di trasporto attivati, determinano una esposizione a radiazioni ionizzanti artificiali e rendono elevato il rischio di contaminazione radioattiva accidentale nelle sale sperimentali. In questa struttura il Servizio di Radioprotezione gestisce, regola e garantisce i lavoratori in merito ai rischi da irraggiamento esterno applicando la normativa italiana e le direttive europee. Un altro pericolo da non sottovalutare è la contaminazione degli ambienti a seguito delle quali è necessario individuare con accuratezza 29 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI quali sono le matrici interessate (superfici solide, aria, acqua) e i radioisotopi responsabili della contaminazione. 2.1.1 I principi della radioprotezione Nessuna esposizione alle radiazioni ionizzanti, per quanto modesta, può essere considerata completamente sicura pertanto l'ICRP (International Commission on Radiation Protection), l’istituzione internazionale cui viene riconosciuto un ruolo di assoluta preminenza nel campo della radioprotezione, ha raccomandato, fin dagli anni ’70, un sistema di protezione basato su tre principi fondamentali previsti nella pubblicazione fondamentale dell’ ICRP n. 26 nel 1977: ⇒ ⇒ ⇒ giustificazione della pratica; ottimizzazione della protezione; limitazione delle dosi individuali. Tali principi sono stati pienamente recepiti dalla normativa di legge italiana entrata in vigore, attraverso i D.Lgs. 230/95, 241/2000, 187/2000 che ne stabiliscono il rispetto, nella disciplina delle attività con rischio da radiazioni ionizzanti. I tre principi della radioprotezione devono essere applicati in sequenza e nella loro formulazione originaria, sancivano quanto segue: a) i tipi di attività che comportano esposizione alle radiazioni ionizzanti debbono essere preventivamente giustificati e periodicamente riconsiderati alla luce dei benefici che da essi derivano; b) le esposizioni alle radiazioni ionizzanti debbono essere mantenute al livello più basso ragionevolmente ottenibile, tenuto conto dei fattori economici e sociali; c) le dosi individuali ricevute in ciascuna tipologia di esposizione (lavoratori, popolazione) non devono comunque superare i limiti prescritti dalla normativa. Il principio di giustificazione obbliga ad effettuare un’attenta analisi di vantaggi e svantaggi che una certa pratica con rischio da radiazioni ionizzanti comporta, prima che questa venga intrapresa allo scopo di assicurare che il detrimento totale sia sufficientemente modesto rispetto ai benefici attesi. Lo strumento adottato è generalmente l’analisi di costi/benefici e di parametri di natura extra-scientifica. 30 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI Il secondo basilare principio, quello dell’ottimizzazione, detto anche principio “ALARA”, è di particolare rilevanza per i differenti soggetti che operano con radiazioni ionizzanti; esso stabilisce di fatto gli obiettivi di radioprotezione da osservare nelle varie attività. Si deve garantire infatti che i valori massimi delle dosi che ricevono i lavoratori e le persone del pubblico; dovrebbero essere, di norma, ordini di grandezza inferiori ai limiti individuali fissati con il terzo principio. Il terzo principio obbliga al rispetto dei valori limite ed è un'ulteriore garanzia per gli individui esposti perché, una pratica è appropriatamente ottimizzata se le dosi ricevute dai lavoratori consistono in una modesta frazione dei limiti individuali raccomandati. 2.2 Rischi da radiazione Le modalità fondamentali di irradiazione del corpo umano, si distinguono per la diversa collocazione delle sorgenti radianti rispetto al soggetto irradiato. 2.2.1 Esposizione esterna Nell’esposizione esterna, l’organismo è irraggiato da sorgenti che sono posti all’esterno, essa può essere totale quando tutte le parti del corpo sono esposte contemporaneamente ed omogeneamente; oppure parziale se sono interessate solo alcune parti del corpo come ad esempio mani, piedi e occhi. La sorveglianza fisica contro l’irraggiamento esterno prevede di adottare gli accorgimenti opportuni per indurre la riduzione della dose che un individuo riceve pertanto si tiene conto di parametri quali il tempo, la distanza, l’uso dei mezzi di protezione, il corretto comportamento e rispetto delle norme che consentono di raggiungere gli obiettivi radio protezionistici[3]. 31 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI Figura 2.11: illustrazione dell' irraggiamento esterno Quando si è all’interno di un ambiente dove ci sono sorgenti di radiazioni è opportuno trascorrere meno tempo possibile nelle vicinanze della sorgente, visto che il danno biologico è strettamente correlato all’accumulo di dose [6]. Ci si deve porre il più lontano possibile dalla sorgente. Infatti la dose diminuisce con la distanza: per una geometria di sorgente puntiforme isotropa la riduzione dipende dal quadrato della distanza, mentre in caso di sorgente estesa la diminuzione della dose segue una legge che occorre calcolare per ogni singolo caso[3]. I mezzi di protezione sono comunque utili ad attenuare la dose e si integrano con le norme di comportamento. Tutto il personale che opera nell’impianto è dotato di dosimetro personale a corpo intero sia per radiazioni X e gamma che per neutroni, inoltre alcuni operatori hanno anche il dosimetro per le estremità. 32 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI La dosimetria individuale è fornita per mezzo di un servizio dosimetrico qualificato a termini di legge e prevede l’utilizzo di dosimetri di tipo termoluminescente sia per i dosimetri per il corpo intero, sia per i dosimetri per le estremità. 2.2.2 Esposizione interna Si ha esposizione interna, o contaminazione, se invece accidentalmente la sorgente si localizza all’interno del corpo e per inalazione di vapori e gas, o per ingestione o assorbimento transcutaneo a seguito di un contatto con materiale radioattivo solido o liquido la sorgente si viene a localizzarsi in organi critici del corpo[6]. Figura 2.12: illustrazione di irraggiamento interno, contaminazione La contaminazione radioattiva può essere a sua volta esterna quando nell’ambiente persistono radionuclidi non sigillati e il pericolo è collegato all’irraggiamento esterno da parte di radiazioni gamma; è invece interna quando i radionuclidi sono introdotti all’interno del corpo e il pericolo maggiore deriva dall’introduzione di sostanze emittenti radiazioni alfa e beta. 33 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI La contaminazione può inoltre essere diretta se avviene per inalazione o assorbimento cutaneo; è indiretta se avviene per ingestione, attraverso la catena alimentare. La contaminazione ha un’origine accidentale e causa un innalzamento significativo dei valori di dose del fondo naturale. In presenza di dispersione di sostanze radioattive nell’ambiente è necessario individuare i radionuclidi a vita corta e a vita lunga per valutare la pericolosità dell’evento avvenuto. La valutazione della concentrazione di radionuclidi in aria e la valutazione della contaminazione delle superfici sono due fasi fondamentali, pertanto si prelevano campioni di aria e di matrici ambientali come acqua e polveri e si sottopongono a spettrometria. Le misure di contaminazione superficiale vengono effettuate sia in modo diretto che in modo indiretto. Misure dirette vengono svolte tramite prospezione delle superfici di pavimenti, tavoli da lavoro, strumentazione mediante rivelatori di tipo Geiger Muller di ampia superficie. Misure indirette vengono svolte mediante il prelievo di campioni di smear test su campioni di superficie di norma pari a 100 cm2, che sono successivamente analizzati. Nel caso di esposizioni interne derivanti da radionuclidi introdotti nel corpo umano viene usata la Dose equivalente impegnata. Che consiste nell'integrale, rispetto ad un tempo di 50 anni, di dose equivalente che sarà ricevuta da un individuo a seguito dell'introduzione di uno o più radionuclidi. In altre parole: è la dose accumulata nell'arco della vita da un individuo adulto (la cui aspettativa di vita si considera non inferiore a 50 anni dal momento dell'introduzione) in seguito all'introduzione nel suo organismo di un determinato radionuclide. Essa si calcola moltiplicando l'attività introdotta per i coefficienti di dose impegnata dei singoli radionuclidi (tabulati in letteratura o nella legge). Esistono coefficienti per introduzione da inalazione (per particelle di diverso spessore) e per introduzione da ingestione (per diverse forme chimiche dei composti introdotti). 34 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI 2.3 Il D.lgs 241/2000 Per "sorveglianza fisica" si intende l'insieme dei dispositivi adottati, delle valutazioni, delle misure e degli esami effettuati, delle indicazioni fornite e dei provvedimenti formulati dall'esperto qualificato al fine di garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione; essa deve essere effettuata quando le attività svolte comportino la classificazione delle aree (controllate o sorvegliate) e/o di lavoratori esposti . Ai sensi del D.lgs 241/2000 è l’esperto qualificato la persona che possiede le cognizioni e l'addestramento necessari per misurare le radiazioni ionizzanti, per assicurare l'esatto funzionamento dei dispositivi di protezione, per dare le istruzioni e le prescrizioni necessarie a garantire la sorveglianza fisica della radioprotezione. L’esperto qualificato deve fornire al datore di lavoro, prima dell'inizio di qualsiasi attività con rischio da radiazioni ionizzanti, una consulenza in merito alla valutazione dei rischi che l'attività comporta e ai relativi provvedimenti di radioprotezione da adottare, redigendo apposita relazione. Rientrano tra le competenze dell'esperto qualificato una serie di fondamentali azioni organizzative generali della radioprotezione, le principali delle quali riguardano: - la classificazione delle aree con rischio da radiazioni ionizzanti; - la classificazione del personale ai fini della radioprotezione; - la predisposizione delle norme interne di radioprotezione; - la segnalazione mediante contrassegni delle sorgenti di radiazione; - la predisposizione di un programma di informazione e formazione, finalizzato alla radioprotezione, allo scopo di rendere il personale edotto dei rischi specifici a cui è esposto. Inoltre, l'esperto qualificato deve : - esaminare i progetti degli impianti, rilasciando il relativo benestare; - provvedere ad effettuare il collaudo e la prima verifica degli impianti; -verificare periodicamente l'efficacia dei dispositivi ovvero delle tecniche di radioprotezione; -effettuare il controllo periodico del buon funzionamento della strumentazione di radioprotezione; - effettuare la sorveglianza ambientale; 35 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI - valutare le dosi ricevute dai lavoratori e le introduzioni dei radionuclidi; - procedere alla valutazione delle dosi ricevute o impegnate dai gruppi di riferimento della popolazione, in condizioni normali di lavoro e nel caso di incidenti. 2.3.1 Classificazione delle aree Il D.Lgs. 241/2000 prescrive l’obbligo di classificare gli ambienti di lavoro sottoposti a regolamentazione per motivi di protezione contro le radiazioni ionizzanti. Le zone classificate possono essere zone controllate o zone sorvegliate . È classificata zona controllata ogni area di lavoro ove sussiste per i lavoratori che vi operano il rischio di superamento di uno qualsiasi dei seguenti valori: • • • 6 mSv/anno per esposizione globale o di equivalente di dose efficace; 45 mSv/anno per il cristallino; 150 mSv/anno per la pelle, mani, avambracci, piedi, caviglie [7]. E’ classificata zona sorvegliata ogni area di lavoro, che non debba essere classificata zona controllata, ove sussiste per i lavoratori ivi operanti il rischio di superamento di uno qualsiasi dei seguenti valori: • • • 1 mSv/anno per esposizione globale o di equivalente di dose efficace; 15 mSv/anno per il cristallino; 50 mSv/anno per la pelle, mani, avambracci, piedi, caviglie[7]. Nell'accertamento delle condizioni di cui sopra, l'esperto qualificato deve tener conto anche delle esposizioni conseguenti a eventi anomali e a malfunzionamenti che siano suscettibili di aumentare le dosi derivanti dalla normale attività lavorativa programmata, ma non delle esposizioni accidentali o di emergenza. In aggiunta alle zone controllate e sorvegliate, nella sorveglianza operativa, si suole delimitare e regolamentare opportunamente anche le 36 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI cosiddette zone interdette, aree ove i ratei di dose potrebbero raggiungere valori particolarmente elevati e per le quali è necessario istituire appropriate procedure di accesso. Dette zone sono usualmente presidiate da adeguati sistemi di sicurezza (microinterruttori sulle porte di accesso, controlli di ronda, etc.) allo scopo di impedire al personale di trovarsi al loro interno durante il funzionamento degli impianti. Tipiche zone interdette sono le aree in cui passano i fasci primari e secondari degli acceleratori ovvero le aree in cui sono presenti importanti sorgenti radioattive. Le zone controllate, sorvegliate e interdette sono segnalate mediante idonei cartelli di segnalazione posti in corrispondenza degli accessi. 2.3.2 Classificazione dei lavoratori Il D.Lgs. 241/00, come peraltro già il 230/95, prevede diversi adempimenti di sorveglianza fisica e medica a seconda della categoria in cui i lavoratori esposti al rischio da radiazioni ionizzanti vengono classificati. La classificazione di radioprotezione è quindi un'operazione preliminare, indispensabile per una corretta programmazione delle azioni di radioprotezione, e come tale deve essere effettuata prima di adibire il personale alle attività con rischio da radiazioni. La classificazione di radioprotezione deve essere formulata dall'esperto qualificato, tenuto conto di tutte le attività svolte dal lavoratore per conto del datore di lavoro. La scheda di radioprotezione deve essere quindi compilata prima che il lavoratore sia adibito alle attività lavorative con rischio da radiazioni ionizzanti. Sulla base del D.Lgs. 241/2000, i lavoratori devono essere distinti in lavoratori esposti e lavoratori non esposti. Sono classificati lavoratori esposti i soggetti che, in ragione dell'attività svolta per conto del datore di lavoro, sono suscettibili di una esposizione alle radiazioni ionizzanti superiore ad uno qualsiasi dei limiti per le persone del pubblico. Sono considerati lavoratori non esposti i soggetti sottoposti, in ragione dell'attività svolta per il datore di lavoro, ad una esposizione non superiore ad uno qualsiasi dei sopra riportati limiti fissati per le persone del pubblico. 37 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI I lavoratori esposti devono essere ulteriormente suddivisi in due categorie, A e B, secondo lo schema in tabella. Tabella 2.I : Quadro riassuntivo dei limiti di dose Nell'accertamento delle condizioni di appartenenza all'una o all'altra delle due categorie, l'esperto qualificato deve tener conto anche delle esposizioni conseguenti a eventi anomali e a malfunzionamenti che siano suscettibili di aumentare le dosi derivanti dalla normale attività lavorativa programmata, ma non delle esposizioni accidentali o di emergenza. Il D.Lgs. 241/2000 ha poi introdotto la categoria degli apprendisti e studenti esposti al rischio da radiazioni ionizzanti, che devono essere suddivisi e raggruppati in relazione all'età e al tipo di attività lavorativa o di studio. A loro si applicano le stesse modalità di classificazione stabilite per i lavoratori e possono quindi essere inclusi nelle categorie A e B dei lavoratori esposti o in quella dei lavoratori non esposti. Per i lavoratori di cat. A sono previste la sorveglianza fisica individuale e la sorveglianza medica, con frequenza semestrale dei 38 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI controlli, effettuata da parte del medico autorizzato. Per i lavoratori di cat. B, la sorveglianza fisica individuale può essere sostituita con quella ambientale e i controlli medici, effettuati dal medico autorizzato o dal medico competente, hanno frequenza annuale. 2.4 Applicazioni del D.lgs 241/2000 ai LNS Ai LNS le norme interne di radioprotezione sono lo strumento per mezzo del quale vengono disciplinate le attività intorno a ciascun impianto o sorgente di radiazioni. In esse vengono in particolare specificate le regole da seguire per l'accesso e la permanenza nelle zone classificate, ovvero per la manipolazione e l'utilizzo delle sorgenti radioattive. Vi sono inoltre descritti i sistemi di segnalazione, di sicurezza ed emergenza, specificate le responsabilità dei dirigenti e dei preposti e illustrate le azioni da assicurare in condizioni di emergenza. Le norme interne sono predisposte dall'esperto qualificato ed è compito specifico del datore di lavoro la loro emanazione e l’attuazione di un sistema efficace di sorveglianza sul rispetto delle stesse. I lavoratori devono essere opportunamente formati sulle norme di radioprotezione, e sono tenuti ad osservare le disposizioni in esse contenute. 2.4.1 Sistemi di controllo: rivelatori fissi e portatili Il monitoraggio della radiazione ambientale è garantito tramite una opportuna dotazione di strumentazione di misura e l’attuazione di controlli sia di tipo automatizzato continuativo, sia attraverso misure periodiche svolte dal personale addetto alla radioprotezione. L’area di ciascuna sala sperimentale è sottoposta a rilevamento continuo automatizzato dell’equivalente di dose, tramite una serie di rivelatori fissi che inviano i rilievi ad una unità centrale connessa ad un elaboratore. In ciascuna delle stazioni sono installati un monitor per 39 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI neutroni e uno per radiazioni gamma, in alcune stazioni sono installati solo monitor per gamma e in altre sonoposizionati monitor per X e gamma. In alcuni punti si monitora anche l’eventuale presenza di contaminazione nell’aria dei relativi locali. Le misure vengono pertanto registrate su supporto informatico, possono essere controllate in tempo reale e sottoposte ad elaborazioni statistiche in funzione del tempo. I rivelatori sono inoltre dotati di segnalatore acustico che emette un avviso al superamento di un livello di soglia. Alla rete fissa si affiancano i rivelatori portatili, ciascuno dei quali presenta caratteristiche diverse. Il campo di applicazione di ogni strumento è molto specifico pertanto l’uso è fortemente dipendente dal tipo di radiazione (α, β, χ, γ, neutroni), dall’energia, dalla situazione in cui si deve operare e dal tipo di informazione che si vuole ottenere dalla misura. La strumentazione è periodicamente sottoposte a taratura presso centri ACCREDIA. 2.4.2 Classificazione delle sale ai fini radio protezionistici Le aree dei LNS coinvolte dalle attività degli acceleratori (Tandem e Ciclotrone)e sottoposte a classificazione e regolamentazione sono le seguenti: − locale iniettori Tandem − sala Tandem − sala sottoTandem − locali Excyt − locali dei magneti di analisi e switching − sala ciclotrone (CS) − sale sperimentali: sala 60°, sala 40°, sala 20°, sala 0°, sala ciclope, sala medea, −sala linee di distribuzione; sala catana, sala magnex, sala chimera, − cunicoli sotto le sale sperimentali 40 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI − locale sorgenti ECR ed aree adiacenti − locali impianti CS (RF ed Alimentatori) − camera calda Figura 2.3: planimetria del Laboratorio Nazionale del Sud – INFN – Catania. 41 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI Per ciascuna sala sono individuati tre stati. Ingresso libero: L’accesso è consentito senza limitazioni a tutti. Le serrature sono sbloccate e le porte possono essere aperte a spinta. All'esterno sono illuminate le scritte "INGRESSO LIBERO". Tutti gli altri elementi sono spenti ed il sistema non abilita l’accensione del fascio. Ingresso controllato : L’accesso è consentito solo al personale autorizzato. Le porte sono bloccate dalle elettroserrature, che consentono l’apertura esterna delle porte solo dopo la presentazione di scheda magnetica ed impediscono l’apertura accidentale. I lettori di schede, che consentono l’accesso solo a chi ha una scheda abilitata permettono di registrare l’ingresso e l’uscita di ciascun lavoratore ed il relativo tempo di permanenza. Per inserire lo stato di allarme è necessario evacuare la sala ed eseguire preliminarmente una ronda cerca uomo. Lo stato di allarme toglie tutte le abilitazioni al fascio e rimane attivo fino a quando non sono state rimosse le cause che lo hanno generato (porta richiusa, pulsante di emergenza ripristinato, ecc.) ed è stato rifatto un nuovo giro di ronda. Esso è segnalato con dei lampeggiatori e sirene locali e segnalazioni acustiche e luminose in sala controllo e sui computer. Le segnalazioni acustiche si resettano quando l’operatore esegue un reset, il quale agisce solo se le cause sono state rimosse, mentre quelle luminose cessano automaticamente solo quando cessa lo stato di allarme, cioè dopo la riesecuzione della ronda. Tutti i passaggi fra i diversi stati operativi possono essere eseguiti solo da operatori autorizzati dotati di password personale di accesso ai computer. All'esterno di ogni porta è illuminata la scritta "INGRESSO CONTROLLATO". In assenza di allarme il sistema abilita l’invio del fascio nelle sale adiacenti, ma non nella stessa sala. Ingresso vietato: L'accesso è interdetto a tutti e la presentazione di una scheda non apre le porte, che sono bloccate dalle elettroserrature e la loro eventuale apertura accidentale (manuale) genera sempre allarme. 42 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI All'interno sono accese le luci gialle rotative; i pulsanti di emergenza sono abilitati ed una pressione su di essi genera allarme; all'esterno di ogni porta è illuminata la scritta "INGRESSO VIETATO". Il sistema abilita l’invio del fascio nella sala. Prima di abilitare la sala al passaggio del fascio si deve evacuare la sala e dalla consolle si avvia la fase di ronda che viene annunciata all’interno della sala con un segnale acustico che avvisa gli operatori informandoli dell’avvio della ronda. Essa consiste in una ispezione visiva della sala interessata, l’operatore di turno percorre il perimetro della stanza e preme i pulsanti nell’ordine prestabilito ed entro un certo tempo fissato. I pulsanti sono localizzati in punti strategici della sala in modo che l’operatore abbiano modo di visionare anche gli angoli più remoti e meno accessibili, anche perché alcune sale come la CS e la TANDEM, sono molto grandi e i punti della linea di trasporto del fascio molto tortuose. Durante la ronda le porte vengono bloccate per evitare che ci sia accesso libero dall’esterno e che ciò sfugga all’operatore. Dopo l’ultimo pulsante della ronda si inserisce automaticamente lo stato di “ingresso vietato” e si genera il segnale di abilitazione Se durante la ronda si dovessero verificare dei problemi il sistema ritorna nello stato iniziale e si devono ripetere le operazioni preliminari portando al termine correttamente,come descritto prima, le fasi della procedura. Ogni sala è collegata con un sistema di supervisione che fa parte di una rete riservata di computer ad accesso controllato, inoltre l’elettronica di sala è predisposta in modo da gestire la sicurezza di ogni area e di quelle adiacenti. Il fascio può essere bloccato non solo dalla consolle ma anche da pulsanti di sicurezza all’interno delle sale sperimentali. Sulle porte di accesso alle zone classificate o al loro interno sono posizionati dei cartelli con avvisi di radioprotezione relativi agli stati delle sicurezze, alla classificazione delle aree, ai rischi presenti nella sala e ai comportamenti da usare in determinate occasioni. 43 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI Nei cartelli sono presenti i seguenti simboli: Figura 2.4: segnaletica utilizzata per la radioprotezione La presenza di tali simboli però, non indica la presenza certa delle radiazioni ionizzanti in quanto, spesso, devono essere verificate alcune condizioni, come ad esempio la presenza di fascio accelerato, affinché le radiazioni siano prodotte. Pertanto essi sono quasi sempre accompagnati da altri avvisi che riportano quali sono le condizioni che devono accadere affinché i rischi siano presenti. Accanto alle porte di ingresso delle zone classificate in cui è operativo il sistema di controllo accessi, infatti, sono presenti, come già accennato, dei semafori luminosi che indicano quanto gli stati operativi della sala, secondo la seguente tabella. Tabella 2.II: stati operativi in cui si può trovare una sala sperimentale 44 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI In assenza di fasci accelerati dal Tandem o dal CS, di norma la sala Ciclotrone è ZONA CONTROLLATA a causa della presenza di radioattività sulla linea di trasporto del fascio. Per brevi periodi dovuti a particolari esigenze di manutenzione o per altri casi, essa può essere classificata ZONA DI LIBERO ACCESSO, ma le aree vicine agli elementi di linea attivati saranno appositamente transennate. In ogni caso la sala è ZONA CONTROLLATA se il polo del CS è aperto. In presenza di fasci accelerati dal CS la sala è sempre ZONA CONTROLLATA ad accesso INTERDETTO. In presenza di fasci accelerati dal Tandem la sala è sempre ZONA CONTROLLATA. 2.4.3 Monitoraggio della dose al personale Nel caso dell'irradiazione esterna, la valutazione della dose individuale ricevuta dai lavoratori viene di norma effettuata mediante dosimetri individuali, le cui letture vengono integrate con i risultati della dosimetria ambientale. La dosimetria individuale è obbligatoria per i professionalmente esposti di categoria A (d.lgs 241/2000). Le norme interne di radioprotezione specificano l’ obbligo dei lavoratori di utilizzare detti strumenti durante la loro attività e permanenza all’interno delle sale e in caso di manipolazione di sorgenti sigillate e non. La legge in vigore richiede che i lavoratori professionalmente esposti siano sottoposti a valutazioni della dose individuale, su tutto l’organismo e su parti di esso. Le misure di irradiazione esterna è stimata con dosimetri fotografici a piastrina, (film badges), con dosimetri ionometrici da tasca, come le penne dosimetriche, con dosimetri a termoluminescenza, TLD. Gli operatori fanno uso anche di dosimetri a lettura diretta, per avere un riscontro immediato della dose assorbita in situazioni particolari ed eccezionali di lavoro o solo per un monitoraggio “in tempo reale” della dose durante attività lavorative nuove o inusuali. La conoscenza del dato dosimetrico consente di controllare il conseguimento degli obiettivi di ottimizzazione dell’esposizione, oltre che il rispetto dei limiti stabiliti dal d.lgvo 241/00. I risultati delle 45 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI dosimetrie sono inoltre obbligatoriamente comunicati al medico autorizzato, e inclusi nel documento sanitario degli esposti a radiazioni ionizzanti. Nel caso di valutazioni dosimetriche da irradiazione interna, la valutazione della dose individuale è effettuata mediante tecniche radiotossicologiche specifiche, in relazione alla tipologia di radiocomposto manipolato dal lavoratore. Le norme per l’utilizzo dei dosimetri personali sono le seguenti: a) Appuntarli esternamente agli indumenti in corrispondenza del torace o della cintola,secondo il verso di esposizione, salvo esplicita differente prescrizione. b) I dosimetri per le estremità devono essere indossati al dito o al polso con la parte sensibile rivolta verso la sorgente di radiazioni da manipolare e al di sotto dei guanti, nel caso in cui si utilizzino. I bracciali non devono però essere coperti con le maniche del camice o degli indumenti o da orologi. c) Non piegarli, aprirli, comprimerli, manometterli in alcun modo o cancellare le scritte su di essi. Non farli venire a contatto di liquidi o esporli a fonti di calore: i dosimetri perdono le informazioni se esposti ad alte temperature. d) Quando non sono indossati devono essere riposti nelle apposite bacheche e non lasciati sui camici, sui tavoli da lavoro, negli armadi, nei cassetti o altri posti in cui siano soggetti ad essere esposti alle radiazioni o sia difficile la loro reperibilità. e) E’ vietato prestare il proprio dosimetro a chi ne è sprovvisto o scambiarlo con altri. f) Non portare i dosimetri fuori dai LNS, tranne per gli esperimenti fuori sede per i quali essi siano stati appositamente assegnati. g) Alla fine dell’esperimento, e comunque entro la data di scadenza scritta sul dosimetro o comunicata dal Servizio di Radioprotezione, devono essere riconsegnati. Va sempre comunicato l'eventuale smarrimento o danneggiamento del dosimetro al Servizio di Radioprotezione.. 46 CAPITOLO 2 LA RADIOPROTEZIONE NELLE SALE SPERIMENTALI Le valutazioni delle dosi individuali sono trasmesse agli interessati con periodicità annuale. Le esposizioni accidentali saranno comunicate immediatamente e saranno adottati i dovuti provvedimenti. I lavoratori hanno sempre diritto ad accedere ai propri dati dosimetrici. 47 CAPITOLO 3 MISURE DI ATTIVAZIONE 3.MISURE DI ATTIVAZIONE In questo capitolo si illustra la procedura che si segue nel laboratorio ogni volta che si deve fare un intervento di manutenzione alla linea di trasporto del fascio dopo che è trascorso poco tempo dall’interruzione del fascio stesso. I dispositivi che hanno intercettato il fascio o sottoposti a forti campi di radiazione neutronica possono divenire radioattivi, pertanto la loro manipolazione o rimozione può essere effettuata solo previa verifica dei livelli di attivazione e di dose. La misura dei livelli di attivazione è fatta dal personale del Servizio di Radioprotezione e solo in casi particolari la prima verifica può essere fatta anche dagli operatori o sperimentatori, opportunamente formati in precedenza, utilizzando il rivelatore in dotazione al gruppo acceleratori e disponibile in sala controllo. Il personale autorizzato e classificato esposto al rischio da radiazioni può rimuovere il materiale attivato solo qualora i valori di dose misurata, siano inferiori ai seguenti: 5 µSv/h (0.5 mR/h) ad una distanza di 50 cm e 50 µSv/h (5 mR/h) a contatto. Se le letture sono superiori prima di procedere nell’intervento è obbligatorio contattare il Servizio di Radioprotezione che fisserà le modalità operative atte a limitare l’esposizione. Gli oggetti che presentano radioattività di qualunque livello, anche se comportano dosi inferiori a quelli indicati precedentemente, pur potendo essere smontati dalla linea o dall’apparato sperimentale, non possono essere portati fuori dalle zone controllate. Infatti gli oggetti che hanno intercettato il fascio o sottoposti a forti campi di radiazione neutronica, pur non presentando apparentemente radioattività rivelata dagli strumenti, potrebbero avere valori di attività tali da non poter consentire che i materiali siano portati fuori dai LNS o smaltiti come rifiuto. Particolare attenzione deve essere posta per i bersagli sottili irraggiati che potrebbero comportare rischi di contaminazione. In tali casi è prescritto l’uso di pinzette e guanti monouso, da raccogliere in busta e consegnare al Servizio di Radioprotezione alla fine del lavoro. In ogni caso, qualora si riscontrasse attivazione di qualunque livello, su 49 CAPITOLO 3 MISURE DI ATTIVAZIONE materiali fragili, polverosi o sottili che potrebbero comportare rischi di contaminazione, per ridurre, ove possibile, i livelli di attivazione è opportuno che i porta-target ed i supporti che possono venire a contatto con il fascio accelerato siano in alluminio. E’ preferibile evitare leghe che contengano elementi più pesanti, come ad esempio il ferro, il rame ecc. che, se attivati, presentano tempi di decadimento più lunghi (come riportato nella tabella proposta successivamente). La manipolazione degli oggetti installati all’interno del piano di accelerazione del Ciclotrone, nonché il loro smontaggio e prelievo deve preventivamente essere autorizzata dal Servizio di Radioprotezione. Inoltre è vietato svuotare i circuiti di raffreddamento dell’acqua dei deflettori elettrostatici del CS e delle cavità risonanti e portare fuori dalla sala acceleratori qualsiasi oggetto metallico o che comunque contenga metalli, che sia stato posizionato per lunghi periodi (superiori a diversi mesi) e ad una distanza inferiore a 2 m dagli elementi delle linee di trasporto posti dopo l’estrazione dal CS, nei quali vi siano consistenti perdite di fascio. I tecnici responsabili di ogni settore, secondo le proprie mansioni e solo se classificati come lavoratori di categoria A, prima di entrare e di intervenire chiedono al responsabile del servizio di radioprotezione di verificare se i livelli di dose rientrano nei limiti per loro idonei e successivamente si fanno delle misure di attivazione nella parte su cui si deve fare l’intervento. Questa fase è essenziale per poter stimare la dose al corpo intero e alle estremità ed evitare esposizioni accidentali a dosi troppo elevate. All’interno del laboratorio è possibile tenere sotto controllo non solo le superfici, ma anche l’aria e l’acqua utilizzata nei processi di raffreddamento che interessa le varie componenti degli acceleratori e della linea di trasporto del fascio. Focalizziamo la nostra attenzione sui rilevamenti fatti su due elementi della linea di fascio: targhet e portatarghet dell’esperimento “FRIBS” e la limatura di ferro estratta da una faraday- cup. 50 CAPITOLO 3 MISURE DI ATTIVAZIONE 3.1 Sorveglianza fisica nel progetto FRIBs In questo lavoro si prende in esame un’esperienza diretta svoltasi durante lo stage ai LNS, in cui si è determinata la necessità di effettuare misure di attività e di verificare la possibilità di contaminazione durante un intervento di manutenzione nell’ esperimento FRIBs. Questo progetto sfrutta fasci di ioni radioattivi, comunemente detti RIBs dall’inglese Radioactive Ion Beams che, una volta prodotti, sono accelerati in modo da poter essere adoperati per lo studio di reazioni nucleari. Parte della linea di estrazione del Ciclotrone Superconduttore, funge, contemporaneamente, sia da linea di trasporto che da fragment separator. Tabella 3.I: Reazioni di frammentazione ottenute con diversi fasci di ioni radioattivi nell’esperimento FRIBs Il fascio primario stabile accelerato dal Ciclotrone Superconduttore interagisce con il bersaglio di 9Be di spessore 500µm e mediante il meccanismo di frammentazione del proiettile produce un gran numero di frammenti molti dei quali altamente radioattivi (tab 3.I.) 51 CAPITOLO 3 MISURE DI ATTIVAZIONE Adoperando i diversi fasci “primari” come mostrato in tabella , sono stati ottenuti, ad oggi, diversi fasci di ioni radioattivi ad intensità adoperabili per gli esperimenti. In dettaglio si può vedere nella cartina che il bersaglio di produzione si trova nelle immediate vicinanze del Ciclotrone, zona in cui si sono verificati dei problemi durante il ciclo di produzione previsto nel giugno 2012. Punto di misura Ciclope Punto di misura fuoco finale Bersaglio di produzione Fragment Separator Figura 3.13 Lay-out FRIBs ai LNS. Sono indicati il punto di produzione, il FRS ed i punti di misura delle varie linee fascio Si è reso necessario, a causa di un guasto, sospendere l’esperimento e fare intervenire dei tecnici,pertanto è stato fatto un sopralluogo per verificare i livelli di dose nella sala e controllare l’attività dei componenti su cui intervenire o da sostituire. 52 CAPITOLO 3 MISURE DI ATTIVAZIONE 3.2 Strumentazione utilizzata I flussi di particelle accelerate inducono radiazioni nucleari e le misure hanno lo scopo di tenere sotto controllo la situazione, di riconoscere le contaminazioni radioattive in modo da raccogliere i dati per calcolare gli equivalenti di dose da irradiazione esterna e interna al personale esposto. Gli strumenti devono avere una elevata efficienza e un adeguato valore minimo misurabile. Tutti gli strumenti sono scelti in funzione della misura che si deve effettuare. Gli strumenti portatili usati nella normale sorveglianza per la misura delle contaminazioni superficiali e nella determinazione dei livelli di dose sono i contatori Geiger-Muller e le camere a ionizzazione. Il servizio di radioprotezione è dotato di numerosi rivelatori portatili, per il monitoraggio delle radiazioni, ma per le valutazioni che si intendono fare in questo elaborato si è fatto uso di due strumenti : • Ludlum Model 44-9 Geiger Muller, un rivelatore pacake per alfa, beta e gamma con una finestra di mica. Esso ha una risposta in energia tra 60 e 100 KeV normalizzata al 137 Cs, come è visibile nel grafico. Figura 3.14 dipendenza della risposta del rivelatore al variare dell'energia, normalizzata al 137Cs. 53 CAPITOLO 3 MISURE DI ATTIVAZIONE A bassa energia sovrastima del 70% e ha un tempo morto di 80 µs e un’efficienza compresa tra il 5% e il 30% a seconda delle radiazioni da rivelare. Figura 3.15: Foto del rivelatore GM 44-9 Ludlum • TOL/F è un rivelatore portatile a camera a ionizzazione aria equivalente per misure ambientali : ha una buona indipendenza dall’energia per il range 0,1 - 100 µSv/h, che può essere considerata lineare. Deve essere calibrato automaticamente prima di ogni misura. Ha la sonda con cappuccio di plexiglass che permette di misurare radiazione β discriminando la primaria dalla secondaria. Dal certificato ACCREDIA dell’ultima taratura ( Dicembre 2011) si apprende che ha un coefficiente di taratura compreso tra 1,37 e 1,4. 54 CAPITOLO 3 MISURE DI ATTIVAZIONE Figura3.16 foto rivelatore TOL/F, camera a ionizzazione Figura 3.17 risposta in energia del TOL/F 55 CAPITOLO 3 MISURE DI ATTIVAZIONE Per la misura ambientale della sala si sono utilizzati i dati dei rivelatori fissi che sono camere a ionizzazione e rivelatori per neutroni. Per il controllo dell’eventuale contaminazione si è fatto uso del rivelatore al Ge Hp prima calibrato in energia con sorgenti note. 3.3 Misure e dati sperimentali L’accesso alla sala sperimentale non è immediato, ma ci si deve assicurare che i livelli di dose siano accettabili e compatibili con i livelli limite. Per questo sono indispensabili i report dei rivelatori fissi. Figura 3.6: Grafici della dose ambientale rilevata nelle sale sperimentali 56 CAPITOLO 3 MISURE DI ATTIVAZIONE I grafici riportati sono relativi ai dati delle sale CS e Tandem. L’andamento della dose, sull’asse delle ordinate, è espressa in funzione del tempo nell’arco delle 24 ore del turno dell’ esperimento FRIBS. Si nota l’aumento della dose ambientale fino a un massimo di 574 µSv/h nella sala ciclotrone che è in stato di ZONA VIETATA. Nella sala attigua e comunicante, cioè la sala tandem, la dose misurata è 15 µSv/h e può essere in stato di ZONA CONTOLLATA. La sala iniettori in cui il picco è a 0.75 µSv/h è in stato di ZONA SORVEGLIATA. Della sala TANDEM sono riportati due grafici: in blu la dose dei neutroni e in rosa la dose dovuta ai gamma che è ridotta di circa 1/10. Dopo aver accertato la possibilità di entrare nella sala con i portatili si sono fatte le misure in prossimità della faraday-cup e del target di Be. La tabella sottostante riassume i valori ricavati dalle misure con il G-M e con la camera a ionizzazione. Rivelatore Punto A Punto B Punto C TOL/F G-M 0.4 µSv/h - 2.3µSv/h 3.2µSv/h 16 µSv/h 70 µSv/h Tabella 3.II: valori misurati nei punti di riferimento Il punto A è a più di un metro di distanza dal targhet, il punto B è a circa 50 cm dal targhet e il punto C ha a circa 3 cm. Questi valori sono stati valutati qualitativamente per dare una stima approssimativa della dose al corpo intero intorno a 0.2-0.3 µSv e alle estremità, visto che si doveva procedere a smontare il porta-targhet, è stata stimata a 12 µSv/h, valore tollerabile per un lavoratore esposto di categoria A per un tempo di intervento non molto lungo. 57 CAPITOLO 3 MISURE DI ATTIVAZIONE Nella linea di fascio le componenti maggiormente attivate sono i targhet, soprattutto a seguito di reazioni (p,n) e per la loro composizione danno luogo alla produzione di svariati elementi con tempi di dimezzamento sia brevi, ma anche lunghi.. Nel nostro caso, essendo il targhet di Be, i principali elementi che si formano a seguito dell’interazione con il fascio di particelle accelerate sono: • • • • 60 Co , 58Co , 57Co e 56Co; 54 Mn; 65 Zn; 75 Se. Le misure di contaminazione con il Ge iperpuro hanno permesso di ricavare lo spettro che analizzato con il programma Gamma Vision ha messo in evidenza le righe caratteristiche degli elementi attivati. Figura 3.18spettro del targhet di FRIBs 58 CAPITOLO 3 MISURE DI ATTIVAZIONE Sull’ asse delle ascisse si riporta l’energia in eV e sulle ordinate i conteggi. Oltre alle righe degli elementi prodotti è ben visibile a 511 eV il picco dell’annichilazione. I radionuclidi che si evidenziano hanno tempi di dimezzamento abbastanza lunghi, per esempio il 57Co ha T1/2 di 271.7 giorni ; il 56Co di 78.8 giorni; mentre il 54Mn ha un tempo di dimezzamento più breve, di 5.6 giorni. Un'altra misura è stata fatta sulla sporcizia di pulizia del portatarghet FRIBs di rame da cui si è ottenuto il seguente spettro Figura 3.19 spettro del portatarghet di FRIBs 59 CAPITOLO 3 MISURE DI ATTIVAZIONE Anche qui è presente il picco a 511 eV dell’annichilazione e i picchi del 60Co e 57Co, a cui si aggiunge la riga del 59Fe. Infine, dalla pulitura della faraday -cup della stessa linea di fascio si può avere conferma del fatto che gli elementi attivati negli oggetti di rame sono sempre della stessa natura. Le attività variano a seconda della durata dell’irraggiamento e le intensità sono anche da rapportare al tempo trascorso dall’ irraggiamento alla misura. Infatti c’è da considerare che tutti gli elementi attivati con tempo di dimezzamento più breve di 2 giorni non sono visibili. Figura 3.20 spettro della limatura della faraday cup 60 CONCLUSIONI CONCLUSIONI Lo Stage presso INFN- Laboratori Nazionali del Sud- Catania ha permesso di sviluppare delle competenze tecnico-professionale che prevedono la valutazione dell’esposizione umana negli ambienti di lavoro e nel territorio, l’identificazione delle radiazioni ionizzanti e le tecniche e gli strumenti di rivelazione. In questo ambito la conoscenza della normativa vigente in materia di tutela della popolazione e dei lavoratori dall’esposizione a sorgenti di radiazioni ionizzanti e della normativa della radioprotezione risulta essere di fondamentale importanza e la multiforme attività che si svolge mette alla ribalta problematiche sempre nuove con cui confrontarsi e che richiedono tecniche e metodologie diversificate a seconda del problema da fronteggiare. 61 BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA [1] Maurizio Pelliccioni (1989) Fondamenti radioprotezione, Pitagora Editrice Bologna [2] B. Povh, K. Rith, C. Scholz, F. Zetsche Particelle e nuclei, Boringheri [3] Carlo Polvani (1993) Elementi di radioprotezione, ENEA [4] hpp: corvi/doc/didattica/radioattivita [5] Glenn F. Knoll (1999) Radiation Detection and Measurement, John Wiley & Sons. [6] S. Sandri M. D’Arienzo A. Coniglio (2009) Radioprotezione di base, CISU [7] Decreto Legislativo 17/03/1995 n. 230 “delle direttive Euratom 80/836, 84/467, 84/466, 84/618, 90/64, 92/3 in materia di radiazioni ionizzanti”, Roma, 1995 [8] Decreto Legislativo 2000 n. 241 62 fisici della APPENDICE APPENDICE Principali definizioni 63 APPENDICE Attività (A): numero di disintegrazioni nell’unità di tempo unità di misura S.I.: Becquerel (Bq) [1 Bq = 1 disintegrazione al secondo] unità di misura tradizionale: Curie (Ci) [1 Ci = 3.7 1010 Bq ] Dose assorbita (D): l’energia assorbita dall’unità di massa di un materiale ad opera della radiazione che lo attraversa unità di misura S.I.: Gray (Gy) [1 Gy = 1 Joule/kg] unità di misura tradizionale : rad [1 rad = 0.01 Gy] Dose Equivalente: l’energia assorbita dall’unità di massa di un materiale ad opera della radiazione che lo attraversa unità di misura S.I.: Sievert (Sv) [1 Sv = 1 Gy* w] Dose Efficace: corrisponde alla somma delle dosi equivalenti medie nei vari tessuti o organi, ponderate secondo opportuni fattori unità di misura S.I.: Sievert (Sv) Dose Impegnata: rappresenta la dose ricevuta da un organo o da un tessuto in un determinato periodo di tempo successivo all’introduzione nell’organismo di una o più sostanze radioattive unità di misura S.I.: Sievert (Sv) Grandezza Equivalente di Dose Ambientale H*(d): radioprotezionistica definita in un fantoccio campione che simula il corpo umano e considerate ad una determinata profondità d. Equivalente di Dose Personale Hp(d): per radiazioni fortemente penetranti si considera la profondità di 10 mm Hp(10) per le radiazioni debolmente penetranti si considera per la pelle Hp(0.07) e per gli occhi Hp(3). Kerma (K): l’energia ceduta alle particelle secondarie per unità di massa di un materiale. unità di misura S.I. = Gray (Gy) Per i fotoni in aria è il kerma è praticamente sempre identificabile con la dose. 64 APPENDICE L.E.T: trasferimento lineare di energia [ quantità di energia trasferita alla materia per unità di percorso ] unità di misura = keV/µm. 65