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Trasferimento genico in cellule animali

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Trasferimento genico in cellule animali
Trasferimento genico in cellule
animali
In 3 modi:
1.
Trasferimento diretto del DNA in cellule bersaglio
mediante mezzi fisici. Es. microiniezione in vitro o in
vivo, bombardamento con microproiettili rivestiti di
DNA.
2. Trasfezione: metodi sia chimici che fisici con i quali il
DNA viene internalizzato dal terreno di coltura (in vitro)
o dall’ambiente extracellulare (in vivo)
3. Trasduzione: impaccamento del DNA all’interno di virus
animali
A prescindere dalla metodica, la trasformazione può
essere stabile o transiente a seconda di quanto il DNA
esogeno rimane all’interno della cellula bersaglio
Coprecipitazione di DNA con calcio fosfato
(I, 1962, Szybalska e Szybalsky)
• Formazione di un sottile coprecipitato di DNA e
calcio fosfato che si deposita sulle cellule e poi
viene internalizzato. I piccoli granuli di calcio
associati a DNA entrano nella cellula per
endocitosi e sono trasportati fino al nucleo dove
alcune molecole di DNA si dissociano dal
precipitato e possono venire espresse.
• Cellule che non possono essere trasfettate col
metodo del calcio: con DEAE (dietilamino-etil
destrano), carboidrato policationico, idrosolubile,
favorisce interazione tra DNA esogeno ed il
macchinario endocitotico della cellula
Cotrasformazione e selezione dei
trasformanti stabili
• Una volta diventato di uso comune il metodo del
calcio fosfato, è stato dimostrato che cellule di
topo carenti dell’enzima tirosina chinasi(TK)
potevano essere trasformate nel fenotipo selvatico
mediante trasfezione con il gene TK del virus
Herpes simplex. Come nel caso di trasformanti
HPRT+, le cellule positive per TK possono essere
selezionate in terreno HAT: entrambi gli enzimi
sono coinvolti nella biosintesi dei nucleotidi
attraverso la via metabolica di recupero
Sintesi de novo e di recupero dei nucleotidi nei
mammiferi
• De novo: la sintesi parte
da precursori di base,
zuccheri e aminoacidi. Se
questa è bloccata, la
produzione di nucleotidi
dipende dalla via di
recupero e ciò consente la
selezione di quelle cellule
che acquisiscono copie
funzionali dei geni Hprt e
Tk in seguito a
trasfezione.
• Di recupero: vengono
riciclati nucleotidi
derivati da DNA e
RNA.
Il farmaco aminopterina blocca la sintesi de novo sia
dell’inosina monofosfato (IMP) che della timidina
monofosfato (TMP) inibendo enzimi chiave nella via
metabolica
• Cellule esposte alla aminopterina possono
sopravvivere solo se contengono copie funzionali
dei geni Hprt e Tk ed hanno a disposizione una
fonte di ipoxantina e timidina.
• I trasformanti Hprt+ e Tk+ possono essere
selezionati utilizzando il terreno HAT che
contiene ipoxantina, aminopterina e timidina
Ma…..
• Quanto sopra detto, si riferisce agli
esperimenti nei quali il transgene di
interesse (Tk e Hprt) conferiva alle cellule
un fenotipo selezionabile. La maggior parte
dei geni non ha questa caratteristica, quindi
l’isolamento dei trasformanti rimane di
difficile attuazione. Scoperta risolutiva:
cotrasformazione
COTRASFORMAZIONE
• Possibilità di trasfettare le cellule
contemporaneamente con due DNA indipendenti
ed ottenere l’integrazione di entrambi i transgeni
sul genoma. Cotrasformanti ottenuti con: gene Tk
di HSV ed un eccesso di pBR322. Le cellule
selezionate in terreno HAT sono state analizzate
mediante southern blot per controllare la presenza
del plasmide non oggetto di alcuna selezione. Il
DNA non –selezionato era presente in quasi il
90% delle cellule TK+, dimostrando che il gene
Tk poteva essere utilizzato come marcatore
selezionabile anche per DNA trasfettanti non
altrimenti selezionabili
I vettori di espressione per cellule di
mammifero pSV2-dhfr e pRSV-neo
Vettori plasmidici per il trasferimento genico
mediato da DNA
• L’impiego dei plasmidi nelle trasfezioni può
portare molti vantaggi che dipendono dagli
elementi modulari contenuti nei vettori stessi. I
plasmidi pSV e pRSV sono un esempio dei primi
vettori di espressione utilizzabili in cellule
animali. Le sequenze dei virus SV40 e sarcoma di
Rous hanno funzione di controllo trascrizionale in
molti tipi cellulari, quindi la loro incorporazione in
pBR322 ha generato vettori di espressione grazie
ai quali è virtualmente possibile controllare la
trascrizione di qualsiasi transgene una volta
integrato nel genoma delle cellule trasfettate
Trasformazione con vettori contenenti repliconi
• Repliconi derivati da polioma virus: è
possibile ottenere una trasformazione
transiente anche utilizzando dei repliconi
che contengono l’origine di replicazione di
virus tipo SV40.
SV40 possiede un
piccolo capside ed un
DNA circolare a doppio
filamento di circa 5kb. Il
genoma è organizzato in
due distinte unità
trascrizionali, dette
precoce e tardiva,
orientate in direzioni
opposte. I trascritti
vanno incontro a
splicing alternativo e
producono un gruppo di
proteine diverse. La
regione precoce codifica
per delle proteine di
regolazione mentre la
regione tardiva produce
i componenti strutturali
del capside
Significativo passo avanti
• Plasmidi contenenti l’origine di
replicazione virale erano in grado di
comportarsi come il virus stesso cioè si
replicavano ad alto numero di copie in
cellule permissive di scimmia; ma tali
repliconi di SV40 non erano impaccati nel
capside virale e quindi venivano meno le
limitazioni steriche imposte da quest’ultimo
Sono stati sviluppati
vettori di clonaggio a
partire da plasmidi di
E.coli, inserendo al
loro interno piccoli
frammenti del genoma
di SV40 che
comprendevano
l’origine di
replicazione. Es.: il
vettore di espressione
transiente pcDNA3.1
ha le origini di SV40 e
di polioma, un sito di
clonaggio multiplo e il
marcatore per la
resistenza
all’ampicillina
Trasferimento genico mediante
trasduzione virale
• Il Dna esogeno da clonare può essere incorporato nel
genoma virale o aggiungendolo all’interno del genoma
virale o mediante sostituzione di uno o più geni endogeni.
Se il transgene viene aggiunto al genoma o sosituisce geni
non essenziali per il ciclo infettivo nell’ospite, si parla di
vettori competenti per la replicazione o indipendenti
dall’helper perché sanno replicarsi da soli.
Se il transgene rimpiazza un gene virale essenziale, il
vettore viene detto difettivo per la replicazione o
dipendente dall’helper. Le cellule allora vanno
trasfettate con un plasmide helper, contenente il
gene mancante
Adenovirus: virus a DNA con molecola lineare a doppio
filamento lunga circa 36kb. Nella mappa: posizioni delle
unità di trascrizione precoci (E), del principale trascritto
tardivo (MLT), della sequenza leader tripartita (TL) e di
altri geni (VA, plx, IVa2). Le sequenze terminali ripetute
sono in viola. Psi indica il sito di impaccamento. Gli
adenovirus possono contenere grandi quantità di DNA
esogeno, possono infettare molti tipi cellulari diversi.
Non si integrano efficientemente nel genoma della cellula
ospite per cui sono adatti per l’espressione transiente in
cellule proliferanti
BACULOVIRUS:genoma di grandi
dimensioni di DNA a doppio filamento in un capside a
bastoncello, infettano le cellule di artropodi, insetti
• La costruzione di vettori di espressione di
baculovirus richiede l’inserzione del
transgene a valle del promotore della
poliedrina ma poiché il genoma virale è di
grandi dimensioni e non si presta al taglio
con enzimi di restrizione, tale sostituzione è
ottenuta mediante ricombinazione omologa
grazie a un plasmide che contiene una
regione derivata dal baculovirus
Vettori basati su herpesvirus
• Degli herpesvirus, virus a doppio filamento di DNA con capside
icosaedrico e presenza d'un involucro lipidico, viene utilizzato il
virus Herpes simplex di tipo 1 (HSV-1).
• Si tratta d'un virus neurotropo in grado d'instaurare un ciclo
litico ma anche di persistere sotto forma episomiale nella cellula
ospite. Il genoma di HSV-1 è formato da un doppio filamento di
DNA di 152 kb che contiene almeno 80 geni.
• Non appena inizia il ciclo litico viene espressa la proteina VmW65
che attiva i geni precoci immediati (IP0, ICP4, ICP22, ICP27 e
ICP47) che fungono da fattori transattivanti per gli altri geni
precoci che codificano prodotti necessari per la replicazione ed il
metabolismo dei nucleotidi. Successivamente vengono attivati I
geni tardivi codificanti per proteine strutturali. Il ciclo si conclude
con la lisi della cellula.
Per ottenere un HSV-1 vettore sono stati
usati due approcci.
•
•
Il primo consiste nell'uso d'unamplicone, un plasmide contenente
un'origine di replicazione batterica (generalmente da E. coli), una
di HSV-1 (OriS), la sequenza di packaging di HSV-1 ed il gene da
inserire. Il tutto viene inserito in una linea cellulare infettata da un
virus helper contenente i geni regolatori e strutturali mancanti.
Il secondo approccio consiste nell'uso d'un virus ricombinante
ottenuto eliminando uno o più geni precoci immediati e facendo
produrre le particelle da cellule esprimenti le proteine mancanti.
Questo approccio è gravato dal fatto che il vettore così prodotto
risulta essere neurotossico.
Vettori retrovirali
• Vettori Retrovirali e Lentivirali I vettori retrovirali derivano
principalmente dall’oncoretrovirus MoLV (“Moloney Leukemia Virus”).
Questi vettori sono stati tra i primi ad essere sviluppati, grazie alla
relativa semplicità di costruzione, alla loro capacità di trasdurre un’ampia
varietà di tipi cellulari integrandosi all’interno del genoma e alla loro non
patogenicità per l’uomo. Questi vettori sono in grado di accogliere fino a
circa 7Kb di DNA esogeno contenente il transgene. Nonostante questi
vantaggi, la divisione cellulare è un requisito indispensabile per
permettere a questi vettori di trasdurre la cellula e di integrare il genoma
e questo limita il loro utilizzo a bersagli cellulari che naturalmente o
artificialmente siano in attiva proliferazione.
Per ovviare a questo problema, si è pensato di costruire vettori derivati
dalentivirus, comeHIV. A differenza deglioncoretrovirus, per i quali la
divisione cellulare rappresenta un requisito indispensabile per
l’integrazione nella cromatina della cellula infettata, i lentivirus hanno
sviluppato l’abilità di integrarsi anche nella cromatina di cellule non
proliferanti, grazie alla capacità del provirus di attraversare la membrana
nucleare.
•Tramite tre generazioni di progressive modifiche e miglioramenti si è giunti ad
un vettore lentivirale costituito da meno del 10% del genoma virale iniziale in
cui sono presenti solo le sequenze necessarie a retrotrascrivere, trasferire ed
integrare la cassetta di espressione nelle cellule bersaglio e sono assenti i geni
per le proteine virali patogene. La costruzione di questi vettori ha raggiunto
buoni livelli di biosicurezza, grazie anche all’inattivazione del promotore virale
originale presente nelle LTR. I vettori lentivirali hanno dimostrato una buona
efficienza di trasduzione sia in vitro sia in vivo, affiancando alle qualità dei
vettori basati su oncoretrovirus la capacità di trasdurre cellule non in attiva
proliferazione, come ad esempio gli epatociti (cellule del fegato), le cellule
muscolari e le cellule staminali emopoietiche.
Uno svantaggio dei vettori derivati da virus integranti come MoLV o HIV è
rappresentato dal fatto che l’integrazione nel genoma avviene in modo non
controllato e questo può comportare fenomeni di mutagenesi inserzionale. Può
infatti accadere che il vettore si inserisca all’interno di un gene cellulare
essenziale, determinandone la perdita di funzione e provocando la morte della
singola cellula. Può anche accadere che il vettore si inserisca all’interno di
genioncosoppressori , inattivandoli, oppure in prossimità di protooncogeni,
alterandone i profili di espressione e potenzialmente attivandoli quando non
dovrebbero esserlo. In uno di questi ultimi due casi, la cellula contenente quella
specifica integrazione potrebbe acquisire un vantaggio proliferativo sulle altre e
dare origine a una popolazione cellulare espansa più prona alla trasformazione
tumorale. I
Mappa genomica di un oncoretrovirus
generico. La parte superiore mostra la
struttura del provirus integrato nel
quale le lunghe sequenze ripetute
terminali (LTR) comprendono al loro
interno le regioni U3,R e U5. Le due
LTR delimitano tre ORF, denominate
gag, pol e env. In basso: RNA
genomico impaccato che manca delle
strutture delle LTR e possiede una
coda di poli_A
Sindbis virus e Semliki forest
virus (alfavirus)
• Famiglia di enveloped virus, avvolti cioè da una
membrana fosfolipidica derivata dalla cellula
infettata che li ha prodotti il cui genoma è formato
da una molecola di RNA a singolo filamento. La
loro replicazione è confinata nel citoplasma, il loro
genoma non si può integrare in quello della cellula
ospite. A partire dal genoma di alfavirus sono stati
sviluppati sia repliconi plasmidici che vettori virali
di trasduzione
Il vettore
pSinRep5
prodotto dalla
Invitrogen,
basato sil
virus Sindbis
Virus del vaiolo vaccino come
vettore
• Poxvirus: struttura complessa e genoma
lineare a doppio filamento lungo fino a 300
kb. Strano per virus a DNA: la replicazione
avviene nel citoplasma piuttosto che nel
nucleo. I costrutti ricombinanti vengono
generati per ricombinazione omologa,
fornendo un plasmide contenente il VGP
fiancheggiato da sequenze virali a cellule
già infettate dal virus.
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