Mobbing, quando il lavoro fa ammalare Per uscirne? La denuncia
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Mobbing, quando il lavoro fa ammalare Per uscirne? La denuncia
18 Sabato, 11 giugno 2011 ComoCronaca L’associazione “No-Mob”. Da tre anni attiva in città Mobbing, quando il lavoro fa ammalare Si tratta di un fenomeno che in Italia riguarda almeno 1 milione e mezzo di persone (circa il 6% della forza lavoro) ed è molto diffuso anche in provincia di Como L a segretaria che viene sovraccaricata di lavoro e di compiti impossibili da portare materialmente a termine o inutili, il capoufficio che si ritrova senza più nessuno da dirigere e senza neppure un incarico preciso per se stesso, l’operaio emarginato e costretto a fare i turni peggiori per avere chiesto maggiori tutele sindacali, l’impiegata che al rientro dalla maternità trova la sua scrivania occupata da un’altra persona ed è relegata ad una mansione secondaria. Sono alcuni casi di mobbing, un fenomeno che in Italia riguarda almeno 1 milione e mezzo di persone (circa il 6% della forza lavoro) e che anche in provincia di Como è diffusissimo in molti ambienti lavorativi nonostante non tutti vogliono raccontare i dettagli della loro storia perché magari le vertenze con i datori di lavoro sono ancora in corso e preferiscono non esporsi ma anche perché gli abusi e le vessazioni sono sempre difficili da dimostrare. Il mobbing è una situazione lavorativa di conflittualità sistematica e persistente in cui una o più persone vengono fatte oggetto d’azioni persecutorie da parte di uno o più aggressori in posizione superiore, inferiore o di parità, con lo scopo di causare alla vittima danni di vario tipo e gravità. Il lavoratore mobbizzato si trova così nell’impossibilità di reagire adeguatamente a tali attacchi e a lungo andare accusa disturbi psicofisici, relazionali e dell’umore che possono portare anche ad invalidità psicofisiche permanenti di vario genere. Proprio con la finalità di aiutare le vittime del mobbing che spesso si trovano in una condizione di isolamento anche al di fuori del posto di lavoro non trovando nessun interlocutore che capisca la loro situazione, da tre anni a Como è attiva l’associazione “No – Mob” che ha la propria sede in via Coloniola 32. “La nostra associazione – precisa Annamaria Fagetti, fondatrice di “No – Mob – offre un servizio di colloqui completamente gratuiti con professionisti delle diverse discipline (medici, avvocati, psicologi) che possono aiutare il mobbizzato a valutare meglio la sua situazione e a conoscere tutte le possibili soluzioni. In qualsiasi momento chi si rivolge a noi può ottenere i preziosi consigli del medico dottor Antonio Paddeu e degli avvocati Grazia Villa e Mario Lavatelli, ma anche dei nostri volontari che hanno già affrontato questi problemi. Quando la vittima del mobbing denuncia il suo stato gli chiediamo di preparare una relazione dettagliata che serve per accertare i fatti con tutte le possibili prove del caso. A questo punto, una volta verificata la condizione del mobbing, fissiamo un appuntamento alla Clinica del Lavoro “Luigi Devoto” in via Santa Barnaba 8 a Milano che è specializzata nella prevenzione, diagnosi e cura delle malattie professionali ed è in grado attraverso una serie d’accurate analisi cliniche e psicologiche di individuare e valutare tutte le patologie provocate dal mobbing che sono reali e dimostrabili clinicamente, certificando il danno biologico del lavoratore che solitamente presenta forme di gastrite o di ulcera, emicrania, palpitazioni cardiache, tremori, attacchi di panico, forte depressione, abbassamento delle difese immunitarie. Viene poi scritta una lettera all’azienda in cui si dà notizia dell’avvenuta certificazione dei danni esistenziali al lavoratore cercando sempre una conciliazione che si risolva in modo accettabile da entrambe le parti. Purtroppo ad oggi il mobbing dal punto di vista legale è difficile da dimostrare davanti alle autorità giudiziarie perché dalla denuncia del lavoratore “mobbizzato” alla convocazione davanti al giudice in media passano uno o due anni e su 10 casi solo 4 o 5 vanno a buon fine e viene rilevato dal giudice un impatto lesivo significativo. Inoltre, occorre che i colleghi siano dei testimoni coraggiosi, ma ciò è difficilissimo. I modelli d’attuazione del mobbing sono però facilmente riconoscibili. Quando un dipendente è oggetto ripetuto di soprusi da parte dei superiori o dei colleghi e in particolare sono messe in atto strategie per isolarlo, non vi è dubbio che si tratti di mobbing. Le forme più comuni di questa azione vanno dalla “dequalificazione” dei compiti assegnati alla persona oggetto della persecuzione, alla sua emarginazione, alla diffusione di notizie false ed offensive che servono a sminuire e strumentalizzare l’operato lavorativo quotidiano”. pagina a cura di paolo borghi Mobbing. Una piaga spesso presente anche dentro enti pubblici I l mobbing è uno strumento che spesso l’azienda usa in maniera deliberata nei confronti dei propri dipendenti e la finalità è generalmente quella di allontanare i lavoratori in esubero inducendoli a dimissioni forzate. In buona parte dei casi l’artefice della persecuzione è lo stesso datore di lavoro ma spesso nelle azioni di mobbing sono coinvolti anche i colleghi delle vittime designate le quali, per compiacere il “capo” si uniscono alla strategia d’isolamento e di vessazioni. Le denunce di mobbing riguardano soprattutto le donne, interessate nel 52% dei casi, e più della metà delle situazioni vedono coinvolte persone impegnate nel campo impiegatizio e con livello d’istruzione medio. Non è però l’azienda privata la “giungla” in cui il mobbing dilaga: ben il 70% delle situazioni rilevate ha, infatti, come scenario le pubbliche amministrazioni che peraltro negano la presenza di tale fenomeno all’interno delle proprie strutture. L’arma più potente che la vittima ha a disposizione nella lotta contro il mobbing è la denuncia. Denunciare una situazione di persecuzione psicologica sul luogo di lavoro non significa necessariamente rivolgersi all’autorità giudiziaria o ai propri superiori. Oltre alla denuncia ufficiale, ci sono altri modi di rivelare il proprio status di mobbizzato e rompere il silenzio del quale il mobbing si nutre: denuncie ai giornali, discorsi in occasioni pubbliche ecc. La denuncia è un atto esplicito compiuto principalmente all’interno dell’ambiente lavorativo con il Per uscirne? La denuncia Non soltanto rivolgendosi all’autorità giudiziaria o agli organismi superiori. Le vie possono essere più diverse per rompere la coltre di silenzi di cui i molestatori si nutrono quale il mobbizzato fa i nomi dei propri persecutori e soprattutto dichiara di non essere più disponibile a sostenere il ruolo della vittima. Per una persona che n’è bersaglio il mobbing è una specie di “stupro morale” al quale si legano sensazioni di vergogna, conseguenze psichiche e fisiche indesiderate, incapacità di raccontare adeguatamente quest’esperienza traumatica, ma è necessario che la vittima impari a trasformare in parole di senso compiuto il dramma che sta vivendo. Parlare di mobbing vuol dire sensibilizzare gli altri, essere un esempio per tutti e così fare il bene di tutti. “Lo scorso mese di ottobre – aggiunge Annamaria Fagetti – il Tribunale di Como ha emesso una sentenza pertinente un caso di mobbing. La parte vincente, il dottor Giorgio Quadri, dirigente medico di ostetricia e ginecologia dell’Azienda Ospedaliera Sant’Anna di Como si rivolse a noi all’inizio del suo calvario e proprio con l’assistenza di uno dei legali facenti parte della nostra associazione, l’avv. Mario Lavatelli, al quale lo indirizzammo, ha conseguito una prima significativa vittoria. Il medico è stato reintegrato nel suo ruolo e rimborsato economicamente per i danni morali subiti anche se, malgrado la vittoria giuridica, sta vivendo nel contesto professionale una situazione pesantissima e insostenibile perché purtroppo questo importante successo non è suffragato da un’inversione d’atteggiamento da parte dei mobbizzanti. Per questo motivo continueremo ad impegnarci affinché sia costituita una commissione anti – mobbing negli enti pubblici soprattutto per riuscire a prevenire e affrontare questo fenomeno e per accelerare la creazione di una legge a tutela del mobbing, legge peraltro già esistente in tutta Europa ma non ancora in Italia”. Chiunque desideri segnalare casi di mobbing o si trovi ad affrontare discriminazioni e umiliazioni sul luogo di lavoro e intende denunciarle, può rivolgersi all’Associazione “No – Mob”mettendosi in contatto con il numero 031-300952 oppure inviando un’e-mail a [email protected].