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the Diversion, as to the Instruction of the
DANIEL DEFOE (1660 – 1731) ROBINSON CRUSOE (1719) PREFACE IF ever the story of any private Man’s Adventures in the World were worth making Publick, and were acceptable when Publish’d, the Editor of this Account thinks this will be so. The Wonders of this Man’s Life exceed all that (he thinks)is to be found extant; the Life of one Man being scarce capable of a greater Variety. The Story is told with Modesty, with Seriousness, and with a religious Application of Events to the Uses to which wise Men always apply them (viz.) to the Instruction of others by this Example, and to justify and honour the Wisdom of Providence in all the Variety of our Circumstances, let them happen how they will. The Editor believes the thing to be a just History of Fact; neither is there any Appearance of Fiction in it. And however thinks, because all such things are dispatch’d, that the Improvement of it, as well to the Diversion, as to the Instruction of the Reader, will be the same; and as such, he thinks, without father Compliment to the World, he does them a great Service in the Publication. Se mai la storia delle avventure di un uomo qualsiasi di questo mondo è stata degna di pubblicazione e, una volta pubblicata, di essere accolta con favore, colui che l'ha data alle stampe è convinto che questa lo sia. Gli eventi straordinari della vita di quest'uomo superano a suo avviso, tutto ciò di cui si sia avuta mai notizia, ed è quasi impossibile che la vita di un singolo individuo possa presentare maggior varietà. La storia è raccontata con accenti sobri e sereni, e con l'intendimento religioso di sfruttare le circostanze così come gli uomini savi se ne servono sempre, cioè per istruire gli altri mediante questo esempio, e per giustificare ed esaltare la saggezza della Provvidenza nelle più svariate congiunture della vita, comunque possano verificarsi. Chi l'ha data alle stampe è convinto che questa storia sia una cronaca di fatti realmente accaduti, e non vi sia in essa traccia veruna di invenzione. Ad ogni modo, il fatto che si tratti di avvenimenti pregressi non muta il valore del racconto, sia per il diletto del lettore, sia per l'insegnamento che gliene può venire. Egli pertanto ritiene, senza ulteriori giustificazioni nei confronti del pubblico, di rendergli un grandissimo servigio nel farlo stampare. Lit & Lab pag. 201 – 202 D. DEFOE – ROBINSON CRUSOE - “I WAS BORN OF A GOOD FAMILY” CHAPTER I - START IN LIFE Io nacqui nel 1632 nella città di York da una buona famiglia che peraltro non era del luogo. Mio padre infatti era uno straniero, di Brema, e in un primo tempo si era stabilito ad Hull. Poi, grazie al commercio, aveva accumulato un ragguardevole patrimonio, cosicché, abbandonati i propri affari, aveva scelto di vivere a York e vi aveva sposato mia madre, appartenente a un'ottima famiglia locale. Mia madre di cognome si chiamava Robinson, e perciò io ebbi il nome di Robinson Kreutznauer; ma siccome notoriamente gli inglesi inclinano a storpiare le parole ora noi veniamo chiamati, ed anzi ci chiamiamo e firmiamo, Crusoe; ed è così del resto che mi hanno sempre chiamato i miei compagni. Avevo due fratelli maggiori, uno dei quali era stato tenente colonnello in un reggimento di fanteria inglese di stanza nelle Fiandre, a suo tempo sotto il comando del famoso colonnello Lockhart, e cadde ucciso a Dunkerque combattendo contro gli spagnoli. Quanto all'altro mio fratello ho sempre ignorato quale si stata la sua sorte, così come i miei genitori non hanno mai saputo quello che accadde a me. Poiché ero il terzogenito e non ero stato indirizzato a un mestiere purchessia, ben presto il mio cervello prese a fantasticare, a sognare di andare in giro per il mondo. Mio padre, che era molto anziano, aveva provveduto a corredarmi di una congrua istruzione, nei limiti normalmente consentiti dall'educazione familiare e dalle modeste scuole di provincia, e intendeva avviarmi alla carriera legale. Ma a me sarebbe piaciuta una cosa sola: navigare; e questa mia aspirazione mi portava a oppormi con tanto accanimento alla volontà, anzi agli ordini di mio padre, e del pari a tutti gli sforzi di persuasione e alle preghiere di mia madre e dei miei amici, che sembrava esservi alcunché di fatale in questa mia propensione istintiva, la quale tendeva direttamente alla vita miseranda che poi mi sarebbe toccata. Mio padre, uomo saggio e grave, si provò con serie ed eccellenti argomentazioni a dissuadermi dal proposito che indovinava in me. Una mattina mi convocò in camera sua, dov'era confinato a causa della gotta, e con molta veemenza mi esternò la sua disapprovazione. Mi chiese quali ragioni avessi, a parte il desiderio di viaggiare per il mondo, di abbandonare la casa di mio padre e la mia città natale, dove non mancavo di opportune entrature e avevo la possibilità di impinguare il mio patrimonio col lavoro e con la buona volontà, e condurre così una vita agiata e serena. Mi disse che il far fortuna con iniziative avventate e acquistar fama con imprese fuori del comune toccava a uomini disperati o a coloro che aspirano per ambizione a raggiungere posizioni superiori alla propria; che si trattava di cose troppo in alto o troppo in basso per me, e che la mia condizione si poneva a un livello intermedio, cioè al gradino più basso fra quelli elevati, ed egli per lunga esperienza lo aveva considerato la miglior condizione di questo mondo, la più idonea a garantire la felicità dell'uomo, non esposta alle miserie e ai sacrifici, alle fatiche e alle angustie di quello strato dell'umanità che deve adattarsi al lavoro manuale, e al tempo stesso libera dalla schiavitù dell'orgoglio, dello sfarzo, dell'ambizione e dell'invidia cui soggiace la classe più abbiente. E aggiunse che potevo valutare la mia posizione dalla semplice constatazione che tutti invidiavano il mio stato; che non di rado persino i monarchi si erano lamentati delle costrizioni dovute a una nascita che destina a grandi gesta e avevano deplorato di non trovarsi in situazione intermedia, tra i due punti estremi: il più piccolo e il più grande; che anche il saggio, quando pregava l' Altissimo acciocché non gli fosse dato di conoscere né la povertà né la ricchezza, testimoniava che in questo stava la vera felicità. 1. Identify the kind of narrator. What perspective does it introduce? The narrator is the protagonist, Robinson Crusoe. His real name is Robinson Kreutznaer turned into Crusoe because of the English corruption of words. He introduces the first-person narrator's perspective. 2. Underline the references to time and place: what are they like? The hero was born in 1632 in York. His father was from Bremen and later settled at Hull. They are realistic and detailed. 3. Focus on the hero: a) What class did he belong to? The middle class. b) What education did he receive? A competent share of learning; his father wanted him to become a lawyer. c) What were his real interests? Going to sea. d) Did his father approve of them? Why? No, he did not because he had the chance to improve his social condition by application and work. He also thought that the middle state was the best of all. e) How would you define Defoe's style? It is matter-of-fact. f) Can you perceive the writer's aim in this first page of the novel? He wants to exalt the middle class man. Lit & Lab pag. 220 - 221 IT WAS VAIN TO SIT STILL Quando mi svegliai era pieno giorno; il cielo era sereno e la tempesta si era placata, cosicché il mare non appariva più gonfio e scatenato come prima. Ma ciò che maggiormente mi sorprese fu il constatare che durante la notte l'alta marea aveva disincagliato la nave dal banco di sabbia, lasciandola vagare alla deriva e sospingendola verso lo scoglio di cui dicevo poc'anzi: lo stesso contro il quale ero stato proiettato dalle onde e mi aveva ammaccato le ossa. In pratica, si trovava alla distanza di circa un miglio dal punto della costa in cui mi trovavo io, cosicché, vedendo che la nave si teneva ancora ritta in superficie, pensai di tornare a bordo per vedere se mi fosse riuscito di portare in salvo almeno le cose che avrebbero potuto servirmi. Sceso dall'albero che mi era servito da alloggio, volsi attorno lo sguardo e la prima cosa che vidi fu la barca, che si trovava lungo la spiaggia, là dove il mare e il vento ve l'avevano abbandonata, a circa due miglia sulla mia destra. Mi avviai lungo la spiaggia nel proposito di raggiungerla, ma a un certo punto mi trovai davanti a un braccio di mare della larghezza di circa mezzo miglio, che separava la barca da me. Decisi pertanto di tornare sui miei passi, perché al momento mi premeva piuttosto raggiungere la nave, dove speravo di trovar qualcosa per soddisfare le mie immediate necessità. Poco dopo mezzogiorno il mare era molto calmo, e la marea così bassa che potei accostarmi alla nave fino a distarne non più di un quarto di miglio; e questa circostanza valse a ridestare la mia ambascia, perché compresi che se fossimo rimasti a bordo ci saremmo salvati tutti, ed io non avrei patito la suprema, atroce disgrazia di trovarmi totalmente orbato di ogni conforto e compagnia, come invece mi trovavo. Questa considerazione fece sgorgare nuove lacrime dai miei occhi, ma piangere non serviva e quindi decisi di raggiungere la nave, se appena fosse stato possibile; pertanto mi liberai degli abiti, giacché faceva terribilmente caldo, e mi gettai in acqua. Quando però arrivai sotto la nave, mi resi conto di dover affrontare una difficoltà di gran lunga maggiore: quella, cioè, di salire a bordo, perché essendosi arenata, ed emergendo quasi tutta fuori dell'acqua, non c'era nulla a portata di mano cui potessi aggrapparmi. Due volte ne feci il periplo a nuoto, e la seconda volta mi accorsi stupito di non averlo notato prima, di un pezzo di corda che pendeva dalle catene dell'ancora; ed era così basso che, sia pure con grande sforzo, riuscii ad afferrarlo, e servirmene per issarmi fino al castello di prua. Qui ebbi modo di constatare che la nave aveva la carena sfondata e la stiva colma d'acqua, ma che si era incagliata su un banco di sabbia molto compatta, o piuttosto di terra, di modo che la poppa emergeva sollevata sopra il banco, mentre la prua era inclinata fin quasi a sfiorare il livello dell'acqua. Di conseguenza il cassero era emerso e tutto ciò che vi si trovava era asciutto. E logico, pertanto, che per prima cosa io mi preoccupassi di guardarmi attorno e accertare che cosa ci fosse di sciupato e di indenne. E per prima cosa vidi che tutte le provviste della nave erano intatte e che l'acqua non le aveva danneggiate, e siccome non disdegnavo l'idea di mangiare, andai nella cambusa e mi riempii le tasche di gallette e le mangiai mentre ero impegnato in altre faccende, poiché non avevo tempo da perdere. Nella cabina principale trovai anche del rum, e ne bevvi una generosa sorsata, perché avevo bisogno di darmi coraggio e affrontare tutto quello che mi aspettava. Ora l'unica cosa di cui avevo bisogno era un'imbarcazione, per rifornirmi di una quantità di cose che, lo prevedevo, mi sarebbero state di grandissima utilità. Ma era inutile che me ne stessi con le mani in mano, in attesa di ciò che non potevo avere, e l'impellenza estrema mi aguzzò l'ingegno. Sulla nave avevamo un certo numero di pennoni di riserva, uno o due alberi di gabbia e certi grandi pali di legno. Decisi di cominciare da questi e come meglio potei m'ingegnai (erano pesantissimi) a gettarli in mare legandoli l'uno all'altro con una fune perché la corrente non li disperdesse. Dopo di che mi calai lungo il fianco della nave, li tirai verso di me e li unii alle due estremità quanto più saldamente potevo per formare una specie di zattera; e dopo averci posato sopra, in senso trasversale, due o tre brevi assi di legno, constatai che potevo camminarci sopra senza difficoltà, ma che non avrebbe potuto reggere un grosso peso perché il legname era troppo leggero. Mi misi dunque al lavoro, e con la sega da carpentiere tagliai in tre pezzi uno degli alberi di gabbia di riserva, e con grande fatica riuscii ad aggiungerli alla zattera; ma la speranza di provvedermi del necessario mi stimolava a fare più di quanto non sarei stato in grado di fare in circostanze normali. EX 1: What would you do if you were shipwrecked on a desert island and found yourself in Robinson’s situation? What would you miss most? What do you think you would appreciate? CONTENTS EX 2. Find references to the setting in time and place. It is day, the weather is fine. At first Robinson is on the tree, then he goes to the shore and swims in the sea. EX 3. Read the text carefully and write down a heading for each paragraph. 1. Robinson wakes up and, after remembering the terrible experience of the night before, decides to reach the ship. 2. He finds out that he cannot reach the boat he wanted to use to get provisions from the ship. 3. He succeeds in swimming to the ship and finds tools, clothes and food. 4. He builds a raft to carry the provisions onto the shore. STRUCTURE AND STYLE EX 4. Answer the following questions. 1. Who tells the story? Robinson himself tells the story. 2. What do you call the kind of narrative technique in which the narrator and the protagonist are the same person? It is a first-person narrative in diary form. Ex 5. How are the events described? Tick as appropriate. a) Through flashbacks. b) In chronological order. c) Through flash-forwards. EX 6. Focus on the character of Robinson. He manages to overcome the obstacles he is faced with thanks to his physical and rational efforts. 1. Provide examples of his efforts by quoting from the text. I walked as far as I could (lines 11-12); I came back (line 13); I could come within a quarter of a mile of the ship (line 17); I pulled off my clothes and took the water (lines 22-23); I swam round her twice (line 26); with great difficulty I got hold of it (line 28); I flung as many of them over boards as I could (line 44); I ty'd ... as well as I could (lines 46-47); I went to work (line 50); with a great deal of labour and pains (lines 51-52). 2. What words underline Robinson's struggle? "As well/many as I could". Does Robinson have time for intellectual speculations? No, he has not. He acts in a very practical way. 3. There is a moment when he seems upset. Find where this happens and explain the reasons for his sadness. How does he end his reflection? Lines 18-22. Robinson gets upset when he realises that if all the crew had got on board the boat they would have probably been safe. He ends his reflection when he sees that it is useless to grieve over past mistakes. 4. What kind of man is Robinson? Write a short paragraph. Student's writing activity. Suggestion: Robinson has a rational attitude and a practical mind. He is not inclined to admire the charm of nature or to daydream; he, is active and ready to react to difficult situations. EX 7. The two main lexical items in this extract are the sea and the ship. What are they connected with? The sea: It is connected with the idea of the shipwreck, with hostile nature, especially in the first paragraph. Also in the following paragraph it is connoted as something which separates Robinson at first from the ship and then from the land. The ship: It represents what remains of Robinson's old world, it is a link with civilization, a source of materials, a means to survive. EX 8. The relationship between Crusoe and the nature surrounding him is underlined in the text. How does he view nature? As something to control and manipulate to his own advantage. EX 9. Explain how Robinson's approach to his new condition reflects the ideology of the eighteenth century. Suggestion: The way Robinson tries to solve his problems reflects the ideology of the rising middle class in the Augustan Age in Britain. His account is characterised by reasoning and deduction; his actions are not driven by instinct but are the result of a logical process. He has the pragmatic and commercial attitude of rising capitalism and values actions according to their utility. THE UNEVEN STATE OF HUMAN LIFE Da Lit & Lab pag. 220 - 221 Che strano intrico di contraddizioni è la vita dell'uomo nella trama della Provvidenza! E da quali stimoli misteriosi e contraddittori sono mossi i nostri sentimenti, col variare delle circostanze esterne! Oggi amiamo ciò che domani odieremo; oggi cerchiamo ciò che domani eviteremo; oggi desideriamo ciò che domani paventeremo, ed anzi ci farà tremare di terrore al solo pensiero. Di tutto ciò io ero, in quel momento, un esempio lampante: poiché io, la cui unica pena era quella di vedermi bandito dal consorzio umano, di essere solo su un'isola sperduta negli sconfinati spazi dell'oceano, di essere escluso dal resto dell'umanità e condannato a quella che ho definito una vita di silenzio; io che vivevo come se il Cielo mi giudicasse indegno di essere annoverato fra gli esseri viventi o di mostrarmi con le altre Sue creature; io che, vedendo un altro esemplare della mia stessa specie, mi sarei sentito rinascere dalla morte alla vita, mi sarebbe sembrato di fruire della più grande benedizione che il Cielo stesso, dopo il dono supremo della salvezza eterna, potesse accordarmi; io stesso, dicevo, adesso tremavo per la paura di vedere un altro essere umano, e avrei voluto sprofondare sotto terra solo a causa di un'ombra, della silenziosa e intangibile presenza di un uomo che aveva lasciato l'impronta del suo piede sull'isola. Tale è il mutevole fluire della vita umana; e per me fu motivo di molte, singolari riflessioni che feci in seguito, quando mi fui alquanto ripreso dallo sbigottimento iniziale. Pensai che questa era la condizione di vita per me decretata dalla divina Provvidenza, nella Sua infinita bontà e saggezza; e non potendo io prevedere quali scopi la saggezza di Dio si prefiggesse in tal modo, non dovevo contestare la Sua sovranità, che esplicava un indubbio e assoluto diritto, in forza della Creazione, di governarmi e disporre di me Sua creatura come meglio stimava opportuno; e che inoltre, essendo io una creatura che Lo aveva offeso, Egli aveva il potere e di giudicarmi e condannarmi a qualsiasi pena reputasse appropriata; e che era mio dovere sottomettermi alla Sua collera, perché avevo peccato contro di Lui. E riflettei altresì che Dio, essendo non solo giusto ma onnipotente, come aveva giudicato opportuno castigarmi in tal modo e farmi patire tante afflizioni, così aveva il potere di liberarmi; e se invece non avesse ritenuto di farlo, era mio incontestabile dovere rassegnarmi ciecamente alla Sua volontà; d'altro canto era del pari mio dovere riporre in Lui ogni mia speranza, rivolgerGli la mia preghiera e accettare in serenità i dettami e i decreti della Sua quotidiana provvidenza. Rimasi assorto in codesti pensieri per molte ore, per molti giorni e anzi, potrei dire per settimane e mesi; né posso sottacere di un particolare esito sortito dalle mie meditazioni. Una mattina, di buon'ora, mentre me ne stavo a letto in preda all'angoscioso pensiero del pericolo che incombeva su di me a causa di quei selvaggi, mi resi conto che quell'incubo mi turbava in misura soverchia, e mi tornarono alla mente quelle parole delle Sacre Scritture che dicono: «InvocaMi nel giorno del dolore e Io ti libererò, e tu glorificherai il Mio Nome. » Allora di buon animo mi alzai dal letto, il cuore improvvisamente confortato, e spronato a rivolgere a Dio le più ardenti preghiere per la mia liberazione. Dopo aver pregato presi la Bibbia, l'apersi per leggere e le prime parole che si presentarono ai miei occhi furono: « Servi il Signore e sta' di buon animo, ed Egli renderà forte il tuo cuore. In verità ti dico, servi il Signore. » Non posso ridire il conforto che ne attinsi. In risposta, posai il libro, l'animo pervaso da un sentimento di gratitudine, e misi da parte la tristezza, o per lo meno non fui più triste in quella circostanza. CONTENTS 1. Read the first paragraph and say: a) how Robinson defines man's life; As a game of chequer played by providence. b) what examples he provides to explain the concept; He says that man's behaviours are contradictory and change from day to day, for example, today we love what tomorrow we hate. c) what his reasons for being sad are; His reasons are that he is banished and cut off from human society, his loneliness and isolation.. d) how he should feel upon his discovery of the footprint and how he feels instead. He should feel happy about the discovery of the footprint because it may mean the end of his solitude. Instead he feels afraid and in danger. EX 2. Read the next two paragraphs. Fill in the table below with God's rights and Robinson's duties towards him. GOD'S RIGHTS To govern and dispose of Robinson. To condemn him to what punishment he thought fit. He was able to deliver Robinson. ROBINSON'S DUTIES Not to dispute God's sovereignty. To submit to bear his indignation. To resign and submit to his indignation. To hope in Him, to pray Him, to attend the dictates of His providence. How does Robinson regard his shipwreck on the island in the light of God's will? As a punishment for having sinned against God. 3. Read the text to the end and explain what effects the reading of the Bible has on Robinson. It cheers him up, it comforts, guides and encourages him to pray. STRUCTURE AND STYLE 4. A confrontation. While T68 (“It Was Vain To Sit Still”) focuses on Robinson's pragmatic outlook, this passage reveals another aspect of his character. Explain' what it is and underline the verbs and phrases that show it. Robinson is here more thoughtful and inclined to speculation. The passage is full of verbs or phrases referring to thought: a great many curious speculations (lines 21-22); I considered (line 23); I then reflected (line 31); These thoughts took me up many hours (line 37); filled with thought (line 39). EX 5. Trace the features of the Puritan mind that are present in the text. The concept of salvation (line 17), the search for God's will in everyday events and in the reading of the Bible; the idea of sin (line 30). Da Lit & Lab pag. 223 - 224 MAN FRIDAY Era un uomo aitante, di bell'aspetto e di membra robuste e proporzionate: dritto e saldo, ma non troppo grosso, alto e ben fatto. A mio parere doveva avere circa ventisei anni. La sua espressione non era torva e feroce, ma al contrario appariva bonaria; e nondimeno il suo volto appariva marcatamente virile, pur recando in sé la fisionomia dolce e mite che può avere, nei suoi lineamenti, un europeo, soprattutto quando sorrideva. Aveva i capelli neri e lunghi, niente affatto crespi e lanosi; la fronte era molto alta e spaziosa e gli occhi brillavano, vivi e perspicaci. La pelle, pur non essendo nera, era molto scura; ben diversa, però, dal colorito giallognolo e disgustoso che hanno i Brasiliani, gli Indiani della Virginia e gli indigeni di altre regioni americane. Questa carnagione era di un bruno olivastro, assai difficile a descriversi ma di aspetto molto piacevole. Il volto era tondo e paffuto; il naso piccolo e non camuso come quello dei negri, una bocca di linea normale, con labbra sottili e bellissimi denti regolari, candidi come 1'avorio. In verità, più che dormire sonnecchiò per una mezz'ora. Dopo di che si svegliò e mi raggiunse fuori della caverna, dove nel frattempo io avevo munto le capre che tenevo nel recinto, poco discosto. Nel vedermi, mi corse incontro, e ancora una volta si prosternò ai miei piedi, profondendosi in tutti i gesti possibili e immaginabili, atti a dimostrare la sua umiltà e la sua gratitudine, e facendo una quantità di buffi gesti per attestarmi questo suo sentimento. Alla fine, come aveva fatto in precedenza posò la fronte contro il suolo e premette un mio piede sopra il suo capo; dopo di che riprese la sua mimica volta a dimostrarmi la sua sottomissione, soggezione e volontà di obbedienza, e per farmi capire che intendeva servirmi fino alla morte. Riuscii a comprendere il significato di quasi tutto quel suo gesticolare, e a mia volta gli lasciai intendere che ero molto soddisfatto di lui. Subito dopo incominciai a parlargli e a insegnargli a parlare, e per prima cosa gli spiegai che il suo nome sarebbe stato Venerdì, perché venerdì era appunto il giorno in cui gli avevo salvato la vita. Lo chiamai così a ricordo dell'avvenimento. Parimenti gli insegnai a dire « Padrone » e gli spiegai che questo era il nome col quale doveva rivolgermi la parola. Poi gli insegnai a dire « sì » e « no », illustrandogli il significato di queste due parole. Gli diedi un poco di latte versandolo in una ciotola di terracotta, e prima gli mostrai come facevo a sorbirlo e ad inzupparvi il pane. Gli diedi una pagnotta perché facesse la stessa cosa, ed egli eseguì prontamente; anzi mi fece segno che quel cibo gli piaceva molto. Rimasi con lui la notte, ma non appena fu giorno gli feci cenno di seguirmi, facendogli capire che intendevo trovargli qualche indumento. Lui parve compiacersene, giacché in effetti era del tutto nudo. Quando arrivammo al punto in cui aveva seppellito i due cadaveri, me lo indicò con esattezza, mostrandomi certi segni che aveva lasciato per ritrovarli e facendomi capire che dovevamo dissotterrarli e mangiarli. Allora io mi mostrai oltremodo adirato, manifestai il mio orrore a un'idea del genere e finsi di esser colto dal vomito al solo pensarvi. Poi con un gesto della mano gli ingiunsi di allontanarsi e proseguire il cammino, cosa che fece all'istante, con assoluta sottomissione. EXTRA TEXT (continuation of the previous passage) From these things I began to instruct him in the knowledge of the true God. I told him that the great Maker of all things lived up there, pointing up towards heaven; that He governs the world by the same power and providence by which he made it; that he was omnipotent, could do everything for us, give everything to us, take everything from us; and thus, by degrees, I opened his eyes. He listened with great attention, and received with pleasure the notion of Jesus Christ being sent to redeem us, and of the manner of making our prayers to God, and His being able to hear us, even into heaven. He told me one day that if our God could hear us up beyond the sun, He must needs be a greater God than their Benamuckee, who lived but a little way off, and yet could not hear till they went up to the great mountains where he dwelt to speak to him. Cominciai a istruirlo nella conoscenza di Dio, del vero Dio. Gli dissi che il sommo Creatore di ogni cosa viveva lassù, e indicai il cielo; che Egli regnava sul mondo con lo stesso potere e la stessa provvidenza con le quali lo aveva creato; che era onnipotente, cioè che poteva darci tutto e toglierci tutto. E così, a poco a poco, gli aprii gli occhi sulla Verità. Venerdì mi ascoltava con molta attenzione, e accolse con gioia 1'idea che Gesù Cristo era stato inviato sulla terra per redimerci, e di imparare il modo di pregare Dio, che riesce a udirci persino dal cielo. Un giorno mi disse che, se il nostro Dio poteva udirci di lassù, più in alto del sole, doveva essere un dio più potente del loro Benamuchi, che non viveva tanto lontano, e tuttavia non riusciva a udire la loro voce se non salivano in cima alle montagne, là ove dimorava. CONTENTS EX 1. Read the text and answer the following questions. 1. What was Robinson doing while the young savage was sleeping? He was milking his goats. 2. What did the young man do when he saw Robinson? He ran to Robinson and lay on the ground to show him his gratitude. 3. What did Robinson call him? Friday. Why? It was the day he had saved him. 4. What English words did Robinson teach him? Master, yes, no. 5. Did he let the man live according to his own people's traditions and customs? Why? No, he abhorred them and wanted to submit Friday. EX 2. Write down the adjectives used to refer to Friday's face and body. Comely, handsome, tale, well-shaped, straight, strong (limbs). Hair: long, black. Forehead: very high and large. Skin: not quite black, tawny, agreeable. Nose: small, not flat. Mouth: good. Teeth: fine, well set, white. a) Are the details stressed by Robinson mainly positive or negative? Positive. b) What leads Robinson to define Friday as 'handsome'? Most features remind him of European people. c) List the other native people mentioned as terms of comparison. Brazilians, Virginians and other natives. EX 3. Focus on Friday's behaviour in lines 16-21. How would you define it? Humble and submissive. What will his relationship with Robinson be like? He regards Robinson as his master. 4. Define what the theme of the passage is.