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Riforma del sostegno: cosa cambierà?

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Riforma del sostegno: cosa cambierà?
Riforma del sostegno: cosa cambierà?
a cura di Enrica Maria Bianchi, Viviana Rossi, Barbara Urdanch
Il 7/10/15 si è svolto al MIUR l’incontro relativo alla delega “Inclusione degli studenti
con disabilità”. Grande attesa, sia da parte dei docenti che da parte delle famiglie
con figli con disabilità, per la modifica di un piano di legge che risale a più di 30 anni
fa. L’integrazione scolastica degli alunni disabili, l’organico dei posti di sostegno e il
ruolo degli insegnanti di sostegno sono temi importanti presi in considerazione nella
legge 107/15 (riforma “Buona scuola”), nei commi 75 e 181.
Uno dei tasselli più importanti della riforma della scuola promossa con la legge 107/15
è costituito infatti dall’intervento sul sostegno, che prevede un notevole
cambiamento nel sistema educativo italiano dell’inclusione degli alunni con disabilità
. L’art. 1 comma 181 c della legge recita:
“ c) promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità e riconoscimento
delle differenti modalità di comunicazione attraverso:
1) la ridefinizione del ruolo del personale docente di sostegno al fine di favorire l’inclusione
scolastica degli studenti con disabilità, anche attraverso l’istituzione di appositi percorsi
di formazione universitaria;
2) la revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di
garantire la continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità, in modo da
rendere possibile allo studente di fruire dello stesso insegnante di sostegno per l’intero
ordine o grado di istruzione;
3) l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, sanitarie e sociali,
tenuto conto dei diversi livelli di competenza istituzionale;
4) la previsione di indicatori per l’autovalutazione e la valutazione dell’inclusione
scolastica;
5) la revisione delle modalità e dei criteri relativi alla certificazione, che deve essere volta a
individuare le abilità residue al fine di poterle sviluppare attraverso percorsi individuati
di concerto con tutti gli specialisti di strutture pubbliche, private o convenzionate che
seguono gli alunni riconosciuti disabili ai sensi degli articoli 3 e 4 della legge 5 febbraio
1992, n. 104, e della legge 8 ottobre 2010, n. 170, che partecipano ai gruppi di lavoro
per l’integrazione e l’inclusione o agli incontri informali;
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6) la revisione e la razionalizzazione degli organismi operanti a livello territoriale per il
supporto all’inclusione;
7) la previsione dell’obbligo di formazione iniziale e in servizio per i dirigenti scolastici e per
i docenti sugli aspetti pedagogico-didattici e organizzativi dell’integrazione scolastica;
8) la previsione dell’obbligo di formazione in servizio per il personale amministrativo,
tecnico e ausiliario, rispetto alle specifiche competenze, sull’assistenza di base e sugli
aspetti organizzativi ed educativo-relazionali relativi al processo di integrazione
scolastica;
L’integrazione degli alunni con disabilità è sempre stata un fiore all’occhiello del
nostro sistema d’istruzione , in quanto Paesi come la Francia, la Gran Bretagna, la
Germania,… iniziano solo ora a compiere i primi passi in materia di inclusione dei
disabili. Importanti sono stati i traguardi dovuti a norme come la legge 517/77 (che
finalmente sancisce il diritto di tutti alla frequenza scolastica), la legge 279/82 (che
istituisce la figura del docente di sostegno alla classe) e la più nota legge-quadro
104/92 (che chiarisce bene i diritti delle persone con handicap, prevedendo già, tra le
altre, figure diverse, come l’assistente all’autonomia e l’assistente alla
comunicazione). Ma una grande rivoluzione nella progettazione dell’inclusione a
scuola si è avuta grazie all’applicazione operativa e nosografica del costrutto di
funzionamento umano, introdotto dall’ ICF (International Classification of
Functioning) dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), che definisce il
funzionamento umano come pluridimensionale, e ad un nuovo approccio di
individuazione precoce delle difficoltà, proprio secondo l’ICF, con la Direttiva
Profumo dei BES (Bisogni educativi speciali).
In un’ ottica sempre più inclusiva, il Miur, il 27/12/2012, ha emanato una direttiva,
a cui è seguita nel 2013 la circolare attuativa (C.M. n.6 del 8/03/13) con l’obiettivo di
tutelare gli alunni e gli studenti con bisogni educativi speciali (cioè che richiedono
una particolare attenzione, in un determinato periodo dell’anno o con continuità, per
differenti motivi). Si è cercato, così, di evitare il rischio di trasformare la natura di
quelle difficoltà che non rientrano nella sfera delle patologie, ma riguardano
piuttosto stili di apprendimento rispecchianti il personale profilo cognitivo di ogni
soggetto.
Un bambino con BES (al di là dei soggetti con DSA) spesso ha una difficoltà di
apprendimento che richiede interventi di “educazione speciale”, che non sempre
però necessitano dell’aiuto di un insegnante di sostegno. “Il Bisogno Educativo Speciale
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è qualsiasi difficoltà evolutiva, permanente o transitoria, in ambito educativo e/o apprenditivo,
espressa in un funzionamento problematico ( come risultato dell’interazione dei vari ambiti
della salute secondo il modello ICF dell’OMS), che risulta tale anche per il soggetto, in termini
di danno, ostacolo o stigma sociale, indipendentemente dall’eziologia, e che necessita di
educazione speciale individualizzata”. (Dario Ianes, Bisogni educativi speciali e inclusione,
Trento, Erickson , 2005) .
L’approccio pedagogico che in Italia ci ha portati fino a qui è basato sull’idea che
nell’azione educativa si deve partire da quello che la persona è o sarà in grado
di fare, non da ciò che non potrà mai fare e che occorre stabilire un linguaggio
comune per la descrizione della salute e delle condizioni ad essa correlate per
migliorare la comunicazione tra gli operatori sanitari, i ricercatori, gli esponenti
politici e la popolazione, incluse le persone con disabilità.
Una vera rivoluzione rappresenta la Proposta di legge n.2444 della Camera della
Fish (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), con la quale si vuol
provare a superare la delega al docente di sostegno e a puntare alla formazione di
tutti i docenti.
Secondo Vincenzo Falabella, Presidente della Fish, “Il numero degli insegnanti di sostegno
attualmente in servizio presso la scuola pubblica è 115.000 (5.000 circa nelle scuole paritarie)
che dovrebbe salire a 117.000. Un numero ritenuto sufficiente a coprire le esigenze di sostegno
che riguardano circa 220.000 studenti con disabilità. Tuttavia vi è una questione cronica:
circa 35.000 di questi insegnanti non hanno mai svolto alcun percorso di formazione o di
specializzazione. La questione non è tanto numerica, ma piuttosto di qualità dell’azione di
sostegno che presuppone preparazione e professionalità che non si inventano.” In tal senso,
anche sulla scia delle novità introdotte dalla norma sulla “Buona Scuola”, FISH chiede
l’attivazione di percorsi di aggiornamento obbligatori in particolare per tutti i neoassunti, ma anche per i docenti già in servizio privi di specializzazione (
http://www.fishonlus.it/2015/09/17/scuola-e-disabili-sostegno-ancora-in-crisi/)
Ma vediamo cosa prevede il nuovo piano di legge del governo, secondo Davide
Faraone, il responsabile scuola per il Pd, che ha criticato lo status quo del sostegno
affermando che è "inutile far sparire le classi "speciali" quando poi, spesso, i corridoi delle
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scuole diventano le classi speciali dove si portano i ragazzi quando non si riesce costruire il
percorso di inclusione" , ha presentato il progetto di riforma del sostegno scolastico
spiegando:
“La proposta fa cardine su quattro aspetti principali:
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formazione degli insegnanti e continuità educativa;
garanzia dei diritti degli alunni;
migliore organizzazione territoriale;
rapporti con le famiglie”.
Grande importanza viene giustamente data alla formazione!
La ricetta del governo passa dalla formazione, afferma infatti Faraone, " è necessaria la
formazione degli insegnanti e una conoscenza delle singole disabilità. (…) Non è un problema
di ore o di numeri di insegnanti, su quello ci siamo: abbiamo assunto undicimila insegnanti di
sostegno in più. La vera sfida è la qualità (…). In questo senso bisogna agire con la formazione
"sul sostegno stiamo agendo a 360 gradi".
Una formazione maggiore per gli insegnanti specializzati sulle diverse forme di
disabilità (per la definizione del ruolo del personale docente di sostegno, nel punto 1,
si ipotizza l'istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria), ma anche
per i dirigenti scolastici e per gli insegnanti curricolari, per i quali, nel punto 7,
viene previsto l’obbligo di formazione iniziale e in servizio sugli aspetti
pedagogico - didattici e organizzativi dell'integrazione scolastica.
Con norme apposite si intende garantire anche la continuità educativa (indicata nel
punto 2) in modo da rendere possibile allo studente di fruire dello stesso
insegnante di sostegno per l'intero ordine o grado di istruzione, affiancandola, dove
è necessaria, con l’assistenza nell’istruzione domiciliare, grazie ad una sempre
migliore sinergia tra scuola, famiglia e organismi territoriali di supporto all’inclusione.
Ed è proprio la necessità di garantire la continuità del diritto allo studio degli
alunni con disabilità che ha creato maggiore preoccupazione negli insegnanti di
sostegno. Ottimo per lo studente, se il docente è preparato per seguirlo in tutto il
suo percorso scolastico; può creare, invece, qualche problema all’insegnante, se visto
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come un vincolo che renderebbe più difficile il loro movimento in scuole a loro più
congeniali, bloccandoli in sedi magari disagiate.
Malgrado queste importanti disposizioni che, una volta attuate, saranno causa di
grandi cambiamenti per i docenti di sostegno e non solo, coinvolgendo in maniera
sempre più diretta anche gli insegnanti curricolari e i dirigenti scolastici, molti
interrogativi rimangono ancora senza risposta su ruolo, titolarità e mobilità.
Sono previste importanti e sostanziali novità anche per le modalità e i criteri
relativi alla certificazione, per i quali, nel punto 5, si auspica una revisione al fine
di individuare percorsi individualizzati funzionali alle esigenze degli alunni disabili,
con l’obiettivo di valorizzare le loro potenzialità e sviluppare le loro abilità. Anche
perché la scuola non sempre è a misura di disabile, ma è il disabile a
dimensionarsi ad essa. Un esempio: oggi il numero di ore massimo, detto rapporto
1/1, concesso agli alunni disabili “gravi o gravissimi” non rispecchia il diritto allo
studio e all’integrazione dell’alunno ma viene tarato sul monte ore massimo riferito
al CCNL del docente.
Risultano previste, quindi, importanti e sostanziali novità:
- sia per la definizione del ruolo del personale docente di sostegno, per il quale,
nel punto 1, si ipotizza l'istituzione di appositi percorsi di formazione
universitaria
- sia per le modalità e i criteri relativi alla certificazione, per i quali, nel punto
5, si auspica una revisione per definire percorsi individualizzati funzionali alle
esigenze dei diversi alunni disabili, con l’obiettivo di valorizzare le loro
potenzialità e di sviluppare le loro abilità.
Il nuovo insegnante di sostegno si dovrà far carico di maggiori mansioni
organizzative, essendo presente in tutte le parti del processo di inclusione, e di
maggiori responsabilità , compresa la predisposizione di piani personalizzati, con
ben indicati tutti gli strumenti di lavoro utilizzabili nelle molteplici situazioni
problematiche.
In ogni caso bisognerebbe pensare alla scuola come comunità educante e
inclusiva, dove sia possibile costruire le condizioni per una co-progettazione
educativa (tra insegnante curricolare, di sostegno, mediatori culturali, genitori,
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operatori dei servizi) che funzioni come processo educativo che fa crescere tutta la
comunità.
L’insegnante di sostegno non deve essere uno specialista delle varie tipologie di
disabilità, ma un tecnico della mediazione che sa costruire percorsi individualizzati e
personalizzati.
La conoscenza della varie tipologie di disabilità
deve fare parte di un patrimonio che si acquisisce anche attraverso l’esperienza, ma
la cosa più importante è la capacità di fornire risposte pedagogiche adeguate,
“andando a caccia” di capacità e potenzialità e non solo di sintomi e incapacità. Non
sono pochi coloro che sostengono che, invece, negli anni, abbiamo assistito sempre
più spesso al semplice inserimento degli alunni disabili nelle classi, con studenti e
insegnanti sganciati dalle attività didattiche ordinarie (ne è una conferma
l'istituzione della aule di sostegno nelle scuole), conseguenza il più delle volte della
mancanza di cooperazione pedagogica e progettuale tra l'insegnante della disciplina (
visto come l'insegnante della classe e non dell'alunno disabile) e il docente
specializzato (visto come l'insegnante del disabile e non di tutta la classe!)
“Sono un’insegnante di sostegno , racconta la Prof.ssa specializzata Daniela Boscolo,
inserita, dalla Varkey Foundation, nella lista dei 50 “migliori” insegnanti al mondo, e
posso dire che al di là delle poche risorse, quello che fa più male è l’indifferenza, l’isolamento
(la classe differenziale è stata sostituita dall’aula di sostegno), l’inadeguatezza professionale di
troppi docenti che considerano lo studente con disabilità “un corpo estraneo” rispetto alla
classe, un “soggetto” la cui istruzione spetta al docente di sostegno e all’eventuale operatore
sanitario, certamente non a loro. Poi c’è la sufficienza con cui vengono trattati i ragazzi con
disabilità ai quali, in alcune realtà, sembra venga fatto un grosso favore “accoglierli” e così i
genitori entrano a scuola in punta di piedi, chiedendo il permesso. Si accontentano, di un
orario ridotto: massimo 9 ore di sostegno, alle superiori, su 32 ore di scuola a cui si sommano
eventualmente quelle 4/5 ore degli operatori socio sanitari. Se poi manca il docente di
sostegno o l’operatore sono subito pronti a portare via i loro figli o a tenerli a casa perché non
vogliono essere di peso a nessuno e, d’altra parte, non vogliono che i loro figli facciano da
tappezzeria in una scuola che non è in grado, per diverse ragioni, di “accoglierli”
dignitosamente (l’inclusione è altra cosa). (…) Quello che invece serve è una maggiore
dimestichezza con i diversi metodi e approcci di insegnamento (utilissimi con tutti gli
studenti), inclusi strumenti e modalità di comunicazione per determinate tipologia di
disabilità. D’altra parte noi siamo docenti, la scuola non è un ospedale né un centro diurno
come qualcuno vorrebbe diventasse con l’insegnante specializzato trasformato in una specie di
balia con l’unico compito di contenere la persona con disabilità. Noi siamo professionisti
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dell’apprendimento/insegnamento e tali dobbiamo rimanere, senza confonderci con altre figure
che già intervengono, con ruolo diverso e non solo a scuola, nel Progetto di Vita dei ragazzi
con disabilità (operatori socio sanitari, operatori per le disabilità sensoriali, ecc….).”
Tutto ciò che è stato detto finora fa pensare che l’importante partita che si sta
giocando oggi sul sostegno possa essere anche rivelatrice della partita che si sta
giocando sul futuro della scuola italiana.
Per il futuro della nostra scuola , suggerisce lo studioso Charles Gardou nel suo
libro “La società inclusiva” ,“ Bisogna impegnarsi a rendere più confortevole l'esistenza, a
umanizzare per tutti, partendo dal principio universale di accessibilità e dal concetto di qualità
della vita. (…) siamo fatti per vivere insieme, quello che è facilitante per gli uni è benefico per
gli altri. (…) Riconoscere il diritto alla singolarità , anche nelle sue espressioni talvolta
estreme; autorizzare ognuno a portare al bene comune la propria biografia originale; darsi
reciprocamente, con il legame sociale, una appartenenza all'Universale (…).”
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