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Rivista dell`istruzione
Sommario Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Il punto Valutare e (è) assegnare valore..................................................................................6 di Franco De Anna Dossier: “Nasce il sistema nazionale di valutazione’” La valutazione come responsabilità pubblica........................................................11 di Franco De Anna Autovalutazione vs burocrazia? Un percorso verso la qualità ............................16 di Paolo Senni Guidotti Magnani, Nerino Arcangeli, Sheila Bombardi Focus: “L’autovalutazione in tre mosse” Indicatori: una certa idea di scuola.........................................................................21 di Mario Castoldi Leggere e interpretare i dati raccolti.......................................................................26 di Mario Castoldi Individuare le priorità strategiche...........................................................................31 di Mario Castoldi Gli apprendimenti Le prove Invalsi nell’autovalutazione .....................................................................37 di Aurelia Orlandoni Valutare gli apprendimenti a scuola........................................................................43 di Silvana Mosca Valutazione esterna Valutazione esterna e peer review..........................................................................49 di Vito Infante Il miglioramento Le strategie per il miglioramento............................................................................54 di Dino Cristanini Sostenere il miglioramento: la figura del consulente ...........................................59 di Massimo Faggioli La rendicontazione pubblica L’obbligo di pubblicazione del RAV.........................................................................65 di Angela Martini Il dialogo tra scuola e società attraverso il bilancio sociale.................................72 di Fabrizio Ferrari Professionalità Il dirigente scolastico nel processo di autovalutazione........................................76 di Giorgio Cavadi Il coordinatore dei processi di autovalutazione.....................................................81 di Tommaso Agasisti Governance Un percorso formativo..............................................................................................85 di Daria Giunti, Mario Maviglia, Mario Martini Riflettere sui processi valutativi..............................................................................90 di Sebastiano Pulvirenti 4 Fare rete per l’autovalutazione................................................................................95 di Mirella Paglialunga Saperi di cittadinanza Si possono valutare le competenze di cittadinanza?............................................99 di Bruno Losito Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 La cultura delle scuole Educazione al patrimonio e al paesaggio.............................................................105 di Mario Calidoni Strumenti e cultura della valutazione La valutazione come processo cooperativo tra insegnanti................................110 di Enrica Dondero Indicatori e descrittori per il Rapporto di Autovalutazione.................................115 Estratto dal Documento Miur-Invalsi Letti per voi “Non dobbiamo tacere”..........................................................................................119 di Cinzia Mion La scuola come avventura pedagogica................................................................120 di Maurizio Muraglia Osservatorio giuridico Servizi educativi: tipologie di gestione.................................................................122 di Loredana Bondi Dal palazzo... Standard minimi per l’orientamento nel sistema scolastico..............................127 di Flavia Marostica Immagini Io amo i beni culturali.............................................................................................133 di Valentina Galloni Hanno collaborato Tommaso Agasisti Nerino Arcangeli Sheila Bombardi Loredana Bondi Mario Calidoni Mario Castoldi Giorgio Cavadi Dino Cristanini Franco De Anna Enrica Dondero Massimo Faggioli Fabrizio Ferrari Valentina Galloni Daria Giunti Vito Infante Bruno Losito Flavia Marostica Angela Martini Le immagini di questo numero di Rivista dell’istruzione sono tratte dalla pubblicazione: “Io amo i beni culturali. Concorso di idee per la valorizzazione dei beni culturali. I progetti vincitori della terza edizione. A.s. 2013-14”. Il concorso è promosso da IBC - Istituto per i beni culturali e dall’Assessorato scuola, formazione professionale, università e ricerca, lavoro della Regione Emilia-Romagna. Nel contributo di Valentina Galloni in questo numero sono illustrate le caratteristiche del concorso per le scuole. Mario Martini Mario Maviglia Cinzia Mion Silvana Mosca Maurizio Muraglia Prossimamente... Aurelia Orlandoni • Il curricolo verticale per competenze Mirella Paglialunga • Saperi, discipline, trasversalità Sebastiano Pulvirenti • Certificare le competenze, ma come? Paolo Senni Guidotti Magnani • Un liceo in 4 anni? • Organico funzionale ed autonomia “vera” • Costruire il portfolio professionale 5 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Valutare e (è) assegnare valore di Franco De Anna Il punto La valutazione come ricerca La valutazione (Misurare ed elaborare giudizi) richiede un continuo affinamento di strumenti e di teorie interpretative 6 Al di là del merito di singole questioni, attendere di avere un ‘progetto perfetto’ sulla valutazione di sistema prima di iniziarne la costruzione rischia di diventare solo un alibi politico-culturale. Non è realismo politico o ‘impazienza’ riformatrice a ispirare tale atteggiamento, ma una più sostanziale considerazione della dimensione di ricerca che non può che accompagnare ogni modello e ogni protocollo di valutazione. Non ce ne sarà mai uno ‘perfetto’, e soprattutto all’inizio della sua storia. Un aforisma molto diffuso nel mondo dell’impresa recita, pressappoco, che “non esiste cultura avanzata di impresa che non affermi la necessità di un sistema di valutazione (del personale, dei processi, dei prodotti), ma non c’è impresa che sia pienamente soddisfatta del modello che usa”. Dunque la dimensione di ricerca accompagna sempre l’impegno valutativo. Ci sono molte ragioni, ma una è essenziale: l’attività di valutazione implica sempre due componenti: la misurazione e l’elaborazione del giudizio. È del tutto evidente che si tratta di componenti che non sono immobili e definite una volta per tutte. Gli strumenti di misura vanno affinati in continuazione, come in ogni impresa scientifica, e il percorso inferenziale-diagnostico è naturaliter legato alla variabilità, sia degli oggetti e dei fenomeni, sia delle teorie interpretative che consentono di costruire la “inferenza alla migliore spiegazione” (cfr. H. Putnam, J. Ritchie, M. Ferraris et al. a scelta). Per completare il ragionamento: meglio strumenti semplici e pensieri complessi; il contrario (strumenti sempre più complessi e pensieri rudimentali) rende inefficace ogni ipotesi valutativa. Assumere come appropriata e inevitabile la dimensione di ricerca è un prerequisito per affrontare adeguatamen- te il compito di ‘tradurre’ in realtà (tradurre è sempre un po’ tradire...) l’obiettivo di costruire un Sistema di valutazione nazionale (SNV) per il Sistema educativo di istruzione e formazione del nostro Paese; se non ad altro, è utile a evitare i rischi di un ‘riduzionismo tecnico’ sempre in agguato. Valutare è sempre ‘assegnare valore’; qualche cosa di più complesso del reperire dati, o compilare un questionario, o un report (pure necessari). Esplorare l’intera matrice valutativa L’impresa che si sta avviando ha un primo e fondamentale elemento di apprezzamento; rispetto a precedenti approcci sperimentali che hanno interessato aspetti parziali (ipotesi di valutazione dei dirigenti scolastici, modelli valutativi e autovalutativi sviluppati in rete, protocolli di qualità, ecc.) si esercita su una matrice completa: rilevare i livelli di apprendimento, valutare le organizzazioni, valutare i dirigenti scolastici, valutare il personale, individuando i presidii tecnico-scientifici e operativi e le responsabilità del sistema. La valutazione, quali che ne siano gli oggetti, le metodologie, i protocolli, elabora sempre e necessariamente relazioni asimmetriche: è sempre portatrice di fantasmi, ansie, paure, tentativi di fuga, rispetto a chi è valutato. Per contro anima le derive sadiche, pigmalioniche, punitive/risarcitorie o collusive, per chi valuta: fantasmi capaci di disattivarne l’efficacia sia attraverso l’opposizione pregiudiziale, sia attraverso l’adattamento opportunistico (1). Ogni protocollo valutativo deve avere l’accortezza (la cura, la clinica) neces1)F. De Anna, L’aquila e il cavallo. Ovvero la valutazione dei dirigenti, in www.pavonerisorse.it, 2014. Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 saria per impedire l’azione latente di tali fantasmi, togliendoli dall’ombra e portandoli alla luce del sole. Chi si accinge a costruire un sistema di valutazione deve accortamente farsi carico di tale cura, rielaborando i fantasmi entro la costruzione e socializzazione di significati, almeno compresi, se non condivisi. Tutti sono valutati A livello di sistema un ingrediente per promuovere l’accettabilità sociale e collettiva, se non il consenso, sulla valutazione è quello di esplorarne l’intera matrice: tutti sono valutati, e ciò impedisce, o quanto meno aiuta a disinnescare, la divisione tra vittime e carnefici. Anche solo per tale motivo apprezzo il tentativo che si articola a partire dal regolamento e attraverso la direttiva ministeriale e la successiva circolare, con il panorama complesso che delinea: - autovalutazione e miglioramento, valutazione esterna, valutazione dei dirigenti; - dati, indicatori, report comparabili; - protagonisti, responsabili tecnicoscientifici e operatori ‘sul campo’; - tempistica serrata. Certo si tratta di una condizione potenziale che va attuata nell’iniziativa politico-culturale capace di generalizzare cultura valutativa, disponibilità tecnicoscientifica, assunzione della valutazione come attività ‘normale’ nell’organizzazione dei processi formativi. È un processo di lunga lena, che investe non solo adempimenti e scadenze, ma anche i modelli professionali, la cultura organizzativa delle scuole autonome, le relazioni, le gerarchie di valori riconosciute e agite. Va posta cura in tutto ciò, pena il rischio di annullare le condizioni di ‘accettabilità sociale’ della valutazione provenienti dal modello nel quale ‘tutti sono valutati’; ma l’efficacia di tale attenzione e cura sarà tanto più elevata e pertinente, quanto più acuta e avvertita sarà la consapevolezza degli elementi critici irrisolti che accompagna- no l’impegno della costruzione sistemica del SNV. Anzi l’azione politica, tecnico-scientifica, organizzativa, deve nutrirsi di tale consapevolezza critica. Il punto Valutare le azioni di sistema Rispetto al paradigma ‘tutti sono valutati’ uno di questi punti deboli che vorrei sottolineare è che la matrice della valutazione è esplorata solo nella dimensione orizzontale. Nell’itinerario inferenziale che, partendo dai dati, rielabora diagnosi, manca l’esplorazione verticale della ‘politica pubblica’ interpretata nel sistema di istruzione. Uso qui il termine ‘politica pubblica’ nel suo significato esteso (se cedessi al vezzo anglosassone direi policy, non politcs…). Come si valuta una ‘politica pubblica’? Indico cinque livelli di valutazione. 1. Valutazione dei bisogni ai quali una politica pubblica deve rispondere. 2. Valutazione della teoria (interpretazione, priorità, individuazione degli strumenti) che è sottesa al programma di politica pubblica. 3. Valutazione del processo e dell’implementazione del programma. 4. Valutazione dell’impatto e degli effetti. 5. Valutazione di efficienza nell’esecuzione del programma. Si può ovviamente discutere sul carattere esaustivo di tale stratificazione, ma l’elemento fondamentale è costituito dal fatto che si tratta di livelli posti in gerarchia: il ‘movimento inferenziale’ che parte dai dati raccolti per ciascun livello (che possiede una sua autonomia di ricerca e misurazione) conduce al livello precedente, risalendo la piramide. In sostanza: la ‘spiegazione/valutazione’ per ciascun livello diventa esauriente e interpretata se ci si riferisce al livello gerarchico immediatamente superiore. Ci sono le condizioni sociali e istituzionali affinché la valutazione di sistema sia assunta come attività ‘normale’ nell’organizzazione della scuola Chi valuta i livelli alti? È del tutto evidente che la matrice della valutazione che il regolamento SNV 7 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Il punto Si valuta per decidere meglio, ma i ‘piani alti’ delle politiche pubbliche restano esclusi quasi sempre dal circuito valutativo 8 propone, pur nella sua intenzione apprezzabile di completamento, esplora e solo in parte i livelli 4 e 5 della matrice verticale, almeno per quanto del protocollo è per ora definito. I livelli di testa, quelli che danno significato conclusivo alla politica pubblica, rimangono esclusi da attività valutativa. E poiché si tratta dei livelli di più elevata responsabilità di decisione e gestione di essa, tale mancanza ha riflesso ‘a discendere’ nel validare i risultati valutativi dei livelli successivi. Ciò ha effetti sia culturali (per esempio influenzando il confronto sociale sulla valutazione), sia scientifici, riducendo la stessa significatività di alcune parti del protocollo valutativo che si sta costruendo. Vorrei fare solamente tre esempi che mi consentono anche di chiarire che qui non si tratta di giudizio politico, che ha altre sedi e interpreti, ma di attività valutativa che, sotto il profilo tecnicoscientifico, non può non accompagna- re la ricerca di ‘razionalità decisoria’, pur entro l’autonomia delle scelte politiche, sulle quali, in ultima analisi, dovrebbero decidere gli elettori. Questione 1: rapporto valutazione/premialità Il primo esempio riguarda il livello 2 (la teoria che è posta alla base dell’interpretazione dei bisogni pubblici cui la politica pubblica intende rispondere). In questi anni si è ipotizzata e anche interpretata sperimentalmente una teoria di collegamento funzionale tra valutazione, miglioramento e premialità economica, per quanto riguarda la valutazione sia delle scuole (Vsq), sia degli insegnanti (il modello reputazionale di “Valorizza”). Sappiamo che la proposta di tale nesso funzionale è uno degli elementi di discussione più accesa e ‘incrostata’ ideologicamente, dentro e fuori della scuola. Poiché nessuno sostiene che Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 occorra ‘premiare il demerito’ la contrapposizione è evidentemente altrove e per portarla in evidenza sarebbe di grande utilità un’assennata e trasparente valutazione delle esperienze condotte su quell’ipotesi di rapporto tra valutazione e premialità economica. Esiste per esempio un esauriente rapporto di valutazione della sperimentazione Vsq? Perché non farne oggetto di confronto esplicito? Questione 2: gestione delle risorse finanziarie Il secondo esempio riguarda la gestione delle risorse economiche che rappresenta uno degli elementi di valutazione delle scuole (che per la verità nel Rav si configura, a mio parere, come uno dei punti deboli) (2). Le modalità di trasferimento di risorse pubbliche alle scuole, le regole di gestione via via sottoposte in questi anni ad aggiustamenti/arrangiamenti, hanno prodotto bilanci delle scuole sempre più opachi. L’entità degli avanzi di amministrazione e, nella loro composizione, la presenza di residui attivi molto consistenti e cumulati nel tempo tolgono trasparenza ai bilanci stessi. Non è un problema di ‘pubblicità’. Il comune cittadino o il potenziale ‘donatore’ e finanziatore privato che esaminino il bilancio di una scuola si misurano con un documento che, per quanto pubblico, è di difficile comprensione, e anzi offre una rappresentazione deformata e opaca della situazione economica di ogni scuola. In altri settori crediti ripetutamente inesigibili che gonfiano le entrate sarebbero oggetto di censure drastiche. La valutazione (ripeto, prima di tutto tecnica) di tali componenti della politica pubblica seguita in questi anni nel guidare il flusso delle risorse alle scuo2)F. De Anna, Valutazione delle scuole e dimensione economica dell’autonomia, in www.pavonerisorse.it. le e i modelli di gestione è premessa tecnico-scientifica essenziale per costruire il protocollo di valutazione delle scuole (auto ed etero), e più avanti un appropriato modello di rendicontazione sociale, e più avanti ancora considerando la gestione economica uno degli aspetti fondamentali della valutazione dei dirigenti. Trascurare questi aspetti significa costruire un protocollo valutativo carente in una sua parte essenziale. Tanto è facile trovare accordo sul rivendicare maggiori risorse per la scuola, quanto è assai più impegnativo, e implicante responsabilità, guardare da vicino i meccanismi di gestione. Questione 3: variabili da maneggiare con cura Il terzo esempio si colloca tra il livello 4 e 5 di quelli indicati per la valutazione della politica pubblica, ed è di carattere metodologico. Mi riferisco a una impostazione di tipo controfattuale utilizzata in qualche progetto sperimentale (per tutti l’esempio di Cl@ssi 2.0) e collegata a modelli di ricerca valutativa con individuazione di variabile indipendente (paradigma assolutamente inappropriato in contesto di ricerca sociale). Non metterebbe conto sottolineare la necessità di falsificazione di tali impostazioni se non le si vedesse operative e con grande seguito mediatico e funzioni di orientamento di opinioni, in molte e seguite ricerche sul sistema di istruzione. Esemplari del metodo quelle della Fondazione Agnelli, spesso sponsorizzate (e questo è il punto della questione) dal Miur stesso, se non utilizzate per avvalorare la stessa politica pubblica. Sono solo tre esempi, ma un invito politico (policy…) e culturale: si dà fondamento sociale, e coerenza tecnico scientifica, a un sistema di valutazione se si ha il coraggio di investire progressivamente e in modo coordinato l’intera matrice valutativa, valorizzando le coerenze di metodologie e obiettivi. Il punto I bilanci della scuola presentano una struttura ‘opaca’ tale da rendere difficile una rendicontazione pubblica comprensibile 9 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Il punto La costruzione del sistema di valutazione richiede consapevolezza ‘critica’ delle esperienze già svolte e dei nodi da affrontare 10 La costruzione del SNV: un giudizioso attraversamento Posti in evidenza l’importanza e il valore generale del sistema in fase di partenza e la cui costruzione dovrebbe configurare un impegno costante per (almeno) i prossimi dieci anni per mandarlo a regime e sottoporlo strada facendo a tutti i miglioramenti che saranno suggeriti da ‘scienza ed esperienza’, la prima significativa attenzione va posta a rielaborare la consapevolezza degli elementi critici che accompagnano tanto la modellizzazione sistemica, quanto le condizioni operative che ne condizionano la costruzione reale. Non possiamo né dobbiamo dimenticare che la proposizione della necessità della valutazione (delle organizzazioni e delle persone, a cominciare dai dirigenti) si pose con forza in connessione con l’autonomia delle istituzioni scolastiche. I quindici anni trascorsi sono disseminati e cosparsi di buone pratiche. Ma anche di ‘macerie’ di molte sperimentazioni. Ricordo tutto ciò perché sarebbe pericolosa illusione ritenere che, essendo ‘nuovo’ il modello che si sta costruendo, il terreno di costruzione sia bonificato e ‘vergine’. Al contrario è cosparso di fratture, contraddizioni più o meno sedimentate e stratificate, faglie, dislocazione di interessi e culture. Esserne avvertiti significa non solo poter meglio provvedere a mantenere la rotta, ma anche, o soprattutto, procedere a sanare e superare i punti di rottura e garantirne giudiziosi attraversamenti (3). 3)F. De Anna, Il sistema dell’istruzione e il senso dell’architettura, in www.pavonerisorse.it. www.pavonerisorse.it Franco De Anna Già Dirigente Tecnico presso l’Ufficio scolastico regionale per le Marche [email protected] DO R La valutazione come responsabilità pubblica SSI E Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Dossier di Franco De Anna I riferimenti normativi L’(appena) avviata costruzione del Sistema nazionale di valutazione (SNV) ha tre riferimenti: un regolamento (1) (norma di carattere secondario, il d.P.R. 80/2013), una direttiva ministeriale (priorità, linee guida di carattere politico-amministrativo, la direttiva 11/2014), e una circolare attuativa (amministrazione, la c.m. 47/2014). La funzione istituzionale di tale apparato normativo è (o lo dovrebbe essere) quella di rendere operative scelte compiute da norme di carattere generale che delineano principi e orientamenti di fondo, ai quali l’azione successiva deve perciò ispirarsi con coerenza. Entro tale apparato, tali riferimenti sono per la verità variamente distribuiti sui tre documenti. Chiarezza e semplicità normativa avrebbero in realtà consigliato di concentrarli nel d.P.R. regolamentare… ma questo è un leit motiv ricorrente nella nostra produzione normativa, popolata da lunghe liste di “visto… visto…”, ma che producono aumento dell’oscurità. Non è polemica: richiamo semmai a una richiesta di semplificazione normativa che lo stesso governo rivolge con il suo documento “La buona scuola”. Ne indico solo tre, a mio parere essenziali e critici. Valutazione e autonomia Il primo riferimento è all’autonomia delle istituzioni scolastiche. Non è presente nel regolamento, ma nella direttiva. Naturalmente quello sull’autonomia delle scuole è a sua volta un regolamento, ma ha un riferimento normativo generale di grande portata per qualun1)F. De Anna, Sulla bozza di regolamento per il que ragionamento sul settore pubblico, come la legge 59/1997 (cd. “Bassanini”). Vi è qui una questione di fondo: la valutazione è attività appropriata per qualunque organizzazione voglia ben gestirsi e in tale dimensione è parte della cultura organizzativa. Diviene invece esigenza di sistema quando la ‘produzione’ (organizzazione, risorse, persone) è relativa alla risposta a un diritto di cittadinanza, come l’istruzione, ed è affidata a una pluralità di soggetti che operano come ‘produttori finali’ in rapporto ai cittadini stessi (questa in sintesi è l’autonomia…). Valore pubblico, autonomia, responsabilità rappresentano perciò il treppiede che regge e dà senso compiuto alla costruzione di un sistema di valutazione. E occorre che l’appoggio del treppiede sia equilibrato (i valori della terna operano insieme e senza cedimenti) a scanso di zoppìa o di altra sintomatica di anomalie. Per esempio che la valutazione venga vissuta (vedi i rifiuti pregiudiziali), e a volte predicata (vedi l’abuso di semplificazioni meritocratiche ed economiciste), come una sorta di vendetta o rappresaglia sociale, rispetto a ciò che non funziona o funziona male nel sistema di istruzione (2). Comunque, un ‘certo modo’ di porre la questione della valutazione rischia di apparire, esplicitamente o in modo latente, come correttivo dell’autonomia (vedi oltre sui caratteri dell’autovalutazione). E questo è un rischio che investe l’efficacia stessa del valutare. La valutazione di sistema è una risposta istituzionale all’accresciuta autonomia delle singole scuole I livelli essenziali delle prestazioni Il secondo riferimento è alla legge 2)F. De Anna, La retribuzione dei docenti sistema di valutazione, in www. (merito anzianità e dintorni), in www. pavonerisorse.it. pavonerisorse.it. 11 DO R SSI E Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Dossier La valutazione dovrebbe basarsi sulla verifica del rispetto del livello essenziale delle prestazioni attese di cui però non c’è traccia 53/2003, contenuto sia nel regolamento, sia nella direttiva. La legge detta i principi generali del Sistema educativo di istruzione e formazione e ha attivato normazione derivata lungo tutti questi anni. Delle affermazioni di carattere generale della legge 53 che hanno riflesso sull’impostazione di un sistema nazionale di valutazione sottolineo solo quelle che richiamano la funzione di definire i Lep – Livelli essenziali di prestazione (cfr. legge 59/1997) che vincolano l’operatività del soggetto pubblico, nell’erogazione di servizi corrispondenti a diritti di cittadinanza (art. 117, Cost.). Sotto il profilo della coerenza logica il nesso appare evidente: il livello base di ogni modello di valutazione non può che essere proprio la verifica del rispetto del set di livelli essenziali di prestazione. Al momento, di una definizione di Lep non vi è traccia, nonostante se ne parli da almeno un decennio. Sintomatico il fatto che tale assenza rischi di avere riflessi anche sul fronte della gestione delle risorse: si guardi ad alcune ‘confusioni’ che, in assenza di Lep definiti, rischiano di accompagnare la discussione attuale su un argomento fondamentale, e ‘politico’ come quello dei costi standard. Definire un repertorio di Lep è impresa tecnico-scientifica di grande portata e che richiede rilevazione e analisi sul campo. Si potrebbe metterla in cantiere utilizzando le potenzialità insite in un sistema di valutazione che è accompagnato da un’attività molecolare di rilevazione, misura e diagnosi ‘normalizzata’. Potrebbe essere impegno distintivo in una fase di sistema che parte e si costruisce, anche se consapevole di alcune contraddizioni. Un orizzonte di ricerca fondamentale. La valutazione dei dirigenti 12 Il terzo riferimento è al decreto legislativo 165/2001 (e modifiche) ed è essenziale per formulare un modello di valutazione dei dirigenti scolastici. Si tratta di un elemento del SNV che nella tempistica ipotizzata si pone più in avanti. Ma mi pare necessario richiamare che nel 165 si fa riferimento a compiti, funzioni, responsabilità del dirigente scolastico che non sono riconducibili alla mera gestione dei progetti di miglioramento quali emergano dall’autovalutazione o dalle indicazioni di valutatori esterni, mentre alcune affermazioni dei dispositivi relativi a SNV sembrerebbero invece ipotizzare una ‘riduzione’ della valutazione della direzione scolastica a tale aspetto. Quest’ultimo è evidentemente importante, ma non sufficiente a ricostruire caratteri e qualità della leadership scolastica. Può essere consolante ridurre il repertorio degli oggetti di valutazione. Ma il ‘riduzionismo’ confina con il pericolo di una ‘conformizzazione’ opportunistica di essa (si riempie opportunamente un report…), con effetti più distruttivi di quelli prodotti da una opposizione radicale (3). Invalsi e Indire: solo tecnostrutture? Un ulteriore elemento critico rispetto alle ispirazioni generali, da tenere in vista per esplorare ‘attraversamenti giudiziosi’ mentre si costruisce il sistema, è l’assetto dei due enti di ricerca che ne dovrebbero costituire la ‘tecnostruttura’, e cioè l’Invalsi e l’Indire. Istituzionalmente sono configurati come enti di ricerca di diritto pubblico, con attribuzioni di autonomia coerenti e dunque potenzialmente assai ampie (dall’autonomia statutaria a quella di ricerca, alla gestione economica e organizzativa). Naturalmente se ci si dimenticasse del lungo e non esemplare processo di transizione (incompiuta) che i due istituti hanno attraversato per circa un decennio (compresa la stessa modalità ‘di risulta’ per la definizione statutaria: la si 3)F. De Anna, Valutare i dirigenti della scuola: strumenti, metodologie, sfide culturali, Spaggiari, Parma, 2006. DO R SSI E Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Dossier ricostruisca con una lettura critica dei decreti ministeriali di adozione), non si comprenderebbero alcune contraddizioni tra tali affermazioni di autonomia e la realtà operativa degli istituti stessi. Rilevo solamente che su quelle contraddizioni si iscrivono le difficoltà che gli Istituti incontrano rispetto a un obiettivo che a mio parere ha il massimo grado di priorità ‘politica’ per gli istituti stessi e per il successo della loro mission: riuscire a fidelizzare le scuole e il personale della scuola, anche superando la distorta immagine di essere strumenti passivi del ministero e delle ‘sue politiche’. La visione strategica Ci sono almeno due orizzonti da esplorare: il primo è nello stesso dettato statutario. Come tutti gli enti di ricerca di diritto pubblico anche Invalsi e Indire devono dotarsi di un Documento di visione strategica a cadenza decennale (altro che dipendenza ‘ministeriale’…) e di un Piano triennale di attività coerente con il primo. Ne facciano oggetti di confronto politico-culturale allargato all’intero sistema, anche solamente per dare rilievo al fatto che ciò di cui si occupano non ha i tempi della ‘politica politicata’ ma un orizzonte ben più impegnativo e di lunga durata. La governance Secondo invito: esplorino la possibilità di essere interlocutori della governance del sistema di istruzione, della quale il Miur è soggetto fondamentale ma non unico. Il sistema delle autonomie locali, dei Comuni, delle Regioni è intrinsecamente interessato alla valutazione delle scuole, non fosse altro per il contributo economico che danno alla loro gestione e per essere ‘fruitori’ del capitale sociale che l’attività delle scuole promuove (si pensi anche solamente all’intersezione tra il Sistema regionale della formazione professionale e l’istruzione superiore...). Ma tale interesse non si esprime ovviamente solo nell’essere fruitori dei risultati dei processi valutativi, ma anche nell’esprimere esigenze e possibili ‘sagomature’ degli strumenti e dei processi di valutazione. Se gli Istituti nazionali, in quanto enti di ricerca, e nella loro autonomia, cominciassero a operare come tecnostruttura del sistema di governance potrebbero probabilmente espandere sia il proprio campo di ricerca, sia la propria autonomia, sia il proprio riconoscimento sociale (oltre che meglio interpretare l’art. 117 della Costituzione…). Invalsi e Indire dovrebbero agire con una visione strategica, interfacciandosi con una pluralità di partner 13 DO R SSI E Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Dossier Occorre trovare un equilibrio tra l’esigenza della comparazione di sistema e l’attenzione alla specificità di ogni scuola Lo specchio e la fotografia: (auto)analisi e comparazione La metafora (4) sintetizza la complessa problematica che sorge dal fatto che le scuole in autovalutazione si impegneranno non solo in un protocollo definito dall’esterno e segnato dall’inevitabile esigenza della confrontabilità e della comparazione a livello di sistema, ma soprattutto impegneranno la propria capacità analitica su una messe di dati conoscitivi non rielaborati dall’organizzazione medesima, ma forniti dall’esterno (Miur, Istat, Invalsi stesso). Esiste una differenza, neppure tanto sottile, tra una riflessione su di sé (lo specchio), impegnata in un’osservazione diretta e mirata a cogliere le differenze e specificità individuali (le sperimentazioni autonome e di rete, di autovalutazione), e l’esame di documenti forniti da altri (la fotografia). In parallelo isomorfico è la medesima differenza che intercorre tra un impegno ‘clinico’ di lettura di dati e ricostruzione specifica della diagnosi ‘personalizzata’, e invece l’applicazione di un manuale che ricostruisce standard diagnostici. Il problema è, con tutta evidenza, la possibilità/capacità di trovare equilibrio tra le due esigenze che muovono in direzioni diverse: di avere risultati comparabili e di esplorare le specificità individuali. Ovviamente un estremo (la ricerca di normalità di misure e parametri) rischia di attenuare il valore discriminante della valutazione e dunque di appiattirla nell’omogeneità. All’estremo opposto si rischia di dare al processo valutativo un inaccettabile e infine inutile (per il sistema e il decisore) carattere puntiforme e soggettivo. Si tratta di trovare un assennato equilibrio tra queste esigenze, rammentando però che proprio l’impegno nella ricerca e nel trattamento dei dati, nella scelta degli indicatori nel corso della ricerca autonoma ha costituito il vero valore aggiunto di tante sperimentazioni di autovalutazione condotte dalle scuole e in rete, quale che fosse il modello seguito. Quell’impegno costituisce in sé un indicatore della propensione al miglioramento. Ovviamente non sono da sottovalutare né l’esigenza di confrontabilità e di uniformità del modello di autovalutazione per l’intero sistema né il significato dell’offerta di dati organizzati che il sistema mette a disposizione delle scuole per la compilazione del Rav (Rapporto di autovalutazione), che riequilibra una storica ‘molestia rilevativa’ esercitata sulle scuole da spesso ripetuti e sovrapposti monitoraggi effettuati dal Miur. Semmai occorre prestare attenzione al fatto che il disimpegno nella raccolta dei dati e il lavoro fatto sulla fotografia e non sullo specchio possano favorire proprio la deriva dell’autovalutazione come adempimento. Riempire un report, reperire modalità soft e intermedie per esprimere un giudizio, accettare i dati per come sono, e riproporli come se i dati avessero significato in sé ed esentassero dall’elaborazione del giudizio. Questo è il rischio peggiore. Rendicontazione sociale e pubblicità La realizzazione del segmento “rendicontazione” nel modello di SNV è proiettata nella fase finale della tempistica prevista dalla direttiva 11/2014. Anche in tale caso, dunque, è possibile solo commentare anteprime che filtrano dai documenti, con l’intento di maturare attenzioni critiche e le proposte per evitarne i rischi e conseguenze nella fase più attuale di realizzazione. La rendicontazione sociale è prima di tutto una filosofia (5) che deve (dovrebbe) animare la cultura di un’organizzazione, specie se la sua attività è quella di produrre servizi a un diritto di cittadinanza fondamentale (come l’istruzio- 4)F. De Anna, Lo specchio e la fotografia: a proposito di autovalutazione, in www. 14 pavonerisorse.it. 5)F. De Anna, Autonomia e rendicontazione sociale, Franco Angeli, Milano, 2005. R DO SSI E Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Dossier ne, ma questa filosofia dovrebbe accomunare tutti i servizi pubblici). Una ‘filosofia’ che si materializza nella produzione di un ‘oggetto’ come il bilancio sociale, che diventa punto di incontro e confronto con gli interlocutori diretti di quell’organizzazione. Per la scuola prima di tutto la comunità locale di riferimento, le famiglie, le imprese, il sistema delle autonomie… Stiamo dunque parlando di qualche cosa di più e di diverso dalle semplici trasparenza e pubblicità degli atti e dell’attività di una scuola. Bilancio sociale come processo complesso Il bilancio sociale declina sempre (almeno) due dimensioni: dare conto delle scelte operate, dell’uso delle risorse (di qualunque fonte), del capitale sociale incorporato e prodotto, attraverso una comunicazione non solo trasparente ma esauriente, mirata, interloquente, significativa, con i cittadini, le istituzioni locali e la società civile di riferimento. La seconda dimensione vede il bilancio sociale e l’interlocuzione/confronto che esso determina come un passo fondamentale del circuito della programmazione/riprogrammazione della propria attività. In tale senso è un passo significativo nel determinare le priorità di progetti di miglioramento, e premessa della stessa valutazione esterna. Ed è declinazione compiuta dell’autonomia. Vale dunque anche in tale caso la necessità di individuare un modello di bi- lancio sociale (vi è ampia ricerca sia nell’impresa privata sia negli enti locali); ma con l’avvertenza di non confondere la confrontabilità di un modello con la riduzione di un processo complesso, e che mette in gioco la cultura organizzativa espressa da una scuola, alla compilazione di un report. La pubblicazione di un documento in “Scuola in chiaro”, per quanto utile e doverosa sia in nome della trasparenza, non è rendicontazione sociale. Anche in tale caso occorre usare la ‘partenza’ del SNV come un’occasione non per offrire soluzioni ‘chiavi in mano’, ma per innescare un lavoro di ricerca finalizzata sia a consolidare assennati modelli comuni, sia a rielaborare cultura corrispondente al loro sensato e non opportunistico uso. Si sa: “Non solo arte e scienza, ma anche pazienza vi sia nel lavoro” (6). Il bilancio sociale non coincide con la sola pubblicazione del Report di valutazione su “Scuola in chiaro” 6) Goethe, Faust. Sottolineo la doppia citazione. È, infatti, riportata da Freud nella lunghissima, circospetta e prudente introduzione alla descrizione (valutazione?) del suo primo caso clinico presentato pubblicamente, quello di Dora. Franco De Anna Già Dirigente Tecnico presso l’Ufficio scolastico regionale per le Marche [email protected] 15 DO Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Dossier R SSI E Autovalutazione vs burocrazia? Un percorso verso la qualità di Paolo Senni Guidotti Magnani, Nerino Arcangeli, Sheila Bombardi Domande e risposte sincere Occorre assumere il processo di autovalutazione come sfida per migliorare gli apprendimenti e la qualità della vita di chi sta a scuola Cosa può dire chi crede nella sostanziale correttezza della procedura del ciclo triennale (autovalutazione – miglioramento – valutazione esterna – rendicontazione sociale) ora imposto alle scuole italiane sapendo che esse sono talvolta pervase da un’alea di ‘depressione’, sfiducia, autocommiserazione e isolamento post-tagli? Questo scritto prova a rispondere all’interrogativo posto dall’ottica di chi – per antica consuetudine con l’autovalutazione e il miglioramento continuo – condivide il disegno ministeriale SNV, ma ritiene che occorra fornire prova alle scuole che adottare il progetto ministeriale non equivale a essere semplicemente (e semplicisticamente) facilitatori esterni del disegno governativo, percepito come calato dall’alto. Occorre essere convincenti, quando si afferma che l’innovazione introdotta porterà frutto all’apprendimento degli studenti e alla qualità della vita degli attori del sistema scuola. Ciò, in prima battuta, significa consigliare alle scuole di assumere in questo momento un approccio ragionevole (e meno autodistruttivo possibile) da una parte e, dall’altra, offrire strumenti che convincano a condurre l’autovalutazione come se non fosse un mero adempimento (e sappiamo che per alcuni aspetti lo è) e nel modo meno burocratico e più utile possibile (1). Il presente contributo è opera di alcuni componenti del GLSnv (Gruppo di lavoro per il Sistema nazionale valutazione di Aicq Education), in sintonia con quanto pubblicato in “Rivista dell’istruzione” nel corso del 2013 e 2014 sull’approccio all’autovalutazione e al miglioramento in ambito Tqm (Total Quality Management), alla luce delle recenti normative e soprattutto del format Miur-Invalsi per il Rav (presentato il 27 novembre 2014). Atteggiamenti e leve per un approccio ragionevole Chi scrive, unendo all’esperienza di scuola la cultura Tqm a essa adattata, crede che l’efficacia e il miglioramento continuo siano il risultato di cose semplici (principi e strumenti), gestite in ottica di sistema. Da qui l’importanza dell’“approccio”, inteso come modo di fare, stile, punto di vista, ottica, mentalità, visione culturale, cultura ecc. Si propongono pertanto i seguenti tratti culturali e leve che li concretizzano per rendere utile e formativa l’operazione autovalutazione – miglioramento – rendicontazione: - vedere il lavoro necessario come routine organica e fisiologica (assumerlo totalmente); punto un progetto di affiancamento e supporto alle scuole concretizzato in tre strumenti: una brochure di orientamento, il 1) Il Settore nazionale Aicq Education nel 2014 16 manuale a cura di P. Senni, S. Bombardi, M. ha dato vita al GLSnv (Gruppo di lavoro Battistin, C. Pasqualin, Rapporto di Sistema nazionale di valutazione), un’unità autovalutazione (Rav) e miglioramento, di lavoro con rappresentanti delle Aicq Maggioli, Rimini, 2015 e il sito www. Education di tutte le regioni che ha messo a autovalutazionescuole.it (in allestimento). DO R SSI E Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 - considerare l’autovalutazione come indispensabile risorsa; - considerare l’autovalutazione stessa come un’azione di miglioramento; - promuovere la condivisione di principi e finalità base nell’istituto (vision e mission); - formare l’unità di autovalutazione (Uav) con molta cura (docenti molto impegnati e di riferimento per i colleghi, cercando di fornire anche legittimazione economica al loro lavoro); - sforzarsi di rispondere ai quesiti e alle valutazioni poste dal format Rav in modo condiviso e trasparente (raccogliere più di una risposta, metterle a confronto, mediarle); - ascoltare tutte le posizioni nell’organizzazione; - investire tempo (calcolando i tempi di lavoro); - produrre annualmente il funzionigramma (chi fa che cosa); - gestire in modo equo e trasparente le risorse; - evitare di cadere nel meccanismo della tela di Penelope; - trovare collegamenti e mettersi in rete. - usare le metodologia peer to peer in reti di scuole finalizzate alla realizzazione del ciclo triennale costitute con spirito non competitivo; - applicare il principio di coerenza nel Pof e nel Piano annuale; - progettare una formazione per tutta la unità di autovalutazione; - curare il collegamento fra la Uav e il collegio dei docenti. Gestire il format del Rav La lista di azioni che segue è conseguente all’approccio delineato, che può essere definito anche fisiologico, nel senso che si tratta di azioni che singolarmente sono già riconducibili alle competenze presenti, sebbene spesso non siano attuate in un unico processo monitorato e controllato. Comprensione dell’impianto del Rav • Prendo atto che il format prevede sezioni e aree. • Prendo atto che con il termine ‘processi’ si indicano le pratiche educative e didattiche e le pratiche gestionali e organizzative. • Prendo atto che anche l’autovalutazione è un processo (anche se di portata ampia; fa parte dei processi gestionali e organizzativi). • Devo individuare priorità (solo nell’ambito degli esiti) e traguardi. • Devo conseguentemente individuare degli obiettivi di processo. • Sono predefiniti dei criteri di qualità (vedi tabella 2). Autovalutazione per aree Sezione 1 - Contesto e risorse; sezione 2 - Esiti; sezione 3 - Processi • Prendo atto della definizione dell’area, dei contenuti dell’area e dei risultati che essa prevede (2). • Prendo atto dell’importanza degli indicatori. • Integro gli indicatori forniti con indicatori elaborati dalla mia scuola. • Confronto i dati della mia scuola con riferimenti esterni. • Leggo i dati, li interpreto, rifletto su di essi, stabilisco il nesso fra dati numerici e indicatori, individuo punti di forza e di debolezza focalizzandomi sui risultati raggiunti. • Descrivo per ogni area della sezione “Contesto e risorse” le opportunità e i vincoli. • Mi servo delle domande guida per riflettere sui risultati raggiunti. • Uso le descrizioni analitiche delle situazioni come guida. • Prendo atto del ‘criterio di qualità’, leggo e interpreto i dati ed esprimo e motivo un giudizio complessivo Dossier Il RAV va affrontato facendosi domande pertinenti e puntuali, per cogliere le diverse scansioni del format (contesto, esiti, processi didattici, processi organizzativi) 2) In particolare, nella definizione dell’area 3 – Competenze chiave e di cittadinanza si fa riferimento alle 8 competenze chiave per l’educazione permanente stabilite a Lisbona dal Parlamento europeo (18.12.2006). 17 DO R SSI E Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Dossier Le esperienze svolte con il Caf possono aiutare a comprendere meglio il carattere dinamico degli indicatori di processo per ciascuna area degli esiti e dei processi (scala da 1 a 7). • Motivo la scelta del giudizio assegnato indicando i fattori e gli elementi che hanno determinato il livello di giudizio nella scala di valutazione. Autovalutazione dell’autovalutazione (sezione 4) • Descrivo la composizione della unità/nucleo di autovalutazione. • Elenco i problemi emersi nella raccolta e analisi dei dati. • Elenco i problemi emersi nell’interpretazione dei dati e nell’espressione dei giudizi. • Riferisco passate esperienze di autovalutazione, gli strumenti usati e le ricadute con l’individuazione delle priorità, dei traguardi triennali e degli obiettivi. • Individuo una o due priorità circa il miglioramento degli esiti. • Per ogni priorità articolo il relativo traguardo triennale in termini misurabili (assoluti, percentuali, tendenza). • Individuo gli obiettivi di processo (nei sette processi) che permettono di perseguire le priorità indicate in linea con i traguardi triennali. Tra Rav e Caf: analogie e differenze La comparazione tra Caf (Common Assesment Framework) e Rav (Rapporto di autovalutazione) nasce per due motivazioni: 1. le scuole che in Italia utilizzano e hanno esperienza di Caf sono numerose (di sicuro almeno tante quante sono quelle che hanno sperimentato Vales e VM) e la tabella di raccordo vuole essere per queste scuole una rassicurazione concreta nel leggere il format Rav alla luce del Caf e viceversa; 2. Caf & Education (3) è lo strumento 3) Per una presentazione e illustrazione di Caf & Education vedi N. Arcamgeli, Caf 18 gratuito per l’eccellenza e il miglioramento delle organizzazioni di servizi del Consiglio dei ministri europei, che sviluppa l’approccio Tqm e in quanto tale pare indispensabile tenerlo presente e motivare come ci si posiziona rispetto a esso (4). Rispetto all’articolato Caf, la struttura del format Rav appare più semplice e leggera e, al tempo stesso, fa uso di un mondo concettuale vicino alla cultura dominante nelle scuole italiane, in genere basata sulle routine tradizionali. Un esempio di tale differenza è nel significato che nella guida al Rav si attribuisce alla parola ‘processo’. Nella guida i processi sono le azioni (o sequenze di azioni) che riguardano la didattica e l’organizzazione. I processi sono pertanto connotati dal contenuto, ma non da una procedura di cambiamento. La definizione di processi del Caf, pervasivi di tutto il sistema istituto, in genere poco noto a chi in esso vive tutti i giorni, pare più dinamica e più operativa. Essa è sostanziata di obiettivi, attori, tempi, indicatori, procedure, schede di controllo, rapporti con altri processi, snodi organizzativi, ecc. Nel Caf i processi non sono un contenuto, ma una centralina, perché descrivono il sistema istituto in tutte le sue parti in modo collegato fra loro (mappatura di processi; fattori abilitanti e fattori di risultato) e perché fondano il miglioramento sull’analisi dettagliata di ciò che avviene. dell’istruzione”, n. 3-2011, Maggioli, Rimini. 4) Caf è stato adottato in Italia dal Ministero Education: strumento principe di della funzione pubblica, che lo mette a autovalutazione per le scuole, in “Rivista disposizione gratuitamente. DO R SSI E Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Dossier Sezioni e criteri di qualità del format Miur-Invalsi per il Rav 1. Contesto e risorse 1.1 Popolazione scolastica 1.2 Territorio e capitale sociale 1.3 Risorse economiche e materiali 1.4 Risorse professionali Fattori abilitanti e di risultato di Caf & Education Criterio 1: leadership 1.4 Gestire i rapporti con i politici e gli altri portatori di interesse al fine di assicurare la condivisione delle responsabilità Criterio 2: politiche e strategie 2.1 Raccogliere informazioni relative ai bisogni presenti e futuri dei portatori di interesse 2.2 Sviluppare, rivedere e aggiornare politiche e strategie tenendo in considerazione i bisogni dei portatori di interesse e le risorse disponibili 2.3 Implementare le strategie e le politiche nell’intera organizzazione Criterio 4: partnership e risorse 4.1 Sviluppare e implementare relazioni con i partner chiave 4.2 Sviluppare e implementare relazioni con i discenti/le famiglie Criterio 8: risultati relativi alla società 8.1 I risultati sociali percepiti dai portatori di interesse 8.2 Gli indicatori della performance sociale dell’organizzazione 2. Esiti Criterio 9: risultati relativi alle performance chiave 2.1 La scuola garantisce il successo formativo 9.1 I risultati esterni: output e outcome riferiti agli obiettivi (ad es., prove Invalsi) degli studenti. 9.2 I risultati interni (ad es., prove interne) 2.2 La scuola assicura l’acquisizione dei livelli essenziali di competenze (misurate con le prove standardizzate nazionali) per tutti gli studenti. 2.3 La scuola assicura l’acquisizione delle competenze chiave e di cittadinanza degli studenti. 2.4 La scuola favorisce il successo degli studenti nei successivi percorsi di studio e di lavoro. 3. Processi a) Pratiche educative e didattiche 3.1 La scuola propone un curricolo aderente Criterio 5: processi alle esigenze del contesto, progetta attività 5.1 Identificare, progettare, gestire e migliorare i processi su base sistematica didattiche coerenti con il curricolo, valuta gli 5.2 Sviluppare ed erogare servizi e prodotti orientati a discenti/famiglie/cittadini/clienti; studenti utilizzando criteri e strumenti condivisi. processi relativi all’istruzione e formazione (strutture, programmi, metodi, contenuti, 3.2 La scuola offre un ambiente di apprendimen- formazione sul campo e esperienze scuola-lavoro, valutazione, progetti individuali, to innovativo, curando gli aspetti organizzativi, ecc.); processi relativi allo sviluppo di competenze di cittadinanza (atteggiamenti, valori, metodologici e relazionali del lavoro d’aula. partecipazione, ecc.) 3.3 La scuola cura l’inclusione degli studenti con Criterio 6: risultati orientati ai discenti/alle famiglie bisogni educativi speciali, valorizza le differenze 6.1 I risultati della misurazione della soddisfazione dei discenti/delle famiglie culturali, adegua l’insegnamento ai bisogni 6.2 Gli indicatori di orientamento ai discenti/alle famiglie formativi di ciascun allievo attraverso percorsi di recupero e potenziamento. 3.4 La scuola garantisce la continuità dei percorsi scolastici e cura l’orientamento personale, scolastico e professionale degli studenti. b) Pratiche gestionali e organizzative 3.5 La scuola individua le priorità da raggiungere Criterio 1: leadership e le persegue dotandosi di sistemi di controllo 1.1 Orientare l’istituzione attraverso lo sviluppo di mission, vision e valori e monitoraggio, individuando ruoli di responsa- 1.2 Sviluppare e implementare un sistema di gestione dell’istituzione, delle sue perforbilità e compiti per il personale, convogliando mance e del cambiamento le risorse economiche sulle azioni ritenute 1.3 Motivare e supportare il personale dell’istituzione e agire come modello di ruolo prioritarie. Criterio 2: politiche e strategie 3.6 La scuola valorizza le risorse professionali 2.4 Pianificare, attuare e rivedere le attività per la modernizzazione e l’innovazione tenendo conto delle competenze per l’asse- Criterio 3: personale gnazione degli incarichi, promuovendo percorsi 3.1 Pianificare, gestire e potenziare le risorse umane in modo trasparente e coerente formativi di qualità, incentivando la collabora- con le politiche e le strategie zione tra pari. 3.2 Identificare, sviluppare e utilizzare le competenze del personale allineando gli obiettivi 3.7 La scuola svolge un ruolo propositivo nella individuali a quelli dell’istituzione promozione di politiche formative territoriali e 3.3 Coinvolgere il personale attraverso lo sviluppo del dialogo e dell’empowerment coinvolge le famiglie nella definizione dell’offerta Criterio 4: partnership e risorse formativa. 4.3. Gestire le risorse finanziarie 4.4 Gestire le informazioni e la conoscenza 4.5 Gestire la tecnologia 4.6 Gestire le infrastrutture Criterio 7: risultati relativi al personale 7.1 I risultati della misurazione della soddisfazione del personale 7.2. Gli indicatori di risultato del personale 19 DO R SSI E Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Dossier La valutazione di sistema non può essere una macchina anonima, ma deve rispettare i percorsi valutativi della scuola e valorizzare l’apporto di una pluralità di soggetti Valorizzare le scuole apripista È il 2015 l’anno in cui, mentre si dibatte sulla validità del nostro modello scolastico (5), si dà l’atteso avvio al sistema nazionale di valutazione in modo generalizzato in tutta Italia, con la prima fase dell’autovalutazione. La constatazione dell’elevata eterogeneità delle scuole italiane, in termini di maturazione della volontà e delle capacità riflessive e autovalutative, ci interroga su come poter valorizzare le moltissime scuole anticipatrici, che si sono mosse in autonomia e responsabilmente negli ultimi dieci-quindici anni. Se da un lato è necessario e più che comprensibile che il SNV adotti per l’autovalutazione schemi e modalità standardizzate, e dunque molto omologanti (dovendo da una parte fare i conti con organizzazioni scolastiche meno sensibili o meno esperte e dall’altra sfruttare la comparabilità), dall’altro è altrettanto necessario e importante – a livello di sistema – riconoscere e non dissipare la ricchezza di accountability e di cultura professionale già sedimentata e trovare la via per capitalizzare e valorizzare il lavoro di quelle scuole dotate di comunità professionali di avanguardia, che si sono messe consapevolmente in gioco prima di altre e che hanno riflettuto sulla propria efficacia. Il Rav prevede un punto specifico nella quarta sezione (4.5) in cui si possono far emergere in sintesi i modelli scelti (nel passato recente) e le azioni intraprese (ad esempio, la rendicontazione sociale, il Caf, Marchio Saperi, Amicocaf); questo spazio consente di far comprendere all’esterno quanto l’autonomia scolastica di ricerca e organizzativa abbia già saputo rafforzarsi e esprimersi, nell’inscindibile legame tra autonomia e esplicitazione della propria responsabilità, e quanto questo impegno volontario sia costato. 5) Tra gli altri, N. Bottani, Requiem per la scuola?, Il Mulino, Bologna, 2013, sulle 20 dimensioni dell’efficacia e dell’equità. Molto di più potrà emergere, trasversalmente e implicitamente, sia nel modo di affrontare l’autovalutazione che in tutta la redazione del Rav: - mobilitando le capacità metodologiche già sviluppate; - riportando le analisi già elaborate; - riprendendo le priorità su cui si è già lavorato; - puntualizzando i criteri; - soprattutto, esprimendo la propria capacità di capire i fenomeni e il proprio senso critico. Rispettare l’autonomia delle scuole A fianco delle scuole possono esserci soggetti sussidiari (vedi le agenzie previste dall’art. 6 del d.P.R. 80 quali Indire, università e associazioni professionali accreditate) e Invalsi. Invalsi è e vuole essere un interlocutore scientifico (6), non va inteso in posizione sovraordinata alla scuola e quanto più il confronto sarà impostato tra pari (tra chi lavora nella realtà e chi la osserva esternamente) e non in un rapporto di sudditanza, quanto più le scuole più avanzate porteranno il proprio contributo interpretativo, il metodo e i valori, il proprio giudizio, marcando l’esperienza e l’autonomia, tanto più la valutazione avrà una portata formativa per la singola organizzazione e sarà a beneficio di tutto il sistema scolastico italiano. 6) Posizione recentemente ribadita da A.M. Ajello nell’editoriale di “Tuttoscuola”, novembre 2014, n. 546. Paolo Senni Guidotti Magnani Presidente nazionale AICQ Education [email protected] Nerino Arcangeli Psicologo e psicoterapeuta, già dirigente tecnico presso l’Ufficio scolastico regionale per l’Emilia-Romagna [email protected] Sheila Bombardi Esperta di istruzione, valutatore VM/Vales, formatore [email protected] Indicatori: una certa idea di scuola di Mario Castoldi Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Focus Andare oltre il compitino La direttiva 11 del 18 settembre 2014, la c.m. 47 del 21 ottobre 2014 e i materiali che l’Invalsi sta mettendo a disposizione sul Rapporto di autovalutazione hanno contribuito a definire con maggiore precisione i contorni del processo autovalutativo richiesto a tutte le istituzioni scolastiche italiane. Più che analizzare gli aspetti procedurali e operativi, delineati a sufficienza nei documenti indicati, vorremmo con questo contributo recuperare il senso del percorso autovalutativo indicato alle scuole e formulare qualche proposta per evitare di affrontarlo in chiave meramente adempitiva, secondo le tradizioni più consolidate nella cultura e nella prassi scolastica. Parafrasare e dettagliare ulteriormente le indicazioni, già molto analitiche e operative, fornite da MIUR e Invalsi, infatti, ci sembra un insulto all’intelligenza dei dirigenti scolastici e dei docenti: la vera questione in gioco è non perdere di vista il significato e le ragioni di un processo autovalutativo. La logica dell’adempimento fatica a essere estirpata nella cultura scolastica: anche il processo di autovalutazione rischia di diventare l’ennesimo documento prodotto dalla burocrazia scolastica, al di là delle buone intenzioni e dei roboanti proclami della prosa ministeriale. Non basta trasformare il prodotto cartaceo in prodotto elettronico per riconferire significato al nostro fare: se l’approccio rimane quello del “non capisco, ma mi adeguo” l’operazione si riduce a un mero atto formale, seppure in versione 2.0. Lasciamo quindi agli esteti delle procedure le glosse e i commenti critici sulla registrazione nella piattaforma Invalsi, l’inserimento dei dati richiesti, il confronto con gli indici comparativi e via discorrendo e spostiamo l’attenzione sul senso dell’operazione. Questo articolo, i due che seguono e quello pubblicato nel n. 6-2014 dello stesso autore costituiscono una mini-guida per l’impostazione di un percorso autovalutativo. La bibliografia complessiva è a pagina 36 di questo numero della Rivista Il senso dell’operazione Intraprendere un processo autovalutativo per una realtà organizzativa significa promuovere una riflessione partecipata sul senso del proprio agire, ancora più significativo quando la realtà di cui parliamo si occupa di formazione. L’espressione chiave è ‘riflessione partecipata’: da un lato richiama il paradigma riflessivo entro cui inserire un percorso di autovalutazione, come opportunità per ripensare il proprio agire allo scopo di accrescerne la consapevolezza e regolarne lo sviluppo: si tratta di promuovere un livello ‘meta’, di pensiero sull’azione, per rileggere e orientare i suoi significati. Dall’altro evidenzia la dimensione sociale entro cui sviluppare questa riflessione, in un contesto relazionale fatto di una pluralità di componenti scolastiche aventi ruoli e posizioni diverse nella dinamica formativa, ma tutte concorrenti a determinare la qualità del processo formativo e dei suoi risultati; un contesto nel quale assume particolare rilevanza la dimensione comunitaria, proprio in virtù della centralità della relazione formativa nell’evento educativo e del contributo dei diversi attori implicati nel determinarne la qualità. In questa prospettiva la significatività del percorso autovalutativo che si intraprende non si gioca soltanto nel rispetto delle procedure, nell’affidabilità dei dati, nella presunta oggettività delle rilevazioni, bensì anche nel grado in cui la scuola nel suo insieme, come comunità di soggetti implicati a diverso ti- Autovalutarsi significa intraprendere una riflessione partecipata sul senso del proprio agire, per regolarne lo sviluppo 21 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Focus Meglio partire da un processo ‘dal basso’ di condivisione dei fattori di qualità, piuttosto che adottare subito un modello di analisi predefinito 22 tolo nell’evento formativo, si sente parte del processo valutativo. Accanto alla qualità tecnica deve essere considerata anche la qualità sociale della valutazione, in quanto entrambe contribuiscono a determinare l’utilità del processo intrapreso in termini di miglioramento del processo formativo e dei suoi risultati; un miglioramento che passa attraverso le azioni concrete che verranno intraprese e i loro risultati, ma anche attraverso la crescita dei soggetti implicati in queste azioni. Un approccio partecipato Sono queste alcune ragioni che giustificano un approccio partecipato alle diverse fasi del processo autovalutativo: dalla definizione dell’idea di qualità su cui fondare la valutazione alla formulazione dei giudizi valutativi, dalla decisione in ordine alle priorità strategiche da selezionare alla definizione delle azioni di miglioramento da intraprendere. In questo contributo ci concentreremo sul primo passaggio indicato, ovvero sul confronto e la condivisione in ordine all’idea di scuola intorno a cui sviluppare la valutazione. Per quanto ci si collochi all’interno di un processo di autovalutazione guidato e strutturato, infatti, non si tratta di assumere criticamente l’idea di buona scuola proposta dall’Invalsi, bensì di confrontarla con quella emergente dalla comunità scolastica e di appropriarsene in modo consapevole: solo in questo modo i successivi giudizi valutativi e le conseguenti scelte si inseriranno in un contesto dotato di senso e acquisteranno valore. In una logica formativa e migliorativa, infatti, una condizione affinché la valutazione produca i suoi risultati è quella per cui gli attori coinvolti si ‘impadroniscano’ dei criteri di qualità sottesi al giudizio, riempiendoli di significato e confrontandoli con il proprio sistema di valori. Su questa condizione suggeriamo di lavorare nelle prime fasi del processo autovalutativo, in parallelo alle operazioni tecniche di raccolta e documentazione dei dati richiesti dal modello Invalsi. Confrontarsi sull’idea di scuola Prima ancora di fare i conti con il quadro di riferimento proposto dall’Invalsi sull’idea di scuola, si propone di avviare un processo di consultazione tra le diverse componenti scolastiche sulla loro idea di scuola, volto a riconoscere e identificare quali sono gli aspetti del ‘fare scuola’ a cui danno valore. Non si Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 parte, quindi, da un modello di analisi predefinito, bensì si propone un percorso preliminare di elaborazione di un proprio modello o comunque di un insieme di fattori di qualità da strutturare in un modello coerente e organizzato. L’intero percorso si basa sulla valorizzazione di alcune occasioni di confronto tra le diverse componenti scolastiche, nell’ipotesi che la discussione intorno all’idea di scuola costituisca un’opportunità di consapevolezza e di costruzione di un insieme di significati comuni. I focus group Concretamente si tratta di produrre una mappa dei fattori di qualità caratterizzanti la propria idea di scuola attraverso un percorso in due tappe: • Realizzazione di uno o più focus group con piccoli gruppi (10-12 persone) di testimoni privilegiati, ciascuno composto da rappresentanti delle componenti scolastiche che si intendono coinvolgere (docenti, personale ATA, genitori, studenti, rappresentanti di enti locali e/o altri interlocutori esterni) a cui chiedere “Quali sono i fattori di qualità di una buona scuola?”. • Incontro di sintesi del gruppo di autovalutazione, con un rappresentante per ciascuno dei gruppi incontrati, per confrontare e sintetizzare le risposte fornite dalle diverse componenti in un documento di sintesi. Il coordinamento dei gruppi omogenei è affidato a uno o due componenti del gruppo di autovalutazione, suggerendo di promuovere un brainstorming il più aperto possibile sulla domanda proposta (“Quali sono i fattori di qualità di una buona scuola?”), limitandosi a registrare su una lavagna a fogli mobili o su una lavagna tradizionale tutte le risposte emergenti, e di stimolare successivamente una riorganizzazione degli elementi emersi. Il risultato atteso da ciascun gruppo omogeneo consiste in un elenco di elementi che qua- lificano una buona scuola e in alcune proposte per organizzarlo in categorie; il tempo di lavoro previsto può essere di un’ora e mezza o due ore. La sintesi Occorre precisare che l’operazione non intende avere alcun requisito di rappresentatività statistica, bensì costituire un’occasione per confrontarsi con un insieme di testimoni privilegiati provenienti dalle differenti componenti scolastiche in ordine all’idea di scuola. Per questa ragione non ci si dilunga sui criteri e le modalità con cui selezionare i soggetti da coinvolgere, in quanto si tratta di scelte contestuali da valutare nella loro pertinenza e sostenibilità nelle specifiche realtà scolastiche, piuttosto che di astratte procedure da seguire e applicare. Il successivo incontro di sintesi prevede una socializzazione e, se possibile, visualizzazione (su fotocopie, su cartelloni…) dei contributi emergenti dai diversi gruppi omogenei e una successiva rielaborazione, volta a indentificare gli elementi più ricorrenti e condivisi. Il risultato atteso è un elenco di elementi che qualificano una buona scuola, possibilmente rappresentato in uno schema visivo (al massimo 20 fattori); il tempo previsto per l’incontro può essere di circa due ore. Focus Testimoni privilegiati interni alla scuola dovrebbero elaborare e condividere un quadro di elementi caratterizzanti una buona scuola Un processo bottom up La proposta prende spunto dal modello di percorso autovalutativo elaborato dall’autore scozzese John Mac Beath (1), caratterizzato da un approccio bottom up ai processi autovalutativi e da un’elaborazione dal basso dell’idea di qualità della scuola e delle esperienze di applicazione realizzate nel Canton Ticino (2). 1)Cfr. J. MacBeath, Schools must speak for themselves: the case for school self evaluation, Routledge, London, 1999. 2)Cfr. E. Berger, L’autovalutazione degli istituti: alcune esperienze pratiche, in N. Bottani, A. Cenerini (a cura di), Una pagella per la scuola, Erickson, Trento, 2003. 23 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Focus Tavola 1 – Aree di esplorazione della qualità proposte nel Rav CONTESTO SOCIO-AMBIENTALE E RISORSE Popolazione scolastica Territorio e capitale sociale PRATICHE GESTIONALI E ORGANIZZATIVE PRATICHE EDUCATIVE E DIDATTICHE 24 Risultati nelle prove INVALSI Continuità e orientamento O or rie ga nt ni am zz e az nt io o s ne tr de ate lla gic sc o uo e la Risorse economiche e materiali Cur rico lo, e va proge tt luta zion azione e Risultati a distanza Integrazione con il territorio e rapporti con le famiglie Oltre alla funzione di ‘apripista’ in rapporto a percorsi di analisi più specifici, la proposta rappresenta un’occasione per confrontarsi sull’idea di qualità sottesa ai propri comportamenti organizzativi, professionali ed educativi. Quest’ultima, infatti, tende a restare relegata ai margini delle scelte e azioni operative, quasi sottintesa in rapporto ai comportamenti concreti e alle opinioni espresse. La sua esplicitazione, invece, consente di comprendere e riconoscere le ragioni di determinate scelte e di definire un quadro di riferimento all’interno del quale collocare le opzioni educative. Un altro elemento di interesse della proposta consiste nel caratterizzarsi come primo passo di un processo di costruzione e sviluppo di competenze autovalutative in una realtà scolastica. La struttura relativamente semplice della proposta e il suo carattere qualitativo, infatti, la rendono un’opportunità interessante per promuovere alcune condizioni organizzative e culturali di sviluppo di un itinerario autovalutativo attraverso un ‘apprendistato’ operativo funzionale alla comprensione dei significati e delle pratiche autovalutative. Prima di affrontare percorsi più complessi e impegna- ee ion ione lus Inc nziaz e r e diff lo Sv ris rizz ilup or az po se io e um ne an dell e e Competenze chiave di cittadinanza va È stimolante mettere a confronto la ‘mappa’ emergente dalla lettura ‘interna’ con quella ufficiale predisposta da Invalsi Risultati scolastici Ambiente di apprendimento Risorse professionali tivi, un gruppo di lavoro di scuola può ‘allenarsi’ all’autovalutazione attraverso il percorso proposto, sperimentando la gestione diretta di un mini-percorso di indagine sull’idea di qualità emergente dalla comunità scolastica. Fare i conti con il framework Invalsi Una volta definita la propria ‘mappa della qualità’, come sintesi delle proposte emergenti dai rappresentanti delle diverse componenti scolastiche, si tratta di metterla a confronto con l’idea di scuola sottesa al Rapporto di autovalutazione e presentata nei materiali Invalsi. La tavola 1 sintetizza le aree di esplorazione della qualità della scuola proposte nel Rav, organizzate in alcune macro-aree; al gruppo di autovalutazione si suggerisce di provare a classificare i criteri emergenti dalla consultazione tra le componenti nelle aree di esplorazione del modello Invalsi. Lo scopo è duplice: da un lato riempire di significato le voci del Rav, non in modo astratto o meramente definitorio, bensì confrontandolo con il lessico e i significati emergenti dal proprio contesto scolastico; Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Tavola 2 – Confronto tra il modello Rav e la propria idea di scuola Elementi emersi dal confronto sull’idea di scuola riconducibili alle aree Rav Modello di scuola proposto dal Rav Contesto e risorse Popolazione scolastica Territorio e capitale sociale Risorse economiche e materiali Risorse professionali Pratiche educative e didattiche Personalizzazione dell’inse- Curricolo, progettazione gnamento e valutazione Valutazione formativa Ambiente di apprendimento Continuità tra i gradi scolastici Inclusione e differenziazione Metodologie didattiche inno- Continuità e orientamento vative Laboratori attrezzati Progettazione condivisa Valorizzazione delle eccellenze Pratiche gestionali e organizzative Orientamento strategico e organizzazione della scuola Sviluppo e valorizzazione delle risorse umane Integrazione con il territorio e rapporti con le famiglie Esiti Risultati scolastici Risultati nelle prove Invalsi Competenze chiave e di cittadinanza Risultati a distanza dall’altro comparare in modo sistematico le due idee di qualità per riconoscerne analogie e differenze, elementi di sovrapposizione e di divergenza. Il prodotto atteso potrebbe essere una rappresentazione visiva del modello Invalsi integrata dalle risultanze della consultazione nel proprio istituto, allo scopo di evidenziare le aree di maggiore copertura del modello, le aree scoperte, gli aspetti emergenti nella scuola che vanno oltre la proposta Invalsi (vedi tavola 2, con un esempio sulle pratiche educative e didattiche). È importante che il gruppo di autovalutazione curi le modalità attraverso cui comunicare alle diverse componenti, con particolare riguardo ai soggetti coinvolti nella consultazione, la comparazione tra il modello In- Elementi emersi dal confronto sull’idea di scuola aggiuntivi rispetto alle aree Rav Contrattualità formativa Scambi con l’estero Progetti integrati con soggetti esterni Focus Il confronto delle mappe consente di aumentare la consapevolezza sul significato degli indicatori del RAV nel proprio contesto operativo valsi e le risultanze dell’indagine interna, allo scopo di diffondere nel modo più efficace possibile la riflessione condotta sul modello di scuola sotteso al Rav e i suoi significati contestuali. Il lavoro proposto, condotto in parallelo con l’elaborazione e l’immissione dei dati previsti nella procedura di autovalutazione, permette di preparare al meglio la successiva fase di interpretazione dei dati, su cui si svilupperà il successivo contributo. Mario Castoldi Docente presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università degli Studi di Torino, esperto di problematiche valutative in ambito scolastico [email protected] 25 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Leggere e interpretare i dati raccolti di Mario Castoldi Focus Ancora valutazione partecipata Anche l’analisi e l’interpretazione dei dati richiede un processo partecipato all’interno della scuola L’approccio partecipato non si esaurisce solo nella condivisione dell’idea di scuola su cui sviluppare il processo valutativo, ma si allarga anche alla fase di interpretazione e giudizio dei dati a disposizione. Il momento interpretativo, infatti, qualifica il processo di valutazione, ne rappresenta il momento più distintivo e caratterizzante. Per la qualità del procedimento valutativo risulta cruciale, pertanto, come avviene l’interpretazione dei dati a disposizione e da chi viene fatta. Come abbiamo già segnalato, il percorso guidato di autovalutazione proposto nell’ambito del SNV si caratterizza come percorso guidato in quanto è fondato su alcuni dati comuni e messi a disposizione dall’amministrazione scolastica (prove Invalsi, “Scuola in chiaro”, ecc.) ed è supportato da indici di comparazione che aiutano a rendere più significativi i dati a disposizione. Peraltro l’attribuzione di significato ai dati e il loro apprezzamento non possono che essere affidati alla singola scuola e su questi passaggi chiave si vanno a posizio- nare i suggerimenti e le proposte che presentiamo in questi contributi, in una prospettiva di valutazione partecipata che convalidi e rafforzi i significati fondanti una prospettiva autovalutativa. Riprendendo un noto aforisma possiamo dire che “i dati non sono dati, vanno presi” e proprio su questo ‘prendere’ si concentra la nostra attenzione, allo scopo di evitare sia qualunque tentazione semplificatoria, per la quale la lettura dei dati deriva quasi automaticamente e magicamente dai dati stessi, sia qualunque tentazione accentratrice, per la quale questa operazione interpretativa è delegata in toto al dirigente scolastico. Selezionare i dati a disposizione Un primo passaggio preliminare al momento interpretativo riguarda la raccolta e l’analisi dei dati informativi, in modo da mettere a disposizione di chi valuta un insieme di evidenze su cui fondare i propri giudizi. La tavola 1 richiama le tipologie di dati previste per il momento autovalutativo del SNV. Proviamo ad analizzare sinteticamente ciascuna di esse. I dati del- Tavola 1 – Dati previsti per l’autovalutazione nell’ambito del SNV DATI ED INFORMAZIONI STRUTTURATE QUESTIONARI DI PERCEZIONE DATI RICHIESTI ALLA SCUOLA DATI INVALSI SCUOLA IN CHIARO DISPONIBILI A LIVELLO DI SCUOLA Evidenze empiriche con indici di comparazione 26 Informazioni fornite da Ds con indici di comparazione Opinioni delle varie componenti con indici di comparazione Dati ed informazioni quali-quantitative Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 le prove Invalsi ci richiamano alcune evidenze empiriche relative ai risultati degli allievi, raccolte attraverso l’effettuazione delle prove e restituite alle scuole con i relativi indici di comparazione a livello regionale, di area geografica, nazionale, di scuole aventi caratteristiche socio-culturali simili. I dati relativi a “Scuola in chiaro” si riferiscono a evidenze empiriche relative a diversi aspetti del funzionamento delle scuole (contesto, risorse, processi, esiti), anch’esse corredate da indici di comparazione a livello regionale e nazionale. I dati aggiuntivi richiesti alla scuola sono informazioni fornite dalla dirigenza della scuola in relazione ai diversi aspetti del funzionamento che saranno restituite dal sistema con i rispettivi indici di comparazione. I dati di percezione sono raccolti attraverso strumenti di indagine di cui Invalsi ha sperimentato modelli standard, che in questa prima fase non saranno però obbligatori. Vi sono, infine, un insieme di dati e informazioni strutturate a disposizione della scuola che possono integrare i dati precedenti, approfondendo l’analisi dei fenomeni e contestualizzandoli. Evidentemente la mole di dati a cui abbiamo fatto riferimento richiede di essere selezionata per essere utilizzabile in un processo valutativo di tipo partecipato. Da qui l’esigenza di individuare per i diversi aspetti del funzionamento della scuola considerati alcuni indicatori e set di dati particolarmente significativi e rilevanti; la documentazione di corredo al Rapporto di autovalutazione fornisce già utili indicazioni su alcuni dati essenziali da considerare o da integrare da parte del gruppo di autovalutazione di scuola. Il prodotto atteso può essere un breve report (non superiore alle 15-20 cartelle) nel quale vengono sintetizzati i dati più significativi, come base documentale su cui procedere al momento interpretativo. I risultati della consultazione sull’idea di scuola richiamata nel contributo precedente possono costituire un buon punto di partenza per procedere all’elaborazione di questo report, in modo da stabilire se prevedere altri aspetti su cui fornire dati, oltre alle voci che compongono il Rav. Focus Indagare le opinioni della comunità scolastica Una volta elaborati i dati e raccolta un’agile documentazione di quelli più significativi, si può procedere all’interpretazione dei dati stessi, attraverso l’organizzazione di gruppi eterogenei di rappresentanti delle diverse componenti scolastiche (docenti, personale Ata, genitori, studenti, rappresentanti di enti locali e/o altri interlocutori esterni). Il numero e la composizione di tali gruppi possono essere definiti solo nel contesto, a partire dalla premessa che non si intende realizzare un’indagine statisticamente significativa (che richiederebbe risorse e tempi impensabili per una realtà scolastica), bensì coinvolgere un numero limitato di testimoni privilegiati in una forma di valutazione partecipata; potrebbe essere opportuno dare la precedenza ai soggetti coinvolti nel passaggio precedente sull’idea di scuola, in modo da semplificare il coinvolgimento nell’operazione e assicurare continuità tra i due momenti. È comunque consigliabile strutturare gruppi di discussione non troppo numerosi (1015 soggetti per ciascun gruppo), anche perché la composizione eterogenea del gruppo suggerisce una numerosità limitata. A ciascuno dei testimoni privilegiati che parteciperanno all’indagine interpretativa sarà fornito preliminarmente il report con la raccolta dei dati più significativi, in modo da disporre di una base dati comune su cui strutturare il confronto. Successivamente i gruppi verranno convocati per un incontro in presenza, coordinato da un rappresentante del gruppo di autovalutazione, articolato secondo la seguente struttura di massima: Piccoli gruppi di discussione rappresentativi delle diverse componenti possono procedere a un’interpretazione partecipata dei dati 27 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Focus Un profilo di autovalutazione consente di analizzare gli indicatori (sulla base del format del RAV) e di attribuire i primi giudizi 28 • presentare gli scopi del lavoro e il contesto autovalutativo entro cui si colloca; • consegnare il format del profilo di autovalutazione e aiutare i componenti del gruppo a mettere a fuoco il significato di ciascuna voce; • invitare ciascun componente del gruppo a compilare il profilo di autovalutazione; • per ciascuna voce raccogliere le risposte fornite e le loro argomentazioni (esperienze, indizi, informazioni, impressioni), in modo da giungere a una valutazione complessiva del gruppo (non più di 5-10 minuti per ogni voce); • laddove vi siano differenze di opinione non ricomponibili (ad esempio una distribuzione dei giudizi tra area della positività e della negatività) si tratta di registrarle indicando per le diverse opzioni il numero delle risposte indicate (ad esempio ++: 2; +: 1; –: 5); • a conclusione del lavoro di confron- to sulle diverse voci al gruppo è richiesto di individuare uno o due rappresentanti disponibili a partecipare all’incontro di sintesi a livello di istituto. Costruire un profilo di autovalutazione Il profilo di autovalutazione è lo strumento di lavoro proposto nei gruppi per strutturare la fase interpretativa: si compone di un elenco di voci che riprende la struttura del Rav, per ciascuna delle quali si invita l’interlocutore a formulare un doppio giudizio su una scala a quattro gradienti: • Come vediamo il nostro istituto? (++ pienamente adeguato, + adeguato, – abbastanza adeguato, -- poco adeguato); • Quanto è importante per la qualità della scuola? (éé molto importante, é importante, ê abbastanza importante, êê poco importante). Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Tavola 2 – Formato del profilo di autovalutazione Come vediamo il nostro istituto? Aree di valutazione Risultati scolastici Risultati nelle prove Invalsi Competenze chiave e di cittadinanza Risultati a distanza Curricolo Progettazione Valutazione Ambiente di apprendimento Inclusione Differenziazione Continuità Orientamento Orientamento strategico Organizzazione della scuola Sviluppo delle risorse umane Valorizzazione delle risorse umane Integrazione con il territorio Rapporti con le famiglie ....................................... ....................................... ++ La tavola 2 propone un modello standard di profilo di autovalutazione costruito sulle aree previste nel Rav; evidentemente il modello potrebbe essere integrato a livello di scuola con l’aggiunta di altre aree significative emergenti dalla consultazione precedente sull’idea di scuola. Si suggerisce, in tal caso, di valutare con attenzione se l’area proposta rappresenta effettivamente un aspetto non incluso nelle voci del Rav oppure solamente una sua specificazione; in questo secondo caso è opportuno non inserirla, in modo da mantenere la definizione delle voci omogenee tra loro in termini di livello di specificazione. Piuttosto può essere utile suddividere le voci del Rav che richiamano più aspetti distinti, come nell’esempio riportato in figura. Una volta sintetizzati i dati emergenti dal profilo di autovalutazione si tratta di prevedere uno – due incontri del gruppo di lavoro, allargato a uno – due rap- ++ - -- Quanto è importante per la qualità della scuola? éé é ê êê presentanti per ogni gruppo eterogeneo previsto nella fase precedente, in cui tentare una lettura di insieme dei risultati e orientarli in funzione dell’attività progettuale dell’anno successivo. Si suggerisce, innanzi tutto, di focalizzare l’attenzione sulle voci ‘critiche’, ovvero quelle voci su cui sono stati espressi giudizi di adeguatezza differenziati o su cui si evidenzia uno scarto molto ampio tra il giudizio di importanza e il giudizio di adeguatezza. Su tali voci può risultare utile recuperare le argomentazioni emergenti dai diversi gruppi (esperienze, indizi, informazioni, impressioni), in modo da sviluppare una maggiore comprensione delle criticità emergenti. Focus Un profilo consente di focalizzare l’attenzione sugli indicatori per cui si riscontrano giudizi di adeguatezza discordanti Elaborare i giudizi del Rav Le risultanze del profilo di autovalutazione consentono di disporre di una base di riflessione significativa, a partire dalla quale il gruppo di autovalutazione può 29 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Focus Confrontarsi sul percorso che porta a fare sintesi garantisce completezza, accuratezza e qualità nell’espressione del giudizio 30 formulare i giudizi sulle diverse aree di indagine previste dal rapporto di autovalutazione. L’approccio partecipato consente di assumere questo passaggio non come la rappresentazione del dirigente e dei suoi fedelissimi sullo stato di salute della scuola, bensì come la sintesi interpretativa di un confronto a più voci all’interno della comunità scolastica. Il gruppo di autovalutazione interpreta il suo ruolo non come ‘struttura di giudizio’ chiamata a sputare sentenze inappellabili nel chiuso delle proprie stanze, bensì come ‘struttura di servizio’ chiamata a creare le condizioni affinché la comunità scolastica si interroghi sul proprio stato di salute. Tale gruppo non si configura, infatti, come una sorta di consiglio di classe di ‘secondo livello’ chiamato a fare uno scrutinio nel quale dare voti non agli allievi, ma alla scuola; il ‘gioco scolastico’ e le sue deformazioni in materia valutativa tendono subito a richiamare questa cornice valutativa, tanto familiare agli operatori scolastici quanto lontana dal senso e dalle modalità di un processo autovalutativo di istituto. Sulla base dei dati a disposizione e dei giudizi raccolti attraverso l’indagine condotta con l’ausilio del profilo di autovalutazione, il gruppo ha tutti gli elementi per operare una sintesi interpretativa che rifletta gli orientamenti rilevati nella comunità scolastica. La documentazione che accompagna il rapporto di autovalutazione fornisce per questo compito un supporto molto significativo: un insieme di rubriche valutative, una per ciascuna area di indagine, nel quale sono identificati sette livelli di giudizio e, per le voci dispari, vengono descritti dei profili di riferimento sulla base dei quali collocare il proprio istituto. Si tratta di uno strumento molto interessante, elaborato attraverso l’esperienza del progetto Vales, che consente di conferire maggior rigore all’espressione del giudizio e di favorire l’emergere di un linguaggio condiviso tra le diverse realtà scolastiche. Motivare il giudizio Per ciascun giudizio il Rav chiede anche di esplicitare le ragioni che hanno condotto alla scelta, attraverso il richiamo ai dati e alle riflessioni sottese al giudizio scelto. Interessante, a tale riguardo, il riferimento a tre criteri di qualità di tali motivazioni: • la completezza nella considerazione dei dati a disposizione; • l’accuratezza del confronto con gli indici comparativi proposti: • la qualità dell’analisi in riferimento alle specificità contestuali e alle argomentazioni proposte. Quest’ultimo criterio, in particolare, richiama il valore e il significato dell’indagine condotta con il profilo di autovalutazione, in modo da assumere questi giudizi non come esito semi-automatico di qualche indicatore quantitativo, bensì come sintesi interpretativa di una riflessione plurale e partecipata. Mario Castoldi Docente presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università degli Studi di Torino, esperto di problematiche valutative in ambito scolastico [email protected] Individuare le priorità strategiche di Mario Castoldi Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Focus Valutazione vs miglioramento: in mezzo al guado La formulazione dei giudizi (auto)valutativi rappresenta solo il primo step del processo autovalutativo intrapreso, in quanto risulta propedeutica alla definizione delle priorità strategiche su cui elaborare il piano di miglioramento. Nell’ampia letteratura su questi temi tale passaggio emerge come particolarmente problematico: la storia è piena di ottime (auto)valutazioni che si sono fermate sulla ‘soglia del miglioramento’. La stessa guida all’autovalutazione predisposta per l’elaborazione del Rav liquida questo passaggio in tre paginette su un totale di 53 che compongono il documento: poco più del 5% dello spazio complessivo dedicato al momento cruciale dell’intero processo autovalutativo! Sebbene risulti affascinante e pienamente condivisibile il principio per cui l’(auto)valutazione è al servizio del miglioramento, in realtà la transizione dal momento diagnostico a quello terapeutico è il passaggio più delicato dell’intero percorso di cura. Diagnosi e sviluppo sono logicamente ben collegati, ma operativamente non risultano consequenziali tra loro: non c’è alcun algoritmo che li collega, bensì un lucido e rigoroso processo interpretativo e di attribuzione di significato dei giudizi espressi in rapporto alle specifiche condizioni contestuali. Potremmo dire che la competenza valutativa si esercita proprio in questo passaggio, ovvero nella capacità di elaborare una strategia d’azione a partire dal quadro diagnostico emergente dalla valutazione ma calibrato sugli scopi e il contesto d’azione entro cui si opera. Anche per questa fase del processo autovalutativo cercheremo di contrastare la tendenza, quasi naturale visti i tempi e i modi con cui si procede alla prima attuazione del SNV, a perpetuare la massima “un uomo solo al coman- do”, dove l’“uomo solo” è identificabile nel dirigente scolastico, nel migliore dei casi attorniato da qualche fedelissimo collaboratore. Proveremo invece a prefigurare un percorso partecipato e condiviso alla definizione delle priorità strategiche e ai relativi traguardi di esito e obiettivi di processo; un percorso nel quale cercare di evitare qualsiasi meccanismo semi-automatico nella sequenza “giudizio – scelta strategica – definizione traguardi”, prestando attenzione alla necessità di operare questi passaggi in una prospettiva ecologica, capace di considerare la complessità degli elementi in gioco e il loro valore nello specifico contesto d’azione in cui si opera. La ricerca della sintesi Un procedimento valutativo è per sua natura analitico, in quanto tende a scomporre una realtà complessa (nel caso specifico il funzionamento dell’istituto scolastico) in un insieme di variabili utili a decifrarla e comprenderla pienamente. Anche il modello Rav non si sottrae a questa tendenza, proponendo 4 ambiti di esplorazione (Contesto e risorse, Esiti, Pratiche educative e didattiche, Pratiche gestionali e organizzative), 11 aree di indagine (sono escluse le 4 aree relative ai dati di contesto), 49 indicatori, 115 descrittori su cui fondare il processo autovalutativo. È evidente la necessità di un momento di sintesi, in parte rintracciabile nel giudizio (auto)valutativo sulle 15 aree di indagine espresso attraverso i sette gradienti proposti dalle rubriche valutative. Il passaggio verso la definizione di alcune priorità strategiche richiede, peraltro, di rileggere globalmente i giudizi espressi e di curvarli in una dimensione proattiva, ovvero attenta all’uso che si potrebbe farne in una prospettiva di miglioramento. Uno strumento utile per tale operazione può essere la La transizione dal momento della diagnosi a quello ‘terapeutico’ è il passaggio più delicato dell’intero processo 31 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Focus Una matrice Swot aiuta a combinare sguardo retroattivo e sguardo proattivo, centrati in particolare sui risultati ce dobbiamo considerare in relazione a queste opportunità di sviluppo?”. Particolarmente cruciale, in relazione all’individuazione delle priorità strategiche, risulta l’interrogativo sulle opportunità di sviluppo, anche in questo caso da leggere con particolare attenzione agli esiti formativi e alle quattro aree di indagine previste: - risultati scolastici, - risultati nelle prove standardizzate nazionali, - competenze chiave di cittadinanza, - risultati a distanza. Nel linguaggio valutativo le quattro aree proposte possono essere lette come un progressivo allargamento di sguardo dall’output del servizio scolastico (gli esiti di istruzione, valutati internamente o esternamente), all’outcome (gli esiti formativi in senso più lato), all’impatto del servizio stesso (i risultati a distanza); con tale chiave di lettura possono essere riconosciute le opportunità di sviluppo su cui concentrare la propria attenzione. Inevitabilmente il focus sugli esiti formativi tenderà ad allargarsi ai processi che possono essere migliorati, sia in rapporto alle pratiche educative e didattiche, sia in rapporto alle pratiche gestionali e organizzative. In stretta relazione con le opportunità di sviluppo entra in gioco l’interrogativo sui rischi da considerare, che aiuta a contestualizzare le riflessioni del gruppo e a riportarle alle condizioni di fattibilità offerte dal contesto d’azione. Può essere utile a tale riguardo provare a leggere i due interrogativi in parallelo tra loro, cercando di evidenziare per le diverse opportunità evidenziate i relativi rischi e difficoltà che potrebbero emergere. matrice Swot, la quale è costruita intorno a due parametri chiave: da un lato la distinzione tra aree di positività e aree di negatività, che caratterizza inevitabilmente qualsiasi processo valutativo, dall’altro la distinzione tra uno sguardo retroattivo, orientato verso il passato, e uno sguardo proattivo, orientato verso il futuro. La combinazione dei due parametri permette di riconoscere quattro regioni: le forze e le debolezze emergenti dalla riflessione sul funzionamento pregresso, le opportunità e i rischi riconoscibili in rapporto all’azione futura; proprio l’invito a spostare lo sguardo verso il futuro rappresenta la caratteristica qualificante di questo strumento e il suo valore aggiunto in rapporto alla formulazione dei giudizi valutativi. L’uso della matrice Swot Il suggerimento è proporre la matrice Swot al gruppo di autovalutazione, contestualmente all’espressione dei giudizi valutativi sulle 11 aree di indagine previste dal Rav, come invito a rileggere globalmente gli esiti del procedimento autovalutativo (vedi tavola 1). In particolare si prevede in una prima fase di centrarsi sulla parte superiore del quadrante, sintetizzando le principali forze e debolezze emergenti dall’autovalutazione, con particolare attenzione alle aree relative agli esiti formativi; in una seconda fase di spostare l’attenzione sulla parte inferiore domandandosi: “Quali opportunità di sviluppo ci sembra emergano dal profilo autovalutativo per il nostro istituto scolastico?”; “Quali rischi/difficoltà/ minac- Tavola 1 – Matrice Swot Quale profilo del nostro istituto emerge dall’autovalutazione? 32 + - Guardando indietro Forze Debolezze Guardando avanti Opportunità Rischi Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Focus La scelta delle priorità: il diagramma fattibilità-interesse Sulla base della riflessione condotta nel gruppo di autovalutazione attraverso la matrice Swot si tratta di individuare un insieme di opzioni alternative in rapporto alle priorità di sviluppo e ai relativi traguardi di esito di lungo periodo (3 anni), a partire dalle indicazioni fornite nel Rav in merito a tali concetti. Il risultato atteso può essere un prospetto contenente un elenco di possibili priorità (orientativamente dalle 5 alle 10 voci), classificate in relazione ai quattro ambiti di esito, per ciascuna delle quali si ipotizza un possibile traguardo triennale da perseguire in termini operativi e, possibilmente, quantificabili (vedi tavola 5.1.1. del Rav); la definizione del traguardo può aiutare già in questa fase a tradurre in termini più operativi ciascuna priorità di sviluppo individuata. La matrice Swot e il prospetto con le diverse opzioni devono essere presentati all’intera comunità professionale dei docenti dell’istituto come report di sintesi del procedimento valutativo e come occasione per proporre un’indagine tra i docenti in merito alle scelte da operare sulle priorità strategiche da perseguire nel piano di miglioramento. Tale indagine può essere realizzata utilizzando il diagramma fattibilità/interesse, la cui caratteristica è proprio quella di aiutare a stabilire, tra un insieme di proposte di sviluppo, su quali centrare l’attenzione. In primo luogo si tratta di chiedere a ciascun docente di stilare due graduatorie delle proposte formulate in rapporto alle priorità di sviluppo e ai relativi traguardi: la prima sulla base dell’interesse di ciascuna proposta in rapporto al cambiamento atteso, la seconda sulla base della fattibilità della proposta di miglioramento. In secondo luogo si confrontano gli ordini di graduatoria stilati da tutti i soggetti interpellati e, per ogni priorità, si calcola un indice medio su ciascuno dei due parametri considerati (interesse e fattibilità) assegnando un punto nel caso la priorità sia stata collocata all’ultimo posto in graduatoria, due Le diverse opzioni di priorità devono essere presentate all’intera comunità professionale, in modo da verificarne interesse e fattibilità 33 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Focus Le priorità individuate dovrebbero tradursi in traguardi di medio/lungo periodo, rilevabili e confrontabili con opportuni indicatori punti al penultimo posto e via dicendo; un indice medio elevato, quindi, segnala un maggiore gradimento sulla priorità in relazione al suo interesse o alla sua fattibilità. A questo punto ciascuna priorità può essere rappresentata su un diagramma cartesiano per il quale il punto 0 degli assi è rappresentato dalla metà delle opzioni proposte nell’indagine (ad esempio, nel caso di sette opzioni, 3,5), collocandola al punto di intersezione tra il giudizio medio di fattibilità e il giudizio medio di interesse. Il diagramma consentirà di rappresentare anche visivamente le ipotesi che si collocano nel quadrante in alto a destra, su cui concentrare l’attenzione in rapporto all’elaborazione del piano di miglioramento (vedi tavola 2). Al di là delle risultanze dell’indagine, che saranno poi vagliate e sintetizzate dal gruppo di autovalutazione, lo scopo di questo passaggio consiste nel promuovere la condivisione in ordine a un passaggio strategico chiave dell’intero processo autovalutativo, ovvero la definizione delle priorità di sviluppo, vero spartiacque tra la fase diagnostica e la fase migliorativa del procedimento proposto. Dalla priorità strategica ai traguardi di esito Le risultanze dell’indagine sulla fattibilità e l’interesse delle diverse opzioni dovrebbero consentire al gruppo di au- tovalutazione di scegliere la priorità o le due priorità strategiche previste nel Rav. Così pure i traguardi di esito prefigurati nella fase precedente rappresentano la base per definire con maggiore precisione, anche sulla scorta di quanto emerso dalla consultazione tra i docenti, i traguardi di lungo periodo sugli esiti formativi da perseguire nei successivi tre anni. È evidente, a tale proposito, che occorre dedicare particolare cura alla formulazione di tali traguardi in rapporto alla loro effettiva sostenibilità per l’istituto, oltre che alla possibilità di rilevarli empiricamente. In rapporto alla priorità strategica, il valore aggiunto che il traguardo di esito dovrebbe apportare riguarda la possibilità di disporre di un target di riferimento utile a monitorare i progressi dell’istituto scolastico nell’affrontare la priorità strategica e a valutare complessivamente l’efficacia del piano di miglioramento. Ciò comporta, innanzi tutto, la declinazione della priorità strategica in termini di indicatori empiricamente rilevabili e, possibilmente, confrontabili in termini longitudinali (come evoluzione dell’istituto nel tempo) e trasversali (come comparazione tra l’istituto e altre realtà formative e/o territoriali). È opportuno precisare che generalmente possiamo riconoscere una pluralità di indicatori in rapporto a una priorità strategica; si tratta pertanto, di scegliere quello più signifi- Tavola 2 – Diagramma fattibilità-interesse: un esempio Interesse massimo Ipotesi da approfondire Fattibilità minima 34 Ipotesi da scartare Ipotesi da attuare Ipotesi da approfondire Interesse minimo Fattibilità massima Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Focus cativo o di selezionare una rosa di indicatori da considerare; è evidente che se siamo in presenza di indicatori metrici vengono facilitate le operazioni di comparazione e di definizione di soglie di raggiungimento. Una volta definiti gli indicatori si tratta di valutare se ci sono degli standard di riferimento (in particolare per gli indicatori metrici) utili a definire una soglia di risultato per il successivo triennio; in assenza di standard è possibile definire la soglia in termini longitudinali, come miglioramento della propria prestazione nel tempo. Come si è detto è importante valutare attentamente la soglia di risultato da prevedere nel traguardo di esito, possibilmente in relazione anche a una serie storica di dati, considerando le diverse variabili di contesto che possono condizionare gli esiti dell’istituto. La definizione di uno o più traguardi di esito rappresenta comunque un riferimento prospettico molto importante per la progettualità dell’istituto, utile a orientare sia le azioni intenzionalmente rivolte al loro raggiungimento, sia l’azione organizzativa e formativa in senso più lato. La definizione degli obiettivi di processo L’ultimo passaggio richiesto dal Rav riguarda l’individuazione di obiettivi di processo attraverso cui perseguire le priorità selezionate e contribuire al raggiungimento dei traguardi di esito previsti. A tale riguardo è opportuno provare a esplicitare la relazione che è prefigurata tra i diversi termini impiegati nel Rav per l’impostazione del piano di miglioramento, che costituirà lo sviluppo naturale del procedimento autovalutativo: - le priorità, come abbiamo già evidenziato, rappresentano l’orizzonte strategico del piano di miglioramento in rapporto ai risultati formativi che l’istituto scolastico intende promuovere; - i traguardi di esito costituiscono le variabili dipendenti del piano che si andrà ad attuare, ovvero i risultati attesi su cui poter valutare il grado di successo del piano di miglioramento; - gli obiettivi di processo definiscono le variabili indipendenti, ovvero i mezzi attraverso i quali si intende perseguire un miglioramento sui traguardi di esito. Gli obiettivi di processo sono le leve su cui operare per migliorare i risultati formativi (traguardi) che scaturiscono dalle priorità 35 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Focus Il campo di forze consente di tenere sotto controllo fattori favorenti (da potenziare) e fattori ostacolanti (da attenuare) Tavola 3 – Esempio di campo di forze Priorità strategica: diminuzione dell’abbandono scolastico Che cosa facilita il raggiungimento della priorità? Curricolo, progettazione e valutazione Ambiente di apprendimento Inclusione e differenziazione Continuità e orientamento Orientamento strategico e organizzazione della scuola Sviluppo e valorizzazione delle risorse umane Integrazione con il territorio e rapporti con le famiglie Gli obiettivi di processo, quindi, definiscono le leve su cui operare per migliorare i risultati formativi su cui si è focalizzata la propria attenzione. Da qui la cura con cui devono essere individuati, in rapporto alle diverse aree di indagine delle pratiche educative e didattiche e delle pratiche gestionali e organizzative, sulla base dei giudizi valutativi emergenti dai passaggi precedenti. Anche in questo caso si propone uno strumento che può aiutare il gruppo di autovalutazione a portare a sintesi le risultanze autovalutative in funzione dell’individuazione degli obiettivi di processo: il campo di forze, uno strumento che sollecita a rappresentare le forze che favoriscono od ostacolano una certa esperienza o un certo evento consentendo di cogliere la dinamica presente tra le forze attrattive e repulsive che lo determinano, tra i fattori di facilitazione e di resistenza. Il campo di forze 36 Nel caso specifico si propone al gruppo di autovalutazione di focalizzare l’attenzione sulla o sulle priorità strategiche individuate e di impiegare il campo di forze per una prima analisi dei fattori favorenti e ostacolanti lo sviluppo della priorità stessa; tali fattori possono essere ricondotti agli ambiti di indagine del Rav relativi ai processi (vedi tavola 3). L’analisi compiuta attraverso il campo di forze può aiutare a formulare gli obiettivi di processo a breve termine, visti come potenziamento di alcuni fattori favorenti o come attenuazione di alcuni fattori ostacolanti. In estrema sintesi, con questi contributi si sono voluti offrire alcuni spunti di lavoro in direzione di un approccio partecipato, riflessivo e situato al procedi- Che cosa ostacola il raggiungimento della priorità? mento valutativo previsto dal SNV, caratteristiche distintive di una metodologia valutativa congruente con le caratteristiche di un servizio formativo, in modo da interpretare il Rav non come l’ennesimo adempimento, ma come un’opportunità per uno scatto in avanti. Riferimenti bibliografici Associazione TreeLLLe, L’Europa valuta la scuola. E l’Italia?, Quaderno n. 2, novembre, 2002. N. Bottani, A. Cenerini (a cura di), Una pagella per la scuola, Erickson, Trento, 2003. M. Castoldi, Qualità a scuola, Carocci, Roma, 2005. M. Castoldi, Valutare a scuola, Carocci, Roma, 2012. Fondazione Agnelli, La valutazione della scuola. A cosa serve e perché è necessaria all’Italia, Laterza, Bari, 2014. M. Lichtner, La qualità delle azioni formative, Franco Angeli, Milano, 1999. J. Mc Beath, A. Mc Glynn, Autovalutazione nella scuola, Erickson, Trento, 2006. A. Paletta, Scuole responsabili dei risultati, Il Mulino, Bologna, 2012. M. Palumbo, Il processo di valutazione, Franco Angeli, Milano, 2011. M. Schratz, L. Bo Jakobsen, J. MacBeath, D. Meuret, Autovalutazione e cambiamento attivo nella scuola, Erickson, Trento, 2003. P. Sestito, La scuola imperfetta, Il Mulino, Bologna, 2014. K.E. Weick, Senso e significato nell’organizzazione, Cortina, Milano, 1997 (ed. orig.1976). Mario Castoldi Docente presso la Facoltà di Scienze della formazione dell’Università degli Studi di Torino, esperto di problematiche valutative in ambito scolastico [email protected] Le prove Invalsi nell’autovalutazione di Aurelia Orlandoni Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Gli apprendimenti Gli indicatori nell’apprendimento Il format del Rav, elaborato da Invalsi, è un documento articolato in 5 sezioni che prevede 49 indicatori attraverso i quali le scuole potranno scattare la loro fotografia, individuare i loro punti di forza e debolezza, mettendoli a confronto con dati nazionali e internazionali, ed elaborare le strategie per rafforzare la propria azione educativa. Il Rav sarà pubblicato a luglio 2015 sul portale “Scuola in chiaro” e sul sito dell’istituzione scolastica. Fra i 49 indicatori previsti, 3 di questi riguardano gli esiti delle prove standardizzate: a) i risultati degli studenti nelle prove Invalsi; b) i livelli di apprendimento degli studenti; c) la variabilità dei risultati fra le classi. Di seguito si propone una lettura dei dati restituiti alle scuole da Invalsi in riferimento ai tre indicatori allo scopo di ricavare informazioni sui punti di forza e i punti di debolezza della scuola e, soprattutto, di fornire spunti per ulteriori approfondimenti. Si inizierà dall’ultimo dei tre indicatori in quanto si ritiene importante iniziare a leggere la scuola proprio dalla variabilità Tra/Dentro le classi. Variabilità dei risultati fra le classi Descrittore: Varianza interna alle classi e fra le classi Prima di entrare nel merito dei dati che vengono forniti è bene chiarire il significato e l’importanza della variabilità dei risultati al fine dell’equità. Le ricerche internazionali comparative sugli apprendimenti (Timss e Pisa in particolare) definiscono equo un sistema scolastico in cui ci sia una grande variabilità di risultati nelle prove all’interno di ogni istituzione scolastica e una bassa variabilità fra le diverse isti- tuzioni. Infatti un sistema scolastico può essere definito equo se ogni istituzione scolastica offre le stesse opportunità di raggiungere le competenze previste per quel livello scolare. Questo non significa che tutti debbano fare le stesse cose ma che qualunque scuola un ragazzo frequenti al termine di essa avrà raggiunto livelli di apprendimento molto simili. Purtroppo i risultati delle prove standardizzate (nazionali e internazionali) evidenziano che la scuola italiana presenta grandi differenze territoriali, grandi differenze fra le scuole e scarse differenze all’interno delle scuole. L’esatto opposto dell’equità così come è stata definita. Si capisce quindi l’importanza dei dati sulla variabilità fra le classi e dentro le classi che consentono a ogni scuola di avere informazioni quantitative sulle differenze interne. Invalsi restituisce, per ogni disciplina e per ogni classe, un grafico in cui viene confrontata la variabilità tra le classi della scuola con quella del campione Italiano, sia in riferimento ai punteggi ottenuti nella prova sia in riferimento all’Escs. È opportuno rilevare che un basso livello di variabilità tra le classi indica un alto tasso di omogeneità e di equilibrio nella loro composizione e quindi una complementare maggiore variabilità al loro interno dove saranno presenti tutti i livelli di rendimento. Un sistema educativo equo dovrebbe ridurre la variabilità tra le diverse scuole e tra le classi della medesima scuola ESCS Escs è l’indice di status socio-economico-culturale, cioè del background che viene attribuito a ogni studente sulla base delle informazioni fornite dal questionario scuola e dal questionario studente. Il calcolo dell’Escs si basa su indicatori discreti, come il livello d’istruzione dei genitori e la loro condizione occupazionale, ma anche su un indicatore continuo in grado di esprimere una misura delle condizioni materiali in cui vive l’allievo al di fuori della scuola. 37 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Figura 1 – Variabilità fra le classi (V primaria) Gli apprendimenti I dati Invalsi ci mostrano quanta ‘differenza’ ci sia tra le classi di un istituto, pesando anche le variabili socio-culturali 38 Classi equi-eterogenee Di seguito vengono illustrate due situazioni completamente diverse dal punto di vista dell’equità. Il grafico di figura 1 rappresenta l’andamento della variabilità in una quinta primaria. Immediatamente si coglie che non esistono differenze significative fra l’andamento nella scuola e quello nel campione nazionale. Entrando nel dettaglio e analizzando le due colonne di sinistra, si vede che la differenza tra le classi riferita ai punteggi ottenuti è del 2,1% e quindi il 97,9% (cioè il complemento rispetto al 100%) è la differenza interna alle classi. Si può concludere che, in riferimento ai punteggi la variabilità è praticamente tutta interna alla classe e non ci sono differenze significative fra una classe e l’altra dell’istituto. Le altre due colonne a destra mostrano che la differenza tra le classi dell’istituto scolastico in termini di Escs è del 12,4% mentre nel campione è del 13,2%. Anche qui quasi tutta la variabilità di Escs dell’istituto (87,6%) è interna alle classi. Si può dedurre che le classi appaiono “ben formate” dal punto di vista dell’equieterogeneità. Il grafico di figura 2 rappresenta l’andamento della variabilità in una II secondaria di secondo grado. Immediatamente si coglie che l’istituto presenta grosse differenze rispetto all’andamento nel campione. Entrando nel det- taglio e iniziando dalle due colonne di sinistra, si vede che la differenza tra le classi riferita ai punteggi ottenuti è del 28,6% e quindi il 71,4% è la differenza dentro alle classi. Ancora più marcata è la differenza istituto-campione nazionale in relazione all’Escs, il 52,2% della differenza è tra le classi e quindi il 47,8% è dentro le classi. Si può osservare che la situazione è molto preoccupante perché si ha l’impressione di classi omogenee al loro interno ma molto diverse fra loro sia in termini di Escs sia in termini di punteggi, l’esatto contrario di equità. Questa situazione richiede una riflessione e un approfondimento perché, a meno che non si tratti di un istituto in cui ogni classe appartiene a un indirizzo diverso e quindi la formazione delle classi è obbligata, occorre interrogarsi sia sulla formazione iniziale delle classi sia su eventuali problemi didattici che incidono così pesantemente sui risultati: a esempio cambiamenti molto frequenti (più di uno all’anno) di insegnanti in alcune classi o altre situazioni didattiche problematiche possono essere causa di risultati molto diversi. Classi omogenee ma diverse tra loro In riferimento ai dati sulla variabilità si ricorda che in II elementare vengono restituiti solo i dati sulla variabilità dei Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Figura 2 – Variabilità fra le classi (II secondaria di secondo grado) punteggi in quanto non viene compilato il questionario studente (1). È chiaro a questo punto che le misure di variabilità interna alla scuola sono uno strumento importante di verifica della composizione delle classi e vanno lette da ogni scuola alla luce della propria realtà particolare (ad esempio differenze fra le classi con tempi scuola diversi, oppure differenze fra classi con indirizzi diversi). I risultati degli studenti nelle prove di Italiano e di Matematica Descrittori: - Punteggi della scuola, delle classi e delle sedi in Italiano e Matematica; - Differenze nei punteggi rispetto a scuole con Escs simile Le informazioni relative a questo indicatore rilasciate dall’Invalsi sono principalmente contenute nella tabella e nel 1) Nel 2014 non sono stati rilasciati da Invalsi i grafico di cui si fornisce un esempio e la descrizione. Le due figure 3 e 4 riportano i risultati in Matematica di quattro classi quinte di una scuola primaria. Nella tabella sono cerchiati due dati, la media ottenuta dagli studenti della classe 1 al netto del cheating (cioè tolta la percentuale di punteggio attribuibile al cheating) e il valore del cheating in percentuale. In questo caso la classe ha una percentuale di cheating presunto del 25,9%, che è un valore significativamente allarmante. È importante sottolineare il rischio di falsi positivi (2) soprattutto quando la prova risulta complessivamente facile. Per questo motivo Invalsi restituisce anche il dato osservato (penultima colonna), cioè quello realmente ottenuto dalla classe. La scuola ha tutti gli elementi per valutare fino in fondo la situazione. Nel caso della figura 3, da una discussione con gli insegnanti delle classi è emerso che, Gli apprendimenti Una forte variabilità tra classi può essere sintomo di problemi diversi: nella loro composizione, negli indirizzi e nei tempi-scuola, nell’assegnazione dei docenti dati sulla misura della variabilità per la classe III della secondaria di primo grado. Infatti gli 2) In statistica per falsi positivi si intendono i studenti non compilano il questionario casi che risultano positivi al fattore studiato studenti, perché la prova Invalsi si svolge (in questo caso il cheating) pur non all’interno dell’esame di Stato e non è stata essendolo in realtà (nel nostro caso pur non effettuata la prova Invalsi nella classe I della essendo casi reali di cheating). Nelle prove secondaria di primo grado; mancano quindi questi casi si concentrano soprattutto nelle le informazioni di contesto che venivano classi seconde di secondaria di secondo raccolte per determinare l’Escs di scuola. grado e in particolare nei licei. 39 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Gli apprendimenti L’analisi dei dati restituiti dall’Invalsi consente di capire molti aspetti del progetto didattico di una classe 40 Figura 3 – Tavola 1B Matematica (MAT) Figura 4 – Confronto con le 200 scuole (Mat) oltre a pratiche didattiche riconosciute molto valide da tutti i docenti, in quella classe erano state appena discusse e affrontate situazioni che hanno consentito, tra l’altro, ai bambini di rispondere correttamente (tutti!) a un quesito che è risultato il più difficile a livello nazionale. Per il significato dei dati contenuti nelle altre colonne si rimanda ai documenti di accompagnamento alla restituzione dei dati e in particolare al- le note. Si ricorda anche che sul sito Invalsi nella pagina di restituzione dei dati alle scuole è presente il link a un Tutorial multimediale per la lettura dei dati che può essere molto utile per una migliore comprensione dei dati stessi. La comparazione In figura 4 sono riportati gli stessi dati della tabella in forma grafica e vie- Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 ne, soprattutto, rappresentato il confronto con i punteggi medi ottenuti dalle 200 classi con Escs simile alla classe in esame (quadratino pieno), con i dati medi della Regione e con i dati medi del campione italiano; la linea nera evidenzia se la classe è sopra o sotto il punteggio ottenuto dalle scuole con Escs simile. Il puntino alla fine della linea rappresenta il punteggio, al netto del cheating, della classe. In questo esempio risulta evidente che tutte le classi della scuola (anche quella con una cheating del 25,9%), al netto dal cheating, ottengono risultati sempre superiori a quelli ottenuti nelle scuole con Escs simile. È questo un primo dato di valore aggiunto poiché ogni classe e ogni istituto scolastico viene confrontato con classi o scuole simili. Questo confronto è particolarmente importante perché consente alla scuola di confrontarsi con situazioni analoghe e verificare quindi come si colloca rispetto a chi parte dalle sue stesse condizioni socio-economico-culturali. Sarebbe ingiusto e poco significativo un confronto con situazioni troppo diverse, ad esempio fra scuole che operano in territori difficili e scuole che operano in territori privilegiati. La lettura di questi dati può portare a spunti di approfondimento perché solo la scuola è in grado di rispondere a domande del tipo: perché ci sono andamenti diversi fra le classi e/o fra le discipline? Il Cheating Cosa si intende per cheating (letteralmente imbrogliare) e come viene calcolato? Esso rappresenta i comportamenti anomali nei risultati e viene calcolato in modo automatico tenendo conto di diversi fattori concomitanti: elevata percentuale di risposte corrette, bassa variabilità della percentuale di risposte corrette all’interno della classe, bassa variabilità nelle modalità di risposta a ciascun item, basso tasso di mancate risposte, che possono fare ipotizzare comportamenti anomali confrontati con dati di contesto (voti al primo quadrimestre,…) e difficoltà degli item. Il background familiare ha un peso sui risultati delle classi? Le medie del gruppo di riferimento (200 classi) sono simili o diverse tra loro? Perché? Sono domande importanti per la predisposizione di un piano di miglioramento efficace che possa intervenire laddove compaiono evidenti criticità. Gli apprendimenti Il confronto con situazioni simili sotto il profilo socio-culturale fa intuire il concetto di ‘valore aggiunto’ I livelli di apprendimento degli studenti Descrittori: Alunni collocati nei diversi livelli in italiano e in matematica Le tavole da analizzare in relazione a questo descrittore sono quelle Tav. 4A Italiano, Tav. 4B Matematica e Tav. 5 Italiano/Matematica – Numerosità (tavole scaricabili dalle scuole). Le prime due riportano, classe per classe, il numero di allievi che si è collocato in ognuno dei 5 livelli così individuati: Livello 1 – contiene gli studenti che hanno totalizzato un punteggio minore o uguale al 75% della media nazionale. Ad esempio quest’anno la percentuale media di risposte corrette in quinta primaria in matematica è stata 62,9. Quindi nel primo livello sono stati collocati tutti gli studenti che hanno ottenuto un punteggio medio minore o uguale a 47,2 (il 75% di 62,9). Livello 2 – contiene gli studenti che hanno totalizzato un punteggio mag- 41 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Gli apprendimenti La collocazione degli allievi nelle diverse fasce di livello offre informazioni utili alla ri-progettazione didattica Tavola 5 – Italiano/Matematica - numerosità Istituzione scolastica nel suo complesso Prova di matematica Numero Numero Numero Istituzione scolastica studenti studenti studenti livello 1-2 livello 3 livello 4-5 Numero studenti 27 2 7 livello 1-2 Prova Numero studenti di 17 11 14 livello 3 italiano Numero studenti 12 10 43 livello 4-5 giore del 75% della media nazionale e minore o uguale al 95% della media nazionale … Livello 5 – contiene gli studenti che hanno totalizzato un punteggio superiore al 125% della media nazionale. I dati di ogni classe e della scuola vengono confrontati con quelli della regione di appartenenza, della macro-area e dell’Italia. È particolarmente interessante osservare quanti studenti si collocano nei livelli estremi (1 e 5) che individuano rispettivamente gli studenti con gravi carenze e gli studenti eccellenti. La distribuzione per livelli 42 Di particolare interesse è la tavola 5 che indica la numerosità degli studenti nei diversi livelli di apprendimento in Italiano e Matematica. Questa tabella consente una lettura incrociata della numerosità degli studenti nei livelli nelle prove di italiano e di matematica. Gli studenti che si collocano nelle caselle evidenziate in grigio si trovano negli stessi raggruppamenti di livello sia in italiano sia in matematica, come ci si aspetta che accada per la stragrande maggioranza. I dati anomali sono invece gli studenti che si collocano nell’ultima casella in basso a sinistra (12) e quelli che si collocano nell’ultima casella in alto a destra (7). Questi studenti si trovano nei livelli alti in italiano e in quelli molto bassi in matematica (12) e viceversa (7). Lo squilibrio è significativo e merita un approfondimento interno alla scuola: è opportuno andare a vedere le Tav. 4A e 4B per vedere se questi studenti sono distribuiti equamente nelle diverse classi oppure sono concentrati in alcune classi soltanto. In conclusione i dati restituiti alle scuole da Invalsi meritano una lettura approfondita e possono offrire spunti di riflessioni interessanti soprattutto se le prove standardizzate vengono vissute nella scuola come occasione di analisi e di miglioramento e non, come spesso accade, come un giudizio che cade dall’alto. Il RAV può costituire un’occasione importante a questo scopo. www.istruzione.it/sistema_valutazione/ Presentazione del format del Rapporto di Autovalutazione (27-28 ottobre 2014) Aurelia Orlandoni Collaboratrice di Invalsi per le prove di matematica, esperta di statistica, già docente di matematica [email protected] Valutare gli apprendimenti a scuola Prove strutturate, prove di scuola, valutazione quotidiana: il contributo di Avimes Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Gli apprendimenti di Silvana Mosca È possibile una statistica amichevole? In oltre quindici anni di attività nelle scuole della rete Avimes sono stati sperimentati il rigore indispensabile delle procedure valutative e valutazioni sempre più approfondite, capaci di cogliere i significati, le potenzialità, i progressi degli alunni e di promuovere lo sviluppo professionale degli adulti, ai fini del miglioramento continuo degli esiti e dell’innovazione educativa. La valutazione degli alunni ha chiamato in causa l’autovalutazione dell’insegnamento e – di riscontro – l’autovalutazione degli alunni stessi. Le pratiche, volute da docenti e dirigenti e sostenute dagli esperti in sessioni di formazione nazionale, locale e internazionale, costituiscono ricerca autentica, sono fuori da logiche burocratiche, motivano le scuole, introducono una statistica amichevole, pur densa di sfide e di aspirazioni, accrescono l’autostima in luogo di abbatterla. I rischi di implosione sono sempre in agguato, ma i miglioramenti ottenuti ripagano i singoli e i gruppi, la valutazione diventa pratica intrinseca al fare scuola. Le prove Invalsi prima, e il Rav oggi, si inseriscono in scuole ove gli attori hanno già sperimentato forme analoghe, nell’alternanza indispensabile fra valutazione esterna e valutazione interna. Molti docenti e dirigenti della rete hanno svolto in questi anni attività di formazione di colleghi, coordinato dipartimenti e gruppi di ricerca-azione, collaborato con il gruppo autori delle prove nazionali, realizzato materiali didattici e relazioni di esperienze il cui valore è stato riconosciuto anche all’esterno. La Rete Avimes Avimes è una rete di 50 scuole del Piemonte e di altre regioni, che opera dal 1996 in tema di Autovalutazione di Istituto per il Miglioramento dell’Efficacia della Scuola. La valutazione degli apprendimenti e degli esiti educativi è al centro della ricerca secondo un approccio funzionale che deriva dal modello della School Effectiveness, nel quale il contesto e le risorse dell’istituto sono considerate variabili pressoché indipendenti, mentre i processi organizzativi e didattici sono ritenuti variabili ‘malleabili’ da parte dei diversi attori scolastici, al fine di ottenere i migliori risultati educativi. Le prove standardizzate nazionali e internazionali Avimes considera da vicino e applica metodi e strumenti valutativi Invalsi, Iea-Timss e Pirls, Pisa; ne approfondisce i presupposti, oltre a considerarne l’impatto e ad accompagnare le rilevazioni con gruppi di lavoro che valorizzano le proposte come situazioni di insegnamento/apprendimento. Le applicazioni sono assistite a distanza dal gruppo di progetto e precedute da fasi formative sui quadri di riferimento delle competenze da accertare e sulle tecniche di costruzione delle prove (formulazione dei quesiti, revisione, selezione qualitativa degli item, pretest, cenni di tecniche psicometriche, collegamento con le Indicazioni/Linee guida curricolari) (1). Gli insegnanti vengono introdotti ai metodi utilizzati dagli esperti e ne colgono la valenza, possedendo gli elementi per discutere di va- La ricerca in rete sulla valutazione affronta questioni concettuali (i quadri di riferimento) e tecniche (le prove di apprendimento) 1) Cfr. Invalsi (2014), Rilevazioni nazionali degli apprendimenti 2013-14. Rapporto tecnico, in www.invalsi.it 43 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Gli apprendimenti In rete si analizzano le competenze richiamate dalle prove, ma anche gli atteggiamenti di docenti e allievi nei loro confronti lutazione con gli addetti ai lavori, in luogo di percepire la valutazione esterna come un’imposizione o un rischio. Ogni anno viene affrontato un tema di ricerca didattica in relazione ai nodi concettuali fondamentali o ai punti di criticità. Ad esempio: - l’argomentazione come competenza necessaria alla comprensione testuale in diversi ambiti disciplinari; - la pratica del riassunto come modalità formativa delle capacità di individuazione delle informazioni e di rielaborazione del testo di italiano (processi basilari per la formazione del metodo di studio); - la statistica descrittiva essenziale per una cittadinanza consapevole; - le trasformazioni geometriche per la concettualizzazione dello spazio. L’impatto delle prove standardizzate esterne sui docenti è esplorato con l’utilizzo di griglie di analisi critica della copertura del curricolo realizzato rispetto al contenuto della prova e alle Indicazioni e Linee guida ministeriali (OTL, Opportunity to learn). Viene anche utilizzata una griglia di auto-intervista didattica del docente, per rilevare le sue aspettative di risultato nei singoli studenti (2). Le prove standardizzate sono volte a misurare ciò che l’alunno sa e sa fare ‘senza aiuto’. Quelle esterne mirano a conoscere quanto e come le scuole, le classi o le coorti di ragazzi di una certa età scolastico-formativa possiedano gli elementi fondamentali previsti dal sistema di istruzione nazionale o condivisi in ambito internazionale. Gli atteggiamenti emotivi di insegnanti, studenti e famiglie verso le prove standardizzate sono studiate in letteratura, così come i comportamenti anomali (cheating) e le reazioni di resilienza. Circa la presa di coscienza delle emozioni, Avimes ha avviato un’esperienza di utilizzo del disegno espressivo in alunni di 10 anni (figura 1). Figura 1 – “Come mi sento dopo la prova Invalsi” (3) Valutazione diagnostica. Errore e/è apprendimento ed etica della valutazione Avimes considera la valutazione un terreno delicato sul quale ogni passo va compiuto con responsabilità, rigore e fiducia, facendo buon uso dei dati, in base al principio dell’etica della valuta3) Disegni realizzati da alunni di classe quinta della scuola primaria “Roberto D’Azeglio” di Torino: sono evidenziati gli aspetti di autoefficacia e di percezione del pensiero 2) Cfr. O. Marasso, S. Mosca, Autovalutazione 44 interiore. Anche gli insegnanti sono dell’insegnamento, in G. Barzanò, S. Mosca, coinvolti con una scala di autoefficacia del J. Scheerens, op. cit. docente. Ricerca-azione di O. Di Benedetto. Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Figura 2 – Protocollo autentico Avimes della prova D13 SNV-2010 Invalsi (4) zione. Si aiutano i vari attori a entrare nei risultati, ad affrontare l’errore e l’esito eventualmente negativo, così come a spiegare il risultato positivo. Risulta fruttuoso lavorare sulle prove oggettive intorno alla struttura degli item, alle risposte o alle omissioni, mediante la discussione con e tra gli allievi circa le strategie adottate. Nella didattica d’aula si riutilizzano i fascicoli delle prove già tabulati, per approfondire le diagnosi o rinforzare le competenze in corso di formazione. I protocolli autentici delle prestazioni degli alunni, gli appunti scritti a margine, le tracce delle revisioni contengono indizi preziosi affinché i docenti analizzino e ri-modulino l’insegnamento e gli studenti riflettano, ri-tentino le soluzioni, argomentino gli esisti positivi, si autovalutino. 4) J. Scheerens, S. Mosca, R. Bolletta, op. cit. La valutazione entra a far parte del fare scuola e della leadership di istituto, non alla conclusione di un percorso, bensì all’inizio, durante e dopo. Le proposte delle prove strutturate sono trasformabili in situazioni di apprendimento secondo una didattica laboratoriale: basti pensare alla tecnica della revisione del testo su supporto informatico per esplorare le famiglie lessicali oppure al lavoro a coppie per il problem solving. Gli apprendimenti Rispetto alle prove strutturate si possono studiare i protocolli, le integrazioni, gli errori, gli appunti borderline degli allievi Il feedback valutativo nella valutazione quotidiana e nelle prove oggettive Il valore di ogni operazione valutativa deriva in buona parte dal feedback che il giudizio espresso dal valutatore rinvia al fornitore dell’informazione. Nel campo dell’educazione, il feedback caratterizza la visione dinamica dell’azio- 45 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Gli apprendimenti Figura 3 – Protocollo Avimes di attività con prova PISA 2003 (6) Le prove possono essere ‘smontate’ secondo un approccio costruttivo, che rivela processi di ragionamento, intuizioni, operazioni logiche, ecc. 46 ne di insegnamento orientata a far evolvere le conquiste ottenute via via dall’apprendente. Sarà la valutazione interna, in particolare quella quotidiana, che dovrà individuare le potenzialità e regolare la didattica. Come dice Vygotskij, “La zona dello sviluppo potenziale ci aiuta a conoscere anche il domani dello sviluppo, prendendo in considerazione non i risultati già ottenuti ma anche quelli che sono in via di acquisizione” (5). Questo principio è valido in tutti i gradi scolastici. Si osservi il protocollo di una prova Pisa, con domanda a risposta aperta argomentativa, utilizzata in classe per scopi di apprendimento più che valutativi, secondo un approccio didattico costruttivo, nel quale sono centrali i processi di comprensione e soluzione, al di là della correttezza della risposta (figura 3). Lo studente sta al gioco di sfida posto dal problema, matematizza, ricorre a tutti gli strumenti mentali e disciplinari di cui dispone, intuisce, esplora, opera, annota risposte parziali, recupera informazioni dal foglio e dalla memoria, commenta ciò che sta facendo, indirettamente fornisce al valutatore indizi sul proprio ra- 5)L.S. Vygotskij, Storia dello sviluppo delle 6) Da J. Scheerens, S. Mosca, R. Bolletta, op. funzioni psichiche superiori e altri scritti, cit. Esperienza di S. Beltramino (Scuola sec. Giunti, Firenze, 1974, ediz. originale 1934. di II grado di Pinerolo). Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Gli apprendimenti gionamento, rendendosi disponibile a essere valutato; ma – soprattutto – impara, conosce, assimila, conquista un risultato e corrobora l’impegno. È difficile dire se l’attività sopra descritta costituisca un esempio di valutazione formativa e diagnostica, un’esperienza di autovalutazione da parte dell’allievo oppure, complessivamente, un apprendimento metacognitivo. La struttura stessa del compito di apprendimento e di valutazione è generatrice di ideazioni, pone un obiettivo chiaro, ostacola una esecuzione meccanica e superficiale, induce il rispondente a dare il meglio di sé e permette al valutatore/insegnante di rilevare livelli, processi e sfumature di prestazione. La documentazione di esempi così pregnanti potrà utilmente costituire un portfolio individuale delle specificità e dei progressi di apprendimento, accanto a forme più sintetiche e globali. Le prove di scuola Fin dagli inizi Avimes operò per la costruzione di prove oggettive, l’applicazione nelle classi parallele della rete, l’elaborazione e l’analisi dei risultati, l’ideazione di percorsi didattici idonei a rimediare alle carenze riscontrate. L’architettura autovalutativa coinvolse il dirigente scolastico, il quale fu chiamato ad auto-analizzare il proprio lavoro, in base al principio che, per promuovere azioni autovalutative, è necessario mettersi alla prova anche personalmente. Spesso le prove di scuola vengono introdotte per esigenze di governance (creare un linguaggio comune, sollecitare il confronto sulla base di evidenze condivise, superare la discrasia fra il dichiarato e l’agito, attivare un circolo virtuoso fra valutazione, progettazione e curricolo, favorire l’omogeneità degli esiti nelle classi) (7). Le prove comuni di istituto possono adattare gli stimoli alle diversità fra allievi (disabili, Dsa, stranieri neoarrivati, Bes) e valutare le specificità, orientando in modo personalizzato il sostegno al successivo apprendimento: valutazione per l’apprendimento. Molte scuole Avimes compiono esperienze in questo ambito e accrescono la qualità degli strumenti attingendo all’expertise acquisita nella rete, la quale – a sua volta – attinge alla sempre maggiore validità e varietà dei modelli Invalsi: si realizza così un’alternanza interno/esterno con approccio multilivello, che dà forza e valore alla valutazione stessa (8). Strumenti comuni, confronto di dati, analisi delle prove, vanno nella direzione di una valutazione formativa e diagnostica 7)Cfr. Esperienza scuola “Salgari”, resoconto di E. Golzio. 8)Cfr. Esperienze interscuola: I.C. III di Chieri (scuola polo Avimes, dirigente M. Perotti), I.C. di Vinovo e altri. 47 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Gli apprendimenti La semplificazione intervenuta con il voto non dà ragione dei criteri di valutazione né della qualità degli apprendimenti 48 I voti e oltre... La valutazione a scuola ha differenti funzioni: stimare le conoscenze e le competenze degli allievi, diagnosticare le difficoltà, misurare ciò che gli alunni hanno appreso al termine di una fase di formazione, accompagnare i loro progressi, certificare l’acquisizione delle conoscenze e delle competenze, attestare il superamento degli esami. L’attribuzione dei voti è spesso l’unica forma di valutazione. Ma i voti non permettono di identificare i punti di forza e di debolezza, non evidenziano la qualità delle prestazioni, non tengono conto del background socioculturale, sono classificatori e basati su scale ordinali e non metriche, talvolta tentano di coniugare valutazioni a criterio (riferite al raggiungimento degli obiettivi posti dalla programmazione) con valutazioni a norma (riferite alla distribuzione dei punteggi nel gruppo classe, inteso come campione di riferimento). Si generano così misconcezioni e semplificazioni svianti o dannose (ad esempio per studenti e famiglie). Sono noti, al riguardo, i disallineamenti tra voti e punteggi nelle prove oggettive (cfr. Pisa e Invalsi) e le disomogeneità di votazioni fra scuole e anche fra classi del medesimo istituto; perplessità infine si generano quando i voti tendono a esprimere elementi estranei ai livelli di apprendimento (la condotta). Eppure i voti appaiono di immediata decodifica, ad esempio da parte delle famiglie, anche in relazione alla forza della tradizione, per una globale comunicazione. Una revisione di queste modalità in direzione dell’equità, di un reale supporto alle comunicazioni scuola-famiglia e alla riuscita scolastica caratterizza il dibattito attuale nel ministero e nell’opinione pubblica, in Francia. In Italia si affaccia l’esigenza di approfondire l’argomento, di ridurre ambiguità e discrasie, senza perdere la ricchezza delle informazioni oggi disponibili, per coniugare con opportu- ne integrazioni la molteplicità necessaria dei dati per una valutazione fondata ed efficace. Riferimenti bibliografici A.M. Ajello et al., Il decennale delle prove Invalsi, 2014, in www.invalsi.it. F. Arzarello et al., Matematica: non è solo questione di testa. Strumenti per osservare i processi di apprendimento in classe, Erickson, Trento, 2011. G. Barzanò, S. Mosca, J. Scheerens, L’autovalutazione nella scuola, Bruno Mondadori, Milano, 2000. Gruppo Matematica Avimes, Prove oggettive e valutazione su il Numero, Usr Piemonte, 2006. Gruppo Lingua Avimes, Leggere per capire, rielaborare, apprendere, Usr Piemonte, 2007. Gruppo Matematica Avimes, Un laboratorio per formare competenze, Usr Piemonte, 2008. Gruppo Matematica Avimes e R. Zan, Porsi e risolvere problemi, Usr Piemonte, 2011. Gruppo percezioni Avimes e P. Maruca, Gli allievi valutano la loro scuola, Avimes, 2014. J. Scheerens, S. Mosca, R. Bolletta, Valutare per gestire la scuola. Governance, leadership e qualità educativa, Bruno Mondadori, Milano, 2011. www.avimes.it [email protected] Silvana Mosca Coordinatrice pedagogica della rete di scuole Avimes, già dirigente tecnico Miur, collaboratore Invalsi, autrice di saggi [email protected] www.reteavimes.it Valutazione esterna e peer review Gli auditori nella rete Sirq di Vito Infante Peer review e controllo esterno La storia della sperimentazione della peer review inizia nel 2007, quando le cento e più scuole della rete Sirq (1) propongono all’Ufficio scolastico regionale per il Piemonte (2) un insieme di requisiti di qualità ed eccellenza specifici per la scuola, tratti dalle molteplici esperienze di accreditamento regionale, certificazioni ISO ed esperienze sui premi qualità secondo i modelli Efqm e Caf. La nascita del Marchio collettivo nazionale Saperi, il cui disciplinare viene registrato presso l’ufficio “Marchi e brevetti” di Roma dall’Usr Piemonte, aveva l’obiettivo di incoraggiare la diffusione della cultura della qualità e dell’autovalutazione nelle scuole. La differenza con i modelli ISO, Efqm e Caf, studiati per le aziende e le pubbliche amministrazioni, è la forte curvatura sui processi e sui risultati didattici. La metodologia per i controlli esterni è quella della peer review, già sperimentata negli audit di parte prima e parte seconda delle precedenti esperienze di certificazione qualità ISO e accreditamento (3) della rete Sirq. Insieme con il disciplinare che declina i requisiti di qualità, sono introdotti il codice deontologico per gli auditor, le linee guida per l’autovalutazione e la conduzione degli audit, la metrica per la condivisione dei punteggi e tutto il materiale di supporto tratto da precedenti esperienze. Partner culturale di questo progetto è il nucleo scuola di Aicq Piemontese. 1) “Sirq Scuole in rete per la qualità”, nata nel 2000, è partner dell’Usr Piemonte nella gestione del Marchio Saperi ed è ente Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Valutazione esterna La rete SIRQ Sono ormai più di ottanta le istituzioni scolastiche pubbliche che sperimentano in varie regioni la metodologia della peer review nell’ambito delle attività di audit del Marchio Saperi, che l’Ufficio scolastico regionale per il Piemonte gestisce con la rete Sirq; il loro numero è in continuo aumento. La governance della valutazione Il Marchio Saperi fin dall’inizio viene condiviso nei suoi diversi aspetti con tutte le parti interessate che l’Usr riunisce in un Comitato interistituzionale di controllo (4) con il compito di fornire al Direttore generale un parere obbligatorio preventivo sulle certificazioni. Nasce così una nuova governance a livello regionale che vigila sulla diffusione delle metodologie di autovalutazione, valutazione esterna, miglioramento e rendicontazione. Tutti i partner hanno condiviso l’idea che la valutazione esterna debba avere una funzione formativa, essere orientata a promuovere iniziative di miglioramento condivise e non autoreferenziali, senza porsi lo scopo di confrontare le scuole tra loro per stilare graduatorie di merito più o meno esplicite. Dagli auditor esterni le scuole ricevono come feedback una valutazione di parte terza, qualificata e a costi accessibili, con suggerimenti sui possibili miglioramenti. La garanzia di un’effettiva indipendenza dei pari che effettuano le verifiche esterne deriva anche da team di valutazione composti da auditor di province o regioni diverse. Anche il controllo esterno svolge una funzione di feedback di tipo formativo e non classificatorio accreditato per la formazione presso il Miur. www.sirq.it. 2) Coordinatori Usr: Silvana Di Costanzo, Graziella Ansaldi Fresia. 3) Gli audit seguono le indicazioni valide per i sistemi Tqm. 4) Il Comitato interistituzionale del Marchio comprende: Usr, Università, ex Irre (Indire), Unioncamere, Regione, Anci, Province, Cigl, Cisl, Uil, Snals, Gilda, Forum delle famiglie, Aicq, Sirq. 49 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Valutazione esterna Particolare cura viene messa nella scelta e nella formazione degli auditor, che dispongono di un loro albo e operano secondo protocolli definiti 50 La formazione degli auditor Agli auditor pari (peer) sono richieste garanzie di autonomia e professionalità, sia dalle scuole, sia dagli stakeholder: le loro competenze certificate e qualificate in campo organizzativo e didattico forniscono il prestigio necessario per essere accettati all’interno della comunità scoIastica e questo da molti anni assicura il successo della peer review della rete Sirq. Il percorso di formazione in linea di massima prevede un’expertise di base che si articola in: - conoscenza diretta della scuola sotto gli aspetti amministrativo, organizzativo e didattico; - qualifica di auditor Tqm, ISO e Caf Education o competenze equivalenti; - conoscenza di strumenti valutazione e interpretazione dati Invalsi e Snv; - conoscenza del disciplinare Saperi; - superamento dell’esame finale per auditor; - partecipazione ad almeno 5 affiancamenti ad auditor di esperti. Gli auditor Saperi titolari e quelli in for- mazione attualmente sono più di 100 e sono iscritti in un apposito registro custodito dalla Sirq e dall’Usr Piemonte. Fanno parte di un Albo (5) autonomo rispetto all’Usr, agli stakeholder e alla rete Sirq. Gli auditor eleggono periodicamente un presidente, hanno un regolamento interno e curano le attività di formazione, aggiornamento e audit secondo protocolli definiti. Gli incarichi sono attribuiti secondo regole interne trasparenti e condivise. Cos’è un audit in campo scolastico? Il processo di audit condotto con la metodologia della peer review è complesso e si articola in: analisi dei documenti, valutazione della relazione di autovalutazione dell’istituto, audit sul posto. Richiede lo svolgimento di interviste ai responsabili delle varie attività, secondo un piano di audit concordato con le scuole, l’esame delle evidenze e 5) Presidente dell’Albo Auditor è Graziella Ansaldi Fresia. Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 dei documenti, la discussione dei risultati delle prove Invalsi e delle rilevazioni interne, la continuità verticale e orizzontale, interna e con le altre scuole, la formazione e la rendicontazione verso l’esterno. Gli auditor verificano anche la capacità di risposta dell’istituto alle richieste esterne di un cittadino qualsiasi, saggiandola attraverso la metodologia del mistery client. All’audit in presenza segue la stesura del rapporto finale con le indicazioni per il miglioramento. L’anno successivo all’acquisizione della certificazione l’istituto invia alla Sirq il proprio piano di miglioramento. Gli audit tra pari si ripetono con cadenza biennale; pertanto occorre formare sempre nuovi auditor per fare fronte alle richieste delle nuove scuole che chiedono la verifica e quelle delle scuole già certificate che chiedono il rinnovo. Poiché l’audit è un processo di apprendimento, le spese a carico delle scuole per l’intero processo sono accessibili; vengono conteggiate solo le ore in presenza, secondo le tariffe del CCNL della scuola. Il processo di autovalutazione coinvolge organizzativamente ed emotivamente l’intera struttura scolastica, dal momento della stesura della relazione di autovalutazione fino all’audit che interpella tutte le componenti scolastiche. iniziative e impegno profuso. L’atteggiamento generale è quello di chi vive il momento come un’occasione per fare apprezzare il proprio lavoro senza nascondere i problemi e le difficoltà ai colleghi esterni (i pari). Nell’audit si consultano rappresentanti di tutte le parti e si verificano le evidenze (cartacee, testimoniali e di fatto) rispetto ai requisiti oggetto dell’audit e al documento di autovalutazione presentato. Alla fase finale partecipano rappresentanti delle famiglie e del territorio, con un concreto coinvolgimento nell’esame dei punti di forza e di debolezza della scuola, come percepiti all’esterno. Al termine della visita sul posto, gli auditor comunicano al dirigente e allo staff le proprie considerazioni sulla base dei riscontri, presentando suggerimenti per le azioni di miglioramento tratti dal confronto dei diversi punti di vista e dalla lettura dei dati. Il rapporto di audit definitivo verrà poi presentato all’Usr e al Comitato interistituzionale e, successivamente, inviato alla scuola. Il punteggio attribuito alle performance della scuola fissa il punto di partenza rispetto al quale saranno misurati i risultati successivi durante tutto il processo di miglioramento. La funzione dell’auditor Le attività previste dal sistema di valutazione nazionale (direttiva 11/2014) possono ricevere un impulso notevole dalle esperienze di peer review in atto. La peer review del modello Saperi presenta aspetti positivi generali: • promuove un riesame interno dei processi didattici e amministrativi di una scuola, sulla base di un modello (disciplinare Saperi), che evidenzia i punti di forza e di debolezza e gli aspetti da migliorare; • permette un confronto esterno con pari opportunamente formati, uno scambio di conoscenze e un coinvolgimento nelle attività di miglioramento in rete; Il compito degli auditor è quello di avviare all’interno della scuola un ciclo virtuoso di controllo, pianificazione del miglioramento, realizzazione e controllo (ciclo di Deming: PDCA). La verifica porta a un confronto di percezioni ed evidenze sul rapporto tra il dichiarato e l’agito e tra servizi erogati e percezione esterna. Il coinvolgimento di tutte le parti avviene di solito non solo sul piano organizzativo e gestionale ma anche su quello affettivo e della motivazione. Durante l’audit docenti e Ata fanno a gara per difendere la qualità del proprio istituto e mettono in evidenza attività, Valutazione esterna La visita degli auditor coinvolge tutta la comunità scolastica, con un confronto serrato, e termina col rilascio di un report Peer review e SNV 51 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Valutazione esterna La peer review promuove la cultura dell’autovalutazione e della qualità e stimola il miglioramento delle pratiche didattiche 52 • è una forma di rendicontazione non autoreferenziale e prepara l’istituzione alla redazione del Bilancio sociale; • coinvolge gli stakeholder in una nuova forma di governance della scuola, centrata sui processi di autovalutazione e verifica esterna; • ha costi accessibili con tariffe da CCNL, tarati sulle risorse della scuola; • innalza la qualità dei processi di insegnamento-apprendimento e organizzativi, nonché dei risultati in modo continuativo e condiviso; • promuove la diffusione della cultura dell’autovalutazione e della qualità del servizio. All’interno delle scuole la peer review: • contribuisce allo sviluppo delle attività di autovalutazione; • coinvolge scuole, istituzioni e tutte le parti interessate regionali nel processo di miglioramento continuo in • • • • uno spirito di piena accettazione e diffusione della valutazione; sostiene le iniziative di miglioramento e rendicontazione sociale con gli audit biennali e la formazione di figure professionali di supporto (esperti in autovalutazione, auditor interni ed esterni, tutor); motiva le scuole, perché porta a un riconoscimento del lavoro svolto sia con l’audit, sia con il rilascio di un attestato da parte dell’Usr; contribuisce a far conoscere e a diffondere le buone pratiche esistenti; promuove la formazione del personale, la sperimentazione e la ricerca finalizzata alle problematiche quotidiane delle scuole (6). 6) Tra le ricerche attuate dalla rete Sirq ricordiamo: Alice nel paese della qualità (coordinamento Infante, Loiacono, Scriva); Nell’aula la scuola (coordinamento Castoldi); i-Saperi (coordinamento Labanti). Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Una governance innovativa La metodologia adottata per la peer review Saperi ha prodotto una governance innovativa del processo di valutazione delle scuole grazie al coinvolgimento dei principali portatori di interesse, sia nella definizione dei requisiti che fanno di una scuola una buona scuola, sia nella supervisione dell’intero processo. L’esperienza potrebbe essere esportata nelle diverse regioni come supporto al nascente SNV, dal momento che questo approccio coinvolge 90 istituti, distribuiti in molte regioni e gli auditor formati sono già 120. La peer review promuove la ricerca interna Visto il successo della metodologia peer review sperimentata per le scuole, un gruppo di esperti Sirq sta studiando gli strumenti per migliorare l’insegnamento sia attraverso un processo di autovalutazione formativo e finalizzato al miglioramento, sia attraverso audit tra pari. Il gruppo di ricerca confida che la metodologia Saperi applicata alla docenza possa ottenere lo stesso consenso del progetto Saperi da parte degli istituti. Il progetto è in fase avanzata ed è in corso la validazione degli strumenti elaborati, con il coinvolgimento di 40 docenti di istituti diversi (7). molteplicità di scuole e hanno fornito a genitori e stakeholder una garanzia sulla capacità degli istituti di controllare i propri processi interni e di intraprendere un percorso virtuoso di miglioramento e rendicontazione. La peer review sperimentata in tante regioni produce una governance territoriale che comprende scuole, Usr e stakeholder. Insieme ai tre soggetti del SNV: Miur, Indire, Invalsi, questa governance territoriale potrebbe diventare la quarta gamba del sistema di valutazione nazionale, per un processo di miglioramento condiviso e non autoreferenziale. Riferimenti bibliografici G. Ansaldi Fresia, Gli stakeholder e la qualità, in “Notizie della scuola”, Tecnodid, Napoli, ottobre 2014. F. De Sanctis, Il Marchio collettivo per la qualità e l’eccellenza delle scuole: Saperi, in “Annali della Pubblica Istruzione”, n. 5-6, Le Monnier, Firenze, 2010. A. Di Costanzo, R. Discanno, V. Vergnano, Storie del cambiamento, in “Notizie della scuola”, Tecnodid, Napoli, ottobre 2014. V. Infante (a cura di), Le scuole come cambiano, come migliorano, in “Notizie della scuola”, Tecnodid, Napoli, ottobre 2014. S. Labanti, L’importanza del modello, in “Notizie della scuola”, Tecnodid, Napoli, ottobre 2014. Valutazione esterna Dall’analisi del sistema scuola la peer review sposta il focus verso l’osservazione delle pratiche di insegnamento Nasce la ‘quarta’ gamba Grazie alle attività di rete e alla formazione degli auditor oggi il sistema di strumenti collegati alla peer review (Saperi) si presenta come un cluster di strumenti di miglioramento collaudato ed efficiente. In questi anni questi strumenti hanno assicurato l’avvio di processi di autovalutazione e miglioramento in una 7) I risultati sono stati presentati nel Forum della rete Sirq, Stresa, 17 febbraio 2015. www.sirq.it www.marchiosaperi.it Vito Infante Presidente Rete Qualità Sirq [email protected] 53 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Le strategie per il miglioramento di Dino Cristanini Il miglioramento Perché migliorare: Tqm... La valutazione di sistema è sterile se non stimola il miglioramento, cioè un’efficace realizzazione dei compiti della scuola 54 Miglioramento è una parola che da qualche tempo ricorre frequentemente in diversi documenti. A titolo di esempio si possono citare diversi passaggi delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione (uno per tutti: “La promozione, insieme, di autovalutazione e valutazione costituisce la condizione decisiva per il miglioramento delle scuole e del sistema di istruzione”); le Linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento, relativamente al primo biennio, degli istituti tecnici e quelle degli istituti professionali (“la conoscenza e l’innovazione come motori dello sviluppo, soprattutto attraverso il miglioramento della qualità dell’istruzione”); il rapporto La buona scuola, dove la parola miglioramento viene utilizzata più di quaranta volte. Lo stesso d.P.R. n. 80/2013, Regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione, ribadisce, sulle orme dell’art. 3 della legge n. 53/2003, che l’obiettivo del SNV è quello “del miglioramento della qualità dell’offerta formativa e degli apprendimenti”. Delle quattro fasi del processo di valutazione previsto dall’art. 6 del citato d.P.R. n. 80/2013, quella del miglioramento dovrebbe dunque essere la più importante. Questo non significa naturalmente che le altre fasi (autovalutazione, valutazione esterna, rendicontazione sociale) non siano importanti, ma si vuol rimarcare che il processo è utile se viene finalizzato a realizzare sempre meglio i compiti della scuola, contribuendo così alla produzione di valore per gli utenti diretti e indiretti della scuola, in pratica per la società intera. L’educazione e l’istruzione sono infatti una risorsa sia per le singole persone, in quanto favoriscono la piena e completa realizzazione delle potenzialità di ciascuno, sia per la società, perché contribuiscono alla qualità della vita di tutti, alla convivenza civile e democratica, allo sviluppo della comunità sotto tutti i profili. L’idea che la valutazione senza il miglioramento corra il rischio di essere sterile è uno dei concetti fondamentali della qualità: Tito Conti, uno degli artefici della diffusione della qualità in Italia, ricorda che “tutti i modelli di Total Quality Management hanno assunto il miglioramento continuo come concetto chiave” e che “il TQM è caratterizzato da una visione dinamica della qualità, quella del miglioramento continuo, tant’è che alle origini molti sostenevano che l’acronimo TQI – Total Quality Improvement – fosse più appropriato a esprimere il concetto”, perciò “Chi usa i modelli TQM, Caf incluso, deve avere una familiarità totale con i concetti e le tecniche del miglioramento continuo” (1). Che cosa migliorare: dal Caf al VALeS In genere i modelli con i quali si interpreta e si rappresenta il funzionamento di una organizzazione fanno riferimento a tre grandi categorie di variabili (le risorse, i processi e gli esiti). Uno tra i modelli attualmente più conosciuti nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, il Caf (Common Assessment Framework), distingue tra fattori abilitanti (ciò che l’organizzazione fa e l’approccio utilizzato per conseguire i risultati prefissati) e risultati (2). Il modello utilizzato nei progetti VSQ e VALeS, attuati in questi anni per sperimentare procedure, protocolli operativi e strumenti di attuazione del Sistema nazionale di valutazione, fa invece riferimento al modello CIPP (contesto, input, processi, prodotti), che considera anche 1)T. Conti, Il miglioramento continuo, ppt Presidenza del Consiglio-Formez, 2008. 2) V. Modello CAF 2013: http://qualitapa.gov.it/ nc e CAF and Education: http://qualitapa. gov.it. Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 le variabili relative al contesto e alle risorse. La logica del modello è così sintetizzabile: ogni scuola opera all’interno di un contesto, più o meno favorevole, che influisce in modo rilevante sugli esiti di apprendimento; utilizza risorse (materiali, finanziarie, professionali); attiva processi organizzativi e didattici; produce esiti formativi. Questi ultimi sono considerati variabili dipendenti, nel senso che costitui scono l’effetto dell’influsso concomitante delle precedenti categorie di variabili. Il contesto e le risorse sono però fattori scarsamente controllabili e modificabili dalla scuola, e sono perciò considerati come variabili assegnate; la scuola può invece essere considerata interamente responsabile dei processi organizzativi e didattici che mette in campo. Tutti gli sforzi per calcolare il valore aggiunto, ossia la parte degli esiti di apprendimento attribuibile all’azione della scuola, sono infatti tesi a scorporare dal risultato cosiddetto grezzo l’effetto delle variabili che la scuola non controlla (3). L’azione di miglioramento degli esiti dovrebbe perciò essere indirizzata a quei fattori che la scuola può effettivamente modificare, ossia i processi organizzativi e didattici. Il quadro di riferimento: dopo VALeS Gli esiti attesi sono stabiliti dall’ordinamento scolastico generale e specificamente dai documenti programmatici nazionali (Indicazioni e Linee guida). Nel progetto VALeS – che ha costituito la base per definire, con gli adattamenti suggeriti dall’esperienza, il “quadro di riferimento, corredato di indicatori e dati comparabili” previsto dalla direttiva n. 11/2014 – gli esiti sono stati descritti nel documento “Le logiche generali del Progetto VALeS” (4); nel delineare il modello ideale di “buona scuo- la” (l’espressione è efficace, visto che da diversi anni viene utilizzata in convegni, libri, documenti) vengono individuati i seguenti esiti: - successo formativo di ogni alunno (e quindi contrasto della dispersione e degli abbandoni, riduzione dell’incidenza numerica e della dimensione del gap formativo degli studenti con livelli di apprendimento sotto una determinata soglia); - sviluppo armonico e integrale della persona; - sviluppo di competenze di qualità; - promozione dei valori e delle norme collettive congruenti con una società libera e democratica (educazione alla cittadinanza attiva); - preparazione adeguata al mondo professionale e del lavoro. Nelle “Linee guida per l’autovalutazione del progetto VALeS” (5) gli esiti sono stati declinati nelle seguenti aree e nei relativi indicatori: – successo scolastico (studenti ammessi alla classe successiva, per anno di corso; - studenti diplomati per votazione conseguita all’esame; - studenti che hanno abbandonato gli studi in corso d’anno; studenti trasferiti, in entrata e uscita, in corso d’anno); - competenze acquisite (esiti delle prove Invalsi e confronto con i dati regionali e nazionali; - differenze nel punteggio rispetto a scuole con contesto socio-economico e culturale simile); - equità (varianza interna alle classi e fra le classi; - alunni collocati nei livelli più bassi, 1 e 2, sia in italiano sia in matematica); - risultati a distanza (riuscita degli studenti nelle scuole successive). I processi sono stati invece così individuati: - processi relativi all’ambiente organizzativo per l’apprendimento (iden- Il miglioramento Il modello di valutazione distingue le variabili assegnate (contesto e risorse) dagli esiti (variabili dipendenti) considerando le variabili di processo 3) V. Materiali del Progetto VALeS: http://www. invalsi.it/invalsi/ri/vales/doc.php. 4) Valutare le scuole: le logiche generali del progetto VALeS: http://www.invalsi.it. 5) Il formato del Rav (novembre 2014) riprende in larga parte lo schema degli indicatori presenti in VALeS. 55 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Il miglioramento Nel Rav esiste un certo margine di autonomia per la scuola nell’inserire nuovi indicatori, mantenendo però il rigore delle informazioni e delle argomentazioni tità strategica e capacità di direzione della scuola, ossia la leadership; gestione strategica delle risorse; sviluppo professionale delle risorse umane; capacità di governo del territorio e rapporti con le famiglie; attività di autovalutazione); - processi relativi alle pratiche educative e didattiche (selezione dei saperi, scelte curricolari e offerta formativa; progettazione della didattica e valutazione degli studenti; sviluppo della relazione educativa tra pari; inclusione, integrazione e differenziazione dei percorsi, continui tà e orientamento). Il rapporto tra processi ed esiti: variabili in gioco... Si può discutere sulla scelta dei processi e degli indicatori di esito, condizionati soprattutto questi ultimi dai criteri della misurabilità e della comparabilità. La scelta è motivata (impedire che (…) ogni scuola dia peso solo al momento di rendicontazione (…) e lo deformi attribuendosi il ‘massimo dei voti’; orientare ciascuna Istituzione scolastica verso una prospettiva sistemica di analisi organizzativa interna, utile a riconoscerne le componenti essenziali e le reciproche relazioni e a leggere il singolo caso comparativamente agli altri (6)), ma la singola scuola potrebbe sentirsi stretta e faticare a posizionare alcune sue peculiari esigenze di miglioramento all’interno di un quadro completamente definito dall’esterno. In sede di autovalutazione sarebbe dunque opportuno consentire un certo spazio per le scuole, che dovrebbero poter integrare i dati forniti dall’esterno (Sistema informativo del Miur e Invalsi) con altri dati acquisiti tramite indagini autonomamente condotte, purché affidabili, e individuare obiettivi di miglioramento e relativi indicatori anche al di fuori del quadro predefinito. Ciò che qui importa rilevare è però soprattutto la necessità della consapevolezza dei rapporti esistenti tra i processi e gli esiti, ossia delle modalità con cui i processi organizzativi e didattici influiscono sull’acquisizione di conoscenze, abilità e atteggiamenti e sullo sviluppo delle competenze. Senza questa consapevolezza si corre il rischio di darsi obiettivi di miglioramento relativi ai processi in sé, che possono certamente migliorare l’efficienza e la soddisfazione (es. migliorare la comunicazione interna, lo svolgimento delle riunioni, il sito web…) ma senza esplicitare come tutto ciò possa positivamente influire sui risultati di apprendimento, nei quali invece risiede il valore pubblico che è compito della scuola produrre (7). 7) Nel RAV 2014 è stato precisato che i traguardi di miglioramento devono 6) Valutare le scuole: le logiche generali del 56 progetto VALeS, cit. necessariamente riferirsi agli esiti, mentre i processi costituiscono le variabili da Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Non si tratta di rapporti di tipo deterministico, in quanto non ci sono formule magiche capaci di garantire che certi approcci produrranno automaticamente buoni risultati (8), ma la competenza didattica può aiutare a individuare le soluzioni che meglio di altre possono funzionare. Come migliorare: problem solving... L’azione di miglioramento è qualificabile come un processo di problem solving (9). Per migliorare occorre innanzitutto individuare gli aspetti di criticità, i risultati insoddisfacenti, e assumerli come problemi da risolvere. Se ad esempio si ritiene che i risultati di apprendimento dipendano esclusivamente dalle doti personali dell’alunno e che la scuola non possa farci nulla, è difficile parlare di tensione al miglioramento. In secondo luogo è necessario effettuare una buona diagnosi, in modo da identificare con chiarezza e precisione le cause delle criticità. Per queste operazioni è importante disporre di elementi di conoscenza adeguati e attendibili sulle varie categorie di variabili (contesto, risorse, processi, esiti) e sviluppare processi di interpretazione. Le criticità potranno emergere dal confronto dei dati rilevati con gli esiti previsti dalle Indicazioni o dalle Linee guida nazionali, con gli esiti previsti dalla progettazione d’Istituto, con gli esiti ottenuti dalle altre scuole. “movimentare”, e viene richiesto di indicare in modo esplicito in che modo gli obiettivi di processo (gli interventi che si intendono realizzare) possono contribuire al raggiungimento delle priorità (gli obiettivi di miglioramento da perseguire). 8) Cfr. ad es. The learning curve. Rapporto 2012, lezioni sulle performance dei paesi in In sede di miglioramento bisognerà poi definire delle priorità, in quanto l’esperienza insegna che non è realistico pensare di poter affrontare contemporaneamente troppi problemi, ma bisogna invece fare un calcolo di fattibilità in ordine alla dimensione e alla difficoltà degli stessi e alle effettive risorse disponibili. L’identificazione delle cause dei problemi, soprattutto quando si tratta di problemi riguardanti gli apprendimenti, richiede come s’è detto una buona competenza didattica, poiché si tratta di capire dapprima che cosa ha provocato gli errori (mancanza delle conoscenze necessarie per svolgere il compito, errata concettualizzazione, scorretta comprensione e/o applicazione di procedure, mancata individuazione delle necessarie operazioni cognitive?) (10) e successivamente se tali mancanze siano riconducibili alle metodologie e alle pratiche didattiche attuate. La competenza didattica è ancor più necessaria per passare dalla identificazione delle cause alla ricerca delle soluzioni: cosa possiamo fare di diverso da quanto abbiamo sinora fatto per fare in modo che gli alunni raggiungano gli esiti formativi desiderati? Le condizioni per il miglioramento: culturali, organizzative... Il miglioramento Impostare il miglioramento implica individuare criticità, compiere diagnosi, definire priorità, mettere a fuoco soluzioni organizzative e didattiche Miglioramento significa cambiamento, con tutte le conseguenze che questo comporta. Le persone infatti cambiano se sono convinte che ci siano buone ragioni per cambiare, se sanno come fare e se ci sono le condizioni per farlo. Il miglioramento è quindi contemporaneamente una sfida culturale, tecnica e organizzativa (11). La cultura in senso antropologico è ambito educativo, in http://is.pearson.it/. 9)D. Cristanini, Dai problemi alle soluzioni. Il miglioramento come processo di problem solving, in M. Faggioli (a cura di), Migliorare la scuola, Junior-Spaggiari, Parma, 2014. 10)D. Cristanini, Diagnosi degli errori e miglioramento, in “Scuola Italiana Moderna”, La Scuola, Brescia, anno 120, n. 5-2013. 11)Ivi. 57 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Il miglioramento Il miglioramento non è una procedura tecnica, ma un processo culturale, fatto di convinzioni, valori, conoscenze e norme, che va adeguatamente supportato concepita come un complesso di assunti di base (valori, norme esplicite e implicite, tradizioni, miti, riti, simboli, leggende, credenze, convinzioni) che una comunità ha sviluppato e che orienta i comportamenti dei suoi membri. Occorre quindi introdurre nella cultura delle istituzioni scolastiche l’adesione al valore del miglioramento, la focalizzazione sull’apprendimento come compito istituzionale prioritario della scuola, la convinzione che l’azione didattica vada adeguata alle caratteristiche individuali degli alunni e che la ricerca continua delle soluzioni didattiche migliori perché ogni alunno possa imparare è una dimensione essenziale della funzione docente. Dal punto di vista tecnico, si è visto che il processo di ricerca delle soluzioni, così come quello della progettazione e gestioni dei piani di miglioramento (12), richiede procedure e strumenti specifici rispetto ai quali il personale della scuola va adeguatamente formato. Le condizioni organizzative per il miglioramento sono le seguenti: -una leadership che promuove, motiva, organizza, supporta; - la costituzione di un gruppo di conduzione del processo; - il coinvolgimento attivo e la partecipazione di tutto il personale interno e dei soggetti esterni significativi; - la possibilità di consulenza da parte di esperti esterni. Il consulente: un facilitatore per il miglioramento La consulenza degli esperti esterni riguarda due categorie di funzioni. La prima si riferisce all’attività del gruppo di miglioramento, che il dirigente scolastico difficilmente avrà il tempo di seguire direttamente, e per la quale servono comunque competenze spe12)S. Mori, Il piano di miglioramento come documento di progettazione, in M. Faggioli 58 (a cura di), Migliorare la scuola, cit. cifiche. Michael Huberman a suo tempo ha individuato quattro ruoli di assistenza alle innovazioni: • catalizzatore: spinge ad agire, a dar seguito alla presa di coscienza di un problema; • facilitatore: struttura il processo di lavoro, incoraggia, ascolta attivamente, aiuta a risolvere le tensioni o i conflitti interpersonali; • intermediario/collegamento per l’individuazione di risorse esterne: materiali, informazioni, specialisti; • specialista/esperto: fornisce suggerimenti tecnici o dimostrazioni da esperto. Il consulente per il miglioramento dovrebbe saper svolgere tutti questi ruoli e avere la sensibilità situazionale per capire quando svolgere l’uno o l’altro. La seconda categoria di funzioni del consulente esterno riguarda la ricerca e l’attuazione delle soluzioni. Se migliorare significa individuare soluzioni nuove rispetto al passato, non sempre sarà sufficiente l’esperienza interna al gruppo o un brainstorming creativo o lo studio della letteratura professionale, ma sarà invece necessario ricorrere anche al contributo di esperti della materia. Riferimenti bibliografici D. Cristanini, Dalla valutazione al miglioramento: il ruolo del dirigente scolastico, 2014, in www.usr.sicilia.it. M. F aggioli (a cura di), Migliorare la scuola, Junior-Spaggiari, Parma, 2014. S. Mori, Il modello VSQ: accompagnare il miglioramento scolastico, 2012, in www.indire.it. Dino Cristanini Pubblicista, consulente e formatore, già Direttore generale Invalsi Sostenere il miglioramento: la figura del consulente Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Il miglioramento di Massimo Faggioli Il miglioramento, priorità strategica del sistema nazionale di valutazione Il Sistema nazionale di valutazione (SNV) prevede una serie di azioni fortemente integrate in un sistema “finalizzato al miglioramento della qualità dell’offerta formativa e degli apprendimenti”. È proprio il provvedimento più recente, la direttiva ministeriale n. 11 del 18 settembre 2014, che fa seguito al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80, a definire in questi termini le priorità strategiche del Sistema Nazionale di Valutazione. Tutto il sistema ha come fine ultimo il miglioramento, un processo complesso i cui tratti salienti sono messi in evidenza nell’articolo di Dino Cristanini in questo stesso numero della rivista. Eppure, nei testi dei provvedimenti che avviano il SNV si dice ben poco sulla fase di miglioramento, mentre si dà ampio spazio alle altre fasi, l’autovalutazione, la valutazione esterna, la rendicontazione sociale. Infatti i processi di autovalutazione e di valutazione esterna delle scuole sono descritti in modo molto dettagliato, si attribuiscono ruoli e competenze ai soggetti coinvolti e si prescrivono strumenti fortemente standardizzati e controllabili. La comparabilità delle performance Nel caso della valutazione esterna delle scuole, che coinvolgerà in prima battuta il 10% degli istituti, viene attribuito al corpo ispettivo il compito di coordinare i nuclei di valutazione e all’Invalsi quelli di individuare e formare gli esperti che coadiuveranno il lavoro degli ispettori nei nuclei, di formare gli ispettori stessi, di proporre i protocolli di valutazione delle scuole e gli indicatori di efficienza e di efficacia per individuare le scuole da sottoporre a verifica esterna. Fin qui nulla di strano, la valutazione è, tra tutti i processi previsti in SNV, quello di natura più esterna, quello che richiede con più forza l’adozione di protocolli fortemente standardizzati. Tra gli scopi principali per cui si costituisce un sistema nazionale di valutazione delle scuole non c’è solo il bisogno di avviare processi di miglioramento di ogni singola istituzione ma anche quello di assicurare la comparabilità delle performance delle istituzioni scolastiche, obiettivo non raggiungibile senza l’uso di strumenti di rilevazione basati su indicatori comuni. Le ‘forche caudine’ del RAV Qualche dubbio suscita invece l’approccio scelto per la fase di autovalutazione: a fronte di due possibili scelte, una orientata all’adozione di una struttura prescrittiva e standardizzata, tesa a garantire la confrontabilità dei dati e a evitare che l’eterogeneità dei processi che caratterizzano ogni scuola desse luogo a rapporti di autovalutazione molto diversi tra loro, e una più libera che desse spazio all’autonomia delle scuole, riconoscendo nell’eterogeneità una potenziale ricchezza, si è scelta la prima, dando ancora all’Invalsi il compito di definire i modelli e i flussi del percorso autovalutativo e incanalando l’azione delle scuole in schemi abbastanza rigidi. La scelta operata non è priva di contraddizioni: nella direttiva si dice da un lato che “Il Rapporto di autovalutazione esprime la capacità della scuola di compiere un’autentica autoanalisi dei propri punti di forza e di criticità”; dall’altro si ribadisce che questo processo avverrà “alla luce di dati comparabili”. E ancora, che “Il Rapporto di au- Autovalutazione e valutazione esterna pongono alcuni ‘paletti’ alle scuole, incanalando le loro azioni riflessive su binari quasi obbligati 59 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Il miglioramento A fronte della rigidità dei protocolli valutativi, le strategie di miglioramento sono lasciate quasi alla totale libertà delle scuole, con un ruolo marginale di Indire 60 tovalutazione consolida l’identità e l’autonomia della scuola, rafforza le relazioni collaborative tra gli operatori e responsabilizza tutta la comunità scolastica nel perseguimento dei migliori risultati”, lasciando pensare a un setting duttile e flessibile, tale da potersi adattare all’eterogeneità degli assetti organizzativi delle scuole. Ma subito dopo si dice che “nel corso del primo semestre dell’anno 2015, tutte le scuole predisporranno un Rapporto di autovalutazione, utilizzando il quadro di riferimento definito dall’Invalsi e i dati messi a disposizione tramite piattaforma operativa unica”, incanalando quindi il processo in linee guida obbligatorie e nella compilazione di moduli on line. Il format del Rapporto di autovalutazione (Rav) è del resto straordinariamente simile al Rapporto di valutazione che verrà prodotto dai valutatori esterni, e lascia uno spazio minimo alle scuole per adattarlo alla loro realtà. Il miglioramento, questo sconosciuto È inutile cercare nella direttiva un’analoga attenzione alla regolazione del processo di miglioramento scolastico. Pur rappresentando la finalità strategica di tutto il sistema, di questa fase si parla pochissimo. A questo proposito si dice solo: “L’Indire svolgerà le attribuzioni previste dall’articolo 4 del Regolamento, mettendo a disposizione delle scuole strumenti ed esperti qualificati per predisporre i piani di miglioramento”, ma anche che “Le scuole potranno, per lo sviluppo dei piani e in base alle diverse attività in essi previste, avvalersi, se lo vorranno, di Indire e/o della collaborazione di università, enti di ricerca, associazioni professionali e culturali”. Si chiede all’istituto nazionale di predisporre strumenti e di selezionare e formare esperti ma contemporaneamente si opera una grande apertura di credito verso la capacità delle scuole di muoversi in assoluta autonomia nel go- vernare il processo chiave per raggiungere il fine ultimo, la priorità strategica di tutto il sistema, ovvero il miglioramento della qualità dell’offerta formativa e degli apprendimenti degli studenti. Un’analoga apertura di credito viene riconosciuta alla capacità di un arcipelago di enti e soggetti pubblici e privati di supportare le scuole, senza porre, almeno fino a oggi, nessun vincolo di competenza pregressa o di accreditamento, come è avvenuto in altri tempi per gli enti deputati alla formazione del personale della scuola. Il sostegno allo school improvement Sorge un legittimo dubbio: siamo di fronte a un sistema prescrittivo per tutti gli altri processi, che apre finalmente uno spazio per l’espressione delle potenzialità delle scuole autonome, o c’è invece una sottovalutazione della complessità degli approcci, degli strumenti e dei metodi con cui sviluppare il miglioramento? Sembra quasi che dopo tutti gli sforzi meticolosi per fissare in modo controllato e standardizzato gli obiettivi del miglioramento, individuati prima nel Rapporto di autovalutazione e poi in quello di Valutazione, il sistema abbandoni le scuole a se stesse, lasciando che ognuna si muova come crede, purché alla fine si arrivi alla meta. Sarebbe un grosso errore. Sia dalla letteratura che dalle esperienze sul campo emerge infatti l’esigenza di non lasciare questi processi al caso. Da alcuni decenni, ormai, la ricerca in ambito internazionale in materia di school improvement si è focalizzata su due aspetti complementari ma spesso distinti. Il primo si concentra sull’innalzamento dei risultati degli apprendimenti degli studenti e indaga specifici interventi di innovazione didattica, come ad esempio quelli in materia di insegnamento della lingua o della matematica, di valutazione formativa o di orientamento (Ermeling, 2010; Lai e McNaughtin, 2009; Murphy, 2005). Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Il miglioramento Questi studi hanno come focus le modalità con cui gli insegnanti e gli altri attori coinvolti mettono in opera interventi con gli studenti tesi a potenziarne gli apprendimenti e, in ultima analisi, il successo formativo. Il secondo riguarda invece la risposta che la scuola dà in termini organizzativi per produrre outcome di qualità. Questa letteratura si concentra su come la scuola incrementa la fiducia reciproca tra gli attori coinvolti nella comunità scolastica, il dialogo e lo scambio tra gli insegnanti, tutti fattori che sono correlati positivamente con la capacità di innovazione e di cambiamento della scuola stessa (Cosner, 2009; Little e Curry, 2009). I supporti esterni Questi due filoni della ricerca si incrociano con quella sul supporto esterno ai processi di miglioramento. Una figura che operi come coach sembra giocare un ruolo chiave per consolidare nelle scuole la cultura del cambiamento (Fullan, 2001; Rock, 2002). È una linea che viene confermata dagli esiti delle prime sperimentazioni nazionali del sistema di valutazione delle scuole, VSQ e VALeS, che ci dicono che le scuole, per intraprendere questi percorsi, hanno un forte bisogno di un supporto esterno. Già in Vsq, per l’accompagnamento delle scuole Indire ha scelto di prendere come riferimento quanto fatto nei progetti che si ispirano ai principi del Total Quality Management (Tqm) come il Caf e il Caf External Feedback (Cef). Tali modelli, che forniscono strumenti manageriali, aiutano a gestire la qualità dell’intera organizzazione seguendo il ciclo di Deming (1986), conosciuto come PDCA (Plan-Do-Check-Act), che rappresenta un metodo di lavoro per raggiungere obiettivi previsti. Qui però non si può procedere fissando strumenti, metodi e tempistiche rigide: il miglioramento, più di ogni altra fase prevista dal sistema, si fonda sull’autonomia delle scuole, su questo punto non si può tornare indietro. Occorre anzi sostenere e valorizzare la grande varietà di soluzioni che le scuole elaborano per far crescere la qualità. Ma le sperimentazioni dimostrano anche quanto sia variegata e complessa la diffusione nelle scuole della cultura Elevare gli apprendimenti degli studenti e ristrutturare l’organizzazione scolastica sono il focus dei processi di miglioramento 61 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Il miglioramento legata alla valutazione e al miglioramento. La figura da mettere in campo per sopperire a questa esigenza non esiste, almeno su larga scala, nel nostro Paese. Non ci sono, per il momento, percorsi di studi o di formazione finalizzati in modo esplicito alla creazione di questo profilo professionale. Certo, standard operativi come quello del Caf, diffusi in una certa misura nelle istituzioni scolastiche di alcune regioni italiane, hanno permesso la crescita di figure abbastanza simili a quella del ‘consulente per il miglioramento’ sperimentata da Indire prima in VSQ e poi in VALeS. Questa figura verrà riproposta in maniera più solida ed estesa dall’istituto per rispondere al proprio compito istituzionale nel SNV. Tuttavia le differenze sono abbastanza forti, non fosse altro perché il nuovo sistema, in maniera del tutto inedita, distingue e separa i soggetti coinvolti nella valutazione esterna (gli ispettori e gli esperti Invalsi) da quelli che operano a supporto del miglioramento (l’Indire e gli altri soggetti già previsti nel d.P.R. 80/2013). La novità non è da poco: chi fornisce il supporto esterno all’agire della scuola autonoma nella direzione del miglioramento interviene dopo ben due passaggi, l’autovalutazione e la valutazione esterna, a cui non ha preso parte, tesi a definire su cosa si agirà per migliorare. Deve quindi essere in grado in prima luogo di aiutare la scuola a riprendere i fili dei precedenti passaggi, a definire le priorità strategiche, a trovare quei (pochi) obiettivi su cui investire le proprie risorse. re la scuola a concentrarsi sulle vere priorità strategiche dell’organizzazione. La proliferazione dei progetti è spesso un segno di una tendenza centrifuga presente nell’organizzazione scolastica, che incoraggia lo sviluppo di progetti che nascono sull’onda di proposte di singoli docenti o di piccoli gruppi. Il gran numero di progetti che spesso si rilevano nelle scuole raramente sono riconducibili a una vision condivisa. La definizione del piano di miglioramento è, al contrario, una spinta centripeta verso l’individuazione di percorsi prioritari per l’intera organizzazione. Nelle sezioni finali dei rapporti che concludono e sintetizzano la valutazione esterna e l’autovalutazione, le piste di miglioramento proposte, che nascono dall’individuazione delle aree di criticità, sono spesso, nonostante le raccomandazioni degli estensori dei modelli, troppe o troppo parcellizzate, poiché derivano da un sistema di indicatori e di rubriche molto articolato. Il primo lavoro che svolge il consulente è dunque quello di aiutare la scuola nell’analisi di questi obiettivi, e nella definizione di quei pochi (ma potrebbe essere anche un solo) che rappresentano la reale direzione strategica verso cui si muove la scuola, che esprimono e concretizzano la mission e la vision dell’organizzazione. Non si tratta, ovviamente, di creare disorientamento, spingendo i nuclei per il miglioramento delle scuole a mettere in discussione o contraddire il lavoro svolto in precedenza dai nuclei di valutazione, ma, al contrario, di aiutare la scuola a riconsiderare, approfondendoli, i nessi che possono legare tra loro le varie piste di miglioramento fino a individuare la strada su cui ci si impegnerà e su cui si verrà, con la gradualità prevista per l’avvio del sistema, valutati. Reductio ad unum Pianificare, ma non solo… Il lavoro del consulente, prima ancora di proporre un modello di pianificazione del miglioramento, è quello di aiuta- Nella direttiva 11/2014 notiamo che si parla di strumenti ed esperti che l’Indire dovrebbe mettere a disposizione Il profilo del consulente per il miglioramento Il consulente per il miglioramento non dovrà ripercorrere i passaggi già svolti delle scuole (autovalutazione e valutazione esterna), ma dare senso unitario all’innovazione 62 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 delle scuole per la “predisposizione del piano di miglioramento”. Non c’è dubbio che questo è un compito determinante per il buon esito dell’avvio del sistema. È poco probabile infatti che le scuole, tranne quelle che lo hanno fatto di propria iniziativa o all’interno di progetti locali di rete o regionali di autovalutazione e miglioramento, possano adottare modelli di pianificazione efficaci. E non tanto per l’indisponibilità di standard o schemi di riferimento, quanto per la difficoltà di tipo culturale che si incontrano fin dalle prime fasi operative legate alla loro adozione. C’è intanto il rischio, sempre dietro l’angolo, che chi pianifica non centri, magari in una situazione di ‘anarchia organizzativa’, in assenza di una vision condivisa, le priorità strategiche dell’organizzazione, concentrandosi su piste secondarie e inefficaci per il miglioramento degli esiti. Se il raffronto avviene con i risultati della valutazione esterna, bisogna poi considerare che il Rapporto di Valutazione esprime proposte di miglioramento formulate sulla scorta di protocolli e strumenti che, seppur validi, sono il prodotto del lavoro di esperti (i valutatori) con una permanenza molto breve nelle scuole che non permette che queste proposte siano messe in relazione con le potenzialità evolutive dell’organizzazione. Le sperimentazioni confermano che sono proprio le scuole più deboli ad avere un numero più elevato di indicazioni per migliorare, ma ovviamente sono proprio queste scuole che devono operare una selezione attenta delle priorità perché sono proprio quelle che, per il loro stato di difficoltà, hanno potenzialità minori. Ed è allora compito del consulente sollecitare e guidare questa riflessione del team della scuola. Dall’analisi dei piani di miglioramento delle scuole coinvolte nelle sperimentazioni emerge infine che il passaggio più difficile per le scuole che pianificano il miglioramento riguarda la definizione di obiettivi che siano misurabili nel tempo sulla base di espliciti indicatori. “È una cultura aziendale, non ci riguarda” Definire indicatori, misurare. È qui che si incorre nell’ostacolo più forte, di natura squisitamente culturale: la scuola produce anticorpi, rifiuta sovente di addentrarsi in percorsi troppo ‘materiali’, frutto di una cultura, quella organizzativa, che nasce per l’azienda e nell’azienda, un mondo a cui la scuola a volte si contrappone. Mentre i passaggi precedenti, individuare gli obiettivi, i traguardi, sono riconducibili in qualche modo al ‘fare progetti’, attività praticata fino all’inflazione nella scuola, tradurre gli obiettivi in fenomeni osservabili e misurabili è un lavoro del tutto nuovo, forse il più duro e difficile da affrontare. Anche qui il consulente interviene, non solo con esempi o modelli, ma anche attivando un dialogo teso a far comprendere a chi pianifica il miglioramento che definire obiettivi misurabili è il solo modo per dare certezza al proprio agire, per garantire risultati tangibili e prevenire la vaghezza o peggio la frustrazione che deriva dal progettare senza strumenti per verificare l’efficacia di quello che si fa. Il miglioramento È fondamentale scegliere pochi obiettivi di miglioramento, misurabili, significativi e connessi con le effettive potenzialità dell’istituto Tutor, mentor o coach? Costruire un profilo sulla base del quale operare la selezione di figure così complesse è molto difficile. Non c’è dubbio che nel nostro paese, per la novità di questo approccio e per la ristrettezza delle risorse messe in campo fino a oggi, non esiste un bacino di esperti che possano ricoprire questo ruolo. I bandi di selezione dell’Invalsi e dell’Indire emanati per reclutare i valutatori e i consulenti per il miglioramento nel progetto VALeS lo dimostrano. A fronte di un numero molto alto di partecipanti, si sono registrate competenze molto poco strutturate. Occorre dunque pensare per il futuro a un processo di formazione lungo e articolato per creare, dal nulla o qua- 63 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Il miglioramento Il consulente per il miglioramento non può essere una figura ‘a gettone’, ma dovrà avere competenze stabili e accreditate 64 si, gli esperti, i consulenti di cui il sistema di valutazione a pieno regime avrà bisogno. Il profilo su cui modellare la formazione è quello di un consulente che ha una visione sistemica dell’istituzione scolastica, un’ampia cultura organizzativa, attitudini alla relazione d’aiuto e al dialogo, capacità di regolare il proprio ruolo combinando aspetti propri di diversi profili, dal tutor, al mentor, al coach. Una figura ancora da inventare Si sta delineando una figura che, ispirandosi al modello Dasi (Dynamic Approach to School Improvement), dovrà essere in grado di seguire i processi messi in atto dalla scuola e di intervenire attraverso un supporto dinamico che si adatta via via ai cambiamenti e alle necessità che si presentano (Creemers, Kyriakides, 2010), con il compito molto importante, in quanto consulente esterno alla scuola, di orientare il nucleo interno alla scuola al confronto e alla riflessione continua. Una particolare attenzione deve essere prestata alla relazione che si instaura tra il consulente e il dirigente scolastico: l’importanza del rapporto con la leadership della scuola, secondo le modalità con cui viene organizzata e distribuita, è di fondamentale importanza per una collaborazione efficace. Sono tutte dimensioni complementari e indispensabili da combinare in un percorso di formazione che fino a oggi non è stato possibile attivare per la frammentarietà e l’episodicità dei progetti di sperimentazione. Per sopperire ai bisogni del nuovo sistema nazionale bisogna uscire dalla dimensione del progetto, che comporta per gli istituti l’attivazione di un bando di reclutamento per ogni iniziativa, e andare verso una logica di sistema, con la costituzione di albi permanenti di figure che abbiano superato un percorso di formazione lungo e selettivo, analogo ai percorsi universitari post lauream. Riferimenti bibliografici B.P.M. Creemers, L. Kyriakides (2010), Explaining stability and changes in school effectiveness by looking at changes in the functioning of school factors, in “School Effectiveness and School Improvement: An International Journal of Research, Policy and Practice”, 21:4. S. Cosner (2009), Building organizational capacity through trust, in “Educational Administration Quarterly”, 45(2). W.E. Deming (1986), Out of the Crisis, MIT Press, Cambridge, MA. B. Ermeling (2010), Tracking the effects of teacher inquiry on classroom practice, in “Teaching and Teacher Education” 26(3). M. Fullan (2001), Leading in a Culture of Change, Jossey-Bass, San Francisco. M. Lai, S. McNaughton (2009), Raising student achievement in poor communities’ through evidence-based conversations, in L. Earl, H. Timperley (Eds.), Professional Learning Conversations, Springer Publishing, New York. J. Little, M. Curry (2009), Structuring Talk about Teaching and Learning, in L. Earl, H. Timperley (Eds.), Professional Learning Conversations, Springer Publishing, New York. J. Murphy (2005), Connecting Teacher Leadership and School Improvement, Corwin, Thousand Oaks, CA. H.M. Rock (2002), Job, Embedded Professional Development and Reflective Coaching, in “The instructional leader”, 5(8). www.indire.it Massimo Faggioli Dirigente di ricerca dell’area “Valutazione e miglioramento” - Indire [email protected] L’obbligo di pubblicazione del RAV di Angela Martini Tra autonomia e accountability La direttiva sulle priorità strategiche del sistema nazionale di valutazione per il triennio 2014-2017 costituisce la prima applicazione del Regolamento sul medesimo oggetto emanato con il d.P.R. 80/2013. Essa, come ricorda la circolare ministeriale con cui la direttiva è stata trasmessa, oltre a dare attuazione a una precisa previsione normativa, viene a completare “il disegno tracciato dal regolamento sull’autonomia scolastica adottato con il d.P.R. 275/1999” (c.m. n. 47/2014), imponendo a tutte le scuole circostanziati obblighi in tema di ‘rendicontazione’ del proprio operato, attraverso la messa in atto di un procedimento di valutazione, interna ed esterna, scandito in quattro fasi (art. 6, d.P.R. 80). Con quest’ultimo provvedimento l’Italia sembra dunque aver definitivamente imboccato la strada tracciata dalle riforme educative avviate, in maniera più e meno radicale, un po’ in tutti i Paesi sviluppati a partire dal penultimo decennio del secolo scorso e che vedono nell’articolazione tra autonomia delle scuole da un lato e dovere di accountability dall’altro uno dei loro tratti più salienti. Alla ricostruzione del quadro complessivo delle politiche dell’istruzione in cui il binomio autonomiaaccountability si inserisce sono stati dedicati diversi contributi su questa stessa rivista e altrove (Martini, 2004; 2007; 2008) e non intendiamo dunque ritornarvi qui. Uso privato di un servizio pubblico? Il tema che vogliamo invece affrontare riguarda la previsione, contenuta nella direttiva di cui sopra e ripresa nella relativa circolare ministeriale, che fa obbli- go alle istituzioni scolastiche di pubblicare, sul sito del ministero “Scuola in chiaro”e sul proprio sito web, il Rapporto di autovalutazione, rendendo così di fatto universalmente noti i risultati conseguiti dalle scuole nei test di rilevazione dei livelli di apprendimento degli alunni annualmente somministrati dall’Invalsi (1) e fino a ora comunicati solo alle scuole interessate. Questo cambio di rotta rispetto alla prassi precedentemente seguita è stato effettuato in sordina e senza alcuna discussione di merito su un nodo quanto mai controverso delle politiche educative degli ultimi decenni, come dimostra l’abbondante letteratura sull’argomento. Abbiamo già avuto modo di chiarire in un precedente intervento (Martini, 2012) le ragioni che rendono altamente sconsigliabile la pratica di render di pubblico dominio i risultati conseguiti dai singoli istituti nei test di valutazione nazionali, consentendo così ingiuste comparazioni fra scuole con popolazioni di studenti fra loro diverse e incentivando da parte delle famiglie quello che si configura come un ‘uso privato’ del servizio pubblico dell’istruzione. Alla luce dei fini dichiarati del Regolamento sulla valutazione e della direttiva di applicazione, vale a dire il miglioramento dell’offerta formativa e dei livelli di apprendimento degli alunni, la suddetta previsione appare non solo non necessaria ma anche contraddittoria rispetto agli obiettivi da raggiungere nonché controproducente e potenzialmente pericolosa, come argo- Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 La rendicontazione pubblica La pubblicazione dei dati delle rilevazioni Invalsi sugli apprendimenti può provocare indebite comparazioni tra scuole con popolazioni studentesche assai diverse 1) Tra gli indicatori di esito sono infatti compresi, oltre ai tassi di promossi, respinti, abbandoni, ecc., anche i risultati nelle prove standardizzate nazionali di Italiano e Matematica (vedi: Miur-Invalsi, Mappa indicatori per rapporto di autovalutazione, novembre 2014). 65 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 La rendicontazione pubblica mentato nell’intervento sopra citato, a cui si rinvia. Eguaglianza di opportunità a rischio La pubblicità dei dati può avere una ricaduta negativa sull’equità del sistema e sulla sua stessa efficacia 66 Il Rav rappresenta, o dovrebbe rappresentare, l’esito documentato di una articolata analisi del contesto in cui la scuola si trova a operare, delle risorse umane e materiali su cui può contare, dei processi posti in atto e degli esiti raggiunti e costituire la base per la progettazione di un piano di miglioramento. Se appare corretto, in un’ottica di responsabilizzazione delle scuole, che tale documento, di natura prettamente tecnica, sia reso disponibile, secondo quanto stabilito dalla Direttiva, agli organismi dell’amministrazione, che hanno a loro volta la responsabilità di assicurare la qualità dell’istruzione fornita dalle istituzioni scolastiche che da essi dipendono e l’autorità per intervenire nei casi in cui ciò si rendesse necessario, lascia invece alquanto perplessi l’obbligo della sua pubblicazione. Non si può infatti non chiedersi chi ne siano in questo caso i destinatari e quale sia lo scopo che con questa prassi si intende perseguire, essendo qui l’appello alla trasparenza, che è l’unica giustificazione invocata in proposito, del tutto fuori luogo. La disposizione introdotta nel testo della direttiva rappresenta l’ennesima manifestazione della sottovalutazione nel nostro Paese, se non addirittura della voluta ignoranza, di una questione che è invece ampiamente dibattuta all’estero e che Vincent Vandemberghe definisce come il principale problema di coordinamento nell’organizzazione del sistema educativo, vale a dire l’assegnazione di alunni fra loro eterogenei alle diverse unità che lo compongono, le scuole e le classi (Vandemberghe, 1996). Una vasta letteratura di ricerca dimostra che, quando tale assegnazione avviene sulla base delle scelte delle famiglie e in assenza di dispositivi di con- trollo, ciò porta a una ripartizione disequilibrata degli studenti, con la tendenza degli alunni più avvantaggiati socialmente e con maggiori livelli di abilità a raggrupparsi in alcune scuole e degli alunni più deboli socialmente e culturalmente a concentrarsi in altre, il che ha una ricaduta negativa non solo sull’equità del sistema ma anche, in qualche misura, sulla sua efficacia complessiva. Questa tendenza, se non contrastata, viene a cozzare, in particolare per quanto riguarda il tratto comune del percorso educativo, con il principio della eguaglianza di opportunità che in una società democratica dovrebbero esser garantite a tutti gli studenti e che viene minato alla base dalla disparità nelle condizioni di insegnamento e apprendimento derivante da una non uniforme distribuzione degli alunni nelle classi e nelle scuole. L’assegnazione degli alunni alle scuole e alle classi In Italia la libertà di scelta della scuola da parte delle famiglie è stata introdotta negli ultimi decenni quasi di soppiatto e senza una aperta discussione su di essa e le sue possibili conseguenze, forse anche per il fatto che quando l’argomento è stato pubblicamente affrontato il dibattito si è concentrato sulla libertà di scelta fra scuola statale e scuola privata, anziché su quella di scegliere fra un istituto e l’altro. A ben guardare, anche se la libertà di scelta fra una scuola e l’altra del settore pubblico – nettamente maggioritario in Italia per numero di alunni – è oggigiorno pressoché illimitata, nessuna affermazione diretta a questo riguardo si trova nei documenti ufficiali. Un cenno alla “libertà di scelta educativa delle famiglie” è rinvenibile al comma 1 dell’art. 4 del regolamento sull’autonomia scolastica e la stessa formula è utilizzata al comma 9 dell’art. 21 della legge 59/1997 che ne è alla base, dove si legge: “L’autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi gene- Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 rali del sistema nazionale d’istruzione, nel rispetto della libertà d’insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere”. Il regime di open enrolment vigente di fatto nel nostro Paese, più che l’esito di una decisione dichiarata, appare piuttosto come il risultato congiunto dell’introduzione di una serie di principi inseriti in vari testi di legge (2) e della sempre più frequente derogazione alla normativa sui bacini d’utenza che regolava l’assegnazione degli alunni agli istituti scolastici. Fin dall’epoca del ministro Franca Falcucci, con una serie di circolari ripetutesi nel corso del tempo, è stata data la possibilità di contravvenire al criterio dell’iscrizione alla scuola in base alla residenza del nucleo familiare, consentendo di iscriversi anche a scuole diverse rispetto a quella di normale assegnazione purché queste avessero disponibilità di posti. Questa disposizione equivaleva nei fatti a liberalizzare le iscrizioni in quanto, essendo in atto un processo di decremento della popolazione studentesca dovuto al calo demografico (che prima ha colpito la scuola elementare e media e poi si è esteso alle scuole superiori), gli istituti scolastici erano in condizione di poter accogliere tutte le richieste di ammissione che fossero loro rivolte. Quando poi, dalla fine degli anni Ottanta, si sono cominciati a muovere i primi passi dell’iter che ha portato alla promulgazione della legge 59/1997, tra le scuole ha preso l’avvio una gara, condotta con tutti i mezzi di imbonimento che improvvisate tecniche di marketing potevano suggerire (Di Gregorio, 1996), per attrarre il maggior numero possibile di iscritti, divenuti condizione di sopravvivenza: un numero di studenti non inferiore ai 500 alunni era infatti il requisito previsto dalla legge e dal relativo piano di dimensionamento delle istituzioni educative per l’attribuzione a esse della personalità giuridica e per il riconoscimento dell’autonomia. Nel corso di una decina d’anni, dunque, i bacini di utenza degli istituti scolastici, pur se non formalmente cancellati, hanno cessato di costituire il criterio di riferimento esclusivo per l’assegnazione degli studenti alle scuole (3). La varianza ‘tra alunni’ e ‘tra scuole e/o classi’ nei risultati di apprendimento Quello che sorprende della situazione italiana non è tanto la possibilità accordata alle famiglie di iscrivere i figli al di fuori dell’area dell’istituto nel cui territorio sono residenti – lo stesso è accaduto in altri Paesi sulla spinta del movimento di riforma di matrice neo-liberale che punta all’instaurazione, in maniera più e meno esplicita, di un regime di ‘quasi-mercato’ in ambito educativo – ma l’assenza di dibattito sul tema, vivace invece fuori dai nostri confini, e la quasi totale mancanza di studi e ricerche sulla estensione e sugli effetti della libera scelta della scuola. Il problema concerne soprattutto, come sopra accennato, il tratto comune La rendicontazione pubblica Una serie progressiva di micro-norme o di prassi ‘sussurrate’ ha fatto sparire il concetto di bacino d’utenza 2) Ad esempio, la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio 1994, 3) Con questo non si vuol dire che essi siano Principi sull’erogazione dei servizi pubblici in grado da soli di garantire una (fra i quali il successivo d.P.C.M. 19 maggio distribuzione equilibrata degli alunni tra le 1995 individua anche l’istruzione, insieme a scuole, come ben dimostra il caso della sanità, assistenza e previdenza sociale, Francia, dove, nonostante la carte scolaire comunicazioni, trasporti, energia elettrica, (che regola l’assegnazione degli alunni alle acqua e gas) afferma tra i principi scuole in base alla residenza), fondamentali il diritto di scelta fra i soggetti diseguaglianze del contesto di erogatori, stabilendo inoltre che “il diritto di apprendimento dovute al reclutamento scelta riguarda, in particolare, i servizi degli alunni sono lo stesso presenti (Dubet distribuiti sul territorio”. e Duru-Bellat, 2000; Duru-Bellat, 2002). 67 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 La rendicontazione pubblica I dati italiani dimostrano che le differenze nei risultati dipendono molto dal tipo di scuola o di classe in cui si è inseriti, piuttosto che dagli allievi 68 del percorso scolastico. Dalle ultime rilevazioni dell’Invalsi (ma lo stesso fenomeno emergeva anche dalle rilevazioni precedenti) sappiamo che già in seconda primaria, a livello nazionale, la variabilità dei risultati nella prova di Ita- liano, dovuta a differenze tra le scuole e le classi, ammonta in media al 22% della varianza totale e nella prova di matematica al 27%, percentuali che salgono rispettivamente al 25% e al 33% in quinta primaria e aumentano ul- Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 teriormente alla fine del primo ciclo d’istruzione. La proporzione di varianza dei risultati di apprendimento che è attribuibile a differenze tra le scuole e tra le classi è un importante indicatore dell’equità di un sistema scolastico e della sua capacità di assicurare agli alunni eguali opportunità di educazione. La presenza di un effetto di ‘composizione del gruppo’, che la ricerca ha a più riprese constatato (Gottfried, 2014), fa sì che l’apprendimento di un alunno sia influenzato non solo dalle sue caratteristiche personali ma anche dal livello medio e dal grado di omogeneità/eterogeneità delle caratteristiche dei compagni. Classi omogenee o eterogenee? In un sistema scolastico ideale, dove gli studenti fossero distribuiti in maniera aleatoria fra le unità del sistema indipendentemente dall’etnia, dalla condizione sociale, e dal livello di abilità, e dove la stessa qualità d’insegnamento fosse a tutti assicurata, la proporzione di varianza tra scuole e tra classi tenderebbe a zero e tutta la variabilità dei risultati si situerebbe tra gli alunni all’interno delle classi e delle scuole. In Italia non solo questo ideale traguardo non è raggiunto ma la proporzione di varianza tra scuole e tra classi rispetto alla varianza totale non è egualmente ripartita tra le diverse aree geografiche del Paese: mentre al Nord e, in minor misura, al Centro la varianza media tra scuole e tra classi è più o meno contenuta, nel primo ciclo, in limiti fisiologici, al Sud e nelle Isole essa risulta nettamente più elevata. Quali siano i fattori alla base di tale fenomeno e in particolare quanto e come in esso giochi la scelta della scuola da parte delle famiglie è cosa che andrebbe indagata, se non altro perché esso ha probabilmente un peso anche sul più basso livello degli apprendimenti nel Meridione. Si è detto che il problema riguarda fondamentalmente l’i- struzione di base, in quanto nella scuola superiore una elevata proporzione di varianza tra scuole (grosso modo il 50% circa, stando ai dati dell’indagine Pisa) in funzione dell’indirizzo liceale, tecnico o professionale di appartenenza è una inevitabile conseguenza della struttura ‘a canali’ di questo grado d’istruzione e dei processi di selezione e autoselezione degli studenti che si agiscono al momento del passaggio dal primo al secondo grado della scuola secondaria. La regolazione delle ammissioni alle scuole in Inghilterra Per dare un’idea di quale sia in Italia la sottovalutazione del problema sopra brevemente descritto, facciamo riferimento a un Paese, l’Inghilterra, che rappresenta un caso emblematico del nuovo corso nelle politiche dell’istruzione inaugurato a partire dagli anni ’80 in poi. Con l’Education Act del 1988 il governo conservatore di Margaret Thatcher ha introdotto un curricolo nazionale prescrittivo per la scuola dell’obbligo (che comprende nel Regno Unito la fascia d’età dai 5 ai 16 anni), un sistema di valutazione degli apprendimenti degli alunni mediante prove standardizzate alla fine dei 4 key stage in cui il percorso curricolare si articola, la possibilità per i genitori di scegliere liberamente la scuola dove iscrivere i propri figli, e un sistema di accountability di tutte le scuole pubbliche (4) fondato sulla pubblicazione dei risultati dei test e degli esami nazionali e sulla loro La rendicontazione pubblica La ‘varianza’ dei risultati tra scuole e classi è più forte nelle aree del Sud e influisce sul rendimento complessivo degli studenti 4) Nel Regno Unito sono scuole pubbliche quelle che ricevono finanziamenti dallo Stato; esse comprendono varie categorie di istituzioni, sia fondate e gestite direttamente dalle LEAs (community schools) sia create e gestite da soggetti privati (Foundation schools, Academies, ecc.). Al di fuori del sistema pubblico sono le scuole indipendenti (meno del 5% del totale), che si mantengono con le rette degli iscritti e altri introiti non di provenienza statale. 69 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 La rendicontazione pubblica In Inghilterra vigeva un sistema molto ‘liberista’ negli accessi alle scuole, ma ora sono stati posti correttivi e regole 70 ispezione periodica da parte di squadre di ispettori facenti capo all’Ufficio per gli standard nell’educazione (Ofsted). Senza entrare nel merito della riforma, vogliamo qui però sottolineare che essa si è innestata in una realtà istituzionale assai diversa da quella prevalente nei Paesi dell’Europa continentale, dove lo Stato esercita un ruolo di primo piano nell’ordinare e organizzare il sistema scolastico: in Inghilterra l’offerta di istruzione è affidata all’iniziativa di Enti e soggetti privati e, a titolo sussidiario, delle Local Education Authorities, espressione delle comunità territoriali, ed è dunque storicamente più pluralistica e disomogenea, anche qualitativamente, di quanto non accada nei Paesi del continente europeo. Ciò detto, la concorrenza fra le scuole per attrarre iscrizioni – dal cui numero venivano a dipendere in gran parte i finanziamenti sulla base del principio del ‘denaro che segue l’alunno’ – innescata dalla riforma del 1988, e quella parallela tra le famiglie per assicurare ai propri figli un posto nelle scuole più ambite, ha posto al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica, degli istituti di ricerca e delle autorità la questio- ne di come regolare le ammissioni alle scuole onde evitare discriminazioni fra gli studenti e contrastare la segregazione fra istituti. Un codice di comportamento per le iscrizioni A seguito delle disposizioni contenute nello School Standards and Framework Act del 1998, emendate dal successivo Education and Inspections Act del 2006, è stato stilato un Codice di comportamento a cui tutte le scuole finanziate pubblicamente sono tenute ad attenersi nel gestire le ammissioni. Il Codice, specie dopo la pubblicazione di un rapporto sull’argomento dell’Istituto di ricerca per le politiche pubbliche (Tough e Brooks, 2007), è stato ed è oggetto di successive revisioni per renderlo sempre più congruente con l’obiettivo di rendere il processo di allocazione dei posti nelle scuole equo e tale da assicurare il più possibile un reclutamento equilibrato, impedendo alle scuole che abbiano un eccesso di domande di ammissione rispetto alla disponibilità di posti di selezionare in qualunque modo tra le richieste. In sintesi, la procedura di iscrizione pre- Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 vede che i genitori si rivolgano alla Lea nel cui territorio risiedono esprimendo fino a un massimo di tre preferenze, che possono riguardare qualunque scuola sia all’interno sia all’esterno della Lea di riferimento. A loro volta le scuole sono tenute a notificare i posti disponibili e a rendere pubblici i criteri seguiti per accogliere o respingere le domande in caso di un eccesso di richieste di iscrizione. L’intero processo è sotto la supervisione di un’autorità governativa, l’Ufficio dello Schools Adjudicator, e i genitori che si vedano rifiutare la domanda di ammissione hanno il diritto di fare appello contro tale decisione. Inoltre, il Codice prevede che le LEAs debbano fornire alle famiglie più deboli assistenza e supporto per far accettare la propria richiesta nella scuola di preferenza. “La scuola migliore sotto casa…” Una procedura efficace di valutazione delle scuole è ancora in Italia tutta da costruire ed è presto per dire se quanto previsto dal Regolamento in materia sarà in grado di produrre un progresso effettivo o non si tradurrà piuttosto in una routine burocratica senza alcuna significativa incidenza nella scuola reale. Pur sospendendo la formulazione di un giudizio che sarebbe a questo punto prematuro, ci sembra tuttavia di poter dire che, se si vuole che le scuole entrino fra loro in una competizione ‘virtuosa’ sul solo terreno del miglioramento della propria organizzazione e delle proprie pratiche pedagogiche e didattiche, e non prendano invece altre e più facili strade per elevare i risultati, dovrebbe esser prevista una qualche forma di dispositivo di controllo che stabilisca le regole del gioco e ne assicuri il rispetto, chiarendo quali azioni sono consentite e quali vietate, al fine di salvaguardare il diritto di tutti gli utenti a una istruzione di qualità e l’interesse che la collettività ha al progresso dei livelli di apprendimento dell’intera popolazione di studenti. Riferimenti bibliografici A. Di Gregorio, La mia scuola lava più bianco, in “Res. Cose d’oggi a scuola”, VI, 11 febbraio 1996. F. Dubet, M. Duru-Bellat, L’hypochrisie scolaire. Pour un collége enfin démocratique, Seuil, Paris, 2000. M. Duru-Bellat, Les inégalités sociales à l’école. Genèse et mythes, PUF, Paris, 2002. M. Duru-Bellat e A. Mingat, Implications en termes de justice des modes de groupment d’élèves, in D. Meuret (a cura di), La justice du système éducatif, De Boeck & Larcier, Bruxelles, 1999. M.A. Gottfried, Peer effects in urban schools: assessing the impact of classroom composition on student achievement, in “Educational Policy”, vol. 28 (5), 2014. A. Martini, Autonomía escolar. Un análisis del caso italiano, Revista de Educacion, numero monografico 333, 2004. A. Martini, Autonomia ‘chiama’ valutazione, in “Rivista dell’istruzione”, anno XXIII, n. 2-2007. A. Martini, L’accountability nella scuola, FGA Working Papers, n. 8, 12/2008. A. Martini, I risultati delle singole scuole nelle prove INVALSI devono essere pubblicizzati?, in “Rivista dell’istruzione”, n. 3-2012. D. Meuret et al., Autonomie et choix des établissements scolaires: finalités, modalités, effets, in “Cahier de l’IREDU” n. 62, CNRS/Université de Bourgogne, Dijon, 2001. S. Tough e R. Brooks, School admissions: fair choice for parents and pupils, IPPR, june 2007. V. Vandemberghe, Functioning and regulation of educational quasi-markets, Louvain-la-Neuve, Université Catholique, Lovanio, 1996. La rendicontazione pubblica Con il nuovo sistema di valutazione italiano sembra opportuno stabilire le regole del gioco per evitare un cheating di massa Le opinioni qui espresse sono da attribuire alla sola autrice e non impegnano la responsabilità di altri soggetti. Angela Martini Consulente Invalsi ed esperta di valutazione degli apprendimenti delle scuole e dei sistemi scolastici [email protected] 71 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 La rendicontazione pubblica Il dialogo tra scuola e società attraverso il bilancio sociale Il progetto Obiss di Fabrizio Ferrari L’idea di accountability Il bilancio sociale comunica l’idea di una coerenza tra scelte educative, risorse impegnate e risultati raggiunti I termini accountability, stakeholder, così come quello di bilancio sociale, rendicontazione economica e sociale, sono oramai entrati da tempo nel linguaggio della scuola, per lo meno nei settori più sensibili all’innovazione, anche in funzione di numerose indicazioni e di alcuni vincoli normativi che hanno guidato e stanno guidando le istituzioni scolastiche a riflettere sul significato e la portata di questi temi. L’idea che la scuola debba fare pratica di accountability deriva dalla necessità di giustificare l’impiego delle risorse pubbliche per garantire il suo funzionamento; ma di cosa stiamo parlando precisamente? Cosa si intende per accountability? Ci riferiamo alla capacità delle scuole di comunicare, sia alla società in senso lato, sia alla comunità di riferimento in senso stretto, e sia alle istituzioni governative da cui dipende, i risultati che vengono raggiunti attraverso l’impiego delle risorse che le vengono assegnate a titolo economico, culturale, intellettuale, di tempi, di persone e di tecnologie. Il termine accountability indica pertanto la capacità di rendere pubblici gli obiettivi raggiunti e le modalità con cui le risorse assegnate sono utilizzate per raggiungere quegli obiettivi, assumendosi la responsabilità delle ricadute di questi obiettivi anche oltre il contesto stretto di riferimento. Fare un bilancio (sociale) 72 La traduzione italiana del termine accountability, pur essendo ancora necessario accordarsi sul significato preciso che si vuole dare ad esso, può essere ‘bilancio sociale’ o ‘rendicontazio- ne sociale’. Qui assumeremo il primo semplicemente perché il termine ‘bilancio’ comunica l’idea di uno scambio, di un atto che attraverso un confronto genera un’istantanea della situazione, una fotografia, che si può avere al termine di ogni anno scolastico. In gioco è il rapporto tra le scelte di indirizzo educativo-formativo che la scuola compie, le risorse investite dal pubblico o dal privato (economiche, intellettuali, di conoscenza, legate al territorio, alle persone, alle tecnologie) e quanto la scuola riesce a raggiungere in termini di diffusione della conoscenza, consapevolezza di cittadinanza, accoglienza e soluzione delle problematiche sociali affidatele, coerenza con le indicazioni istituzionali in termini di generazione di conoscenze e competenze. Tutto ciò considerato, possiamo concludere che il bilancio sociale è un documento che rappresenta da moltissimi punti di vista uno sguardo sulla scuola, su ogni scuola, ed è in grado di fotografare ogni anno la capacità da parte delle scuole di generare futuro attraverso il presente. Costruire dialogo e comunità Uno degli aspetti più importanti del bilancio sociale è la capacità di comunicare. Se l’oggetto della comunicazione può essere abbastanza chiaro occorre precisare a chi è destinato. Per capire la potenza dello strumento dobbiamo pensare all’organizzazione, complessa della scuola; immaginando cerchi concentrici via via più ampi. Al centro, nel cerchio più piccolo, abbiamo gli insegnanti e i dirigenti, il personale Ata, ovvero la scuola in senso stretto, potremmo dire a porte chiuse. In un cerchio immediatamente più am- Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 pio, aprendo le porte, abbiamo gli studenti, le studentesse e le loro famiglie. In un terzo cerchio abbiamo il territorio su cui la scuola opera e insiste: le circoscrizioni, i comuni, le associazioni e le realtà di territorio sia laiche, sia religiose. Infine, nell’ultimo cerchio abbiamo coloro che governano la scuola o che sono interessati alla scuola nelle sue linee di indirizzo, generiche e generali, all’erogazione delle risorse economiche e di personale, e al raggiungimento di definiti obiettivi accademici. Il bilancio sociale parla a tutte le componenti che in qualche modo e a diverso titolo sono interessate ad ascoltare la scuola perché interessate a quanto questa ha portato avanti: sono i cosiddetti stakeholder. Il coinvolgimento di questi e il ruolo del bilancio sociale come promotore di dialogo e motore nel costruire una comunità nelle scuole avvengono a due livelli: interno ed esterno alla scuola. Fuori dalle porte della scuola è più forte il rischio della frammentarietà delle informazioni, dell’incapacità a cogliere la complessità di attività e iniziative, della mancata comprensione di un linguaggio a volte troppo tecnico, delle difficoltà nel comunicare le criticità di gestione. Inoltre la competizione tra le diverse realtà e agenzie formative ed educative (famiglie, media, comunità, altre scuole…) spesso porta a fraintendimenti e tensioni in grado di generare un clima negativo e distruttivo degli obiettivi da raggiungere. Tra interno ed esterno: fare comunità A un primo livello, più ristretto, vi è un’altra difficoltà da affrontare: la motivazione nell’azione d’insegnamento. Diffusa è la percezione tra i professionisti che vivono all’interno dell’istituzione che a questa non venga riconosciuto il ruolo sociale che merita. Inoltre le difficoltà economiche sono all’ordine del giorno, così come le difficoltà a operare in situazioni di disagio sociale e culturale senza le risorse che si vorrebbero in aiuto. Sembra che per quanti siano gli sforzi e i tentativi di produrre una scuola accogliente, collaborativa, di qualità, questi non arrivino mai a essere sufficienti o sufficientemente riconosciuti. A questo primo livello il bilancio sociale risponde in modo chiaro. Parla a tutti i soggetti dentro alle porte della scuola mettendo in comunicazione tutte le realtà, facendo emergere in modo evidente quanto viene svolto in ogni contesto e collegando il lavoro alle risorse e ai risultati. Il bilancio sociale pone le basi per avviare uno scambio, un dialogo tra insegnanti, a volte anche molto distanti tra diversi plessi e realtà dello stesso istituto, rendendo esplicite le loro progettazioni e le condizioni operative. Se ben costruito, utilizzato e opportunamente diffuso il bilancio sociale diventa un documento importante all’interno di ogni istituto per dare voce e creare comunità, intesa come collaborazioni e sinergie per obiettivi condivisi, nonché portare alla luce tutte le situazioni di difficoltà, sofferenza economica o professionale che altrimenti rimarrebbero sopite e vissute con frustrazione. Aprendo le porte della scuola e spostandosi al secondo livello di più ampio respiro, il bilancio sociale parla con altrettanta chiarezza a tutti i soggetti del territorio su cui la scuola opera: a tutte le famiglie, studenti e studentesse, associazioni, comitati, realtà territoriali, circoscrizioni, comuni. A queste comunica le scelte della scuola, le motivazioni che le hanno generate e i risultati raggiunti. Anche in questo caso il collegamento tra scelte di indirizzo, risorse e risultati permette di mettere in luce l’identità della scuola e gli obiettivi che si vogliono perseguire. Il dibattito e il confronto si spostano così verso la condivisione di traguardi e di scelte strategiche, facendo crescere ogni soggetto, finalmente riconosciuto nel proprio ruolo e identità grazie alla sua La rendicontazione pubblica All’interno della scuola il bilancio sociale stimola coesione, conoscenza, collaborazione. All’esterno pone le basi per la condivisione di scelte strategiche 73 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 La rendicontazione pubblica definizione all’interno del bilancio sociale nell’interesse dell’istituzione scolastica (1). Le condizioni per avviare il percorso Poiché le informazioni e i dati sono patrimonio di molti soggetti, occorre definire protocolli di comunicazione comuni Interpretazioni del bilancio sociale e modelli ne esistono molti. Parlando di strumento comunicativo possiamo incontrare documenti molto articolati e complessi, così come agili e snelli. Innanzitutto è opportuno riflettere sulle caratteristiche che sono necessarie alla scuola per arrivare a scrivere il bilancio sociale. Il percorso infatti è tutt’altro che banale e immediato e, fatto non trascurabile, fa parte del bilancio sociale stesso. Quando si sceglie di partire infatti si deve valutare che il documento che si sta per comporre comprende una molteplicità di informazioni che sono patrimonio di molti soggetti diversi: alcuni sono posseduti dagli insegnanti (valutazioni accademiche, progetti, interventi sul disagio, rapporti con le famiglie); altri sono disponibili in segreteria (dati relativi alle iscrizioni e frequenza, caratteristiche del territorio); altri ancora sono nelle mani del direttore dei servizi generali e amministrativi, il cosiddetto segretario (dati economici e di funzionamento); infine altri sono di pertinenza del dirigente scolastico (dati di indirizzo, scelte strategiche, attuazione delle politiche scolastiche, documenti ufficiali e istituzionali). Doversi relazionare con così tanti soggetti può essere difficoltoso: occorre pertanto che all’interno dell’istituzione scolastica siano formalizzati ruoli, competenze, riferimenti, responsabilità. In altre parole è fondamentale che esista alla sua base un 1) Nell’esperienza con il progetto Obiss (www.obiss.it) le scuole hanno saputo riconquistare un ruolo di primo piano nella progettazione educativa e nell’immaginario di famiglie, istituzioni e territorio proprio grazie alla redazione e pubblicazione del bilancio sociale e al dialogo che 74 quest’ultimo ha generato. percorso di qualità esplicita (Caf, Aicq Education, Marchio Saperi, per citare i più diffusi) oppure implicita. Per modello di qualità implicita si intendono prassi, consuetudini, documenti interni dell’istituto che garantiscano responsabilità, possesso dei dati, circolazione delle informazioni secondo un modello unitario. La presenza di un percorso di qualità è condizione fondamentale per partire con il bilancio sociale ma non dobbiamo dimenticare un altro aspetto: ovvero la volontà di porsi obiettivi e di volerli mettere in discussione, preparandosi anche a comunicare l’insuccesso senza timori. Le caratteristiche del bilancio sociale Se abbiamo posto le premesse fondanti senza le quali può essere difficile e faticoso arrivare al bilancio sociale, occorre definire quali siano le caratteristiche da considerare nella sua redazione. In estrema sintesi in ogni bilancio sociale si deve porre attenzione a cinque fattori: il suo radicamento all’interno della scuola, la sua omogeneità, la scientificità del modello, la sua completezza e la sua efficacia comunicativa. Il radicamento del documento va inteso come la percezione condivisa tra insegnanti, dirigente, bidelli e segreteria che il bilancio sociale sia uno strumento in grado di dare loro voce all’interno della scuola stessa; si può realizzare garantendo un gruppo di lavoro snello ma strategicamente significativo e rap- Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 presentativo di tutte le componenti. Non dimentichiamo che occorre mettere insieme dati di funzionamento, economici, didattici, di progettazione, di efficacia e di risultato. La necessità del bilancio sociale di interloquire con l’amministrazione scolastica e con gli stakeholder interni alla scuola, ma anche la volontà di comunicare con le famiglie e i soggetti legati al territorio, impongono che sia costruito in modo omogeneo e comparabile. Inoltre occorre focalizzarsi su un prodotto scientificamente affidabile, evitando di muoversi in modo approssimativo e sulla basa di sensazioni. In Obiss abbiamo pensato di supportare il lavoro in rete delle scuole coordinandolo con l’aiuto di un supporto scientifico. Il rischio di avere un documento incompleto, autoreferenziale, non comparabile, inefficace può vanificare gli sforzi. La completezza e l’efficacia comunicativa sono il fondamento su cui si fonda il dialogo virtuoso che dal bilancio sociale si muove verso il miglioramento, sia attraverso la comunione di intenti e la condivisione degli obiettivi all’interno della comunità scolastica, sia attraverso l’orientamento delle politiche del territorio e dell’amministrazione. Il bilancio sociale all’interno del Sistema nazionale di valutazione Con l’avvio del Sistema nazionale di valutazione prende forma istituzionale la volontà di avere una scuola trasparente e pienamente accountable. I recenti vincoli, innanzitutto con il percorso di autovalutazione, il cosiddetto Rav, avviano una stagione che porterà le scuole a essere sempre più esposte e trasparenti. Nel Sistema nazionale di valutazione il bilancio sociale è previsto solo al termine del terzo anno di lavoro, immaginandolo alla conclusione di un percorso di miglioramento della scuola come strumento in grado di testimoniare i risultati raggiunti. Quale ruolo può tuttavia avere una pubblicazione triennale dedicata a testimo- niare un percorso concluso? Non dobbiamo dimenticare che il bilancio sociale non è un documento legato alla qualità e al miglioramento in senso stretto, ma è un documento improntato a dialogare con la comunità e con gli stakeholder che gravitano intorno a ogni istituzione scolastica e che hanno tutto l’interesse a collaborare e a partecipare nella definizione degli obiettivi e del percorso per realizzarli. Il dialogo tra scuola e società attraverso il bilancio sociale avviene solo con un regolare confronto sia all’interno della scuola a porte chiuse, sia nella totalità della scuola a porte aperte. È importante un costante scambio di informazioni sulle attività che la scuola porta avanti e che si traducono non solo in apprendimenti accademici, ma anche in cittadinanza, alleggerimento del disagio, arricchimento del territorio, valorizzazione delle eccellenze. Una comunità deve continuamente confrontarsi, dialogare e riflettere sui percorsi realizzati e immediatamente poter progettare e riprogettare: non possiamo pertanto muoverci oltre l’anno scolastico. Il bilancio sociale si pone, in quest’ottica, come un documento in grado di superare la visione di una scuola autoreferenziale verso una scuola aperta, libera, diffusa, che coinvolge e ascolta, progetta e condivide obiettivi e difficoltà. La rendicontazione pubblica Il bilancio sociale dovrebbe essere elaborato ogni anno e non solo al termine del triennio, per alimentare dialogo e feedback continui OBISS Osservatorio per il BIlancio Sociale nella Scuola associazionetommaseo.it/obiss/ Fabrizio Ferrari Insegnante di scuola primaria, coordinatore del gruppo di lavoro sull’autovalutazione presso l’associazione “N. Tommaseo” di Torino, cofondatore di Obiss (Osservatorio sul bilancio sociale della scuola) [email protected] 75 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Professionalità Il dirigente scolastico nel processo di autovalutazione di Giorgio Cavadi Dai progetti-prototipo al nuovo sistema La valutazione dell’azione dirigenziale si innesta sulla conoscenza della scuola e del relativo piano di miglioramento Il d.P.R. 80 del 28 marzo 2013, con il quale è stato emanato il Regolamento del sistema nazionale di valutazione (Snv) della scuola italiana chiude un decennio di progetti sperimentali o ‘prototipali’ che, per successive approssimazioni, hanno oscillato fra la ricerca di un modello finalizzato alla valutazione del dirigente scolastico (Ds) e l’esigenza di una lettura sempre più approfondita di quanto avviene all’interno delle scuole italiane (1). L’attuale modello (2) si configura come una procedura che ambisce a tenere insieme valutazione interna e valutazione esterna delle istituzioni scolastiche (3), con la valutazione dei risultati del dirigente scolastico, del quale si intende cogliere l’esplicitazione dell’ope1) La valutazione di sistema fa la sua comparsa nella scuola italiana con i primi progetti sperimentali sulla valutazione del dirigente scolastico (Sivadis 1, 2, 3 20032006). Una panoramica dell’esperienza è in Franco De Anna, Sistema di valutazione dei dirigenti scolastici (Sivadis), Indire, 2005, in www2.indire.it/; uno dei maggiori limiti apparve da subito la gestione di un modello a obiettivi variabili perché affidati alla libera individuazione del Ds ‘valutato’. 2) I passaggi fondamentali sono riportati nell’art. 6 del Regolamento 3) Il riferimento al modello inglese dell’Ofsted (Office for Standards in Education) è già esplicito nel monumentale “Quadro di riferimento teorico del Valsis”, Invalsi, giugno 2010, che getta le basi dell’attuale rato come leader di una comunità educativa e come dirigente di un segmento fondamentale dell’apparato dello Stato. Il percorso, partendo dalla lettura delle dinamiche interne alle istituzioni scolastiche, è finalizzato a stimolarne e supportarne il miglioramento, per giungere alla valutazione del Ds in relazione ai “risultati della sua azione dirigenziale, secondo quanto previsto dall’articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165” (4). Il dirigente come interlocutore strategico Sebbene debbano essere portati a compimento alcuni passaggi fondamentali per la messa a regime del SNV che si modulerà nel successivo triennio, a oggi è disponibile una prima documentazione di supporto (Rav, Quadro teorico di riferimento del Rav, Mappa degli indicatori), mentre non sono ancora pubblici gli indicatori per la valutazione dei dirigenti scolastici (5). Nel disegno del Regolamento, dalla dinamica fra valutazione interna e valutazione esterna scaturiscono gli obiettivi del Piano di miglioramento della scuola; tali obiettivi si considerano direttamente riconducibili all’operato organizzativo e gestionale del Ds e infatti, insieme al piano di miglioramento “sono comunicati al direttore generale del competente Ufficio scolastico regionale, che ne tiene conto ai fini della individuazione degli obiettivi da assegnare al dirigente scolastico in sede di conferimento del successivo incarico e della valutazione di cui al comma 4” (6). modello del SNV; l’evidente filiazione dal modello inglese è rimarcata nel recente 4) Art. 6, comma 4 del Regolamento. Rapporto della Fondazione Giovanni 5) Punto 3a) della direttiva n. 11, 18 settembre Agnelli, La valutazione della scuola. A cosa serve e perché è necessaria all’Italia, 76 Laterza, Roma-Bari, 2014. 2014, in applicazione di quanto disposto dall’art. 6, comma 4, del Regolamento. 6) Art. 6, comma 5 del Regolamento. Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 La presenza del Ds e la possibilità di leggerne e valutarne l’operato era ben evidente sia nei modelli teorici (Valsis) che negli strumenti di osservazione/valutazione dei due progetti-prototipo che hanno costituito la base dell’attuale SNV – “Valutazione e miglioramento” (VM, 2010-2012 e 2013-14) e “Valutazione e sviluppo della scuola” (VALeS, 2013-15). In entrambi venne previsto un coinvolgimento pieno del Ds durante la visita dei valutatori esterni: intervista-incontro con il Ds e il suo staff in avvio di visita per l’illustrazione delle finalità dell’azione degli osservatori; intervista strutturata affiancato dal Dsga e dal suo staff per la discussione sulla gestione strategica delle risorse finanziarie e strumentali e sulle modalità di sviluppo professionale delle risorse umane. I processi decisionali “In questa sezione vengono presi in esame i luoghi dove avvengono alcuni processi decisionali ritenuti chiave a scuola. Sono stati considerati i seguenti luoghi, intesi come organismi, singoli individui o gruppi: il collegio dei docenti, il consiglio di istituto, i consigli di classe o interclasse, il dirigente scolastico, lo staff del dirigente scolastico, un gruppo di lavoro o dipartimento o commissione, i singoli insegnanti. I processi decisionali presi in esame concernono la ripartizione dei fondi del bilancio scolastico, le modalità di valutazione degli studenti, i criteri di formazione delle classi, le modalità di lavoro degli studenti (classi aperte, gruppi di livello, ecc.), i contenuti del curricolo, le attività per ampliare l’offerta formativa, l’articolazione oraria, i metodi didattici, gli argomenti per l’aggiornamento degli insegnanti”, Rapporto Questionario scuola Invalsi, VALeS 2013-14. Il fuoco sull’azione dirigenziale Nel “Questionario scuola”, alcuni item erano direttamente rivolti alla figura e all’operato del Ds (sez. Risorse umane), in merito al tipo di incarico, all’anzianità nel ruolo e alla stabilità nella scuola. Al Ds, poi, veniva richiesta un’opinione sulla partecipazione informale dei genitori all’attività della scuola secondo tre aspetti: partecipazione ai colloqui con gli insegnanti, alle iniziative organizzate della scuola, collaborazione alla realizzazione dalle attività della scuola. Medesima opinione del Ds veniva sollecitata e raccolta, ma solamente per le scuole del II ciclo, in merito alla partecipazione degli studenti alle attività della scuola. Negli strumenti di VALeS, tutta la parte del “Rapporto Questionario scuola Invalsi” dedicata ai processi decisionali coglieva, direttamente e indirettamente, il cuore dell’azione di gestione e coordinamento del leader di un’istituzione scolastica; non a caso in coda a questa sezione erano state collocate le due domande assolutamente complementari fra loro, sul tempo dedicato dal Ds alle questioni educative ovvero a Professionalità Negli strumenti VALeS e VM molti quesiti si riferiscono ad aspetti rilevanti dell’azione del dirigente quelle nell’espletamento di compiti amministrativi e di coordinamento del personale presenti in una vasta letteratura sull’argomento. Coordinamento e processi decisionali Altri indicatori, più o meno direttamente, erano in grado di dirci dell’azione di coordinamento del Ds sui diversi aspetti di gestione della scuola, come la lettura della congruenza fra progetti del Pof ritenuti più importanti, comparata all’indice di concentrazione di spesa per i tre progetti più importanti. Inoltre, la lettura della varianza interna fra classi in relazione agli esiti di apprendimento nelle prove Invalsi richiama, più sottilmente, ad azioni di grande responsabilità del Ds nella formazione delle classi e dei consigli di classe per contrastare ove presente, un disequilibrio nei risultati emerso in fase di valutazione esterna. Infine, va segnalato che il “Rapporto finale” del progetto VM 2010-2012, utilizzava anche le evidenze emerse dalle interviste di gruppo tenute dai valu- 77 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Professionalità Nel RAV 2014 la figura del dirigente è presente, ma quasi in forma implicita, come ‘regista’ strategico di istituto tatori agli insegnanti in merito alle caratteristiche dell’operato del Ds, in particolare: sulle capacità del Ds di mettere in atto e gestire azioni di comunicazione efficaci e adeguate; sulla qualità dei processi decisionali anche rispetto allo stile di direzione (autoritario, direttivo, specialistico, collaborativo, individuale, disperso); su quanto e come la dirigenza scolastica convocasse spesso riunioni informali per prendere decisioni rapide; sui luoghi e modi dei processi decisionali; sulla capacità della dirigenza scolastica nel sostenere la collaborazione tra docenti (7); infine sul tempo dedicato dal Ds a questioni educative e a questioni amministrative e di coordinamento. Rav 2014: la ‘mano invisibile’ del dirigente La scelta di curvare la finalità del SNV più verso la lettura dei processi delle istituzioni scolastiche per promuoverne e accompagnarne il miglioramento, piuttosto che sulla valutazione del Ds tout court, nonché la drastica riduzione degli indicatori (ora 49 rispetto al 212 del modello CIPP Valsis (8)), pone la figura del Ds in una posizione più ‘sfumata’. A una prima percezione, pare che la leadership del Ds debba e possa essere letta, incidentalmente, attraverso la sintesi di una serie di indicazioni indi7) Il recentissimo Rapporto sulle caratteristiche psicometriche e utilizzo delle informazioni nell’autovalutazione delle scuole, pubblicato da Invalsi il 23 dicembre 2014, indica come il “Questionario insegnanti” abbia contribuito a mettere a fuoco un aspetto centrale dell’operato del Ds: “La scala sulla direzione e la gestione della scuola si propone di indagare con 5 domande (…) quanto il Ds contribuisce a creare un clima di lavoro positivo all’interno della scuola valorizzando ad esempio il lavoro degli insegnanti”. 8) Le 4 aree del modello CIPP sono Contesto, 78 Input, Processi, Prodotti. Orientamento strategico e organizzazione della scuola (Rav 2014) “Identificazione e condivisione della missione, dei valori e della visione di sviluppo dell’istituto. Capacità della scuola di indirizzare le risorse verso le priorità, catalizzando le energie intellettuali interne, i contributi e le risorse del territorio, le risorse finanziarie e strumentali disponibili verso il perseguimento degli obiettivi prioritari d’istituto. La missione è qui definita come la declinazione del mandato istituzionale nel proprio contesto di appartenenza, interpretato alla luce dall’autonomia scolastica. La missione è articolata nel Piano dell’offerta formativa e si sostanzia nell’individuazione di priorità d’azione e nella realizzazione delle attività conseguenti”. L’area è articolata al suo interno in quattro sottoaree: – Missione e obiettivi prioritari (individuazione della missione, scelta delle priorità e loro condivisione interna e esterna). – Controllo dei processi (uso di forme di controllo strategico e monitoraggio dell’azione intrapresa dalla scuola per il conseguimento degli obiettivi individuati). – Organizzazione delle risorse umane (individuazione di ruoli di responsabilità e definizione dei compiti per il personale). – Gestione delle risorse economiche (assegnazione delle risorse per la realizzazione delle priorità). rette, quasi che si voglia soppesare se e quanto funzioni la ‘mano invisibile’ del dirigente nella narrazione dei fatti della scuola, al di là della semplice individuazione delle caratteristiche professionali del dirigente (Indicatore 1.4.b, tipo di incarico, anni di esperienza, stabilità). Rimangono di estrema importanza gli indicatori inerenti a modi e luoghi dei processi decisionali (3.5.c) che in occasione delle interviste condotte in VM dal team dei valutatori esterni avevano dato delle indicazioni interessanti sulle modalità di gestione Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Professionalità della comunicazione e della leadership stessa da parte del Ds. In realtà, sebbene mai citato, il Ds è presente come figura chiave, quasi un convitato di pietra, nell’intera sez. B dell’ambito dei processi (pratiche gestionali e organizzative), in particolare nell’area “Orientamento strategico e organizzazione della scuola”. Presidiare il processo Ora, in quest’ottica di processo, si può certamente affermare che già la fase di elaborazione dei Questionari e la conseguente costruzione del Rav costituiscano un primo serio banco di prova per il Ds, chiamato a incanalare l’attenzione della scuola al corretto sviluppo di un primo momento di confronto fra valutazione esterna e valutazione interna (9). Mentre, per rimanere entro la strategia complessiva del SNV, un secondo passo affidato alle qualità di un buon Ds risiede nella ne9) Rapporto della Fondazione Giovanni Agnelli, La valutazione della scuola. A cosa serve e perché è necessaria all’Italia, cit. cessità di sollecitare, in ogni fase della valutazione e fin dal suo avvio, un coinvolgimento attivo e responsabile di tutte le componenti della scuola, fuori da logiche di mero adempimento formale, nella consapevolezza condivisa che un buon processo valutativo consenta a ciascuna istituzione scolastica di regolare e qualificare il proprio servizio educativo. Tocca al dirigente governare con chiarezza di intenti e procedure la strategia per condurre l’istituzione scolastica a una consapevole assunzione di responsabilità nell’aprire la scatola nera della scuola per realizzare – già con la pubblicazione del Rav (luglio 2015) – una prima forma di rendicontazione sociale. Spetta al dirigente promuovere il coinvolgimento attivo di tutte le componenti dell’istituto nelle diverse fasi della valutazione Esplicitare la leadership Ecco perché ci pare di difficile lettura, se non in filigrana, la funzione di leadership educativa e di governo dei processi didattici da parte del dirigente, così come è proposta al punto a) dei Processi (pratiche educative e didattiche) del Rav 2014. Nella mappa degli indicatori del Rav 2014 perman- 79 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Professionalità Il RAV è uno strumento in evoluzione, in cui si dovrà esplicitare meglio il ruolo strategico del dirigente Capacità di direzione “Identificazione e condivisione della missione, dei valori e della visione di sviluppo dell’istituto. Stile di direzione, modalità di gestione della scuola da parte del dirigente e dei suoi collaboratori. Promozione di una comunità professionale che cerca il coinvolgimento e l’impegno pro-attivo del personale”, in Linee guida dei valutatori esterni progetti “Vales” e “Valutazione e miglioramento”, 2013. gono – rispetto al “Rapporto finale” restituito alle scuole in VM 2013-14 – tre voci in cui si articola il punto b) dei Processi, pratiche gestionali e organizzative, e cioè: • orientamento strategico e organizzazione della scuola; • sviluppo e valorizzazione delle risorse umane; • integrazione con il territorio e rapporti con le famiglie. Ci pare, per concludere, che per meglio valutare l’operato del Ds e per rendere più visibile la sua azione, sarebbe stato opportuno mantenere l’area definita come Ambiente organizzativo (10) e, di conseguenza, quegli indicatori che nel “Rapporto finale” VM 2013-14 erano raggruppati nella sezione (4.6) denominata, assai significativamente, Identità strategica e capacità di direzione della scuola (leadership). 10)Invalsi, Valutare le scuole: le logiche generali 80 del progetto VALeS, novembre 2012. Riferimenti bibliografici M. Castoldi, Il ruolo dei processi auto valutativi: potenzialità, criticità, condizioni di successo, Working paper, FGA, Torino, 2014. A. Cavalli, L. Fisher (a cura di), Dirigere le scuole oggi, Fondazione per la scuola della Compagnia di S. Paolo, 2010. F. De Anna, Sistema di valutazione dei dirigenti scolastici (Sivadis), Indire, 2005. N. Delai (a cura di), Essere dirigente nella scuola oggi, Spaggiari, Parma, 2013. Fondazione Giovanni Agnelli, La valutazione della scuola. A cosa serve e perché è necessaria all’Italia, Laterza, Roma-Bari, 2014. Invalsi, Quadro di riferimento teorico della Valutazione del sistema scolastico e delle scuole, gruppo di lavoro coordinato da D. Poliandri, 2010. Invalsi, Valutare le scuole: le logiche generali del progetto Vales, novembre 2012. A. Paletta, Scuole responsabili dei risultati, Il Mulino, Bologna, 2011. A. Paletta, Ripensare l’autonomia scolastica per migliorare gli apprendimenti degli studenti, in “Autonomia e Dirigenza”, anno XXI, nn. 7-8-9, 2012. A. Paletta, Valutazione dell’istruzione e miglioramento: il contributo degli studi di management, Working paper, FGA, Torino, 2014. Giorgio Cavadi Dirigente scolastico presso l’Ufficio scolastico regionale per la Sicilia, si occupa di formazione e di ricerca in ambito didattico e pedagogico [email protected] Il coordinatore dei processi di autovalutazione Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Professionalità di Tommaso Agasisti In questo momento storico di avvio del SNV, appare di fondamentale importanza concentrarsi sulle condizioni per il successo dell’autovalutazione, in quanto il fallimento di questa prima fase rischierebbe di invalidare (o perlomeno seriamente depotenziare) l’intero disegno valutativo previsto dal SNV (1). L’obiettivo principale di questo contributo è l’identificazione, e la discussione critica, delle principali competenze che devono essere acquisite dal personale della scuola per la realizzazione di Rapporti di autovalutazione efficaci e costruttivi, utili per l’identificazione degli obiettivi strategici e operativi, nonché delle piste di miglioramento per il loro perseguimento. Tra tecnicalità e partecipazione La lettura del format predisposto dal Miur mette in luce come l’autovalutazione non si configuri come un adempimento meramente burocratico e amministrativo, ma possa invece rappresentare un momento di vera riflessione interna alla comunità professionale per identificare i propri punti di forza e di criticità, le sfide e i rischi da affrontare, le piste di lavoro per il futuro. La strada per intraprendere il lavoro del Rav nell’una o nell’altra direzione (adempimento vs lavoro sostanziale), tuttavia, passa attraverso l’impostazione del processo di autovalutazione in modo professionale e tecnicamente robusto – oltre che, chiaramente, strategicamente orientato. In altre parole, se il personale della scuola coinvolto nei processi di autovalutazione non possiede quelle competenze tecniche necessarie per un’analisi delle proprie caratteristiche e dei risultati, la deriva verso la compilazione del Rav come adempimento sarà, purtroppo, inevitabile. Al contempo, avere a disposizione le competenze tecniche non garantirà la formulazione di RAV partecipati e utili al miglioramento; condizioni per que1) Sui rischi connessi alla attività di autovalutazione, come prevista dal d.P.R. 80/2013, si veda il contributo di Checchi e De Paola (2014), lavoce.info, 16.12.2014. sta prospettiva, infatti, sono (i) il commitment strategico del dirigente scolastico e dei suoi più stretti collaboratori, nonché (ii) un ampio coinvolgimento delle varie anime della scuola stessa – comunità professionale, personale amministrativo, studenti e loro famiglie, stakeholder del territorio di riferimento. Formare il personale Da un punto di vista operativo, sarebbe opportuno che il processo di autovalutazione fosse sì coordinato dal dirigente scolastico (DS), ma realizzato da un gruppo (Unità di Valutazione) interno alla scuola con professionalità diversificate. Tale gruppo dovrebbe prevedere la partecipazione di insegnanti (anche al fine del presidio degli effetti della valutazione sui contenuti e processi disciplinari) e, nel caso, esperti selezionati dal DS, i quali potrebbero avere un ruolo maggiore nella discussione degli elementi organizzativi e gestionali. Il processo di autovalutazione deve essere presidiato da figure competenti, fortemente motivate e impegnate nel loro ruolo L’analisi e il trattamento dei dati Una parte significativa di lavoro di valutazione si basa, necessariamente, sulla lettura e l’interpretazione di dati quantitativi. Se, per diverso tempo, l’analisi del sistema educativo italiano è stato carat- 81 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Professionalità Occorre padroneggiare alcune nozioni basilari di statistica e non confondere misurazione e valutazione 82 terizzato dall’assenza di dati statistici, la situazione odierna è totalmente diversa. Si pensi, ad esempio, alla disponibilità dei risultati delle prove Invalsi (svolte in modo censuario da diversi anni), oppure ai dati contenuti nei sistemi informativi del Miur e restituiti con diverse modalità, le cui più note sono scheda e sito “Scuola in Chiaro”. Prima ancora di interpretare costruttivamente tali dati, e utilizzarli a fini (auto)valutativi, è importante che il team coinvolto nel processo di valutazione sia in grado di leggere gli oramai numerosi dati in modo tecnicamente corretto. A tal fine, vi sono due insiemi di competenze necessarie. Da un lato, la conoscenza delle basi della statistica sembra essenziale: chi lavora sui dati quantitativi dovrebbe acquisire dimestichezza con alcuni concetti quali quelli di media, mediana, varianza (deviazione standard), distribuzione, differenza statisticamente significativa, ecc. Dall’altro lato, anche la consapevolezza del ruolo dei test nella valutazione delle competenze è fondamentale. In questo quadro, uno dei rischi corsi più di frequente da chi si occupa di leggere i risultati delle prove svolte nelle pro- prie scuole è quello di confondere i concetti di ‘misurazione’ (tipico delle prove Invalsi) e di ‘valutazione’ (attività che, invece, richiede un coinvolgimento attivo del valutatore nell’espressione di un giudizio). Più in generale, l’approfondimento dei quadri di riferimento delle prove Invalsi e delle altre tipologie di testing, anche in ambito internazionale (per es. Ocse-Pisa, Iea Timss e Pirls, ecc.) è chiaramente utile per contestualizzare il valore delle prove ed evitare di sottoo sovra-stimare l’importanza delle prove di questo tipo, e il loro possibile utilizzo pratico. L’interpretazione dei dati Al fine di realizzare i Rapporti di autovalutazione in modo pertinente, occorre inoltre conoscere approfonditamente la struttura complessiva del SNV: • (i) il ruolo dei diversi soggetti (Miur, Invalsi, singole scuole, ispettori e team di valutazione); • (ii) le fasi del processo pluriennale (autovalutazione, valutazione esterna, miglioramento, rendicontazione); • (iii) gli strumenti utilizzati (rapporto Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 di autovalutazione, indicatori, piani di miglioramento, ecc.). In effetti, il processo di autovalutazione, oltre a essere previsto dalla normativa riferita al SNV, è soprattutto un fattore di cambiamento da promuovere all’interno della comunità scolastica. Nel tempo, deve essere coltivata all’interno di ciascuna scuola la cultura del dato, con ciò intendendo la capacità di rilevare, classificare e utilizzare i dati amministrativi in modo completo e affidabile. Ci si riferisce, in particolare, alla considerazione dei dati su iscritti, trasferimenti, abbandoni, programmi svolti, valutazioni dei docenti, coerenza con prove Invalsi, ecc. Questo patrimonio informativo deve essere anzitutto conservato, e ‘gestito’ (nel senso di manutenuto nel corso del tempo), affinché sia disponibile nei diversi momenti dell’anno in cui sono realizzate attività valutative (Rapporto di autovalutazione, visite di valutatori esterni, ecc.). Una competenza specifica dovrebbe essere quella di utilizzare dati Invalsi e Miur all’interno dei processi di autovalutazione. In questo senso, l’esperienza del progetto Vales è preziosa, in quanto specifiche sessioni di lavoro sono state dedicate allo sviluppo di ‘protocolli di lettura’ e di ‘schemi interpretativi’ proprio dei dati sugli apprendimenti, in una logica anche intertemporale. Una chiave di lettura interessante consiste nell’usare i dati per un checkup sulla didattica; in particolare, la capacità di osservare la relazione tra singoli item, parti delle prove e modalità di risposta degli studenti consente di riguardare in modo critico se, come e quanto i programmi e gli obiettivi educativi siano stati raggiunti. ti, il risultato (auto)valutativo finale può essere diverso a seconda del format del Rapporto utilizzato. Il Miur ha predisposto uno schema, al cui interno sono previste rubriche di valutazione che devono essere apprese in modo approfondito, per poter assegnare punteggi e descrittori in modo consapevole. In altre parole, la formulazione dei giudizi che devono essere inclusi nel Rapporto di autovalutazione dovrebbe essere aderente alla struttura – standardizzata – del Rapporto stesso. Pertanto, mentre ciascuna scuola dovrebbe avere la massima libertà nell’identificazione degli elementi da sottoporre a valutazione, i criteri di valutazione e i passi logici e operativi da porre dovrebbero essere il più possibile simili tra istituzioni diverse e, dunque, i docenti coinvolti nel processo valutativo dovrebbero conoscere tali indicazioni metodologiche. In ogni caso, tutte le scuole dovrebbero porre un’attenzione specifica ai risultati (di apprendimento e ‘a distanza’) dei propri studenti, e dunque dovrebbero avere docenti esperti nella capacità di risalire dalla lettura dei dati sui risultati ai processi e alle attività che li hanno generati. Tra le ultime attività incluse all’interno del processo di autovalutazione vi è quella della definizione degli obiettivi di miglioramento, nonché la preliminare identificazione delle piste di miglioramento per il loro perseguimento, e lo sviluppo di indicatori e target per misurarne il raggiungimento. In questo senso, è cruciale sviluppare l’abilità di stabilire la coerenza tra indicatori ipotizzati e fenomeni sotto analisi. Professionalità Fondamentale è la capacità di leggere i dati riguardanti i risultati e risalire ai processi che li hanno generati Modelli di formazione per esperti di autovalutazione L’espressione del giudizio La forma del Rapporto di autovalutazione è un elemento di conoscenza essenziale ex ante; avendo a disposizione le medesime informazioni, infat- Si può chiaramente evincere, dalla descrizione delle competenze tratteggiata in questo paragrafo, come la figura dell’‘esperto’ in processi di autovalutazione possa essere particolarmente 83 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Professionalità Con una buona formazione si impara a mettere in relazione descrizioni qualitative con dati quantitativi complessa e richiedere l’approfondimento di contenuti e metodi anche piuttosto diversi tra loro. In questo senso, è ragionevole immaginare che i docenti che intendano acquisire tali competenze, generali e specifiche, possano decidere di investire parte del proprio tempo nell’aggiornamento professionale specialistico. Nel corso del 2014, la Scuola di Management per le università, gli enti di ricerca e le istituzioni scolastiche (Sum) del Mip Politecnico di Milano ha organizzato tre edizioni di un corso finalizzato alla formazione di professionalità al servizio dei processi di autovalutazione, ispirato ai contenuti descritti in questo contributo (2). Dati quantitativi e letture qualitative Nei corsi gestiti dal Politecnico il continuo dialogo con i partecipanti ha consentito di mettere in evidenza il grado di coerenza tra contenuti formativi proposti (quelli descritti nei precedenti paragrafi) e le competenze usualmente utilizzate dai docenti nelle attività di (auto)valutazione delle proprie scuole. Le attività formative sono state intervallate da attività pratiche ed esercitative, ed è stato anche realizzato un lavoro finale per ‘mettere alla prova’ le competenze acquisite. È emersa, con chiarezza, la necessità di approfondire i contenuti connessi all’utilizzo corretto delle informazioni di tipo quantitativo. In particolare, si è evidenziato che quando si riesce a far coesistere le indicazioni qualitative con una consapevole interpretazione dei dati quantitativi, l’attività tutta di riflessione costruttiva della scuola ne risen- te positivamente: infatti, in questo caso l’analisi dei dati può essere usata in modo positivamente strumentale per confermare, oppure mettere in discussione, le valutazioni dei docenti sull’andamento delle attività e sui risultati conseguiti. Al termine dei percorsi formativi, i partecipanti hanno confermato questo aspetto positivo: la possibilità di imparare un modo nuovo, tecnicamente più robusto, per svolgere in modo migliore un lavoro che fa parte intrinsecamente della moderna professione di docente: quello di valutare se stessi, le proprie attività, i risultati ottenuti, per identificare obiettivi nuovi e ambiziosi. www.mip.polimi.it/mip/it/sum 2) Ogni edizione ha coinvolto 40 docenti (non Ds), e ha avuto una durata di 80 ore di lezioni frontali, organizzate in moduli svoltisi ogni due settimane circa. Le edizioni si sono svolte a Firenze, Bologna e Pompei (i partecipanti hanno usufruito di 84 borse di studio finanziate da Inps). Tommaso Agasisti Professore associato presso Politecnico di Milano School of Management, condirettore di Sum - Scuola di management per le università, gli enti di ricerca e le istituzioni scolastiche [email protected] Un percorso formativo Il progetto Core (Ust di Brescia) di Daria Giunti, Mario Maviglia, Mario Martini Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Governance Fare rete L’esperienza ( 1 ) di cui si parla in quest’articolo ha avuto gestazione nell’ambito dell’Asab (Associazione delle scuole autonome bresciane), dove due anni fa si è deciso di costituire dei tavoli di lavoro su tematiche ritenute significative, tra le quali è stata individuata l’autovalutazione di istituto. Si è formato un primo gruppo di lavoro che, dopo alcuni incontri interlocutori, ha ipotizzato il coinvolgimento dell’Ufficio scolastico territoriale, che ha dato la propria disponibilità a progettare e realizzare un’azione formativa di accompagnamento degli istituti scolastici bresciani. La scelta dell’autovalutazione non è avvenuta casualmente, ma sulla base di un’esigenza, avvertita da tempo, che vede in essa un indispensabile dispositivo di regolazione degli istituti scolastici e un contrappeso al principio dell’autonomia, che potrebbe trarre da esso maggiore legittimità sociale e forza consensuale. Grazie alla sinergia che si è venuta a creare tra Asab, che ha messo in campo risorse umane e finanziarie, e l’Ust di Brescia, che ha reso disponibile – per gli aspetti organizzativi, rilevativi e comunicativi – una docente distaccata presso l’ufficio (preposta a “Valutazione e Invalsi”) e che ha assunto il ruolo di promotore istituzionale dell’iniziativa, è stato possibile progettare e realizzare, nell’arco di questi ultimi due anni, un’azione di supporto agli istituti, che si è caratterizzata per i seguenti criteri guida, sintetizzabili nell’acronimo Core: Cultura della valutazione, Organizzazione, Riflessività metodologica, Evidenze tramite strumenti. 1) L’esperienza è documentata dettagliatamente sul sito dell’Ust di Brescia: http://www.ustservizibs.it/sito/valutazione/. Perché c’è bisogno di valutazione? Tenendo conto che la scuola italiana è apparsa in questi anni, in linea generale, refrattaria ad assumere la valutazione quale strumento di controllo e di regolazione delle proprie azioni formative, si è ritenuto fondamentale puntare anzitutto su una sensibilizzazione al tema della valutazione. A questo scopo si è coinvolto M. Castoldi, che, insieme a un gruppo di dirigenti scolastici, ha progettato un primo percorso formativo, che si è realizzato nel corso del 2014 e proseguirà nel 2015. È stata inizialmente fornita da D. Previtali una ricostruzione delle principali tappe che hanno portato all’istituzione del Sistema nazionale di valutazione (SNV) con il d.P.R. n. 80/2013. È stato rilevato che i dati raccolti dalle indagini internazionali sui livelli di apprendimento hanno permesso di effettuare comparazioni tra i sistemi scolastici, che hanno evidenziato una situazione complessiva problematica della scuola italiana, con differenze significative a seconda delle aree geografiche. Anche i risultati dell’indagine nazionale Invalsi hanno messo in rilievo le grosse variazioni a seconda delle regioni e degli istituti, facendo emergere in primo piano l’esistenza di una disuguaglianza che, in parte, può essere dovuta a punti di partenza differenziati degli studenti e del contesto, ma anche, presumibilmente, a trattamenti qualitativamente diversi a livello educativo-didattico. Una disamina generale del d.P.R. 80/2013 e dei diversi possibili approcci valutativi di istituto, curata da M. Castoldi, ha offerto ulteriori elementi per una presa di coscienza delle ragioni che stanno all’origine dell’attivazione del SNV: il riconoscimento dell’autonomia giuridica agli istituti, avvenuto in seguito all’iper-complessificazione del sistema scolastico e al conseguente aumento delle difficoltà di una sua ge- Prima di inoltrarsi nelle tecnicalità è utile soffermarsi sui significati istituzionali, pedagogici e docimologici dell’autovalutazione 85 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Governance La conoscenza ragionata degli esiti delle prove Invalsi consente di basare il processo di autovalutazione su evidenze affidabili 86 stione totalmente centralizzata, ha richiesto, corrispettivamente, una rendicontazione del servizio offerto dalle scuole al potere politico, quale responsabile del funzionamento generale del sistema, e che è stata in parte avviata attraverso l’accertamento degli apprendimenti a cura dell’Invalsi; contemporaneamente si è formata un’opinione pubblica desiderosa di trasparenza e molto attenta alla qualità del servizio offerto, vigile nell’esercitare un controllo sociale; ha cominciato poi a manifestarsi, nei docenti e nei dirigenti, una consapevolezza della necessità non solo di dare una risposta adeguata alle istanze avanzate dall’amministrazione scolastica centrale e dall’opinione pubblica, ma anche di considerare la valutazione dei processi attivati e degli esiti ottenuti a livello di istituto e d’aula un dispositivo indispensabile per monitorare e regolare l’azione di insegnamento, in base ai feedback di apprendimento rilevati, e quindi accrescere la propria preparazione ed efficacia professionale. Si è poi approfondito il significato del sistema valutativo attraverso l’analisi di R. Ricci (responsabile dell’Invalsi), che ha presentato la natura e le finalità delle prove dell’Invalsi. Il carattere universale della loro somministrazione permette di fornire ad ogni istituto termini di confronto ed elementi informativi utili a rilevare punti di forza e di debolezza e, quindi, ad individuare possibili interventi migliorativi mirati. Si è sottolineato che le prove non devono essere assunte come il metro di giudizio del singolo alunno, in quanto rilevano solo alcuni aspetti misurabili, per di più riguardanti competenze che sono da considerare ‘fondamenta trasversali’ delle varie discipline e non conoscenze/obiettivi specifici di italiano e di matematica; dato il loro carattere parziale, i dati che esse mettono a disposizione non possono essere gli unici da tenere in considerazione ai fini della ricostruzione reale della situazione sia della classe che del singolo alunno. L’insieme di questi interventi ha offerto, da punti di vista diversi ma complementari, un quadro ampio e convincente di motivazioni a favore dell’autovalutazione di istituto; il numero elevato dei partecipanti, oltre 400, l’interesse con cui sono stati seguiti gli interventi e il grado elevato di soddisfazione registrato dalle risposte ai questionari compilati dai partecipanti sono segnali soddisfacenti. Fare ricerca sull’autovalutazione Sono stati individuati due piani di intervento: uno a livello provinciale, dove si sono tenuti (e si terranno) gli incontri con gli esperti sui vari temi prescelti e quelli di sintesi conclusiva previsti al termine delle due azioni annuali; a questi incontri sono stati invitati, oltre ai dirigenti scolastici, i referenti della valutazione di ogni istituto provinciale e altri docenti interessati. Il secondo piano d’intervento è avvenuto a livello di reti territoriali, a cui hanno partecipato i referenti di ogni istituto in esse presenti e aderenti all’iniziativa. Il relativo coordinamento è stato affidato al rappresentante (o ai rappresentanti) di ogni rete, facente/i parte Come è nato il progetto “CORE” di Brescia Dopo alcuni incontri preliminari che hanno permesso di concordare la collaborazione tra l’Asab e l’Ust, M. Castoldi ha ricevuto l’incarico di regista scientifico dell’intero percorso formativo; si è poi costituito uno staff di progetto, formato, oltre che dall’esperto, dal direttore dell’Ust di Brescia, dalla docente preposta nell’Ust a “Valutazione e Invalsi” e da dirigenti e/o docenti delle sei reti che, a partire dall’a.s. 2013-14, sono state attivate nella provincia di Brescia e che corrispondono a precisi ambiti territoriali. Lo staff ha elaborato l’architettura complessiva del progetto, ha scelto i temi, i relatori e ha curato l’esecuzione dei vari step del percorso. Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 dello staff, all’interno del quale sono state definite le modalità di svolgimento degli incontri ed è stato predisposto un modello guida per la relativa conduzione e per la registrazione dei dati e per la raccolta delle proposte formulate dagli istituti. L’attenzione è stata rivolta a due temi: uno di carattere generale (descrizione e analisi delle esperienze pregresse di autovalutazione) e uno più specifico (presentazione delle modalità di utilizzo dei risultati Invalsi). Grazie ai report raccolti, si è ottenuto un quadro complessivo, ampiamente rappresentativo dello stato dell’arte a livello provinciale in merito alle azioni di autovalutazione e di impiego dei dati Invalsi realizzate prima del d.P.R. n. 80/2013, dal quale emerge che, su 148 istituti coinvolti, circa la metà ha svolto azioni di autovalutazione e di utilizzo dei risultati Invalsi. A un’analisi più attenta, però, è risultato che solo in pochi casi (tra cui alcuni eccellenti) si è trattato di esperienze sistematiche e durature di autoanalisi e autovalutazione di istituto e di impiego proattivo dei risultati Invalsi, perché prevalentemente si è trattato di azioni limitate quanto agli aspetti contemplati e non continuative negli anni. In un incontro svoltosi a livello provinciale, al termine dell’iniziativa dello scorso anno scolastico, sono state illustrate in modo analitico quattro esperienze significative di autovalutazione di istituto e una di utilizzo proattivo dei dati Invalsi, realizzate da istituti scolastici bresciani. È stata inoltre presentata una sintesi delle esigenze emerse dai report delle reti, che sono state tenute in considerazione per la prosecuzione dell’iniziativa nel corrente anno scolastico. Riflessività metodologica Un principio, che lo staff ha proposto come faro di riferimento fondamentale e che nei vari interventi degli esperti è stato affermato, è costituito dalla riflessività, intesa come atteggiamento fon- Governance damentale diffuso e costante, da assumere nel compiere un’autovalutazione di istituto. Esso implica che si assuma una visione strategica dell’istituto atta a elaborare intenzionalmente un piano progettuale, che, partendo da un’analisi attenta del contesto riflettente i molteplici punti di vista delle componenti in gioco e basandosi su una mappa di criteri di qualità, alla cui definizione il documento Rav può fornire un contributo importante, stabilisca traguardi intermedi e finali condivisi, realistici e verificabili. L’elaborazione del piano progettuale richiede il ricorso a una consapevole strategia metodologica che sorregga gli interventi intrapresi e che può essere rinvenuta nella logica del problem posing e problem solving. Il ricorso sistematico alla problematizzazione, volto a cogliere le dimensioni fondamentali, i punti di forza e di debolezza di un determinato aspetto della vita d’istituto e d’aula e a ricercare le possibili soluzioni, ad analizzarle e selezionarle in base a criteri di efficacia e di fattibilità, può tradursi in un modus operandi sistematico, facendo divenire la riflessione (e quindi anche l’autovalutazione) non un L’autovalutazione richiede un approccio riflessivo capace di problematizzare l’analisi e individuare ipotesi di sviluppo efficaci e fattibili 87 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Governance Il processo va condiviso da tutte le componenti della comunità scolastica, per ‘triangolare’ punti di vista e arricchire gli indicatori semplice segmento dell’attività di istituto e d’aula, né tantomeno un mero adempimento burocratico imposto dall’esterno, ma una componente metacognitiva connaturata alla professionalità docente e dirigenziale. Il piano progettuale e la strategia metodologica riflessivo-problematizzante richiedono, a loro volta, un terzo fattore, ossia il coinvolgimento di tutti gli attori scolastici, compresa la componente degli studenti e quella dei genitori, che garantisca costante comunicazione, confronto, condivisione, dalla fase progettuale a quella attuativa e a quella migliorativa. La prospettiva a cui mirare non è rinvenibile nel modello aziendalistico-manageriale, trasposto più o meno meccanicamente dal mondo delle imprese alla scuola, come proposto alcuni anni fa, quanto piuttosto nella visione della scuola come comunità di apprendimento, dove, in modo dialogico e cooperativistico, si cerca di garantire la migliore qualità dei servizi e lo sviluppo, al massimo grado possibile, dei talenti di ciascun alunno. Dai dati alle evidenze La riflessività, orientata da un’esplicita visione progettuale, ha bisogno di ancorarsi a evidenze riguardanti gli aspetti considerati, ricavabili da specifiche fonti, da strumenti di rilevazione e interpretazione dei dati. 88 Grazie all’azione formativa realizzata nella prima parte del corrente anno scolastico, si è cominciato a fornire alcuni criteri operativi. Per quanto riguarda l’autovalutazione in generale, in un intervento di D. Poliandri (responsabile dell’area dell’Invalsi “Valutazione delle scuole”), si è sottolineata l’importanza di ricorrere a una triangolazione di punti di vista delle varie componenti scolastiche e di tecniche e strumenti di carattere sia qualitativo che quantitativo. Sono stati forniti, inoltre, suggerimenti pratici per la costruzione e la selezione di indicatori, da aggiungere a quelli riportati nel rapporto di autovalutazione (Rav). In relazione agli esiti di apprendimento e alle pratiche didattiche, è stato fornito (2) un quadro di riferimento orientativo, centrato sul costrutto di competenza, mirante a valorizzare negli studenti, accanto alle conoscenze e alle abilità, le disposizioni mentali – metacognitive, relazionali e volitive – e la capacità di mobilitare e orchestrare risorse interne ed esterne per affrontare situazioni problematiche nuove. In due interventi successivi, sono state fornite indicazioni operative per l’interpretazione dei dati Invalsi: il primo (3) è stato dedicato alle competenze matematiche e ha fornito utili criteri di lettura dei risultati e di impiego proattivo 2)M. Castoldi. 3) Di M. Dalé (docente di matematica, formatrice Indire e Invalsi). Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 delle riflessioni ricavate; il secondo (4) ha messo in rilievo l’importanza di un curricolo in verticale, alla cui focalizzazione le prove Invalsi possono offrire un contributo, che, senza inopportune anticipazioni (rischio presente fin dalla primaria) di contenuti adatti ai gradi successivi, ponga fin dall’inizio attenzione alla strutturazione corretta delle frasi (centrate sul verbo), da quella nucleare a quelle più complesse, come passaggio indispensabile alla costruzione dei testi. Il prossimo step, che prevede contributi-stimolo a livello provinciale e lavori di gruppo a livello di rete-ambito territoriale, accompagnerà e guiderà gli istituti nell’elaborazione del Rav; in particolare sarà centrato sulla proposta di canali, strumenti e indicatori che consentano di raccogliere evidenze significative e multiprospettiche. tere sia teorico che pratico. La strutturazione degli incontri, a livello oltre che provinciale anche di ambito-rete territoriale, ha rappresentato un valore aggiunto prezioso. Riteniamo che la formula organizzativa adottata, unitamente all’impianto culturale e metodologico/strategico proposto, possa costituire un esempio per l’organizzazione di iniziative di accompagnamento, in una logica che non sia di mera illustrazione tecnico-procedurale degli adempimenti richiesti, ma che abbia un ampio respiro culturale. La partita in gioco, che si attendeva da venticinque anni, è molto importante ai fini di una ‘buona scuola’; non si può rischiare di perderla, riducendo l’autovalutazione a un’operazione formale superficiale, inadatta a incidere nel profondo sull’efficacia dei servizi erogati dall’istituto e sulla qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento. Accompagnare le scuole con respiro progettuale Com’è risultato da alcuni interventi dei partecipanti, permangono atteggiamenti di diffidenza, soprattutto nei confronti dei dati Invalsi; inoltre sono emerse preoccupazioni per la mole di lavoro che l’innovazione comporterà per gli istituti, tanto più in un periodo di riduzione delle risorse finanziarie. La tempestività con cui è stata avviata la formazione, in concomitanza con l’approvazione del regolamento sul Sistema nazionale di valutazione (d.P.R. n. 80/2013), ha consentito di assegnare particolare risalto alle dimensioni culturali e di senso connesse all’autovalutazione; grazie alla collaborazione a livello provinciale tra Ufficio scolastico territoriale e Associazione Scuole Autonome Brescia, che ha mobilitato in modo sinergico risorse umane e finanziarie, è stato possibile organizzare incontri con esperti di alto profilo culturale che hanno offerto stimoli di carat4) Di F. Sabatini (linguista, presidente dell’Accademia della Crusca). Governance Non basta illustrare le procedure tecniche, ma occorre approfondire la dimensione culturale e progettuale del ciclo valutazionemiglioramento www.asab-bs.it/ Daria Giunti Docente di lingue straniere, in utilizzo presso Ufficio scolastico regionale di Brescia, referente provinciale per l’implementazione del SNV, si occupa di valutazione e sistemi di gestione della qualità nella scuola [email protected] Mario Maviglia Dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale di Brescia [email protected] Mario Martini Dirigente scolastico del liceo “G. Golgi” di Brescia, coordinatore della Rete scolastica della Valcamonica, autore di libri [email protected] 89 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Governance Riflettere sui processi valutativi La rete Faro di Sebastiano Pulvirenti Una rete a supporto del Servizio nazionale di valutazione La valutazione deve avere una base di ricerca che scaturisce dal basso, dalle scuole organizzate in rete In un periodo non certo favorevole all’accettazione della cultura della valutazione, il modello Faro ha saputo attirare l’attenzione non solo di scuole siciliane, ma anche di altre Regioni, della Calabria e della Liguria, in una prospettiva di confronto europeo (1). Sullo sfondo emerge un sentire comune, legato al desiderio di scoprire le caratteristiche strutturali della propria organizzazione per determinarne punti di forza e difficoltà da superare, con l’obiettivo di individuare percorsi di miglioramento continuo. La ricerca realizzata dalla rete Faro ha accompagnato lo sviluppo della cultura dell’autonomia scolastica e della valutazione, dimostrando che le scuole, per la loro complessità e per la dinamicità delle relazioni interne ed esterne, costituiscono la sede naturale del dibattito sul tema. La valutazione è possibile se si parte dalla base e se si riconosce alle scuole la possibilità di fare ricerca. Faro rappresenta un esempio di ricerca-azione sul campo, dove gli stessi protagonisti cercano, per se stessi e per il sistema in cui operano, strumenti da utilizzare e soluzioni da scegliere. Su questa stessa linea si muove ora la rete, dopo la recente normativa che traccia le coordinate del Servizio nazionale di valutazione. Un percorso metacognitivo per l’autovalutazione Il nuovo progetto “Faro 2015” parte dalla considerazione che il format del Rav è nazionale. Poiché, com’è noto, il 1) Tra le istituzioni aderenti, qualche anno fa, anche una scuola rumena, il cui ingresso nella rete ha aperto una fase d’interazione 90 con scuole francesi e maltesi. Sistema nazionale di valutazione è ancorato a una fase preliminare di autovalutazione considerata fondamentale e connaturata alle caratteristiche essenziali delle Istituzioni scolastiche, la rete Faro ha elaborato un programma di accompagnamento che permette di seguire con attenzione il processo, per individuarne i livelli organizzativi, le percezioni, il clima complessivo, l’adesione più o meno consapevole, le prospettive di miglioramento. In altri termini, all’interno delle scuole aderenti alla rete, è organizzato un percorso metacognitivo per accompagnare l’autovalutazione e scoprirne gli aspetti positivi, le sensazioni, anche emotive, e le reazioni che favoriscono o impediscono un processo delicato e complesso. Tutti i membri della comunità scolastica e testimoni privilegiati esterni, autonomamente individuati dalle scuole, saranno ascoltati. Le osservazioni e i pareri sul processo di autovalutazione saranno catalogati e sintetizzati e confluiranno in un Rapporto sull’autovalutazione della scuola che darà conto del clima complessivo venutosi a creare nell’Istituto. Il documento di sintesi confluirà nel sistema di rendicontazione della Scuola, in modo che sia possibile attivare successivamente un dibattito allargato e partecipato. Inoltre, ogni anno tutti i Rapporti sull’autovalutazione della scuola confluiranno La rete Faro Faro è una rete di scuole con quasi quindici anni di esperienza nel campo dell’autovalutazione. Faro è un acronimo (Formazione, Autovalutazione, Ricerca e Output) e nello stesso tempo un’immagine che ben rappresenta il lavoro fatto in tanti anni di ricerca. La rete ha saputo ascoltare, osservare, definire ipotesi, strumenti, obiettivi, percorsi di analisi e di miglioramento, in un’atmosfera di solidale confronto. Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 in un Rapporto sull’autovalutazione delle scuole della rete, per analizzare l’andamento complessivo del processo autovalutativo e renderne evidenti i fenomeni che emergono in ambito interregionale, regionale, provinciale e locale. La rilevazione è completata da un’approfondita analisi degli obiettivi autonomamente individuati dalle scuole nell’ambito dell’autovalutazione. La previsione di spazi aperti, destinati, nel format del Rav nazionale, all’autonoma individuazione di aree d’intervento da parte delle scuole, consente di valorizzare tutte quelle azioni che sono indicate a livello di singola scuola. La rete Faro si impegna a catalogare e analizzare quanto autonomamente indicato dalle scuole, per definire un livello territoriale di intervento. Gli strumenti della ricerca Questi gli strumenti elaborati, a disposizione delle scuole della rete: - questionari: per il dirigente scolastico e per il Dsga; per i docenti; per il personale Ata; per i genitori; per gli alunni; - interviste interattive: al Ds e al Dsga, a un gruppo di docenti, a un gruppo di Ata, a un gruppo di genitori, a un gruppo di alunni; - focus group tra testimoni interni qualificati e tra soggetti interni e testimoni esterni privilegiati; - modelli per individuare e definire la dimensione territoriale dell’autovalutazione; - modelli semistrutturati per la classificazione degli obiettivi e degli indicatori valutativi autonomamente individuati, in rapporto al curricolo di scuola. Il perno dell’azione è costituito dall’intervista interattiva, uno strumento innovativo che prevede un colloquio tra un intervistatore (un docente interno) e un gruppo omogeneo di componenti della scuola. L’intervistatore e gli intervistati, attraverso alcune domande-guida, riflettono insieme con lo scopo di Come nasce la rete Faro La rete si costituisce a Palermo nel corso dell’anno scolastico 2000-01, nel clima nascente dell’autonomia, e rappresenta uno dei primi esempi di attuazione concreta dell’art. 7 del d.P.R. 275/1999 che prevede e descrive la costituzione di Reti di scuole (*). Nasce così un progetto di scuole formalmente collegate in rete, che iniziano a elaborare, con la guida e il coordinamento tecnicoscientifico di chi scrive, un percorso coerente e rigoroso di autovalutazione (**), basato su un modello sistemico di riferimento, all’inizio riferibile al CIPP (analisi e riflessioni sul Contesto, sulle condizioni logistico-organizzative di Input, sui Processi e sui Prodotti), uno schema funzionale a un progetto di autovalutazione dinamico e in evoluzione continua, che oggi torna di attualità nell’elaborazione dell’Invalsi. *) L’ipotesi è proposta in occasione di un Seminario internazionale di studio svoltosi, in quello stesso anno, a Palermo dal titolo “Valutare a Scuola, valutare la Scuola” che vede la partecipazione di esperti e di ispettori provenienti anche dal Regno Unito e dalla Spagna. **) Il progetto si è alimentato progressivamente attraverso seminari sul tema, cui hanno dato collaborazione i principali esperti italiani e stranieri (Spagna, Francia, Malta e Gran Bretagna). Governance Le scuole in rete possono elaborare strumenti per approfondire l’analisi interna (questionari, interviste, focus group, modelli interpretativi) definire una sintesi sul grado di attuazione e di svolgimento del processo di autovalutazione. Tutti gli strumenti sono messi a disposizione online, per una facile e immediata utilizzazione. L’evoluzione della rete Le scuole della rete Faro in questi anni hanno imparato a: a) riflettere sul servizio offerto dalla scuola (caratteristiche e fattori di qualità) e dibattere sui diversi fenomeni dei processi di autoanalisi d’istituto; b) condividere il modello teorico da applicare e utilizzare gli indicatori e i descrittori di progetto; 91 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Governance Attraverso l’esperienza sul campo si è affinato un modello interpretativo che semplifica la struttura del Caf, facendo perno su fattori abilitanti e risultati Figura 1 – Checklist secondo il modello Faro c) nominare un referente di progetto e un gruppo di lavoro interno; d) redigere il rapporto annuale di autoanalisi raccogliendo i dati oggettivi e percettivi previsti; e) socializzarne i risultati in assemblee pubbliche e in seno al collegio docenti; f) individuare azioni di miglioramento e/o di rafforzamento, a seconda dei punti deboli e/o forti riscontrati; g) redigere un rapporto annuale di qualificazione sulla base delle scelte migliorative adottate. Dal Cipp al modello misto Cipp/Caf 92 Dopo alcuni anni di affinamento del modello Cipp, nel 2007 la rete si è orientata ad applicare lo schema Caf procedendo a un lavoro di revisione e di riconversione del modello precedente. Il modello Caf (Common Assessment Framework) è il risultato di un processo continuo di supporto e di cooperazione stimolato dall’Unione europea e si configura come uno strumento di orientamento delle diverse organizzazioni del settore pubblico nell’utilizzo di tecniche di miglioramento dei risultati. Si basa su una struttura a nove box, ciascuno dei quali rappresenta il criterio da considerare nel valutare, su ipotesi concrete di miglioramento nei campi dove c’è maggiore necessità. Non tutto il modello Caf era convincente, per la complessità e per la distanza rispetto a una visione della valutazione meglio orientata dal precedente modello CIPP (figura 1). Per questo motivo si arriva a una fase innovativa che produce un modello di autovalutazione basato sullo schema Caf, di immediata e facile leggibilità, confrontato con il preesistente modello Cipp. In tale prospettiva si strutturano uno strumentario e un software di supporto per la raccolta e il confronto dei dati. Tra i fattori abilitanti si dà importanza all’innovazione gestionale delle scuole, criterio esplicitamente presente negli ambiti della leadership e delle strategie. Nei criteri riguardanti i ‘risultati’, oltre a Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Governance La rete Faro propone Nell’attuale fase, caratterizzata dalle nuove indicazioni normative (d.P.R. n. 80/2013, direttiva Miur n. 11/2014, c.m. n. 47/2014), la rete, in un’ottica di continuità, è orientata a fornire i seguenti servizi: A. Fase di Autovalutazione La rete offrirà gli strumenti (questionari, interviste interattive, focus group e modelli semistrutturati sugli obiettivi individuati dalla scuola) per un’azione di supporto, di monitoraggio e di analisi del clima e dei fenomeni connessi al processo di autovalutazione. Le scuole della rete saranno invitate ad analizzare i seguenti ambiti di osservazione: 1. Percezione, strutture organizzative e riflessione. 2. Analisi collegiale degli strumenti di autovalutazione. 3. Qualità delle rilevazioni e della raccolta delle opinioni. 4. Analisi critica del vissuto professionale e sociale, in rapporto all’autovalutazione. B. Fase del miglioramento Azioni specifiche di supporto: 1. Come passare dal Rapporto di autovalutazione alla individuazione delle priorità. 2. Come definire azioni di miglioramento: dalle priorità ai traguardi finali. 3. Come individuare gli obiettivi di miglioramento, per avvicinarsi ai traguardi. 4. Come organizzare i percorsi di miglioramento secondo principi di trasversalità, di coinvolgimento, di condivisione, di efficienza e di efficacia. 5. Come valutare i percorsi di miglioramento. La rete può offrire servizi di supporto che rispondono a esigenze di approfondimento delle diverse fasi del ciclo valutativo C. La rendicontazione sociale Attività previste: 1. Analizzare e verificare i documenti programmatici della scuola. 2. Raccogliere i percorsi organizzativi e didattici tracciati nell’istituto. 3. Individuare gli elementi di raccordo e le linee complessive d’intervento, secondo principi di organicità e di coerenza. 4. Percepire caratteri costitutivi, interventi qualificanti ed elementi caratterizzanti la cultura e la socialità espressi dalla comunità scolastica. 5. Individuare elementi di narrazione per rappresentare all’esterno i processi organizzativi e didattici e i risultati dell’attività della scuola. 6. Presentare all’esterno il documento di sintesi per un bilancio sociale caratterizzante e rappresentativo. misurare l’impatto percepito dell’immagine della scuola nel territorio, con riferimento al servizio prestato, si prova a incrociare tali dati con quelli oggettivi relativi ai risultati degli alunni: indice della dispersione scolastica, incidenza della valutazione, percentuali di miglioramen- to, risultati dell’orientamento scolastico al termine dei vari periodi formativi (efficacia dell’organizzazione). L’uso di indicatori interni di performance offre informazioni sull’efficienza dell’organizzazione (processi attuati per raggiungere i traguardi prefissati). 93 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Governance All’interno del Sistema nazionale di valutazione va riconosciuto uno spazio per la ricerca e l’elaborazione autonome delle scuole 94 Più in generale, nelle scuole aderenti c’è molta attesa rispetto alle azioni delineate dalla normativa sul Sistema nazionale di valutazione e c’è dibattito sui documenti presentati e pubblicati dall’Invalsi. La proposta appare coerente e rispettosa dell’autonomia delle scuole che aspettavano il riconoscimento di un ruolo di rilevazione di aree e di obiettivi che non possono essere centralizzati a livello nazionale. La scelta di lasciare in bianco alcuni spazi, affidando alle scuole la responsabilità di individuare determinati obiettivi, è molto apprezzata. Gli spazi di autonomia potevano forse essere più ampi, ma l’attuale proposta Invalsi sembra coniugare le esigenze della rilevazione nazionale con quelle della individuazione, a livello locale, di obiettivi specifici e di aree d’intervento. È uno spazio prezioso che potrà essere utilizzato anche per comprendere quali sono i versanti di attenzione che territorialmente appaiono legati a interessi culturali e didattici da scoprire e valorizzare. Rete Faro Scuola coordinatrice: I.C. “Maredolce” di Palermo (dirigente: Vito Pecoraro). Comitato tecnico: Giovanna Badalamenti, Lina Barone, Diana Billitteri, Mariella Bisconti, Marisa De Simone, Antonella Enea, Salvatore Ferraro, Gioacchino Genuardi, Lucia Lo Cicero, Giuseppa Muscato, Vito Pecoraro, Mirella Pezzini, Sebastiano Pulvirenti, Maria Rosa Rizzo, Lucia Rovituso, Daniela Vetri; www.progettofaro.it. Sebastiano Pulvirenti Consulente scolastico ed esperto in processi formativi, Coordinatore tecnico scientifico della rete di scuole F.A.R.O., Past Dirigente tecnico MIUR e Coordinatore del servizio ispettivo in Sicilia [email protected] www.sepulvi-progettofaro.blogspot.com Fare rete per l’autovalutazione Rete AU.MI.RE. nelle Marche di Mirella Paglialunga Cosa c’è dietro il Rav? L’avvio del Sistema nazionale di valutazione (direttiva 11/2014) potrebbe rappresentare il momento d’oro delle reti di scuole che si occupano e/o si sono occupate di valutazione di sistema, perché finalmente se ne riconosce ed ufficializza l’importanza; perché ora dirigenti scolastici, docenti e famiglie ne comprendono la funzione e l’utilità, finanche la convenienza. Ciò che prima era considerato un vezzo, un interesse particolare, uno spunto di ricerca opzionale e volontaria, ora si trasforma in una parte importante della propria vita professionale che comporterà lavoro, impegno e conseguenze, sia sul piano personale, come per i dirigenti scolastici, che sul piano più generale di scuola, delle sue relazioni ed opportunità. Questo è ciò che si è cercato di fare nella reta AU.MI.RE. (Autovalutazione - Miglioramento - Rendicontazione sociale). Le scuole, nell’esaminare ed utilizzare gli strumenti di autovalutazione predisposti e formalizzati dall’Invalsi (c.m. 47/2014), dovrebbero contestualmente indagare la filosofia del Snv, avere una visione d’insieme, di senso, di prospettiva, di obiettivi, di impegni collettivi e personali; tutto ciò non può che spingere verso il terreno dell’indagine, della comparazione, della riflessione guidata e attenta, così come è caratteristica delle ricerche in rete. Alle scuole verrà chiesto di applicare un modello che potrebbe essere da loro stesse confuso con un semplice monitoraggio se la comunità scolastica non riuscisse a entrare consapevolmente nelle logiche sottese all’impianto stesso. Come per tutti i modelli preconfezionati occorrerà far riemergere da essi il fondamento filosofico, sociale e/o politico per avere contezza dei ri- schi di possibili distorte utilizzazioni, a modello di puro adempimento formale che si limita a indicare ciò che è ‘buono’ da dire, per apparire bene, fare bella figura, non compromettersi ed assolvere comunque all’obbligo imposto dal d.P.R. 80/2013. Gli oggetti che, secondo la direttiva 11/2014, dovrebbero racchiudere tutte le implicazioni dei processi di autovalutazione sono il Rav ed i suoi strumenti, indagati in occasione di ricerche sperimentali in ambito nazionale e validate dall’Invalsi. In tale modello l’autovalutazione è funzionale al miglioramento ed il Rav dovrebbe consentire una lettura rapida dell’originalità di scuola, della sua identità per i tratti caratteristici e fondamentali, ma dovrebbe soprattutto illustrare l’efficacia e l’efficienza dell’istituzione scolastica rispetto agli esiti, ai processi, all’utilizzo delle risorse umane e materiali in stretta relazione al contesto di riferimento. Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Governance Con il Rav ogni scuola si lascia ‘leggere’ per presentare efficacia dei risultati ed efficienza di processi e risorse L’autovalutazione in rete: indicatori e dati L’autovalutazione, sia pure in presenza di un modello nazionale, richiede in premessa una riflessione critica e condivisa sui fattori fondanti del concetto di ‘buona scuola’, sugli indicatori, sulle loro declinazioni in situazione, per verificarne successivamente caratteristiche ed esiti, efficacia, efficienza in un’ottica di rendicontazione sociale. È questo il primo aspetto che contraddistingue il particolare lavoro della rete AU.MI.RE. (1). Nelle due distinte e diverse ‘mappe della qualità’ della rete sono stati registrati gli indicatori di buona scuola così come scaturiti da un lungo processo di confronto e mediazione fra docenti e dirigenti delle scuole stesse. Il consenso sugli indicatori non 1) www.aumi.it 95 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Governance In rete si possono individuare nuovi indicatori, approfondire le informazioni, interpretare i dati 96 è stato sempre scontato così come scontato non è stato il reperimento del dato di scuola che meglio racconta l’indicatore stesso. La costruzione della mappa della qualità della rete AU.MI.RE. ha avuto il forte significato di far crescere il senso di appartenenza alla comunità scolastica e la cultura della valutazione ed ha favorito la consapevolezza delle qualità che le scuole debbono possedere per assolvere pienamente al loro mandato istituzionale. La formazione delle unità di autovalutazione d’istituto riguarderà anche ‘la mappatura della qualità’ della propria scuola in comparazione con le altre della rete stessa, individuando gli indicatori ‘scelti dalle scuole della rete’ (come previsto dallo stesso Rav) che andranno a integrare quelli già indicati dall’Invalsi o indagando in modo più approfondito i dati inviati alle scuole dal sistema informativo del Miur o da altri soggetti al fine di coglierne maggiormente la significatività e soprattutto per contestualizzarli in un’ottica di specificità. Prendiamo ad esempio il dato che nel Rav si riferisce al tasso di disoccupazione che dovrebbe essere fornito alle scuole dall’Istat; il dato è generico in quanto campionario e certamente riferito alla provincia o al comune se non alla regione, ma tale dato potrebbe non essere consono a rappresentare efficacemente la realtà dello specifico contesto scolastico e quindi essere poco significativo. Per questo la rete AU.MI.RE., e al suo interno la singola scuola, manterrà un suo livello di indagine e ricerca dei dati, per avere nel Rav strumenti di migliore e più articolata fotografia della propria significativa specificità. Altro campo d’indagine che ha impegnato la rete è la lettura dei dati, la capacità di rappresentarli, di schematizzarli statisticamente, di connetterli a dimensioni correlate in ambito provinciale, regionale o nazionale; impegno di fondamentale importanza per elaborare successivamente un pensiero artico- lato di valutazione del proprio sistema non basato su soggettività e racconti generici. Nella rete i monitoraggi annuali hanno consentito una lettura diacronica e sincronica delle qualità di scuola offrendo alla regione e all’Ufficio scolastico regionale, con cui si è attivato un protocollo d’intesa, occasioni preziose di conoscenza e consapevolezza utilizzabili anche per attuare interventi mirati di politica scolastica territoriale. Rendicontazione sociale: le linee guida AU.MI.RE. Altra finalità d’uso sistematico del monitoraggio nella rete AU.MI.RE. è stata quella funzionale alla rendicontazione sociale, dentro una struttura articolata per la valorizzazione del dato del monitoraggio in stretta relazione alle risorse concesse o ottenute nell’ambito della dialettica sociale, ma soprattutto per evidenziare gli esiti dei processi e di apprendimento. Nelle Linee guida AU.MI.RE. per l’elaborazione del bilancio sociale, definite in collaborazione con la facoltà di economia e management dell’Università Politecnica delle Marche, è forte il nesso fra monitoraggio, bilancio sociale e miglioramento e il racconto che si dipana nel documento di ciascuna scuola non si limita a descrivere gli esiti di apprendimento, ma a indicare come la scuola, nell’ambito della propria autonomia, abbia rivisitato e riorganizzato le sue procedure didattiche, organizzative e metodologiche per ottenere migliori risultati. La trasparenza e la leggibilità che emergono dal bilancio sociale della scuola consentono ai portatori d’interesse (docenti, genitori, enti locali, associazioni sportive e culturali, finanziatori di progetti, ecc.) dell’ambito sociale di appartenenza di validare l’operato della scuola, di comprenderne l’impegno, di decidere eventualmente come, quanto e perché sostenerlo. Il modello di rendicontazione sociale della rete AU.MI.RE. offre anche l’occasione alla scuola di Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Governance proiettarsi verso la valutazione esterna con un documento funzionale alla comunicazione all’extrascuola, senza logiche di lessico tecnico che impedirebbe all’utenza una vera partecipazione. Miglioramento come problem solving… La rete AU.MI.RE. ha anche ideato, fin dai primi anni del progetto, un modello di valutazione delle scuole in cui emergeva con forza l’impegno al miglioramento secondo un modello di problem solving correlato alle situazioni di criticità riscontrate nella fase dell’autovalutazione e riguardanti le 4 diverse aree di indagine: processi, contesto, esiti, risorse. L’approccio metodologico al miglioramento ha incardinato processi riflessivi sulle tante azioni della scuola, sempre svolti in una dialettica di comunità o staff, mai individualmente. I percorsi di miglioramento sono stati utili a guidare le scuole ad avere uno sguardo corretto ed oggettivo verso il loro mondo, scardinando l’autorefe- renzialità tipica di chi non si guarda allo specchio con l’occhio di un altro da sé. Le priorità strategiche del miglioramento sono state sempre individuate dalle scuole nell’ottica dei loro bisogni fondamentali come risposta a una forte esigenza ed hanno oscillato tra proposte di miglioramento di carattere didattico organizzativo e metodologico, riferite agli esiti di apprendimento. L’approccio del problem solving ha favorito il dialogo e l’interazione, ed i momenti di brainstorming, anche quando non sono sfociati in ottenimento dell’obiettivo prefissato dal progetto, hanno migliorato il clima e consentito alle persone di costruire il miglioramento insieme, in un’ottica comunitaria e a non ridurlo a un problema del singolo, sia esso dirigente scolastico o referente del progetto di autovalutazione di scuola. Il rendere conto, l’accountability, nella filosofia AU.MI.RE. riguarda tutti perché la scuola è un servizio pubblico in cui ognuno deve essere impegnato a rendere visibile e trasparente il proprio operato. L’orientamento al miglioramento richiede momenti di brainstorming e condivisione all’interno della comunità scolastica 97 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Governance Le reti dal ‘basso’ possono contribuire a formare la professionalità necessaria allo sviluppo del sistema La capacità di elaborare dati La rete AU.MI.RE., che ha partecipato fra altri interlocutori al confronto nazionale per l’elaborazione delle linee guida del progetto Vales e per l’individuazione degli strumenti utilizzati dalle scuole e dai valutatori esterni, ha in parte adottato strumenti diversi da quelli proposti dall’Invalsi, ma soprattutto ha ricercato e verificato direttamente i dati del monitoraggio. Con l’avvio del SNV si può ipotizzare un più lieve impegno delle scuole perché i dati che scaturiscono dai sistemi informatici del ministero sono frutto di numerosi monitoraggi. È chiaro però che a tal fine sono fondamentali sia la tempistica che la correttezza della raccolta dei dati e che per questo motivo lo strumento informatico ministeriale deve non avere falle, né intoppi, né avere ritardi. È bene comunque continuare a prevedere per le scuole della rete un’autonoma ricerca di dati, quelli che esse vorranno aggiungere in autonomia di rete e quelli più specifici e dettagliati che il Miur non offre. A tal fine AU.MI.RE. svilupperà una piattaforma specifica in cui, nel dialogo con quella ministeriale, si possano ricavare ulteriori dati e continuare a leggerli in forma aggregata e disaggregata, in modo diacronico e/o sincronico, comunque in modo che la fondamentale fase della riflessione sul dato sia corretta, veritiera, completa e specifica. poter svolgere il compito di formatore. SNV ha bisogno di esperti di autovalutazione, di miglioramento, di bilancio sociale, a prescindere dai modelli in uso, ma ha soprattutto bisogno che il ministero riconosca l’esigenza vitale di investire in formazione del personale, docenti e dirigenti, con un piano funzionale allo sviluppo delle specifiche professionalità delle unità di autovalutazione d’istituto. È ancora più importante consentire a ogni scuola autonoma la necessaria individuazione di figure di sistema, riconosciute e riconoscibili per competenza, professionalità e funzionalità, con riconoscimenti contrattuali adeguati allo svolgimento dello specifico ruolo. In quest’ottica le reti di scuole autonome, e fra queste AU.MI.RE., si potranno proporre per: • sviluppare specifiche funzioni professionali correlate all’istituendo SNV; • formare competenze adeguate allo svolgimento dei compiti previsti dal Sistema di valutazione; • formare le unità di autovalutazione d’istituto sui temi della valutazione con particolare riguardo al primo step del SNV (autovalutazione e Rav) mantenendo la prospettiva di sviluppo del sistema previsto nel triennio: autovalutazione, miglioramento, valutazione esterna, rendicontazione sociale. Chi formerà i nuclei di valutazione? 98 Nelle Marche grazie ad AU.MI.RE. da molti anni è stato introdotto nelle scuole della rete il nucleo di autovalutazione d’istituto e per questo possiamo affermare che non ci si improvvisa referenti dell’autovalutazione d’istituto e/o del miglioramento o della rendicontazione sociale. Le professionalità vanno formate, vanno sostenute con iniziative formative sia teoriche che pratiche e non è sufficiente aver partecipato a una veloce informativa nazionale per www.aumi.it Mirella Paglialunga Dirigente scolastico, coordinatrice regionale della rete AU.MI.RE. (autovalutazione - miglioramento rendicontazione sociale) [email protected] Si possono valutare le competenze di cittadinanza? di Bruno Losito Perché e come parliamo di competenze? Affrontare il problema della valutazione e della ‘misurazione’ delle competenze di cittadinanza richiede alcune chiarificazioni preliminari. In primo luogo, va ricordato che tutte le competenze chiave possono essere considerate competenze di cittadinanza, in quanto indispensabili a ciascun cittadino per orientarsi e operare in modo consapevole ed efficace nella propria vita relazionale, sociale, lavorativa. E questo vale sia per le competenze con caratteristiche più evidenti di trasversalità rispetto ai curricoli scolastici (quali l’imparare a imparare o lo spirito di imprenditorialità), sia per le competenze più direttamente legate a discipline inserite nei curricoli (quali, ad esempio, le competenze matematiche e scientifiche). In secondo luogo, la valutazione di una competenza richiede che si tenga conto delle caratteristiche delle competenze (di tutte le competenze): la loro struttura (per usare il linguaggio utilizzato dal progetto dell’Ocse Definition and Selection of Key Competences – DeSeCo), cioè le dimensioni cognitiva, metacognitiva e affettivo-motivazionale; il fatto che le competenze si attivano in risposta a determinate sollecitazioni provenienti dall’ambiente in cui si opera; l’impossibilità di osservare direttamente una competenza e la conseguente necessità di individuare quali comportamenti o quali ‘prestazioni’ siano indice del possesso di una competenza, tenendo conto che in relazione a diverse situazioni e diversi problemi i livelli di competenza di uno stesso individuo possono essere differentii. Di qui la necessità di costruire contesti didattici che consentano di sollecitare gli studenti a mettere in atto ‘compor- tamenti competenti’, utilizzando le conoscenze e le abilità che fanno parte del loro repertorio o sollecitandoli a costruirne e svilupparne di nuove. Di qui, ancora, la necessità di ‘documentare’ i comportamenti/le prestazioni degli studenti in contesti molteplici e facendo ricorso a strumenti di rilevazione differenziati. In questo contributo le competenze di cittadinanza sono intese come competenze ‘sociali e civiche’ così come sono state definite nell’allegato alla Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio europeo sull’apprendimento permanente (dicembre 2006). Le competenze ‘sociali e civiche’ Nella Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio europeo le competenze sociali e civiche vengono definite nel modo seguente: “Queste includono competenze personali, interpersonali e interculturali e riguardano tutte le forme di comportamento che consentono alle persone di partecipare in modo efficace e costruttivo alla vita sociale e lavorativa, in particolare alla vita in società sempre più diversificate, come anche a risolvere i conflitti ove ciò sia necessario. La competenza civica dota le persone degli strumenti per partecipare appieno alla vita civile grazie alla conoscenza dei concetti e delle strutture sociopolitici e all’impegno a una partecipazione attiva e democratica”. Le conoscenze riferibili a tali competenza includono la “conoscenza dei concetti di democrazia, giustizia, uguaglianza, cittadinanza e diritti civili”; “la conoscenza delle vicende contemporanee nonché dei principali eventi e tendenze nella storia nazionale, europea e mondiale”; la consapevolezza Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Saperi di cittadinanza Si possono osservare comportamenti in contesti differenziati per cogliere indizi sui livelli di competenza 99 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Saperi di cittadinanza È doveroso collegare conoscenze e competenze sociali e civiche ai quadri disciplinari presenti nei curricoli scolastici 100 “degli obiettivi, dei valori e delle politiche dei movimenti sociali e politici”; “la conoscenza dell’integrazione europea, nonché delle strutture, dei principali obiettivi e dei valori dell’UE, come pure una consapevolezza delle diversità e delle identità culturali in Europa”. La sola elencazione di queste conoscenze consente di mettere in evidenza una prima difficoltà relativa alla loro valutazione in ambito scolastico. Si tratta di conoscenze riferibili a discipline diverse: la storia, il diritto, l’economia, le scienze sociali e politiche, discipline che soltanto in parte sono rappresentate nei curricoli scolastici. E la cui costruzione, in ogni caso, sarebbe difficilmente attribuibile a una singola materia. Altrettanto si potrebbe dire per le abilità che nel documento vengono riferite alle competenze sociali e civiche: la capacità “di impegnarsi in modo efficace con gli altri nella sfera pubblica”, “di mostrare solidarietà e interesse per risolvere i problemi che riguardano la collettività locale e la comuni- tà allargata”; la “riflessione critica e creativa”; “la partecipazione costruttiva alle attività della collettività o del vicinato, come anche la presa di decisioni a tutti i livelli, da quello locale a quello nazionale ed europeo, in particolare mediante il voto”. Nessuna di queste abilità è oggetto specifico di singole materie scolastiche, né risulta facile capire come possano essere progressivamente costrui te lungo il percorso di istruzione. Alcune di esse potrebbero essere sollecitate (e in molte scuole lo sono) attraverso la partecipazione a progetti di tipo cross-curricolare, costruiti intorno a problemi (di carattere sociale, ambientale, culturale) che richiedano per essere affrontati l’apertura delle scuole al territorio e un rapporto aperto con i contesti sociali in cui esse sono inserite. Nella definizione delle competenze sociali e civiche data nella Raccomandazione è, inoltre, fortemente presente quello che nel progetto DeSeCo viene indicato come ‘punto di vista norma- Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 tivo’, cioè il riferimento ai diritti, ai principi e ai valori fondamentali oggetto delle principali dichiarazioni internazionali. Costruire e valutare le competenze sociali e civiche a scuola Nei documenti e nei progetti internazionali che in questi anni hanno affrontato il tema dell’educazione alla cittadinanza – in primo luogo quelli del Consiglio d’Europa, dell’Unione europea e dell’Unesco, ma anche di organismi di ricerca quali l’Iea (International Association for the Evaluation of Educational Achievement), il Cidree (Consortium of Institutions for Development and Research in Education in Europe) – è presente la consapevolezza che l’educazione alla cittadinanza non può limitarsi alla acquisizione di alcune conoscenze e di alcune abilità, ma coinvolge anche la qualità dell’esperienza degli studenti a scuola. Entrano in gioco sia la qualità delle relazioni tra studenti e con gli insegnanti, sia la possibilità di partecipare alla vita della scuola, attraverso un esercizio attivo dei loro diritti e doveri di cittadini. L’esperienza scolastica dovrebbe, cioè, essere improntata a quegli stessi valori che si vorrebbe fossero acquisiti dagli studenti, caratterizzandosi come un “ambiente democratico di apprendimento” (come indicato nei documenti del Consiglio d’Europa). La possibilità di rilevare e valutare le competenze sociali e civiche degli studenti presuppone, quindi, una organizzazione dell’intervento didattico e la creazione di un clima di classe e di scuola funzionali alla loro costruzione e al loro sviluppo da parte degli studenti. Si tratta, cioè, di costruire contesti didattici all’interno dei quali gli studenti siano chiamati ad affrontare situazioni e problemi che richiedano loro la messa in atto di ‘comportamenti competenti’. Un tale approccio non esclude la pos- sibilità e la necessità di rilevare attraverso il ricorso a strumenti di valutazione di vario tipo il loro livello di acquisizione delle conoscenze e delle abilità richieste per ‘agire’ queste competenze. Questo aspetto della valutazione è relativamente più facile e in qualche modo più familiare per gli insegnanti. La difficoltà è data semmai dal fatto che tali conoscenze e tali abilità sono riferibili a diverse ambiti disciplinari. Se gli elementi valutativi raccolti nell’ambito delle singole materie dovessero essere utilizzati per la valutazione delle competenze sociali e civiche diventano necessari la collaborazione tra insegnanti di diverse materie, la condivisione di informazioni e di strumenti valutativi, il confronto per la definizione di criteri valutativi comuni e per arrivare a una valutazione condivisa. Ancora più difficile è rilevare ‘comportamenti’ o specifiche ‘prestazioni’ che possano essere considerati come indicatori (indizi?) di un agire competente dal punto di vista sociale e civico. Le competenze di cittadinanza nel Rav Non è un caso che nella ‘mappa’ di indicatori per la costruzione del rapporto di autovalutazione delle scuole (Rav) preparata dall’Invalsi, per le “competenze di cittadinanza” si dichiari esplicitamente che “non ci sono indicatori disponibili a livello centrale attualmente”. Così come non è casuale che in un altro documento, sempre dell’Invalsi, di guida alla redazione del rapporto di autovalutazione, quando si presentano i possibili livelli della qualità dell’intervento della scuola in relazione alle competenze di cittadinanza, la descrizione delle differenze tra i diversi livelli di prestazione degli studenti sia affidata all’uso di aggettivazioni e di avverbi modali (il livello raggiunto dagli studenti ‘non è sufficiente’, ‘è accettabile’, ‘è buono’…; essi ‘non raggiungono una adeguata autonomia’, raggiungono ‘una sufficiente autonomia’…), senza Saperi di cittadinanza Le competenze sociali e civiche coinvolgono la qualità delle esperienze degli studenti a scuola, ma non è facile rilevare comportamenti collegabili a esse 101 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Saperi di cittadinanza Nel Rav le rubriche sulle competenze di cittadinanza sono assai generiche, con un riferimento improprio alla valutazione del comportamento indicare che cosa, in termini di comportamenti e di prestazioni, possa essere considerato ‘sufficiente’ o ‘adeguato’ o ‘autonomo’ (1). In questo documento, inoltre, la valutazione delle competenze di cittadinanza, viene accostata alla valutazione del comportamento, rischiando di riprodurre l’equivoco che ha accompagnato negli anni passati il ritorno al voto ‘di condotta’, considerato spesso come espressione sintetica della valutazione dei comportamenti ‘civici’ degli studenti, con tutti i rischi di ideologizzazione connessi con questa concezione. 1) Cfr. Miur-Invalsi, Mappa indicatori per Rapporto di autovalutazione, e Miur-Invalsi, Rapporto di autovalutazione. Guida all’autovalutazione. Entrambi i documenti sono stati resi pubblici il 27 novembre 2014 e sono pubblicati sui siti web dell’Invalsi e del Miur. I documenti sono interessanti per l’idea di autovalutazione (e di ‘esiti’ e di ‘processi’) che è loro sottesa, la cui discussione non è affrontabile in questo 102 contributo. L’autovalutazione delle scuole nell’ambito dell’educazione alla cittadinanza Nella guida all’autovalutazione redatta dall’Invalsi è presente, comunque, uno spunto interessante relativo alla sollecitazione della riflessione delle scuole su quanto effettivamente fanno nell’ambito della valutazione delle competenze di cittadinanza. Interessante perché sposta l’attenzione dalla valutazione degli studenti all’(auto) valutazione di quanto la scuola mette in atto per costruire tali competenze. Su questo specifico aspetto, negli anni recenti sono stati realizzati a livello europeo alcuni progetti che hanno fornito indicazioni utili per la costruzione di processi di autovalutazione delle scuole nell’ambito dell’educazione alla cittadinanza. Di particolare interesse risulta il progetto realizzato dall’Unesco e dal Consiglio d’Europa, nell’ambito dell’Anno europeo della cittadinanza attraverso l’educazione, promosso nel 2005 dal Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Figura 1 – Aree e relativi indicatori (Educazione alla cittadinanza) Area Indicatori Curricolo, insegnamento Esistenza a livello di scuola di uno spazio adeguato per l’ee apprendimento ducazione alla cittadinanza democratica, sia negli obiettivi dichiarati della scuola che nella progettazione curricolare Esistenza di ‘evidenze’ relative all’effettivo sviluppo di pratiche coerenti con i principi che dovrebbero caratterizzare l’educazione alla cittadinanza, sia a livello di scuola, sia a livello di classe Coerenza tra le procedure e gli strumenti adottati per la valutazione degli studenti e le caratteristiche dell’educazione alla cittadinanza democratica Clima della scuola Coerenza tra clima della scuola e principi alla base dell’educazione alla cittadinanza democratica Gestione e sviluppo Esistenza di stili di leadership coerenti con l’educazione alla cittadinanza democratica Esistenza di un piano educativo coerente con l’educazione alla cittadinanza democratica e funzionale al suo sviluppo Fonte: Unesco, 2005. Consiglio d’Europa. Il progetto ha prodotto una guida all’autovalutazione che è stata ‘sperimentata’ in alcuni Paesi europei. La guida (2), oltre a fornire un quadro di riferimento teorico per l’educazione alla cittadinanza e indicazioni procedurali di carattere generale relative ai processi di autovalutazione, individua alcuni indicatori, suddivisi in tre aree (vedi figura 1). Per ogni indicatore, inoltre, vengono individuati descrittori specifici e vengono suggeriti tecniche e strumenti per la raccolta dei dati a essi relativi (3). L’interesse degli indicatori individuati è che essi si riferiscono non soltanto agli esiti (acquisizioni degli studenti), ma anche e soprattutto alle caratteristiche dei contesti scolastici e dei processi educativi, organizzativi, gestionali messi in atto al loro interno. Questa impostazione suggerisce che 2) Cfr. Unesco, Council of Europe, Centre for Educational Policy Studies, Tool for Quality assurance of Education for Democratic Citizenship in Schools, Unesco, Paris, 2005. 3) Una sintesi in lingua italiana della guida è pubblicata sul sito web dell’Indire, nelle pagine dedicate a “Cittadinanza e Costituzione”. ciò che dovrebbe essere oggetto di attenzione nell’autovalutazione siano non soltanto i risultati conseguiti dagli studenti (i loro livelli di competenza), ma anche – e forse in primo luogo – le condizioni che la scuola costruisce in funzione di questi risultati. Soltanto ragionando sul proprio intervento le scuole possono individuare percorsi di miglioramento e trovare possibili interpretazioni dei livelli raggiunti dai propri studenti. Questo vale per l’autovalutazione nel campo dell’educazione alla cittadinanza, ma anche per l’autovalutazione in generale. Saperi di cittadinanza Linee guida europee definiscono indicatori che si riferiscono non solo alle acquisizioni degli studenti, ma alla qualità dei contesti educativi Una ricerca da sviluppare e consolidare La valutazione delle competenze di cittadinanza e delle competenze in generale costituisce un problema aperto su cui è necessario condurre percorsi di ricerca, che coinvolgano in prima persona gli insegnanti. Quanto l’attuale organizzazione curricolare, la divisione rigida tra materie, gli orari scolastici e l’organizzazione del tempo scuola siano funzionali alla possibilità di costruire e sviluppare competenze, in particolare competen- 103 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Saperi di cittadinanza Esiti di prove, dati osservativi, profili, schede di autovalutazione: sono strumenti utili a esplorare le competenze di cittadinanza ze di cittadinanza, dovrebbe essere oggetto di una discussione aperta e non tesa alla difesa degli equilibri esistenti. Anche nelle condizioni odierne è comunque possibile adottare approcci didattici che vadano nella direzione della costruzione delle competenze e ne consentano la valutazione: didattica laboratoriale, lavoro per progetti, impostazione e risoluzione di problemi. La diversificazione delle procedure didattiche, la differenziazione delle prove e degli strumenti di valutazione, la raccolta di una documentazione valutativa il più possibile articolata sono premessa per poter disporre di dati sulle diverse componenti delle competenze che si intendono valutare. Esiti di prove strutturate, dati osservativi, profili, schede di autovalutazione sono solo alcuni esempi possibili di questa documentazione. È difficile pensare che possano essere costruite misure uniche e decontestualizzate per le competenze di cittadinanza. Per queste competenze altre condizioni aggiuntive necessarie riguardano la qualità delle relazioni all’interno della scuola, la possibilità degli studenti di partecipare attivamente ai processi decisionali (fatte salve le responsabilità di dirigenti, insegnanti, personale non docente e considerando le differenze tra diversi livelli scolastici), il clima di classe e di scuola. Chi se ne occupa a scuola? 104 Una possibile condizione ‘facilitante’ potrebbe essere costituita dalla individuazione all’interno della scuola di figure di riferimento per l’educazione alla cittadinanza, che si facciano carico di sollecitare e sostenere iniziative didattiche e progettuali specifiche, che attivino la collaborazione tra docenti di diverse materie, che si facciano carico di coordinare la raccolta dei dati valutativi necessari, che facilitino il confronto e la discussione in sede di valutazione. Gli annunciati provvedi- menti per la scuola potrebbero rappresentare un’occasione per individuare figure di questo tipo a livello di scuola e a livello di reti di scuole. Riferimenti bibliografici C. Birzéa, Education for Democratic Citizenship: A Lifelong Learning Perspective, Strasbourg, Council of Europe, 2000. Council of Europe, Resolution adopted by the Council of Europe Ministers of Education at their 20th session, Cracow, Poland, 15-17 October 2000. Council of Europe, Recommendation (2002)12 of the Committee of Ministers to member states on education for democratic citizenship, 16 October 2002. D. Kerr, A. Keating, E. Ireland, Pupil Assessment in Citizenship Education: Purposes, Practices and Possibilities. Report of a CIDREE Collaborative Project, Slough, NFER-CIDREE, 2009. Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente, in “Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea”, 30 dicembre 2006. D.S. Rychen, L.H. Salganik (eds.), Key Competencies for a Successful Life and a Well-Functioning Society, Hogrefe & Huber Publishing, Goettingen, 2003. W. Schulz, J. Fraillon, J. Ainley, B. Losito, D. Kerr, International Civic and Citizenship Study. Assessment Framework, IEA, Amsterdam, 2008. Unesco, Council of Europe, Centre for Educational Policy Studies, Tool for Quality assurance of Education for Democratic Citizenship in Schools, Unesco, Paris, 2005. Bruno Losito Docente di Pedagogia sperimentale presso il Dipartimento di Scienze della formazione Università Roma Tre [email protected] Educazione al patrimonio e al paesaggio di Mario Calidoni Come nasce un museo È stato aperto nell’aprile 2014 a Colorno, in provincia di Parma, un nuovo museo denominato Mupac: Museo dei paesaggi delle terre e delle acque. Un ennesimo museo etnografico? È una notizia di cronaca culturale che si inserisce nel dibattito aperto e molto frequentato sulla valorizzazione, in momenti di crisi, dei nostri beni culturali, ma non solo. Il museo è stato progettato e realizzato da un comitato scientifico composto da esperti di diversa provenienza (1). Ed è da qui che parte il nostro interesse per questa impresa. Un fatto che prendiamo come pretesto ed esempio per riprendere il discorso della rilevanza dell’educazione al patrimonio culturale a scuola. La scommessa dichiarata sin dal primo pannello del percorso sottolinea infatti che la realizzazione del Mupac si configura come “impresa culturale di rilevanza sociale e strategica in quanto i suoi obiettivi non sono limitati a quelli, seppur rilevanti, della salvaguardia e conservazione e della semplice presentazione al pubblico di oggetti, immagini e documenti, ma anche, e soprattutto, indirizzati alle istanze di incontro e di crescita culturale attraverso la promozione della consapevolezza della rilevanza e ‘delicatezza’ del paesaggio e dei paesaggi”. L’occhio dei ragazzi Per far toccare con mano questo intendimento, apre il percorso museale un grande pannello realizzato con un per1) Comitato scientifico: M. Turci (antropologo, Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 La cultura delle scuole “Senza una campagna di racconti di insediamenti e di terre, senza musei delle città e dei loro agri, senza trasmissioni televisive che narrino i luoghi facendoci scoprire come eravamo, senza mostrare la storia, gli italiani rimarranno analfabeti della grande totalità del reale, dell’identità stratificata della loro patria (…) Perché la capacità di viaggiare per testi e forme, scendendo e risalendo nel tempo, è l’essenza della cultura”. (A. Carandini, Intervento al convegno FAI “Linguaggi d’Italia, prime riflessioni sull’anniversario dell’Unità d’Italia”, febbraio 2010, Ascoli Piceno). corso annuale di lavoro, coordinato dagli insegnanti e dal comitato scientifico del museo, da alcune classi della scuola primaria e dell’infanzia locali coinvolte sin dall’inizio nella progettazione del museo. In questa particolarità pensiamo stia il valore del museo per la scuola: è nato anche dal lavoro degli alunni. Con questa attività il museo ha contribui to alla consapevolezza dell’idea di paesaggio come relazione tra l’osservatore – i nostri alunni – e il suo sguardo filtrato anche dalla narrazione popolare che, in questo caso, svolge il duplice ruolo di memoria antropologica temporale e spaziale per un paesaggio vissuto, percorso, osservato magari inconsapevolmente, dai ragazzi. Ed è su questa base che le attività di laboratorio didattico potranno trovare sviluppi originali che uniscono la narrazione letteraria e/o cinematografica alla rappresentazione, all’esplorazione del paesaggio della pianura del Po al di fuori degli stereotipi dell’immaginario puro e/o delle immagini patinate della pubblicità, nel nostro caso, soprattutto di prodotti alimentari, dato il territorio in cui il Museo è inserito. Un museo può nascere non solo per conservare un patrimonio ma per far crescere consapevolezza, cultura, partecipazione, anche grazie alla collaborazione della scuola coordinatore); D. Papotti (geografo); J. Anelli (museografa etnografica); Alla ricerca di buone pratiche M. Calidoni (già ispettore scolastico); A. Orlando (documentarista); A. Leandri (archivista). La notizia può rientrare nel novero delle buone pratiche che sono diffuse nelle 105 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 La cultura delle scuole Il concetto di paesaggio culturale mette in relazione lo spazio, i luoghi e i segni passati e presenti e assume una forte valenza educativa 106 nostre scuole, di rapporto scuola/museo per esperienze di conoscenza, approfondimento, laboratorio, ecc. In realtà è per noi motivo di riflessione per andare oltre e riprendere il discorso sul tema dell’educazione al patrimonio e ai beni culturali e naturali. Tema che in questi ultimi tempi ha avuto un’evoluzione significativa sia sul piano dei contenuti che della normativa, ma che stenta a essere ritenuto strategico per la progettazione curricolare d’aula e d’istituto. Sempre più l’idea di educazione al patrimonio collega luoghi di vita ed esperienza culturale singola e comunitaria con una necessaria e profonda revisione dei paradigmi culturali che la presiedono. Sempre più la normativa nazionale e i documenti internazionali suggeriscono un approccio dinamico dei curricoli e del sistema scolastico a questi temi, abbandonando la convinzione diffusa dell’affidamento di questi temi solo alla sofferente area artistica del curricolo (e chi se non la scuola dovrebbe!!!) I documenti di riferimento A scuola il tema paesaggio è solitamente collegato all’insegnamento della geografia mentre di musei si parla nelle materie artistiche. La firma nel 2000 della Convenzione europea del paesaggio – recepita dal governo italiano nel 2006 – e il Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004 sono divenuti due documenti forti di riferimento per il dibattito culturale sul senso formativo di questi termini e hanno influito certamente anche sulle Indicazioni nazionali 2012. Per la geografia viene sottolineata l’importanza dell’educazione al paesaggio, unita all’educazione al patrimonio con queste parole: “La conoscenza e la valorizzazione del patrimonio culturale ereditato dal passato, con i suoi segni leggibili sul territorio, si affianca allo studio del paesaggio, contenitore di tutte le memorie materiali e immateriali anche nella loro proiezione futura. Ta- li percorsi consentono una sintesi con la storia e le scienze sociali con cui la geografia condivide pure la progettazione di azioni di salvaguardia” (Indicazioni 2012, Geografia). A questi documenti è da aggiungere la Carta di Siena, musei e paesaggi culturali (2). Qui si sottolinea come i musei italiani siano essi stessi una componente di rilievo del paesaggio e siano, nella stragrande maggioranza, connessi e frutto del territorio dove sorgono. Per essi “la responsabilità del paesaggio comporta un duplice impegno: da un lato, la gestione e cura del patrimonio nel quadro di una prospettiva di sviluppo sostenibile del territorio, dall’altro, l’attenzione alle immagini e alle rappresentazioni che identificano e connotano il paesaggio stesso”. Il paesaggio culturale Si fa strada il concetto di paesaggio culturale, peraltro da tempo settore di studio geografico specifico, come concetto che riesce a rendere la complessità dell’interazione e integrazione tra spazio e segni – lo spazio del luogo e i segni della cultura passata e presente –. In Il pianeta che verrà (3), Simonetta Giorda analizza le componenti culturali e i valori simbolici del paesaggio culturale mettendo in relazione triangolare appunto i concetti di spazio/luoghi/segni. Se patrimonio e paesaggio sono esperienza unitaria dell’alunno, nella scelta dei contenuti da affrontare e nei percorsi da prevedere l’educazione al patrimonio e al paesaggio diviene tema psicologico/culturale in cui sia il vicino che l’esperienza dei luoghi lontani e virtuali sono ingredienti dei percorsi formativi. Per la progettazione nelle discipline e 2) Proposta da Icom Italia alla Conferenza internazionale di Siena, 7 luglio 2014. Di Icom Italia si veda anche La funzione educativa del museo e del patrimonio culturale, in www.icom-italia.org, 2009. 3)S. Giorda, Il pianeta che verrà, Loescher, Torino, 2010. Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Figura 1 – Spunti per attività didattiche (mappa curricolare) Paesaggio Spazio/esperienza e patrimonio patrimoniale Valori Non luogo Cyberspazio Simbolici e iperluogo del paesaggio Senso del luogo Spazio vissuto Attaccamento ai luoghi Paesaggio Relazione e intervento uomo-ambiente dell’uomo Paesaggio Socialità e sacralità e vita sociale Paesaggio e tempo Idea ciclica del tempo Patrimonio e culture umane Patrimonio vissuto Universalità del patrimonio Patrimonio vicino e percepito Passato e memoria di segni Patrimonio sociale e di visioni del mondo Segni identitari e socialità nelle esperienze interdisciplinari, la scuola deve chiedersi come nel suo curricolo si incrociano i vari significati e come le esperienze rendono evidente questo legame. Per conoscere il bel paesaggio, la storia del monumento, l’incanto di un fondo oro, ecc., è sufficiente un buon uso di Internet, ma il valore aggiunto della relazione e della scoperta lo dà solo la consapevolezza della relazione tra l’osservatore e il suo sguardo filtrato dall’esperienza vissuta, dalla narrazione, dal ricordo, dall’evocazione, dal coinvolgimento, dalla ricerca. Nel preambolo della convenzione si legge altresì che il “paesaggio è in ogni luogo elemento importante della qualità della vita delle popolazioni, nelle aree urbane e nelle campagne, nei territori degradati come in quelli di grande qualità, nelle zone considerate eccezionali come in quelle di vita quotidiana”. Lo schema (figura 1) è un adattamento, parziale e incompleto, di una possibile mappa di suggestioni che al curricolo può dare l’utilizzo del concetto di paesaggio culturale. Attività didattica Esperienza dei luoghi Narrazione La cultura delle scuole Ricerca geografica e sociale Ricerca storica Ricerca storica e tradizioni locali Scambio e influssi tra culture nel tempo Mappe emotive e mentali individuali e di comunità Arte e luoghi simbolo I protocolli d’intesa “La conoscenza e la comprensione del patrimonio culturale rappresentano un contributo fondamentale per la formazione dei giovani studenti promuovendo un rapporto maturo e consapevole con il proprio territorio e le sue risorse culturali […] la comprensione dei valori del paesaggio, inteso come territorio, i cui caratteri distintivi derivano dalla natura, dalla storia umana e dalle reciproche interrelazioni, costituisce un elemento indispensabile per la formazione dei giovani”. Queste due osservazioni sono, tra le altre, in premessa al Protocollo d’intesa tra Miur e MiBact (4) e rappresentano una ripresa dell’Accordo quadro tra i due ministeri del 20 marzo 1998, che ha introdotto sul piano normativo nel dibattito pedagogico italiano l’educa- Il contatto diretto, la scoperta, l’osservazione, la narrazione sono il valore aggiunto di un approccio culturale al paesaggio 4) Protocollo d’intesa tra Miur e MiBact: Creare occasioni di accesso al sapere attraverso la messa a sistema di istruzione e cultura al fine di sviluppare una società della conoscenza, 28 maggio 2014. MiBac, www.ufficiostudi.beniculturali.it. 107 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 La cultura delle scuole Documenti, protocolli, recenti leggi sollecitano rapporti più dinamici tra strutture museali e scuola Documenti Convenzione di Faro, Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, 18 marzo 2008, recepita e firmata dall’Italia il 27 febbraio 2013. Decreto legge 12 settembre 2013, n. 104: Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca. 108 zione al patrimonio culturale. Dunque si può notare una rinnovata attenzione al tema, certamente sull’onda dell’attualità, che ha però molta difficoltà ad arrivare nei collegi docenti, nelle programmazioni d’aula, nella quotidianità della vita della scuola. Ci sono segni, è necessario tradurli in azione. L’art. 2 del Protocollo sollecita i servizi educativi presso musei e sovrintendenze a promuovere e consolidare la comprensione del patrimonio culturale presso tutte le categorie di fruitori, mediante progetti, procedure, strumenti e prodotti anche sperimentali, a verificare i contenuti didattici dei progetti e delle attività proposte anche da agenzie esterne o affidatarie dei servizi stessi. Si sollecita (art. 3) la collaborazione degli Uffici scolastici regionali con i Servizi educativi e l’organizzazione di corsi di aggiornamento e formazione. Speriamo non restino solo parole: pensiamo che questa azione non possa dimenticare le realtà locali dei sistemi museali di province e regioni che possono portare un bagaglio di esperienza consolidato. È necessario lavorare insieme e ascoltare la voce della scuola che sa fare il rinnovamento disciplinare ricercando sul campo in collaborazione con le diverse istituzioni culturali e realtà associative diffuse a livello nazionale e locale. La Regione Emilia-Romagna, ad esempio, con l’iniziativa denominata “Io amo i Beni culturali” è da qualche anno su questa linea di collaborazione, ma non mancano certamente esempi eccellenti anche in altre Regioni. Recenti sviluppi normativi Il decreto 104/2013 ha rappresentato un tentativo di risposta a urgenze della scuola e per l’area dell’educazione al patrimonio e dell’educazione artistica ha offerto alcuni agganci. Le indicazioni sono relative a un supporto agli studenti di quell’area specifica della formazione artistica superiore – accademie di belle arti, di danza, di arte drammatica, istituti superiori per le industrie artistiche, conservatori di musica e istituti musicali pareggiati – (art. 3, borse di studio per l’alta forma- Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 MUPAC Museo dei paesaggi di terra e di fiume Il nuovo museo nasce come naturale sviluppo del museo etnografico dell’ingegno popolare e della tecnologia preindustriale, creato negli anni Settanta, che aveva raccolto un patrimonio di oggetti della civiltà contadina e artigianale della Bassa parmense, musealizzati in forma esclusivamente ostensiva. L’idea chiave del museo è rendere conto visivamente e narrativamente della relazione tra gli oggetti della civiltà contadina e artigianale, dalla fine del 1800 alla seconda guerra mondiale, con i paesaggi della Bassa, della pianura rivierasca del Po nel territorio di Colorno e la loro evoluzione sino ai giorni nostri. L’allestimento ha diversi punti di innesco: il paesaggio della pianura e del Po; il paesaggio della fiaba della tradizione locale; il rapporto tra paesaggio cinematografico e immaginario. I ‘sentieri’ del Museo, cosparsi di oggetti, dall’ideale centro del senso del paesaggio visto, narrato, fantasticato, si snodano in percorsi e installazioni: abitare la terra, il lavoro, la dimora con i loro oggetti e le relative narrazioni; i saperi della terra, della vita, della mano con le testimonianze e i saperi pratici; il fiume con gli oggetti e gli strumenti della vita sul fiume; sala cinema anni Cinquanta, con un filmato che inanella scene di film che hanno avuto come sfondo il paesaggio padano della Bassa. Sede: Aranciaia – Piazzale Vittorio Veneto – Colorno (Pr) www.comune.colorno.pr.it ; e- mail [email protected] ; tel. 0521 815465 zione artistica, musicale e coreutica) per promuovere l’eccellenza; a un concorso “per la realizzazione di progetti didattici nei (avremmo preferito con) musei (tutti, statali e non statali) nei siti di interesse archeologico” che vedano associate scuola/musei con i rispettivi servizi educativi/enti terzi (art. 5, Potenziamento dell’offerta formativa); l’accesso gratuito del personale docente della scuola ai musei statali e ai siti archeologici in via sperimentale per il La cultura delle scuole 2014 (art. 16, formazione del personale docente). Ancora attenzioni che da tempo reclamano supporti, formazione, accompagnamenti culturali per diventare prassi e mattoni della collaborazione fra istituzioni e dell’innovazione didattica. E di quel bando di concorso “per la realizzazione di progetti didattici nei musei nei siti di interesse archeologico (…) che vedano associate scuola/musei con i rispettivi servizi educativi/enti terzi”, le notizie sono, per il momento, solo di rinvii e approfondimenti. A queste normative specifiche fanno da alone i rumor sulla scuola aperta, con iniziative che rispondano agli interessi degli studenti e con agevolazioni per gli studenti nella fruizione del patrimonio nell’ambito della “Carta dello studente”, ecc. È tempo che la scuola si impegni a essere parte attiva in quell’azione che tutta la società civile ritiene indispensabile anche in momenti di crisi. In teoria siamo il luogo dove il tessuto dei beni culturali è al centro dell’italianità e dovrebbe essere al vertice dell’interesse degli amministratori e dei formatori. I beni culturali sono il tessuto connettivo del nostro Paese e devono essere adeguatamente ri-scoperti dalla scuola e con la scuola Mario Calidoni Già Ispettore tecnico per l’educazione artistica nella scuola secondaria di I grado, coordina programmi locali per l’educazione al patrimonio [email protected] 109 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Strumenti e cultura della valutazione La valutazione come processo cooperativo tra insegnanti di Enrica Dondero I saperi individuali degli insegnanti devono integrarsi nella competenza del gruppo, tanto più in materia di valutazione 110 Il profilo del ‘nuovo’ docente Oltre la ritualità “La collaborazione e il lavoro di gruppo sono essenziali per lo svolgimento della funzione docente. L’insegnamento è un’attività di risoluzione dei problemi che richiede un’azione sistematica e in itinere in programmazione, valutazione, riflessione e quindi in azione”. Così si legge nel “Profilo dei docenti inclusivi”, pubblicato nel 2012 dall’European Agency for Development in Special Needs Education; il documento fa riferimento a un progetto triennale volto a individuare le competenze, il bagaglio formativo e culturale, i comportamenti e i valori necessari a tutti coloro che intraprendono la professione docente, a prescindere dalla materia di insegnamento, dalla specializzazione, dall’età degli alunni o dal tipo di scuola. È la definizione di un profilo professionale con una postura cognitiva determinata: capacità di porsi all’interno di una realtà e di rapportarsi con essa in modo non ripetitivo e abitudinario; cogliere gli elementi significativi, portarli fuori dall’aula, osservarli, cercarne il senso attraverso un’analisi rigorosa. L’integrazione dei saperi individuali nella competenza del gruppo sembra imprescindibile; solo attraverso il confronto l’evento può essere osservato nelle sue sfaccettature, definito, interpretato. Anche in tema di valutazione, lo sguardo plurale mette radicalmente in discussione le prospettive basate sull’approccio standardizzato e settoriale agli apprendimenti a favore di un atteggiamento compartecipe di apprezzamento complessivo e processuale. Nelle scuole, oggi, ci sono i presupposti per la concreta realizzazione di una valutazione cooperativa? Il comportamento degli alunni è uno degli ambiti in cui si esprime la dimensione collegiale della valutazione. I docenti rilevano la qualità dei percorsi educativi finalizzati a maturare una “coscienza civile basata sulla consapevolezza che la libertà personale si realizza nell’adempimento dei propri doveri, nella conoscenza e nell’esercizio dei propri diritti, nel rispetto dei diritti altrui e delle regole che governano la convivenza civile in generale e la vita scolastica in particolare” (d.P.R. 122/2009). Se lo scopo di un fenomeno così complesso non è semplicemente certificativo, ma è la comprensione di un quadro costantemente inedito, l’attribuzione di collegialità – partecipazione e deliberazione dei soggetti dell’organo deputato – mostra i suoi limiti. La ritualità e l’anonimia del singolo docente o del team lasciano spazio all’idea di cooperazione e alla sua galassia semantica: una costruzione dialogica, una valutazione conversativa in cui la soggettività rappresenta “il valore aggiunto che rende imprescindibile il confronto tra i diversi punti di vista, capace di attivare una ricerca-azione a più voci che entra ed esce continuamente dai confini dell’aula e della stessa scuola” (1). Tuttavia, l’introduzione del registro elettronico propone un nuovo ambiente di lavoro tendenzialmente unificante che può compromettere l’attenzione alla singolarità e alla multidimensionalità del percorso dell’alunno, limitando la 1)G. Bagni, Una valutazione conversativa, in “Rivista dell’istruzione”, n. 6, novembredicembre 2013, Maggioli, Rimini. Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Tabella 1 – Distribuzione dei livelli di giudizio. Esempio di tabella di valutazione del comportamento di un alunno Rispetto delle consegne Costanza Rispetto regole Rispetto impegni Rispetto tempi Con compagni Con adulti Nel gruppo Disciplina 1 Disciplina 2 Disciplina 3 Disciplina 4 Disciplina 5 Disciplina 6 Disciplina 7 Disciplina 8 Disciplina 9 Disciplina 10 Sostegno Moda % moda Interventi Disciplina Relazioni Attenzione Partecipazione 3 2 2 2 4 2 1 2 3 3 4 2 45% 3 3 3 1 3 2 3 3 3 2 3 3 72% 3 3 2 1 4 3 3 2 3 3 3 3 63% 4 4 4 2 4 4 3 3 4 3 2 4 54% 3 4 3 3 4 3 2 3 3 3 3 3 72% 3 4 3 2 4 3 3 3 3 3 3 3 72% 3 4 4 4 3 3 3 3 4 3 4 3 54% 3 4 4 3 3 3 4 4 3 3 3 3 63% 3 2 4 3 4 2 3 2 2 3 3 3 45% personalizzazione dell’atto valutativo. I docenti della scuola “Don Milani” hanno allora strutturato un sistema di valutazione in cui l’ambiente digitale e l’incontro collegiale in presenza si integrano e diventano contesto in cui sperimentare la cooperazione riflessiva. Valutare di fronte a una tazza di tè A casa, ogni docente dedica un pomeriggio – davanti alla tazza di tè – per rievocare frammenti di esperienza, ricostruire episodi potenzialmente significativi, ricomporre il profilo dell’alunno dal proprio angolo visuale. La tecnologia e le applicazioni software su server remoto permettono di trasporre gli elementi di rilievo nella materialità intangibile di giudizi graduati su quattro livelli progressivi in relazione a specifici indicatori. Il dispositivo è strutturato per calcolare la moda, cioè la distribuzione di frequenza: si rileva così la percentuale dei docenti che hanno espresso un giudizio corrispondente al dato maggioritario. A questo punto è istruito il proces- so di valutazione che verrà compiuto nella sede formale dello scrutinio, il luogo dove aprire il significato dei numeri e delle parole. In tale seduta si esplorano le situazioni in cui il dato statistico in percentuale rivela significativa disomogeneità di punti di vista; la differenza diventa un valore se innesca la passione di capire. Solo dopo profonda discussione si perviene alla sintesi valutativa, frutto di un atto cognitivo cooperativo di comprensione. Allora la moda sarà automaticamente convertita in voto numerico – come richiesto dalla normativa – per la pubblicazione sul documento ufficiale di valutazione. Strumenti e cultura della valutazione Le singole valutazioni istruttorie sono un punto di partenza per una sintesi valutativa, aiutata, ma non sostituita, dalla tecnologia La valutazione come ricerca Cosa pensano gli insegnanti di questo dispositivo? È contesto dialogico reale o distorsione tecnicistica? “Agli indicatori sfuggirà sempre qualcosa…”: solo l’incrociarsi di punti di vista è in grado di cogliere il profilo differenziale; nell’ampio dibattito nella piattaforma di comunicazione della scuola si riconosce il valore della competenza 111 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Strumenti e cultura della valutazione Il confronto dei punti di vista mette in evidenza la ricchezza delle differenze o la debolezza degli strumenti? 112 Unità di apprendimento, Clil e valutazione Perché la scelta di inserire il Clil nel curricolo del primo ciclo? Le Indicazioni Nazionali sostengono strategie che favoriscano connessioni interdisciplinari; in particolare, fra gli obiettivi di apprendimento per la Lingua inglese si prevede l’avvio dello studio di argomenti in ambiti disciplinari diversi; per quanto riguarda la Storia, poi, si suggerisce di usare metodi, conoscenze e visione di un’altra disciplina in attività che prevedano utilizzo di fonti differenziate, strategie di selezione di informazioni, riorganizzazione di contenuti e problematizzazione, per riflettere con adeguata padronanza argomentativa sulle diversità dei gruppi umani. La parola ai docenti: “L’unità di apprendimento della classe seconda (Native Americans) analizza e confronta episodi significativi dei primi mutevoli rapporti tra i popoli nativi nordamericani e gli esploratori/colonizzatori europei, tra timori, curiosità, approcci amichevoli, sospetti e violenze. Le fonti utilizzate sono da considerarsi autentiche, in quanto costituite dalla trascrizione di brani di un diario di bordo conservato nei National Archives inglesi e di brevi clip tratte dal film The New World di T. Malick (2005)” (*). La valutazione mira alla rilevazione di una “competenza di ordine superiore rispetto ai singoli obiettivi disciplinari perseguiti (individuare collegamenti e relazioni – acquisire e interpretare l’informazione) e descrivibile attraverso differenti dimensioni che vanno dal saper recuperare le informazioni ricavate, al saperle mettere in relazione, al saperne rinvenire di nuove, anche su fonti online”. Quali differenze segna questa modalità valutativa? Secondo Michael Pedrelli, coordinatore del dipartimento Clil, conoscenza profonda dell’oggetto di indagine, chiarezza e precisione sono fondamentali: “Le esperienze Clil sono generalmente valutate in due modi: una doppia valutazione lingua veicolare/disciplina non linguistica attraverso una rubrica disgiunta, oppure la sola valutazione della disciplina non linguistica. Noi abbiamo tentato una terza via e cioè analizzare lo sviluppo e l’esercizio di una competenza trasversale (**). L’incontro fra docenti che insegnano discipline diverse presuppone un’attività di astrazione e di distanziamento dai contesti abitudinari per poter esplicitare i nodi metodologici fondamentali della propria disciplina e quindi poter negoziare forme di valutazione significative per entrambi gli ambiti di conoscenza coinvolti”. *)M. Pedrelli, S. Bertone, Early contacts tra discipline: unità di apprendimento sui rapporti tra Nativi d’America ed Europei, in “Lend. Lingua e nuova didattica”, n. 2/2014, anche in http://www. lend.it. **) Ivi. fluida e trasformativa del discutere: “La forza o la debolezza di un’opinione, la pesantezza o la leggerezza delle parole” permettono di uscire dalle secche e dalla stagnazione. Il tempo, risorsa cruciale e limitata, pone problemi di sostenibilità; essi, tuttavia, si riducono allorché si ridefinisce sostanzialmente l’area della condivisione degli obiettivi e dei significati a loro sottesi. L’assunzione della moda come indice di valore, anziché della tradizionale media, potrebbe non essere una risoluzione validamente rappresentativa: “La moda seleziona alcuni pareri a discapito di altri, può supportare posizioni che costituiscono l’emanazione di una minoranza, comportando come conseguenza il senso di frustrazione per la potenziale inutilità del contributo individuale alle proposte di valutazione”. Il sistema di misura, però, attiva l’intersoggettività e costruisce configurazioni di senso; il suo valore consiste nella possibilità di accedere a opportunità di conoscenza. Infine, è ben evidente nella tabella: è necessario accettare l’idea che il dispositivo cattura le tracce dei modi di fare scuola, la capacità di gestione del gruppo, l’efficacia formativa degli ambienti di apprendimento, il livello di omogeneità nella valutazione. La disuguaglianza di ogni alunno a seconda di chi lo osserva risponde alla ricchezza della differenza o all’irriducibile debolezza degli strumenti di rilevazione? O forse il monito del priore di Barbiana: “non far parti uguali fra disuguali” non trova ancora una soddisfacente risposta dalla scuola? La dialogica continua e la disamina critica sull’esperienza costituiscono un’affermazione della volontà dei docenti di emancipare la valutazione dalla pratica del senso comune. Early contacts fra discipline La complessità e la pervasività dei fenomeni e delle esperienze di apprendimento spostano l’attenzione, anche nelle pratiche valutative, dal cosa al co- Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 me si apprende. “Le prove strutturate, ‘oggettive’, per altro insostituibili per superare tentazioni intuizionistiche, ci consegnavano indizi statici e parziali, spesso legati ad abilità semplici; ora l’intento era di andare più in profondità, oltrepassando i confini disciplinari, riconoscendo la valenza della metacognizione, includendo nell’analisi le variabili non cognitive e la stessa variabile insegnante” (2). Fra i percorsi didattici strutturati alla luce della didattica per competenze, il Clil (Content and Language Integrated Learning) si propone per il suo carattere innovativo nella scuola secondaria di primo grado. È possibile far emergere la differenza fra gli alunni come ricchezza? Identificare i punti di forza? “Gli strumenti di valutazione utilizzati al termine del percorso dovrebbero consegnare all’insegnante dati empirici che permettano, procedendo a ritroso e triangolando altre informazioni raccolte, di identificare correlazioni fra le prestazioni e i processi attivati e, quindi, formulare ipotesi sulle cause del successo/insuccesso. Abbiamo però trovato difficile graduare in una scala complessa le sfumature di questi due poli e, invece che identificare i punti di forza, appare più facile e naturale notare dove la competenza indagata scricchiola. Gli strumenti, anche se ben orientati, non sembrano essere mai abbastanza sensibili”. I docenti del dipartimento concordano sul valore aggiunto della cooperazione: due insegnanti che valutano insieme si portano appresso una diversa conoscenza degli studenti e talvolta una diversa interpretazione delle loro azioni. Allo stesso tempo, un doppio sguardo permette di mettere a confronto differenti visioni su ciò che è importante, giusto, utile. Il rischio è che queste rappresentazioni diventino recinti concet2)C. Gibelli, Percorsi di ricerca sulle competenze e i processi di apprendimento, in http://www.donmilani.wikischool.it. tuali forieri di conflitti o di alibi per rimanere in superficie. Elementari vs medie: la valutazione al varco “È uno spazio senza porte e senza finestre il passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria di primo grado” se avviene senza un raccordo ampiamente dialogato, sostiene Marika Vagge, docente della scuola primaria “G. Daneo” che cura il settore. “La conoscenza di ogni alunno e delle sue specificità dipende dalla ricchezza dell’interlocuzione” conferma Valentina Cannavò, insegnante della scuola secondaria “Don Milani”. Il momento è delicato: non si tratta di spostare informazioni, ma di costruire le condizioni di una processualità che accompagni i soggetti nel loro percorso evolutivo nel primo ciclo d’istruzione. Ciò avviene a condizione che non si lasci spazio a sensazioni e impressioni soggettive non verificate, all’enfatizzazione di aspetti eclatanti, alla sottovalutazione di elementi che potrebbero confinare in un alone di indistinzione gli alunni senza intense connotazioni – negative o positive – speciali. Un percorso unitario e non traumatico dovrebbe essere garantito dall’ottica del comprensivo, ormai ampiamente diffuso sul territorio nazionale. Accade nelle scuole dove la cultura della continuità è presente; dove prevale la consapevolezza pedagogica, non la logica corporativa. Soprattutto, il comprensivo risulta elemento di differenza se gli elementi informativi e valutativi si collocano all’interno di un curricolo e di un ambiente di apprendimento che curano i processi evolutivi dei soggetti e dei gruppi. Occorre disporre di strumenti articolati, capaci di rilevare correttamente le evidenze e di esprimere con appropriatezza anche le sfumature: le specificità cognitive, le competenze conseguite, le caratteristiche delle relazioni in- Strumenti e cultura della valutazione Per andare in profondità nella valutazione occorre superare i confini delle discipline (come nel CLIL) e aprire un dialogo (come nel passaggio elementari-medie) 113 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Strumenti e cultura della valutazione Solo attraverso l’osservazione, il confronto, la ricostruzione, il vissuto diventa oggetto di riflessione terpersonali, la qualità della partecipazione, gli stili attribuzionali, la motivazione, i dati di contesto. chieste ingiustificate di verifiche sociosanitarie: il paradosso della certificazione per sostenere il passaggio? Strumenti per una valutazione discorsiva Cooperare, valutare, riconoscersi Un primo questionario relativo a comportamenti sociali e ad aspetti apprenditivi (3) permette di assumere l’esperienza come testo comune; poi gli sguardi devono incrociarsi per andare oltre. Osservare è una pratica che si sta diffondendo nelle scuole; in questo caso il focus è costituito dagli alunni e dalle loro relazioni nel gruppo classe che si sta costituendo. Ma è l’ambiente di apprendimento a fare da sfondo e così, indirettamente ma inevitabilmente, i docenti accettano una forma implicita di valutazione, perché consci della necessità di promuovere l’attenzione vigile sull’evento e sul suo divenire: “L’esperienza prende forma quando il vissuto diventa oggetto di riflessione e il soggetto se ne appropria consapevolmente per comprenderne il senso” (4). Un sondaggio successivo rivolto a tutti gli insegnanti della scuola secondaria interessati all’accoglienza chiede: “Come hai vissuto l’osservare i colleghi o l’essere osservato?”. La percezione è unanimemente positiva: è “una risorsa interessante per capire come nasce la relazione fra insegnante e alunni”, “un’esperienza utile per riflettere sui modi del fare scuola”. È un’ulteriore affermazione del valore formativo della cooperazione. Proprio per la natura complessa ed estensiva del campo, la voce dei genitori deve confluire nella rete di relazioni e integrare le informazioni. L’ansia frequentemente fa da sfondo al passaggio e – rileva la docente di scuola primaria – arriva in questi ultimi tempi a porre ri- La cooperazione si afferma come potente strumento di integrazione fra azione e riflessione e genera conoscenza anche a proposito di valutazione, se l’operazione si colloca all’interno di un quadro di saperi – e non di procedure o codificazioni ritualizzate – ed è ancorata a valori pedagogici di riferimento, se si argomenta in ordine ai modelli di pensiero che hanno sostenuto le azioni, se ci si confronta con serenità. A queste condizioni, la ricostruzione del significato dell’evento diventa conoscenza. Perciò, recuperare gli spazi della discussione e del confronto anche a proposito di valutazione valorizza l’identità professionale: quando ci si interroga sul profilo finale dell’alunno, o sul come o perché valutare, in ultima analisi si discute del senso del nostro lavoro e del valore della scuola nell’attuale contesto storico. 3) Reperibile in http://donmilanicolombo. wikischool.it. 4)L. Mortari, Apprendere dall’esperienza, 114 Carocci, Roma, 2009. La “Don Milani” di Genova è una scuola secondaria di I grado che sperimenta un progetto ministeriale di innovazione didattica e organizzativa: la valutazione è da anni al centro del dibattito della comunità docente. Enrica Dondero Docente di storia e geografia presso la scuola secondaria di primo grado “Don Milani” di Genova [email protected] Indicatori e descrittori per il Rapporto di Autovalutazione Estratto dal Documento Miur-Invalsi Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Strumenti e cultura della valutazione Aree di esplorazione della qualità proposte nel RAV Popolazione scolastica Contesto socio ambientale e risorse Pratiche gestionali e organizzative Territorio e capitale sociale Pratiche educative e didattiche Ambiente di apprendimento Esiti formativi ed educativi Risultati scolastici Risultati nelle prove Invalsi Continuità e orientamento Competenze chiave di cittadinanza Risultati a distanza Risorse economiche e materiali Integrazione con il territorio e rapporti con le famiglie i Risorse professionali 1 CONTESTO E RISORSE L’indice del Rav è strutturato in 4 aree: contesto e risorse, esiti, processi didattici, processi organizzativi 1.1 Popolazione scolastica Status socio economico e culturale delle famiglie degli studenti (livello medio indice ESCS) Studenti con famiglie economicamente svantaggiate (percentuale studenti con entrambi i genitori disoccupati) 1.2 Territorio e capitale sociale Disoccupazione (tasso di disoccupazione) Immigrazione (tasso di immigrazione) Spesa per l’istruzione degli enti locali (impegni scuola primaria, scuola secondaria di I grado, assistenza refezione dei Comuni della Provincia; spese competenza per l’istruzione secondaria di II grado sugli impegni generali della Provincia; rapporto Impegni/Pagamenti per l’istruzione secondaria di II grado della Provincia) 1.3 Risorse economiche e materiali Finanziamenti all’Istituzione scolastica (finanziamenti assegnati dallo Stato, finanziamenti dalle famiglie, assegnati dalla Provincia o dalla Regione, da privati) Edilizia e rispetto delle norme sulla sicurezza (certificazioni; sicurezza edifici e superamento barriere architettoniche) 115 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Strumenti e cultura della valutazione 1.4 Risorse professionali Caratteristiche degli insegnanti (tipologia di contratto degli insegnanti, insegnanti a tempo indeterminato per fasce di età, titoli in possesso degli insegnanti a tempo indeterminato, insegnanti a tempo indeterminato per anni di servizio nella scuola - stabilità) Caratteristiche del dirigente scolastico (tipo di incarico, anni di esperienza, stabilità) ESITI 2.1 Risultati scolastici Gli esiti formativi considerano, oltre alle prove Invalsi, anche i risultati scolastici, quelli a distanza e le competenze chiave Esiti degli scrutini (studenti ammessi alla classe successiva, studenti diplomati per votazione conseguita all’esame) Trasferimenti e abbandoni (studenti che hanno abbandonato gli studi in corso d’anno , studenti trasferiti - in entrata o in uscita - in corso d’anno) 2.2 Risultati nelle prove standardizzate nazionali Risultati degli studenti nelle prove di italiano e matematica (punteggio della scuola, delle classi, delle sedi in italiano e matematica; differenze nel punteggio rispetto a scuole con contesto socio-economico e culturale - ESCS - simile) Livelli di apprendimento degli studenti (alunni collocati nei diversi livelli in italiano e in matematica) Variabilità dei risultati fra le classi (varianza interna alle classi e fra le classi) 2.3 Competenze chiave e di cittadinanza* (*Non vi sono indicatori disponibili a livello centrale, attualmente) 2.4 Risultati a distanza Prosecuzione negli studi universitari (studenti diplomati immatricolati all’università) Successo negli studi universitari (crediti conseguiti dai diplomati nel I e II anno di università) Successo negli studi secondari di II grado (consiglio orientativo per tipologia; corrispondenza tra consiglio orientativo e scelta effettuata; promossi al I anno che hanno seguito il consiglio orientativo; promossi al I anno che non hanno seguito il consiglio orientativo) Inserimenti nel mondo del lavoro (numero inserimenti nel mondo del lavoro) PROCESSI PRATICHE EDUCATIVE E DIDATTICHE 3.1 Curricolo, progettazione e valutazione. 116 Curricolo e offerta formativa Curricolo (grado di adeguatezza del curricolo, aspetti del curricolo presenti) Politiche scolastiche di Istituto (percezione delle politiche scolastiche secondo gli insegnanti) Progettazione didattica Progettazione didattica (grado di adeguatezza della progettazione didattica, aspetti del curricolo sulla progettazione didattica presenti) Valutazione degli studenti Presenza di prove strutturate per classi parallele (prove strutturate in entrata, intermedie e finali) Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 3.2 Ambiente di apprendimento Dimensione organizzativa Durata delle lezioni (modalità orarie adottate per la durata delle lezioni) Organizzazione oraria (modalità orarie per l’ampliamento dell’offerta formativa; per interventi di recupero, consolidamento, potenziamento) Dimensione metodologica Attività e strategie didattiche (attività didattiche maggiormente utilizzate dagli insegnanti, strategie didattiche maggiormente utilizzate dagli insegnanti) Episodi problematici (azioni per contrastare episodi problematici, studenti sospesi per anno di corso, studenti entrati alla seconda ora, ore di assenza degli studenti) Clima scolastico (accettazione tra compagni, comportamenti problematici tra compagni, percezione del clima scolastico secondo gli insegnanti, benessere dello studente a scuola, percezione del clima scolastico secondo i genitori) 3.3 Inclusione e differenziazione Inclusione Attività di inclusione (azioni attuate per l’inclusione, percezione delle politiche scolastiche sull’inclusione) Recupero e potenziamento Attività di recupero (corsi di recupero organizzati dalle scuole, progettazione di moduli per il recupero delle competenze) Attività di potenziamento (progettazione di moduli per il potenziamento delle competenze) 3.4 Continuità e orientamento Strumenti e cultura della valutazione I processi organizzativi e didattici sono le variabili su cui ogni scuola può effettivamente incidere Continuità Attività di continuità (azioni attuate per la continuità) Orientamento Attività di orientamento (azioni attuate per l’orientamento) PRATICHE GESTIONALI E ORGANIZZATIVE 3.5 Orientamento strategico e organizzazione della scuola Organizzazione delle risorse umane Gestione delle funzioni strumentali (modalità di distribuzione delle risorse per le funzioni strumentali) Gestione del Fondo di Istituto (ripartizione del FIS tra insegnanti e personale ATA; quota di insegnanti e di personale ATA che percepisce il FIS; insegnanti che percepiscono più di 500€ di FIS; personale ATA che percepisce più di 500€ di FIS) Processi decisionali (luoghi e modi dei processi decisionali) Impatto delle assenze degli insegnanti sull’organizzazione (ore di supplenza svolte da insegnanti esterni; retribuite svolte da insegnanti interni; non retribuite svolte da insegnanti interni; ore di supplenza non coperte) Gestione delle risorse economiche Progetti realizzati (ampiezza dell’offerta dei progetti; indice di frammentazione dei progetti; indice di spesa dei progetti per alunno; indice di spesa per la retribuzione del personale nei progetti) Progetti prioritari (tipologia relativa dei progetti, durata media dei progetti, indice di concentrazione della spesa per i progetti, importanza relativa dei progetti, coinvolgimento relativo nei progetti) 117 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Strumenti e cultura della valutazione Le pratiche organizzative si riferiscono alle relazioni interne e a quelle esterne 3.6 Sviluppo e valorizzazione delle risorse umane Formazione Offerta di formazione per gli insegnanti (ampiezza dell’offerta di formazione per gli insegnanti; tipologia degli argomenti della formazione; insegnanti coinvolti nella formazione; spesa media per insegnante per la formazione; numero medio di ore di formazione per insegnante) Collaborazione tra insegnanti Gruppi di lavoro degli insegnanti (tipologia degli argomenti dei gruppi di lavoro, varietà degli argomenti per i quali è stato attivato un gruppo di lavoro; partecipazione degli insegnanti a gruppi di lavoro) Confronto tra insegnanti (percezione del confronto e dello scambio tra insegnanti) 3.7 Integrazione con il territorio e rapporti con le famiglie Collaborazione con il territorio Reti di scuole (partecipazione a reti di scuole; reti di cui la scuola è capofila, apertura delle reti a enti o altri soggetti; entrata principale di finanziamento delle reti; principale motivo di partecipazione alla rete; attività prevalente svolta in rete) Accordi formalizzati (varietà dei soggetti con cui la scuola stipula accordi; tipologia dei soggetti con cui la scuola ha accordi; gruppi di lavoro composti da insegnanti e rappresentanti del territorio; presenza di stage; presenza di collegamenti e inserimenti nel mondo del lavoro) Coinvolgimento delle famiglie Partecipazione formale dei genitori (Votanti effettivi alle elezioni del Consiglio di Istituto) Partecipazione informale dei genitori (partecipazione dei genitori agli incontri e alle attività della scuola) Partecipazione finanziaria dei genitori (versamento dei contributi volontari da parte delle famiglie) Capacità della scuola di coinvolgere i genitori (azioni della scuola per coinvolgere i genitori) Fonte: Miur-Invalsi, Mappa indicatori per Rapporto di autovalutazione, novembre 2014. Rielaborazione a cura di mtb. In corsivo sono elencati i descrittori. www.istruzione.it 118 In www.istruzione.it è stato pubblicato dal Miur, Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione, Direzione generale per gli orientamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione: Valutazione: Un vademecum per le scuole per l’elaborazione del Rav, 2 marzo 2015. Contiene: -Circolare prot. 1738 del 2 marzo 2015: Orientamenti per l’elaborazione del Rapporto di autovalutazione; -Miur-Invalsi, Mappa indicatori per Rapporto di autovalutazione, novembre 2014; -Miur-Invalsi, Rapporto di autovalutazione. Guida all’autovalutazione, novembre 2014. “Non dobbiamo tacere” Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 di Cinzia Mion Dopo il Nobel a Malala Credo che non ci sia occasione migliore per recensire un libro con tale titolo all’indomani dell’assegnazione del premio Nobel per la pace a Malala Youssafzay e a Kailash Satyarthi, conferito come denuncia della cultura del silenzio nei confronti della negazione dei diritti più elementari dei bambini e delle bambine. Entrambi hanno dimostrato un gran coraggio e corso grandi rischi per portare avanti le proprie idee in difesa dei diritti dei bambini: l’una diventata famosa a livello mondiale per aver capito e sostenuto, a rischio della vita, l’importanza della scuola e dell’istruzione al fine di riscattare le bambine prima pakistane, e poi di tutto il mondo, da un destino di subordinazione e di miseria culturale ed economica; il secondo per aver svolto un lavoro importante per salvare dal lavoro minorile i bambini delle zone depresse, sfruttati e sottoposti a continui abusi. I diritti dei bambini Il libro che qui presento consiste appunto in un lavoro che invece ricorda e sottolinea i diritti di tutti i bambini. “È molto difficile che tutti gli adulti del mondo, pur con differenti concezioni, pensino a tutti i bambini del mondo” afferma Andrea Canevaro nella sua interessante introduzione al volume, che propone una rassegna di testi per focalizzare i diritti fondamentali dei bambini non visti, non ascoltati, ignorati o trascurati. Il materiale di cui si compone il libro è stato inviato o portato da collaboratori in vari Paesi, raccogliendo articoli di giornali, scritture di bambini e bambine, ragazzi e ragazze, poesie, documenti di organizzazioni internazionali che partono da uno sguardo che si pone sui bambini nelle varie parti del mondo, senza la paura di vedere ciò che fa male. Questo libro, veramente notevole, preoccupante ma reso leggero dalle scritture dei bambini, parte da un’iniziativa dell’organizzazione della Fimem (Fede- razione internazionale dei movimenti della scuola moderna) che raccoglie le scuole che seguono i principi della pedagogia di C. Freinet. La Fimem fin dai suoi inizi, dall’anno 1957, si è impegnata nella promozione della ‘dignità’ della vita di ogni bambino. Ogni capitolo del volume tratta di un diritto o di una serie di diritti violati. Il primo capitolo tratta del diritto alla vita, alla sopravvivenza, allo sviluppo, alla salute in un ambiente tutelato e si articola in statistiche e articoli di giornale, ma nei suoi aspetti più autentici in varie testimonianze di ragazzini che affrontano la problematica con la loro freschezza ma anche sofferenza, riportati in lingua originale, cui segue poi un sintetico riassunto nelle quattro lingue. Seguono con la medesima impostazione i capitoli sul diritto all’identità, alla famiglia, alla cultura, al proprio nome; diritto alla protezione (dalla violenza, dall’abbandono, dallo sfruttamento economico, dallo sfruttamento sessuale, dalla tratta, dalla guerra, dalla prigionia); diritto all’educazione e istruzione; diritto all’espressione, all’ascolto, all’autonomia, alla cittadinanza. Concludono una sezione iconografica con disegni dei bambini e foto, una bibliografia essenziale e una sitografia. Letti per voi Non dobbiamo tacere Diritti negati, diritti riconosciuti, diritti conquistati A cura di G. Cavinato, M. Marchegiani, A. Mazzucco Il riconoscimento dei diritti violati dei bambini ci stimola a riscoprire le sofferenze del Sud del mondo L’etica della cura In quest’epoca contraddistinta da una deriva sociale di indifferenza e non-curanza, che rischia di sommergerci tutti “se non metteremo il Sud del mondo nella testa del Nord”, speriamo che la testimonianza di “Non dobbiamo tacere” sia un contributo significativo a sollecitare l’etica della cura nei confronti dell’infanzia negata per troppi bambini e bambine che soffrono sulla nostra terra e che sono bambini di tutti. Cinzia Mion Già dirigente scolastico, psicologa, formatrice [email protected] 119 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 La scuola come avventura pedagogica di Maurizio Muraglia Letti per voi Le parole ‘sagge’ dei bambini Nella narrazione di Lorenzoni l’incontro dei bambini con i saperi si colora di ascolto, di stupore, di emozioni F. Lorenzoni, I bambini pensano grande (Sellerio, Palermo, 2014) Si esagera definendo questo libro di Franco Lorenzoni un libro ‘eversivo’? Forse. Ma alla fine della lettura ciò che resta è un’idea di scuola, di didattica, di apprendimento che forse appartiene a un altro mondo. Veramente il sottotitolo “Cronaca di una avventura pedagogica” dice l’essenza di questa vicenda quinquennale (di cui nel libro si narra il quinto anno) intercorsa tra un maestro e un gruppo di bambini. Una vera e propria avventura, fatta di colpi di scena, intuizioni, esperienze straordinarie, dal finale sempre aperto. E in fondo di che cosa si è trattato? Di scuola. E quando mai l’andare a scuola si configura quale ‘avventura’? Quali sono le condizioni che possono rendere un anno scolastico qualcosa di memorabile, senza che ciò avvenga al di fuori del mandato costituzionale che assegna alla scuola il compito di insegnare e agli allievi che la frequentano il compito di imparare? Eppure Lorenzoni ci ha consegnato una geografia del fare scuola capace, senza voler assumere mai atteggiamenti speculativi, di coniugare prassi e riflessione. Il suo libro si dipana tra report di dialoghi tra bambini e riflessioni dell’autore, narrazioni di esperienze didattiche e risonanze interiori susseguenti alle stesse. Per il lettore, soprattutto per l’insegnante, è un prezioso peregrinare tra questioni di contenuto, questioni di metodologia, questioni di relazioni, e tutto il sapere della pedagogia e della didattica acquista uno spessore di concretezza a fronte delle fresche parole dei bambini. Il sapere ‘mite’ del maestro 120 Ci sono alcune linee-guida, per così dire, che sostengono la cronaca di Lorenzoni. La questione tempo. Non c’è alcun dubbio per il maestro Franco: a scuola si deve perdere tempo. Solo l’esposizione prolungata dà profondità alle conoscenze. Su questo le sue scelte sono chiare: “Se andiamo lenti aumentano le possibilità che arrivino tutti e forse si apre l’opportunità di incontrare davvero profondamente qualcosa”. Ma non si tratta soltanto di una faccenda meramente quantitativa. La quantità resta al servizio della qualità ovvero di un apprendimento capace di porre continuamente domande. I bambini di Lorenzoni sono trascinati socraticamente in un continuo susseguirsi di interrogativi di fronte alla storia, alla matematica, alla scienza, all’arte, e non si tratta di interrogativi che attendono risposte certe. Nell’interrogativo culturale, il maestro Franco aggancia la possibilità di un apprendimento significativo: “Non apprendo bene un contenuto se rispondo alle domande di chi me lo ha insegnato ripetendo le sue parole, ma se ho il tempo e la possibilità di costruire un mio modo di raccontare ed esporre ciò che ho capito. Se ho l’occasione di doverlo a mia volta spiegare a chi non conosce l’argomento, sono motivato a mobilitare al massimo tutte le mie energie e capacità per riuscire a raggiungere chi non sa”. È quel che oggi si chiama ambiente di apprendimento quel che questo libro fa vedere in azione. Un ambiente in cui i saperi disciplinari si colorano continuamente di attualità, di vissuto, di emozione. Non c’è spazio per la demotivazione e per la noia. Il maestro ha fissato molto bene gli obiettivi del lavoro di tutti: “conoscere e conoscersi, che sta alla base di ogni pedagogia che non voglia abbandonare il senso dell’educare”. Ma educare in Lorenzoni non equivale a predicare, lo dice egli stesso. Educare continua a significare insegnare. Lorenzoni è uno che insegna, ma il suo insegnare è un perenne ascoltare, perché egli è convinto, appunto, che “I bambini pensano grande”, e il suo interesse per i loro testi è quasi maniacale. Egli ascolta, trascrive, rilegge, si interroga. Egli impara dai suoi bambini. Memorabile la bacchettata incassata da una sua allieva: “Ma allora, maestro, tu non hai capito proprio niente!”. E non paternalisticamente. Lo- renzoni è convinto che i bambini abbiano la straordinaria capacità di porre questioni di confine, perché sono capaci di uno sguardo epistemologicamente limpido sul reale. Il taglio ‘filosofico’ che l’autore – appassionato di cultura greca – dà ai suoi incontri con i ragazzi è ben lungi da qualsiasi erudizione fine a se stessa. Egli sa che i suoi bambini agognano di filosofare intorno a ogni questione, e i bambini sanno che tutto questo si può fare liberamente senza paura di sbagliare. anche su questo è chiaro: occorre che la scuola sappia creare discontinuità con le gabbie mediatiche e sociali che caratterizzano le vite dei bambini. Egli parla di rovesciamenti: “Sono convinto che la scuola, se ha l’ambizione di educare alla libertà, non deve imitare ciò che accade nella società, ma operare per contrasto, in modo critico e concreto. Se vuole essere luogo di creazione culturale aperto al futuro, non deve appiattirsi sul presente”. Lo spazio ‘sereno’ dell’ascolto Eppure quanto del presente Lorenzoni è capace di far scaturire dalle voci del passato, grazie alla meraviglia del teatro! Per questi bambini il teatro è il modo privilegiato per far vivere, per agire la loro relazione personale con la cultura. Nel teatro essi vivono la curiosità, la meraviglia, la bellezza. Fanno vivere ciò che hanno imparato, ma possono farlo perché lo hanno imparato in un ambiente non ossessionato da programmi, griglie, quiz, tabelle e classificazioni varie. Un ambiente formativo. Non c’è traccia di voti numerici o di medie tra voti nel testo. Come se non esistessero. Come se quel modo di fare scuola li rendesse del tutto inessenziali. Per questo il libro è eversivo. Perché è una contestazione radicale rivolta a una scuola e a una politica scolastica ossessionata dalle rilevazioni e dai risultati. I bambini del maestro Franco viaggiano su un’altra galassia e sono felici. Felici di conoscere, felici di imparare, felici di essere se stessi. Ed è proprio uno di loro, Fabio, felice per essere riuscito nel tempo, grazie alla scuola, ad articolare in modo più chiaro le sue parole, a essere posto da Lorenzoni a suggello di tutto il percorso con questa dichiarazione conclusiva: disegnato, come disegno mia sorella Sara”. Ecco il frutto del lavoro di Lorenzoni: avere costruito la possibilità, nei suoi bimbi, di familiarizzare con la cultura. Un magistero per tutti. Per queste ragioni il libro appare sovversivo. Per la sua dichiarata presa di distanza da qualsiasi modello didattico in cui le prestazioni debbano essere rigorosamente classificate e in cui i cosiddetti ‘risultati di apprendimento’ debbano condurre l’insegnamento a stare al servizio di test e verifiche. Non è questa l’atmosfera nella classe di Lorenzoni. I bambini si muovono, si organizzano in gruppi, cantano, recitano. I bambini costruiscono continue metafore, che servono loro per avvicinarsi anche alle figure più alte della cultura (Socrate, Platone, Pitagora, Raffaello). Lorenzoni ha orrore per ogni forma di burocratizzazione dell’insegnamento ed è fermamente convinto che il mandato della scuola pubblica sia quello di consentire a ciascun allievo di esprimere tutti i suoi migliori talenti. L’inclusione è il suo paradigma pedagogico primario: “Ci sono luoghi e momenti espressivi che vanno accolti così come sono, nel silenzio e nell’ascolto, perché i bambini hanno il sacrosanto diritto di essere, prima di tutto, semplicemente se stessi”. Il libro è una miniera di spunti pedagogici e didattici. Sul curricolo, sull’uso formativo delle discipline, sull’educazione alla democrazia e alla cittadinanza. Il suo pregio fondamentale sta nell’aver fatto balenare l’idea che la vita – e la morte, sì anche la morte – non sta fuori dalle classi, ma in classe può essere tematizzata, culturalmente rielaborata. L’idea che i bambini hanno voglia di esprimere le proprie emozioni, i propri affetti, le proprie angosce in uno spazio sereno, non abitato dalle ossessioni della vita sociale. Lorenzoni Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Letti per voi Il ritmo ‘lento’ della conoscenza La scuola inclusiva è quella che si permette tempi lunghi per l’ascolto, le domande, la libera espressione, senza le ossessioni dei programmi confezionati Maurizio Muraglia Docente di lettere nel Liceo delle scienze umane “G.A. De Cosmi” di Palermo [email protected] 121 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Osservatorio giuridico La gestione indiretta dei servizi educativi nasce soprattutto per ragioni economiche, ma consente anche di sperimentare l’efficacia di nuove soluzioni (appalto, convenzione concessione) 122 Servizi educativi: tipologie di gestione di Loredana Bondi Le (buone) ragioni della gestione indiretta In linea generale i sistemi contrattuali che l‘ente pubblico può adottare nell’ambito della gestione indiretta dei servizi socio-educativi possono assumere forme differenziate, come la concessione in appalto o convenzione (onlus, associazioni di volontariato, cooperative sociali, ecc.) che apre alla coprogettazione del servizio. Fra le principali motivazioni della gestione indiretta dei servizi invocata attualmente nella maggioranza dei casi da parte dei Comuni possiamo trovare: - un beneficio connesso alla maggiore flessibilità nell’uso delle risorse (in particolare di quelle connesse al personale); - la diminuzione dei costi unitari; - l’ampliamento o il possibile sviluppo dell’offerta educativa introducendo modifiche nell’organizzazione dell’offerta; - l’assenza di grossi investimenti per la realizzazione di strutture nuove. Può anche verificarsi l’opportunità di effettuare scelte politiche volte a favorire lo sviluppo di sistemi di imprese locali, ma di incidenza più rilevante appaiono i vincoli nella gestione della spesa pubblica che ponendo rigidi limiti alle assunzioni di personale dipendente possono provocare seri problemi di funzionamento. Certamente si tratta di un problema riconducibile a ragioni di natura sia politico-culturale che economico-gestionale. Le amministrazioni locali hanno un rapporto di attenzione e collaborazione con le espressioni della società civile (imprese, associazioni, ecc.), devono superare rigidità interne e perseguire convenienza economica. In determinate condizioni quindi possono valutare di procedere con l’espansione o l’avvio di nuovo servizio affidandolo all’esterno, ovvero esternalizzando la gestione di propri servizi, passando cioè dalla gestione diretta a quella indiretta, senza modificare o aumentare la recettività e la consistenza del servizio interessato. Le possibili forme contrattuali Il Comune (o comunque l’ente pubblico) può procedere tramite gara d’appalto con contratto d’appalto ex art. 1655 c.c. all’affidamento esterno di servizi, come prevede la normativa vigente. “L’appalto è il contratto con il quale una parte assume con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro”. Si tratta di un contratto tipizzato a titolo oneroso. Vi è la presenza del rischio d’impresa, ma negli appalti pubblici è limitato: dipende dall’ammontare del compenso, dall’organizzazione di risorse e mezzi e dal rapporto bilaterale fra Comune e affidatario. In altri casi il Comune può procedere tramite convenzione. Si tratta di un contratto atipico. La legge 241/1990, art. 11, prevedeva accordi pubblicistici fra enti pubblici e soggetti privati. Vi è stato uno sviluppo, dagli anni Novanta in poi, della formula contrattualistica della ‘convenzione’ con la crescita del cosiddetto terzo settore (cooperazione sociale, volontariato, altri soggetti senza fini di lucro, ecc.). In tali convenzioni il contributo, di norma, dovrebbe essere inferiore al costo totale. Vi è poi la concessione di servizi (d.lgs. 163/2006, art. 30). Si tratta di un contratto trilaterale fra concedente (Comune), concessionario (gestore servizio) e utente. Detto contratto presenta un rischio più elevato per l’impresa prestatrice del servizio. Consiste in una prestazione a favore del concessionario che ha il diritto di sfruttare economicamente il servizio (tariffe a carico dell’utenza); a questo può essere aggiunto il riconoscimento di un prezzo (integrazione alle tariffe utenti) da parte del Co- Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Osservatorio giuridico mune, quando venga imposto di praticare all’utenza tariffe inferiori al costo del servizio. Anche in questo caso il Comune o l’ente pubblico deve selezionare il contraente secondo i principi generali dei contratti pubblici: trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità in una gara informale fra almeno 5 imprese (procedura negoziata) con preventiva determinazione dei criteri di selezione dell’offerta. Tra appalti e concessioni Quali sono le principali differenze fra l’appalto e la concessione? Nella concessione – forma di partenariato pubblico-privato – è presente il rischio d’impresa gestionale, correlato al servizio. La presenza del rischio è l’elemento che più evidentemente induce all’applicazione di sistemi di affidamento più semplificati rispetto all’evidenza pubblica. Nell’appalto è assai limitato il rischio d’impresa. L’appalto presenta diverse procedure di affidamento e differenti possono essere i rapporti fra ente locale, impresa prestatrice del servizio e utenti utilizzatori finali. Il passaggio nell’appalto è il seguente: stazione appaltante – appaltatore – utenza, con l’affidamento e l’esecuzione dei servizi e/o forniture nel rispetto dei principi previsti dal Codice sugli appalti (art. 2, d.lgs. 163/2006: economicità, efficacia, tempestività, correttezza, parità di trattamento nel rispetto della libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, ecc.). Le cooperative sociali a cui i Comuni si rivolgono per convenzioni per la gestione dei servizi sociali ed educativi dell’istruzione – con possibilità di affidamento con procedure ristrette o negoziate – sono le cooperative sociali di tipo a) (1). Molteplici sono gli elementi del capitolato speciale ovvero del contenuto del contratto di servizio per gestione, per esempio di un nido (appalto/concessione, convenzione), che de- L’affidamento in appalto a cooperative sociali deve seguire rigorosi principi di correttezza e trasparenza previsti dal Codice sugli appalti 1) La normativa in materia è data dalla l. 8 novembre 1991, n. 381, “Disciplina delle cooperative sociali”. 123 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Osservatorio giuridico vono essere attentamente seguiti, così come disposto dalle norme vigenti in materia. Gestioni ‘miste’ nei servizi socio-educativi La coesistenza tra operatori di diverso status nelle gestioni miste può rivelarsi un punto ‘critico’ del servizio 124 La gestione mista può essere: -verticale, per appalto integrale di uno o più servizi accessori (produzione pasti, pulizie, manutenzione, lavanderia, ecc.) con incarichi professionali possibili per funzioni di elevata specializzazione (coordinatore pedagogico, ecc.); - ‘orizzontale, per appalto parziale del servizio educativo o ausiliario. Le cause principali per una gestione ‘mista’ possono nascere da un numero di addetti inferiore a quello necessario; a questa mancanza (congedi, ecc.) non si intende sopperire con figure dipendenti, per vincoli sul personale (limiti nelle assunzioni, rispetto del patto di stabilità interno, ecc.); la scelta è di esternalizzare il servizio, spesso con affidamento a cooperative sociali. Si possono presentare numerosi aspetti critici delle gestioni ‘miste’ orizzontali. Il primo è relativo alla funzionalità del servizio, quando si decide per la convivenza tra operatori comunali e dipendenti della ditta esterna (contratti di lavoro diversi, trattamenti retributivi diversi, riferimento a progetti pedagogici e a figure di coordinamento diverse, ecc.); un secondo elemento critico è quello della continuità del personale educativo. Occorre valutare l’effettiva convenienza economica della gestione mista, per la perdita di parte dei vantaggi economici tipici della gestione indiretta. I rischi di illegittimità possono essere nel tipo di affidamento del ‘servizio’, che deve sempre possedere le caratteristiche tipiche del contratto d’appalto (art. 1655 c.c.) nelle cosiddette richieste di prestazioni di manodopera. Chi ha la titolarità della gestione deve essere soggetto autorizzato al funzionamento e all’accreditamento, come chi riceve contributi pubblici sulla gestione. Le modalità di scelta del soggetto privato devono essere le stesse che per l’affidamento integrale del servizio. Salvaguardare standard di qualità Un criterio fondamentale da rispettare riguarda la valutazione e la promozione della qualità nei servizi socio-educativi. Occorre prevedere strumenti di monitoraggio e promozione della qualità adottabili anche nelle gestioni indirette, un chiaro sistema di autocontrollo, reso talvolta obbligatorio da norme regionali (per es., per l’accreditamento) o dal testo stesso del capitolato d’appalto. In sede di gara vanno definiti precisa- Valutare la qualità La qualità educativa può essere valutabile per mezzo di questionari di autovalutazione, indagini di customer satisfaction, certificazione di qualità Iso 14000; segnalazioni genitori utenti; carta del servizio (d.P.C.M. 27 ottobre 1994); regolamento di funzionamento del nido o scuola dell’infanzia; regolamento partecipazione dei genitori (gestione sociale); altri indicatori diretti o indiretti (es. giorni e orari apertura, ore di formazione personale, presenza del coordinatore pedagogico, ecc.). La qualità giuridico-amministrativa valutata in sede di gara prevede: -requisiti di partecipazione (soggettivi e oggettivi), di situazione giuridica, di capacità economica e finanziaria, di capacità tecnica; - valutazione aspetti offerta tecnica (personale impegnato nel servizio, organizzazione del servizio, organizzazione impresa, struttura sede del servizio, servizi accessori, materiali e mezzi impiegati, migliorie). I controlli in corso di esecuzione contratto sono di tipo amministrativo (verifiche sul personale impiegato nell’appalto, rispetto di norme di legge o regolamenti locali, rispetto degli altri obblighi di capitolato) o di tipo tecnico-qualitativo. Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 mente i criteri di ‘qualità’, i requisiti per partecipare (soggettivi e oggettivi), nonché i controlli sulle gestioni indirette assegnatarie. I servizi in gestione diretta e integrata: esperienze in atto In un prossimo intervento analizzeremo alcune forme di cosiddetta gestio- ne ‘virtuosa’ dei servizi (diretta dei servizi da parte dei Comuni o integrata con la cooperazione sociale). Presenteremo ipotesi che hanno cercato di garantire la continuità e la qualità dei servizi: laddove la politica interroga la pedagogia, può essere davvero possibile un’elaborazione culturale capace di ridefinire i paradigmi della sostenibilità dei servizi. Osservatorio giuridico Nelle gestioni indirette va salvaguardata la qualità 125 Bibliografia e normativa Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Osservatorio giuridico AA.VV., La valutazione pedagogica. Modelli, processi e strumenti. Esperienze in Emilia-Romagna, in “Quaderno n. 31” del Servizio politiche familiari, infanzia, adolescenza. Regione Emilia-Romagna, Bologna, 2013. Assessorato politiche sociali Regione Emilia-Romagna, Valutazione delle qualità e del sistema di regolazione dei servizi per la prima infanzia in E-R. Quattro tesi per una valutazione delle qualità nei servizi 0-3 anni della sperimentazione delle linee guida regionali. Modelli, processi, strumenti. Esperienze in Emilia-Romagna, Centro Stampa RER, 2013. Associacio de mestres Rosa Sensat, Per una nuova educazione pubblica, trad. it. in “Bambini in Europa”, VII, 1, 2005. G. Allulli, Dalle strategie di Lisbona a Europa 2020. Politiche Europee della formazione e delle risorse umane, Università La Sapienza, Roma, 2010. Bambini in Emilia-Romagna, in “Bambini”, marzo 2014, Spaggiari, Parma. G. Cerini (a cura di), Dentro i nuovi orientamenti, Homeless book, Faenza (RA), 2007. Consiglio d’Europa, Raccomandazioni a favore degli under 18, 11 aprile 2012. F. De Bartolomeis, Infanzia e educazione, In “Quaderni del Gruppo nazionale nidi e infanzia”, n. 5-2010. Esiste ormai un’ampia biografia italiana e internazionale che studia gli indicatori di qualità dei servizi per l’infanzia Governance e qualità del sistema integrato dei servizi per l’infanzia, in “Quaderni del Gruppo nazionale nidi e infanzia”, n. 3-2006. A. Hoyuelos, Il soggetto bambino, L’etica pedagogica di Loris Malaguzzi, Spaggiari, Parma. Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento delle politiche per la famiglia, Centro nazionale di per la documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, Monitoraggio del Piano di sviluppo dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, Istituto degli Innocenti, Firenze, 2012. E. Morin, M. Ceruti, La nostra Europa, Raffaello Cortina, 2013. P. Moss, Portare le politiche nei servizi educativi. L’educazione nella prima infanzia come pratica di democrazia, in “Quaderni del Gruppo nazionale nidi e infanzia”, n. 9-2013. Regione Marche, Osservatorio regionale politiche sociali, Dipartimento politiche sociali, I nidi e i centri per l’infanzia nelle Marche, Rilevazione sui servizi socio-educativi per la prima infanzia, anno educativo 2009-10, n. 1-2012. Regione Toscana, Istituto degli Innocenti, Centro nazionale di documentazione per l’infanzia e l’adolescenza, Progettare e realizzare servizi educativi per la prima infanzia. Orientamenti, indicazioni e regole, Istituto degli Innocenti, 2011. Regione Veneto, Guida alla realizzazione di un servizio per l’infanzia, 2008. Normativa di riferimento Leggi e disposizioni comunitarie: Direttiva comunitaria sugli appalti pubblici 2004-18, nuova direttiva servizi); Comunicazioni interpretative della Commissione europea. Nazionale R.d. n. 2440/1923, Contabilità generale dello Stato. R.d. n. 827/1924, sull’amministrazione del patrimonio e la contabilità generale dello Stato. D.P.C.M. 30 marzo 2001 sull’affidamento dei servizi alla persona (applicativo della l. 285/2000). D.lgs. 163/2006, Codice sugli appalti pubblici. Regolamento attuativo del Codice (in via di emanazione). Regionale Leggi regionali (promozione cooperazione sociale, criteri selezione offerte, ecc.). Regolamento comunale dei contratti. Regolamento dei servizi in economia. Specificità del Capitolato speciale d’appalto (o concessione). Struttura del Bando (o norme) di gara. Loredana Bondi Già docente e dirigente scolastica, docente di Metodologia didattica presso l’Università di Ferrara, direttore dell’Istituzione dei servizi educativi, scolastici e per le famiglie [email protected] 126 Standard minimi per l’orientamento nel sistema scolastico Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Dal palazzo... di Flavia Marostica Verso una nuova governance dell’orientamento Dopo un lungo, intenso e faticoso lavoro di collaborazione/mediazione tra storie e culture che in parte hanno finora viaggiato in parallelo e solo in alcuni casi si sono incontrate, la Conferenza unificata Stato, Regioni, Autonomie locali ha sancito l’Accordo sul documento concernente gli Standard minimi dei servizi e delle competenze degli operatori di orientamento (2014), teso a promuovere la qualità dei servizi: è il primo testo in Italia che affronta l’orientamento riferendosi a tutte le attività realizzabili nei diversi sistemi che se ne occupano e quindi rappresenta una tappa importante e significativa. La terza parte in particolare riguarda i criteri generali di monitoraggio e valu- Tabella 1 – I tre accordi 1.Accordo tra Governo, Regioni ed Enti locali concernente La definizione del sistema nazionale sull’orientamento permanente, Repertorio Atti n. 152/CU, 20 dicembre 2012. 2.Accordo tra Governo, Regioni ed Enti locali sul documento recante Definizione delle Linee guida del sistema nazionale sull’orientamento permanente predisposto dal Gruppo di Lavoro Interistituzionale di cui all’art. 4 dell’Accordo sulla definizione del sistema nazionale sull’orientamento permanente del 20 ottobre 2012, Repertorio Atti n. 136/CU, 5 dicembre 2013. 3.Accordo tra Governo, Regioni ed Enti locali sul documento recante Definizione di standard minimi dei servizi e delle competenze professionali degli operatori con riferimento alle funzioni e ai servizi di orientamento attualmente in essere nei diversi contesti territoriali e nei sistemi dell’Istruzione, della Formazione e del Lavoro, Repertorio Atti n. 136/CU, 13 novembre 2014. tazione dei servizi in riferimento agli standard minimi di prestazione, utilizzando “strumenti validati e standardizzati” e modelli sia quantitativi che qualitativi, con lo scopo di “avviare, sulla base dei risultati raggiunti, una eventuale ri-programmazione” e per “un innalzamento dei livelli qualitativi dell’offerta complessiva”. Quindi sarà possibile con questi dati, e anche con ascolto-osservazione e confronto-approfondimento, procedere verso successivi e progressivi miglioramenti, in riferimento anche alla previsione di revisione della normativa in materia di servizi per il lavoro. Si attende una cornice giuridica nazionale, di riordino e rafforzamento di tali servizi, di istituzione di un’Agenzia nazionale per l’occupazione e di implementazione degli strumenti per favorire l’alternanza tra scuola e lavoro da definirsi in appositi decreti legislativi, contenuti nella recente riforma del lavoro (1). Intanto, da una prima analisi del corposo testo, non si può non rilevare che ci sono già molti spunti interessanti che offrono un quadro teorico e anche indicazioni operative concrete, pur se in alcuni passaggi non si può non osservare che sarà molto utile nell’attuazione compiere un ulteriore sforzo di chiarezza. La Conferenza Unificata ha definito un accordo per la gestione integrata e il monitoraggio dei servizi a supporto dell’orientamento Il documento sugli standard minimi Nella Premessa del documento la proposta di “standard minimi delle prestazioni 1) Legge 183, 10 dicembre 2014: Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro. 127 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Dal palazzo... Gli standard sono le soglie accettabili a cui devono attenersi i soggetti pubblici e privati che erogano diverse tipologie di servizio Tabella 2 – Glossario condiviso nei diversi contesti o sistemi Orientamento Processo volto a facilitare la conoscenza di sé, del contesto formativo, occupazionale, sociale, culturale ed economico di riferimento, delle strategie messe in atto per relazionarsi ed interagire con tali realtà, al fine di favorire la maturazione e lo sviluppo delle competenze necessarie per poter definire o ridefinire autonomamente obiettivi personali e professionali aderenti al contesto, elaborare o rielaborare un progetto di vita e di sostenere le scelte relative. Funzione Un insieme di aree di attività finalizzate ad uno scopo omogeneo. In particolare, si definisce funzione orientativa (Pombeni, 2003) la finalità cui adempie un sistema o una struttura quando le sue attività concorrono allo sviluppo ed al sostegno della progettualità degli individui con riferimento al proprio percorso scolastico, formativo, socio-professionale. Le cinque funzioni declinate nelle Linee Guida sono attivabili da istituzioni, enti, strutture attraverso interventi e dispositivi di volta in volta maggiormente rispondenti ai bisogni delle persone. Standard La soglia accettabile della prestazione a cui si uniforma il soggetto produttore o erogatore, sia pubblico che privato accreditato. Gli standard delle prestazioni dei servizi di orientamento, possono riguardare dimensioni diverse in riferimento al tipo di azione orientativa, alle modalità di erogazione dell’intervento di orientamento, alle competenze minime indispensabili a chi eroga il servizio. Servizio Un insieme di macro-aree di attività come classificate dai sistemi regionali e nelle quali si articola la funzione generale di orientamento per ciò che attiene all’erogazione degli interventi. Esse si differenziano secondo le azioni erogate. Azione Uno specifico tipo di intervento (...) rivolto ad individui, gruppi o specifici target. Le azioni orientative si differenziano secondo i diversi contesti nei quali hanno luogo (es. scuola, università, centri per l’impiego) e le diverse funzioni orientative generali. Azioni dedicate Una pluralità di interventi mirati, di supporto alla persona e da non confondersi con finalità di altra natura (apprendimento, recupero sociale, ecc.) che possono costituire la mission prioritaria dei singoli sistemi. Monitoraggio Raccolta di dati per una costante verifica circa lo stato di realizzazione degli interventi e di alcuni effetti da essi provocati. Per ottenere informazioni di buona qualità è necessaria una definizione precisa delle variabili da rilevare. Valutazione Giudizio su un intervento (o un insieme di interventi), riferito o riferibile ad uno o più soggetti (decisori o attuatori) e con propri obiettivi espliciti o comunque individuabili da un osservatore esterno (...) strumento analitico per la programmazione, l’eventuale riprogrammazione. Efficienza Impiego ottimale delle risorse disponibili (non solo finanziarie, ma anche risorse di tempo, umane e di professionalità) per il conseguimento degli obiettivi prefissati. Efficacia Grado di conseguimento delle finalità dell’intervento, alla luce degli obiettivi e dei bisogni che lo avevano determinato. Essa (...) si distingue in due categorie che corrispondono ai diversi punti di vista, quello interno della struttura e quello esterno dei destinatari degli interventi. Citazioni dal Documento concernente gli Standard minimi dei servizi e delle competenze degli operatori di orientamento del 13 novembre 2014 di orientamento erogate da strutture pubbliche e private e delle competenze professionali degli operatori” è riferita ai due accordi precedenti (tabella 1) che attua (2) ed è accompagnata dall’encomiabile 2)F. Marostica, Tre risorse per l’orientamento, 128 in “Rivista dell’istruzione”, n. 3-2014. sforzo di fissare un glossario concettuale comune (tabella 2); sono quindi riprese in sintesi le funzioni attraverso cui si realizzano le attività di orientamento con la precisazione che “tutte e cinque le funzioni rientrano nella responsabilità di ogni soggetto/istituzione competente”, anche se “è possibile (…) che in alcuni servizi Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 siano erogate solo alcune funzioni e, quindi, siano presenti solo alcune figure professionali”. La prima parte tratta I contesti dell’orientamento delineandone le caratteristiche salienti: scuola, istruzione terziaria (università, formazione artistica e musicale, ITS), formazione professionale, servizi per il lavoro, servizi per l’inclusione sociale. Essi sono molti e con la caratteristica di ‘differenziarsi’ ma anche di ‘completarsi’, tanto da rendere indispensabile la pratica effettiva delle reti come “modello d’intervento che si basi sulla regolarizzazione dell’attuale frammentarietà di azioni pratiche e professionisti… al fine di favorire la valorizzazione e diffusione delle competenze e le risorse attive sul territorio”. Tutte le azioni di orientamento, si precisa infatti, tendono alla costruzione e allo sviluppo di specifiche competenze che rendono le persone capaci di affrontare e assolvere positivamente tutti i compiti orientativi e di orientarsi: prima le “competenze orientative… propedeutiche” o di base che danno un “atteggiamento e uno stile di comportamento proattivo rispetto alla gestione della propria storia personale” e “i prerequisiti minimi per affrontare positivamente snodi complessi del processo di orientamento”; poi da un lato le “competenze di auto-monitoraggio” che danno “consapevolezza critica” e “capacità di tenere sotto controllo lo svolgersi delle esperienze in atto (il percorso formativo, la ricerca del lavoro, l’attività professionale)” e da un altro lato le “competenze orientative di sviluppo della propria storia formativa e lavorativa “che danno “capacità di affrontare gli eventi decisionali attraverso una progettazione di sé nel tempo” e “di darsi degli obiettivi di crescita (personale e/o professionale), di investire delle energie per il raggiungimento di un obiettivo, di costruire dei progetti individuali assumendosi responsabilità e rischi connessi alla loro realizzazione” (3). Queste affermazioni assunte come punto di riferimento di tutte le azioni valorizzano l’elaborazione avviata in Italia a partire dal 2000 (4) e sono organiche alle elaborazioni fatte a livello europeo ove si parla di “capacità di orientamento (Career Management Skills) (5) ovvero di “competenze che offrono ai singoli e ai gruppi delle modalità strutturate per raccogliere, analizzare, sintetizzare e organizzare informazioni su se stessi, sull’istruzione e sul lavoro, nonché le capacità di prendere e attuare le decisioni e le transizioni” che “definiscono i risultati perseguiti” dai programmi di orientamento in tutti i sistemi, quindi si riferiscono a tutti i tipi di competenze orientative e a tutte le attività. La seconda parte, la più corposa, tratta in modo dettagliato Le funzioni dell’orientamento precisando per ciascuna finalità, prestazioni erogate, obiettivi, destinatari, modalità di accesso, aree di attività (Ada) e attività specifiche, tipologia di strumenti, risultati per il beneficiario, standard di prestazione e scheda sintetica degli standard minimi, con qualche piccola variante per quella educativa e per quella di sistema. In questo breve articolo non è possibile valorizzare tutta la ricchezza del Documento e l’attenzione è centrata sinteticamente solo sul sistema scolastico, pur con la chiara consapevolezza che, stando al senso profondo del testo, è ineludibile ragionare in ottica di Dal palazzo... Nel documento quadro si tratta dei contesti dell’orientamento, delle competenze orientative, delle funzioni e delle aree di attività di orientamento. Differenziare le azioni e specificare le professionalità, in A. Grimaldi (a cura di), Profili professionali per l’orientamento: la proposta ISFOL, FrancoAngeli, Milano, 2003. 4)M.L. Pombeni e D. Guglielmi, Competenze orientative: costrutti e misure, in “Giornale Italiano di Psicologia dell’Orientamento”, n. 3-2000. 5) ELGPN Rete europea per le politiche di orientamento permanente, Tools No. 1, Sviluppo di una politica di orientamento 3) Il documento riporta integralmente quanto scritto in M.L. Pombeni in Contesti e azioni permanente: il Resource Kit europeo, ed. inglese 2012, ed. it. 2014. 129 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Dal palazzo... A scuola con la didattica orientativa, si promuovono competenze orientative di base: abilità cognitive, meta-cognitive e meta-emozionali 130 rete, con importanti riferimenti concreti agli altri contesti. Ma è indispensabile predisporre anche un approfondimento coerente con quanto finora fatto a livello di esperienza, elaborazione, regolazione in questo contesto, a partire dalle Linee guida Miur 2014. Il contesto scuola La scuola è l’unico sistema in cui tutti i giovani dai 3 ai 19 anni passano come minimo 10 anni (ma quasi tutti 13, molti 16) per circa 1.000 ore l’anno: i bisogni orientativi sono quindi molto variegati e chiedono una pluralità di risposte processuali che, per essere coerenti tra loro ma anche adattabili a persone diverse, debbono tutte essere comprese in un apposito Piano di orientamento da inserire nel Piano dell’offerta formativa e da svolgere “in collaborazione con la rete dei soggetti e servizi territoriali, coinvolgendo, all’occorrenza, esperti con competenze professionali specifiche”. Dal 2000 ad oggi è proseguita in Italia la ricerca, che ha prodotto esperienze e scritti di approfondimento e anche di adattamento al mutare della realtà e delle situazioni: in essi è stato riconosciuto che la scuola per sostenere il processo di auto-orientamento dei giovani ha bisogno di calibrare le attività per fasce d’età e di attribuire diverso ruolo e di- verse competenze agli operatori per le diverse azioni che nella continuità debbono mirare a “preparare lo studente a gestire il proprio processo di auto-orientamento” dotandolo di “alcuni prerequisiti orientativi”, ad “accompagnare lo studente” nei “momenti diversi del percorso”, a “sostenere i processi decisionali” con l’informazione orientativa e la consulenza specialistica (6). Per usare il linguaggio europeo, la scuola dovrebbe dunque far acquisire ai giovani tutte le capacità di orientamento, o da sola o con altri. Le funzioni e le azioni dell’orientamento a scuola e per la scuola 1 - Funzione educativa Comprende attività tese alla “maturazione di un atteggiamento e di un comportamento proattivi per lo sviluppo delle capacità di gestione autonoma e consapevole del proprio processo di orientamento”. Per tutti la via principale è la didattica orientativa-orientante, od orientamento formativo, che consente di acquisire o potenziare le competenze orienta6)M.L. Pombeni, Intervento al Convegno Tavolo per l’orientamento, Assessorato all’Istruzione della Provincia di Trento, Tione (Tn), 20 ottobre 2007. Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 tive di base generali trasversali propedeutiche nei curricoli disciplinari basati sulle Indicazioni nazionali: “Ciascuna scuola può individuare in questi testi (sia nella parti che riguardano le singole discipline sia nelle parti generali in cui si parla di orientamento) tutte le risorse che possono garantire la costruzione di competenze orientative di base, può selezionare alcune rilevanze e può apportare le integrazioni necessarie, dichiarando esplicitamente, per iscritto, nei curricoli di scuola le conoscenze, le abilità, le competenze che verranno perseguite intenzionalmente, utili alla costruzione di competenze orientative di base”; tra queste i saperi minimi, la cultura del lavoro, le abilità comunicative, cognitive di tipo logico e metodologico, meta-cognitive e meta-emozionali (7). È compito di tutti i docenti di tutte le discipline nelle loro normali attività di insegnamento. Sempre per tutti sono da prevedere attività sia di monitoraggio in itinere del percorso di studi e delle conoscenze/ competenze possedute sia di riflessione sulla progettualità praticata di modo da poterla migliorare. Sono poi possibili altre azioni dedicate a sostegno dei giovani e della loro autonomia, sia nella continuità del processo sia nei momenti di transizione, rivolte a tutti o ad alcuni in base a bisogni od opportunità: esperienze di lavoro che hanno una valenza oltre che educativa anche orientativa, attività di prevenzione e recupero dell’insuccesso formativo per intervenire sulle eventuali criticità, attività di educazione alla scelta, ecc., che possono essere svolte dai docenti oppure da esperti esterni. 2 - Funzione informativa Trasversale a tutti i sistemi, sostiene il reperimento, l’interpretazione e l’acquisizione di “conoscenze utili al raggiungimento di un obiettivo orientativo specifico”. 7)M. Castoldi, Progettare per competenze. Percorsi e strumenti, Carocci, Roma, 2011. Nella scuola l’informazione serve “ai giovani per conoscere/capire come è e come funziona il mondo in cui vivono”, anche se occorre individuare “i fondamenti costitutivi del progetto professionale il cui processo non può essere ridotto ad un semplice problema di rielaborazione di informazioni ma necessita di ancoraggi valoriali più profondi” perché “il significato e l’efficacia della ricerca di informazioni strumentali alla definizione del progetto formativo e lavorativo cresce quando va a toccare il livello di valorizzazione della sfera personale e sociale cioè quando il soggetto si attiva per un obiettivo specifico”. Per tutti (gruppi e classi) si realizza in moduli di “accoglienza nel contesto scolastico all’inizio di ciascun ciclo (e segmento di ciclo) per far conoscere il nuovo ambiente e le sue risorse materiali umane e per facilitare l’ingresso nel contesto” dando “informazioni sulle regole e le prassi, i servizi, le opportunità, il Pof” e raccogliendo “bisogni e richieste di aiuto”. Sono possibili poi altre azioni di gruppo come visite “ad alcuni contesti significativi (luoghi di produzione, di scambio, di fruizione, ecc.), previa valorizzazione delle esperienze pregresse” e interviste con testimoni significativi, incontri sul mondo del lavoro e delle professioni, sui percorsi formativi, sul sistema dei servizi per il lavoro presenti nel territorio rivolte a gruppi o individuali come colloqui di consulenza breve per erogare informazioni a supporto della scelta. Tutte attività che possono essere svolte dai docenti oppure da esperti esterni. 3 - Funzione di accompagnamento È “un’attività di sostegno allo sviluppo da parte della persona di competenze e capacità di decisione e/o di controllo attivo sull’esperienza formativa e lavorativa in essere al fine di prevenire i rischi dell’insuccesso”, favorendo una riflessione critica sulle esperienze passate e in atto (monitoraggio) e una pianificazione rivolta al futuro, soprattutto Dal palazzo... L’informazione fonda ogni progetto formativo e lavorativo, ma richiede poi azioni di accompagnamento, in itinere, in ingresso, nelle transizioni 131 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Dal palazzo... Le funzioni di consulenza possono sostenere la progettualità personale, mentre la governance implica un’integrazione di rete nei momenti di transizione (sviluppo). Nella scuola, che si differenzia dagli altri sistemi per la lunga permanenza dei giovani, l’accompagnamento ha caratteristiche peculiari e comprende diverse tipologie di azione: in ingresso per rilevare e sostenere fragilità e bisogni individuali; in itinere per “formare alla scelta e alla maturazione delle capacità decisionali attraverso azioni volte a rendere il soggetto consapevole e in grado di controllare il proprio percorso scolastico”; in uscita per “sostenere i giovani nella decisione al momento della fuoriuscita dal percorso scolastico”; nelle transizioni per “sostenere le persone nella gestione dei cambiamenti di percorso”. “Le attività di accompagnamento servono a costruire/potenziare le competenze di monitoraggio e di sviluppo e si realizzano in esperienze non curricolari/disciplinari… aiutano i giovani a utilizzare/valorizzare quanto appreso a scuola per costruire progressivamente la propria esperienza di vita e per operare le scelte necessarie», abituano “i ragazzi a fare il punto su se stessi, sugli sbocchi professionali, sui percorsi formativi successivi, sul mercato del lavoro, a trovare una mediazione sostenibile tra tutte queste variabili e a individuare un progetto concreto/fattibile per realizzarle. … Si tratta di attività che possono riguardare l’intera classe (orientamento di gruppo), piccoli gruppi (orientamento di piccolo gruppo in risposta a bisogni orientativi specifici), singole persone (consulenza breve individuale e/o con i genitori)” (Miur, Linee 2014). Possono configurarsi talora come consulenza di gruppo (8), o nei casi problematici come tutorato (9). Per svolgere queste azioni occorrono nel- la scuola “figure di riferimento e di sostegno/facilitazione/mediazione… in parte possono essere svolte dai docenti e in parte da operatori specializzati” dei servizi per il lavoro per i casi più difficili. 4 - Funzione di consulenza orientativa Comprende “attività di sostegno alla progettualità personale nei momenti concreti di snodo della storia formativa e lavorativa” per rendere le persone “maggiormente in grado di attivare autonomi e consapevoli processi di decisione” e si realizza attraverso la consulenza orientativa, il bilancio di competenze e anche la relazione di aiuto. Richiede professionalità dotate di preparazione/competenze dedicate che operano in altri sistemi come i Servizi per il lavoro, tenuti anche a svolgere i colloqui previsti dal decreto legislativo 181/2000 come modificato dal 297/2002. 5 - Funzione di sistema Riguarda la governance multilivello e coinvolge tutti i sistemi per farli dialogare raccordando il livello politico-istituzionale e quello tecnico-operativo. Le “Regioni in qualità di istituzioni responsabili delle governance territoriali si impegnano a supportare i diversi soggetti attraverso… assistenza tecnica, formazione orientatori, promozione della qualità e ricerca e sviluppo” che si concretizzano in analisi di politiche e servizi, promozione e sviluppo di reti territoriali, progettazione di interventi entro piani di attività, coordinamento di strutture dedicate, ricerca e sviluppo di dispositivi innovativi, cura del monitoraggio e della valutazione degli interventi. 8)M.L. Pombeni e R. Chiesa, Il gruppo nel processo di orientamento: teorie e pratiche, Carocci, Roma, 2009. 9) Vai al Top; Progetto RiTMO, Regione FriuliVenezia Giulia, 2006; Tutorato orientativo, Progetto Transizione Didattica Tutorato 132 Orientamento, Provincia di Modena, 2008. Flavia Marostica Già ricercatrice IRRSAE-IRRE Emilia-Romagna, esperta di orientamento e di didattica della storia http://www.orientamentoirreer.it/ Io amo i beni culturali di Valentina Galloni Un impegno che si amplia e che si rinnova Il concorso di idee “Io amo i Beni Culturali” è nato nel 2011 su iniziativa dell’IBC - Istituto per i beni culturali e dell’Assessorato scuola, formazione professionale, università e ricerca, lavoro della Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale per l’Emilia-Romagna, “Genus Bononiae - Musei nella città” e il MOdE - Museo officina dell’educazione del Dipartimento di scienze dell’educazione dell’Università di Bologna e con il patrocinio dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna (1). Obiettivo del concorso è avvicinare i giovani al patrimonio culturale e alle istituzioni che lo conservano, favorendo la loro partecipazione attiva e creativa e sostenendo la crescita di cittadini autonomi e consapevoli. I musei e gli archivi della regione vengono invitati, ogni anno, a unirsi in partenariato con le scuole secondarie per presentare un progetto che, nell’anno scolastico successivo, valorizzi il museo o l’archivio prescelto, o un bene culturale presente sul territorio. I ragazzi, insieme agli insegnanti e ai funzionari delle istituzioni coinvolte, sono coloro che lavorano in prima persona per realizzare nuove forme di comunicazione e di valorizzazione, sviluppando competenze personali, sociali e civiche. Scuole e musei in dialogo Sono moltissimi, tra i 60 e gli 80, i progetti che ogni anno si presentano al concorso e, per selezionarne circa una quindicina a edizione, si adottano criteri come l’originalità e l’innovazione, la partecipazione attiva degli studenti e la capacità di coinvolgere la comunità territoriale. Ogni progetto vincitore viene sostenuto sia finanziariamente che in 1) 1. Per ripercorrere la storia del concorso e i prodotti realizzati: www.ibc.regione. emilia-romagna.it e www.ibcmultimedia.it. termini di formazione, documentazione e diffusione. Il concorso, nelle sue diverse edizioni, è arrivato a coinvolgere migliaia di studenti che hanno lavorato con centinaia di istituzioni culturali, enti e associazioni, capillarmente diffusi in tutta la regione. Nel corso degli anni i ragazzi hanno realizzato prodotti estremamente originali e innovativi: giochi da tavolo, ebook, audioguide, video, mappe interattive ed emotive, bassorilievi, oggetti di design, xilografie, percorsi didattici, siti web, progetti di promozione turistica, ricostruzioni virtuali, cataloghi ed esposizioni, di cui hanno curato tutte le fasi. I musei, gli archivi, le chiese, i beni culturali e il paesaggio sono diventati così altrettanti luoghi ideali per l’apprendimento informale, nei quali i ragazzi non solo hanno acquisito conoscenze disciplinari ma hanno anche sviluppato competenze personali, sociali e civiche, quelle competenze chiave trasversali per l’apprendimento permanente che l’Unione europea ritiene indispensabili per lo sviluppo di ogni individuo: imparare a imparare, competenze sociali e civiche, spirito di iniziativa e imprenditorialità, consapevolezza ed espressione culturale. La sfida è quella di non vedere più il patrimonio culturale come un obiettivo fine a se stesso ma come un veicolo per l’apprendimento e lo sviluppo personale. La forte sinergia tra operatori culturali e insegnanti che viene richiesta per partecipare all’iniziativa occorre appunto per questo. Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Immagini In Emilia-Romagna ogni anno sono valorizzate esperienze didattiche per avvicinare i giovani ai beni culturali ‘Vivere’ il patrimonio culturale Le scuole, con i loro dirigenti e gli insegnanti, aderiscono con entusiasmo, mettendo a disposizione risorse e tempo preziosi, per offrire ai loro studenti una didattica innovativa al di fuori dell’aula scolastica. Il costante confronto tra insegnanti e operatori culturali offre loro occasioni di aggiornamento reciproco, che attraverso un’attenta opera di documentazione diventano a 133 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Immagini Si sviluppano forme di comunicazione innovativa I numeri del concorso Fino a ora sono state completate tre edizioni, più un’edizione speciale rivolta ai comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, per un totale di 56 progetti realizzati. Il volume da cui sono tratte le immagini pubblicate in questo numero di Rivista dell’istruzione presenta i risultati della III edizione. Si tratta dell’edizione più cospicua della storia del concorso, che ha visto premiati 20 progetti: 11 per la sezione musei, 6 per la sezione archivi e 3 inseriti nelle sezioni speciali realizzate grazie all’apporto del progetto europeo “CEC - Cradles of European Culture” (che aveva tra gli obiettivi prioritari quello di coinvolgere le giovani generazioni sui temi delle origini dell’idea di Europa) e di “Genus Bononiae - Musei nella città” (che ha premiato un progetto volto alla valorizzazione del suo percorso). Più di 2.500 ragazzi e ragazze di 95 classi, o gruppi misti di classi, provenienti da 30 istituti scolastici, hanno lavorato con circa 60 enti pubblici e privati, tra musei, archivi, aziende, associazioni, soprintendenze, università e accademie di belle arti. 134 loro volta strumenti di formazione per altri insegnanti e operatori. I musei e gli archivi, attraverso i punti di vista inconsueti forniti dai più giovani, sviluppano forme di comunicazione innovativa che permettono di coinvolgere un tipo di pubblico notoriamente restio a frequentare queste istituzioni. Per gli studenti è un’occasione altrettanto importante: per conoscere il patrimonio culturale della propria regione e, soprattutto, per svolgere un ruolo attivo nella sua valorizzazione. Il comune denominatore che unisce questi progetti è infatti il concetto di “partecipazione alla vita culturale”, proprio come viene intesa dalla Raccomandazione UNESCO del 1976. Al termine di ogni edizione, i progetti sono documentati con video e pubblicazioni che poi vengono diffusi attraverso momenti pubblici in cui i ragazzi sono i veri protagonisti, e attraverso tutti i canali di comunicazione possibili. Una documentazione innovativa Gli studenti, veri protagonisti di un rinnovato rapporto con i beni culturali del loro territorio, in questa edizione hanno realizzato portali web, video, film animati, ricerche approfondite e schede, scavi archeologici, kit didattici per rendere replicabili le esperienze, videointerviste, spettacoli teatrali, mappe, itinerari sensoriali, depliant informativi, percorsi didattici, giochi, carte narrative e racconti, ebook, flash-mob, trasmissioni radiofoniche, ricettari, cartoline, segnalibri ed ex libris, cataloghi ed esposizioni, anche dedicate a persone con disabilità, curandone persino la campagna promozionale. Si tratta di prodotti di altissima qualità e originalità. Ma ciò che appare davvero straordinaria e innovativa è l’esperienza educativa che ragazzi e ragazze hanno vissuto realizzandoli e contribuendo in maniera significativa alla valorizzazione del loro territorio. La documentazione, oltre a soffermarsi sul lavoro svolto, ha lo scopo di crea- re un momento di riflessione sulle dinamiche, sulle azioni e sulle strategie messe in atto dai vari soggetti durante i processi di realizzazione, e di fornire un utile strumento a coloro che si accingono a sviluppare i progetti vincitori delle prossime edizioni (2). È importante, a questo scopo, la collaborazione con il MOdE - Museo officina dell’educazione dell’Università di Bologna, al cui interno è stata creata una sezione specifica, dedicata alla documentazione di questi progetti (3). Il valore dei progetti Dalla lettura dei progetti emergono molti elementi che ricorrono spesso nelle varie edizioni ma che tuttavia meritano di essere evidenziati: • l’eterogeneità delle scuole partecipanti (istituti comprensivi, licei classici, scientifici e artistici, istituti tecnici e professionali) e la loro dislocazione in territori molto differenti tra loro (dalla città al borgo, dalla riviera all’Appennino); • la varietà dei prodotti realizzati e dei temi trattati: dal patrimonio culturale in senso più stretto, ai grandi temi e personaggi storici, all’attualità nazionale e internazionale, all’urbanistica e al consumo del suolo, alle vocazioni del territorio, fino alle ri2) 6. L’elenco dei progetti vincitori della IV edizione è disponibile sul sito web dell’IBC: www.ibc.regione.emilia-romagna.it. 3) Per approfondire: www.mode.unibo.it. Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Immagini • • • • flessioni su temi sociali come la libertà o la disabilità psichica e fisica e la riduzione degli ostacoli per accedere al patrimonio culturale; la varietà dei luoghi e delle attività svolte: musei, archivi, laboratori tea trali, radiofonici, cinematografici e di animazione, chiese, palazzi e paesaggi; la straordinaria quantità di risorse utilizzate: computer, cellulari, video camere, QRcode, social network, fonti documentarie scritte e orali, piani urbanistici, dati anagrafici e demografici; le differenti modalità di lavoro: a scuola, fuori da scuola, in gruppo, tutti insieme, a distanza, con l’uso delle tecnologie, e mediante il confronto diretto (come di consueto vengono sottolineati gli indubbi vantaggi del lavorare in gruppo, che spesso fa nascere importanti amicizie e consolida il senso di appartenenza alla stessa scuola, rafforzando le competenze di ciascuno); l’inclusione sociale e l’accessibilità al patrimonio: oltre a progetti che si rivolgono a persone con disabilità sviluppando prodotti che rendano • • • • più accessibile il patrimonio culturale, viene evidenziata da tanti la valorizzazione di alunni e alunne che, se di solito non sono particolarmente gratificati dai risultati scolastici, in questo tipo di attività mostrano notevoli capacità di cooperazione, abilità strumentali, spirito di iniziativa e autonomia; l’intergenerazionalità: molte iniziative creano una rete di soggetti di età differente, sia tra alunni di classi e scuole diverse, sia con gli anziani che portano un contributo attraverso le loro memorie; l’interculturalità: spesso ragazzi provenienti da altri Paesi hanno la possibilità di affrontare gli argomenti trattati apportando un punto di vista diverso; la multidisciplinarità: ogni progetto coinvolge materie estremamente diverse (superando obsolete barriere disciplinari), porta a fare accostamenti inconsueti e a utilizzare materiali e tecniche inusuali; la partecipazione e il coinvolgimento dell’intera comunità agli eventi, soprattutto nei piccoli paesi, dove il senso di appartenenza sembra essere Sono molti i valori dell’esperienza artistica: pluralità di forme, di luoghi, di culture, di discipline... 135 Rivista dell’istruzione 1-2 - 2015 Immagini L’esperienza si arricchisce di nuovi apporti, di collaborazioni, rapporti con il territorio, progetti innovativi 136 Le iniziative continueranno anche nella IV edizione, arricchita anche dall’apporto dell’Assessorato all’agricoltura della Regione Emilia-Romagna per la componente agroalimentare dei progetti, anche in vista di “Expo 2015”: una conferma ulteriore del fatto che “Io amo i Beni Culturali” si va via via arricchendo di nuovi contenuti e di collaborazioni. La soddisfazione da parte di chi organizza il concorso e i singoli progetti è talmente forte da compensare il notevole impegno richiesto. Di questo impegno dobbiamo ringraziare in modo particolare tutti gli attori coinvolti: i nostri partner, i referenti delle istituzioni culturali, i dirigenti scolastici, gli insegnanti e i ragazzi e le ragazze per l’entusiasmo, la passione e il coinvolgimento emotivo con cui continuano a dare linfa vitale a questa esperienza. più forte. In ogni progetto vengono segnalati interlocutori pronti a mettere a disposizione con generosità il proprio tempo, le proprie competenze e conoscenze e i loro materiali. Nuove prospettive Tra gli elementi di novità che si stanno accentuando edizione dopo edizione si segnalano: • il carattere di start-up di queste iniziative: il coinvolgimento di tantissimi enti continua successivamente e spesso sfocia in altri progetti, al di là di “Io amo i Beni Culturali”; • la collaborazione tra musei, biblioteche e archivi: questi enti si stringono intorno a un medesimo progetto per arricchirlo di inediti aspetti culturali, superando i singoli ambiti disciplinari; • la componente sovracomunale dei progetti: in questa edizione molte iniziative hanno coinvolto territori di comuni diversi e in alcuni casi sono stati progetti pilota per nuove unioni di comuni, come nel caso della Valsamoggia o della Valmarecchia; • la partecipazione dei rappresentanti delle istituzioni, come sindaci e assessori, che spesso hanno investito personalmente i ragazzi partecipanti del loro ruolo strategico nella cura e nella valorizzazione del patrimonio culturale; • il rapporto con il territorio e il paesaggio culturale: musei e archivi di- mostrano una propensione sempre più forte ad aprirsi a quanto esiste al di fuori delle proprie mura, a operare sul patrimonio a cielo aperto, sul territorio, sul contesto che li circonda. Questo rapporto con il territorio, particolarmente caro all’IBC, che fin dalle sue origini lo ha ritenuto imprescindibile da qualsiasi politica dei beni culturali, ha indotto il nostro Istituto a collaborare con l’ICOM - International Council of Museums, che ha scelto il tema “Musei e paesaggi culturali” per la conferenza internazionale in programma a Milano nel 2016. Molti di questi progetti sono entrati così a far parte del censimento di casi di studio su questo argomento (4) e ai ragazzi coinvolti è stato proposto di partecipare all’iniziativa “Lo Scatto Culturale: musei e paesaggi visti dai ragazzi” promossa dal MOdE. 4) Per approfondire: www.icom-italia.org. www.ibc.regione.emilia-romagna.it Valentina Galloni Coordinatrice del Concorso “Io amo i Beni Culturali” [email protected]