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carlo carretto - Azione Cattolica Italiana
CARLO CARRETTO Piacere di conoscerlo… 1910, 2 aprile. - Carlo è terzo di sei figli di una famiglia di contadini di Alessandria. Durante l’infanzia, la famiglia si trasferisce nella periferia di Torino, dove Carlo frequenta un oratorio salesiano la cui impronta formativa si farà sentire in tutta la famiglia. Saranno in 4 i fratelli Carretto a farsi in seguito religiosi: due suore, un prete salesiano, poi vescovo in terra di missione… e Carlo. Intanto, a diciotto anni, Carlo sceglie la professione di educatore ed inizia la sua esperienza di maestro elementare in provincia di Vercelli. 1928-1943, maestro. - A Torino Carlo conosce anche l’AC, su invito della figura carismatica del suo presidente diocesano, il medico genetista Luigi Gedda, che affascina il giovane maestro e lo pone al suo fianco, portandolo con sé anche a Roma, dopo che in seguito Gedda, nel 1934, verrà chiamato alla presidenza nazionale della GIAC, l’allora “settore giovani” dell’AC. Per adesso Carlo prosegue gli studi, conseguendo la laurea in storia e filosofia e continuando ad insegnare alle elementari anche a Torino. Nel 1940 vince il concorso per direttore didattico e viene destinato a Bono, vicino Sassari, per il suo primo servizio. Ma sono gli anni del regime fascista: metodi e contenuti dell’operato educativo di Carlo non vengono apprezzati ed il direttore si ritrova dispensato dall’incarico e inviato al confino a Isili, in provincia di Cagliari, e poi rispedito in Piemonte dove gli è consentito di riprendere il suo lavoro di direttore in una scuola elementare in provincia di Torino. 1943-1946, dirigente di AC. Con l’armistizio dell’8 settembre, Torino passa sotto il controllo dei repubblichini di Salò, i quali, non ricevendo da Carlo l’adesione al regime della repubblica, lo radiano dall'albo dei direttori didattici e lo tengono sotto sorveglianza. Intanto Carlo riceve da Gedda a Roma l’incarico di coordinare l’Azione Cattolica dell’Alta Italia, responsabilità che onorerà fino alla fine della guerra quando, nel 1945, Papa Pio XII e di nuovo Gedda lo inviteranno a collaborare alla creazione dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici (AIMC). L’organizzatore fa di nuovo centro, e più tardi Gedda, lasciando la presidenza della Gioventù Italiana di Azione Cattolica (GIAC) per passare a presiedere l’Unione Uomini di AC (il “settore adulti” maschile), caldeggia la candidatura di Carretto a suo successore. È il 1946: Pio XII nomina presidente centrale della GIAC Carlo Carretto. Presidente generale dell’AC è Vittorino Veronese. 1946-52, la GIAC di Carretto – Sono gli anni della ricostruzione postbellica e postfascista del paese e sono anche gli anni dello scontro tra cattolici e comunisti. Anche l’Azione Cattolica contribuisce alla ricostruzione, preoccupandosi di collaborare al progetto nutrito da Pio XII di ricostituzione delle basi cristiane della società. La forza del numero sembra essere non solo un simbolo, ma anche un contenuto: è considerata il successo dell’azione di apostolato. Sono quindi gli anni dell’attivismo militante. In occasione dell'80' anniversario della fondazione della GIAC, il ramo maschile giovanile e più antico dell’Azione Cattolica, Carretto è organizzatore del celebre ed imponente raduno dei “baschi verdi”, i giovani di AC: è il settembre 1948 e in piazza S. Pietro sono in 300.000. Intanto, nel clima di internazionalismo seguito alla pace mondiale, collabora alla fondazione del Bureau International de la Jeunesse Catholique, di cui diviene vice presidente. Carretto è la guida delle folle, l’ispiratore di tanti giovani. Ma la sua posizione, come pure quella dei suoi collaboratori alla GIAC, è sempre più divergente rispetto a quella seguita da Gedda. I dirigenti della GIAC sostengono l’esigenza di distinguere l’azione pastorale da quella politica, invitando dalle pagine dei loro giornali ad una scelta associativa più “religiosa”. C’è dietro un’idea di Chiesa che rilancia il primato dello spirituale sul “cattolicesimo di parata, di facciata”, che alla forza del numero oppone la solida formazione individuale. È in questi anni che la GIAC sceglie di affiancare alle specializzazioni verticali (per archi d’età), quelle “orizzontali”, ovvero per ambienti di vita: gli “uffici” studenti, operai, rurali diventano così movimenti articolati, come Gioventù Studentesca (poi MSAC), 1 Gioventù Operaia, ecc. Carlo vorrebbe una Chiesa aperta al contributo laicale e in questo anticipa molti temi del Concilio Vaticano II. Nel 1949 viene fortemente criticato per la pubblicazione di Famiglia piccola Chiesa, un testo per fidanzati cattolici, in cui invita a cogliere il dono sacramentale dell’amore, come emerge nel passaggio in cui immagina un “inginocchiatoio a due posti” nella camera da letto degli sposi; il libro suscita forti critiche e scandalo, anche per il linguaggio non convenzionale. Il contrasto quindi non solo politico anche in seno all’Azione Cattolica si acuisce intorno al 1952, l’anno in cui Gedda diventa presidente generale dell’AC al posto di Veronese, e spinge per impegnare l’associazione nelle elezioni amministrative di Roma a sostegno di una lista civica che comprende anche le forze di desta. L’operazione non va in porto anche per l’opposizione dei rami dell’AC. Nel settembre 1952 Carretto è indotto a rassegnare le dimissioni da presidente della GIAC. A succedergli viene chiamato Mario Rossi, che subirà una sorte affine, se non più drammatica, più tardi, nel 1954, in quanto coinvolge anche le associazioni diocesane. 1952-1964, il Sahara. – Anche prima di lasciare la GIAC, Carlo aveva iniziato un periodo di laboriosa e sofferta ricerca, per arrivare au coeur des masses, come recita un libro che lo colpisce molto, scritto dal René Voillaume, fondatore dei piccoli fratelli di Gesù, la congregazione religiosa sorta nel 1933 sulle orme di Charles de Foucauld, l’eremita morto tra i tuareg, nel deserto del Sahara, nel 1917. Carretto partiva da un’esigenza spirituale che non sentiva trovare risposte adeguate nella vita associativa. “I cattolici hanno compiuto molta strada, ma oggi la loro macchina associativa gira a vuoto, o minaccia di girare a vuoto; e voi lo sentite. Lo sentono tutti. Perché? Perché non è più questione di formule, o di tecnica organizzativa. C’è una sola considerazione da fare: bisogna riprendersi sul piano interiore, cioè capire questo segreto fondamentale che è il segno della Croce, del disinteresse, della povertà, della misericordiosa azione di Dio, per cui le conquiste si fanno non con i piani strategici, ma soprattutto con la adesione volontaria alla passione di Cristo”. Non si tratta di fuggire dal mondo, ma di non correre il rischio di perderne il senso. Un deserto non di sabbia sta chiamando, un deserto abitato, quello delle periferie e del mondo operaio, dove la presenza della Chiesa è fragile davanti alle intense sofferenze degli uomini. L’approccio della congregazione dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle cerca l’incontro con questo mondo, ma partendo sempre dalla dimensione contemplativa del deserto. Non erano religiosi fuori dal mondo, ma il tempo con cui vivevano la cronaca che li interessava non era quello della politica. Questa risposta alle domande di Carlo lo convince. Lasciata la GIAC, l’8 dicembre 1954 Carlo parte per l’Algeria, proprio la terra nella quale più tardi si scatenerà la sanguinosa guerra d’indipendenza dalla Francia. Carlo raggiunge la prima fraternità dei piccoli fratelli, nel deserto del Sahara, dove si trova il noviziato, a El Abiodh. Lì ritroverà anche Arturo Paoli, che era stato vice-assistente nazionale della GIAC negli stessi anni della sua responsabilità. Carlo diventa Piccolo Fratello di Gesù. Per dieci anni conduce vita eremitica nel deserto, dove vive una profonda esperienza interiore, fatta di preghiera, silenzio e lavoro, accoglienza presso le tribù del territorio. Un’esperienza che esprimerà nei suoi libri, tra cui quello che ha fatto il giro del mondo, Lettere dal deserto, tradotto in più lingue e ancora bestseller per le generazioni di oggi. 1965-1988, Spello. – Rientra in Italia, proprio alla fine del Concilio Vaticano II. Ad un amico, Leonello Radi, già presidente della GIAC di Foligno, chiede aiuto per fondare in Umbria, vicino ai luoghi di S. Francesco, di Chiara, di Angela da Foligno, la prima fraternità in Italia dei piccoli fratelli di Gesù. Leonello riesce a far affidare alla nuova comunità l’ex convento francescano ormai abbandonato di San Girolamo, a Spello, e collabora per trovare umili “lavori” nelle campagne attorno a ciascuno dei piccoli fratelli (secondo la “regola” della congregazione). Carlo è entusiasta della nuova collocazione, sulle pendici del Subasio, e si fa animatore dell’apertura della fraternità a quanti, credenti e non, desiderino trascorrervi un periodo di riflessione e ricerca di fede. Preghiera e incontro: un silenzio che non separa dal reale, quello vero, quello dei problemi della gente, delle sofferenze interiori, delle testimonianze della Chiesa, della società civile. La fraternità di Spello diventa quindi sui generis, un centro di spiritualità per tanti, fondato sulla preghiera, il lavoro manuale e l’accoglienza nello scambio di esperienze. Tanti sono i giovani che trascorrono periodi più o meno lunghi di preghiera e lavoro a Spello, e che vengono a contatto con Carlo e con gli altri piccoli fratelli. Grazie allo spirito di iniziativa di Carretto e al prestigio di cui godeva, la comunità diventa polmone spirituale dell’Umbria e dell’Italia. Al convento si aggiungono man mano molte case sul monte Subasio, che vengono trasformate in eremi (Giacobbe, Elia, Charles de Foucault, Sant’Angela da Foligno, San Francesco, Santa Chiara, Beni Abbes…) Carlo sarà fino alla morte l'instancabile animatore di questo centro, noto in Italia e all'estero. Durante questi anni continua la sua attività di scrittore iniziata negli anni giovanili. Tra suoi numerosi libri, due editi dall’AVE: Ciò che conta è 2 amare e E Dio vide che era cosa buona, scritto prima di morire, quando già stava male. I libri di Carlo sono diventati famosissimi, tradotti in diverse lingue e punto di riferimento per molte generazioni, riuscendo con l’arte della penna a comunicare la propria toccante e profonda esperienza di fede. La sua profonda interiorità dunque non lo isolava dal mondo, ma lo spingeva ad uno spirito di profezia e di servizio. Nel 1974, in occasione del dibattito relativo al referendum sul divorzio, interviene pubblicamente con la Preghiera per il referendum (uscita in maggio su “La Stampa”), sostenendo che non si può imporre per legge il vincolo sacramentale. 1988, 4 ottobre. - Dopo lunga agonia, si spegne nel convento di S. Girolamo a Spello. È il 4 ottobre, lo stesso giorno della morte e della festa di Francesco d'Assisi. Sulla sua tomba, nel piccolo cimitero annesso al convento, una scarna lastra di pietra con impresso il cuore e la croce, disegno caro a Charles de Foucauld sottolinea la semplice scritta “Fratel Carlo”. «Quando ero giovane non capivo perché Gesù, nonostante il rinnegamento di Pietro, lo volle capo, suo successore, primo papa. Ora non mi stupisco più e comprendo sempre meglio che avere fondato la Chiesa sulla tomba di un traditore, di un uomo che si spaventa per le chiacchiere di una serva, era un avvertimento continuo per mantenere ognuno di noi nella umiltà e nella coscienza della propria fragilità. No, non vado fuori di questa Chiesa fondata su una pietra così debole, perché ne fonderei un’altra su una pietra ancora più debole che sono io.»» (Carlo Carretto, Il Dio che viene) «Se dovessi ricominciare da capo, farei l’Azione Cattolica. Quegli anni hanno messo le basi della mia vita cristiana. L’Azione Cattolica, l’idea di un prete che non deve essere solo, l’idea dei laici che non devono essere soli, quindi l’idea della comunità cristiana, che è stata ripresa dal Concilio Vaticano II, era già in quel tempo»» (Carlo Carretto, Innamorato di Dio. Autobiografia) «Questa volta dovevo dire di sì senza nulla capire: “Lascia tutto, e vieni con me nel deserto. Non voglio più le tue azioni, voglio la tua preghiera, il tuo amore.”Qualcuno, vedendomi partire per l’Africa, pensò ad una crisi di sconforto, di rinuncia. Nulla è più inesatto di ciò. Sono così ottimista per natura e ricco di speranza, che non conosco ciò che sia lo sconforto o la rinuncia alla lotta. No; fu la chiamata decisiva»» (Carlo Carretto, Lettere dal deserto) Per saperne di più su Carlo Carretto dai un’occhiata ai suoi testi editi dall’AVE e al libro biografico di Leonello Radi, Carlo Carretto a Spello, AVE editrice. Per un profilo biografico a più mani (tra le firme anche Paolo Trionfini e Franco Miano) vedi il testo Carlo Carretto nella chiesa del Novecento, edizioni Cittadella 2009. 3