“Invece un Samaritano…” (Lc 10, 33) don Carlo Sandonà
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“Invece un Samaritano…” (Lc 10, 33) don Carlo Sandonà
don Carlo Sandonà della parrocchia di San Lorenzo a San Pietro in Gu, in tirocinio pastorale nell’Unità Pastorale Rosà-Cusinati “Invece un Samaritano…” (Lc 10, 33) “Orgogliosi abbiamo visto il piccolo germoglio crescere piano piano, sprofondare le tenere radici nel terreno della vita e nutrirsi delle esperienze che questa offriva. Finalmente per il nostro germoglio è arrivata la primavera, i suoi rami ricchi di foglie pronti per accogliere, donare e proteggere come tenere braccia chi ama senza condizioni” (Silvana) L C on lo sguardo pensieroso ma sereno di chi è in cammino - un cammino in cui l’agire provvidenziale di Dio si è fatto sin qui strada per vie impensate, comprese ovviamente quelle della fatica -, questo è ciò che auspico per il futuro che mi attende: come il Samaritano, incontrare ancora e sempre lungo il percorso persone desiderose di umanità, che mi “costringano” a fermarmi, che mi distolgano dalla sufficienza del “già visto e già sperimentato” e ogni volta mi ridestino allo stupore grato della prima volta, per poter così ripartire di nuovo… Quello del Samaritano è anche il brano del Vangelo che sette anni fa, poco prima del mio ingresso al Mandorlo, segnò il matrimonio di Giusy e Antonio. A loro il compito di dire una parola veritiera su questi sette anni…. a fotografia più nitida di Carlo risale ad un pomeriggio di maggio di sette anni fa. Antonio ed io stavamo passeggiando lungo le strade della nostra campagna e, nel nostro fitto conversare, incontrammo Carlo, che invece percorreva quelle stesse strade solitario, in bicicletta, con una lentezza che suggeriva l’idea di uno che cercasse in quel paesaggio a lui così caro il ristoro ad un’inquietudine interiore. Proiettati com’eravamo allora verso il nostro imminente matrimonio, attribuimmo quell’impressione alla “mancanza di una morosa”. Solo sul finire di quell’estate, quando sapemmo che Carlo avrebbe iniziato il percorso del ”Mandorlo”, intuimmo l’autentica direzione di quella ricerca, il senso di quel discernere e l’ingenua ottusità di chi ritiene la vita coniugale l’unica vocazione possibile. Fatica che nei primi anni ha accompagnato anche molta parte della famiglia, che seguiva lo sviluppo del cammino con titubanza. Perfino Nonna Angela, di solito così schietta, si limitava a commenti prudenti e si accontentava di sapere che Carlo stesse bene. E che Carlo stesse bene è stato via via sempre più evidente e chiaro per tutti. Lo era nel suo raccontare appassionato ciò che stava vivendo, nella convinzione garbata ma ferrea sulla scelta fatta, nell’impegno scolastico profuso, nella distanza matura e mai nostalgica rispetto al passato, la sua formazione e la sua professione, nella pazienza di lasciare agli altri il tempo giusto per accogliere questa sua scelta e, cosa che rasserenava Nonna Angela, anche nell’aspetto fisico: “mah … forse un po’ troppo magro….ma i te dà da magnare vero??”. E così l’inquietudine, non solo di Carlo, ha lasciato pian piano il posto alla contagiosa serenità di chi ha trovato dove ancorare il proprio cuore e alla certezza che la sua realizzazione dovesse passare da ciò che divide a ciò che unisce, dal contendere al riconciliare, dallo scrivere memorie difensive sull’ennesimo contenzioso, da bravo avvocato qual era, al diventare colui che celebra il memoriale della Salvezza. La scorsa estate, in occasione dei 98 anni di Nonna Angela, Carlo, con tutta la famiglia, ha voluto celebrare, proprio lì “in corte”, una liturgia della Parola, con l’unanime gratitudine dei presenti per il dono che questa vocazione è per la nostra famiglia. A partire da qui, la certezza che l’ordinazione di Carlo sarà una benedizione per tutta la comunità cristiana. Giusy e Antonio Don Carlo con i parenti al compleanno di nonna Angela giugno 2016 | Chiesa Viva | 13