«Mio fratello se l`è preso il mare Viaggio in Grecia sulle sue orme»
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«Mio fratello se l`è preso il mare Viaggio in Grecia sulle sue orme»
44 La storia L’ECO DI BERGAMO VENERDÌ 15 MARZO 2013 I dispersi del piroscafo Oria a «Mio fratello se l’è preso il mare Viaggio in Grecia sulle sue orme» Caravaggio: Carlo Baruffi racconta la tragica fine del fratello Giuseppe, morto nel ’44 nell’Egeo Con il nipote sul luogo del naufragio. «Il senso del ricordo è un dovere verso i giovani» 1 DI GIAMBATTISTA GHERARDI A Caravaggio Non si può dimenticare. Il ricordo di un fratello partito per il fronte poco più che ventenne e mai ritornato è una ferita ancora aperta per Carlo Baruffi, 83 anni di Caravaggio, che ancora cerca ragioni per la tragedia consumatasi il 12 febbraio 1944 nel Mar Egeo, quando affondò il piroscafo Oria, carico di oltre 4.000 soldati italiani, prigionieri dei tedeschi. Su quella nave c’erano tanti bergamaschi, le cui storie abbiamo raccontato il 17 febbraio e il 3 marzo sulle pagine de «L’Eco». Fra loro c’era anche Giuseppe Baruffi, classe 1920, richiamato prima a Milano e poi in Grecia nel 1942. Carlo Baruffi, fratello minore, ricorda bene quei giorni nella casa di Caravaggio, insieme a papà Matteo e mamma Giuseppina. Prima di raccontare ci vogliono un sospiro profondo e una boccata d’aria sul balcone che parlano da soli. «La partenza per il fronte fu un momento di grande tristezza. Giuseppe era il fratello maggiore e da pochi mesi era morta, giovanissima, nostra sorella Annunciata di 17 anni, a causa del tifo. Furono giorni di grande sconforto: Giuseppe aveva lavorato anche a Rimini, era un sostegno per la famiglia». L’ultima lettera Sino alla fatidica data dell’8 settembre 1943 (quella dell’armistizio) Giuseppe scriveva regolarmente, poi da prigioniero era meno agevole. Fra i ricordi c’è anche l’ultima lettera, datata 24 gennaio 1944, appena due settimane prima del naufragio. «Carlo, ricorda le mie parole che ti scrivo – recita il testo – e sii sempre bravo». Un testamento, rivolto ai genitori ma, idealmente anche a figlie e nipoti di Carlo, che nel salotto di casa condividono il ricordo di quello zio che non hanno conosciuto, ma che tanto hanno imparato ad amare. Attorno al tavolo ci sono la moglie di Carlo, Margherita, le figlie Mattea e Giusy (evidente nei nomi il ricordo dei nonni), Antonio Marchesi, marito di Giusy, e i nipoti Davanti al luogo del naufragio Ha raccolto la terra della spiaggia davanti allo scoglio di Patroklos «È stato come fargli sentire che lo aspetteremo per sempre» Sara, 20 anni, e Daniel di 9. «Ogni ricerca presso enti e ministero – ricorda Carlo – fu inutile. Mia madre mi mandò a Milano con una foto di Giuseppe, per pubblicarla in un apposito spazio per i dispersi della Domenica del Corriere». A rimettere tutto in moto è stata Mattea, un paio di anni fa, quando con una ricerca in Internet ha scoperto la storia dell’Oria e il sito ad essa dedicato (www.piroscafooria.it). «Si è aperta una porta sul passato – spiega – che mai avremmo pensato di aprire. Giusy e Antonio erano andati a Rodi in viaggio di nozze e avevano provato a cercare tracce, ma risultò impossibile». Al lavoro su Internet si è messa anche Sara, che attraverso Facebook ha raccolto l’appello del nostro giornale. Quelle tracce hanno convinto Carlo Baruffi, lo scorso agosto, a prendere per la prima volta un aereo, per recarsi in Grecia, esattamente a Capo Sounion, a pochi metri dallo scoglio-isoletta di Patroklos, dove l’Oria si incagliò. «È stato un viaggio della memoria – sottolinea Giusy –, intrapreso con enorme emozione. È stato come riabbracciare per un attimo Giuseppe, fargli sentire che a Caravaggio lo aspetteremo per sempre. In quel luogo abbiamo lanciato fiori in mare e lasciato una preghiera dedicata alla Madonna di Caravaggio». C’è stato anche l’incontro con un pescatore testimone del naufragio, e con un regista toscano, Giuseppe de Luca, che racconta in un documentario la storia dell’Oria. Le foto della spiaggia e dello scoglio maledetto campeggiano oggi sulle pareti del salotto. Le fotografie, la terra Sul tavolo accanto a una foto di Giuseppe c’è un’urna di vetro con un cero e della terra. «È quella che ho raccolto in Grecia – sottolinea Carlo –, sulla spiaggia. Lì furono sepolti alcuni corpi recuperati nei giorni immediatamente successivi al naufragio, poi in parte trasferiti al Sacrario dei Caduti d’oltremare di Bari». Le foto mostrano Carlo che scruta l’orizzonte con interrogativi profondi come il mare, ma anche il piccolo Daniel (preparatissimo sulla storia e il naufragio) intento con il nonno a raccogliere quella terra. «È il senso del ricordo – segnala Carlo – il dovere che abbiamo verso le nuove generazioni. In Grecia sono state avviate le pratiche per erigere almeno una stele, ma le nostre autorità hanno risposto rimpallandosi competenze e lamentando scarsità di fondi». A rimettere un minimo le cose a posto, comunque dopo 70 anni, ci penserà presto il Comune di Caravaggio. Il sindaco Giuseppe Prevedini ha incontrato la famiglia Baruffi e assicurato un ricordo particolare al disperso con la dedicazione di una via. «Ne siamo onorati – conclude Carlo –, speriamo che ciò risuoni come un preciso ammonimento: mai più!». ■ ©RIPRODUZIONE RISERVATA 2 3 4 5 1. Militari italiani a Milano, prima della partenza per le isole greche. Fra loro (indicato dalla freccia blu) c’è Giuseppe Baruffi di Caravaggio; 2. Carlo Baruffi e il nipote Daniel raccolgono la terra sul luogo del disastro; 3. il ritratto di Baruffi in casa del fratello e, nell’ampolla, la terra da lui raccolta in Grecia; 4. Pietro Bertola, di Ciserano, un altro disperso sull’Oria; 5. il foglio matricolare di Bertola a Ricerche negli archivi e sul web E si riannoda la storia di Pietro CISERANO a Due fratelli, chiamati dalla patria e divisi per sempre dalla guerra. Fra i dispersi del piroscafo Oria c’è anche Pietro Bertola, classe 1923, di Ciserano. Nel 1940 fu richiamato insieme al fratello Giuseppe. Pietro fu assegnato al 9° Reggimento della Divisione Regina nelle isole greche, mentre Giuseppe diventò bersagliere del glorioso 8° Reggimento in Africa Settentrionale, al servizio di Rommel. Venne catturato dagli inglesi 1941 e trasferito in diversi campi di prigionia. Fu a suo modo una fortuna: il suo reggimento fu infatti successivamente falcidiato nella battaglia di El Alamein. Giuseppe dopo la guerra tornò a Ciserano. Pietro morì invece in fondo all’Egeo, a bordo dell’Oria. La storia di questi giovani soldati è stata ricostruita da Cristina Bertola, 32 anni, nipote di Giu- seppe. «Il nonno – spiega – raccontava spesso delle battaglie in Africa, delle pallottole che soffiavano sopra la testa come le raffiche di Ghibli. Raccontava del dolore di sua madre quando Pietro non fece ritorno, della mancanza di notizie. Ho deciso di avviare ricerche in rete e ho trovato agganci preziosissimi». Dopo aver reperito i fogli matricolari all’Archivio di Stato di Bergamo, Cristina ebbe il primo indizio che citava il «naufragio del 1944». Una notizia che alla famiglia arrivò solo nel 1947 e senza alcun particolare. Sono seguite le ricerche negli archivi della Croce Rossa di Ginevra, del ministero della Difesa e addirittura nell’Archivio segreto Vaticano, che custodisce informazioni preziose sugli internati. «Ho ricevuto per posta trascrizioni di documenti, tra cui la testimonianza di Luigi Fioretto, capo- macchinista di un rimorchiatore che prestò i soccorsi all’Oria e di un superstite, Giuseppe Guarisco. Decisivi anche i consigli scambiati su Facebook nel gruppo dei familiari dei dispersi». Nel ricco carteggio reperito da Cristina anche una lettera del Nunzio d’Italia, monsignor Francesco Borgongini Duca, che nell’ottobre 1946 riassumeva l’elenco dei superstiti e le circostanze del naufragio. Destinatario della missiva monsignor Giovanni Battista Monti, allora sostituto della Segreteria di Stato e futuro Paolo VI. «Grazie ai documenti raccolti sono riuscita a ottenere, per Giuseppe e Pietro, le Croci di guerra e le medaglie commemorative alla memoria. A Pietro, inoltre, è stata assegnata la Medaglia d’onore riservata agli internati militari». ■ G. B. G.