Tensori doppi Autovettori e autovalori di un operatore lineare aV = V
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Tensori doppi Autovettori e autovalori di un operatore lineare aV = V
TENSORI DI TIPO PARTICOLARE Tensori doppi A causa della particolare importanza che i tensori doppi hanno in Meccanica, sseremo ora la nostra attenzione sui tensori del secondo ordine o operatori lineari: la prima denizione essendo di natura analitica mentre la seconda di natura sintetica. Entrambi gli enti comunque vengono rappresentati, in una base assegnata, da una matrice di tipo 3 3, con la condizione che per cambiamenti di basi la matrice si trasforma, in accordo con la (3:1:2) per similitudine. Poiche le componenti di un tensore variano al variare della base, si pone il problema di determinare se esiste una base tale che la matrice che rappresenta il tensore in tale base sia di tipo piu semplice possibile, cioe di forma diagonale. A tale scopo risultano di fondamentale importanza le denizioni seguenti. Autovettori e autovalori di un operatore lineare Se a e un operatore lineare, in generale, i vettori aV e V con V 6= 0 non sono paralleli; se accade pero che esiste un vettore non nullo V tale che aV e V risultino paralleli, cioe esiste uno scalare per cui: aV = V; diremo che e un autovalore, valore proprio o radice caratteristica dell'operatore a e V vettore proprio o vettore caratteristico di a corrispondente all'autovalore . Dalla denizione di autovettore discende che non esiste un solo autovettore V corrispondente all'autovalore , ma tutti i vettori V con scalare arbitrario diverso da zero sono autovettori. Infatti: a(V) = [a(V)] = (V) = (V) cioe se V corrisponde all'autovalore ; V ( 6= 0) vi corrisponde pure. L'equazione (1:1:1) individua quindi solamente una direzione; tale direzione si chiama direzione unita di a (g. (1.1.1)). Se fa g e la matrice rappresentativa dell'operatore a in una base assegnata, allora gli autovalori di a sono le radici dell'equazione caratteristica di fa g. ij ij Dalla denizione: aV = V abbiamo (V 6= 0) aV = iV ovvero aV iV = 0 cioe (a i)V = 0 ed essendo V 6= 0 deve essere degenere l'operatore a i cioe det(a ij ) = 0 ij Dallo sviluppo dell'equazione di terzo grado in : 3 + I1 2 I2 + I3 = 0 con I1 = fa11 + a22 + a33 g I2 = f(a22 a33 a23 a32 ) + (a11 a22 a12 a21 ) + (a11 a33 a13 a31 )g I3 = fdet j a jg rispettivamente il primo, il secondo e il terzo invariante o traccia dell'operatore a. Segue che le quantita I1 ; I2 e I3 risultano invarianti in forza del corollario al teorema precedentemente ij citato. 1 Gli autovalori dell'operatore a possono essere tutti e tre reali, (eventualmente non distinti) oppure due complessi coniugati e l'altro reale. Se l'operatore a ha tre autovettori U1 ; U2 ; U3 unitari ed ortogonali, allora la matrice a che rappresenta a nella base ij fU1 ; U2 ; U3 g e diagonale 2 (1) 0 a =4 0 ij (2) 0 con ( ) autovalore. Da: 3 0 0 (3) 0 5 j aU = ( ) U j segue: j j a = (aU ) U = ( ) U U = ( ) ij j i j j i j ji (non si e fatto uso delle norme riguardanti l'uso degli indici ripetuti). Diagonalizzazione delle dilatazioni ovvero dei tensori doppi simmetrici In generale non ogni operatore risulta diagonalizzabile, per esempio se ammette autovalori complessi; pero se esso e rappresentato da una matrice simmetrica, cosa assai frequente in Meccanica Razionale, cioe l'operatore e una dilatazione, allora l'operatore e diagonalizzabile. In una dilatazione ad autovalori distinti corrispondono autovettori ortogonali. Infatti se 1 e 2 sono autovalori diversi della dilatazione e V1 e V2 due corrispondenti autovettori si ha: V1 = 1 V1 e V2 = 2 V2 Moltiplicando la prima per V2 e la seconda per V1 a sinistra, abbiamo: V2 V1 = 1 V2 V1 e V1 V2 = 2 V1 V2 ovvero, sottraendo membro a membro: V V 2 1 V V = V V ( 1 2 1 2 1 2 ) cioe, per denizione di dilatazione, V V 2 ed essendo 1 6= 2 , 1 V V = ( 1 2 1 2 )V1 V2 = 0 V V =0 1 cioe V1 ? V2 . Gli autovalori di una dilatazione sono tutti reali. Sia un autovalore della dilatazione , allora 2 U = U con U 6= 0 e di componenti eventualmente complesse. Se moltiplichiamo la (1:2:1) per U+ (vettore le cui componenti sono le complesse coniugate di U), U U+ = U U+ con U U+ numero reale. Quindi e reale se U U+ e reale, cioe coincide con il suo coniugato. Facendo il coniugato di U U+ , si ha successivamente: (U U+ )+ = U+ U (ereale!) = U+ U 2 per denizione di dilatazione. Ogni dilatazione e equivalente (simile) ad una matrice diagonale. Il teorema e subito acquisito se gli autovalori dell'operatore sono distinti (teorema (1.1.2)); se poi gli autovalori non sono distinti il teorema varra lo stesso come si evince dall' esempio che seguira e dall' interpretazione geometrica che daremo della dilatazione. Sia 2 3 4 3 0 D = 4 3 4 05 0 0 8 la matrice rappresentativa della dilatazione d rispetto alla base ij fC1 ; C2 ; C3 g ; si determinino le direzioni unite di d e si diagonalizzi la matrice D . L'equazione caratteristica di D e: ij ij 2 3 4 3 0 det 4 3 4 0 5 = 0 0 0 8 (8 )[(4 )2 9] = 0 La (1:2:2) ammette come radici: 1 = 8 e 4 = 3 cioe n 2 3 = 4 3 = 71 Gli autovettori di d corrispondenti a 1 ; 2 ; 3 sono: ; per21 32 3 4 8 3 0 U1 4 3 4 8 0 5 4 U2 5 = 0 0 0 8 8 U3 cioe: ovvero 4U1 3U2 = 0 3U1 4U2 = 0 4U1 + 3U2 = 0 3U1 + 4U2 = 0 U1 = 0 ; U2 = 0 e U3 = h arbitrario cioe: U = (0; 0; h) ; 1 per22 32 3 4 7 3 0 U1 4 3 4 7 0 5 4 U2 5 = 0 0 0 8 7 U3 cioe: ovvero ( 3U1 3U2 = 0 3U1 3U2 = 0 U3 = 0 (U U2 = 0 1 U1 U2 = 0 U3 = 0 U1 = U2 ; U2 = k (arbitrario); U3 = 0 3 cioe U = ( k; k; 0) ; 2 per23 32 3 4 1 3 0 U1 4 3 4 1 0 5 4 U2 5 = 0 0 0 8 1 U3 cioe: ovvero ( 3U 3U2 = 0 1 3U1 3U2 = 0 7U3 = 0 (U U2 = 0 1 U1 U2 = 0 U3 = 0 U1 = U2 ; U2 = i (arbitrario); U3 = 0 cioe U = (i; i; 0) : Le condizioni di normalizzazione dei vettori U ; U ; U che adesso indichiamo con 3 1 2 3 J ;J ;J 1 danno: 3 J = 0 + 0 + h = 1 =) h = 1 =) h = 1 p 1 J = k + k + 0 = 1 =) k = 2 =) k = 22 p 1 J = i + i + 0 = 1 =) i = 2 =) i = 22 2 1 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 3 quindi: 2 2 2 2 2 p p ! p p ! J1 = (0; 0; 1); J2 = 22 ; 22 ; 0 ; J3 = 22 ; 22 ; 0 : La condizione che la terna fJ1 ; J2 ; J3 g deve essere positiva, permette di sciogliere l'ambiguita dei segni. Scegliendo i segni superiori in J1 e J3 e inferiori in J2 abbiamo: 2 p0 3 0 p 1 2 7 6 2 J1 ^ J2 J3 = 664 p2 p2 0 775 = 2 2 22 2! 0 p 2 p !2 3 2 2 2 4 =1 2 4 5 =1 + = + = 1 2 2 4 4 4 In denitiva rispetto alla terna: J = (0; 0; 1); J = 1 2 p 2 2; p ! 2 2 ;0 4 p p ! J3 = 22 ; 22 ; 0 la dilatazione e rappresentata dalla matrice diagonale: 2 3 8 0 0 40 7 05 : 0 0 1 Sia 2 3 4 0 0 p 40 5p 35 3 7 0 la matrice che rappresenta la dilatazione D nella base fC1 ; C2 ; C3 g. Determinare le direzioni unite e la si diagonalizzi. L'equazione caratteristica della matrice e: 2 3 4 0 0 p det 4 0 5 p 35 = 0 0 3 7 cioe (4 )[(5 )(7 ) 3] = 0 La (1:2:3) ammette come radici = 4 e 35 12 + 2 3 = 0 cioe = 36 32 = 22 4 n = 6 2 = 48 2 12 + 32 = 0 ovvero per21 1 = 8 ; 2 = 3 = 4 ; 32 3 U1 4 8 0 0 p 4 0 3 5 4 U2 5 = 0 5 p8 3 7 8 U3 0 cioe: ovvero ( 0 4U1 = p 3pU2 3U3 = 0 3U2 U3 = 0 (U 1 = 0p 3U2 + p3U3 = 0 3U2 + 3U3 = 0 p U1 = 0 ; U2 = k (arbitrario) U3 = 3U2 cioe U = (0; k; 1 per2 cioe: p 3k) ; 32 2 3 U1 4 4 0 0 p 4 0 5 p4 3 5 4 U2 5 = 0 3 7 4 U3 0 p 3U3 = 0 3U2 + 3U3 = 0 U2p 5 ovvero p U2 = 3U3 ; U1 = h (arbitrario) cioe p U = (h; 3l; l) : 2 Analogamente per3 si ha p U = (h~ ; 3 ~l; ~l) 3 Le condizioni di ortonormalizzazione dei vettori U ;U ;U 1 che adesso indichiamo con 3 fJ1 ; J2 ; J3 g danno: ovvero: 2 J = 0 + k + 3k = 1 ) 4k = 1 ) k = 21 2 1 2 2 2 J = h + 3l + l = 1 ) h + 4l = 1 J = h~ + 3~l + ~l = 1 ) h~ + 4~l = 1 J J = hh~ + 3l~l + l~l = hh~ + 4l~l = 0 2 2 2 2 2 2 2 2 2 3 2 2 2 2 2 3 ( h2 + 4l2 = 1 ~l2 + 4~l2 = 1 hh~ + 4l~l = 0 cioe un sistema di tre equazioni nelle quattro incognite h, l, ~l, e h~ ; il sistema risulta pertanto indeterminato (esistono 11 terne unite). Per individuarne una, assegniamo ad arbitrio un valore ad l. Posto l = 0 abbiamo: ( 2 h =1 h~ 2 + 4~l2 = 1 hh~ = 0 cioe: h = 1, h~ = 0 e ~l = 12 In denitiva si ha: p p ! J1 = 0; 21 ; 23 ; J2 = (1; 0; 0); J3 = 0; 23 ; 21 ! La condizione che la terna fJ1 ; J2 ; J3 g risulti positiva, permette di sciogliere le ambiguita dei segni della terna. Scegliendo i segni superiori di J2 e J3 ed inferiori di J1 abbiamo: 2 1 60 J1 ^ J2 J3 = 64 1 p02 0 23 In denitiva rispetto alla terna p p 33 2 77 = 1 1 0 4 1 5 2 3 = 4 =1 4 4 p ! J1 = 0; 21 ; 23 ; J2 = (1; 0; 0) e J3 = 0; 23 ; 12 6 ! la dilatazione e rappresentata dalla matrice diagonale: 2 3 8 0 0 4 0 4 0 5 = RDR 0 0 4 1 con R matrice delle componenti degli autovettori ortonormali della dilatazione D: p 2 33 2 2 77 = 4 JJ1 0 2 1 5 J3 2 1 60 2 R = 64 1 p0 0 23 Quadrica indicatrice di una dilatazione 3 5 Sia D una dilatazione ed O un punto sso dello spazio; il luogo dei punti L Q0 (D) = fLjOL D(OL) = cost g e una quadrica con centro in O. Il punto O e il centro di Q0 (D). Infatti assieme all'estremo di OL alla supercie appartiene pure L , estremo del vettore OL = OL. Se D sono le componenti della dilatazione e x le coordinate correnti del punto L, la (2:1) corrisponde alla forma quadrata D x x = cost, la quale rappresenta una supercie del secondo ordine, cioe una quadrica con centro O per quanto detto prima. In ogni caso, per la realta della quadrica, penseremo di scegliere la costante in maniera tale che le componenti del vettore OL siano reali. L'immagine D(OL) del vettore OL e ortogonale al piano tangente alla quadrica in L. Dalla OL D(OL) = cost per dierenziazione rispetto ad L, si ha successivamente: ij i ij i j dOL D(OL) + OL d[D(OL)] = 0 dL D(OL) + OL D(dL) = 0 ; dove sia O che D vanno considerati costanti, ovvero 2dL D(OL) = 0 ; per la proprieta della dilatazione, e quindi D(OL) ? dL (g. (2.1)). La quadrica Q (D) essendo completamente individuata dalla dilatazione e, viceversa, la quadrica individuando completamente il comportamento della dilatazione, risulta atta a fungere, cos come il segmento orientato per il vettore libero, da rappresentante geometrico del tensore doppio simmetrico D . Poiche i piani tangenti ai vertici della quadrica sono ortogonali agli assi della quadrica, siatti assi costituiscono le direzioni unite della dilatazione. Con questa osservazione resta dimostrata l'esistenza di almeno una terna (innite se la quadrica e di rivoluzione) di direzioni unite per una dilatazione e quindi risulta completamente dimostrato il teorema (1:2:3). Se D sono le componenti di un'assegnata dilatazione e n le componenti di un versore variabile, allora, la forma quadratica =D nn assume valori stazionari in corrispondenza delle sue direzioni unite. Si tratta di determinare i valori stazionari della funzione = D n n soggetta al vincolo n n 1 = 0. Introdotto il moltiplicatore di Lagrange e la funzione O ij ij i ij i j ij =D ij nn i ( n n j ij 7 i j 1); i j ij i j si ha: @ =D n @n ij n = 0 i ij j e @ =nn @ i ovvero con n non tutti nulli, cioe (D i 1=0 i )n = 0 ij ij i det(D che e sostanzialmente quanto dovevasi dimostrare. Se ij i ) = 0 ; ij A A0 A0 B sono le componenti di una dilatazione del piano 2 , dimostrare che gli assi della conica indicatrice sono inclinati rispetto all'asse x1 di un angolo ' dato da: 0 tg 2' = A2A B Determinare le direzioni unite della dilatazione di componenti: 3 2 A A0 0 4 A0 B 0 5 0 0 C Stesso esercizio per la dilatazione di componenti 3 2 A A0 B 0 4 A0 B C 0 5 B0 C 0 C Suggerimento: fare uso del teorema (2:3) ed esprimere le componenti di nb = [cos ' sin ; sin ' sin ; cos ]: Rotori Come gia abbiamo osservato lo studio della struttura dei rotori risulta di paricolare importanza in Cinematica dei moti rigidi; qui, pero, ci limitiamo a riportare i seguenti teoremi fondamentali. Gli autovalori di un rotore hanno modulo eguale ad 1. Sia R un rotore e un autovalore, RV = V : Moltiplicando scalarmente la (3:1) per se stessa, si ha: (RV ) (RV ) = 2 V 2 ; ma, per le proprieta degli operatori ortogonali, (RV ) (RV ) = V 2 ; quindi j j= 1. (di Eulero) Ogni rotore, che non si riduca all'identita, ammette l'autovalore 1 con moltiplicita semplice. 8 Siano 1 ; 2 e 3 i tre autovalori del rotore; di questi uno (3 ) e reale e gli altri due (1 e 2 = +1 ) complessi coniugati (eventualmente reali coincidenti). Ora 1 2 3 =j 1 j2 3 = 1 quindi 3 = 1. Il teorema di Eulero, qualora si interpreta il rotore passivamente, ha un semplice e notevole signicato geometrico. Supposto il rotore R diverso dall'identita, sia C3 la direzione unita corrispondente all'unico autovalore uguale a 1 e C1 e C2 altri due versori tali che fC1 ; C2 ; C3 g formi una base levogira. In questa base il rotore ha componenti: 3 2 R11 R12 0 R = 4 R21 R22 0 5 0 0 1 con 8 2 2 < R11 + R12 =1 2 2 + R R 22 = 1 : 21 R11 R21 + R12 R22 = 0 la prima delle (3:2) suggerisce di porre: R11 = cos ' ed R12 = sin '; sicche si ha: R22 = cos ' ed R21 = sin '. Quindi: 2 3 cos ' sin ' 0 R = 4 sin ' cos ' 0 5 0 0 1 cioe: ogni rotore che non si riduca all'identita, e una rotazione di un angolo ' attorno alla sua unica direzione unita. Dimostrare che le rette isotrope sono le direzioni unite di ogni rotazione che non si riduca all'identita. Dimostrare che l'angolo di rotazione ' di un generico rotore R e dato da: cos ' = 1 2I (R) : 9